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#Extrasolary
hraeth-ethile · 4 months
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Ponos is an extrasolar pulsar world in the constellation Ursa Minor known for its unusual qualities. It is the only world that its star, the pulsar Thanatos, has not destroyed with its extremely intense rotations. This is, in large part, due to Ponos' having atmospheric conditions strong enough to resist the blasts of immense heat and radiation that nearby Thanatos strikes it with. These atmospheric conditions are not found on any other exoplanet, and for the protective layer on the distant world Ponos to be powerful enough to resist total annihilation, it would need to have a reflective power equal to or greater than the gravity well on Jupiter.
Named for the Hellenic god of hardship and strife, Ponos witnesses an apocalypse every five days when the 'lighthouse effect' of Thanatos strikes the world with supermassive doses of neutron radiation. The planet's many fields of snow and ice turn red, melt, boil, then freeze again, only to become seas of radioactive water again five days later. These seas crash into the mountains and desolate landscapes, tearing apart rock and stone, and turning the aeries and cracked causeways into rapidly-freezing fjords.
What isn't demolished by gigantic tidal waves of superhot or brutally freezing radioactive water is eventually blasted away by the most powerful atmospheric storms ever recorded in the visible galaxy. The storm currents produce bolts of electricity powerful enough to cause shockwaves that, if they happened on Earth, would rupture the ear drums of everyone alive. One, single bolt from Ponos is equal to 1.9 trillion Earth lightning bolts. These shockwaves pass through and over each other as they circumnavigate the entire planet of Ponos eighteen times before finally fully dissipating.
"All-in-all," says cheetah Harvard physicist Dr. Felix Rathbone, "a most unpleasant place."
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darsispazio · 11 months
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Dei mondi da vivere
Segni di formazione di lontanissime lune, visti per la prima volta, ci fanno riflettere su tutti i "lavori in corso" (conosciuti e non) che fibrillano nel nostro cosmo...
Non è tanto l’esteso disco intorno alla stella PDS 70 a suscitare l’attenzione degli esperti. Per quanto, certo, sia degno di grande interesse. E nemmeno, a pensarci bene, il pianetino che si trova entro l’anello, nella parte destra, appena dentro il disco. PDS 70, il disco, il pianeta e… le future lune!Crediti: ALMA (ESO/NAOJ/NRAO); M. Benisty et al. Nossignori. C’è dall’altro, in questa…
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newsnoshonline · 3 months
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Il telescopio spaziale Gaia aiuta gli astronomi a fotografare oggetti nascosti attorno a stelle luminose Scoperte inaspettate grazie al telescopio spaziale Gaia Il telescopio spaziale Gaia ha permesso agli astronomi di rilevare otto oggetti deboli che circondano stelle luminose nel suo catalogo di dati, inclusi le misteriose “nane brune”. Individuare compagni stellari con GRAVITY Le stelle e i loro compagni sono stati segnalati tra milioni di stelle nel catalogo di Gaia come ideali per ulteriori studi con lo strumento GRAVITY a terra, consentendo osservazioni dirette di pianeti extrasolari e altri oggetti. Variegata compagnia stellare Grazie a GRAVITY, sono stati individuati segnali luminosi provenienti dalle compagne di sette stelle mai identificate prima, tra cui tre stelle
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levysoft · 7 months
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Alla fine dell’anno scorso, gli astronomi hanno scoperto un affascinante sistema stellare a soli 100 anni luce da noi. I suoi sei pianeti sub-Nettuno ruotano molto vicini alla loro stella ospite in orbite matematicamente perfette, suscitando l'interesse degli scienziati alla ricerca di tecnologia aliena, o tecnofirme, che secondo loro offrirebbe prove convincenti di vita avanzata oltre la Terra .
Per essere chiari, nessuna prova del genere è stata trovata nel sistema, soprannominato HD 110067. Tuttavia, i ricercatori affermano di non aver ancora finito di cercare. HD 11067 rimane un obiettivo interessante per osservazioni simili in futuro.
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Nella nostra piccola tasca del cosmo, le onde radio dei satelliti e dei telescopi si irradiano nel piano del nostro sistema solare , il che significa che se qualcuno al di fuori del nostro sistema solare guardasse la Terra attraversare la faccia del nostro sole, forse sarebbe in grado di scegliere un segnale che coincide con il transito del pianeta.
HD 110067 è visto di profilo dalla Terra, quindi stiamo vedendo i sei pianeti nel piano del loro sistema - una vista che ci dà un'eccellente possibilità di captare un segnale del genere se ne esiste uno, studia il coautore Steve Croft, un ha detto a Space.com un radioastronomo che lavora con il programma Breakthrough Listen per la ricerca della vita presso l’Università della California, Berkeley.
"La nostra tecnologia nel nostro sistema solare si è diffusa al di fuori della zona abitabile ", ha detto Croft a Space.com. Quindi la civiltà favorevole alla tecnologia in HD 110067, se esiste, potrebbe avere relè di comunicazione installati su più pianeti nel sistema, ha detto. "Anche se è un risultato negativo, questo ci dice comunque qualcosa."
Quando fu annunciata la scoperta di HD 110067, Croft e il suo team utilizzarono il più grande telescopio completamente orientabile del mondo, il Green Bank Telescope ( GBT ) nel West Virginia, e cercarono nel sistema segni di tecnologia aliena. I ricercatori hanno cercato segnali che fossero continuamente presenti quando il telescopio era puntato verso il sistema e assenti quando era diretto altrove, la pistola fumante delle tecnofirme locali di HD 110067.
Ma tali segnali sono difficili da distinguere dalle fonti naturali di onde radio e dai segnali tecnologici propri dell’umanità, come le onde radio trasmesse dai telefoni cellulari connessi al Wi-Fi, la rete satellitare Starlink di SpaceX nell’orbita terrestre bassa . Questo crea un pagliaio di segnali in cui i ricercatori cercano un ago di un potenziale segnale extraterrestre, ha detto Croft.
"Devo aggiungere che non sappiamo se ci sono aghi nel pagliaio", ha detto. "Non sappiamo davvero che aspetto abbiano gli aghi."
Nonostante questa mancanza di conoscenza sufficiente di come sia la tecnologia aliena, il team ha utilizzato alcune tecniche per garantire che il segnale rilevato non sia un’interferenza locale. Ad esempio, se si costruisse un trasmettitore nella speranza che qualcun altro lo captasse, quel trasmettitore pomperebbe molta energia in una gamma ristretta di frequenze. I fenomeni astrofisici naturali, al contrario, irradiano onde radio su una gamma molto più ampia.
I segnali provenienti da un tale trasmettitore posizionato su un pianeta che ruota attorno a una stella straniera si sposterebbero nel tempo se osservati dalla Terra, "come quando un'ambulanza ti passa accanto, il suono cambia da molto alto a molto basso", dice l'autore principale dello studio. Carmen Choza , assistente ricercatrice presso il Search for Extraterrestrial Intelligence (SETI) Institute in California, ha detto a Space.com.
La ricerca alla fine non ha rilevato un segnale tecnologico, tuttavia i risultati non eliminano l’esistenza di tecnofirme in HD 110067, ha detto Croft, ma piuttosto ci dicono che nessun segnale è stato trasmesso nella nostra direzione al momento delle osservazioni.
Nel frattempo, il team di scoperta sta perfezionando i raggi dei sei pianeti rilevati utilizzando il telescopio spaziale CHEOPS dell'Agenzia spaziale europea e le masse dei pianeti utilizzando gli strumenti HARPS-N e CARMENES in Spagna, ha detto a Space Rafael Luque dell'Università di Chicago. com.
Dati accurati sulle dimensioni e sulle masse dei pianeti farebbero più luce sulla composizione chimica del sistema. Usando queste informazioni, potrebbe essere possibile effettuare una sorta di "reverse engineering" sull'evoluzione del sistema e dei suoi pianeti per apprendere i loro meccanismi di formazione, come aveva condiviso il team alla fine dell'anno scorso.
Gli scienziati hanno a lungo cercato la vita al di fuori del nostro sistema solare nella speranza di scoprire il nostro posto nell'universo , cercando di rispondere a una domanda su cui si riflette da migliaia di anni: "Siamo soli?"
"A volte le persone mi chiedono: 'quali sono le tue possibilità di successo nei prossimi 10 anni?'", Ha detto Croft. "La mia risposta è:" beh, non lo so, ma sono migliori di quanto lo fossero negli ultimi 10 anni perché le nostre ricerche stanno diventando sempre più potenti " .
Croft ha fatto eco alle parole della pioniera del SETI Jill Tarter: "Ci riserviamo il diritto di diventare più intelligenti".
Questa ricerca è descritta in un articolo pubblicato il mese scorso sulla rivista Research Notes dell'AAS.
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scienza-magia · 8 months
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Macchina del tempo nel passato, presente e futuro del cosmo
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La mostra Macchine del tempo: l'astrofisica spiegata dall'Inaf. Fino al 24 marzo a Roma a Palazzo Esposizioni il percorso divulgativo curato dall'Istituto Nazionale di Astrofisica per far scoprire al grande pubblico il passato e il futuro del cosmo. Le nuove frontiere dell’astronomia sono svelate in una mostra, curata dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) e intitolata “Macchine del tempo - Time machine", in scena a Roma a Palazzo Esposizioni fino al 24 marzo. Il percorso espositivo vuole essere “immersivo” e adatto a tutti, unendo divulgazione scientifica, gioco e costume e società, con richiami espliciti agli anni ’80. In pratica, il percorso divulgativo ha come obiettivo il far conoscere l’astrofisica e il coinvolgimento di Inaf – e quindi dell’Italia - nelle grandi scoperte recenti, dalle onde gravitazionali ai buchi neri, passando per le migliaia di pianeti extrasolari che oggi conosciamo. Un itinerario possibile solo grazie alle avveniristiche “macchine del tempo” create dall’uomo, come ad esempio i nuovi e imponenti osservatori, i sistemi di telescopi e satelliti artificiali che scandagliano il cosmo, dai luoghi più remoti del pianeta e dallo spazio.
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La mostra dell'Inaf a Roma, a Palazzo Esposizioni - Inaf, foto Paolo Soletta “La mostra è rivolta a tutti i curiosi e agli appassionati dell'esplorazione dell'Universo. Un viaggio attraverso la meraviglia e la complessità del Cosmo”, spiega il presidente di Inaf Marco Tavani. “Noi siamo convinti che la scienza sia cultura. Con questa mostra intendiamo dare l’opportunità a tutti, senza che si abbia una particolare preparazione in fisica o astrofisica, di fruire di contenuti scientifici in modo ludico e piacevole – aggiunge la curatrice Caterina Boccato -. Il nostro obiettivo non è solo fare pura diffusione scientifica, bensì di portare al cittadino un approfondimento culturale unico e accattivante”. “Sono particolarmente lieto che un progetto così prestigioso sia allestito a Palazzo Esposizioni Roma – afferma il presidente di Azienda Speciale Palaexpo Marco Delogu -. Macchine del Tempo, concepita e realizzata grazie alla proficua collaborazione con Inaf, prosegue la grande tradizione di mostre scientifiche e divulgative già ospitate con successo e rivolte a un vasto pubblico grazie all’utilizzo di un linguaggio moderno, accessibile e inclusivo”.
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Macchine del Tempo, una mostra Inaf spiega l'astrofisica - Inaf, foto di Paolo Soletta Il percorso espositivo si snoda su tre sale. Si parte da un cielo stellato, con l'invito a ripetere l'esperienza che Galileo fece oltre 400 anni fa, puntando verso il firmamento un “occhio potenziato”, il cannocchiale. Da qui inizia un viaggio attraverso i pianeti del nostro sistema solare per poi passare agli esopianeti, a stelle lontane, a galassie e ammassi di galassie. Così i visitatori intraprendono un vero e proprio “viaggio nel tempo” il cui tema centrale è la luce che con la sua velocità non ci permette di vedere il presente bensì il passato. Grazie alla luce è possibile viaggiare nel tempo guardando il cielo. Da segnalare anche uno degli incontri previsti nella mostra: giovedì 8 febbraio alle ore 18 e 30, sarà ospite Marica Branchesi, Gran Sasso Science Institute (GSSI), e Viviana Fafone, Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), per una conferenza dal titolo “Otto anni di onde gravitazionali - l’astronomia multimessagera, da LIGO-VIRGO all'Einstein Telescope”. “Macchine del tempo”, inaugurata a Roma la mostra dell’Inaf Read the full article
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gaetaniu · 9 months
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Secondo gli astronomi è improbabile che Kepler-1625b e Kepler-1708b siano orbitati da grandi esolune
Un’illustrazione artistica del gigante gassoso Kepler 1625b con la sua grande luna, Kepler 1625b-i; la coppia ha un rapporto di massa e raggio simile al sistema Terra-Luna, ma ingrandito di un fattore 11. Ci sono più di 200 lune nel nostro Sistema Solare, ma le loro dimensioni relativamente piccole rendono le lune extrasolari di dimensioni simili (esolune) molto difficili da rilevare con gli…
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personal-reporter · 10 months
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Il telescopio spaziale James Webb inizia a inviare le prime immagini
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Il telescopio spaziale James Webb, il più potente telescopio spaziale mai costruito, ha iniziato a inviare le sue prime immagini. Le immagini, che sono state pubblicate il 12 luglio 2022, hanno rivoluzionato la nostra comprensione dell'universo. Un'eredità di oltre 30 anni La storia del telescopio Webb inizia negli anni '80, quando la NASA ha iniziato a pianificare un nuovo telescopio spaziale che avrebbe sostituito il telescopio spaziale Hubble. Il progetto è stato ritardato a causa di problemi tecnici e finanziari, ma è stato finalmente lanciato nel dicembre 2021. Il telescopio Webb è un progetto internazionale a cui hanno partecipato la NASA, l'ESA e l'Agenzia Spaziale Canadese. Il telescopio è stato costruito da un team di ingegneri e scienziati di tutto il mondo. Un telescopio rivoluzionario Il telescopio Webb è un telescopio a raggi infrarossi, che gli consente di vedere oggetti che sono troppo deboli o troppo lontani per essere visti dai telescopi a luce visibile. Il telescopio ha uno specchio primario di 6,5 metri di diametro, che è il più grande specchio mai lanciato nello spazio. Le immagini del telescopio Webb hanno mostrato la bellezza e la complessità dell'universo in un modo che non era mai stato possibile prima. Le immagini hanno rivelato dettagli nuovi e sorprendenti su galassie, stelle e pianeti. Implicazioni scientifiche Le immagini del telescopio Webb hanno importanti implicazioni scientifiche. Ad esempio, l'immagine di SMACS 0723 ha permesso agli scienziati di osservare le galassie più distanti mai osservate, che risalgono a circa 13,6 miliardi di anni fa, poco dopo il Big Bang. Questa scoperta ha fornito nuove informazioni sulla formazione dell'universo e sulla sua evoluzione. L'immagine di WASP-96 b ha permesso agli scienziati di osservare la luce della stella che attraversa l'atmosfera del pianeta, rivelando la presenza di vapore acqueo e altre molecole. Questa scoperta ha fornito nuove informazioni sull'atmosfera dei pianeti extrasolari, e potrebbe indicare la presenza di vita su altri pianeti. Le immagini delle altre nebulose hanno fornito nuove informazioni sulla formazione e l'evoluzione delle stelle e delle galassie. Queste immagini hanno mostrato la bellezza e la complessità dell'universo, e hanno contribuito a migliorare la nostra comprensione del mondo che ci circonda. Implicazioni per l'esplorazione spaziale Le immagini del telescopio Webb hanno anche implicazioni importanti per l'esplorazione spaziale. L'immagine di SMACS 0723 ha mostrato che il telescopio Webb è in grado di osservare oggetti estremamente distanti, il che significa che potrebbe essere utilizzato per studiare l'universo primordiale. L'immagine di WASP-96 b ha mostrato che il telescopio Webb è in grado di rilevare molecole nell'atmosfera di pianeti extrasolari, il che significa che potrebbe essere utilizzato per cercare segni di vita su altri pianeti. Le immagini delle altre nebulose hanno mostrato che il telescopio Webb è in grado di osservare oggetti in dettaglio, il che significa che potrebbe essere utilizzato per studiare la formazione e l'evoluzione delle stelle e delle galassie. Un'eredità che durerà per secoli Le immagini del telescopio Webb sono un punto di svolta nella nostra comprensione dell'universo. Queste immagini hanno fornito nuove informazioni su come si è formato l'universo, se esiste vita su altri pianeti e come si sono formate le stelle e le galassie. Caratteristiche tecniche del telescopio Webb Il telescopio Webb è un telescopio a raggi infrarossi, che gli consente di vedere oggetti che sono troppo deboli o troppo lontani per essere visti dai telescopi a luce visibile. Il telescopio ha le seguenti caratteristiche tecniche principali: Specchio primario: lo specchio primario del telescopio Webb è composto da 18 segmenti di berillio, che sono stati ripiegati per adattarsi al razzo che li ha trasportati nello spazio. Una volta in orbita, i segmenti sono stati aperti e allineati con precisione millimetrica. Lo specchio primario ha un diametro di 6,5 metri, che è il più grande specchio mai lanciato nello spazio. Strumentazione: il telescopio Webb è dotato di quattro strumenti scientifici, che gli consentono di osservare l'universo in diverse lunghezze d'onda dei raggi infrarossi. Gli strumenti sono: NIRCam (Near-Infrared Camera): è un telescopio a raggi infrarossi vicino che è progettato per osservare oggetti deboli e distanti. NIRSpec (Near-Infrared Spectrograph): è uno spettrometro a raggi infrarossi vicino che è progettato per analizzare la composizione chimica e fisica degli oggetti celesti. MIRI (Mid-Infrared Instrument): è un telescopio a raggi infrarossi medi che è progettato per osservare oggetti freddi e distanti. NIRISS (Near-Infrared Imager and Slitless Spectrograph): è un telescopio a raggi infrarossi vicino e uno spettrometro slitless che è progettato per osservare oggetti deboli e distanti. Orbita: il telescopio Webb orbita intorno al Sole a un punto di Lagrange L2, che è un punto di equilibrio gravitazionale situato a circa 1,5 milioni di chilometri dalla Terra. Questa orbita consente al telescopio di rimanere sempre rivolto verso il Sole e la Terra, il che è necessario per proteggere i suoi strumenti sensibili dai raggi solari e dalla luce terrestre. Implicazioni a lungo termine delle scoperte del telescopio Webb Le scoperte del telescopio Webb hanno il potenziale di rivoluzionare la nostra comprensione dell'universo. Le immagini del telescopio Webb hanno già fornito nuove informazioni su come si è formato l'universo, se esiste vita su altri pianeti e come si sono formate le stelle e le galassie. Nel corso dei prossimi anni, il telescopio Webb continuerà a osservare l'universo, facendo nuove scoperte che potrebbero cambiare il modo in cui vediamo il mondo. Ecco alcuni esempi di possibili scoperte a lungo termine del telescopio Webb: Osservazioni di galassie primordiali: il telescopio Webb potrebbe osservare le galassie più distanti mai osservate, che risalgono a circa 13,6 miliardi di anni fa, poco dopo il Big Bang. Queste osservazioni potrebbero fornire nuove informazioni sulla formazione dell'universo e sulla sua evoluzione. Rilevamento di pianeti extrasolari abitabili: il telescopio Webb potrebbe rilevare vapore acqueo e altre molecole nell'atmosfera di pianeti extrasolari, che potrebbero essere un segno di vita. Studio della formazione e dell'evoluzione delle stelle e delle galassie: il telescopio Webb potrebbe studiare la formazione e l'evoluzione delle stelle e delle galassie in dettaglio, fornendo nuove informazioni su come si è evoluto l'universo. Le scoperte del telescopio Webb sono solo l'inizio di una nuova era nell'esplorazione dello spazio. Il telescopio Webb ha il potenziale di cambiare il nostro modo di vedere l'universo e di farci conoscere nuovi mondi e nuove forme di vita. Read the full article
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eugeniocaruso · 2 years
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CON IL WEBB DAL SISTEMA SOLARE AI CONFINI DELL'UNIVERSO http://www.impresaoggi.com/it2/2408-con_le_immagini_del_webb_ci_si_avvicina_allalba_delluniverso/ Webb ha scoperto il suo primo esopianeta e questo corpo celeste ha quasi le dimensioni della Terra. L'Agenzia Spaziale Europea ha appena reso noto la conferma della presenza di un pianeta extrasolare, un pianeta che orbita attorno a una stella diversa dal Sole. Il pianeta ha quasi esattamente le stesse dimensioni del nostro, con un clock pari al 99% del diametro terrestre, aggiunge l'Esa. Lo spettrografo nel vicino infrarosso (NirSpec) di Webb ha catturato il pianeta in modo semplice e chiaro con solo due osservazioni di transito. All'08 gennaio 2023 risultano conosciuti 5.300 pianeti extrasolari in 3.906 sistemi planetari diversi. Recentemente è stato scoperto a 100 anni luce di distanza un sosia della Terra intorno alla stella TOI 700, dove esiste un sistema planetario di almeno 4 pianeti. Il nuovo pianeta, denominato TOI 700e ha dimensioni simili alla Terra e si trova nella zona "abitabile", ossia a una distanza tale dalla sua stella da poter avere acqua liquida in superficie. https://www.instagram.com/p/Cnbtn3qDZho/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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davidlig75 · 2 years
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“Fin dall'antichità l'umanità si è posta la domanda sull'esistenza di altre vite: sin dai tempi di Epicuro, di Plutarco, di Lucrezio Caro. Oggi possiamo dire perlomeno che esistono pianeti extrasolari: la loro esistenza è una condizione necessaria. https://www.instagram.com/p/CmeE52Rs7L8/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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periferiagalattica · 8 years
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Va bene la presenza di acqua allo stato liquido, ma già senza commercialisti un pianeta è abbastanza abitabile.
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telodogratis · 2 years
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Via libera a Comet Interceptor: studierà le comete extrasolari
Via libera a Comet Interceptor: studierà le comete extrasolari
Iniziano i preparativi materiali dopo anni di studi. Il decollo è previsto per il 2029. All’ESA, l’agenzia spaziale europea, iniziano i lavori per studiare le comete extrasolari da vicino: la missione è stata battezzata Comet Interceptor, e avrà una gestazione piuttosto lunga – il decollo è previsto per il 2029. L’ESA si avvarrà della collaborazione della JAXA, l’agenzia spaziale giapponese.…
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romacristiana · 2 years
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Le firme degli oceani su mondi lontani
Le firme degli oceani su mondi lontani
NEGLI SPETTRI DI FLUSSO E POLARIZZAZIONE DEGLI ESOPIANETI TERRESTRI In base a uno studio che verrà presto pubblicato su Astronomy & Astrophysics, basato su simulazioni numeriche molto dettagliate, oceani di acqua liquida che bagnano la superficie di pianeti extrasolari simili alla Terra potrebbero essere rilevati studiando le proprietà di polarizzazione della luce delle stelle ospiti riflessa…
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levysoft · 3 years
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Un giorno non molto lontano potremo trovare firme biologiche aliene sugli esopianeti scoperti in 25 anni di ricerche. Superato lo scetticismo iniziale gli astronomi hanno confermato l’esistenza di  4.375 esopianeti in 3.247 sistemi solari diversi, mentre altri 5.856 candidati sono in attesa di conferma.
Presto gli astronomi potranno fare un ulteriore passo in avanti, passando dalla scoperta allo studio vero e proprio delle atmosfere esoplanetarie. Il processo verrà messo in atto non appena verranno resi disponibili nuovi e più potenti strumenti di osservazione.
Per questo motivo oggi gli astrobiologi cercano di capire quali firme biologichesi riferiscono a composti e processi chimici associati alla vita oltre a quelle note associate all’ossigeno, all’anidride carbonica, all’acqua e al metano.
Un nuovo studio effettuato da un team del Massachusetts Institute of Tecnology ha scoperto una ulteriore firma biologica, un idrocarburo chiamato isoprene (C5H8).
Lo studio si intitola:” Valutazione dell’isoprene come un possibile firma biologica negli esopianeti con atmosfere anossiche“, ed è stato accettato per la pubblicazione dalla rivista  Astrobiology. Il team del MIT ha esaminato il vasto elenco di possibili firme biologiche che gli astronomi cercheranno nei prossimi anni.
Fino ad ora, gran parte degli esopianeti è stata scoperta e confermata utilizzando metodi come il transito  (fotometria di transito) e il metodo della velocità radiale  (o spettroscopia Doppler), utilizzati da soli o in combinazione. Pochissimi esopianeti sono stati individuati direttamente e questo rende particolarmente complicato studiarne la superficie e l’atmosfera per tentare di rilevare firme biologiche.
Gli astronomi sono stati in grado raramente di ottenere spettri che hanno consentito di identificare la composizione dell’atmosfera di un esopianeta. Lo spettro si ottiene dalla luce filtrata dall’atmosfera mentre l’esopianeta transita davanti alla sua stella ospite, o nei rari casi in cui è possibile osservare direttamente l’esopianeta che riflette la luce proveniente dalla sua stella.
Purtroppo i nostri strumenti più avanzati non possiedono una risoluzione sufficiente che permetta agli astronomi di osservare pianeti simili alla Terra. Questo è un problema, perché astronomi e astrobiologi ritengono che i pianeti piccoli e rocciosi come il nostro siano i migliori candidati a mostrare firme biologiche..
Ma le cose cambieranno appena telescopi innovativi come il  James Webb Space Telescope  (JWST) verranno lanciati nello spazio. Il JWST sarà in grado di osservare l’universo  nel vicino e medio infrarosso con una sensibilità notevolmente migliorata rispetto ai telescopi attuali.
Il telescopio utilizzerà una serie di spettrografi per ottenere dati sulla composizione delle atmosfere esoplanetarie, e ricorrerà a coronografi per bloccare la luce delle stelle madri. La tecnologia consentirà agli astronomi di studiare le atmosfere di pianeti rocciosi simili alla Terra.
I dati permetteranno agli astronomi di imporre vincoli più stringenti all’abitabilità di un esopianeta e potrebbero persino portare alla rilevazione di firme biologiche note o potenzialmente emesse da forme di vita.
Le “firme biologiche” che verranno esaminate includono l’ossigeno (O2), fondamentale per la maggior parte delle forme di vita terrestri che viene prodotto da piante, alberi e cianobatteri attraverso la fotosintesi. Questi stessi organismi metabolizzano l’anidride carbonica (CO2) che la vita che metabolizza l’ossigeno emette come prodotto di scarto.
Altre sostanze imprescindibili alla vita come la conosciamo sono l’acqua /H2O) e il metano (CH4).
Nuove firme biologiche
Un pianeta è abitabile anche grazie all’attività vulcanica, e quindi anche i prodotti chimici associati al vulcanesimo come l’idrogeno solforato (H2S), l’anidride solforosa (SO2), il monossido di carbonio (CO) e l’idrogeno sotto forma gassosa (H2) sono ritenti firme biologiche. A questo elenco il team del MIT hanno aggiunto un’altra possibile firma biologica: l’isoprene.
L’isoprene è un idrocarburo organico prodotto come metabolita secondario da varie specie presenti sulla Terra. Oltre agli alberi decidui, l’isoprene è prodotto anche da organismi distanti sulla scala evolutiva, come batteri, piante e animali. Come spiega lo studio, questo ne fa una interessante firma biologica.
Sul nostro pianeta l’isoprene è abbondante quasi quanto il metano e viene distrutto dall’ossigeno e dai radicali contenenti ossigeno. Per questo motivo il team del MIT ha preso in considerazione sulle atmosfere anossiche, ambienti composti prevalentemente da H2, CO2 e azoto gassoso (N2), simili alla composizione dell’atmosfera primordiale della Terra.
Secondo le conclusioni dello studio, un pianeta primordiale (dove la vita sta cominciando a emergere), mostrerebbe nella sua atmosfera un’elevata presenza di isoprene. Questo sarebbe successo anche sul nostro pianeta tra i 4 e 2,5 miliardi di anni fa, quando gli organismi unicellulari erano l’unica vita presente e i cianobatteri fotosintetici stavano lentamente arricchendo l’atmosfera di ossigeno.
Infine, 2,5 miliardi di anni fa, il processo culminò nel “Grande evento di ossigenazione” che si dimostrò tossico per molti organismi.
Durante questo periodo iniziarono ad emergere forme di vita complessa. L’isoprene quindi potrebbe essere utilizzato per studiare gli esopianeti che si trovano nel mezzo di un evento di ossigenazione che getta le basi per la nascita di nuove forme di vita.
Entro il 2025 al JWST verrà affiancato il Telescopio Spaziale Roman Nancy Grace che prenderà il posto del Telescopio Spaziale Hubble, al lavoro dal 1990. Il Telescopio Nancy Grace potrà studiare più a fondo gli esopianetigrazie a nuovi filtri a infrarossi aggiornati e potrà collaborare sia con il JWST che con altri osservatori.
Sono allo studio anche altri telescopi che utilizzeranno nuovi e sofisticati spettrometri, coronografi e ottiche adattive (AO). Tra questi l’ Extreme large Telescope, il Giant Magellan Telescope e il Trinity Meter Telescope. Questi telescopi saranno in grado di condurre studi di imaging diretto di esopianeti.
Nei prossimi anni, quando gli astronomi inizieranno ad analizzare tutti i nuovi dati che avranno a disposizione sulle atmosfere dei pianeti extrasolari, avranno un elenco completo di firme biologiche che potranno dare molte risposte.
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scienza-magia · 11 months
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L'AI in aiuto per trovare forme di vita extraterrestri
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Alla ricerca di tecnofirme extraterrestri, intervista a Stefano Cavuoti dell'Inaf di Napoli. Recentemente è stato pubblicato un report che fa il punto sulla ricerca della vita intelligente nell’universo. In un’epoca di grandi progressi negli studi sugli esopianeti, comprese le ricerche di biomarcatori e la crescita esponenziale dei dati, è il momento giusto per rivisitare questa sfida utilizzando un nuovo approccio basato sui dati, in grado di minimizzare i pregiudizi antropocentrici e culturali esistenti.
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Copertina del report “Data-Driven Approaches to Searches for the Technosignatures of Advanced Civilizations Final” – Keck Institute for Space Studies Workshop, May 20–24, 2019. Crediti: Keck/Caltech Da millenni l’umanità si chiede se siamo soli nell’universo. La scoperta della vita extraterrestre, in particolare della vita intelligente, avrebbe effetti profondi, paragonabili a quelli raggiunti con la consapevolezza che la Terra non è il centro dell’universo e che gli esseri umani si sono evoluti da specie precedenti. La crescita nel campo della ricerca degli esopianeti è stata rapidissima. Da quel lontano 6 ottobre 1995, quando venne scoperto il primo esopianeta, oggi sono 5534 i pianeti extrasolari confermati, in 4125 sistemi planetari diversi. All’incirca nello stesso intervallo di tempo, l’astronomia è arrivata a dover gestire una quantità di dati impressionante, dell’ordine del petabyte. Recentemente è stato pubblicato uno studio guidato dal WM Keck Institute for Space Studies che ha lo scopo di rivisitare le ricerche di tecnologie aliene alla luce di questi sviluppi. Media Inaf ne ha parlato direttamente con uno degli autori, Stefano Cavuoti dell’Osservatorio astronomico di Capodimonte, ricercatore ed esperto di intelligenza artificiale. A che punto siamo con la ricerca di technosignature extraterrestri? «L’umanità ha iniziato da metà del XX secolo a cercare forme di vita extraterrestri. Ci siamo concentrati sulla ricerca di segnali radio, principalmente nella gamma di frequenze solitamente nota come water hole e che corrisponde alle lunghezze d’onda tra 21 e 18 centimetri. Di fatto questo tipo di ricerca è continuato fino ai giorni nostri e un esempio è il progetto Breakthrough Listen. A questo si sono aggiunti alcuni progetti di Optical Seti (OSeti). Sostanzialmente quasi tutti i principali approcci utilizzati sinora hanno in comune una serie di ipotesi molto specifiche. Stiamo di fatto cercando una civiltà che stia deliberatamente tentando di comunicare, in maniera molto semplice, e che peraltro abbia un livello tecnologico simile a quello che avevamo noi all’epoca dell’inizio di questi studi». In che direzione le stiamo cercando e come? «Principalmente stiamo cercando segnali di comunicazione diretti a civiltà sconosciute. Oltre questo ci sono altri lavori ma rappresentano una percentuale piuttosto bassa del settore. Ci sono ad esempio alcuni lavori in letteratura sulla ricerca di sfere di Dyson, che sono delle strutture ipotetiche applicate attorno a qualcosa che emetta molta energia (ad esempio una stella) per sfruttarne quanto più possibile l’energia. Strutture di questo tipo se esistono devono lasciare una traccia infrarossa, dovuta al calore risultante dalla conversione energetica, che potrebbe essere identificata. L’astronomo russo Nikolaj Kardašëv negli anni 60 propose una scala per classificare le civiltà: una civiltà di Tipo 1 è in grado di utilizzare tutta l’energia di un pianeta, una di tipo 2 è in grado di utilizzare tutta o quasi l’energia della stella del proprio sistema mentre una di tipo 3 è in grado di utilizzare tutta quella di una galassia. Una civiltà in grado di costruire una sfera di Dyson attorno a una stella sarebbe classificata quindi nella scala di Kardašëv come di tipo 2 ma niente vieterebbe a una civiltà di tipo 3 di costruirne una attorno a una galassia». Un risultato del workshop è stato che le ricerche sulle tecnofirme dovrebbero essere condotte in modo coerente con la “First Law of Seti Investigations”. Di cosa si tratta? «La First Law of Seti Investigations è una frase di Freeman Dyson, che dice: “ogni ricerca di civiltà aliene dovrebbe essere pianificata in modo da dare risultati interessanti anche quando non si scoprono alieni”. Anche Frank Drake, famoso per l’equazione che porta il suo nome, relativa al numero di potenziali civiltà nella nostra galassia, aveva detto qualcosa del genere negli anni 60. Drake partiva da un assunto: questo genere di ricerca spesso non porta ad alcun risultato. Questo fatto non solo vanifica mesi di lavoro ma demoralizza anche il team di ricerca che ci ha lavorato. Questo significa insomma che le ricerche di technosignature dovrebbero essere condotte in modo da produrre risultati scientifici indipendentemente dal trovare o meno vita extraterrestre. Questo rende un eventuale progetto di ricerca più interessante sia per gli enti che devono investirci sia per i ricercatori che devono spenderci il loro tempo». Le assunzioni che si fanno adesso nella ricerca di vita extraterrestre differiscono da quelle di un tempo? «Non molto ma le cose stanno cambiando. Parte dello scopo del workshop è anche questo: cercare di capire quanto forti siano i bias umani in questo settore e come cercare di ridurli per quanto possibile. In che modo ci può aiutare l’intelligenza artificiale e in che modo differisce dai metodi di filtraggio dati usati negli anni passati? L’intelligenza artificiale può analizzare grandi quantità di dati in modo rapido ed efficiente, e permetterci di trovare schemi o tendenze che potrebbero sfuggire all’occhio umano, lavorare su molte dimensioni o direttamente sulle immagini. Molti dei metodi di filtraggio si basano su delle assunzioni e tendono ad applicare lo stesso criterio a tutti i dati mentre molti metodi di AI riescono a approcciare diverse porzioni dello spazio dei parametri in maniera specifica risultando così più flessibili». Quali sono le principali difficoltà? «Le principali difficoltà sono legate alla mancanza di risorse finanziarie e umane dedicate a questo tipo di ricerca. Questo è un lascito anche di alcuni progetti che magari non hanno rispettato la First Law of Seti Investigation. Questo ha condotto alla mancanza di una comunità scientifica consolidata e riconosciuta». C’è qualcosa di diverso che si potrebbe fare, oltre a quello che si sta già facendo, per raggiungere lo scopo?
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Stefano Cavuoti è un ricercatore dell’Osservatorio astronomico di Capodimonte, esperto di intelligenza artificiale. Nel 2016 ha ricevuto il premio “Outstanding Publication in Astrostatistics PostDoc Award” dell’International Astrostatistics Association. È uno dei builder della missione Euclid. Crediti: S. Cavuoti «Secondo me una delle cose principali da fare è aumentare la percezione di scientificità, se mi passate il termine, di questo tipo di lavoro. Visto che al momento questo tipo di ricerca ha un’aura a volte negativa, in sostanza non viene percepita, spesso anche all’interno della stessa comunità scientifica, come un lavoro serio. Sicuramente queste attività andrebbero divulgate meglio sia al pubblico che alla comunità scientifica. In tal senso penso che sia stato importante che a questo workshop siano state invitate persone che non fossero strettamente dell’ambito del Seti in modo da avere una visione esterna. Io per primo non ho mai partecipato ad attività del Seti ma sono stato invitato in quanto esperto di AI». Quali sono le vostre raccomandazioni in merito? «Prima di tutto abbiamo nuovamente sottolineato che questo genere di ricerche va eseguito in modo coerente con la First Law of Seti Investigations. Bisogna poi sfruttare la potenzialità dell’Ai per identificare le anomalie presenti già adesso nei dataset delle grandi survey. Identificare prima e capire poi le anomalie nei dati è un task importantissimo a prescindere dalla vita extraterrestre perché rappresentano o problemi nei dati o oggetti rari o eventualmente una technosignature. Identificare gli errori ed etichettarli, sia per impedire ad altri di utilizzare dati non corretti sia per capire da dove nasce il problema e se possibile risolverlo, è di estrema importanza. Se non è un problema nei dati è un oggetto quantomeno raro, se non peculiare, che è degno di uno studio a sé stante e se non è neppure questo potrebbe essere una technosignature. Ad esempio nei dati che già abbiamo si potrebbe andare a cercare le sfere di Dyson o segnali di cui non riusciamo a spiegare il meccanismo fisico, infine si potrebbe provare a cercare una forma di comunicazione compressa nella variabilità di un Agn (che presumerebbe una civiltà di tipo 3 della scala di Kardašëv). Ad esempio, potrebbero modulare l’emissione ultravioletta dell’Agn alterando la temperatura della parte più interna del disco di accrescimento. L’obiettivo sarebbe sfruttare la luminosità naturale dell’Agn per farla percepire nell’universo, simile a come si modula un segnale con un transistor. Ci sono poi progetti che avrebbero una forte motivazione scientifica e che potrebbero portare a benefici anche in questo settore. Un esempio che abbiamo proposto sarebbe la realizzazione di una survey nel lontano infrarosso all-sky. Infine la ricerca di segnali, intenzionali o meno, nel sistema solare sarebbe un’altra possibile strada da esplorare». Questo tipo di ricerca da chi è finanziata? «La Nasa ha sempre portato avanti questo tipo di ricerca anche se chiaramente non sempre con la stessa intensità; non troppo tempo fa ha anche organizzato un workshop dedicato solo a questo. Il workshop di cui stiamo parlando è stato organizzato a spese del Keck Institute for Space Studies che è un istituto gestito congiuntamente da Caltech e Nasa Jpl su fondi della Keck Foundation, le Breakthrough Initiatives sono finanziate da una fondazione privata». Per saperne di più: Leggi su arXiv il report “Data-Driven Approaches to Searches for the Technosignatures of Advanced Civilizations” di Joseph W. Lazio, S. G. Djorgovski, Andrew Howard, Curt Cutler, Sofia Z. Sheikh, Stefano Cavuoti, Denise Herzing, Kiri Wagstaff, Jason T. Wright, Vishal Gajjar, Kevin Hand, Umaa Rebbapragada, Bruce Allen, Erica Cartmill, Jacob Foster, Dawn Gelino, Matthew J. Graham, Giuseppe Longo, Ashish A. Mahabal, Lior Pachter, Vikram Ravi e Gerald Sussman Read the full article
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gaetaniu · 5 years
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I pianeti freddi e asciutti potrebbero avere anch'essi molti uragani
I pianeti freddi e asciutti potrebbero avere anch’essi molti uragani
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Le tempeste di polvere su Marte potrebbero comportarsi in modo simile ai cicloni secchi.
Quasi ogni libro di testo di scienze atmosferiche mai scritto dirà che gli uragani sono un fenomeno intrinsecamente umido: usano aria calda e umida come carburante. Ma secondo nuove simulazioni, le tempeste possono formarsi anche in climi molto freddi e secchi.
È improbabile che un clima freddo e secco come…
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personal-reporter · 1 year
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Scienza: le nuove scoperte e i progressi della ricerca
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Il mondo della scienza è in continua evoluzione, con nuove scoperte e progressi che vengono compiuti ogni giorno. Ecco alcuni degli ultimi aggiornamenti dall'universo della ricerca scientifica: Medicina Nuovi farmaci per il cancro: Nel 2023, sono stati approvati diversi nuovi farmaci per il cancro, tra cui un farmaco orale per il trattamento del tumore al colon-retto e un farmaco per il trattamento del tumore al seno. Questi farmaci offrono nuove opzioni di trattamento per i pazienti con cancro e possono aiutare a migliorare i tassi di sopravvivenza. Intelligenza artificiale nella medicina: L'intelligenza artificiale (AI) sta rapidamente diventando una parte importante della medicina. L'AI viene utilizzata per sviluppare nuovi farmaci, migliorare le diagnosi e assistere i medici nel trattamento dei pazienti. Ad esempio, un nuovo studio ha dimostrato che l'AI può essere utilizzata per identificare il cancro alla pelle con la stessa accuratezza di un dermatologo esperto. Ricerca sulle malattie rare: La ricerca sulle malattie rare sta facendo progressi significativi. Nel 2023, sono stati approvati diversi nuovi trattamenti per le malattie rare, tra cui una terapia genica per l'atrofia muscolare spinale. Questi progressi offrono nuove speranze ai pazienti con malattie rare. Astronomia Scoperte di nuovi pianeti extrasolari: Nel 2023, sono stati scoperti oltre 100 nuovi pianeti extrasolari, portando il totale a oltre 5.000. Questi pianeti orbitano intorno ad altre stelle, al di fuori del nostro sistema solare. La scoperta di questi nuovi pianeti ci aiuta a comprendere meglio la formazione e l'evoluzione dei pianeti. Nuove informazioni sul nostro universo: Nel 2023, sono state pubblicate nuove ricerche che hanno fornito nuove informazioni sul nostro universo. Ad esempio, un nuovo studio ha dimostrato che l'universo si sta espandendo più velocemente di quanto si pensasse in precedenza. Ricerca sul buio della materia e dell'energia oscura: La ricerca sul buio della materia e dell'energia oscura è uno dei principali misteri della fisica moderna. Nel 2023, sono stati compiuti alcuni progressi nella comprensione di questi fenomeni. Ad esempio, un nuovo studio ha suggerito che l'energia oscura potrebbe essere composta da particelle chiamate "axioni". Tecnologia Sviluppo di nuove tecnologie sostenibili: Il mondo sta affrontando una crisi climatica e la ricerca scientifica è impegnata a trovare soluzioni sostenibili per il futuro. Nel 2023, sono stati fatti progressi nello sviluppo di nuove tecnologie sostenibili, come le energie rinnovabili, l'efficienza energetica e la cattura del carbonio. Innovazioni nel campo dell'intelligenza artificiale: L'intelligenza artificiale sta trasformando il mondo della tecnologia e continua a fare progressi rapidi. Nel 2023, sono state lanciate nuove applicazioni basate sull'intelligenza artificiale, come i chatbot, i robot e i sistemi di guida autonoma. Ricerca nello spazio: La ricerca spaziale è fondamentale per la nostra comprensione dell'universo. Nel 2023, sono stati lanciati diversi nuovi veicoli spaziali, tra cui la sonda "James Webb" della NASA, che sta esplorando l'universo primordiale. Questi sono solo alcuni degli ultimi aggiornamenti dall'universo della ricerca scientifica. La scienza è un campo in continua evoluzione e i progressi che vengono compiuti ogni giorno ci aiutano a capire meglio il mondo che ci circonda. Foto di Konstantin Kolosov Read the full article
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