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#Bancad'Italia
scienza-magia · 18 days
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Ogni anno miliardi di Euro trasferiti all'estero
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Gli immigrati in Italia inviano 8,2 miliardi ai Paesi d’origine. Bangladesh, Pakistan e Filippine sono i primi beneficiari nel 2023. Ammontano a 8,178 miliardi i risparmi inviati dai 5,1 milioni di cittadini stranieri residenti in Italia ai loro Paesi d’origine nel 2023. Le elaborazioni fornite al Sole 24 Ore del Lunedì dalla Fondazione Leone Moressa rivelano un calo del 5,5% dei trasferimenti monetari rispetto al 2022, ma il volume resta sopra gli otto miliardi, come accade dal 2021. Il 2021 e il 2022 (con 8,8 e 8,7 miliardi di rimesse, rispettivamente), sono stati anni influenzati dalle limitazioni della mobilità internazionale a causa della pandemia, che hanno ridotto con ogni probabilità le rimesse “invisibili” e fatto aumentare quelle tramite canali ufficiali. La fotografia delle rimesse rilevate trimestralmente dalla Banca d’Italia è riferita infatti ai trasferimenti di denaro che avvengono tramite istituti di pagamento o altri intermediari autorizzati. Tuttavia, questi flussi non rappresentano il totale dei fondi inviati all’estero dagli immigrati, che arrivano a destinazione anche come denaro contante a seguito di viaggiatori o di persone fidate, o tramite altre modalità non registrabili dalle rilevazioni ufficiali. Se si considerano anche le rimesse “informali”, secondo la Fondazione Leone Moressa il flusso complessivo del denaro inviato ai Paesi esteri dall’Italia nel 2023 potrebbe arrivare a valere fra 9,4 e 11,9 miliardi di euro. Dove vanno le rimesse I Paesi che hanno ricevuto un valore più consistente di rimesse sono il Bangladesh (1,16 miliardi, il 14,3% del totale), il Pakistan (681 milioni), le Filippine (600 milioni). L’aumento delle rimesse verso questi tre Paesi negli ultimi anni (con un solo calo compreso fra il 7% e il 9% nel 2023 rispetto al 2022) potrebbe risentire dell’estensione degli obblighi di segnalazione dei trasferimenti di denaro, dal 2018, a nuove categorie di money transfer, alcuni dei quali specializzati nel trasferimento verso questi Paesi, che solo in parte, prima, aderivano alle segnalazioni su base volontaria. La Cina invece, che nel 2013 beneficiava di quasi un quinto del totale delle rimesse dall’Italia (il 19,8%), ha visto diminuire progressivamente i flussi negli ultimi anni e oggi è fuori dai primi 20 Paesi di destinazione. I trasferimenti pro capite Rapportando l’ammontare delle rimesse alla popolazione straniera di ciascuna comunità presente in Italia si ottiene l’ammontare dei trasferimenti pro capite (si considerano tutti i residenti in Italia, indipendentemente dall’età e dalla condizione occupazionale, perché si stima che le rimesse inviate in patria sottraggano disponibilità di reddito a tutti i componenti delle famiglie, incidendo sulle spese scolastiche, sanitarie e così via). I valori massimi, su base mensile, si registrano sempre per i cittadini del Bangladesh (558 euro pro capite), del Pakistan (393 euro), delle Filippine (315 euro). Il valore medio delle rimesse mensili pro capite è di 133 euro. La Lombardia è la prima Regione di partenza delle rimesse con 1,8 miliardi (il 22,6% del totale), seguita dal Lazio (1,2 miliardi) e dall’Emilia -Romagna (849 milioni). Quasi un quarto dei trasferimenti di denaro dall’Italia parte da Roma (un miliardo) e Milano (928 milioni). Seguono Napoli e Torino (con 365 e 272 milioni di euro). Read the full article
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scienza-magia · 6 months
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Nessun meccanismo di supporto per le banche italiane
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No MES Meloni: impatto su banche, BTP ex Bce, spread. No MES dall’Italia di Meloni: l’ironia della sorte è che la bocciatura della ratifica della riforma del Meccanismo europeo di stabilità da parte della Camera potrebbe secondo qualcuno mettere in difficoltà proprio quelle banche che fonti di Palazzo Chigi hanno citato, ieri, a commento del voto dell’Aula. Non solo: esperti ed economisti parlano anche dell’effetto che quel no potrebbe avere sui titoli di stato italiani, dunque sui BTP e sullo spread. Riforma MES: il no di Meloni al backstop del Fondo di risoluzione unico All’indomani del voto della Camera, che ha spiazzato in primis chi credeva che alla fine la maggioranza avrebbe comunque ratificato la riforma del MES, nonostante l’opposizione manifestata più volte dal governo Meloni e dalla maggioranza, diverse sono le analisi su cosa potrebbe accadere ora all’Italia. Nel dire no al MES, l’Italia si conferma tuttora unico paese dell’Europa a non aver ratificato una riforma che viene considerata cruciale per mettere in sicurezza il sistema bancario europeo. A rimetterci, dunque, con quel voto alla Camera, è tutta l’Europa. Lo dice espressamente Bankitalia nella pagina dedicata a fugare tutti i dubbi su questo strumento, contro cui gli esponenti del governo Meloni, da tempo, hanno lanciato una vera e propria crociata: “La riforma attribuirebbe al MES una nuova funzione, quella di fornire una rete di sicurezza finanziaria (backstop) al Fondo di risoluzione unico (Single Resolution Fund, SRF) nell’ambito del sistema di gestione delle crisi bancarie”, spiega Palazzo Koch. L’Italia intanto si spacca tra chi plaude al voto della Camera e chi, invece, mette in evidenza una scelta suicida, che avrà gravi conseguenze per il paese, le sue banche e il suo debito. Per ora buy BTP, il sostegno dalle scommesse su tassi Bce Per ora, va detto, non c’è nessun effetto sui BTP e sullo spread BTP-Bund a 10 anni. La prospettiva di imminenti tagli dei tassi da parte della Bce di Christine Lagarde continua a sostenere i titoli di stato dell’area euro, che continuano a essere inondati di buy. Nella giornata di ieri, i tassi dei BTP a 10 anni sono scesi fino al 3,55%, al livello minimo dalla fine di agosto del 2022. Il risultato degli ultimi buy sui BTP (con contestuale discesa dei rendimenti), stando a quanto riporta Reuters, è che i titoli di stato a 10 anni si apprestano a terminare il mese di dicembre con il tonfo mensile dei tassi più forte dal 2013, pari a ben 64 punti base. Buy anche sui Bund tedeschi, con i rendimenti decennali che, nella sessione di ieri, sono capitolati al valore pià basso degli ultimi nove mesi, scendendo fino all’1,94%. Reuters ha ricordato che le aspettative di tassi di interesse più bassi, con l’arrivo di tagli da parte della Bce, si stanno “confermando un balsamo per l’Italia, alle prese con una mole di debito pubblico che si aggira attorno al 140% del Pil”. No MES e l’effetto su banche, ABI: ‘Con crisi useremo risorse nazionali’ Detto questo, cosa succederà ai BTP ma anche alle banche italiane con la decisione della Camera di dire no alla ratifica della riforma del MES? Antonio Patuelli, numero uno dell’ABI, ha spiegato che la conseguenza è che “senza il nuovo MES useremo le risorse nazionali per affrontare le crisi bancarie“. Cosa che tra l’altro è successo fino a oggi: “La questione non è entrare o meno nel Mes. Anche con il voto della Camera l’Italia continua a rimanere nel vecchio MES con tutti gli altri Paesi”, ha ricordato il numero uno dell’Associazione bancaria italiana. Patuelli ha fatto notare che il dibattito sul Meccanismo europeo di stabilità, in Italia, “si è caricato di eccessivi significati politici ed è per questo che non ci siamo mai pronunciati sul tema, nemmeno in occasione della nostra assemblea annuale”. In ogni caso, ha continuato il numero uno dell’ABI, “tutte le crisi bancarie dal 2015 a oggi sono state affrontate con risorse nazionali. Quella del Montepaschi con risorse di Stato e le altre con risorse delle banche concorrenti. Per fortuna adesso nessuno paventa più crisi bancarie, ma nei momenti più difficili, e in vigenza del vecchio MES, abbiamo fatto da noi. Abbiamo persino salvato la Popolare di Bari, che poi è andata allo Stato”. La frase  fa capire dunque che, allo stato attuale delle cose, in caso di crisi bancarie l’Italia continuerà a far uso di risorse nazionali. E certo non si può dire che questa sia una buona notizia per i contribuenti italiani, che hanno già salvato il Monte di Stato Mps Monte dei Paschi di Siena, esempio citato tra l’altro proprio da Patuelli. No MES: scelta in vista delle elezioni europee 2024 Su Il Sole 24 Ore, nell’articolo “MES e Patto di stabilità: miopia istituzionale e incroci pericolosi“ Francesco Renne, commercialista e revisore, faculty member CUOA Business School, formatore in materie finanziarie e fiscali, commenta il no al MES mettendo in rilievo che “la partita ‘vera’, sotto il piano tecnico, non può che spostarsi dunque sul cd. MES ‘bancario’, cioè la vera novità del trattato in questione, che prevederebbe la possibilità di attivare i fondi in caso di crisi sistemiche bancarie, affiancandosi ai metodi ordinari europei (i.e. ‘bail in’) di risoluzione delle crisi bancarie stesse”. “In tal caso, in linea teorica, potrebbe ravvisarsi un segnale di ‘impossibilità finanziaria’ del singolo Paese nell’intervenire autonomamente, causando un rialzo del rischio percepito sul proprio debito pubblico”. Ma Renne scrive nella sua analisi, anche, che con il NO al MES “ci si dimentica che l’implementazione di un meccanismo ‘salva-banche’ europeo era una necessità (europea) per il completamento del quadro delle regole cd. di ‘unione bancaria’, teso alla definitiva creazione di un framework regolamentare finanziario comune (e condiviso) e, in tal senso, necessario anche alle nostre Banche nella competizione europea stessa”. Insomma, “il MES ‘condivisibile’ sacrificato sull’altare delle elezioni”, ha fatto notare l’esperto. Con No MES attenti a doom loop banche-BTP Il pericolo No MES per i BTP e dunque il rischio che senza lo strumento pensato per sostenere il Fondo di risoluzione unico i titoli di stato italiani finiscano sotto attacco è stato messo in evidenza in un articolo pubblicato su Domani anche dall‘economista Alessandro Penati. Penati ha ricordato il fenomeno del doom loop, ovvero l’abbraccio mortale tra i BTP e le banche. Queste ultime, per chi non lo ricordasse, detengono infatti in pancia una bella mole del debito pubblico italiano. “A chi ha votato in Parlamento rammento che le nostre banche detengono 665 miliardi di debito pubblico, a fronte di un patrimonio netto complessivo di 358 miliardi”, scrive Penati nell’articolo pubblicato su Domani “L’azzardo dei sovranisti fa crescere i rischi sui Btp”. Un fattore che rende le banche italiane vulnerabili a eventuali crisi del debito italiano. Penati spiega di fatto che, “in caso di crisi del nostro debito, il suo valore crollerebbe e trascinerebbe le banche italiane”. La crisi del debito infetterebbe le banche italiane, proprio a causa di quell’abbraccio mortale o anche relazione tossica, che esiste tra i BTP e gli istituti di credito. Relazione tossica ormai storica, che ha fatto scattare più volte sull’attenti il mondo degli investitori internazionali. Ma se una eventuale crisi del debito pubblico finisse per travolgere gli istituti di credito italiani, si chiede l’economista, “senza il MES, chi ricapitalizzerebbe le banche in crisi?” Niente crisi del debito pubblico, per ora, così sembra. Ma, nel caso dell’Italia con casse dello Stato perennemente in affanno, Penati ha  ricordato che gli investitori stranieri detengono 763 dei 2.844 miliardi di debito pubblico. E che, nel caso in cui l’area euro finisse per scivolare in recessione, questi investitori potrebbero orientare i loro buy su asset più sicuri, a fronte del riemergere del “problema della sostenibilità del debito pubblico dell’Italia”. Che dire inoltre di quegli istituzionali italiani, che detengono 345 miliardi di euro di debito pubblico? Come si può pensare che, in caso di crisi, la loro priorità sarebbe quella di blindare i BTP? Penati ricorda a tal proposito che “loro dovere è salvaguardare il risparmio dei clienti, non dare l’oro alla patria”. Stessa cosa le banche, con i loro bilanci intasati da 665 miliardi di debito, che, più che tutelare le casse dello Stato, devono “tutelare gli interessi degli azionisti, in prevalenza stranieri”. Dunque? In caso di crisi chi farebbe davvero da scudo ai BTP (e di conseguenza, a causa del doom loop), alle banche italiane? D’altronde i BTP, dunque i titoli di stato italiani, sono stati  mollati ulteriormente dalla Bce di Christine Lagarde che, nel suo ultimo atto del 2023, ha annunciato la tempistica con cui manderà definitivamente in soffitta il PEPP, ovvero QE pandemico, dopo avere staccato già la spina al QE tradizionale. Read the full article
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scienza-magia · 7 months
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Debito pubblico italiano verso quota 3000 miliardi di Euro
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L’(in)sostenibilità del debito pubblico. Il debito pubblico italiano resta su livelli elevati ed è destinato a crescere ancora. Numeri che tornano a preoccupare anche gli investitori internazionali. C’è chi lo definisce un fardello, chi un macigno. Qualunque sia l’etichetta che gli venga attaccata la crescita inarrestabile del debito pubblico italiano, tra i più alti d’Europa e del mondo, è proiettata verso quota 3.000 miliardi di euro. A impensierire gli osservatori è la sua sostenibilità nel lungo periodo. La temono i mercati, ma anche le organizzazioni internazionali come l’Fmi che ha esortato il Governo ad intervenire visto che il rapporto debito-Pil dell’Italia potrebbe restare ancora al di sopra della soglia del 140%, almeno fino al 2028. Dalle pagine del Financial Times anche il governatore uscente dalla Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha sollecitato il premier Giorgia Meloni ad affrontare i timori crescenti degli investitori.Appelli che si sono intensificati dopo la pubblicazione a fine settembre dei numeri della NaDef (Nota di aggiornamento del Def, la cornice economica della Legge di Bilancio). Le indicazioni sul futuro dei conti pubblici hanno riportato agli occhi degli investitori internazionali il ‘caso/rischio Italia’. In particolare, è stata mal digerita l’intenzione di fare più deficit. Nella nota di Palazzo Chigi si legge che “nello scenario programmatico il deficit è del 5,3% nel 2023 (stimato al 4,5% lo scorso aprile) e del 4,3% nel 2024”. Debito proiettato verso quota 3mila miliardi. L’esecutivo stima per il 2023 un debito pubblico pari a 2.874 miliardi, con un aumento di 116 miliardi rispetto a fine 2022. Le prospettive non appaiono rosee. Anzi, l’escalation è destinata a proseguire: partito lo scorso gennaio da quota 2.757 miliardi ha raggiunto a luglio 2.859 miliardi. “Da qui in avanti la dinamica sarà più regolare, con oscillazioni verso l’alto e verso il basso, per terminare in una fascia compresa tra 2.839 e 2.875 miliardi”, segnala Mazziero Research nell’ultima pubblicazione dedicata ai conti pubblici italiani. In termini assoluti, però, il debito continuerà a crescere con una dinamica accentuata che porterà, secondo le stime della NaDef, a sfiorare i 3.000 miliardi di euro il prossimo anno, per poi superare stabilmente questa soglia dal 2025. Il debito, una storia che ha radici lontane. Il problema debito non è una novità per l’Italia, ma una questione che ha radici lontane. Certo, gli ultimi anni, tra la crisi finanziaria, quella del debito Ue e lo scoppio della pandemia quando il rapporto debito/Pil è volato oltre il 150%, hanno complicato lo scenario. Osservando l’analisi della dinamica del debito, Bankitalia ricorda come questa rifletta “essenzialmente il fabbisogno delle amministrazioni pubbliche e l’andamento dell’economia”. Una dinamica che si è distorta sempre più negli anni con la spesa pubblica in aumento costante ed entrate fiscali in calo. Ora, la situazione resta difficile se si considera l’elevata inflazione e gli alti tassi di interesse. Tanto che nella NaDef si legge che nel prossimo triennio ci saranno diversi fattori a esercitare una maggiore pressione sul rapporto debito/Pil. “L’incertezza del contesto internazionale influirà negativamente sulla crescita economica che vedrà un rallentamento, almeno fino al 2024. Inoltre, una maggiore quota dei titoli di debito recepirà i maggiori tassi di rendimento derivanti dall’aumento dei tassi Bce, spingendo al rialzo la spesa per interessi”. Per le casse dello Stato, si legge nella NaDef, il quadro potrebbe ulteriormente peggiorare nei prossimi anni fino al 2026 con la spesa per interessi verso la soglia dei 100 miliardi. Chi ha in mano il debito pubblico italiano? Secondo i dati diffusi a ottobre da Palazzo Koch, la quota del debito detenuta dalla Banca d’Italia è lieve calo al 25,1%, mentre a luglio (ultimo mese per cui questo dato è disponibile) quella nelle mani dei non residenti e dagli altri residenti (famiglie e imprese non finanziarie) si attestano rispettivamente al 27% e al 12%. Per far fronte al proprio debito, il Governo continua a macinare emissioni, rivolgendosi sempre più ai risparmiatori italiani come nel caso del BTP Valore. Un modus operandi che continuerà: secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio nel 2024 le emissioni lorde dei titoli di Stato sono stimate a 479 miliardi rispetto ai 316 del 2022 e ai 437 miliardi di quest’anno. Read the full article
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scienza-magia · 9 months
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Aggravio della pressione fiscale nel 2024 a causa del deficit
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Italia, allarme conti pubblici. Il deficit può schizzare al 5%. In Italia il deficit può aumentare ancora fino al 5%, peggiorando lo scenario dei conti pubblici: perché c’è pessimismo e cosa rischia il Governo Meloni con la Legge di Bilancio. Italia alle prese con l’autunno caldo dei conti pubblici: è caos di numeri in attesa di Nadef e Legge di Bilancio 2024, con alcune previsioni allarmanti soprattutto per la crescita del disavanzo. Il nostro Paese resta osservato speciale da mercati nazionali ed esteri, e naturalmente dall’Ue, con disavanzo e debito pubblico a suggerire le solite criticità. In un contesto economico globale molto incerto e con tassi di interesse in rialzo a gravare sugli oneri statali per i titoli di Stato, il Governo Meloni è nel mirino degli analisti, che stimano una Legge di Bilancio scarna, o quantomeno prudente, che però potrebbe scontentare i diversi partiti politici di maggioranza nella loro credibilità sulle promesse elettorali.
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In questa cornice, anche all’estero guardano con rinnovata apprensione ai conti pubblici dell’Italia. Bloomberg ipotizza un +5% del deficit pubblico. Sarebbe un balzo importante e preoccupante per la solidità dei conti italiani. Il deficit in Italia può balzare al 5%: scatta l’allarme conti pubblici Gli analisti di Bloomberg non hanno usato mezzi termini nelle loro stime sui conti italiani: un deficit molto più ampio nel 2023, vicino al 5% della produzione – misurato su base sottostante senza fattori una tantum derivanti dalle revisioni contabili – è inevitabile dati l’indebolimento della crescita economica e le promesse elettorali, compresi i tagli fiscali, che dovrebbero essere comprese in manovra. L’obiettivo precedente era del 4,5%. Le indiscrezioni raccolte dal giornale da persone vicine al Mef confermerebbero le difficoltà del Governo Meloni nel far quadrare i conti. D’altronde, il ministro del Tesoro Giorgetti ha già parlato di prudenza e poco risorse a disposizione per la Legge di Bilancio. A testimonianza di un quadro in peggioramento per il nostro Paese, Bloomberg ha proposto un grafico sulle proiezioni del deficit, indicando in rosso i ritocchi in ribasso per il 2023 e il 2024:
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Italia e previsioni sul deficit pubblico Stime riviste per il 2023 e il 2024 Una crescita inferiore alle attese e il costo di alcune promesse elettorali influenzeranno anche la previsione del deficit per il prossimo anno, che potrebbe essere ampliata fino ad avvicinarsi al 4% rispetto all’attuale proiezione del 3,7%, secondo le fonti interpellate da Bloomberg, aggiungendo che i numeri sono ancora in discussione. La strada per il contenimento del disavanzo e il riordino dei conti pubblici, quindi, appare in salita. In un rapporto, l’analista di JP Morgan Marco Protopapa ha commentato: “Il prossimo progetto di legge di bilancio per il 2024 diventerà un test ancora più importante per verificare il rispetto della disciplina fiscale da parte dell’attuale governo. L’ulteriore carenza di risorse per le misure faro potrebbe intensificare lo scontento politico nelle prossime settimane”. La proiezione stessa di Protopapa, compreso l’effetto “superbonus”, prevede un deficit nel 2023 pari al 6,5%. La scarsa performance di crescita dell’Italia non aiuta. L’espansione è stata dello 0,6% nei primi tre mesi di quest’anno, ma l’economia si è poi contratta dello 0,4% nel periodo da aprile a giugno. La produzione per il resto dell’anno non sembra forte, con gli economisti che prevedono aumenti dello 0,1% nel terzo e quarto trimestre mentre il Paese lotta con l’aumento dei tassi di interesse, l’indebolimento della domanda di esportazioni globale e le difficoltà economiche in partner chiave come la Germania. Detto questo, il governo spera di mantenere i suoi obiettivi di crescita per l’anno intorno all’1%, ha detto domenica Giorgetti. Perché il 2024 sarà cruciale per i conti in Italia Da considerare, inoltre, che mentre l’Italia non è attualmente soggetta alle regole fiscali dell’Ue, perché è ancora in vigore la sospensione del cosiddetto Patto di Stabilità e Crescita, il prossimo anno torneranno i vincoli. Il regime, che prevede un limite al deficit pari al 3% del prodotto interno lordo, si riattiverà nel 2024, e i Paesi devono ancora concordare un nuovo quadro per interpretare tali limiti e tenere conto delle questioni specifiche di ogni nazione. L’allarme è stato rilanciato da Mario Draghi su The Economist: “Scivolare passivamente nelle vecchie regole fiscali sarebbe il peggior risultato possibile”, ha detto. Soprattutto per l’Italia. Read the full article
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scienza-magia · 10 months
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Tassa extra profitti delle banche e crescita economica
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La disastrosa tassa bancaria italiana. La vicenda economica del governo di Giorgia Meloni è sotto esame severo e giustificato. Buongiorno. Lunedì, il governo italiano ha annunciato una tassa sugli utili delle banche. Martedì il governo, sorpreso dalla reazione estremamente ostile di banchieri, investitori ed economisti, ha parzialmente annullato la misura. L'errore più grande Esagererò e definirò questo episodio il più grande errore del governo del primo ministro Giorgia Meloni da quando la sua coalizione di destra ha conquistato la vittoria alle elezioni parlamentari dello scorso settembre. La tassa rifletteva "una combinazione di mancanza di chiarezza e un completo voltafaccia in termini di politica", secondo Oliver Collin di Invesco, che è azionista di UniCredit, la seconda banca italiana. Straordinario che un provvedimento di tale portata non sia stato reso pubblico né dalla Meloni né dal ministro delle finanze Giancarlo Giorgetti, ma dal vicepremier Matteo Salvini, e per giunta nella tarda serata di lunedì.
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Con un verdetto schiacciante, Lorenzo Codogno, ex direttore generale del Tesoro italiano e fondatore di LC Macro Advisers, ha detto ai suoi clienti che l'iniziativa "rischia di produrre danni permanenti all'attrattiva dell'economia italiana". L'approvazione parlamentare è ancora necessaria affinché la tassa sui guadagni inaspettati abbia effetto, e chiunque abbia familiarità con i complicati processi legislativi italiani saprà che la versione finale della misura potrebbe finire per essere ancora più annacquata di quanto non sia diventata martedì. Ma il significato degli eventi di questa settimana va oltre le banche e le tasse straordinarie. Le incoerenze e le carenze delle politiche economiche del governo Meloni sono ormai sotto gli occhi di tutti. In poche parole, il governo evita una seria riforma economica, non ha gusto per la concorrenza basata sul mercato e asseconda gli elettori e gli interessi speciali che costituiscono la base del suo sostegno. Come ha detto Codogno, la tassa sui guadagni “viene da un governo di destra che non ha un approccio pro-mercato”. Questo non dovrebbe sorprenderti. Proprio perché il governo Meloni è composto in larga misura dalla stessa coalizione di partiti di destra che ha spesso governato l'Italia da quando il compianto Silvio Berlusconi irruppe sulla scena politica nel 1994, la sua amministrazione sta replicando molti degli errori di quei precedenti governi. Applausi alla politica estera della Meloni Da quando il governo Meloni si è insediato in ottobre, tuttavia, gran parte di questo è passato sotto il radar. Uno dei motivi è che, invece di concentrarsi sulle politiche economiche della coalizione, molti commentatori hanno scelto di concentrarsi sulla sua politica estera o sulla sua agenda culturale di destra in patria. Per quanto riguarda la politica estera, Meloni ha ricevuto molti elogi dagli alleati dell'Italia. È stata una convinta sostenitrice del sostegno della NATO all'Ucraina. Da un punto di vista statunitense, vince ancora più complimenti per aver segnalato che potrebbe ritirare l'Italia dalla Belt and Road Initiative cinese. Dovremmo davvero dare credito a chi è dovuto. In un Paese dove alcuni partiti politici – tra cui Lega e Forza Italia, due dei tre della coalizione di Meloni – hanno mostrato simpatia per la Russia, ha fatto bene a mantenere la linea politica sull'Ucraina. Nel frattempo, questo articolo del New York Times di David Broder, autore del recente Mussolini's Grandchildren: Fascism in Contemporary Italy, dà un'idea di come i commentatori liberali siano molto critici nei confronti delle politiche della Meloni sull'immigrazione e sulle questioni di genere. Un "invito all'evasione fiscale" Ma qualsiasi valutazione della performance complessiva di un governo deve tenere conto dei suoi risultati economici. Ciò è tanto più vero per l'Italia, che dagli anni '90 è stagnante ed è costantemente sotto il controllo del mercato a causa dell'elevato debito pubblico, della bassa crescita e delle incerte prospettive a lungo termine.
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Nonostante sia in carica da meno di un anno, il governo Meloni ha compiuto passi sufficienti per farci dubitare che sia veramente impegnato a portare avanti il programma di riforme economiche e amministrative delineato da Mario Draghi, l'ex presidente della Banca centrale europea che è stato il suo -ammirato predecessore come primo ministro. Il governo, infatti, per certi aspetti sta invertendo le politiche di Draghi. Un esempio è l'iniziativa, contenuta nel bilancio 2023 dell'Italia, di aumentare il tetto per i pagamenti in contanti nelle transazioni a 5.000 euro e di aumentare la soglia oltre la quale i rivenditori possono rifiutare gli acquisti con carta di credito. Le Monde, il quotidiano francese, cita l'ex premier italiano Enrico Letta: "Questa legge di bilancio è come un invito all'evasione fiscale". Non aprire le spiagge Successivamente, si consideri il modo in cui il governo Meloni ha bloccato gli sforzi per liberalizzare il monopolio virtuale che i club privati hanno sugli stabilimenti balneari, o lidi, che sono una caratteristica distintiva delle spiagge italiane. Draghi aveva programmato di aprire questo settore e anche l'UE voleva dei cambiamenti. Ma gli istinti naturali del governo Meloni, come quelli delle amministrazioni Berlusconi, vanno contro la promozione della concorrenza. La mia terza prova riguarda i condoni per i trasgressori fiscali. Questi erano un segno distintivo dell'era Berlusconi e - indovina un po' - sono spuntati nel bilancio del governo Meloni, come delineato in questo rapporto da EY, il gruppo di consulenza internazionale. I ripetuti condoni fiscali non fanno nulla per riscattare la reputazione dell'Italia come un paese in cui le persone che non pagano la loro giusta quota di tasse la fanno franca perché il governo per cui votano li lascia andare. Un altro provvedimento che sopprime la concorrenza è la “riforma” della legge sugli appalti pubblici del governo Meloni. L'effetto netto del cambiamento è quello di ampliare la gamma di contratti per i quali non sono richieste gare d'appalto. Attacchi alla BCE Tutte queste misure hanno attirato l'attenzione della Commissione Europea, che nel suo ultimo rapporto sull'economia italiana ha osservato: "I frequenti cambiamenti nella politica fiscale aumentano l'incertezza nell'economia, rendendo il sistema fiscale più complesso e aumentando l'onere per le imprese e le famiglie conformi". Una certa tensione è evidente nel rapporto del governo Meloni con le istituzioni Ue. A giugno, ha mostrato totale disprezzo per l'indipendenza della Banca centrale europea nella politica monetaria quando si è lamentata con il parlamento italiano: "La ricetta semplicistica della BCE di aumentare i tassi di interesse non sembra a molti la strada giusta da seguire". Nel frattempo, l'UE ha ritardato il rilascio di fondi a Roma dal suo programma di ripresa post-pandemia a causa delle domande sul tipo di progetti a cui l'Italia ha stanziato denaro e sul più ampio impegno del governo per le riforme. Come hanno riferito da Roma a maggio Amy Kazmin e Giuliana Ricozzi del FT, questi problemi erano prevedibili. Tra il 2014 e il 2020, l'Italia ha speso solo il 34% dei 126 miliardi di euro di fondi di coesione dell'UE a sua disposizione a causa della debole capacità amministrativa locale e della burocrazia gonfia. Ancora avanti nei sondaggi Colpisce che, nonostante la mancanza di riforme e la debolezza generale dell'economia - che si è contratta nel secondo trimestre - il partito di Meloni, Fratelli d'Italia, mantenga un comodo vantaggio nei sondaggi di opinione.
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Ci sono molte ragioni per questo, non ultima la confusione dei partiti di opposizione a sinistra. Ma sul piano della politica economica il governo Meloni è una grossa delusione. Gli investitori internazionali e gli alleati dell'Italia dovrebbero tenere d'occhio questa tendenza preoccupante. Maggiori informazioni su questo argomento: I legami più stretti tra Italia e Stati Uniti scuotono la Cina: un articolo di Andrew Novo per il Center for European Policy Analysis di Washington Read the full article
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scienza-magia · 1 year
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Effetti negativi delle economie in crisi sulla Bce
I conti della Bce sono in rosso. E ora chi paga? La Bce riporta un deficit di €1,627 mld per aumento tassi d’interesse a breve termine. Come ha influito il Qe sul suo bilancio e chi coprirà le perdite? La Banca Centrale Europea ha riportato perdite in bilancio per 1,627 miliardi di euro a causa dell’aumento dei tassi d’interesse a breve termine. Le passività sono cresciute più velocemente dei rendimenti derivanti dagli acquisti di titoli di Stato tramite il programma di Quantitative Easing (Qe). Questo ha causato un disavanzo nel bilancio della Bce, che potrebbe durare per circa 2-4 anni secondo quanto riportato su Milano Finanza. L’ultimo bilancio in pareggio era stato registrato nel 2007, mentre l’ultima perdita risale al 2004. Chi pagherà questo buco? Il bilancio (in rosso) della Bce Il rialzo dei tassi ha causato la svalutazione dei titoli detenuti dalla Bce, acquistati nell’ambito dei programmi di Qe dal 2015 in poi. Questo ha portato a perdite per la banca centrale, che ha registrato nel 2022 un buco da 1,627 miliardi di euro, compensato dall’utilizzo del fondo rischi che è sceso da 8,8 miliardi a 6,566 miliardi. Di conseguenza, la Bce non ha distribuito profitti alle banche centrali nazionali. Tuttavia, la banca centrale guidata da Lagarde può lavorare anche con un capitale negativo. Chi paga le perdite della Bce? Attualmente ci sono diverse possibili soluzioni per coprire il deficit del bilancio della Bce. Una soluzione potrebbe essere quella di aumentare le entrate, ad esempio riducendo le spese operative. Tuttavia, queste soluzioni potrebbero essere difficili da implementare, in quanto la banca centrale ha già ridotto le sue spese nel corso degli ultimi anni. L’obiettivo primario della Bce è quello di mantenere la stabilità dei prezzi nell’economia, ovvero evitare che l’inflazione o la deflazione diventino eccessive. Tuttavia, in teoria, può capitare che la banca centrale accumuli perdite talmente elevate da far sì che il suo patrimonio netto diventi negativo. Questa situazione sarebbe molto complicata per la banca centrale, poiché il patrimonio netto negativo potrebbe minare la sua indipendenza e credibilità.
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Per affrontare una situazione del genere, la Banca Centrale Europea (Bce) potrebbe ricapitalizzarsi attraverso gli Stati membri dell’Unione Europea, tuttavia questa opzione non è certa e potrebbe essere politicamente difficile da attuare. In alternativa, la banca centrale potrebbe creare una voce in bilancio per compensare il deficit patrimoniale con gli utili futuri. In altre parole, la Bce potrebbe accantonare una parte degli utili futuri per coprire le eventuali perdite del presente. Infine, Lagarde & Co. potrebbe operare anche con un capitale negativo. Ciò significa che, in teoria, potrebbe continuare a operare anche se il valore del suo patrimonio netto diventasse negativo, ma ciò avrebbe ovviamente implicazioni negative sulla sua credibilità e indipendenza. Al momento, non c’è ancora una soluzione definitiva per coprire il deficit del bilancio e si prevede che il dibattito continuerà nei prossimi mesi. Le conseguenze del Qe sulle altre banche centrali mondiali Le banche centrali europee e americane stanno affrontando grandi perdite, con stime che indicano che i principali istituti centrali dell’occidente dovranno affrontare perdite potenziali cumulative di oltre 1 trilione di dollari. La Banca nazionale svizzera ha subito la perdita più grave, annunciando un disavanzo record di 132 miliardi di franchi, il 18% del PIL. Anche la Fed ha riportato una perdita significativa, con un calo dell’utile del 2022 a 58,4 miliardi di dollari, rispetto ai 107,9 miliardi dell’anno precedente. Al contrario, la Banca d’Italia è in una situazione più favorevole grazie al possesso di titoli di Stato italiani più redditizi di quelli di quelli di altri Paesi e si prevede che chiuderà il bilancio del 2022 in utile. In generale, le banche centrali stanno affrontando perdite a causa di tassi di interesse bassi e di acquisti di attività tramite il Qe. La situazione finanziaria della Banca d’Italia potrebbe diventare più critica se l’inflazione richiedesse un aumento dei tassi. Read the full article
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scienza-magia · 1 year
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Aumento record del debito pubblico Italiano
Debito pubblico, è record: l’allarme di Bankitalia. Cosa sta succedendo. Nuovo record storico, picco di 2.770,8 miliardi per il debito pubblico, più alto persino di quello raggiunto a luglio. Dalla Banca centrale italiana giunge una notizia che riguarda le finanze Italiane. Il debito pubblico è cresciuto a ottobre di 2.770 miliardi di euro rispetto a settembre, Questo a causa del debito delle Amministrazioni pubbliche, aumentato di 27,7 miliardi. Lo ha reso noto l’Istituto di via XX Settembre con la pubblicazione statistica “Finanza pubblica: fabbisogno e debito”. Record del debito pubblico Nel documento “Finanza pubblica: fabbisogno e debito” sono stati diramati i dati di ottobre 2022 sul debito, sul fabbisogno delle amministrazioni pubbliche e sulle entrate tributarie contabilizzate nel bilancio statale. Il debito pubblico ha dunque stabilito un aumento di 27,7 miliardi rispetto al settembre scorso, toccando la quota di 2.770,8 miliardi, il nuovo record storico. Questo massimo è poco maggiore rispetto a quello di luglio, quando per la prima volta il debito italiano complessivo aveva oltrepassato i 2.770 miliardi (a 2.770.558 milioni). Secondo la Banca d’Italia, l’aumento è dovuto soprattutto alla crescita delle disponibilità liquide del Tesoro da 48 miliardi a 62,6. Hanno inoltre contribuito il fabbisogno statale (9,9 miliardi) e il risultato complessivo di scarti e premi all’emissione e al rimborso. Nella nota di aggiornamento al Def, il Documento di economia e finanza, il governo Meloni ha preventivato che il costo per gli interessi sul debito salirà dai 77,2 miliardi di euro del 2022 fino a 81,6 miliardi nel 2023, per scendere a 80,3 miliardi nel 2024 e risalire di nuovo nel 2025, raggiungendo 87 miliardi. Il ruolo della Banca d’Italia Più del 25% del debito pubblico (724 miliardi di euro) è dovuto alla stessa Banca d’Italia, a cui sono affidati i titoli di Stato italiani, comprati negli anni dalla Banca centrale europea, all’interno delle operazioni di allentamento quantitativo, il Quantitative easing. Il debito verso i soggetti stranieri a settembre (il dato deve essere aggiornato) era di 746,5 miliardi di euro. La crescita del debito pubblico è preoccupante in questo momento: le banche centrali stanno infatti aumentando i tassi di interesse. Il rendimento che gli investitori reclamano per prestare denaro all’Italia per 10 anni, espresso dai tassi dei Buoni de tesoro decennali scambiati sui mercati, tra gennaio e oggi è salito dall’1,3 al 3,9%. A ottobre aveva superato persino il 4,8%.
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Quanto vale l’aumento del debito per le famiglie Il Codacons ha quantificato l’aumento del debito pubblico per ogni famiglia. La crescita pesa per 46.962 euro a cittadino residente, neonati compresi, con un totale di 107.152 euro a nucleo familiare: “Il debito pubblico torna ad aumentare sensibilmente e ha raggiunto un nuovo record, salendo in un solo mese di 27,7 miliardi di euro, l’equivalente di +1.071 euro a famiglia – spiega l’associazione dei consumatori – Una zavorra pesantissima per il paese di cui faranno le spese le generazioni future, senza contare che il debito pubblico rischia di crescere ulteriormente a causa delle emergenze economiche scoppiate in Italia, dalle bollette all’inflazione. Una situazione insostenibile per la nostra economia che il governo di Giorgia Meloni deve affrontare attraverso un cambio di direzione rispetto al passato e misure realmente efficaci in grado di ridurre un debito mostruoso”. Read the full article
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scienza-magia · 2 years
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Si moltiplicano online false finanziarie con offerte truffa
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Truffe finanziarie online, la Consob oscura 6 siti in pochi giorni. Intermediazione illegale e offerta di prodotti senza prospetto informativo al centro degli illeciti. Per ingannare i consumatori usato anche il brand della Uefa. Sale a 774 il totale dei portali bloccati dall’autorità da luglio 2019. Oscurati dalla Consob 6 nuovi siti web che offrivano abusivamente servizi e prodotti finanziari. Si tratta di 5 siti di intermediazione finanziaria abusiva e 1 sito mediante il quale viene svolta un’offerta di prodotti finanziari in mancanza di prospetto informativo.
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Thief in black clothes on grey background Quali sono i siti oscurati I siti oscurati sono PX Fintech Limited, Alphafxprime, Titancfd, BB360.market EU Limited, Winnex Consulting e Uefa Football Fund Ltd. In particolare, la Consob segnala che l’abusiva offerta al pubblico di prodotti finanziari svolta tramite il sito internet https://uefa2017.com e la relativa pagina https://www.2016uefa.com può risultare particolarmente insidiosa in quanto è posta in essere evocando la denominazione dell’entità cui è riconducibile l’organizzazione di note competizioni calcistiche internazionali. I poteri della Consob L’Autorità si è avvalsa dei poteri derivanti dal “decreto crescita” (legge n. 58 del 28 giugno 2019, articolo 36, comma 2-terdecies), relativamente all’oscuramento dei siti degli intermediari finanziari abusivi, nonché del potere introdotto dalla legge n. 8 del 28 febbraio 2020, articolo 4, comma 3-bis, riguardo all’oscuramento del sito mediante il quale è posta in essere l’offerta abusiva. Sale, così, a 774 il numero dei siti complessivamente oscurati dalla Consob a partire da luglio 2019, da quando l’Autorità è stata dotata del potere di ordinare l’oscuramento dei siti web degli intermediari finanziari abusivi. Come si svolge l’operazione Sono in corso le attività di oscuramento dei siti da parte dei fornitori di connettività a internet che operano sul territorio italiano. Per motivi tecnici l’oscuramento effettivo potrà richiedere alcuni giorni. La Consob richiama l’attenzione dei risparmiatori sull’importanza di usare la massima diligenza al fine di effettuare in piena consapevolezza le scelte di investimento, adottando comportamenti di comune buon senso, imprescindibili per salvaguardare il proprio risparmio: tra questi, la verifica preventiva, per i siti che offrono servizi finanziari, che l’operatore tramite cui si investe sia autorizzato e, per le offerte di prodotti finanziari, che sia stato pubblicato il prospetto informativo. A tal fine Consob ricorda che sul sito www.consob.it è presente in homepage la sezione “Occhio alle truffe!”, dove sono disponibili informazioni utili a mettere in guardia l’investitore contro le iniziative finanziarie abusive. Read the full article
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scienza-magia · 4 years
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Lemergenza coronavirus innalza il debito pubblico
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Debito pubblico, nuovo record: a maggio superata quota 2500 miliardi. I dati di Banca d'Italia, crescita di 40 miliardi in un mese. In aumento le disponibilità liquide del Tesoro. Il debito pubblico italiano sfonda per la prima volta il muro dei 2500 miliardi di euro. Lo certiifca Banca d'Italia nel suo aggiornamento mensile, segnalando che il dato ha segnato a maggio 2.507,6 miliardi, in aumento di 40,5 miliardi rispetto al mese precedente. Un rialzo, sottolinea Via Nazionale, che riflette, oltre al fabbisogno del mese (25,0 miliardi), l'aumento delle disponibilità liquide del Tesoro (14,5 miliardi, a 61,4); gli scarti e i premi all'emissione e al rimborso, la rivalutazione dei titoli indicizzati all'inflazione e la variazione del tasso di cambio hanno nel complesso aumentato il debito di ulteriori 1,0 miliardi. Con riferimento ai sottosettori, il debito delle amministrazioni centrali è aumentato di 40,6 miliardi mentre quello delle amministrazioni locali è diminuito di 0,1 miliardi. Il debito degli enti di previdenza è rimasto pressochè invariato. I dati di Banca d'Italia mettono poi in luce come l'emergenza Covid abbia impattato pesantemente sui conti pubblici, con il fabbisogno delle amministrazione pubbliche cumulato che fra gennaio e maggio ha raggiunto i 66,4 miliardi di euro, più del doppio dei 29,6 miliardi dello stesso periodo del 2019. Read the full article
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scienza-magia · 4 years
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Cashback di Stato per eliminare la circolazione del contante
Soldi contanti che spariscono, la brutta fine delle banconote. Il cashback di Stato con carte e app, le banconote hanno i giorni contati? Rimborsi con pagamenti tracciabili, il Governo mette sul piatto 1,75 miliardi di euro per il 2021. In realtà i fondi per il bonus carte erano stati già stanziati in precedenza dal Governo Conte II, ma poi a causa della pandemia di coronavirus tutto è stato rinviato. Il Governo italiano, con gli incentivi legati all'uso di strumenti e di servizi di pagamento tracciabili, non vuole solo dichiarare guerra al denaro contante, ma punta dritto dritto alla sparizione delle banconote dalle mani e dai portafogli degli italiani. Non a caso IlGiornale.it si pone proprio questa domanda, ovverosia che cosa potrebbe davvero accadere con la 'fine' del denaro contante. Il cashback di Stato con le carte e con le app, le banconote hanno davvero i giorni contati? Nel dettaglio, il Governo giallorosso è convinto che, tra l'altro, la minore circolazione del contante garantirà un maggiore contrasto all'evasione fiscale, e per questo ha introdotto, per chi paga con le carte o con le app, il cosiddetto cashback, un rimborso legato proprio alle transazioni tracciabili effettuate rispetto a quelle cash che, invece, non potranno godere di questa premialità. Rimborsi con pagamenti tracciabili, il Governo mette sul piatto 1,75 miliardi di euro per il 2021 Si prevede che il cashback di Stato, caratterizzato dall'erogazione/restituzione di un bonus fino a 2. Read the full article
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