Tumgik
polec · 1 year
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PARLANDO D’AMORE
Frammentati ricordi
sogni in odore di sottobosco e pioggia
dolce-salati sentori di vita fra i canali
in spiagge desertiche di un lido immaginario
nell’aperto teatro dei monti
tra le voci incantate dagli echi
nello sforzo di ricucire immagini, suoni
su questo tappeto di luce grigia.
 Il Poeta dormiente si è da poco svegliato
sul bordo del letto con le mani poggiate sui fianchi
ruota la testa e le spalle come Lei gli ha insegnato.
 L’ha sempre conosciuta: da molto tempo prima di nascere
e poi immaginandola nelle strazianti ore insonni,
scrivendo di Lei, per Lei, in dolci rime silenziose
rimaste impresse fra le bianche cicatrici dalla sua memoria.
 Sa che ascolterebbe le sue parole
in un punto distante dell'Universo
per infiniti anni luce senza mai stancarsi
perché Lei è Tutto, Lei è Verbo!
 La bacia bevendo dal suo stesso bicchiere
Porgendo alle labbra screpolate di tanto in tanto
e con mano sicura
un sorso umido di verità.
 Così:
fragile ma consapevole,
disposto ad accettare tutto,
anche il terribile rifiuto.
 Senza compromessi,
accogliendo ogni stranezza,
ogni errore
Senza ansia di correzione,
senza presunzione
col sorriso di chi crede
nella Voce che riempie:
ossigeno senza cui tutto
sfiorirebbe.
 Nell’umorismo della posa imbronciata
mentre dorme, dubitativa
nel verde-azzurro dei suoi occhi densi
intensi
sporgenti nel chiaroscuro delle palpebre
disegnate a tratti
nei riflessi di grano ramato dei setosi capelli.
Tutto di Lei lo attrae
senza tregua.
 E quella sera a casa,
seduta sul parapetto
di fronte alla luna di ghiaccio
riflessa sui monti
fra le nebbie di sigaro e grappa
parlando d’amore Lei disse
d’esser vuota
come una scatola vuota
e Lui disse
timidamente
che il suo vuoto basterebbe
a riempire ogni cosa.
………………………………………………
E ora so di essere un uomo
ora so che per te vorrei essere tutto,
farmi specchio dei tuoi labirinti
per poterti curare
oltrepassando ogni soglia
ogni dolore
nascondendolo a volte
fra celati sospiri
Divenire nel cielo lontano
della tua essenza
Fra le scintillanti costellazioni
delle tue relazioni
stella polare inchiodata
nel turbine dei tuoi desideri.
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polec · 3 years
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Poema Quantico
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Dal finestrino in corsa vedo
gocce d’acqua raddensate
in forma di medusa
(o calamaro vulcano)
scomposte in forze
sovrapposte.
Un ciclico risucchio
intrecciato
a particelle danzanti
che mutano in lettere
fra le scosse elettriche
dei cavi sospesi
in scintille
nell'attrito metallico
di velocità che scorre a onde
lampeggiano meteore.
In un preciso istante
Tutto parte da una vibrazione
legame teso fra due cose
bulbo capelluto
ricoperto in fasce di luce
attimi brevi come lampi
energia vomitata dalle profondità
fiore numerico strappato dal basso
fluida ricomposizione d’organo corporeo
smantellato
inghiottito
rimasticato
risucchiato
in filamenti
su superfici digitalizzate
nell’orizzonte
di un turbine elettromagnetico
molecole chimiche
suonano musica
e colori
e frequenze d’elettroni
collassano in foglie d’oro
nella catastrofe degli ultravioletti
fotosintesi foto-elettriche
nel campo di battaglia della realtà
nel campo delle possibilità
nell’azione spettrale
l’ombra di un profumo
candele gialle
d’estate.
Brillava d’acqua l’asfalto
dal finestrino dvacet šest
e non sapevo che quel momento
lo Stesso era anche un Altro
come da un brusco risveglio
mutato il numero mi ritrovai
in un luogo sconosciuto
fuori dallo spazio e dal tempo.
- “ 26, dove sei? “
- “ Sono 3”
- “ Perché? “
Laconico e beffardo
il sorriso e lo sguardo dell’autista
che sa, ma non dice.
Dal finestrino in corsa
a colori e frequenze invertite
la comunicazione irradia
suoni odori figure
mai prima viste o sentite.
L’orologio segna le ore
ricordi affiorano come lettere.
Faccio prove di un tempo
messo lì a guardare
Nascondere
nella luce accecante
di una lampada
sul lungofiume bagnato
di una notte quantica.
Fumo di sigaretta a doppia elica
sul marciapiede
sotto la pioggia
“ Studio psicologia"
“ E tu?"
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polec · 5 years
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Corrispondenza
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E così accadde. 
In una notte insonne 
parole sussurrate dal vento miracoloso della tua voce.
Sullo sfondo, gocce d’acqua 
e corde arrugginite che vibrano nel cuore.
Lettere. 
Sott’acqua, in veli d’acqua.
Ondeggia la tua voce.
Malinconica. Ed io penso: dev’essere una voce, questa che ho già conosciuto. Nell’odore di neve e sottobosco 
fuori, in una casa sperduta 
sotto la pioggia
fra la nebbia.
Come in un film di Tarkovskij l’acqua passa attraverso i muri, entra dall’alto, 
sommerge tutto.
.....
Questa voce che un tempo parlava. 
Mi obbligava, quasi, a scrivere  
cose  che credevo sarebbero durate lontano dall’ombra del pentimento.
-
Ora anestetizzato tento ricostruire la purezza
Kintsugi dell’anima per uscire da questo attrito.
E allora...
Il disaccordo può essere un contrappunto inscritto fra le note che non conosco. E la tua musica è così distante, come un terzo punto allineato fra le dita della mano e l’universo. .... Un peso nel cuore mi preme. Riusciro’ a sopportare questo amore? Sapro’ viverlo, custodirlo?
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polec · 6 years
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Triangolazioni
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(Appunti su un quadro di Silvia Paci ) Innestato il terzo elemento, con mano di chirurgo. In questo enigma assoluto di chi gode estraneo, fuori causa, fuori tutto. Triplice alleanza nella irrelazionabile pura illusione del duale. Princìpi antitetici di uno sbalzo ascensionale. Contro il parallelismo illusorio, totalmente immerso nella non appartenenza dell’altro. Scambio proiettato a un’alternativa presente e visibile ma innecessaria. Rispecchiamento dovuto all’esigenza, seppure artificiale, di una possibilità.
Gli occhi di chi guarda assorbendosi, immedesimato nello scambio sfiorato solamente con la punta delle dita. Partecipazione a distanza di un tutto che non si puo’ comprendere ma che converge in un punto esterno, inaccessibile. 
.......................................................................................
Un sorriso involontario e assente nel basculare ritmico dei corpi. Procurata dal movimento senza piu’ immaginazione. Oscurato desiderio di una cosa. Non definita. 
Un bacio cadenzato, acidulo. Una mano staccata dal resto del corpo, un piede, la mano incoraggiante a proseguire. Visione d’insieme.
Nella pratica alternata, qualcosa di comico affiora alle labbra come un mezzo sorriso.  Mentre lei guarda,  con odore di marcio negli occhi.
Il mio turno, il tuo, il suo.
Come un singhiozzo,
insaspettato.
Alla gola si accende
punteggiatura dell’io.
(Quale?)
La carne si fonde in puro rapporto geometrico.
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polec · 6 years
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(Illustration by Sasha Derkach @sashaderkach ©) "Perched upon a corporate throne, We march into the great unknown As wasted words of gossip drone And steel replaces brick and stone. Soon you find yourself alone In crowded streets with a global phone, Doing a random strangers bidding".  (Excerpt from Joe Savarese’s “Ballads of a Philosopher Poet” https://hellopoetry.com/Joe-Savarese-jr-poems/). In-corporato, come un batterio. Senza più desiderio, se non quello di volersi espandere nel vuoto di un cielo senza stelle, senza voce. Fra maleodoranti sguardi riflessi dai monitor e il ticchettare ritmico di pulsanti che non scrivono più, duplicando solamente acronimi e frasi pre-formate. Guardo alla finestra - specchio senza più immagini dove appaiono soltanto ombre. Fatiscenti. Non so più chi sono, né cosa voglio. Un percorso che ha esaurito l’entusiasmo portato avanti dalla novità. Tutto si è oramai sgretolato e rimane solo un irriducibile distacco. Il collegamento che permane a questa rete fasulla di nomi e funzioni, calcolate illusioni di esclusività e appartenenza a un nulla ben confezionato, si svuota di giorno in giorno. Slogan propagandistici di un nuovo Reich tecnologico riecheggiano sulle pareti producendo effetti comici e minacciosi al contempo. Gerarchie strutturali che determinano l’impossibilità di relazioni e responsabilità diluite in-costanti decisioni senza volto, influiscono irreparabilmente sul destino delle cose, rendendole incontrollabili. Processi e politiche inconsitenti vanificano ogni velleità di pensiero critico e professionalità morale. Trame, sotterfugi e falsità che sfociano nella tristezza e nella solitudine più assolute. Psico-(a)patia accettata come unica possibiltà di sfuggire alla logica perversa di un sistema mostruoso che ingoia tutto. Bieche figure senza colletto, informalmente uniformate nell’intento di persuadere e persuadersi che questa sia proprio la cosa più giusta, in nome di una predestinazione autoinflitta - peccato originale sotto forma di contratto a tempo indeterminato. Varietà di pro-creazione targetizzata come in una ricetta gastronomica industriale. Bassi istinti divenuti la normalità della prassi quotidiana e motivo di variazione nelle infinite ore uguali a sè stesse. Incontri pianificati per discutere le possibilità di un futuro che non esiste, poichè nulla esiste al di fuori del meccanismo che porta alla riduzione dell’apporto umano in virtu’ della massima produzione a basso costo.               
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polec · 8 years
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Segrete nudità
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 (”Photograph on distorting mirror” - © Silvia Paci, 2014)
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Proteso ad avvolgere come fumo che s’innalza in circonvoluzioni biancoverdi azzurrine, sostenuto dalla fibra ossea su cui sento sbattere nella vibrazione ritmica delle fibre muscolari un corpo, fra le cui pieghe vedo profilarsi ghirigori di segni impressi dai repentini mutamenti di posizione fra mosse tenaci e involontariamente spezzate dalla contingente occorrenza spaziale mentre tutto si perde in un vortice di assolutezza ed io sono quello che vedo nella sfocatura ipermetrope delle lenti posate a mo’ di lanterna sul comò.
(Mentre tutto appare come lo spaccato di un motore la cui potenza dorme solo per pigrizia del guidatore nella compatibilità dei componenti, a scompartimenti saldati assieme per ottenere la massima efficienza in termini di piacere).
Ma tu.
Come il profilo di un'onda sul mare dei miei pensieri,  come una duna del deserto, la tua bocca che giace sul limitare del giorno. E le tue gambe sono il compasso che dio  ha utilizzato per disegnare il mondo.
E vedo le curve proiettate dai tuoi passi dove immagino di percorrere migliaia di chilometri di baci  interminabilmente dai piedi alla fronte non mi stancherei mai di fare questi viaggi, come le centinaia di chilometri che un camionista percorre, di notte, senza addormentarsi. 
………………………………………
Mentre dormi io veglio su di te come un soldato che difende la sua posizione dall’attacco di un nemico lontano senza paura perchè so che i tuoi sogni e i tuoi occhi di terra bruciata  sono la mia forza e so che prima o poi ti sveglierai e mi guarderai e allora potró deporre le armi e potró baciarti e lasciarmi andare per giocare alla guerra con te.
E poi nuovamente selvaggia forza che esce dalla proprie radici in terra per esplodere in grido. 
Rovistando dentro la superficie che resta superficie ma più sotto ascoltando il frusciare dei panni centrifugati dal movimento circolare delle mani.
E poi tutto ritorna come scheletro, l’antica freschezza di un corpo andato a male; contaminato dai germi di una procace disposizione al narcisismo.
Ed il risveglio somiglia all’effetto di una scarica di botte. 
Masticato come una mela, dolorante la lingua addominale nella piega epiglottica pizzicata come dalla puntura di uno scorpione, gli addominali doloranti, le fitte risalenti dalle scapole alla spina dorsale fino alla testa. Le tempie pulsanti come il battito di un cuore mostruoso. 
Non è amore, no, come già visto o sentito sapendo che certe cose devono accadere una volta sola.
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polec · 8 years
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Riflessioni di buon anno
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Un lungo sorso d’acqua per assaporare il risveglio filtrante di luce cristallina dal perimetro delle finestre chiuse. Fasci di polvere luminosa e calda alimentata dal vapore del mio respiro nella penombra dentro una struttura che contiene il riflusso energetico del desiderio sognante. 
Ricordi della sera precedente sbiaditi dalla turbolenza di un sonno senza tregua e senza nome. La frenesia del corpo ricongiunta all’impulso di movimento e ritmo perpetuo ha avuto il suo riposo.
Come caldo e freddo si scontrano nel passaggio dal sogno alla realtà, attraverso le narici, qui il flusso della vita si separa come la corrente di due oceani.
Mentre da un palazzo lontano, una presenza ignota mi guarda e sembra sorridere, come il sole. Immagino la sua risata sonora e squillante come una tromba in una valle montana. Parole di verità riecheggiano in lontananza come il suono sordo e profondo di una valanga.  
Risucchiato in forma umana ricordo tutto, anche lo squallore di certe situazioni, e il magma nero che s’insinua come un blob tra le venature del marmo che provo a scolpire, indifferenza dell’indifferenza.
Allora così, come una pietra lasciata cadere dal quarto piano di un palazzo senza ascensore, con il rischio di far male. Un approccio conveniente che alcuni chiamano cinismo. Piuttosto è un gettarsi a mare per salvare qualcuno senza sapere del tutto nuotare, senza accettare le conseguenze dei propri limiti. 
Occorre anche scontrarsi con le proprie contraddizioni senza andarne a braccetto. Così, con poco pensiero e tanto sentimento, sregolato a volte, il rischio aumenta. Occorre sacrificare una parte consistente di sé, per qualcosa di utile.
Penso alla luce distinta e intensa espressione dei suoi occhi, riflette una sensibilità macchiata d'innocenza. Per la casualità che ho giò riconosciuto non essere il principio di una favola a buon fine, mi sento cauto. Ripetizioni del medesimo che non è più tempo di sublimare per impulso estetico o sessuale. Occorre aspettare e indagare a fondo. Lo scopo delle cose ben fatte è quello di durare nel tempo.
Quanti occhi ho visto fin qui, senza che mai permettessero uno scambio. Unilaterale desiderio di possedere e condividere nell’incapacità di comunicare apertamente per questo ancor piu’ difficile per paura nell’ansia di conoscere e dire tutto. Allora anche il silenzio risulta essere piu’ conveniente. Ma non tutto si può tacere.
La poesia deve essere viva
come una ferita costruita
per rimarginare.
E tu non vorresti mai dire che fosse solo un lamento,
la forza cieca che cerchi e più di tutto brami
non più che illusione di mistica assolutezza
fra tanti racconti vuoti senza esperienza
dove tutto sembra predisposto a una lieta permanenza
in un futuro schiavo soltanto delle proprie scelte.
Luminoso è lo sguardo di un cuore puro
che non vuole più sottomettersi.
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polec · 8 years
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Disgregazioni
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La più nobile specie di bellezza è quella che non trascina a un tratto, che non scatena assalti tempestosi e inebrianti (una tale bellezza suscita facilmente nausea), ma che si insinua lentamente, che quasi inavvertitamente si porta via con sé e che un giorno ci si ritrova davanti in sogno, ma che alla fine, dopo aver a lungo con modestia giaciuto nel nostro cuore, si impossessa completamente di noi e ci riempie gli occhi di lacrime e il cuore di nostalgia.
Friedrich Nietzsche
Azioni ripetute senza pathos per identificare nomi e intenzioni. Un gioco d’azzardo sulle digressioni del desiderio umano: dare o non dare? Amletico dubbio percebile attraverso lo scambio,  nei subdoli meccanismi votati al consumo. Con tutte le precauzioni necessarie e con un occhio sempre rivolto al consumatore.
Mentre lei, a quest’ora, sorride. 
Seduto sulla poltrona meditando sui giorni passati e memore delle mille occasioni nascoste nelle precedenti ore notturne dai punti e dalle virgole per effetto di fragilità autoimposte dalla paura, intravedo qualche piccolo punto luminoso.
1) La differenza tra verità e segreto.
Che è quel che si chiede senza essere detto come risposta involontaria dell’io riflettendosi per comunicazione senza giudizio. Processo senza nome dell’attentatore, ma con strage di morti.
2) Ci si innamora di una voce. Non di un volto o di un corpo, di una voce, di una voce soltanto. 
Che a volte manca. 
Quando il dialogo è impossibilitato ormai dall’angoscia restano solo azioni gregarie disattese dalla volontà di apparire. 
3) Identità. Ricerca che cade sotto i colpi di un tempo definito.
Così è… come vi piace. Siamo tutti in fondo sopraffatti dal nostro volere, credendoci equalmente proporzionati ad esso mentre tutto ci sovrasta. Dipendiamo dal tempo, e basta.
Problemi comuni?
La vita senza direzione. Un dittatore. La costituzione. Il sì e il no.
Mentre io ripenso solo a quando…
[…] me la tirai addosso in modo che si potesse sentire il petto tutto profumato sì e il suo cuore batteva come impazzito e sì disse sì voglio Sì. 
Chi si sottrae, punta allo zero.  
Aumentare la dolcezza spirituale nella sublimazione di un canto universale. 
Bisogna portare la pazienza in braccio come un neonato.
Anzi, si tratta di modellare attorno a paletti solidi e ben posizionati. In modo preciso. Il collegamento viene poi, o viene meno.
Studiare? Adesso o mai più.
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Lo spettacolo dei suoi occhi appare da lontano una verde speranza,
di tradimento.
Disteso in una campitura d’inaspettata saggezza, sfogliando i capelli come pagine di un libro fra passato e presente accarezzando con una mano il futuro, ripensando al destino d’identità sconvolte e insieme compromesse dall’egoismo di volontà univoche.  
Lasciarsi cadere dal parapetto come un piccione depresso: comicita’ della nostra attuale condizione esistenziale.
La vacuità delle procedure standardizzate mi fa venire il vomito. E tutta questa burocrazia da sopportare, strumento di tortura dei governi europei!
Ma in tutto questo? Ch'aggia fa? 
—Autoanalisi—
Da un lato sembrava cercare un obbligo, una costrizione che lo spingesse ad applicarsi con costanza e dedizione, dall’altro reclamava una sorta di liberta’ autodeterministica. Cercava di emanciparsi ma non ci riusciva senza il bastone o la frusta. D’altra parte era nuovamente ricaduto in uno stato di abbattimento spirituale. I suoi desideri apparivano come chimere troppo lontane da raggiungere; come se fosse troppo tardi e qualcosa fosse andato perduto per sempre. La pigrizia aveva gia’ preso il posto dell’immaginazione. Intanto gli anno passavano. Vedeva la sua vita profilarsi all’orizzonte.
—Ritratti—
Era di Cagliari. Grandissimo figlio di buona donna. Personaggio comico infernale, dantesco e post-moderno insieme. L’epitome deI vizio e della furberia. Sapeva essere buono, in fondo. Era un satiro del nuovo millennio. Barbetta incolta, chioma spavalda per nascondere la calvizie incipiente, battuta sempre pronta e affilata come un’accetta.
Se ne potrebbero fare tanti altri. 
………………………………………………………………………………………………………
Per una volta almeno ti concedi un piatto extra. Senza aver digerito quello di ieri. Qualche lampo visuale della memoria nel sugo della pasta tra pezzi di pomodoro e olive nere. 
Disse: “Dopo quella volta, tutto è cambiato”.
Se soltanto sapessi, ereditiera della mia anima, dilapidando emozioni non si costruiscono palazzi, ma capanne pronte a spezzarsi.
Questo sapore malato. Questa voglia di distruggere...
Perché su tutto chiamo distruzione?
Nel respiro di notti uguali 
di sguardi vuoti assenti; come frasi di innamorati
la mia vita corre sui binari 
la  mia vita corre sui binari
della vacuità.
………………………………………………………………………..
Senza capacitarsi, a livello di autocritica, che tutto sarebbe più semplice, senza un nome. etc.
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polec · 8 years
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Questione di cuore
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180 al minuto anche da adulto, forse qualcosa non va. Perfortuna il check up dice che sono sano come un pesce. Il principio di funzionamento meccanico si sottrae alle false impressioni di una sensibilità eccessiva. Stimoli nervosi e ormoni che controllano il flusso del sangue, tutto qui. Il primo a parlare di circolazione fu bruciato sul rogo perché certe cose non andrebbero spiegate. Ormai sappiamo che tutto si riduce ad un aprirsi e chiudersi e ad un fluire. Il battito in sé non è niente e l’ossigeno non è altro che desiderio. E nulla sarebbe possibile senza il dovuto sincronismo, fautore dell’armonia tra valvola mitrale e valvola tricuspide. Sempre è necessario combattere l’insufficienza che accompagna le nostre illusioni. 3 miliardi e più di volte per poi spegnersi. Come tutto è necessario e funzionale al proprio compimento.
……………………………………………………………………………………………………….     Ricordo il vecchio seduto sulla poltrona di libri. Con gli occhi azzurri guardava sapendo che in qualche modo la sua esistenza era stata vana. Parlava e parlava generando un vortice di schiumate parole. L’età l’aveva un po’ debilitato ma era ancora capace di distinguere. Comunque sia aveva dato tutto, o quasi, persino oltre i propri limiti, anche se affermava di avere ancora “qualche colpo da sparare”.  Era un idealista, di quelli che in nome della bellezza non sono piu’ disposti ad accettare il cambiamento.
L’avevano operato e ricordo di averlo visto ischeletrito sul letto del reparto malattie infettive. Diceva che un mostriciattolo gli era entrato nel cuore e gli aveva dato un morso. Lo rispettavo con qualche piccola riserva. Lui amava la carta e sapeva imbrattarla. Una capacità che non mi sentivo di invidiare, il vortice che generava era catastrofico. D’altronde non sapevo far meglio e allora tante volte avevo accompagnato i suoi voli senza badare al fatto che erano tutti destinati a un inevitabile sfracellamento.
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A che pro rinnovare la malinconia?  
La brace di quella sigaretta appesa a un filo di tabacco. Se fosse caduta, e cadde, allora tra di noi non ci sarebbe più stata ragion d’essere.
Allora decisi che attraverso di lei avrei messo a nudo la mia verità. Quella verità che manifestava bambina e che io amavo nascondere perfino a me stesso.
L’egoismo è una malattia di cui ancora non si conosce la cura.
Occorre svestire anche la nostalgia in tutto ciò che provoca disperazione e sconforto. Marchiare la vita di forza solare e mare.
…………………………………………………………………………………………………….
E allora con generosità tentare almeno di gettare lo sguardo nel mezzo allo stagno dove l’acqua entra ed esce un po’ troppo lentamente. Scorgere la barchetta che lasciata a sé vaga senza direzione negli occhi del bambino che la insegue afferrandola col pensiero. 
………………………………………………………………………………………………….
Questa distanza pressapoco ti assomiglia,
mentre medito lo spazio del tuo viso acuto
sulla strada che porta a sogni blu intermittenti
nel respiro della notte che insegue altre notti,
cacciatrice infaticabile.
Mi avvicino piano piano, con le dita della mano
aperte sotto il cuscino, per sentirti più vicina.
…………………………………………………………………………………… Via via più sottile. Rarefacendosi attraverso i capillari delle dita. Questa noiosa ripetizione dell’essere che si sfalda fra mille opportunità sublimatorie. 
Aggiungere forza alla forza per stabilire un ritmo di continuità e contemporaneamente azzerare tutto nel deserto magnifico della siccità.
Guardo scolorire i tetti. Il verde ha preso il posto del rosso, lentamente. L’acqua nelle arterie della vita scorre.
Andare e tornare, per sempre.
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polec · 9 years
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arslan.ahmedov
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polec · 9 years
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Delirium Pragensis
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10 dicembre 2015.
Spingo il diario al limite. Dico diario penso delirio. Nella stanza di Vincent Van Gogh a Praga. Dove ogni oggetto appare sostanziale. Le gambe della sedia proiettano le loro ombre come raggi sulle striature grigio-verdi della moquette. La poltrona e le tende ocra restituiscono omogeneità all’insieme accoppiandosi al velluto arancione del divano-letto. Il fornello elettrico e la stufa bianca sono oggetti complementari. Le due lampade posizionate a distanza spandono aloni di luce gialla sulle pareti. Il lavandino per lavare i piatti sembra più adatto per vomitare. La piattaforma ribaltabile della doccia è una soluzione intelligente. Sento delle vibrazioni. Il treno passa non lontano da qui. La scrivania davanti alla finestra da’ sul giardino. Ogni tanto vedo il pazzo muovere le sue cianfrusaglie. Ora sposta mucchi di terra, per quale ragione? Comunque qui si sta bene. Che cosa chiedere di più?  Infatti mi chiedo: quando smetterò di chiedere? Di volere?
………………………………………………………………………………………………………… Discuteva un non so come & quale filosofo parlando e agitandosi, di atomi separati senza alcuna interazione e patologia del respiro. E difatti lei aveva una lunga cicatrice sul petto mentre nuda distesa mi guardava con occhi impauriti, si chiamava Petra.
———————————————– Questa vita è fatta di respiri brevi come coltellate inflitte sopra un’apnea ineluttabile.
Con una mano poggiata sul mento, nella più classica delle pose malinconiche. Per dimenticare cerco te, succhiando il polsino di cotone del mio maglione verde. Un sapore felpato. Gocce di saliva che si attaccano alle fibre di lana che non assorbono. Respinto da tutto, come una di quelle gocce.
Tra il bordo centrale del tuo reggiseno bianco illuminato dal neon viola, nella luce viola di un bar di Praga sorseggiando succo di non so cosa le tue gambe fasciate a strati, e i tuoi piedi coperti vorrei vederti ve-der-ti senza make-up.
Trainato da cosa, non so. La cancellazione progressiva del desiderio è un’arma impropria.
Perché tutto sfuma come vapore condensato nel pugno della mano… il rumore di una cosa che cade.
Ripenso. Dopotutto, chi ti saprebbe amare, come faceva lei, cristianamente? Per questo è inutile cercare quel che già è rifiutato. Lamentarsene poi… Mi dico che forse è la lingua ciò che rende questa città inaccessibile. Lo sguardo senza speranza negli occhi della gente. Il verde di Praga.
…………………………………………………………………………………………… Penso…………
Nella voce che ti scalza come un profilo disegnato a china sui comignoli delle case. Con un universo di bollicine dentro di te. Che salgono senza voglia fino alla fronte. Non sei l’unico a esser solo, ricorda.
Così sottile trasgressione all’orlo del suo labbro infiammato dall’ansia di qualcosa perdendomi dentro l’involucro che non separa. Uscendo da quel locale con la testa e il cuore in fiamme ho visto accanto a me una figura nera che odorava di nero, i capelli, gli occhi, i vestiti, tutto. Tutta la pesantezza della vita umana, ma così leggera dietro quella sottilissima montatura d’occhiali! Ci siamo amati. Nel modo più insensato. Resta una cosa: il vuoto. Più pesante di tutto ciò che si può misurare.
Scrivere a lungo per lungo avvenire. Un tono che si sbianca nonostante la fase che raddrizza l’interno che di colpo d’intorno allenta il cavo fasciato sul collo come un bacio. In estasi dopo una corsa, il sogno, il sorriso d’essere tutto per me stesso.
Tutto che si scolora dentro l’armonia sbilenca di questo luogo dove la serietà viene costantemente derisa. La mano dovrebbe andare più veloce per registrare il susseguirsi dei pensieri e delle voci ad esse collegati.
La bellezza è un cosa passeggera o definitiva? Mi chiedo seduto al bancone mentre vedo un sorriso per il quale varrebbe la pena di uccidersi.
L’aroma carammellato sulla punta della lingua mi dice che mai ti potrò abbandonare in lutto di questo giorno fra tanti. In un’alba di fuoco, dove tutto s’incendia come in un quadro di Turner.
Un rifiuto umano con l’eleganza di un pastore con bastone da passeggio con occhi di guardiano mi predica della necessità di tornare ad essere buoni cristiani preferisco la matita, che almeno si spezza quando non sai.
Poesia, l’eterno lamento.
Perché una pendenza manda l’attrito alle stelle dei miei pensieri?
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Lei ha il verde di Praga
e una punta di rosso
i capelli biondi finissimi
che non si sporcano.
Poi uno schizzo di pomodoro
sulla maglietta bianca oh, tragedia!
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L'eleganza profonda della tua voce
delicata come un gatto
che si arrampica
per salire non sai dove.
————————————————————————————— Sento ogni movimento in ciò che vedo come fosse collagato alla mia pelle per mezzo di nervi invisibili. ————————————————————————————— Angeli che danzano sulla morte.
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Lucka.
nei tuoi grandi occhi azzurri la voce e il corpo minuti i piccoli piedi come zampe di un piccolo gatto a cui la mamma ha tolto il seno inaspettatamente. L’amore non esiste così consumato. Nei tuoi occhi vedo riflesse le morti di tutti quelli che hanno provato a sfidare la vita con un balzo.
Hai scelto per sempre ma io adesso ti dico sarai sempre in tutto meno te stessa di te stessa.
———————————————– KAFKIANERIE.
Una piccola fiamma chiede alla candela: lasciami bruciare. La candela risponde: lasciami sciogliere per sempre. Poi una mano afferra uno spegnicandele d’ottone e pone fine al tutto.
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Distruggere è sempre fare un buco, cioè il vuoto.
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Il plavebnì kanal è una deviazione della Moldava che odora di fogna. Ci sono stato di notte passando per una lunga via, che lo costeggia (la Papírenská). Che scenario infernale, dantesco!   ——————————————————————————————–
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polec · 9 years
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#ilverdedipraga #praga #verde #pontecarlo #charlesbridge #karluvmost #sunset #zapadslunce #zelena (presso Charles Bridge)
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polec · 9 years
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#chandelier #hotel #reception #thegoldenwheel (presso The Golden Wheel Hotel-U Zlatého Kola)
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polec · 9 years
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Né con speranza, né con timore
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“Cos’è la magia, domandi in una stanza all’oscuro. Cos’è il nulla, domandi, uscendo dalla stanza. E cos’è un uomo uscendo dal nulla e tornando solo alla stanza”. (Leopoldo Panero)
……………………………………………………………………………………… L’amore non esiste più alla luce verde maculata di un sogno strozzato dalle mani dell’insonnia fra le carte appese come coltelli sul collo della bottiglia, due dita all’ombra di una vecchia passione, evanescente come fumo scarlatto nel vapore di una ferita che dissolve il futuro immaginato, che guardo precipitando senza fine verso il nulla
(L.P.)
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La notte fisiologica, che cosa mi racconta? Piena di voci che si inseguono come cani rabbiosi. Al cuore sento una morsa chiudersi lentamente. Le ganasce, strette sul muscolo sgonfio di pollo sventrato, stridono come se al posto della carne ci fosse un mucchio di trucioli d’acciaio.
Pressione di 106 chili sulle meningi, il morso di un pitbull. Voglia di prendere la testa fra le mani e sbatacchiarla qua e là per riversare tutto. Come da un secchio per sciacquare i liquami nel buco nero di un tombino. Allora ti dico, frequenza che ondeggi nel liquor del mio cervello, esci come un tappo, avvitati sulla spirale del mio tirabusciòn e vattene, vattene per sempre. Esci da questa casa e non tornare mai più.
Parlo con i polpastrelli delle dita. La sensazione di avere una crosta di colla al cianuro sulle labbra.  
Migliaia di tonnellate sulla mia schiena curvata dal peso di migliaia di tonnellate di cemento armato. Piegato su di sé. Come un feto.    
Godrò mai più di un sonno normale? Saprò nuovamente che cosa è un risveglio? Da tanto tempo non sento più cinguettare. Apro gli occhi e ho i chiodi di Gesù Cristo nelle tempie.
Lavoro incessante e gusto analgesico del ricordo. Di che mai ritornerà? (ripetuto). In fin che alquanto, presso là…poggiato…
Liriche effusioni, inutili.
Esplosioni acide di dolore malinconico che inonda il petto di tutti gli umori.
Partire e prendere il largo. Questo deserto su cui è così agevole muoversi in punta di piedi senza rischio di affondare. Troppa comodità senza perdere tutto. Il vino è buono. Scalda il cuore in questa notte di fine estate. Mostra tutto l’incanto di una donna affascinante.
“Praga! Ha sapore di sorso di vino…”  
Riaffiorano i ricordi.
Afferro con una mano il tempo e lo schiaccio nel pugno come una mosca.
“Alla fine ti ammazza”  dice il filosofo.
lo sperma dai testicoli segue il percorso inverso attraverso le vene arriva fino al cervello.
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Come un sorso di kvas in un pomeriggio afoso. etc.
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polec · 9 years
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from Nick Cave’s handwritten dictionary of words, 1984.
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polec · 9 years
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Tutto si consuma tranne il desiderio.
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Sfogliando le pagine del libro della notte dentro gialli sospiri al neon che battendo chiama a sé nella musica della tua voce sul fianco inamidato della vetrata nel velo del tuo alito di Sposa mattutino come l'alba  senza accenti ribattendo chiama a te il gusto amaro del risveglio nel ricordo annebbiato dei tuoi occhi impossibili. ...................................................................................................... 
La linea di fuga sul pavimento segue la corsa divergente di una piccola goccia esplosa dal ciglio del parapetto. Guardo nello specchio della mente. Ti vedo.  Sento piano crescere un ritmo che pulsa nel sangue, sul collo. Un calore che si irradia dal centro all'estremità. Questo corpo, ipersensibilizzato dalla forza e dalla bellezza dell’immagine, spontaneamente, si apre. Come da una caverna l’eco della tua voce risuona in canto leggero facendo vibrare le corde all’interno. Un movimento circolare sotto il mantello dei nervi. Vedo ombre luminose nascoste fra i tuoi capelli. Sembrano piccole stelle di rugiada. O d’argento. Un aroma dolce e pungente che m’inebria. Tendo la mano ad unire astrattamente costellazioni epidermiche (sulla carta dei miei pensieri). Sfiorando con un dito nell’aria le tue labbra di vetro di porcellana e le docili mani, (ali di colomba pronte a spiccare il volo) scorgo inedito un profilo d’occhi orientali. Semichiusi e sognanti nella luce soffusa, d’un tratto si accendono, mi fissano. Non riesco a guardare, penso solo a baciare perimetralmente, in cerchi concentrici. E poi soffiare con tutta l’anima in un punto, verso più punti collegati ad un luogo imprecisato dell’universo. Senza fine, oltrepassando strati. Stringerti dolcemente nell’abbraccio che non chiede più. Consumare tutto, a poco a poco, tutto l’inesauribile di ciò che non siamo. ............................................................................................................................. Vuoto sidereo del cielo, ascoltami. Devo rompere il silenzio. Proiettami oltre la carne. Nutrimi e mangiami. All’infinito. --------------------------------------------------------------------------------------------- p.s. Ritratto parallelo. ---------------------------------------------------------------------------------------------
Se in quel viso di marionetta che fa le smorfie e chiama il mio nome davanti allo specchio, registrando la sua voce ho visto la maschera terribile di un boia che senza più sentire  nel vuoto estremo di feroce sadismo sul corpo martoriato nell’amplesso immaginato sottratto a ogni tenerezza due pietre nere al posto degli occhi con le pupille iniettate di delirio allucinati nello specchio che le mani graffianti di rapace tenevan fisso davanti al mio viso nel terrore d'aver visto d'un tratto me stesso, tutto, senza più ombra nè peso... ........................................................................................................
Tu, più simile a una bambola meccanica con gli arti scomposti e la camminata buffa sai rendere la vita una cosa divertente. Nonostante ciò che ha macchiato da tempo l’innocenza dei tuoi occhi inaccessibili, imparerai forse, un giorno, ad amare.
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polec · 9 years
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Come un cavallo lanciato in corsa leggera per le strade sulla bassa marea fuggire lo sguardo delineato dei turisti sulla linea a fior d'acqua riverberando luce verticalmente obliqua nel prisma di esagoni sfalsatamente rispecchiati nel suono infinito scrosciante di una fragranza verdeamara scricchiolando fra le dita dei piedi nell’oro desertico di questo tratto tracciato di frammenti accostati a temporanee illusioni: rimescolare pensieri vecchio-nuovi dentro e fuori la vita in corsa, lontano, abbandonarsi...
Come luce incastonata a cerchi concentrici sopra l’azzurro castano trasparente diluito al fondo nero delle tue pupille. (Fra tutte le dissoluzioni la più bella sei tu). In quel sorriso bianco come un fiore che si muove oscillando goccia mattutina sull’erba. Come sei bella, come sei tu!
Come il miraggio che prende posto ad un incubo, desiderio di te nei tratti arrugginiti dalla pioggia parlando uno ad uno ai capillari dei tuoi occhi dicendo loro che di te fanno l’Opera  nelle screpolature che non si possono più restaurare.
Dico a me: prosegui prosegui e non arrestare l’impulso alla tentazione del vuoto della spirale.
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