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#ChristineLagarde
future-by-design · 2 months
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Signs of Creating a Type 1 Civilization
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scienza-magia · 6 months
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In attesa dei dati il costo del denaro resta invariato
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Bce, quando ci sarà il taglio dei tassi? Ecco cosa ci insegna il passato. L’inflazione core sembra l’indicatore più rilevante, ma i cicli di riduzione del costo del credito sono accompagnati da moderazione salariale o una recessione in arrivo. Cosa manca, per il primo taglio? La banca centrale europea ha preso tempo in quella riunione di marzo che - secondo gli analisti più ottimisti, forse troppo ottimisti – avrebbe dovuto segnare la prima riduzione del costo ufficiale del credito. La presidente Christine Lagarde ha chiaramente detto che la Bce ha bisogno, per decidere, di nuovi dati che non arriveranno però in tempo per il prossimo appuntamento dell’11 aprile. Gli analisti puntano quindi alla riunione del 6 giugno. L’attesa dei dati I dati sono la chiave. La Bce ha a disposizione più indicatori degli osservatori esterni e, soprattutto, modelli sofisticati ed economisti di elevate competenze in grado di valutarli. Un osservatore esterno deve limitare la sua analisi, ma può essere in ogni modo interessante capire a che livello fossero alcuni indicatori economici e che quale fosse la loro tendenza. Giovedì 7 marzo, nell’immediatezza della decisione di non tagliare i tassi – per esempio – Standard & Poor’s ha pubblicato una propria laconica nota, nella quale Sylvain Broyer, capo economista per l’area Emea ricordava che «da quando la BCE si occupa di definire i tassi d’interesse per l’Eurozona, li ha abbassati 21 volte, e mai quando l’inflazione core era al di sopra del 2,2%. Oggi l’inflazione core è al 3,1% e non scenderà sotto il 2,2% prima dell’estate. A meno che non si verifichi un imprevisto che influisca sulla crescita o sulla stabilità finanziaria, un taglio dei tassi della Bce a giugno è quindi lo scenario più probabile». I cicli dei tagli dei tassi Più che le singole occasioni di tagli dei tassi è forse più interessante valutare i cicli di riduzione del costo del credito. Se si esclude il primo taglio di aprile ’99, presto corretto, ce ne sono stati tre, nella storia della Bce: il primo è iniziato a maggio 2001, quando il tasso di riferimento è stato portato dal 4,75% al 2%, livello raggiunto nel giugno 2003; il secondo a ottobre 2008, quando è calato dal 4,25% all1% di maggio 2009, e il terzo a novembre 2011, quando è sceso dall’1,5% fino a quota zero, nel marzo 2016. Ci si può chiedere, allora, quale fosse la situazione di Eurolandia in occasione di ognuno di questi punti di svolta (di cui il terzo fu, in realtà, la correzione di un rialzo “sbagliato”). Cambiamenti strutturali Una premessa è necessaria. È chiaro che la situazione di Eurolandia si è profondamente, strutturalmente modificata, da allora. Soprattutto dopo il 2008, quando i grafici mostrano un vero e proprio smottamento, mai recuperato davvero. Nel senso che la velocità del trend di crescita è irrimediabilmente diminuita: anche il successivo recupero è stato soltanto parziale. Una circostanza, questa, rilevante anche per l’andamento dell’inflazione. La frenata strutturale della crescita, però, rende qualsiasi punto di riferimento del passato troppo generoso, e non troppo rigido, per la situazione attuale. Situazione che prevede un’inflazione di febbraio al 2,6%, un’inflazione core al 3,3%, prezzi dei servizi in rialzo del 3,9%, un deflatore del pil in crescita del 5,3% annuo e salari negoziati in crescita del 4,5% nel quarto trimestre 2023 e una disoccupazione al 6,4% a gennaio. Il primo ciclo di tagli Il primo ciclo di tagli, da maggio 2001 a giugno 2003, fu reso necessario dalla stagnazione iniziata nel secondo trimestre del 2001. L’inflazione, in quel periodo, non era bassa. Era balzata fino al 2,7% ad aprile – l’ultimo dato conosciuto al momento della decisione di ridurre i tassi - piuttosto rapidamente in seguito all’introduzione dell’euro fisico. Si portò poi al massimo del 3,1% proprio nel mese di maggio, e dopo essere calata al 2% a novembre, risalì nuovamente fino al 2,6% di gennaio 2002. Anche il deflatore del pil, la misura più ampia di inflazione “domestica” (non pesata, però, in base alla frequenza degli acquisti), era in rialzo e raggiunse il +2,8% annuo a fine 2001 per poi calare e risalire dal secondo trimestre 2003 (quando il ciclo si concluse). La Bce ignorò però l’andamento altalenante dell’inflazione e continuò a tagliare il costo ufficiale del credito. I dati “core” furono disponibili solo da gennaio 2002 e oscillarono per qualche mese attorno alla media del 2,5% per poi scendere fino al 2% e rimanerci a lungo. I prezzi dei servizi, disponibili da dicembre 2001, oscillarono invece intorno alla media del 3% durante tutto il ciclo di tagli. I salari negoziati risultavano però in crescita stabile al 2,7% - compatibile con l’inflazione e un moderato aumento strutturale della produttività - per tutto il periodo. Fu questo, probabilmente, il fattore che tranquillizzò la Bce; insieme alla disoccupazione che salì molto lentamente dall’8,5% all’8,7 per cento. Il secondo ciclo di tagli Il secondo ciclo di tagli, da ottobre 2008 a maggio 2009, coincise con la Grande recessione. La Banca centrale europea ci arrivò con un evidente errore: a luglio 2008, in seguito all’aumento del petrolio al record di 146 dollari al barile, decise di alzare i tassi convinta, anche dalle rivendicazioni salariali in Germania, che i rischi sui prezzi fossero diventati maggiori su quelli della crescita. A dominare, a ottobre, furono soprattutto considerazioni di stabilità finanziaria. L’inflazione complessiva era a settembre 2008 – l’ultimo dato disponibile al momento della decisione – al 3,6%, ma scese poi in modo rapido, e soprattutto prevedibile, in conseguenza della riduzione dell’attività economica: a dicembre era all’1,6%, a maggio 2009 a quota zero. Successivamente passò in territorio negativo, fino al -0,6% di luglio. L’inflazione core passò dal 2,6% all’1,5% al termine del ciclo di tagli ma continuò poi a calare fino a portarsi allo 0,7% a febbraio 2010. Non molto lontano l’andamento dei servizi: dal 2,6% al 2,1%, per poi calare fino all’1,2% di aprile 2010. Il deflatore del pil sembrava meno surriscaldato: era al +2,3% a giugno, prima di iniziare un rapido calo. I salari negoziati spiegano l’errore di luglio della Bce: dalla crescita del 2,9% del secondo trimestre 2008 si portarono al +3,4% nel terzo trimestre e al +3,6% nel quarto per poi scivolare al +1,4% del terzo trimestre del 2010. La disoccupazione salì costantemente dal 7,9% di ottobre 2008 (era al 7,3% a marzo), si portò fino al 9,6% di maggio 2009, alla fine del ciclo, e al 10,4% di aprile 2010. Il terzo ciclo Il terzo ciclo, iniziato nel novembre 2011 e terminato a marzo 2016, può anche essere considerato una continuazione del secondo, interrotto da un altro “errore” della Bce che, fuorviata da un rialzo del petrolio, aveva iniziato ad aprile 2011 ad alzare i tassi portandoli dall’1% fino all’1,50% di luglio per poi farli scendere di nuovo all’1% a dicembre 2011. Anche in questo caso pesarono considerazioni di stabilità finanziaria: la crisi fiscale di Eurolandia, che nel 2011 cominciò a mordere davvero, riportando Eurolandia in recessione. Al momento del primo taglio l’inflazione complessiva era al massimo locale del 3% ma successivamente scese fino al 2% di gennaio 2013 e sottozero a dicembre 2014. L’inflazione core era però decisamente più bassa: al massimo locale del 2% al momento del primo taglio, prima di iniziare la flessione. I prezzi dei servizi erano in crescita dell’1,8% e toccarono un massimo al 2% a dicembre 2011, il mese successivo al taglio. Il deflatore del pil era molto “freddo”, intorno al +1,1% all’inizio del ciclo. Sul fronte del mercato del lavoro, i salari negoziati erano in crescita del 2% nel terzo trimestre 2011 e accelerarono fino al 2,2%, un livello non preoccupante, di dicembre 2012, quando l’inflazione era già scesa al 2,2%; poi iniziarono anch’essi una lunga frenata. La disoccupazione, al 10,5%, continuò a salire: a gennaio 2013 era al 12,2 per cento. E oggi? Le conclusioni non sono difficili. L’inflazione complessiva appare meno rilevante di quella core (e persino del deflatore del pil, che però arriva in ritardo), mentre l’enfasi sui servizi che la Bce mostra oggi sembra essere legata al fatto che questi prezzi sono l’anello mancante perché l’indice di fondo si normalizzi. Una tendenza alla riduzione dell’attività economica – la recessione nel 2008 e nel 2011 – che porti con sé un raffreddamento dei prezzi e, nel tempo, dei salari permette di ignorare dati meno propizi, mentre durante una “semplice” stagnazione, come nel 2001, occorre qualcos’altro che prometta di tenere freddi i prezzi; per esempio che salari e mercato del lavoro non mostrino tensioni tra domanda e offerta. Oggi la Bce ha un’inflazione core – sostenuta dalla sola componente servizi – ancora troppo alta, e un mercato del lavoro che mostra salari troppo veloci e una disoccupazione troppo bassa. Qualcosa deve ancora cambiare perché si crei un equilibrio dinamico che favorisca una stagione di tagli. Read the full article
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news247worldpressposts · 11 months
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#Breaking: "The #euro is key to our European unity. A #digitaleuro, existing alongside cash, would future-proof our currency" #ChristineLagarde
The euro is key to our European unity. A digital euro, existing alongside cash, would future-proof our currency. It would be safe, easy to use and free of charge. While the decision whether to issue a digital euro will be taken later, we’re now launching the preparation phase. pic.twitter.com/fs81p7otVW — Christine Lagarde (@Lagarde) October 19, 2023 Source: X
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fleursusa2021 · 2 years
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Christine Lagarde (President of the European Central Bank) #caricature #iscacaricatures #caricatureresolution2021 #christinelagarde #exaggeration (at Midland, Michigan) https://www.instagram.com/p/CJgcKQqjGFB/?igshid=vg336butn0g9
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jadefridamirai · 5 years
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I have never felt so offended by others just for be Italian. I can't even leave the house, see my friends, family...and still 20 days left.
I'm so tired.
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impactweekly-blog · 5 years
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Impact weekly | 001 | 28 April
What’s new?
The science behind Extinction Rebellion’s climate change demands; Mark Carney’s timely warning; children’s education in the tropics impacted by climate change; Adidas unveils 100% recyclable shoe; the slow burn towards zero emissions; the paradox of socially responsible investing; we need to totally reinvent politics if we want to fight climate change; the future of food; why California will keep burning; your home delivered meal kit is greener than you thought
Got a few minutes?
How to save the earth before 2050: a cost effective international strategy
One to watch
Finland’s new generation of climate heroes; when David Attenborough sat down with the IMF’s Christine Lagarde
Listen up
The art of closing billions in wind and solar deals
The big question
Does the climate change movement have a class problem?
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scienza-magia · 9 months
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Nessun meccanismo di supporto per le banche italiane
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No MES Meloni: impatto su banche, BTP ex Bce, spread. No MES dall’Italia di Meloni: l’ironia della sorte è che la bocciatura della ratifica della riforma del Meccanismo europeo di stabilità da parte della Camera potrebbe secondo qualcuno mettere in difficoltà proprio quelle banche che fonti di Palazzo Chigi hanno citato, ieri, a commento del voto dell’Aula. Non solo: esperti ed economisti parlano anche dell’effetto che quel no potrebbe avere sui titoli di stato italiani, dunque sui BTP e sullo spread. Riforma MES: il no di Meloni al backstop del Fondo di risoluzione unico All’indomani del voto della Camera, che ha spiazzato in primis chi credeva che alla fine la maggioranza avrebbe comunque ratificato la riforma del MES, nonostante l’opposizione manifestata più volte dal governo Meloni e dalla maggioranza, diverse sono le analisi su cosa potrebbe accadere ora all’Italia. Nel dire no al MES, l’Italia si conferma tuttora unico paese dell’Europa a non aver ratificato una riforma che viene considerata cruciale per mettere in sicurezza il sistema bancario europeo. A rimetterci, dunque, con quel voto alla Camera, è tutta l’Europa. Lo dice espressamente Bankitalia nella pagina dedicata a fugare tutti i dubbi su questo strumento, contro cui gli esponenti del governo Meloni, da tempo, hanno lanciato una vera e propria crociata: “La riforma attribuirebbe al MES una nuova funzione, quella di fornire una rete di sicurezza finanziaria (backstop) al Fondo di risoluzione unico (Single Resolution Fund, SRF) nell’ambito del sistema di gestione delle crisi bancarie”, spiega Palazzo Koch. L’Italia intanto si spacca tra chi plaude al voto della Camera e chi, invece, mette in evidenza una scelta suicida, che avrà gravi conseguenze per il paese, le sue banche e il suo debito. Per ora buy BTP, il sostegno dalle scommesse su tassi Bce Per ora, va detto, non c’è nessun effetto sui BTP e sullo spread BTP-Bund a 10 anni. La prospettiva di imminenti tagli dei tassi da parte della Bce di Christine Lagarde continua a sostenere i titoli di stato dell’area euro, che continuano a essere inondati di buy. Nella giornata di ieri, i tassi dei BTP a 10 anni sono scesi fino al 3,55%, al livello minimo dalla fine di agosto del 2022. Il risultato degli ultimi buy sui BTP (con contestuale discesa dei rendimenti), stando a quanto riporta Reuters, è che i titoli di stato a 10 anni si apprestano a terminare il mese di dicembre con il tonfo mensile dei tassi più forte dal 2013, pari a ben 64 punti base. Buy anche sui Bund tedeschi, con i rendimenti decennali che, nella sessione di ieri, sono capitolati al valore pià basso degli ultimi nove mesi, scendendo fino all’1,94%. Reuters ha ricordato che le aspettative di tassi di interesse più bassi, con l’arrivo di tagli da parte della Bce, si stanno “confermando un balsamo per l’Italia, alle prese con una mole di debito pubblico che si aggira attorno al 140% del Pil”. No MES e l’effetto su banche, ABI: ‘Con crisi useremo risorse nazionali’ Detto questo, cosa succederà ai BTP ma anche alle banche italiane con la decisione della Camera di dire no alla ratifica della riforma del MES? Antonio Patuelli, numero uno dell’ABI, ha spiegato che la conseguenza è che “senza il nuovo MES useremo le risorse nazionali per affrontare le crisi bancarie“. Cosa che tra l’altro è successo fino a oggi: “La questione non è entrare o meno nel Mes. Anche con il voto della Camera l’Italia continua a rimanere nel vecchio MES con tutti gli altri Paesi”, ha ricordato il numero uno dell’Associazione bancaria italiana. Patuelli ha fatto notare che il dibattito sul Meccanismo europeo di stabilità, in Italia, “si è caricato di eccessivi significati politici ed è per questo che non ci siamo mai pronunciati sul tema, nemmeno in occasione della nostra assemblea annuale”. In ogni caso, ha continuato il numero uno dell’ABI, “tutte le crisi bancarie dal 2015 a oggi sono state affrontate con risorse nazionali. Quella del Montepaschi con risorse di Stato e le altre con risorse delle banche concorrenti. Per fortuna adesso nessuno paventa più crisi bancarie, ma nei momenti più difficili, e in vigenza del vecchio MES, abbiamo fatto da noi. Abbiamo persino salvato la Popolare di Bari, che poi è andata allo Stato”. La frase  fa capire dunque che, allo stato attuale delle cose, in caso di crisi bancarie l’Italia continuerà a far uso di risorse nazionali. E certo non si può dire che questa sia una buona notizia per i contribuenti italiani, che hanno già salvato il Monte di Stato Mps Monte dei Paschi di Siena, esempio citato tra l’altro proprio da Patuelli. No MES: scelta in vista delle elezioni europee 2024 Su Il Sole 24 Ore, nell’articolo “MES e Patto di stabilità: miopia istituzionale e incroci pericolosi“ Francesco Renne, commercialista e revisore, faculty member CUOA Business School, formatore in materie finanziarie e fiscali, commenta il no al MES mettendo in rilievo che “la partita ‘vera’, sotto il piano tecnico, non può che spostarsi dunque sul cd. MES ‘bancario’, cioè la vera novità del trattato in questione, che prevederebbe la possibilità di attivare i fondi in caso di crisi sistemiche bancarie, affiancandosi ai metodi ordinari europei (i.e. ‘bail in’) di risoluzione delle crisi bancarie stesse”. “In tal caso, in linea teorica, potrebbe ravvisarsi un segnale di ‘impossibilità finanziaria’ del singolo Paese nell’intervenire autonomamente, causando un rialzo del rischio percepito sul proprio debito pubblico”. Ma Renne scrive nella sua analisi, anche, che con il NO al MES “ci si dimentica che l’implementazione di un meccanismo ‘salva-banche’ europeo era una necessità (europea) per il completamento del quadro delle regole cd. di ‘unione bancaria’, teso alla definitiva creazione di un framework regolamentare finanziario comune (e condiviso) e, in tal senso, necessario anche alle nostre Banche nella competizione europea stessa”. Insomma, “il MES ‘condivisibile’ sacrificato sull’altare delle elezioni”, ha fatto notare l’esperto. Con No MES attenti a doom loop banche-BTP Il pericolo No MES per i BTP e dunque il rischio che senza lo strumento pensato per sostenere il Fondo di risoluzione unico i titoli di stato italiani finiscano sotto attacco è stato messo in evidenza in un articolo pubblicato su Domani anche dall‘economista Alessandro Penati. Penati ha ricordato il fenomeno del doom loop, ovvero l’abbraccio mortale tra i BTP e le banche. Queste ultime, per chi non lo ricordasse, detengono infatti in pancia una bella mole del debito pubblico italiano. “A chi ha votato in Parlamento rammento che le nostre banche detengono 665 miliardi di debito pubblico, a fronte di un patrimonio netto complessivo di 358 miliardi”, scrive Penati nell’articolo pubblicato su Domani “L’azzardo dei sovranisti fa crescere i rischi sui Btp”. Un fattore che rende le banche italiane vulnerabili a eventuali crisi del debito italiano. Penati spiega di fatto che, “in caso di crisi del nostro debito, il suo valore crollerebbe e trascinerebbe le banche italiane”. La crisi del debito infetterebbe le banche italiane, proprio a causa di quell’abbraccio mortale o anche relazione tossica, che esiste tra i BTP e gli istituti di credito. Relazione tossica ormai storica, che ha fatto scattare più volte sull’attenti il mondo degli investitori internazionali. Ma se una eventuale crisi del debito pubblico finisse per travolgere gli istituti di credito italiani, si chiede l’economista, “senza il MES, chi ricapitalizzerebbe le banche in crisi?” Niente crisi del debito pubblico, per ora, così sembra. Ma, nel caso dell’Italia con casse dello Stato perennemente in affanno, Penati ha  ricordato che gli investitori stranieri detengono 763 dei 2.844 miliardi di debito pubblico. E che, nel caso in cui l’area euro finisse per scivolare in recessione, questi investitori potrebbero orientare i loro buy su asset più sicuri, a fronte del riemergere del “problema della sostenibilità del debito pubblico dell’Italia”. Che dire inoltre di quegli istituzionali italiani, che detengono 345 miliardi di euro di debito pubblico? Come si può pensare che, in caso di crisi, la loro priorità sarebbe quella di blindare i BTP? Penati ricorda a tal proposito che “loro dovere è salvaguardare il risparmio dei clienti, non dare l’oro alla patria”. Stessa cosa le banche, con i loro bilanci intasati da 665 miliardi di debito, che, più che tutelare le casse dello Stato, devono “tutelare gli interessi degli azionisti, in prevalenza stranieri”. Dunque? In caso di crisi chi farebbe davvero da scudo ai BTP (e di conseguenza, a causa del doom loop), alle banche italiane? D’altronde i BTP, dunque i titoli di stato italiani, sono stati  mollati ulteriormente dalla Bce di Christine Lagarde che, nel suo ultimo atto del 2023, ha annunciato la tempistica con cui manderà definitivamente in soffitta il PEPP, ovvero QE pandemico, dopo avere staccato già la spina al QE tradizionale. Read the full article
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net4news · 3 years
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French tycoon Bernard Tapie tied up and beaten in burglary
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PARIS: Former French minister and scandal-ridden tycoon Bernard Tapie, once the owner of Adidas, was attacked along with his wife during a midnight burglary of their home, police said Sunday. The couple were asleep when four men broke into the house in Combs-la-Ville near Paris around 00:30 AM Sunday (2230 GMT Saturday), beat them and tied them up with electrical cords before making off with their loot. Dominique Tapie managed to free herself and made her way to a neighbour's home, from where she called the police. Slightly injured from several blows to the face, she was taken to hospital for a check-up. "She is doing well," Tapie's grandson Rodolphe Tapie told AFP. During the burglary the perpetrators "pulled her by the hair because they wanted to know where the treasure was", the mayor of Combs-La-Ville, Guy Geoffroy, told AFP. "But of course there was no treasure, and the fact that they didn't find one made the violence only worse." Tapie himself, who is 78, received a blow to the head with a club, prosecutor Beatrice Angelelli told AFP, but he declined to be taken into medial care. "My grandfather refused to be taken away," Rodolphe Tapie said. "He is shattered, very tired. He was sitting on a chair when he was hit with a club." The burglars broke into Tapie's home, a vast estate known as the "Moulin de Breuil", through a first-floor window, undetected by the guards. They made off with two watches, including a Rolex, earrings, bracelets and a ring, according to a source close to the investigation. Tapie was a Socialist minister who rose from humble beginnings to build a sporting and media empire, but later ran into a string of legal problems. He made a fortune in the early part of his career by taking over failing companies in corporate raids, stripping them of their assets and selling them for profit during the high-rolling years of financial deregulation in France. He often flaunted his wealth, including by buying a 72-metre yacht and a football club, Olympique de Marseille, which won the French championship while he was their owner. He has also been under suspicion of match-fixing in France's top football league. He was briefly minister for urban affairs in Francois Mitterrand's government in 1992. Tapie was found guilty in a series of cases for corruption, tax fraud and misuse of corporate assets, went to prison for five months and was stripped of the right to stand in any election in France. After his release from prison in 1997, Tapie added showbiz to his various activities, trying his hand at acting, singing and hosting radio and TV shows. In 2012 he also became a media boss, taking over southern French daily La Provence and other newspapers. One fraud case has dogged Tapie for decades, involving a hugely controversial settlement worth 400 million euros ($470 million at current rates) awarded to him by a government arbitration panel, the size of which sent shockwaves through France. The panel judged he had been the victim of fraud when he sold his stake in the Adidas sports apparel company in 1993 to state-run French bank Credit Lyonnais, which was found to have undervalued the sportswear brand. The case also ensnared then-finance minister Christine Lagarde, who now runs the European Central Bank. She was found guilty of "negligence". Lagarde's handling of the case sparked suspicion that her former boss Nicolas Sarkozy, whom Tapie had backed for president in 2007, was favourably disposed towards the businessman -- allegations Sarkozy has vehemently denied. Last autumn, Tapie's fraud trial was postponed for reasons of ill health because he was suffering a double stomach cancer and cancer of the oesophagus which were getting worse. The trial is due to resume in May, with Tapie "determined" to be present, according to his lawyer. Police are treating Sunday's incident as a violent robbery and kidnapping, a source close to the investigation told AFP. Source link Read the full article
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#Breaking: The #EuropeanParliament's Committee on Economic and Monetary Affairs holds a conversation with #ChristineLagarde, President of the #EuropeanCentralBank
#Breaking: The #EuropeanParliament’s Committee on Economic and Monetary Affairs holds a conversation with #ChristineLagarde, President of the #EuropeanCentralBank
The European Parliament's Committee on Economic and Monetary Affairs holds a conversation with Christine Lagarde, President of the European Central Bank, amid key interest rates increasing by 75 basis points since the last monetary discussion in September. https://t.co/fPS3GH8wEK — Reuters (@Reuters) November 28, 2022 Source: Twitter
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alicat-draws · 4 years
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Day 1 Christine Lagarde . . . #caricatureresolution2021#caricature#cartoon#christinelagarde#day1#art#traditionalart#tonepaper#graphitesketch#ink#arte#caricatura https://www.instagram.com/p/CJhLYjXDR4g/?igshid=gohjvwg9ddb
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prayagraj · 4 years
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#Euro zone economy suffering even as infections ease, says #European Central Bank President #ChristineLagarde https://www.instagram.com/p/CIRs2OsgG0V/?igshid=c9z19glpm4hc
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dbrjworld · 4 years
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#onthisday #onthisdayinhistory #thisdayinhistory #thisdayinhistory #imf #france #france🇫🇷 #christinelagarde #imdbrj 2011 Christine Lagarde becomes the 1st women to be elected head of the International Monetary Fund (IMF) Lawyer, Politician and International Bureaucrat Christine Lagarde https://www.instagram.com/p/CB92BzgHKCa/?igshid=z5qjub8a7msb
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closedaccountsblog · 4 years
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Monday Muse - @christinelagarde 🕊 #secretmillicom #fridaymuse #christinelagarde #sacbirkin #frenchpolitics #lawyer #president #europeancentralbank #politicfashion #womenfashion #finance #parisianstyle #parisfashion #france (at Hotel Le Bristol Paris) https://www.instagram.com/p/CAMw7Ayn5iq/?igshid=1robgkcjt3ht
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teramaners · 4 years
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#christinelagarde #bce #economia #mariodraghi #covid_19 #covid19 #coronavirus #coronavírus (presso Italy) https://www.instagram.com/p/B_p5jfZJqpv/?igshid=10ujt1uyv4vu3
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xrpvibe · 5 years
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Down 26%: Bitcoin Sees Worst Sell-Off in 7 Years as Coronavirus Spurs Flight to Safety Bitcoin (BTC) suffered its biggest drop in seven years, as fears over the spreading coronavirus triggered a new wave of selling in everything from stocks and junk bonds to cryptocurrencies.
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