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“Ciò che caratterizza le grandi passioni è l'immensità degli ostacoli da superare e l'oscura incertezza dell'evento.” (Stendhal)🔝
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Buongiorno a Voi e ... Buon Martedì❣
"Da’ a ogni giornata la possibilità di essere la più bella della tua vita." 😊 (Mark Twain)
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Buongiorno❣ Buon Lunedì e Buon Inizio Settimana❣
🌞"Cercate dunque di guardare ogni mattina il sole al suo sorgere come se lo vedeste per la prima volta, ed esso vi apparirà sempre nuovo." 🌞(Omraam Michaël Aïvanhov)
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"Il bimbo che non gioca non è un bimbo, però l'uomo che non gioca ha perso per sempre il bimbo che viveva in lui e che gli mancherà molto." (Pablo Neruda)
#goodmonday💪
#almanacco2018 💯
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Chiamale se vuoi Emozioni: ACCETTAZIONE e VERGOGNA
Ottavo appuntamento con la Rubrica ‘Chiamale se vuoi Emozioni’: ACCETTAZIONE e VERGOGNA
Accettazione: accettare, accogliere.
Il Five Corners è il fiore della ACCETTAZIONE:

Per rappresentare l'ACCETTAZIONE ho scelto due opere espressioniste:
1) Marcella dipinto tra il 1909 e il 1910 da Ernst Ludwig Kirkner, dipinto tra il 1909 e il 1910 conservato nella Moderna Museet di Stoccolma.

Marcella è seduta sul letto, nuda, con le mani incrociate sul pube. Il trucco pesante e lo sguardo apparentemente provocante della donna fanno trasparire l'accettazione della sua condizione che, anche se immorale le permette di vivere. La stanza è riccamente arredata da oggetti appesi e da cuscini 'ricamati' il che dimostra che l'accettazione dipende anche dal compromesso fatto col suo corpo e gli uomini che chiedono i suoi servigi. Probabilmente gli uomini che le fanno visita sono gli stessi uomini che si definiscono conservatori e osservanti dei sani valori.
2) Donna in camicia dipinto nel 1906 da André Derain e conservato nello Statens Museum a Copenaghen.

La donna è seduta sul bordo di un divano in modo disinvolto e disinibito. Mette in mostra il suo volto accuratamente truccato e, con la mano sotto il mento, una gamba piegata e l'altra tesa, fissa l'osservatore; consapevole della propria bellezza l'ostenta in modo provocante ma contenuto. Anche in questo caso la donna accetta il suo ruolo, è 'felicemente' consapevole delle sue capacità seduttive e questo basta per farla sentire importante.
Nella vita capiterà di affrontare situazione che pensavamo diverse ma dalle quali non è possibile 'scappare' per cui l'unica soluzione è l'accettazione. Accettare una situazione non significa conformarsi ad essa quanto invece scegliere se e come affrontarla.
Le opere artistiche che vi ho proposto spiegano la differenza tra accettare e conformare.
Entrambe le donne che accettano la loro condizione di prostitute:
- Marcella, ci mostra un corpo purtroppo segnato da questa vita: il suo sguardo e il suo corpo sono sofferenti (probabilmente è malata), non vorrebbe più accettare impassibile questa condizione ma forse non sa più come uscirne. La sua reputazione ormai è segnata per sempre e non è certo il compromesso che lei ha accettato per anni che potrà guarirla.
- La Donna in Camicia invece non solo accetta volentieri la sua condizione (come se effettivamente le piacesse il compromesso economico) ma si conforma a questo stile di vita; infatti, è una donna curata, ammiccante e pronta a soddisfare consapevolmente i desideri dei suoi amanti!
Per capire la differenza che esiste tra accettare e conformarsi voglio raccontarvi un mio episodio di vita vissuta. Recentemente, mi sono trovata a dover gestire per forza di cose una questione con alcuni miei 'amici' in quanto avevo notato un atteggiamento scostante ma non ne capivo il motivo. Siccome ho voluto a tutti i costi approfondire, ho tentato di contattarli telefonicamente (ma si sono negati dicendomi che non avevano tempo quando poi invece erano sempre connessi sia su WhatsApp che sui social come fb ed Instagram) e non riuscendo a parlarci ho usato il sistema di comunicazione evidentemente più semplice per loro: WhatsApp. Io nel messaggio che gli scrissi esposi le mie preoccupazioni e chiesi spiegazioni per capire cosa stesse accadendo effettivamente, ma le risposte ottenute erano menefreghiste e scostanti, prive di empatia. Questo mi mandava in bestia perché io ho sempre dato tanto di me e del mio tempo ma non sono stata contraccambiata. La situazione ovviamente è degenerata e a seguito di una mia insistenza nel voler capire ad ogni costo cosa stesse effettivamente succedendo e perché, anche se non sono stati in grado di affrontarmi personalmente e dirmi espressamente quale fosse stato il problema, hanno trovato il pretesto per chiudere ogni via di comunicazione con me. Siccome non mi capacitavo di quanto stesse accadendo decisi di parlarne con la mia psicoterapeuta che, dopo avermi ascoltata, mi disse: " ... le persone non reagiscono come ci aspettiamo noi e questo va accettato. Di conseguenza, sentiti libera di prendere qualunque decisione riterrai opportuna." Ho fatto mie queste riflessioni per cui ho iniziato ad accettare la situazione così come si presentava ma non mi sono assolutamente conformata (abbassata) al loro comportamento a mio avviso riprovevole. Per il mio bene ho deciso di allontanarli dalla mia vita (mi sono sbarazzata di tutto ciò che li riguardava). Ad oggi, ho accettato la situazione così come si presenta: non posso andare a genio a tutti (ma non mi colpevolizzo di questo)! Mi sono accorta che in realtà la loro amicizia non è poi così fondamentale per me perché non mi ha lasciato nulla di positivo anzi l'atmosfera che si creava in loro compagnia era alquanto 'ambigua' e 'insignificante'. Di contro, sono circondata da (pochi) AMICI che mi accettano per come sono anzi l'accettazione è reciproca: ogni giorno che passa viviamo la nostra amicizia ma nel rispetto l'uno dell'altro. Non sono perfetta, ho i miei limiti e li accetto ma questo è lo stimolo a migliorarmi sempre. Raggiungere questa consapevolezza non è stato e non è assolutamente facile per me: sono una ragazza testarda, cocciuta, impulsiva e non sempre riesco a controllarmi ma grazie all’aiuto giusto e alla pazienza altrui ci sto riuscendo e ammetto che mi sento molto meglio.

Non può sempre andare tutto per il verso giusto e non tutte le persone sono uguali, per questo l’accettazione sia di noi stesso che del resto sarà la nostra alleata migliore. Accettiamo la realtà ma apriamo la mente verso obbiettivi costruttivi. Tutti abbiamo il potere di indirizzare e cambiare la nostra vita: il futuro è nelle nostre mani.

Vergogna: turbamento, disagio suscitato sia dalla coscienza che dalle conseguenze di una propria azione.
La Peonia è il fiore della VERGOGNA:

L'opera d'arte che, secondo me, rappresenta la VERGOGNA è La pubertà dipinta tra il 1894-1895 da Edward Munch oggi conservata alla Galleria Nazionale di Oslo.

Una ragazza adolescente è seduta sul letto: si copre le parti intime, il volto è incerto e spaurito. È turbata dal mutamento che compie il suo corpo: sta diventando donna. Nessuno le hai mai spiegato cosa accade ad una giovane donna quando sviluppa perché sono argomenti tabù (persino lei si vergogna di questa condizione che considera tutt'altro che piacevole). L'unica sua consapevolezza è che diventare donna significa procreare; per il resto sarà considerata solo un 'problema' sociale (un essere inferiore all'uomo).
Tutti proviamo vergogna ovvero quel senso di inadeguatezza che vorrebbe farci sparire dal mondo. La proviamo quando non ci piacciamo fisicamente e farci vedere in pubblico ci mette a disagio, quando frequentiamo persone o affrontiamo situazioni imbarazzanti ... quando siamo ciò che non vorremmo mai essere. Alla vergogna si aggiungono altre emozioni negative come risentimento, ansia, rabbia verso noi stessi e gli altri, perdiamo l'autostima ... per cui l'unica soluzione è isolarci da tutti e tutto. Volente o nolente però, non possiamo scomparire nel nulla per cui è importante imparare a convivere anche con quest'emozione. La vergogna, anche se 'negativa', è essenziale: ci fa riflettere sulla nostra persona e su come migliorarci. Rimette in discussione la nostra visuale della vita e ci ricorda che siamo tutti fallibili.

E quando ci sembra che la vergogna stia prendendo il sopravvento su di noi ... siamo AUTO IRONICI: fatta una gaffe, ci si può ridere sopra sia soli che in compagnia. L' ironia (ovviamente moderata, controllata e rispettosa) su quelli che noi consideriamo i nostri difetti fisici o mentali oppure su una nostra figuraccia sicuramente alleggerirà il nostro turbamento interiore.

Entrare in contatto con le Nostre Emozioni significa affrontare la Vita!

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Chiamale se vuoi Emozioni: PERDONO e RIMORSO
Settimo appuntamento con la Rubrica ‘Chiamale se vuoi Emozioni’: PERDONO e RIMORSO
Perdono: condono della pena da infliggere al 'colpevole'.

Il Narciso è il fiore della PERDONO:

L'opera d'arte che, secondo me, rappresenta il PERDONO è il Ritorno del figliol prodigo* databile al 1668 ad opera di Rembrandt oggi conservato nel Museo dell'Ermitage di San Pietroburgo.

*Nella parabola raccontata da Gesù e scritta nel Vangelo di Luca, un uomo ha due figli e, nonostante non manchi loro nulla, il più giovane pretende la sua parte di eredità mentre il padre è ancora in vita. Ottenutala, si reca in un paese lontano dove spreca tutte le sue ricchezze con una vita dissoluta. Ridotto alla fame, per sopravvivere è costretto a fare il mandriano di porci. Meditando sulla sua condizione e sul suo comportamento decide di tornare a casa e chiedere perdono: "Padre ho peccato contro Dio e contro di te, non merito di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi servi." (Luca 15,18-19)
Mentre il figlio prodigo è sulla strada di casa, il padre lo scorge e gli corre incontro, accogliendolo a braccia aperte e per l'occasione organizza una grande festa. Il primogenito però, non accetta questo trattamento verso il fratello che li aveva abbandonati ma il padre gli dice: "Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato." (Luca 15,31-32)
L'artista rappresenta proprio il momento culminante della vicenda in cui il padre perdona suo figlio accogliendolo tra le sue braccia. Il figlio sinceramente pentito, è in ginocchio (anche se non sono visibili possiamo immaginare le sue mani congiunte come richiesta di clemenza); di fronte la vista di suo figlio, l'amore paterno è tale che gli posa le mani sulla schiena e lo attira a sé. Chi non riesce a capire perché il padre perdoni il figlio e di conseguenza a perdonare, è proprio il fratello del figlio prodigo che nell'ombra assiste all'evento ma è impassibile.
Perdonare: una parola semplice ma complessa. il senso di colpa e i fallimenti che viviamo in prima persona possono diventare un fardello davvero pesante e rischiamo di torturarci e concentrarci solo sulla negatività della situazione perdendo di vista altre opportunità per riscattarci. È indubbio che dobbiamo assumerci le responsabilità sia delle nostre azioni che dei nostri errori ma come avviene per ogni emozione, dopo averne preso atto, per la nostra salute fisica e psichica è importante AGIRE.
Perdonare Noi Stessi:
- Capire perché perdonarsi (quali situazioni provocano in me questo senso di colpa?)
- Accettare che il fallimento non ci rende persone sbagliate
- Non aver paura di ricominciare o riprovare
- Adottare una 'nuova' mentalità imparando dal passato in vista del miglioramento
- Stabilire obbiettivi futuri costruttivi

"Perdona i tuoi difetti e i tuoi errori, poi vai avanti" (Les Brown)
Perdonare gli Altri:
- Accogliere persone propositive e costruttive
- Chiedere scusa in modo vero e cercare soluzioni fattibile per 'rimediare'

A chi assomiglieremo: al figlio maggiore rancoroso verso il fratello, oppure perdoneremo proprio come il Padre?
Rimorso: la consapevolezza tormentosa di aver fatto del male, pentimento, dispiacere.

L'Aconito è il fiore della RIMORSO:

L'opera d'arte che, secondo me, rappresenta il RIMORSO è Oreste ed Elettra dipinto nel 1923 da Giorgio De Chirico collocato nel Museo Villa Necchi Campiglio a Milano.

I due fratelli, Oreste ed Elettra, dopo aver vendicato il padre Agamennone con l'uccisione della madre Clitemnestra e del suo nuovo sposo Egisto, si trovano di fronte alla terribile responsabilità delle loro azioni. Oreste, la figura più ignara e 'inconsapevole' della tragedia, si presenta ai nostri occhi con le mani ancora sporche di sangue, dalle quali è caduto il pugnale insanguinato a terra: in preda al rimorso disperato si porta le mani al volto. Al contrario, Elettra è concentrata solo sulla vendetta tenendo ancora un pugno serrato.
Vi propongo il confronto con un'opera lontana dal tempo di De Chirico ma evidentemente influente: l'affresco Cacciata dei progenitori dall'Eden (1424-1425) di Masaccio facente parte della decorazione della Cappella Brancacci nella chiesa di Santa Maria del Carmine a Firenze.

Sia Oreste che Adamo, nella vergogna del loro gesto, portano la mano sul viso, in particolare sugli occhi, come se non volessero accettare la realtà delle loro azioni. Provo ad immedesimarmi sia in Adamo che in Oreste: Adamo, ha commesso un peccato imperdonabile nei confronti di Dio ... al suo rimorso non c'è soluzione; probabilmente è un rimorso egoista dovuto al pensiero di quanto materialmente aveva perso (la vita eterna, il controllo della terra) ma non un pentimento sincero. Oreste, invece, è turbato nel profondo dell'anima perché ha ucciso sua madre, sangue del suo sangue, colei che lo aveva partorito (anche se meritevole di morte); Elettra, dal canto suo, non sembra affatto pentita ma è convinta che questa è stata la giusta soluzione.
Insomma ... tre modi diversi ma consapevoli di avere rimorsi: un dispiacere egoistico (dovuto alla perdita dei beni materiali), un dispiacere tormentato (dovuto all'uccisione della propria madre) e un mancato dispiacere (un’omissione del proprio gesto).
Ora, guardando al passato tutti abbiamo motivi per provare rimorso. Il rimorso ci serve per imparare dai nostri 'sbagli' passati e migliorarci nel presente. La vita è fatta di cambiamenti per cui le scelte di un tempo possono non rispecchiarci più perché la nostra mentalità è maturata e le nostre esigenze sono cambiate. Perdoniamoci, perché è l'unico modo per imparare davvero dal nostro passato 'sbagliato' e motivarci al meglio per evitare il ripetersi degli stessi errori.
“Non vi è uomo, per quanto saggio, che non abbia in un certo momento della sua giovinezza detto cose, o vissuto in un modo la cui consapevolezza è così spiacevole per lui nella vita successiva che vorrebbe volentieri, se potesse, estirparla dalla sua memoria.” (Marcel Proust)

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Chiamale se vuoi Emozioni: NOSTALGIA e GELOSIA
Sesto appuntamento con la Rubrica ‘Chiamale se vuoi Emozioni’: NOSTALGIA e GELOSIA
Nostalgia: stato d’animo melanconico, causato dal desiderio di persona, di un luogo o un evento a noi ora lontano, aspirazione a uno stato diverso dall’attuale.

La Zinnia è il fiore della NOSTALGIA:

L'opera d'arte che, secondo me, rappresenta la NOSTALGIA è il Dittico dei Simmachi e dei Nicomachi risalente alla fine del IV e inizio V secolo d.C. diviso tra il Victoria and Albert Museum di Londra e il Musée de Cluny di Parigi.

Il Dittico d'avorio (tavoletta formata da due assicelle riunite a libro da un lato con cerniera, legato alle famiglie senatorie romane di cui prende il nome) era destinato alla veicolazione di tematiche pagane e alla loro conservazione dopo la soppressione voluta da Teodosio I.
La valva di Parigi raffigura una figura femminile con la testa china, il seno destro scoperto e con in mano una fiaccola abbassata, alla sinistra di un'ara rotonda; sullo sfondo si vede un albero dai rami nodosi.

La valva di Londra mostra una fanciulla avvolta nello himation, nell'atto di mettere grani di incenso su un altare a base rettangolare decorato da ghirlande scolpite; sotto l'albero di quercia, le cui foglie si trovano anche nella corona della figura femminile, avviene il rito.

Ho scelto quest'opera perché rappresenta l'attitudine mentale di un momento storico artistico in cui l'arte viene rivalutata e in questa rivalutazione, (iniziata da Costantino sotto il cui dominio convivevano sia cristiani che pagani) si tenta di mantenere vivi i principi classici che avevano caratterizzato l'arte greco - romana. Per capire meglio questo confronto vi propongo l'osservazione della seguente Lastra con Amaltea del II d.C. (conservata ai Musei Vaticani):
Per quanto possano assomigliarsi sono concettualmente diverse: mentre nella lastra di Amaltea la figura femminile si muove in uno spazio reale, nel dittico le figure sono più snelle, prive della loro corposità, instabile e compresse all'interno di uno spazio che possiamo definire quasi stilizzato.
Sono opere di eccellente fattura per cui la differenza non è imputabile ad una mancata capacità (ricordiamoci che furono commissionate dalle famiglie senatorie del tempo) quanto invece ad una mentalità che vive della nostalgia del passato ma ormai sta diventando 'altro' (diverso).
La mia scelta non è stata casuale: anche per me apprendere come opere d'arte di questo tipo potessero comunicarci emozioni - nel caso specifico la nostalgia - è stata una sorpresa. Quando si visitano i musei si è propensi a concentrarsi solo sui dipinti di artisti a noi conosciuti ma non consideriamo quanto anche una statua o un rilievo possa comunicarci riguardo la cultura di un’epoca. Antonio Canova era consapevole di questo e a questo proposito, mi viene in mente un'opera che rappresenta questa sua struggente nostalgia per il mondo antico: Il monumento funebre a Maria Cristina d'Austria (1798-1805) custodito all'interno dell'Augustinerkirche di Vienna.

È una struttura piramidale in cui si addentra un corteo, composto da un uomo anziano, da una donna adulta e da un bambino, che accompagna le ceneri della defunta sino la fine del suo viaggio terreno. Se osserviamo il corteo funebre, il primo ad entrare nel buio della Piramide è un giovane, poi una donna seguita da un anziano.

Questo mi fa pensare all'improbabilità della vita: a volte è il passato che sopravvive (rappresentato dall'anziano) prendendo il sopravvento sia sul presente (la donna) che sul futuro (il giovane) e questo accade quando lasciamo che la nostalgia del nostro passato comandi l'oggi e costruisca il domani e prenda il sopravvento. Per evitare che la Nostalgia ci 'distrugga' come accadde invece a Canova ormai rassegnatosi al passato glorioso antico, è necessario trovare la giusta dimensione proprio come gli scultori del IV e V d.C. che riuscirono a trovare un compromesso tra passato e presente innescando un processo destinato a durare sino i nostri giorni.
“La bellezza del passato risiede nel fatto che nessuno capisce davvero un’emozione quando la vive. Questa si espande più tardi, ed è per questo che non abbiamo emozioni complete rispetto al presente, ma solo rispetto al passato.” (Virginia Woolf)

Gelosia: stato emotivo di dubbio e di tormentosa ansia, risentimento che si prova nel vedere che ad altri è concesso un affetto o un vantaggio che vorremmo per noi stessi.

La Rosa Gialla è il fiore della GELOSIA:

L'opera d'arte che, secondo me, rappresenta la GELOSIA è Gelosia dipinta nel 1895 da Edward Munch oggi conservata al Munch Museet di Oslo.

Ispirata a un fatto di cronaca nera degli inizi del XIX secolo (un omicidio passionale per la precisione), Munch rappresenta una figura maschile in primo piano che soffre nel vedere le attenzioni che la donna riceve da uno spasimante che le porge dei fiori rossi. La sensualità della donna (dal cui manto si vedono le sue nudità) è l’ultimo e disperato tentativo di tenere in vita un legame di cui non si può accettare la fine.
La gelosia è una risposta emotiva alla paura di perdere qualcuno a cui teniamo; è un campanello d’allarme che ci informa dell’esistenza di un pericolo cioè il perdere l’affetto della persona che amiamo a causa della presenza di qualcun altro. Ci si sente abbandonati, esclusi e ai margini proprio come accade alla figura maschile rappresentata da Munch. Se non controllata la gelosia può diventare possessiva, ossessiva e distruttiva sia per noi stessi (in quanto si rischia di fossilizzare tutte le nostre energie mentali sulla gelosia provata) che per le persone implicate (si pensi ai casi di parricidio e femminicidio). È importante sapere che ogni emozione include anche altre emozioni: la gelosia racchiude paura, smarrimento, collera, invidia, tristezza, inadeguatezza, umiliazione e diffidenza ... ecco perché è importante controllarla.
Io non sono né una psichiatra né una psicoterapeuta ma ho cercato e anche trovato il loro l'aiuto giusto per gestire le mie emozioni tra cui anche la gelosia. A questo proposito ho trovato utili i seguenti consigli:
- Ammettere (acquistare la consapevolezza) di provare gelosia verso altri
- Mettere per iscritto ciò che provo
- Mettere in discussione la mia gelosia analizzando quali altre emozioni sono coinvolte e perché mi sento così
- Fidarmi del mio compagno e dei miei veri amici
- Chiedere scusa e spiegare il perché ho avuto una reazione esageratamente gelosa
e soprattutto ... imparare a DIALOGARE (in modo schietto ma rispettoso) senza litigare!

Entrare in contatto con quest'emozione non è facile perché si tende sempre a colpevolizzare gli altri quando poi forse l'unico ostacolo siamo noi stessi che dimentichiamo le nostre capacità e non apprezziamo veramente chi e quanto di PREZIOSSIMO abbiamo. Non voglio nascondere che quando ho preso piena coscienza di questo, mi sono mortificata del 'male' che ho potuto causare a chi tiene veramente a me per cui ho ritenuto necessario agire in tal senso accettando la mia lacuna e lavorandoci su. In questo lavoro però non sono mai sola perché, nonostante il mio 'caratteraccio', chi mi ama non mi ha mai abbandonata e continua a starmi vicino; questo mi motiva a lottare ogni giorno e se capita la ricaduta, adesso non mi dò più per vinta ma rialzandomi in piedi dico a me stessa: CE LA POSSO FARE!

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EVVIVA I NONNI!!!
Martedì, 2 Ottobre 2018: Festa dei Nonni
Intervista a Mia Nonna

Cara Nonna, raccontami di Te:
Mi chiamo Emma e sono nata il 27 settembre 1939.
Dove hai vissuto?
Sono nata a Roma nella zona di Vigne Nuove, ma all’età di 2 anni sono stata confinata insieme alla mia famiglia per motivi politici a Grottaminarda (provincia di Avellino) e qui sono rimasta per 4 anni. Non si può immaginare la sofferenza fisica e psicologica provata in questi anni. Finita la guerra, nel 1946 siamo tornati a Roma. Tutto ciò che avevamo lasciato fu distrutto ma il fatto di essere vivi ci diede la forza necessaria per ricostruire la nostra vita.
Che scuola frequentavi?
Frequentai sia le Scuole Elementari che Commerciali (le attuali Scuole Medie) a Roma.
Per quanto riguarda le scuole Elementari andai i primi due anni alla Scuola Cattolica in Piazza Monte Gennaro mentre gli altri tre anni alla Scuola Comunale in Via Monte Fumaiolo. Sono stati anni di cui conservo dei ricordi stupendi: la scuola ci insegnava a vivere e questo mi è stato utile in tutta la mia vita. In particolare, ricordo con amore la Maestra Perucchini la quale mi ‘bacchettava’ spesso perché imparavo tutto a memoria tanto che il più delle volte, con un libro in testa, mi portava per le classi e tutti i compagni dovevano dirmi: “Somara”. Il colmo era quando toccava alla classe di mia sorella, la quale diventava rossa per la vergogna e appena uscivamo da scuola riferiva tutto ai miei genitori. Nonostante questo, per me era un gioco e ridevo d’incoscienza oltre al fatto che ho continuato ad imparare tutto a memoria e oggi, a 79 anni, ancora mi ricordo tutti i poemi e poesie studiate a scuola. Finite le elementari ho frequentato Le Scuole Commerciali Don Bosco in zona Monte Sacro. In questi anni strinsi amicizia con la mia amica Silvana, una studentessa modello o come dite oggi voi giovani una ‘secchiona’. Un’amicizia durata sino poco tempo fa quando purtroppo è venuta a mancare.
Come erano i rapporti con i tuoi genitori? Andavi d'accordo con tua sorella e tuo fratello?
Sono sempre andata d’accordo con i miei genitori i quali ci ha insegnato dei sani valori a cui tutt’oggi sono grata. Nella nostra famiglia, il dialogo era una costante; ci piaceva comunicare insieme, raccontarci la nostra quotidianità e questo non ci stancava mai. Non avevamo molto anzi quasi niente, ma proprio per questo eravamo altruisti l’uno con l’altro. L’amore era la forza dominante della nostra vita e difficilmente i nostri volti erano tristi. Siamo sempre state persone positive, ottimiste e speranzose e questo ci ha aiutato e ci aiuta tutt’ora nel sostenerci a vicenda.
Quali erano i tuoi passatempi preferiti?
Sono sempre stata una persona giocosa e lo sono tutt’ora. Mi piaceva stare all’aperto e con le mie amiche giocavamo a campana (infatti avevamo sempre il gessetto bianco dietro), acchiapparella, nascondino, mosca cieca, con la corda … quando pioveva invece giocavamo con le bambole di pezza che ci cucivano da noi. Non avevamo quello che hanno i bambini oggi ma dal mio punto di vista eravamo molto più creativi, una dote che purtroppo la tecnologia sta distruggendo.
Quali erano i tuoi sogni nel cassetto? Li hai realizzati?
Ho sempre custodito e nascosto i miei sogni per paura che non si realizzassero. Quello che nonna ti può dire è che pensavo di poter volare come Icaro, di diventare una Ginnasta Ritmica … avevo così tante idee che descriverle tutte sarebbe impossibile … ma il sogno più importante che ho realizzato è stato l’Amore e di questo non ho rimpianti.
Mi racconti di quando hai conosciuto il Nonno?
Quando ho conosciuto l’Amore, tuo nonno, eravamo giovanissimi: io avevo 13 anni e lui 16. Ci conoscemmo mentre stavo imparando il cucito presso una sarta (ai miei tempi era solito per le femmine imparare questi mestieri) che mi aveva incaricato di piegare i panni stesi e tuo nonno mi aiutò. Questo fu il nostro primo incontro. Siamo diventati amici e spesso mi riaccompagnava nei pressi di casa mia. Ci davamo sempre del Lei ma più ci conoscevamo più eravamo attratti l’uno d’altra. Successe che in un tardo pomeriggio d’agosto, mentre mi riaccompagnava lungo la strada di casa, mio padre ci venne incontro con la bicicletta e quando ci vide capì subito che non era una semplice amicizia ma qualcosa di più profondo. Tentò invano di dissuaderci ma vista la nostra determinazione gli intimò di presentarsi a casa nostra quella stessa domenica a pranzo coi suoi genitori … fu una domenica indimenticabile per tutti in tutti i sensi …
Ai tuoi tempi, essere fidanzati cosa significava?
Ai miei tempi non esisteva il permissivismo di oggi: le regole stabilite in casa andavano rispettate e su quelle non si transigeva. Per quanto possa sembrare un’ affermazione proibitiva, quest’educazione ci tutelava e ci insegnava a rispettare sia noi stessi che il prossimo. Ho sempre rispettato gli orari stabiliti e non ho mai avuto comportamenti discutibili ne in privato ne in pubblico. Per me era importante la stima della mia famiglia.
Mi rendo conto che i tempi sono cambiati ma oggi, non mi sembra esista una via di mezzo adeguata anzi il troppo permissivismo non fa altro che allontanare le famiglie; non esistono punti d’incontro e questo crea solo confusione.
Quando vi siete sposati con il Nonno?
Appena tuo nonno concluse gli anni di Servizio Militare obbligatorio, ci sposammo colmi di sogni. Eravamo materialmente poveri ma ricchi d’amore e questo ci ha permesso di affrontare le bufere della vita.
Crearvi una vostra famiglia cosa ha significato per entrambi?
Costruirsi una propria famiglia è stata una scuola di vita: abbiamo imparato l’importanza del rispettarsi reciprocamente e collaborare insieme. I nostri figli poi, hanno responsabilizzato la nostra vita e siamo ‘cresciuti’ insieme a loro. Ovviamente la vita di moglie e mamma è stata impegnativa (e lo è tutt’ora che i miei figli sono adulti e io sono nonna), ma ho sempre vissuto questa responsabilità con saggezza.
Cambieresti qualcosa della tua vita?
Neanche un po’, non voglio rovinare i miei sogni! Ho vissuto appieno la mia vita e non ho alcun rammarico e questo perché anche nei momenti peggiori ho sempre trovato uno spiraglio di luce che ha tenuto viva la mia gioia di vivere.
Cosa pensi della società odierna?
A mio avviso, la società è priva di valori, i giovani sono malconsigliati, l’autorità familiare e scolastica è calpestata e non si è più capaci di affrontare i problemi in modo maturo. Siamo diventati arroganti , parliamo tanto ma non vogliamo ascoltare. Credo che sia necessario fermarci e riflettere.
Cosa consiglieresti a noi giovani per sopravvivere in questa società fatta solo di apparenza ma non di sostanza?
Per me, questa società è ipocrita e falsa: ci illude facendoci credere che è possibile avere tutto senza sacrificio. Ai giovani dico che non serve giustificare o giustificarsi ma affrontare tutto ciò che la vita ci offre. Questo significa diventare grandi.
Grazie Nonna Cara del tempo dedicatomi! Ogni istante passato in tua compagnia non ha uguali e spero davvero un domani di essere per i miei nipotini ciò che tu sei per me da oltre 30 anni.

La Quercia
C'era nel bosco una quercia vecchiona: sotto la quercia un fungo porcino: e sotto il fungo, all’ombretta buona, c'era una mamma col suo bambino. Casa tranquilla e vita beata di quella povera famigliola! Immensa gioia da tutti ignorata tanto pia vera quanto pia sola! Ecco: alla fame un insetto bastava, uno da pranzo, uno da cena: e per la sete un goccin di rugiada: e per il freddo una ragnatela. Chi ci pensava alle feste del mondo che dànno tante e poi tante pene? A quei due poveri, nel bosco fondo, era assai festa volersi bene.
(Diego Valeri)
Intervista a cura di Viviana C.
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Chiamale se vuoi Emozioni: ATTESA e DISGUSTO
Quinto appuntamento con la Rubrica ‘Chiamale se vuoi Emozioni’: ATTESA e DISGUSTO
Attesa: desiderio, ansia con cui si aspetta qualcuno o qualcosa.

L'Anemone è il fiore della ATTESA:

L'opera d'arte che, secondo me, rappresenta la ATTESA è Attese* del 1959 ad opera di Lucio Fontana conservato alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma.

L'opera presenta dei tagli (denominati Attese) disposti in verticale su una superficie ricoperta da uno strato uniforme di colore.
*Può sembrare un'opera scontata o si potrebbe avere la presunzione di pensare che anche noi saremmo capaci di fare questi tagli su un foglio e se è questo il vostro pensiero vi consiglio di vedere dal vivo l'opera e il contesto in cui è contestualizzata.
Lucio Fontana disse: “Io faccio questi tagli, questi concetti. Io inizio una cosa. Rispetto all’era spaziale, io sono l’uomo che fa il segno sulla sabbia. Ho fatto questi fori. Ma cosa sono? Sono il mistero, l’incognito dell’arte, sono l’attesa di una cosa che deve succedere”.
Immaginiamoci Lucio Fontana all'opera:
- la mattina colora la tela e attende che questa si secchi

- il pomeriggio con un taglierino Stanley attenta all'integrità del quadro

- e lo squarcia ...

L'artista non disintegra la tela ma lascia impresso il suo intervento. Oltrepassare quel taglio significa scoprire 'altro' ma tra ciò che esiste prima del taglio (il passato) e ciò che potrebbe esserci dopo (il futuro) c'è l'attesa (il presente).

L'attesa è un’emozione sia stimolante che estenuante: stimolante perché ci rende curiosi ma estenuante perché se irrealizzata ci deprime. A questo proposito, mi viene in mente che alla fine degli anni 40' Samuel Beckett compone il dramma Aspettando Godot (En Attendant Godot) dove due uomini stanno aspettando su una strada di campagna desolata un certo "Signor Godot" che non verrà mai.

L'Attesa li rende curiosi ma allo stesso tempo li 'paralizza' perché anche quando si domandano: 'E ora? Possiamo andare?' e si rispondono: 'Si, andiamo', l'indicazione scenica dice ironicamente 'Non si muovono'.

Ho messo a confronto due modi diversi di fare Arte: la pittura e il teatro! Il confronto non è azzardato e vi spiego perché. Ho visitato una mostra interessantissima su Duilio Cambellotti ai Musei di Villa Torlonia (http://www.museivillatorlonia.it/it/mostra-evento/duilio-cambellotti-mito-sogno-e-realt) conosciuto per le sue scenografie teatrali (soprattutto per le rappresentazioni teatrali greche) il quale asserì che ' ... la scena non deve distrarre lo spettatore quanto invece renderlo partecipe di quanto sta accadendo ...' per cui lo spettatore ignaro viveva nell'attesa dell'eventualità futura.

Questo concetto è lo stesso sia per Lucio Fontana che per Samuel Beckett con la differenza che, mentre per Fontana l'attesa è uno ‘stargate’ (portale che collega in maniera quasi istantanea due punti dello spazio) verso una nuova spazialità (scoperta positiva ovvero un futuro migliore), per Beckett è distruttiva perché plasma a tal punto la mente che non si è più padroni di sé stessi quanto invece succubi di un qualcosa che non arriverà mai.
Per quanto possa sembrare un discorso solo concettuale, è a mio avviso, alquanto attuale: quante volte, nell'attesa di qualcuno o qualcosa, si fantastica, si pensa, si domanda ... talvolta l'aspettativa (oltre che avverarsi) può dissolversi e è proprio quando questo accade che le certezze create crollano e noi insieme a loro ... proprio "quando le aspettative sono ridotte a zero si apprezza veramente ciò che si ha". (Stephen Hawking)

Disgusto: ripugnanza, repulsione, fastidio sia fisico che mentale.

LA Violacciocca gialla è il fiore della DISGUSTO:

L'opera d'arte che, secondo me, rappresenta la DISGUSTO è La Medusa* realizzato nel 1618 ca dal pittore Pieter Paul Rubens oggi è conservato nel Kunsthistorisches di Vienna.

*Medusa, una Gorgone mortale con il potere di pietrificare chiunque avesse incrociato il suo sguardo, secondo il mito fu decapitata da Perseo e la sua decapitazione fu ispirazione per molti artisti (si pensi a Caravaggio e alla sua Testa di Medusa oggi conservata al Museo degli Uffizi a Firenze).
In quest'opera, Rubens raffigura il capo di Medusa, reciso dal resto del corpo, gettato a terra: da ogni sua stilla di sangue caduta al suolo nasce un serpente: i rettili generati (impazziti) si mordono l’un l’altro. Dalla ferita ancora viva, sgorga copioso il sangue a fiotti, trasportando minuscole larve appiccicaticce e disgustose. Il suolo si tinge di un rosso acceso. La bocca leggermente aperta, le labbra violacee, i denti appena visibili, gli occhi iniettati di sangue la rendono terrificante, ripugnante, disgustosa.
Il disgusto non è solamente negativo ma può essere anche positivo: può disgustarci la testa mozza (lato negativo del disgusto) ma allo stesso tempo può gustarci il modus operandi e la bravura dell’artista nel dipingere l’opera (il lato positivo del disgusto).
Il lato positivo del provare disgusto è proprio questo: riconoscere che quella sensazione per quanto sgradevole è stata ci ha comunque permesso di distinguere ciò che per noi è nocivo da ciò che non lo è. Di conseguenza allontaneremo chi/ cosa è deleterio e apprezzeremo di più chi/cosa invece è salutare.

Capita di provare disgusto sia verso sé stessi che verso la vita (a causa di situazioni o circostanze vissute); è importante però che quest'emozione non prenda il controllo di noi e dell'idea che poi ci facciamo di noi stessi.
Per fare ciò ho trovato utile:
- Fare una lista di tutto ciò che disgusto di me stessa e poi crearne un'altra in cui valuto come modificare ogni aspetto negativo in uno positivo

- Prendermi cura di me stessa sia fisicamente che mentalmente ritagliandomi dei momenti in cui mi dedico alle attività che più mi piacciono (leggere, scrivere, fare i puzzle)

- Circondarmi di Amici Costruttivi tra i quali non mi sento mai giudicata ma bensì apprezzata

Modifichiamo il nostro atteggiamento mentale, smettiamo di criticare noi stessi, mettiamoci in discussione ma in modo costruttivo; la vita non è un negativo in bianco e nero ma è a colori per cui:

(NON PERDIAMO TEMPO)!
Viviamo!

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Chiamale se vuoi Emozioni: SPERANZA e DELUSIONE
Quarto appuntamento con la Rubrica ‘Chiamale se vuoi Emozioni’: SPERANZA e DELUSIONE

Speranza: aspettazione fiduciosa nella realizzazione, presente o futura, di quanto si desidera.

Il Bucaneve è il fiore della SPERANZA:

Delusione: amarezza, mancata realizzazione delle proprie speranze.
Il Garofano giallo è il fiore della DELUSIONE:

L'opera d'arte che, secondo me, rappresenta sia la SPERANZA che la DELUSIONE è La sposa del vento dipinta nel 1914 da Oskar Kokoschka conservata al Kuntsmuseum in Basilea.

L'artista riporta il travolgente e tormentato amore passionale avuto con l'amante Alma Mahler (compositrice e pittrice austriaca).
Due amanti dormono abbracciati dopo aver fatto l'amore su un letto di nubi che è un tutt'uno con i loro corpi come se fossero legati all'eternità per sempre: l'uomo è sveglio, ha le mani intrecciate e lo sguardo perso in lontananza ormai rassegnato alla fine di questa storia d'amore; la donna invece, dorme teneramente rannicchiata sul corpo nudo dell'amante, ancora ignara di cosa l'aspetti al suo risveglio.
Mentre abbozzavo l'articolo, pensando a come argomentare il tema della speranza e delusione, nella mia mente ho subito visito quest'immagine che a mio avviso spiega cosa significhi sperare e deludere. La Donna (la speranza) dorme serena tra le braccia del suo amante, in lui ha riposto la sua fiducia; si posa sul suo petto sicura di non cadere nel vuoto infatti, è leggiadra e sospesa in aria. L'uomo (la delusione) invece non riesce a dormire: i pensieri affollano la sua testa, il suo corpo è pesante come se stesse per sprofondare nel vuoto (proprio a indicare il peso che la sua decisione avrà irrimediabilmente sulla vita di entrambi). Non è un uomo privo di speranza perché il suo sguardo vaga lontano come se tentasse di trovare una soluzione ma ormai è così pervaso dalla rassegnazione per cui l'unica scelta possibile è porre fine alle speranze della donna amata.
Per quanto mi riguarda, ho imparato che la vita è fatta (purtroppo) anche di delusioni ma questo non può e non deve impedirci di sperare ancora. Ho vissuto sulla mia pelle la delusione di un 'amore', di un’amicizia e tutt'ora mi capita di essere delusa sia da me stessa che dagli altri. Sono consapevole che ci sono situazioni in cui non rimane altro che la rassegnazione ma ce ne sono anche altre dove invece è importante sperare (in meglio) perché anche su questo costruisco la mia vita. Molte volte mi sono sentita inutile, incapace, colpevole ... ma adesso quando mi sento delusa, penso a chi spera per me e dico a me stessa: "Se gli altri hanno fiducia in me perché non devo averla io di me stessa?" Fidarsi di Noi Stessi e di chi VERAMENTE ci ama, ci permette di superare le delusioni ricevute da chi invece, dietro false apparenze amiche, ci considerava 'inutilità'.
Siamo Esseri Umani: tutti deludiamo e siamo delusi ... ma possiamo scegliere se rassegnarci o sperare ... Un detto dice che 'la speranza è l'ultima a morire' e secondo me è vero: “Nulla impedirà al sole di sorgere ancora, nemmeno la notte più buia. Perché oltre la nera cortina della notte c'è un'alba che ci aspetta.” (Khalil Gibran)

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"Le persone che si prefiggono una meta hanno successo perché sanno in quale direzione andare." (Earl Nightingale) 🔝🔜💪
#goodmorning🌞 #almanacco2018 #quoteofday💯

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Chiamale se vuoi Emozioni: SORPRESA e PAURA
Terzo appuntamento con la Rubrica ‘Chiamale se vuoi Emozioni’: SORPRESA e PAURA
Sorpresa: stato emotivo conseguente ad un evento inaspettato, meraviglia e stupore. L'emozione è seguita o dalla gioia o dalla paura. L'espressione facciale è caratterizzata da: sopracciglia inarcate, fronte corrugata, palpebre spalancate e mandibola abbassata.
Per rappresentare la Sorpresa ho scelto la pianta di Echinopsis: pianta grassa di forma da globosa a cilindrica, presenta delle costolature e rigide spine raggruppate a “ciuffi”, in corrispondenza dei quali, per tutta l’estate, si schiudono in continuazione effimeri ma meravigliosi fiori chiari dall’intensa profumazione. Non è sorprendente svegliarsi la mattina e trovarsi una sorpresa simile?

Le opere d’arte che, secondo me, meglio rappresentano la SORPRESA sono:
1) l'Annunciazione tra i santi Ansano e Margherita datata al 1333 dipinta da di Simone Martini e Lippo Memmi conservata agli Uffizi

L'Arcangelo Gabriele irrompe improvvisamente nella casa di Maria per annunciarle che sarà Madre del Salvatore del Mondo. La Vergine, seduta su un trono, sorpresa dall'apparizione angelica e spaventata, si ritrae chiudendosi il mantello con la mano e stringendo le spalle sia come pudore che sorpresa.
2) l'Annunciazione Cavalcanti scolpita intorno il 1435 ca da Donatello collocata nella navata destra della basilica di Santa Croce a Firenze.

L'Angelo ha appena annunciato a Maria che sarà Madre del Salvatore del Mondo, Gesù Cristo: inginocchiato al suo cospetto, cerca il volto della Vergine che, colta di sorpresa porta la mano al petto.
Ho scelto due opere aventi lo stesso tema iconografico perché mostrano due modi diversi di manifestare la sorpresa: nel primo caso, la Vergine è spaventata a tal punto che indietreggia e si copre come se, imbarazzata, volesse difendersi; nel secondo caso è moderatamente sorpresa come se riuscisse a controllare l'emozione provata.
Anche noi possiamo provare una stessa emozione ma manifestarla in modo differente: questo dipende sia dal carattere di ognuno che dall'impatto che ha su di noi l'effetto sorpresa. Io sono una persona che s'imbarazza spesso soprattutto quando ricevo sorprese romantiche o inaspettate. Per me la sorpresa è testare su me stessa la praticità dell'aiuto psicoterapeutico che sto ricevendo, sentirmi spronata a dare il meglio per raggiungere i miei obbiettivi e riuscirci ... la mia vita familiare mi sorprende ogni giorno perché anche se vivo la 'solita' routine è comunque un continuo evolversi di circostanze e situazioni ... insomma, non ci si annoia mai!

*Una sorpresa: https://www.youtube.com/watch?v=LQlmbSFCVjQ
Paura: stato emotivo consistente in un senso di insicurezza, smarrimento, ansia, terrore e turbamento forte e improvviso di fronte un (eventuale) pericolo.
Il Mimulus è il fiore che (cura) rappresenta la PAURA.

L'opera d'arte che, secondo me, meglio rappresenta la Paura è L'incubo (The Nightmare) dipinto nel 1781da Johann Heinrich Füssli conservato al Detroit Institute of Arts, negli Stati Uniti d'America.

Dentro una stanza in penombra, brulicante di oggetti, una giovane fanciulla dormiente, abbandonata sul suo letto in una posa scomposta e supina, ha un incubo che le si posa proprio sullo stomaco (mostro gobbo) accompagnato dalla presenza di una cavalla spettrale.
Gli incubi (disturbo del sonno angosciante, a volte è accompagnato da una sensazione di oppressione al petto e/o da difficoltà respiratorie. L'individuo svegliatosi da incubo tende a non riaddormentarsi, temendo di rivivere la brutta esperienza) sono fonte di paura. L'incubo oltre che un sogno cattivo può essere anche reale: vi capita mai di dire 'Mi sembra di vivere un incubo?' Questa reazione si prova soprattutto quando viviamo situazioni che ci turbano e ci terrorizzano. A volte, però il peggior 'incubo' siamo noi stessi perché permettiamo agli eventi di coinvolgerci in modo tale da non vedere più alcuna via d'uscita. Anche io la pensavo così!
A seguito di una delusione amorosa, la paura di soffrire ancora, mi paralizzava e convincevo me stessa che non mi sarei mai più innamorata di nessuno ... eppure, mi sono dovuta ricredere ... non solo mi sono innamorata di nuovo ma ho scoperto che la paura di soffrire ancora non era direttamente legata a me stessa quanto alla paura del giudizio altrui. Sbloccarmi non è stato affatto facile e non ci sarei riuscita se l'uomo, che amo alla follia, non fosse stato paziente con me: grazie a lui ho cominciato a decidere io per me stessa e ho scoperto cosa significhi davvero amare (e non era quell'infatuazione provata la prima volta).
Questo non significa che io non abbia paura anzi, ho spesso l'impressione di fare un salto nel vuoto però sto tirando fuori il coraggio a me necessario per affrontarla 'camminando con le mie gambe'.

Non è sbagliato avere paura e proprio per questo possiamo controllarla: è vero che l'incertezza fa paura ma con la paura non si farebbe nulla per cui (sempre nel rispetto della nostra vita) TENTIAMO, concediamoci delle opportunità perché le MERITIAMO!

“Fai almeno una volta al giorno una cosa che ti spaventi.” (Eleanor Roosevelt)
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" ... Lo scoglio emerso appena dalle onde spezza il fragile filo ..."
#summer2018☀️
#holiday2018🌴
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#poems✍
#emilydickinsonpoetry

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"Se non puoi essere un pino sul monte,
sii una saggina nella valle,
ma sii la migliore piccola saggina
sulla sponda del ruscello. 🌳
Se non puoi essere un albero,
sii un cespuglio.🌿
Se non puoi essere una via maestra
sii un sentiero.⛰
Se non puoi essere il sole,
sii una stella.🌞🌟
Sii sempre il meglio
di ciò che sei.💪
Cerca di scoprire il disegno✍
che sei chiamato ad essere,
poi mettiti a realizzarlo nella vita🔜🔛🔝." (Martin Luther King)
#almanacco2018
#quoteofday🔝

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📚"I libri sono cose già pensate, già fatte, già dette, che tu devi elaborare, fare tue. Il tuo interlocutore di carta è sempre gentile, paziente, non ti lascia mai a metà strada. È una persona che ti chiede di ascoltarlo, con il quale puoi fare dei viaggi meravigliosi."📚 (Fabio Fazio)
#quoteofday🔝
#ilovebooks📚

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Chiamale se vuoi Emozioni: ALLEGRIA E RABBIA
Secondo appuntamento con la Rubrica ‘Chiamale se vuoi Emozioni’: ALLEGRIA E RABBIA

Allegria: contentezza, buon umore, gaiezza, festosità, giovialità, letizia, lietezza, esultanza, spensieratezza esternate con vivacità.
La Gerbera (arancione) è il fiore dell'Allegria:

L’opera d’arte che, secondo me, meglio rappresenta l'ALLEGRIA è Il circo, dipinto a nel 1891 dal pittore Georges Seurat oggi al Museo d'Orsay di Parigi.

L'artista raffigura il circo: in particolare i clowns, i saltimbanchi e gli acrobati in un'atmosfera allegra. Quando studiai questo artista, appresi subito che, quale esponente del puntinismo (movimento pittorico caratterizzato dalla scomposizione dei colori in piccoli punti) la sua pittura era scientifica (analitica) per cui non la reputavo espressiva, emozionante quanto invece statica. Mi sono ricreduta. Infatti, quest'opera che sto analizzando insieme a voi, nonostante sia un’opera non finita (a causa della morte dell'artista) dimostra proprio come Seurat applichi lo studio della a pittura scientifica alla psicologia lineare...
Mi spiego:
Prendete un foglio di carta e con il colore che più vi piace fate delle linee libere partendo dal basso verso l'alto e da sinistra verso destra ... Cosa notate?

Le linee anche se seguono un ordine (dall'alto in basso - da sinistra a destra) risultano aperte cioè libere.
Seurat riesce in modo scientifico a trasmetterci sia tramite la linea che il colore un'atmosfera festosa e gioiosa. Il disegno complessivo è tratteggiato dal basso verso l'alto e da sinistra verso destra combinando i colori caldi (rosso e giallo) ma non solo ... si osservi il clown con in mano un nastro giallo: sembra proprio andare oltre i limiti del quadro ...
Percepite anche voi quest'energia così dinamica, vivace, esultante comunicataci dall'artista? Vi sentite coinvolti in quest'esultanza festosa?
Io si e mi sono stupita di come sia possibile scoprire questi significati 'nascosti' nelle opere d'arte. Come scrivevo prima, non avrei mai pensato di associare lo studio scientifico alla psicologia umana, forse perchè studiando l'arte in modo 'accademico' sono stata abituata a considerare gli artisti non come persone ma come intellettuali, dotti: si pensi ad esempio all' Architetto Filippo Brunelleschi conosciuto come il padre della prospettiva (metodo scientifico per rappresentare la realtà). Eppure, la sua più grande impresa - la progettazione della Cupola della Cattedrale di Santa Maria del Fiore a Firenze - da lui attentamente studiata, nel passare degli anni dimostrò alcune falle nei calcoli di Brunelleschi: infatti, il peso della cupola causò dei 'dissesti' nella struttura stessa. Ovviamente, non sto sminuendo un architetto dal calibro di Brunelleschi anzi, fu sicuramente un'artista qualificato ma è pur sempre un Essere Umano e come tale capace sia di stupire che sbagliare.

Ho ritenuto opportuno scrivere questo ragionamento personale, proprio perchè quando parliamo di Arte non parliamo solo di Artisti ma in primis di Esseri Umani che vivevano le nostre stesse emozioni proprio come Seurat che usò le sue competenze scientifiche per comunicarci (comunicare con noi) l'emozione da lui provata progettando e dipingendo il quadro: l'Allegria.
È probabile che il Circo fosse una circostanza con cui l’artista si rallegrava e si concedeva una risata fatta di cuore … A Noi, cosa Ci rende Allegri?
Io sono allegra quando sono in compagnia dei miei amici con cui posso condividere pensieri divertenti, battute simpatiche e fare grasse e grosse risate. Quando siamo allegri di cuore la Nostra Vita diventa davvero più leggera!

Ode all’allegria
"Oggi ti invoco, allegria.
Come la terra
sei
necessaria.
Come il fuoco
sostieni
i focolari.
Come il pane
sei pura.
Come l’acqua d’un fiume
sei sonora.
Come un’ape
Distribuisci miele volando.
Allegria,
fui un giovane taciturno,
credetti che la tua chioma
fosse scandalosa.
Non era vero, me ne resi conto
quando sul mio petto
essa si sciolse in cascata.
Oggi allegria,
incontrata per strada,
lontano da ogni libro,
accompagnami.
Con te
voglio andare di casa in casa,
voglio andare di gente in gente,
di bandiera in bandiera.
Tu non appartieni soltanto a me,
Andremo sulle isole,
sui mari.
Andremo nelle miniere,
nei boschi.
E non soltanto boscaioli solitari,
povere lavandaie
o spigolosi, augusti
tagliapietre,
mi riceveranno con i tuoi grappoli,
ma i congregati,
i riuniti,
i sindacati del mare o del legno,
i valorosi ragazzi
nella loro lotta.
Con te per il mondo!
Con il mio canto!
Con il volo socchiuso
della stella,
e con la gioia
della spuma!
Io sono debitore verso tutti
perché devo
a tutti la mia allegria.
Nessuno si sorprenda perché voglio
consegnare agli uomini
i doni della terra,
perché ho imparato lottando
che è mio terrestre dovere
propagare l’allegria.
E con il mio canto compio il mio destino."
(Pablo Neruda)
Rabbia: ira, collera, dispetto, disappunto, stizza, accanimento.
Il Garofano (giallo) è il fiore della Rabbia:

L’opera d’arte che, secondo me, meglio rappresenta la RABBIA è Saturno* che divora i suoi figli realizzato nel 1821-1823 da Francisco Goya conservato al museo del Prado di Madrid.

* Il Titano Saturno (Crono), figlio di Urano e Gea, scopre tramite una profezia che uno dei suoi figli lo avrebbe spodestato e per impedire che ciò accada, li divora uno per uno. Rea, sua moglie, riesce a salvare solo Zeus, che nascosto sull'isola di Creta e diventato adulto, affronta suo padre, spodestandolo e divenendo il Dio di tutti gli Dei.
Goya, raffigura Saturno nel mentre sta divorando uno dei suoi figli appena nati: in preda a una foga cannibalesca, mangia suo figlio morso dopo morso finché del malcapitato non resta altro che pochi brandelli sanguinolenti.
L'opera fa parte delle Pitture Nere (una serie di quattordici opere murali di Francisco de Goya) dipinte tra il 1819 e il 1823 sulle pareti della sua casa nominata Quinta del Sordo. Furono dipinte a seguito di un'infermità che lo debilitò fisicamente tanto che divenne anche sordo.
Saturno che divora i suoi figli, mette in scena lo scombussolamento emozionale provato dall'artista verso la vita stessa: una vita evidentemente ingiusta perchè lo aveva costretto all'infermità, si era accanita contro di lui ... l'unico modo per accettare la vita secondo Goya, è dimostrare l'incapacità dell'uomo di cambiare il suo destino. È un Uomo arrabbiato e Saturno (con le sue pupille dilatate, con le mani strette intorno al corpicino inerme, con i suoi denti che afferrano e tirano la carne del figlio) lo impersona. La rabbia (incontrollata) calpesta la ragione e compie azioni abominevoli.
Nulla di lontano da quanto accade oggi nelle famiglie e nel mondo.
Ogni volta che osservo questo dipinto ho i brividi e nella mia testa penso che non possiamo evitare di sentirci arrabbiati: per quanto la rabbia sia considerata un'emozione negativa, fa comunque parte dell'equilibrio umano. Come scrivevo negli articoli precedenti, l'equilibrio della nostra vita si basa sull'alternarsi costante delle emozioni altrimenti rischieremmo di essere o super euforici o super depressi: importante è trovare il giusto equilibrio.
La rabbia non per forza è distruttiva ma può essere anche costruttiva infatti, ci permette di:
- affermare i nostri valori e far valere i nostri diritti
- abbattere l'ostacolo che impedisce di realizzarci
- far valere le nostre ragioni e rafforzare le nostre relazioni (fa capire agli altri quanto sono importanti per noi).
“La rabbia serve a renderti efficiente. Questa è la sua funzione per la sopravvivenza. Ecco perché ti è stata data. Se ti rende inefficiente, mollala come una patata bollente.” (Philip Roth)
Per fare in modo che la Rabbia non faccia di noi mostri ci vuole autocontrollo: Michelangelo, un genio dell'arte, era costantemente arrabbiato anzi, si infuriava proprio quando, dopo essere stato chiamato da committenti illustri per opere grandiose, la sua opera veniva messa in discussione oppure gli si chiedevano dei cambiamenti in corso d'opera. Era una persona che esprimeva il suo disappunto sia a parole che in pratica: abbandonava di punto in bianco il lavoro commissionatogli e neppure l'insistenza e le scuse bastavano per farlo tornare sui suoi passi.
Ricordiamoci che siamo TUTTI Esseri e umani per cui, come Michelangelo e Goya, anche noi proviamo la rabbia ma possiamo (dobbiamo) AUTOCONTROLLARCI!

Anche io mi sento spesso arrabbiata e frustrata perchè vorrei fare tutto ciò che mi programmo, vorrei avere la stessa indifferenza che certe persone (che una volta chiamavo amici) hanno nei miei confronti ... insomma, vorrei una vita perfetta ... e non riuscirci mi fa infuriare con me stessa! Quando poi la rabbia si attenua mi rendo conto che è proprio questo accanimento contro me stessa la causa principale per cui a volte non riesco nei miei obbiettivi ... mi trovo così davanti due strade: AGIRE o DEPRIMERMI!

Grazie all'aiuto in primis della Mia Famiglia e poi della Psicoterapia Individuale sto cercando di convivere anche con le mie emozioni negative ma NON di farmi sopraffare da queste: ho scelto di AGIRE!

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