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lamilanomagazine · 3 months
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Bari, associazione Tou.Play per la presentazione dei risultati del progetto Join sul protagonismo e la cooperazione femminile
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Bari, associazione Tou.Play per la presentazione dei risultati del progetto Join sul protagonismo e la cooperazione femminile Venerdì 2 febbraio, alle ore 17.30, nella sala giunta di Palazzo di Città, l’assessora alle Politiche educative e giovanili Paola Romano incontrerà i membri dell’associazione giovanile Tou.Play in occasione della presentazione dei risultati di “Join: una rete transnazionale di giovani donne per una transizione ecologica giusta e sociale”, il progetto finanziato dal programma europeo Erasmus+, nato con l’obiettivo di creare reti di promozione di partenariati regionali e decisori politici locali, attuati in stretta cooperazione con i giovani di tutta Europa. Join mira, infatti, a creare uno spazio di cooperazione transnazionale tra giovani donne attraverso canali che consentano lo sviluppo di processi congiunti di partecipazione e advocacy, generando azioni che promuovano l’empowerment, la leadership e l’azione civica e politica delle giovani donne che vivono in aree urbane e rurali. Il progetto costruisce un contesto favorevole per ideare, innovare e promuovere iniziative che costruiscano soluzioni alle sfide socio-ambientali del nostro tempo, puntando a scenari più inclusivi, equi, egualitari e sostenibili. Per raggiungere questi obiettivi, sei giovani donne, individuate in un gruppo di quaranta, hanno partecipato a una mobilità internazionale ad Alentejo, in Portogallo, dove si sono confrontate con altre coetanee provenienti da Grecia, Portogallo e Spagna per raccontare le proprie realtà, condividere buone pratiche e sostenersi nella creazione di progetti da implementare nelle rispettive realtà locali. Dall’incontro è emerso che a Bari c’è un basso grado di consapevolezza comunitaria sulle questioni di genere e ambientali e sulla loro correlazione, specie fra le donne e le famiglie delle fasce più vulnerabili della popolazione. Inoltre, vi è una mancanza di leadership femminile per quanto riguarda le tematiche ambientali, mentre la città non è autosufficiente dal punto di vista alimentare ed energetico: c’è poca autoproduzione di cibo e grande consumo di prodotti confezionati, c’è un basso grado di circolarità ed è difficoltoso lavorare sul riutilizzo degli scarti. Dall’analisi di questi bisogni il gruppo di giovani ha realizzato una serie di iniziative locali chiamate giocosamente “La Fatic”, il lavoro faticoso, con l’obiettivo di creare una maggiore connessione tra i quartieri urbani e i sistemi alimentari autosufficienti, promuovere le occasioni di occupabilità delle donne e alimentare forme più profonde di partecipazione locale attraverso la sensibilizzazione e il coinvolgimento. Il gruppo ha così organizzato dei laboratori di riuso creativo dei rifiuti e contribuito a momenti di partecipazione attiva della cittadinanza (pic nic senza plastica, attività di pulizia degli spazi comuni, animazione territoriale e momenti inaugurali come quello del parco Maugeri al Libertà). Il gruppo ha poi raccolto le impressioni di tutte le donne coinvolte in queste attività e ha tratto le proprie conclusioni sull’impatto di queste azioni sul tessuto sociale cittadino. I risultati presentati nel corso dell’incontro di domani saranno poi condivisi con i partner europei in occasione di un seminario in programma dall’8 all’11 febbraio in Grecia, nei pressi di Corinto, in una seconda mobilità che riunirà tutte le partecipanti di Join in Europa. All’incontro di oggi sono stati invitati a partecipare i rappresentanti della commissione Pari opportunità del Comune di Bari e della Consulta dell’ambiente della città. Per ulteriori informazioni Davide Colafemmina - +39 324 747 2073 – [email protected] A questo link la presentazione del progetto... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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ouroutlet · 7 years
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samdelpapa · 3 years
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L'uscita dal debito attraverso la crescita, per usare delle parole che ho usato in passato: "una scommessa sul debito buono". Questo significa che gli investimenti che verranno finanziati, qui non è una questione di far debito o di non far debito, NOI STIAMO FACENDO, ABBIAMO FATTO E FAREMO DEBITO, il punto è che questo debito deve essere investito bene, gli investimenti saranno spiegati nei giorni futuri, sono stati bene individuati, occorre ora che siano ben progettati, ben disegnati e soprattutto ben attuati. Mario Draghi venerdì 16 aprile 2021. Volete la cioccolata? La cioccolata la mangiate come dico io perchè io so io e voi non siete un caxxo!! Le future generazioni saranno spogliate delle ricchezze che noi faremo con questo debito, in quanto saranno contenute in una moneta che nasce a monte con il debito. Davide Morrone https://www.instagram.com/p/CNvMhrahrQH/?igshid=11mbh4xgoxou3
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orbiscomunication · 5 years
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Chiusura strada Giugliano, appello di Biagio Ciaramella (A.I.F.V.S.): “Attuati peso e misura diversi rispetto a caso di mio figlio, intervenga Toninelli”
GIUGLIANO. Nella mattinata di venerdì 19 luglio, la procura di Napoli Nord ha annunciato il sequestro imminente della carreggiata della SP 1, tratto Ponte Riccio – Auchan.
Nella competenza territoriale dei comuni di Qualiano e Giugliano avvenne, nel 2017, un incidente mortale, per il quale, a seguito dell’indagine del pubblico ministero Giovanni Corona, è stato emesso il provvedimento da parte del Gip del tribunale di Napoli Nord. L’inchiesta fu avviata alla luce delle perizie elaborate da parte dei tecnici direttamente nominati dalla Procura, secondo cui i piloni dell’asse mediano sovrastante non rispecchiavano le normative vigenti in materia di protezione infrastrutturale.
La contromisura applicata ha causato una reazione rabbiosa della famiglia Ciaramella, di Biagio, referente della sede Aversa ed agro aversano dell’Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada Onlus (A.I.F.V.S.), presieduta da Alberto Pallotti, e di Elena Ronzullo, presidente dell’Associazione Mamme Coraggio, costituitasi parte civile nel processo legato alla morte di Luigi Ciaramella. Il 19enne perse la vita sulla strada Ischitella – Madonna del Pantano (S.P. n.131. “Quadrivio di Ischitella”).
“Ci chiediamo come mai non siano stati usati stesso peso e misura del  Tribunale di Napoli Nord per quanto concerne il nostro caso. Ciò nonostante abbiamo messo in evidenza più volte la pericolosità del palo tramite comunicati stampa e segnalazioni all’epoca Provincia ed all’attuale città metropolitana – afferma la famiglia Ciaramella - .
La legge parla chiaro: riprendendo l’articolo 14  inerente la ‘costruzione e tutela delle strade ed aree pubbliche’ e, nello specifico, i ‘Poteri e compiti degli Enti proprietari delle Strade’, gli enti proprietari delle infrastrutture (al punto numero 1, Comma inserito dall'art. 10 legge 19 ottobre 1998 n. 366.), allo scopo di garantire la sicurezza e la fluidità della circolazione, provvedono alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredo, nonché delle attrezzature, impianti e servizi. La Provincia ci ha fornito documenti che confermano l’invio di segnalazione ufficiale all’ENEL  dopo l’anno 2009.  La linea elettrica, che parte da Giugliano e arriva a Villa Literno, risale ad un periodo di edificazione compreso tra i 50 e i 60 anni precedenti all’incidente di Luigi. Presumibilmente, data l’assenza di documentazione pertinente,  negli anni 2000 è stata allargata la strada, rispettando a pieno la legge vigente.  Si puntò sul rafforzamento del palo con una base di cemento ricoperto in ferro zincato, piuttosto che attuarne lo spostamento a sette metri, a cui sarebbe stata soggetto tutta la linea Enel. Un’opera che avrebbe comportato una maggiorazione della spesa. Le nostre denunce si sono rivelate vane in quanto la strada risulta ancora nella stessa condizione dell’epoca e priva di qualsiasi protezione. Per questo motivo, facciamo un appello al ministro delle infrastrutture Danilo Toninelli, affinchè intervenga al più presto e si registrino nuovi casi mortali come nel caso di mio figlio.    
Non abbiamo avuto giustizia. Dall’accaduto del 2008, con nostra grande insistenza ed incuranti delle quattro chiusure ricevute, abbiamo conseguito, solo nel 2012,  una nuova apertura del caso che ha portato  alla valutazione delle responsabilità di cinque indagati. In questa fase, l’anomalia registrata riguardava il metro di giudizio da ricondurre agli articoli 41 e 589, comma ,  che prevede la chiusura di un processo penale in sette anni e mezzo. Grazie all’insistenza del legale Davide Tirozzi, siamo riusciti ad ottenere il comma 2 degli articoli 41 e 589,   in virtù del quale il processo è stato allungato a 15 anni. Mio figlio è morto nel 2008  e mi pongo due domanda:  come mai le indagini per una verità sono partite solo nel 2012? Aveva ragione chi ci ha chiuso quattro volte il caso o chi ha posto le condizioni per indagare su cinque persone?”.
Sito Web www.vittimestrada.eu
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giancarlonicoli · 5 years
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26 MAR 2019 10:30
IL SILENZIO DEGLI INNOCENTISTI/1 - E ORA CHE DICONO VAURO, ERRI DE LUCA, DANIEL PENNAC, BERNARD-HENRI LÉVY E GLI ALTRI CHE DIFENDEVANO CESARE BATTISTI? IL VIGNETTISTA: ''È GIUSTO CHE PAGHI PER I CRIMINI CHE ORA AMMETTE DI AVER COMPIUTO'' - C'ERANO TONI NEGRI, GIAN PAOLO SERINO, MASSIMO CARLOTTO, IL COLLETTIVO WU MING, IL PREMIO STREGA TIZIANO SCARPA. TUTTI CONVINTI, PER DIRLA CON PHILIPPE SOLLERS, CHE L'''ITALIA CERCASSE SOLO UNA VENDETTA''. LA SCRITTRICE FRED VARGAS GLI HA PAGATO GLI AVVOCATI E NE HA SOSTENUTO FINANZIARIAMENTE I PARENTI
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1 - VAURO, ERRI DE LUCA E I FRANCESI È IL SILENZIO DEGLI INNOCENTISTI
S. Dim. per “la Verità”
Il silenzio degli innocentisti. Quelli che, fino a ieri, giuravano sull' incolpevolezza di Cesare Battisti e che oggi, davanti alle ammissioni dell' assassino dei Proletari armati per il comunismo, tacciono imbarazzati. Come lo scrittore Valerio Evangelisti, animatore della campagna a favore del terrorista sulla rivista online Carmilla che, nel 2004, raccolse 1.500 adesioni. Contattato dal nostro giornale, dopo una vita trascorsa a giurare che Battisti era estraneo ai 4 omicidi per cui è stato condannato all' ergastolo, ci risponde: «Mi dispiace, non rilascio interviste su questo tema».
Peccato.
Sono almeno trent' anni che l' intelligencija di sinistra battaglia in nome e per conto del killer di Cisterna di Latina, in Italia e all' estero. Al suo fianco si sono schierati «cattivi maestri» come Oreste Scalzone e Franco Piperno, o ex terroristi rifugiati a Parigi come Marina Petrella ed Enrico Porsia, ma soprattutto intellettuali e scrittori. Schiera a cui Battisti, romanziere noir di scadente ispirazione, si fregia di appartenere. Dan Franck e Tahar Ben Jelloun sono stati i primi a sottoscrivere manifesti di solidarietà per lui, in Francia. «Liberate i polsi di Cesare Battisti e lasciate alle loro vite francesi gli italiani che hanno trovato da voi una patria, seconda e migliore», cantava in ode, sulla prima pagina di Le Monde, Erri De Luca.
Su Liberation, gli rispondevano Toni Negri (presentato come «filosofo») e Nanni Balestrini soffermandosi sulla necessità del «perdono» per gli anni di piombo e per i suoi protagonisti. E così a seguire Daniel Pennac, il papà di Benjamin Malaussène, di professione capro espiatorio; Serge Quadruppani, Gian Paolo Serino, Massimo Carlotto, Gilles Perrault, il collettivo Wu Ming, Christian Raimo, Lello Voce, Antonio Moresco, Luigi Bernardi, Marco Philopat e il premio Strega Tiziano Scarpa. Tutti convinti, per dirla con Philippe Sollers, che l'«Italia cercasse solo una vendetta». C' è chi non si è limitato alle parole di incoraggiamento. La scrittrice Fred Vargas gli ha pagato gli avvocati e ne ha sostenuto finanziariamente i parenti.
Il filosofo Bernard-Henri Levy, che firmò la prefazione al libro del terrorista, Ma cavale (La mia fuga), anni fa riuscì a coinvolgere nella sua arringa a favore dell' assassino comunista il centenario Oscar Neiemeyer, il padre dell' architettura moderna, e altri trecento intellettuali brasiliani affinché il presidente Lula negasse l' estradizione (come poi avvenne). E a paragonare Battisti a Gabriel Garcia Marquez (a sua volta compagno solidale), ai tempi dell' esilio in Messico.
Tutti innamorati del ghigno del terrorista dal grilletto facile. Dopo la prima evasione in Francia, lo scrittore Giuseppe Genna si fece affascinare dalla «fuga (che) catapulta l' uomo nella leggenda». Per Battisti si sono mobilitati pure il regista Davide Ferrario, il produttore Marco Muller; i giornalisti Rossana Rossanda, Piero Sansonetti («caso clamoroso con negazione del diritto») e Gianni Minà.
Roberto Saviano, appena divenne famoso, ritirò il sostegno alla campagna di Carmilla dichiarando di non aver aderito («La mia firma è finita lì per chissà quali strade del Web e alla fine di chissà quali discussioni di quel periodo», si giustificò).
Il vignettista Vauro Senesi racconta di essersi ritrovato arruolato per una firma «per procura» messa da un amico. «Sbagliai a non prendere subito le distanze», spiega oggi alla Verità, «e quindi, per assumermi la responsabilità, decisi di tenere questa testimonianza».
Oggi, di fronte alla confessione del killer dei Pac, il disegnatore è laconico: «L' unico commento che mi viene in mente è che è giusto che espii la pena per le azioni che, a questo punto, rivendica di aver commesso».
Dai politici che allora si mobilitarono in sua difesa, quasi nessun commento. L' ex deputato di Rifondazione comunista, Giovanni Russo Spena, spiega solo ora al nostro giornale: «Firmai un appello garantista internazionale per chiedere di celebrare un nuovo processo in cui Battisti non fosse contumace». Ma ammette: «Devo dire che la sua figura non mi piace, non fa parte della mia storia».
2. GLI INNOCENTISTI SMENTITI
Pierluigi Battista per il “Corriere della Sera”
E ora? E adesso che Cesare Battisti ha ammesso la sua colpevolezza, che ne è degli artefici della campagna innocentista, degli intellettuali firmatari di tonitruanti appelli per denunciare, attraverso la difesa dello stesso Battisti, la deriva liberticida e autoritaria dello Stato italiano?
Che ne è della «dottrina Mitterrand» applicata a un terrorista che ora ammette i suoi omicidi ma che in Francia prima e in Brasile poi era stato considerato meritevole del diritto d' asilo e di protezione che si riserva alle vittime di uno Stato ingiusto e persecutorio? Perché nelle campagne a favore di Cesare Battisti era il sottofondo ideologico che sorreggeva la tesi della vittimizzazione e di un carnefice che si faceva passare per agnello sacrificale di uno Stato incapace di rispettare le regole elementari del diritto e dei diritti di un imputato.
E non era vero, come dimostra l' ammissione tardiva ma inequivocabile di chi si è macchiato di delitti commessi in nome della rivoluzione e della lotta armata ma che non per questo sono meno odiosi e attuati con una spietatezza sconvolgente.
Si era detto, oltralpe e tra gli scrittori e gli intellettuali che si erano bevuti la favola di Cesare Battisti braccato da un' inquisizione ottusa e oppressiva, che lo Stato lo aveva condannato con prove scarse: non era vero. Che erano stati calpestati i diritti della difesa: non era vero. Che lo Stato italiano aveva imboccato la strada dell' imitazione del Cile di Pinochet: non era vero. Che Cesare Battisti, membro di diritto della corporazione angelicata degli scrittori, non poteva essere un assassino: non era vero.
Che consegnare Battisti alle autorità italiane significava dare in pasto un innocente a uno Stato assetato di sangue: non era vero. Che la mobilitazione e l' appello degli intellettuali fosse un compito doveroso per difendere i diritti umani conculcato in Italia: non era vero. Non erano vere molte cose propalate dai difensori della causa di Cesare Battisti. E ora? E ora, ci sarà almeno in una parte di loro un sussulto di verità? Non un' autocritica, che è termine odioso, in auge nei Paesi autoritari dove si vuole l' umiliazione di chi sbaglia o di chi si presume abbia sbagliato.
Ma appunto un soprassalto di verità, un senso di fastidio per aver divulgato, non sulla base di fatti accertati ma solo per conformismo e pregiudizio ideologico, una storia falsa, deformata, stravolta. Per aver abboccato con puerile accondiscendenza alla menzogna accettata per spirito di gruppo, per una logica tribale dell' appartenenza ideologica, senza nemmeno un briciolo di considerazione per le vittime vere, per i morti ammazzati di una guerra asimmetrica scatenata per fanatismo politico. Cesare Battisti ha chiesto scusa alle vittime del delirio terroristico.
Ma i suoi seguaci sapranno almeno riflettere sulle loro parole malate? Ora la storia è stata rimessa sui suoi piedi, non è più capovolta a testa in giù come hanno preteso i firmatari di appelli insolenti e grotteschi smentiti dalle stesse dichiarazioni di Cesare Battisti. E ora, si vergogneranno almeno un po'?
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becomixdatabase · 5 years
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[Alien³ di William Gibson – Cos'è accaduto](https://blog.becomix.me/alien-di-william-gibson/ "https://blog.becomix.me/alien-di-william-gibson/")
Dal “development hell”del film all’adattamento di Johnnie Christmas – Di Francesco Iesu
La gestazione del terzo capitolo del franchise di Alien è stata lunga e tormentata. Tutto comincia nel 1987 quando i produttori Gordon Carroll, David Giller e Walter Hill contattano lo scrittore cyberpunk William Gibson per la stesura della sceneggiatura del film basato sulla bozza da loro ideata. L’autore di Neuromante accetta l’offerta e dichiara loro l’influenza che il primo film della saga ha avuto sul suo immaginario. A causa dello sciopero degli sceneggiatori indetto per il 1988 (a cui aderirono sia la Writers Guild of America dell’East e del West contro le leggi in vigore sul pagamento di una quota per le produzioni televisive nei paesi stranieri), i produttori chiedono il completamento dello script entro il dicembre del 1987. Lo script non ottiene l’approvazione dei produttori, tanto che Gibson cambia drasticamente l’atmosfera generale del racconto senza però ottenere un parere positivo.
Stessa sorte subirono le diverse sceneggiature successive fino a arrivare a quella scritta da David Giller, Larry Ferguson e Walter Hill. Quest’ultima mischia elementi della sceneggiatura di Ward insieme al set della prigione coloniale della sceneggiatura di Twohy (sebbene quest’ultimo non appaia nei credits). Da segnalare come la sceneggiatura di David Twohy non presentava Ellen Ripley e al contempo gli studios avevano ingaggiato Vincent Ward e John Fasano per crearne una con Ripley all’interno. Come Twohy ha scoperto questo da un giornalista, sentendosi tradito, abbandonò il progetto. Inoltre David Fincher modifica parte delle sceneggiature con Rex Pickett. Quest’ultimo viene licenziato in tronco dato che le sue modifiche si discostavano troppo dalle idee dei produttori, i quali avevano anche steso la sceneggiatura considerata da loro definitiva.
In definitiva per ottenere la sceneggiatura finale si alternarono dieci scrittori e la Fox spese 13 milioni di dollari solo per la scrittura del film senza avere alcuna scena girata.
Questa situazione caotica ha avuto effetti nel lavoro finale: il ruolo di controllo della Fox e le modifiche in post-produzione portarono a quello che viene definito come il primo tonfo nell’acqua della saga e che sarà seguito dal pessimo Alien Resurrection. Nel 2018 la Dark Horse pubblica l’adattamento eseguito da Johnnie Christmas (Firebug) della seconda sceneggiatura di Gibson. La storia è totalmente diversa rispetto a quella del film omonimo che ha raggiunto le sale, a cominciare dai protagonisti. Ci si concentrò su Hicks, Bishop e Newt. La scelta di Gibson è dipesa semplicemente dal fatto che Sigourney Weaver al momento della stesura (1987) non poteva partecipare alle riprese.
La stessa Weaver nel 1992 modificherà il finale del film, consigliando ai produttori di eliminare Ellen Ripley, dato che non aveva più intenzione di riprendere in mano il personaggio e non vincolare la carriera a questo ruolo. Come i fan della saga sanno, la Weaver nel 1997 cambierà idea e tornerà in Alien Resurrection nel ruolo del clone della Ripley.
Già dalla locandina si può intuire la centralità della Ripley nella pellicola. La trama segue la USS Sulaco dopo gli eventi di Aliens. L’astronave passa, per errore, all’interno del territorio dello stato socialista U.P.P. (non troppo velatamente basato sul paese dei sovieti). Viene così inviata una navetta d’ispezione che trova Ripley, Newt, Hicks nelle camere per l’Ipersonno. Bishop si trova diviso a metà, con il solo busto nella camera criogenica. Proprio nel torso sta crescendo un uovo di Alien, che al momento dell’apertura della sua camera aggredisce Kurtz, uno degli ispettori, con il facehugger. Gli altri due portano con sé Bishop sulla stazione Rodina per indagare lasciando il terzo al suo destino. La Sulaco viene analizzata dal personale del cluster del punto di ancoraggio della Weylan Yutani Corp, dove si cerca di scoprire cosa è accaduto al gruppo in Ipersonno.
Da qui l’azione si dividerà nelle due fazioni spaziali, da una parte quella sotto il comando corporazionista/capitalista dall’altra la socialista creando così un’allegoria della guerra fredda con tanto di escalation del clima di dubbio sulle reali intenzioni delle due compagini a riguardo l’uso dei xenomorfi. Entrambi cercando di sapere il più possibile sui xenomorfi nel tentativo di usarli come arma in previsione di un attacco nei confronti dell’altro, non rendendosi conto delle minacce intrinseche di queste armi.
Gibson non usa solamente gli xenomorfi come allegoria della guerra fredda, come diviene esplicito nel discorso finale di Bishop. Tramite gli esperimenti eseguiti a bordo del cluster d’ancoraggio si mostra come il meccanismo di manipolazione e replicazione in vitro di Alien similare a quello dell’Aids, basti pensare a come il DNA Xenomorfo riesca in poco tempo ad unirsi e annichilire quello umano, eseguendo in maniera esponenziale il meccanismo dei Retrovirus. Considerando come una delle vie di contagio è lo scambio di liquidi, il paragone diventa sempre più evidente. Oltre a questa via, viene aggiunta la diffusione tramite spore creando una componente di tensione aggiuntiva che rimanda a La Cosa di John Carpenter, basata sul non sapere chi è stato contagiato e chi meno, creando dubbi tra i superstiti anche dopo la sopravvivenza dopo l’incontro con lo xenomorfo. Dopo 30 anni, in Alien: Covenant, viene ripresa questa via di riproduzione per la creatura del Neomorfo.
Nello script gli xenomorfi vengono descritti come più, veloci, grossi e feroci rispetto a quelli dei precedenti film, capaci di riprodursi celermente a seguito dei processi di clonaggio e di modificazione genetica attuati dall’U.P.O. e dal tema sull’Anchorpoint (concetto che verrà ripreso in Alien Resurrection). Inoltre Gibson aggiunge l’idea che gli xenomorfi si replichino anche tramite altri animali, come i lemuri e in seguito anche tramite la vegetazione. Dal punto di vista grafico, vengono distinti gli xenomorfi a seconda che provengano dalla via riproduttiva vista nei precedenti film o che siano il frutto del contagio tramite spora. Essi stessi si affronteranno in un breve scontro sul finire della storia.
Il finale è chiaramente un preambolo ad un quarto film di Alien e riesce a completare una visione critica nei confronti dei due blocchi (americano e russo) che con la loro rincorsa bellica non hanno fatto altro che creare una minaccia per la sopravvivenza del mondo intero. La minaccia esterna degli Alien può divenire il collante che unisce i popoli. Questo concetto ai lettori più scafati ricorda il piano di Ozymandias in _Watchmen_dove è proprio l’attacco di un terzo a far cessare temporaneamente le guerre e gli scontri nel pianeta.
L’approccio di Gibson in questa secondo draft si riavvicina all’atmosfera dell’Alien di Ridley Scott, claustrofobico e orientato all’introspezione, rispetto alla prima stesura che era molto più orientato all’azione e vicino all’Aliens di James Cameron. Lo script di Gibson è l’unico tra quelli prodotti (contando anche quello del film finale) che cerca di spiegare come sia possibile vi siano ancora Xenomorfi dopo ciò che è successo in Aliens. Un altro particolare che si ricollega al film finale è che Gibson continua ad usare i personaggi di Aliens a differenza di quello che deciderà di fare la produzione. James Cameron dichiarerà come l’assenza dei personaggi del secondo film nel terzo sia stato uno schiaffo in faccia ai fan di Aliens.
In conclusione la storia è un affascinante sliding door su come si sarebbe potuta evolvere la serie, con aggiunte poi riprese negli anni a venire, mentre le trascrizioni delle sceneggiature diventavano oggetti di culto per i fan degli xenomorfi soprattutto la seconda che era difficile da rintracciare su internet rispetto alla prima. La storia si può trovare in edicola e fumetteria nei numeri 30, 31 e 32 del mensile Aliens edito da Saldapress.
Articolo di Francesco Iesu
L'originale è stato pubblicato su [https://blog.becomix.me/alien-di-william-gibson/](https://blog.becomix.me/alien-di-william-gibson/ "Permalink")
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jamariyanews · 6 years
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10/8/2018.Sapevate che molti paesi africani continuano a pagare una tassa coloniale alla Francia dalla loro indipendenza fino ad oggi? Quando Sékou Touré della Guinea decise nel 1958 di uscire dall’impero coloniale francese, e optò per l’indipendenza del paese, l’élite coloniale francese a Parigi andò su tutte le furie e, con uno storico gesto, l’amministrazione francese della Guinea distrusse qualsiasi cosa che nel paese rappresentasse quelli che definivano i vantaggi della colonizzazione francese. Tremila francesi lasciarono il paese, prendendo tutte le proprietà e distruggendo qualsiasi cosa che non si muovesse: scuole, ambulatori, immobili dell’amministrazione pubblica furono distrutti; macchine, libri, strumenti degli istituti di ricerca, trattori furono sabotati; i cavalli e le mucche nelle fattorie furono uccisi, e le derrate alimentari nei magazzini furono bruciate o avvelenate. L’obiettivo di questo gesto indegno era quello di mandare un messaggio chiaro a tutte le altre colonie: il costo di rigettare la Francia sarebbe stato molto alto. Lentamente la paura serpeggiò tra le élite africane e nessuno, dopo gli eventi della Guinea, trovò mai il coraggio di seguire l’esempio di Sékou Touré, il cui slogan fu “Preferiamo la libertà in povertà all’opulenza nella schiavitù”. Sylvanus Olympio, il primo presidente della Repubblica del Togo, un piccolo paese in Africa occidentale, trovò una soluzione a metà strada con i francesi. Non voleva che il suo paese continuasse ad essere un dominio francese, perciò rifiutò di siglare il patto di continuazione della colonizzazione proposto da de Gaulle, tuttavia si accordò per pagare un debito annuale alla Francia per i cosiddetti benefici ottenuti dal Togo grazie alla colonizzazione francese. Era l’unica condizione affinché i francesi non distruggessero tutto prima di lasciare il paese. Tuttavia, l’ammontare chiesto dalla Francia era talmente elevato che il rimborso del cosiddetto “debito coloniale” si aggirava al 40% del debito del paese nel 1963. La situazione finanziaria del neo-indipendente Togo era veramente instabile; così, per risolvere la situazione, Olympio decise di uscire dalla moneta coloniale francese Fcfa (il Franco Cfa delle colonie africane francesi), e coniò la moneta del suo paese. Il 13 gennaio 1963, tre giorni dopo aver iniziato a stampare la moneta del suo paese, uno squadrone di soldati analfabeti appoggiati dalla Francia uccise il primo presidente eletto della neo- indipendente Africa. Olympio fu ucciso da un ex sergente della Legione Straniera di nome Etienne Gnassingbe, che si suppone ricevette un compenso di 612 dollari dalla locale ambasciata francese per il lavoro di assassino. Il sogno di Olympio era quello di costruire un paese indipendente e autosufficiente. Tuttavia ai francesi non piaceva l’idea. Il 30 giugno 1962, Modiba Keita, il primo presidente della Repubblica del Mali, decise di uscire dalla moneta coloniale francese Fcfa imposta a 12 neo-indipendenti paesi africani. Per il presidente maliano, che era più incline ad un’economia socialista, era chiaro che il patto di continuazione della colonizzazione con la Francia era una trappola, un fardello per lo sviluppo del paese. Il 19 novembre 1968, proprio come Olympio, Keita fu vittima di un colpo di stato guidato da un altro ex soldato della Legione Straniera francese, il luogotenenteMoussa Traoré. Infatti durante quel turbolento periodo in cui gli africani lottavano per liberarsi dalla colonizzazione europea, la Francia usò ripetutamente molti ex legionari stranieri per guidare colpi di stato contro i presidente eletti. Il 1° gennaio 1966, Jean-Bédel Bokassa, un ex soldato francese della Legione Straniera, guidò un colpo di stato contro David Dacko, il primo presidente della Repubblica Centrafricana. Il 3 gennaio 1966, Maurice Yaméogo, il primo presidente della Repubblica dell’Alto Volta, oggi Burkina Faso, fu vittima di un colpo di stato condotto da Aboubacar Sangoulé Lamizana, un ex legionario francese che combatté con i francesi in Indonesia e Algeria contro le indipendenze di quei paesi. Il 26 ottobre 1972, Mathieu Kérékou (che era una guardia del corpo del presidente Hubert Maga, il primo presidente della Repubblica del Benin) guidò un colpo di Stato contro il presidente, dopo aver frequentato le scuole militari francesi dal 1968 al 1970. Negli ultimi 50 anni, un totale di 67 colpi di Stato si sono susseguiti in 26 paesi africani; 16 di quest’ultimi sono ex colonie francesi, il che significa che il 61% dei colpi di Stato si sono verificati nell’Africa francofona. Cinque i golpe subiti dal Burkina Faso e dalle Comore, quattro i colpi di Stato attuati in Burundi, Repubblica Centrafricana, Niger e Mauritania. Sempre tra le ex colonie francesi, hanno vissuto almeno tre colpi di Stato il Congo e il Ciad – due, invece, l’Algeria e il Mali, la Guinea Konakry e la Repubblica Democratica del Congo. Almeno un violento “regime change” ha poi investito Togo, Tunisia, Costa d’Avorio, Magagascar e Rwanda. Altri paesi africani sottoposti a colpi di Stato sono Egitto, Libia e Guinea Equatoriale (un golpe ciascuno), Guinea Bissau e Liberia (due golpe), Nigeria ed Etiopia (tre colpi di Stato), Uganda (quattro) e Sudan (cinque). In totale 45 golpe nell’Africa ex francese, più 22 in altri paesi africani. Come dimostrano questi numeri, la Francia è abbastanza disperata ma attiva nel tenere sotto controllo le sue colonie, a qualsiasi prezzo, a qualsiasi condizione. Nel marzo del 2008, l’ex presidente francese Jacques Chirac disse: «Senza l’Africa, la Francia scivolerebbe a livello di una potenza del terzo mondo». Il predecessore di Chirac, François Mitterand, già nel 1957 profetizzava che «senza l’Africa, la Francia non avrà storia nel 21° secolo». Proprio in questo momento, 14 paesi africani sono costretti dalla Francia, attraverso un patto coloniale, a depositare l’85% delle loro riserve di valute estere nella Banca Centrale Francese controllata dal ministero delle finanze di Parigi. Finora, il Togo e altri 13 paesi africani dovranno pagare un debito coloniale alla Francia. I leader africani che rifiutano vengono uccisi o restano vittime di colpi di Stato. Coloro che obbediscono sono sostenuti e ricompensati dalla Francia con stili di vita faraonici, mentre le loro popolazioni vivono in estrema povertà e disperazione. E’ un sistema malvagio, denunciato dall’Unione Europea; ma la Francia non è pronta a spostarsi da quel sistema coloniale che muove 500 miliardi di dollari dall’Africa al suo ministero del Tesoro ogni anno. Spesso accusiamo i leader africani di corruzione e di servire gli interessi delle nazioni occidentali, ma c’è una chiara spiegazione per questo comportamento. Si comportano così perché hanno paura di essere uccisi o di restare vittime di un colpo di Stato. Vogliono una nazione potente che li difenda in caso di aggressione o di tumulti. Ma, contrariamente alla protezione di una nazione amica, la protezione dell’Occidente spesso viene offerta in cambio della rinuncia, da parte di quei leader, di servire il loro stesso popolo e i suoi interessi. I leader africani lavorerebbero nell’interesse dei loro popoli se non fossero continuamente inseguiti e provocati dai paesi colonialisti. Nel 1958, spaventato dalle conseguenze di scegliere l’indipendenza dalla Francia, Leopold Sédar Senghor dichiarò: «La scelta del popolo senegalese è l’indipendenza; vogliono che ciò accada in amicizia con la Francia, non in disaccordo». Da quel momento in poi la Francia accettò soltanto un’ “indipendenza sulla carta” per le sue colonie, siglando “Accordi di Cooperazione”, specificando la natura delle loro relazioni con la Francia, in particolare i legami con la moneta coloniale francese (il franco), il sistema educativo francese, le preferenze militari e commerciali. Qui sotto ci sono le 11 principali componenti del patto di continuazione della colonizzazione dagli anni ‘50. #1. Debito coloniale a vantaggio della colonizzazione francese. I neo “indipendenti” paesi dovrebbero pagare per l’infrastruttura costruita dalla Francia nel paese durante la colonizzazione. #2. Confisca automatica delle riserve nazionali. I paesi africani devono depositare le loro riserve monetarie nazionali nella banca centrale francese. La Francia detiene le riserve nazionali di 14 paesi africani dal 1961: Benin, Burkina Faso, Guinea-Bissau, Costa d’Avorio, Mali, Niger, Senegal, Togo, Camerun, Repubblica Centrafricana, Ciad, Congo-Brazzaville, Guinea Equatoriale e Gabon. La politica monetaria che governa un gruppo di paesi così diversi non è complicato perché, di fatto, è decisa dal ministero del Tesoro francese senza rendere conto a nessuna autorità fiscale di qualsiasi paese che sia della Cedeao (la Comunità degli Stati dell’Africa Occidentale) o del Cemac (Comunità degli Stati dell’Africa Centrale). In base alle clausole dell’accordo che ha fondato queste banche e il Cfa, la banca centrale di ogni paese africano è obbligata a detenere almeno il 65% delle proprie riserve valutarie estere in un “operations account” registrato presso il ministero del Tesoro francese, più un altro 20% per coprire le passività finanziarie. Le banche centrali del Cfa impongono anche un tappo sul credito esteso ad ogni paese membro equivalente al 20% delle entrate pubbliche dell’anno precedente. Anche se la Beac e la Bceao hanno un fido bancario col Tesoro francese, i prelievi da quel fido sono soggetti al consenso dello stesso ministero del Tesoro. L’ultima parola spetta al Tesoro francese, che ha investito le riserve estere degli Stati africani alla Borsa di Parigi a proprio nome. In breve, più dell’ 80% delle riserve valutarie straniere di questi paesi africani sono depositate in “operations accounts” controllati dal Tesoro francese. Le due banche Cfa sono africane di nome, ma non hanno una politica monetaria propria. Gli stessi paesi non sanno, né viene detto loro, quanto del bacino delle riserve valutarie estere detenute presso il ministero del Tesoro a Parigi appartiene a loro come gruppo o individualmente. Gli introiti degli investimenti di questi fondi presso il Tesoro francese dovrebbero essere aggiunti al conteggio, ma non c’è nessuna notizia che venga fornita al riguardo né alle banche né ai paesi circa i dettagli di questi scambi. Al ristretto gruppo di alti ufficiali del ministero del Tesoro francese che conoscono le cifre detenute negli “operations accounts”, sanno dove vengono investiti questi fondi e se esiste un profitto a partire da quegli investimenti, viene impedito di parlare per comunicare queste informazioni alle banche Cfa o alle banche centrali degli stati africani, scrive il dottor Gary K. Busch (economista, docente universitario a Londra). Si stima che la Francia detenga all’incirca 500 miliardi di monete provenienti dagli Stati africani, e farebbe qualsiasi cosa per combattere chiunque voglia fare luce su questo lato oscuro del vecchio impero. Gli Stati africani non hanno accesso a quel denaro. La Francia permette loro di accedere soltanto al 15% di quel denaro all’anno. Se avessero bisogno di più, dovrebbero chiedere in prestito una cifra extra dal loro stesso 65% da Tesoro francese a tariffe commerciali. Per rendere le cose ancora peggiori, la Francia impone un cappio sull’ammontare di denaro che i paesi possono chiedere in prestito da quella riserva. Il cappio è fissato al 20% delle entrate pubbliche dell’anno precedente. Se i paesi volessero prestare più del 20% dei loro stessi soldi, la Francia ha diritto di veto. L’ex presidente francese Jacques Chirac ha detto recentemente qualcosa circa i soldi delle nazioni africane detenuti nelle banche francesi. In un video parla dello schema di sfruttamento francese. Parla in francese, ma questo è un piccolo sunto: «Dobbiamo essere onesti e riconoscere che una gran parte dei soldi nelle nostre banche provengono dallo sfruttamento del continente africano». #3. Diritto di primo rifiuto su qualsiasi materia prima o risorsa naturale scoperta nel paese. La Francia ha il primo diritto di comprare qualsiasi risorsa naturale trovate nella terra delle sue ex colonie. Solo dopo un “Non sono interessata” della Francia, i paesi africani hanno il permesso di cercare altri partners. #4. Priorità agli interessi francesi e alle società negli appalti pubblici. Nei contratti governativi, le società francesi devono essere prese in considerazione per prime e, solo dopo, questi paesi possono guardare altrove. Non importa se i paesi africani possono ottenere un miglior servizio ad un prezzo migliore altrove. Di conseguenza, in molte delle ex colonie francesi, tutti i maggiori asset economici dei paesi sono nelle mani degli espatriati francesi. In Costa d’Avorio, per esempio, le società francesi possiedono e controllano le più importanti utilities – acqua, elettricità, telefoni, trasporti, porti e le più importanti banche. Lo stesso nel commercio, nelle costruzioni e in agricoltura. Infine, come ho scritto in un precedente articolo, “gli africani ora vivono in un continente di proprietà degli europei”. #5. Diritto esclusivo a fornire equipaggiamento militare e formazione ai quadri militari del paese. Attraverso un sofisticato schema di borse di studio e “Accordi di Difesa” allegati al Patto Coloniale, gli africani devono inviare i loro quadri militari per la formazione in Francia o in strutture gestite dai francesi. La situazione nel continente adesso è che la Francia ha formato centinaia, anche migliaia di traditori e li foraggia. Restano dormienti quando non c’è bisogno di loro, e vengono riattivati quando è necessario un colpo di Stato o per qualsiasi altro scopo! #6. Diritto della Francia di inviare le proprie truppe e intervenire militarmente nel paese per difendere i propri interessi. In base a qualcosa chiamato “Accordi di Difesa” allegati al Patto Coloniale, la Francia ha il diritto di intervenire militarmente negli Stati africani e anche di stazionare truppe permanentemente nelle basi e nei presidi militari in quei paesi, gestiti interamente dai francesi. Poi ci sono le basi militari francesi in Africa. Quando il presidente Laurent Gbagbo della Costa d’Avorio cercò di porre fine allo sfruttamento francese del paese, la Francia organizzò un colpo di Stato. Durante il lungo processo per estromettere Gbagbo, i carri armati francesi, gli elicotteri d’attacco e le forze speciali intervennero direttamente nel conflitto sparando sui civili e uccidendone molti. Per aggiungere gli insulti alle ingiurie, la Francia stima che la “business community” francese abbia perso diversi milioni di dollari quando, nella fretta di abbandonare Abidjan nel 2006, l’esercito francese massacrò 65 civili disarmati, ferendone altri 1.200. Dopo il successo della Francia con il colpo di Stato, e il trasferimento di poteri ad Alassane Outtara, la Francia ha chiesto al governo Ouattara di pagare un compenso alla “business community” francese per le perdite durante la guerra civile. Il governo Ouattara, infatti, pagò il doppio delle perdite dichiarate mentre scappavano. #7. Obbligo di dichiarare il francese lingua ufficiale del paese e lingua del sistema educativo. “Oui, Monsieur. Vous devez parlez français, la langue de Molière!” (sì, signore. Dovete parlare francese, la lingua di Molière!). Un’organizzazione per la diffusione della lingua e della cultura francese chiamata “Francophonie” è stata creata con diverse organizzazioni satellite e affiliati supervisionati dal ministero degli esteri francese. Come dimostrato in quest’articolo, se il francese è l’unica lingua che parli, hai accesso al solo 4% dell’umanità, del sapere e delle idee. Molto limitante. #8. Obbligo di usare la moneta coloniale francese Fcfa. Questa è la vera mucca d’oro della Francia, tuttavia è un sistema talmente malefico che finanche l’Unione Europea lo ha denunciato. La Francia però non è pronta a lasciar perdere il sistema coloniale che inietta all’incirca 500 miliardi di dollari africani nelle sue casse. Durante l’introduzione dell’euro in Europa, altri paesi europei scoprirono il sistema di sfruttamento francese. Molti, soprattutto i paesi nordici, furono disgustati e suggerirono che la Francia abbandonasse quel sistema. Senza successo. #9. Obbligo di inviare in Francia il budget annuale e il report sulle riserve. Senza report, niente soldi. In ogni caso il ministero delle banche centrali delle ex colonie, e il ministero dell’incontro biennale dei ministri delle finanze delle ex colonie è controllato dalla banca centrale francese e dal ministero del Tesoro. #10. Rinuncia a siglare alleanze militari con qualsiasi paese se non autorizzati dalla Francia. I paesi africani in genere sono quelli che hanno il minor numero di alleanze militari regionali. La maggior parte dei paesi ha solo alleanze militari con gli ex colonizzatori (divertente, ma si può fare di meglio!). Nel caso delle ex colonie francesi, la Francia proibisce loro di cercare altre alleanze militari eccetto quelle che vengono offerte loro. #11. Obbligo di allearsi con la Francia in caso di guerre o crisi globali. Più di un milione di soldati africani hanno combattuto per sconfiggere il nazismo e il fascismo durante la Seconda Guerra Mondiale. Il loro contributo è spesso ignorato o minimizzato, ma se si pensa che alla Germania furono sufficienti solo 6 settimane per sconfiggere la Francia nel 1940, quest’ultima sa che gli africani potrebbero essere utili per combattere per la “Grandeur de la France” in futuro. C’è qualcosa di psicopatico nel rapporto che la Francia ha con l’Africa. Primo, la Francia è molto dedita al saccheggio e allo sfruttamento dell’Africa sin dai tempi della schiavitù. Poi c’è questa mancanza di creatività e di immaginazione dell’élite francese a pensare oltre i confini del passato e della tradizione. Infine, la Francia ha due istituzioni che sono completamente congelate nel passato, abitate da “haut fonctionnaires” paranoici e psicopatici che diffondono la paura dell’apocalisse se la Francia cambiasse, e il cui riferimento ideologico deriva dal romanticismo del 19° secolo: sono il ministero delle finanze e del bilancio e il ministero degli affari esteri. Queste due istituzioni non solo sono una minaccia per l’Africa ma anche per gli stessi francesi. Tocca a noi africani liberarci, senza chiedere permesso, perché ancora non riesco a capire, per esempio, come possano 450 soldati francesi in Costa d’Avorio controllare una popolazione di 20 milioni di persone. La prima reazione della gente, subito dopo aver saputo della tassa coloniale francese, consiste in una domanda: “Fino a quando?”. Per paragone storico, la Francia ha costretto Haiti a pagare l’equivalente odierno di 21 miliardi di dollari dal 1804 al 1947 (quasi un secolo e mezzo) per le perdite subite dai commercianti di schiavi francesi dall’abolizione della schiavitù e la liberazione degli schiavi haitiani. I paesi africani stanno pagando la tassa coloniale solo negli ultimi 50 anni, perciò penso che manchi ancora un secolo di pagamenti! (Mawuna Remarque Koutonin, “Quattordici paesi africani costretti a pagare la tassa coloniale francese”, da “Africa News” dell’8 febbraio 2014. Giornalista ed esperto di marketing, Mawuna Remarque Koutonin è un collaboratore del “Guardian“). Preso da: http://www.libreidee.org/2018/08/francia-cannibale-si-mangia-lafrica-ecco-le-cifre-dellorrore/                   https://ift.tt/2QZfILy
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lamilanomagazine · 4 months
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Il Comune di Pesaro aderisce alla Giornata Nazionale delle vittime civili delle guerre e dei conflitti nel mondo
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Il Comune di Pesaro aderisce alla Giornata Nazionale delle vittime civili delle guerre e dei conflitti nel mondo Il Comune di Pesaro aderisce alla Giornata Nazionale delle vittime civili delle guerre e dei conflitti nel mondo che si celebra il 1° febbraio di ogni anno per conservare la memoria dei conflitti del passato e per attirare l’attenzionale sul dramma che vivono i civili di tutto il mondo coinvolti in guerre e conflitti armati. La Giornata di quest’anno assume un particolare significato a causa del drammatico contesto internazionale: nell'ultimo anno sono state oltre 33.000* le vittime civili coinvolte nei 31* conflitti in corso nel mondo. Un numero di vittime che non era così elevato dal 2010, fortemente condizionato dal protrarsi del conflitto russo-ucraino e dalla recrudescenza del conflitto israelo-palestinese. «Non dobbiamo dimenticare che i conflitti di ieri e di oggi, portino con sé atrocità sui civili. La storia si può ripetere in modo diverso, abbiamo il dovere di diffondere e far prevalere la cultura della pace, uguaglianza e libertà», così il sindaco di Pesaro Matteo Ricci e il presidente del Consiglio comunale Marco Perugini. Abbiamo raccolto, pertanto, con convinzione l’invito dell’Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra (ANVCG) e dell’Associazione Nazionale Comuni italiani (ANCI) ad aderire alla campagna “Stop alle bombe sui civili”, illuminando di blu nella serata del 1° febbraio i luoghi simbolo della città, come via San Francesco e la fontana di piazzale Matteotti, come appello alla collettività e alla comunità internazionale affinché le Convenzioni, i Trattati e le Dichiarazioni internazionali, che già esistono per la protezione dei civili, vengano estesi, attuati e rispettati. «Segni che speriamo possano richiamare l’attenzione dei cittadini sui messaggi di questa Giornata: ricordare il sacrificio della popolazione durante le guerre mondiali; sensibilizzare la comunità sull’impatto dei conflitti attuali sui civili», hanno concluso. La Convenzione di Ginevra e i protocolli aggiuntivi, il Trattato di Ottawa sulla messa al bando delle mine antiuomo, la Convenzione Onu sulle bombe a grappolo, la Convenzione delle Nazioni Unite sulle armi convenzionali, la Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità, solo per citare le principali. Invitiamo tutti i cittadini ad approfondire il tema della Giornata e più in generale delle vittime civili di guerra attraverso il sito e i canali social dell’Associazione. Nella foto, insieme al sindaco Ricci, il presidente dell’Anvcg di Pesaro e Urbino Davide Venturi, la dott.ssa Simona Cicioni referente nazionale scuola ANVCG, Elvino Del Bene consigliere provinciale e Rosalba Cenciarini cons. Provinciale. *dato Action on Armed violence *dato Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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becomixdatabase · 5 years
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[Alien³ di William Gibson – Cos'è accaduto](https://blog.becomix.me/alien-di-william-gibson/ "https://blog.becomix.me/alien-di-william-gibson/")
Dal “development hell”del film all’adattamento di Johnnie Christmas – Di Francesco Iesu
La gestazione del terzo capitolo del franchise di Alien è stata lunga e tormentata. Tutto comincia nel 1987 quando i produttori Gordon Carroll, David Giller e Walter Hill contattano lo scrittore cyberpunk William Gibson per la stesura della sceneggiatura del film basato sulla bozza da loro ideata. L’autore di Neuromante accetta l’offerta e dichiara loro l’influenza che il primo film della saga ha avuto sul suo immaginario. A causa dello sciopero degli sceneggiatori indetto per il 1988 (a cui aderirono sia la Writers Guild of America dell’East e del West contro le leggi in vigore sul pagamento di una quota per le produzioni televisive nei paesi stranieri), i produttori chiedono il completamento dello script entro il dicembre del 1987. Lo script non ottiene l’approvazione dei produttori, tanto che Gibson cambia drasticamente l’atmosfera generale del racconto senza però ottenere un parere positivo.
Stessa sorte subirono le diverse sceneggiature successive fino a arrivare a quella scritta da David Giller, Larry Ferguson e Walter Hill. Quest’ultima mischia elementi della sceneggiatura di Ward insieme al set della prigione coloniale della sceneggiatura di Twohy (sebbene quest’ultimo non appaia nei credits). Da segnalare come la sceneggiatura di David Twohy non presentava Ellen Ripley e al contempo gli studios avevano ingaggiato Vincent Ward e John Fasano per crearne una con Ripley all’interno. Come Twohy ha scoperto questo da un giornalista, sentendosi tradito, abbandonò il progetto. Inoltre David Fincher modifica parte delle sceneggiature con Rex Pickett. Quest’ultimo viene licenziato in tronco dato che le sue modifiche si discostavano troppo dalle idee dei produttori, i quali avevano anche steso la sceneggiatura considerata da loro definitiva.
In definitiva per ottenere la sceneggiatura finale si alternarono dieci scrittori e la Fox spese 13 milioni di dollari solo per la scrittura del film senza avere alcuna scena girata.
Questa situazione caotica ha avuto effetti nel lavoro finale: il ruolo di controllo della Fox e le modifiche in post-produzione portarono a quello che viene definito come il primo tonfo nell’acqua della saga e che sarà seguito dal pessimo Alien Resurrection. Nel 2018 la Dark Horse pubblica l’adattamento eseguito da Johnnie Christmas (Firebug) della seconda sceneggiatura di Gibson. La storia è totalmente diversa rispetto a quella del film omonimo che ha raggiunto le sale, a cominciare dai protagonisti. Ci si concentrò su Hicks, Bishop e Newt. La scelta di Gibson è dipesa semplicemente dal fatto che Sigourney Weaver al momento della stesura (1987) non poteva partecipare alle riprese.
La stessa Weaver nel 1992 modificherà il finale del film, consigliando ai produttori di eliminare Ellen Ripley, dato che non aveva più intenzione di riprendere in mano il personaggio e non vincolare la carriera a questo ruolo. Come i fan della saga sanno, la Weaver nel 1997 cambierà idea e tornerà in Alien Resurrection nel ruolo del clone della Ripley.
(Commento foto locandina italiana) Già dalla locandina si può intuire la centralità della Ripley nella pellicola.
La trama segue la USS Sulaco dopo gli eventi di Aliens. L’astronave passa, per errore, all’interno del territorio dello stato socialista U.P.P. (non troppo velatamente basato sul paese dei sovieti). Viene così inviata una navetta d’ispezione che trova Ripley, Newt, Hicks nelle camere per l’Ipersonno. Bishop si trova diviso a metà, con il solo busto nella camera criogenica. Proprio nel torso sta crescendo un uovo di Alien, che al momento dell’apertura della sua camera aggredisce Kurtz, uno degli ispettori, con il facehugger. Gli altri due portano con sé Bishop sulla stazione Rodina per indagare lasciando il terzo al suo destino. La Sulaco viene analizzata dal personale del cluster del punto di ancoraggio della Weylan Yutani Corp, dove si cerca di scoprire cosa è accaduto al gruppo in Ipersonno.
Da qui l’azione si dividerà nelle due fazioni spaziali, da una parte quella sotto il comando corporazionista/capitalista dall’altra la socialista creando così un’allegoria della guerra fredda con tanto di escalation del clima di dubbio sulle reali intenzioni delle due compagini a riguardo l’uso dei xenomorfi. Entrambi cercando di sapere il più possibile sui xenomorfi nel tentativo di usarli come arma in previsione di un attacco nei confronti dell’altro, non rendendosi conto delle minacce intrinseche di queste armi.
Gibson non usa solamente gli xenomorfi come allegoria della guerra fredda, come diviene esplicito nel discorso finale di Bishop. Tramite gli esperimenti eseguiti a bordo del cluster d’ancoraggio si mostra come il meccanismo di manipolazione e replicazione in vitro di Alien similare a quello dell’Aids, basti pensare a come il DNA Xenomorfo riesca in poco tempo ad unirsi e annichilire quello umano, eseguendo in maniera esponenziale il meccanismo dei Retrovirus. Considerando come una delle vie di contagio è lo scambio di liquidi, il paragone diventa sempre più evidente. Oltre a questa via, viene aggiunta la diffusione tramite spore creando una componente di tensione aggiuntiva che rimanda a La Cosa di John Carpenter, basata sul non sapere chi è stato contagiato e chi meno, creando dubbi tra i superstiti anche dopo la sopravvivenza dopo l’incontro con lo xenomorfo. Dopo 30 anni, in Alien: Covenant, viene ripresa questa via di riproduzione per la creatura del Neomorfo.
Nello script gli xenomorfi vengono descritti come più, veloci, grossi e feroci rispetto a quelli dei precedenti film, capaci di riprodursi celermente a seguito dei processi di clonaggio e di modificazione genetica attuati dall’U.P.O. e dal tema sull’Anchorpoint (concetto che verrà ripreso in Alien Resurrection). Inoltre Gibson aggiunge l’idea che gli xenomorfi si replichino anche tramite altri animali, come i lemuri e in seguito anche tramite la vegetazione. Dal punto di vista grafico, vengono distinti gli xenomorfi a seconda che provengano dalla via riproduttiva vista nei precedenti film o che siano il frutto del contagio tramite spora. Essi stessi si affronteranno in un breve scontro sul finire della storia.
Il finale è chiaramente un preambolo ad un quarto film di Alien e riesce a completare una visione critica nei confronti dei due blocchi (americano e russo) che con la loro rincorsa bellica non hanno fatto altro che creare una minaccia per la sopravvivenza del mondo intero. La minaccia esterna degli Alien può divenire il collante che unisce i popoli. Questo concetto ai lettori più scafati ricorda il piano di Ozymandias in _Watchmen_dove è proprio l’attacco di un terzo a far cessare temporaneamente le guerre e gli scontri nel pianeta.
L’approccio di Gibson in questa secondo draft si riavvicina all’atmosfera dell’Alien di Ridley Scott, claustrofobico e orientato all’introspezione, rispetto alla prima stesura che era molto più orientato all’azione e vicino all’Aliens di James Cameron. Lo script di Gibson è l’unico tra quelli prodotti (contando anche quello del film finale) che cerca di spiegare come sia possibile vi siano ancora Xenomorfi dopo ciò che è successo in Aliens. Un altro particolare che si ricollega al film finale è che Gibson continua ad usare i personaggi di Aliens a differenza di quello che deciderà di fare la produzione. James Cameron dichiarerà come l’assenza dei personaggi del secondo film nel terzo sia stato uno schiaffo in faccia ai fan di Aliens.
In conclusione la storia è un affascinante sliding door su come si sarebbe potuta evolvere la serie, con aggiunte poi riprese negli anni a venire, mentre le trascrizioni delle sceneggiature diventavano oggetti di culto per i fan degli xenomorfi soprattutto la seconda che era difficile da rintracciare su internet rispetto alla prima. La storia si può trovare in edicola e fumetteria nei numeri 30, 31 e 32 del mensile Aliens edito da Saldapress.
Articolo di Francesco Iesu
L'originale è stato pubblicato su [https://blog.becomix.me/alien-di-william-gibson/](https://blog.becomix.me/alien-di-william-gibson/ "Permalink")
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becomixdatabase · 5 years
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[Alien³ di William Gibson – Cos'è accaduto](https://blog.becomix.me/alien-di-william-gibson/ "https://blog.becomix.me/alien-di-william-gibson/")
Dal “development hell”del film all’adattamento di Johnnie Christmas – Di Francesco Iesu
La gestazione del terzo capitolo del franchise di Alien è stata lunga e tormentata. Tutto comincia nel 1987 quando i produttori Gordon Carroll, David Giller e Walter Hill contattano lo scrittore cyberpunk William Gibson per la stesura della sceneggiatura del film basato sulla bozza da loro ideata. L’autore di Neuromante accetta l’offerta e dichiara loro l’influenza che il primo film della saga ha avuto sul suo immaginario. A causa dello sciopero degli sceneggiatori indetto per il 1988 (a cui aderirono sia la Writers Guild of America dell’East e del West contro le leggi in vigore sul pagamento di una quota per le produzioni televisive nei paesi stranieri), i produttori chiedono il completamento dello script entro il dicembre del 1987. Lo script non ottiene l’approvazione dei produttori, tanto che Gibson cambia drasticamente l’atmosfera generale del racconto senza però ottenere un parere positivo.
Stessa sorte subirono le diverse sceneggiature successive fino a arrivare a quella scritta da David Giller, Larry Ferguson e Walter Hill. Quest’ultima mischia elementi della sceneggiatura di Ward insieme al set della prigione coloniale della sceneggiatura di Twohy (sebbene quest’ultimo non appaia nei credits). Da segnalare come la sceneggiatura di David Twohy non presentava Ellen Ripley e al contempo gli studios avevano ingaggiato Vincent Ward e John Fasano per crearne una con Ripley all’interno. Come Twohy ha scoperto questo da un giornalista, sentendosi tradito, abbandonò il progetto. Inoltre David Fincher modifica parte delle sceneggiature con Rex Pickett. Quest’ultimo viene licenziato in tronco dato che le sue modifiche si discostavano troppo dalle idee dei produttori, i quali avevano anche steso la sceneggiatura considerata da loro definitiva.
In definitiva per ottenere la sceneggiatura finale si alternarono dieci scrittori e la Fox spese 13 milioni di dollari solo per la scrittura del film senza avere alcuna scena girata.
Questa situazione caotica ha avuto effetti nel lavoro finale: il ruolo di controllo della Fox e le modifiche in post-produzione portarono a quello che viene definito come il primo tonfo nell’acqua della saga e che sarà seguito dal pessimo Alien Resurrection. Nel 2018 la Dark Horse pubblica l’adattamento eseguito da Johnnie Christmas (Firebug) della seconda sceneggiatura di Gibson. La storia è totalmente diversa rispetto a quella del film omonimo che ha raggiunto le sale, a cominciare dai protagonisti. Ci si concentrò su Hicks, Bishop e Newt. La scelta di Gibson è dipesa semplicemente dal fatto che Sigourney Weaver al momento della stesura (1987) non poteva partecipare alle riprese.
La stessa Weaver nel 1992 modificherà il finale del film, consigliando ai produttori di eliminare Ellen Ripley, dato che non aveva più intenzione di riprendere in mano il personaggio e non vincolare la carriera a questo ruolo. Come i fan della saga sanno, la Weaver nel 1997 cambierà idea e tornerà in Alien Resurrection nel ruolo del clone della Ripley.
(Commento foto locandina italiana) Già dalla locandina si può intuire la centralità della Ripley nella pellicola.
La trama segue la USS Sulaco dopo gli eventi di Aliens. L’astronave passa, per errore, all’interno del territorio dello stato socialista U.P.P. (non troppo velatamente basato sul paese dei sovieti). Viene così inviata una navetta d’ispezione che trova Ripley, Newt, Hicks nelle camere per l’Ipersonno. Bishop si trova diviso a metà, con il solo busto nella camera criogenica. Proprio nel torso sta crescendo un uovo di Alien, che al momento dell’apertura della sua camera aggredisce Kurtz, uno degli ispettori, con il facehugger. Gli altri due portano con sé Bishop sulla stazione Rodina per indagare lasciando il terzo al suo destino. La Sulaco viene analizzata dal personale del cluster del punto di ancoraggio della Weylan Yutani Corp, dove si cerca di scoprire cosa è accaduto al gruppo in Ipersonno.
Da qui l’azione si dividerà nelle due fazioni spaziali, da una parte quella sotto il comando corporazionista/capitalista dall’altra la socialista creando così un’allegoria della guerra fredda con tanto di escalation del clima di dubbio sulle reali intenzioni delle due compagini a riguardo l’uso dei xenomorfi. Entrambi cercando di sapere il più possibile sui xenomorfi nel tentativo di usarli come arma in previsione di un attacco nei confronti dell’altro, non rendendosi conto delle minacce intrinseche di queste armi.
Gibson non usa solamente gli xenomorfi come allegoria della guerra fredda, come diviene esplicito nel discorso finale di Bishop. Tramite gli esperimenti eseguiti a bordo del cluster d’ancoraggio si mostra come il meccanismo di manipolazione e replicazione in vitro di Alien similare a quello dell’Aids, basti pensare a come il DNA Xenomorfo riesca in poco tempo ad unirsi e annichilire quello umano, eseguendo in maniera esponenziale il meccanismo dei Retrovirus. Considerando come una delle vie di contagio è lo scambio di liquidi, il paragone diventa sempre più evidente. Oltre a questa via, viene aggiunta la diffusione tramite spore creando una componente di tensione aggiuntiva che rimanda a La Cosa di John Carpenter, basata sul non sapere chi è stato contagiato e chi meno, creando dubbi tra i superstiti anche dopo la sopravvivenza dopo l’incontro con lo xenomorfo. Dopo 30 anni, in Alien: Covenant, viene ripresa questa via di riproduzione per la creatura del Neomorfo.
Nello script gli xenomorfi vengono descritti come più, veloci, grossi e feroci rispetto a quelli dei precedenti film, capaci di riprodursi celermente a seguito dei processi di clonaggio e di modificazione genetica attuati dall’U.P.O. e dal tema sull’Anchorpoint (concetto che verrà ripreso in Alien Resurrection). Inoltre Gibson aggiunge l’idea che gli xenomorfi si replichino anche tramite altri animali, come i lemuri e in seguito anche tramite la vegetazione. Dal punto di vista grafico, vengono distinti gli xenomorfi a seconda che provengano dalla via riproduttiva vista nei precedenti film o che siano il frutto del contagio tramite spora. Essi stessi si affronteranno in un breve scontro sul finire della storia.
Il finale è chiaramente un preambolo ad un quarto film di Alien e riesce a completare una visione critica nei confronti dei due blocchi (americano e russo) che con la loro rincorsa bellica non hanno fatto altro che creare una minaccia per la sopravvivenza del mondo intero. La minaccia esterna degli Alien può divenire il collante che unisce i popoli. Questo concetto ai lettori più scafati ricorda il piano di Ozymandias in _Watchmen_dove è proprio l’attacco di un terzo a far cessare temporaneamente le guerre e gli scontri nel pianeta.
L’approccio di Gibson in questa secondo draft si riavvicina all’atmosfera dell’Alien di Ridley Scott, claustrofobico e orientato all’introspezione, rispetto alla prima stesura che era molto più orientato all’azione e vicino all’Aliens di James Cameron. Lo script di Gibson è l’unico tra quelli prodotti (contando anche quello del film finale) che cerca di spiegare come sia possibile vi siano ancora Xenomorfi dopo ciò che è successo in Aliens. Un altro particolare che si ricollega al film finale è che Gibson continua ad usare i personaggi di Aliens a differenza di quello che deciderà di fare la produzione. James Cameron dichiarerà come l’assenza dei personaggi del secondo film nel terzo sia stato uno schiaffo in faccia ai fan di Aliens.
In conclusione la storia è un affascinante sliding door su come si sarebbe potuta evolvere la serie, con aggiunte poi riprese negli anni a venire, mentre le trascrizioni delle sceneggiature diventavano oggetti di culto per i fan degli xenomorfi soprattutto la seconda che era difficile da rintracciare su internet rispetto alla prima. La storia si può trovare in edicola e fumetteria nei numeri 30, 31 e 32 del mensile Aliens edito da Saldapress.
Articolo di Francesco Iesu
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