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#Giovanni Febraro
junkielee · 7 years
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[Last Film I Watched] Splendor (1989)
[Last Film I Watched] Splendor (1989)
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Title: Splendor Year: 1989 Country: Italy, France Language: Italian Genre: Drama Director/Writer: Ettore Scola Music: Armando Trovajoli Cinematography: Luciano Tovoli Cast: Marcello Mastroianni Massimo Troisi Marina Vlady Paolo Panelli Pamela Villoresi Giacomo Piperno Mauro Bosco Benigna Luchetti Vernon Dobtcheff Giovanni Febraro Ferruccio Castronuovo Giada Desideri Nicoletta Della Corte Rating:…
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Scipione Puzzovivo di Nardò: frammenti
di Armando Polito
Come ben sanno gli addetti ai lavori, si definisce tradizione indiretta la trasmissione di un testo del passato, facente parte di un testo mai pubblicato o andato perduto. In parole povere si tratta di citazioni, impossibile dire se a memoria o meno,  riportate da autori successivi. Possono essere brevi (più spesso è così) che lunghe ed è cura dei filologi raccogliere i frammenti relativi ad una o più opere dello stesso autore in un unico corpo, in pratica un’antologia in cui il compilatore sarebbe stato ben felice di inserire il maggior numero possibile di brani, nella quale non ha voce la sua scelta ma la maggiore o minore ampiezza delle fonti, cioé degli autori citanti.
Se il fenomeno coinvolge tutti i secoli passati, difficilmente si porrà per quelli attuali (e, probabilmente, futuri), in cui il desiderio di esibirsi e di conservare memoria di sé contrasta con una sincera consapevolezza dei propri limiti, il cui ricordo non converrebbe lasciare all’eventuale residuo spirito critico di qualche postero. E se anche molti autori del passato avrebbero fatto probabilmente meglio a ridurre la loro prolificità, per non pochi c’è il rimpianto per un talento che avrebbe meritato un ben diverso destino, alimentato da quel poco che di loro si sa e da qualche frammento che della loro produzione  è rimasto.
Di entrambi i filoni, relativamente alla sfuggente figura del Pozzovivo, fornisco in sequenza gli unici dati a me noti:
1) Pietro Angelo Spera, De nobilitate professorum Grammaticae, et Humanitatis utriusque linguae, Francesco Savio, Napoli,  1641, p. 365:
Scipione Pozzovivo salentino di Nardò, nel quale non mediocremente risplendettero le luci dei filosofi greci, in patria per non pochi anni precettore dei figli dei primi (cittadini) e poeta pregevolissimo in lingua latina  e  toscana, venne infine a Napoli, dove tra persone come lui raggiunse un posto di condizione non inferiore.
2) Giovanni Bernardino Tafuri, Dell’origine, sito ed antichità della città di Nardò, in Opere di Angelo, Stefano,  Bartolomeo,  Bonaventura,  Giovanni Bernardino e Tommaso Tafuri di Nardò ristampate ed annotate da Michele Tafuri, Napoli, Stamperia dell’Iride, 1848, v. I, pp. 333-334 (cito da questa edizione, ma il primo dei due libri di cui consta quest’opera di Giovanni Bernardino era uscito nel tomo XI degli Opuscoli scientifici e filologici a cura di Angelo Calogerà, Venezia, Zane, pp. 1-315:
Extat MS. apud Jo. Bernardinum Tafuri=Il manoscritto si trova presso Bernardino Tafuri (sulla perdita di tale manoscritto vedi la nota 2 del brano xuccessivo).
pp. 487-488:
In rapporto a questo secondo brano sono doverose le seguenti precisazioni: 
a) sulla sua fine ecco cosa si legge in Lorenzo Giustiniani, Dizionario geografico ragionato del Regno di Napoli, s. n., Napoli, 1804, tomo VII, p. 10:
b) Credo che il Succinto ragguaglio del sito della Città di Nardò sia una variante di Descrizione della città di Nardò che si legge in 2). Un’ulteriore variante dovrebbe essere il Notizia dell’antichissima città di Nardò, e sua Chiesa Vescovile che si legge in  Lorenzo Giustiniani, Dizionario geografico …, op. cit. p. 10, insieme con l’informazione la quale rimase manoscritta, e fu involata dalla casa de’  signori Tafuri  (credo che qui involata non stia nel significato specifico di rubata ma in quello generico di volata via, scomparsa).
c) L’epigramma latino a p. 104 della raccolta del Grandi non è di Scipione Puzzovivo ma di Stefano Catalano, letterato nato a Gallipoli nel 1553 ed ivi morto nel 1620. Nella biografia che di lui scrisse Giambattista de Tomasi di Gallipoli, inserita nel settimo tomo della Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli uscito per i tipi di Gervasi a Napoli nel 1820 sono ricordati i seguenti titoli, tutti rimasti manoscritti ed andati perduti: De origine urbis Callipolis (opera dedicata all’amico e concittadino Giambattista Crispo), Descrizione della città di Gallipoli, Vita di Giambattista Crispo.
d) Il libro che il Tafuri cita nella nota 2 e che recherebbe un epigramma del Puzzovivo in onore di Scipione Spina (che fu vescovo di Lecce dal 1591 al 1639) è, com’era facile ipotizzare, quasi irreperibile e l’OPAC segnala l’esistenza di un solo esemplare custodito nella Biblioteca Provinciale Nicola Bernardini a Lecce. Impossibilitato a muovermi agevolmente, lascio ad altri il compito di consultarlo e di integrare, se si riterrà opportuno, questo post. In compenso, però, ne ho trovato un altro , che più avanti commenterò, a p. 8 di Peregrini Scardini Sancticaesariensis epigrammatum centuria, Vitale, Napoli,1603 (come si vede è lo stesso autore del libro dedicato  al vescovo Spina):
Su Pellegrino  Scardino di San Cesario vedi https://www.fondazioneterradotranto.it/2014/06/06/una-sponsorizzazione-femminile-dellanfiteatro-di-rudiae-nella-travagliata-storia-di-una-fantomatica-epigrafe-cil-ix-21-prima-parte/.
3) Giovanni Bernardino Tafuri, Serie degli scrittori nati nel Regno di Napoli cominciando dal secolo V fino al secolo XVI, in Raccolta di opuscoli scientifici e filologici, a cura di Angelo Calogerà, Zane, Venezia, 1738, Tomo XVI, pp. 184-185:
… [L’accademia del Lauro] …
4) Giovanni Bernardino Tafuri, Istoria degli scrittori nati nel Regno di Napoli, Severini, Napoli, 1753, tomo III, parte III, p. 4:
5) Giambattista Pollidori, De falsa defectione Neritine civitatis ad Venetos regnante Ferdinando I ,  in Raccolta di opuscoli scientifici e filologici, a cura di Angelo Calogerà, Occhi, Venezia, 1739, tomo XIX, p. 225:
Scipione Puzzovivo Seniora coetaneo del  Marcianob  nel libro che ha il titolo ….
a E il Puzzovivo Iunior  molto probabilmente è lo Scipione Puzzovivo menzionato più volte (ma il testo non dà la certezza che si tratti della stessa persona, dal momento che l’omonimia è sempre in agguato anche in sussistenza di compatibilità cronologica) nel Libro d’annali de successi accaduti nella città di Nardò, notati da D. Gio. Battista Biscozzo di detta Città (cito dal testo edito da Nicola Vacca in Rinascenza salentina, anno IV (1936), n. 4:
A 22 Febraro 1646, andarono carcerati in Napoli, Notaro Alessandro Campilongo, Giandonato Ri, Scipione Puzzovivo, Nobile, e otto altre persone del popolo, per imposture fatteli dal Sig. Conte.
A 13 detto [Gennaio 1654] venne ordine dalla Regia agiunta fatta in Napoli, per la morte del D.r Mario Antonio Puzzovivo, che si conferiscanp, il Sindaco del Popolo,Gio. Donato Ri, e Scipione Puzzovivo, figlio del morto Puzzovivo, ordinando nella Regia Udienza di Lecce,che gli sia data quella gente che è di bisogno per la strada, e che possano andare con armi proibite.
A 20 detto [Gennaio 1654] partì per Napoli Scipione Puzzovivo, per la detta chiamatapartì solo senza il Sindaco del Popolo, havendolo portato sino a Conversano Gio. Ferrante de Noha, suo cugino, di là fu provvisto dal Sig. D. Tommaso Acquaviva di cavalcatura e denaro.
A 5 Marzo 1654 furono chiamati da venti persone dal detto Auditore, esamenandoli se il D.r Mario Antonio Puzzovivo era agente in Napoli della città di Nardò, e se avesse inimicizia con il Patrone, se fusse ammazzato, se Gio. Ferrante de Noha havesse portato  Scipione Puzzovivo in Conversano quando fu chiamato da S. E., se avessero inteso, che Mariantonio Puzzovivo fusse stato annazzato in Napoli, ad istanza del sig. duca delli Noci.   
A 16 Giugno 1654 fu carcerato Gio. Tommaso Sabatino per haver andato per servitore a Gio. Ferrante de Noha, e Scipione Puzzovivo, quando andarono a Conversano, acciò testifica che detto Puzzovivo, quando andò in Napoli chiamato da S. E., andò da Conversano, e negozziò con D.Tommaso Acquaviva.   
b Girolamo Marciano (1571-1628), autore di Descrizione, origine e successi della provincia di Otranto, opera pubblicata postuma per i tipi della Stamperia dell’Iride a Napoli nel 1855.
Alla data del 1739, dunque, il manoscritto del Puzzovivo ancora esisteva prima di fare la fine di cui si parla, come abbiamo visto,  nella nota 2 relativa al secondo brano del n. 3.
  6) Giovanni Bernardino Tafuri, Istoria degli scrittori nati nel Regno di Napoli, Mosca, Napoli, 1752, tomo III, parte I, p. 378:
7) Giovanni Bernardino Tafuri, Istoria degli scrittori nati nel Regno di Napoli, Mosca, Napoli, 1752, tomo III, parte II, p. 23:
  È giunto ora il momento di riportare, enucleati,  tutti i frammenti che le fonti (tra parentesi tonde il numero relativo) appena passate in rassegna mi hanno consentito di individuare.
Frammenti della Descrizione della città di Nardò:
(2) Nardò una delle città più cospicue della Salentina provincia, o s’ave riguiardo all’antichità della sua origine, vantando i popoli Coni per suoi fondatori, o all’eccellenza del suo sito, vedendosi piantata in una amena, e fertile pianura, e sotto d’un Cielo Benigno, o alla nobiltà degli abitanti, potendo andar gonfia, ed altiera sopra d’ogn’altra del Regno di Napoli , vantando, oltre molti nobili, ventiquattro Baroni di Feudi.
(4) L’Amore costante, La Tirannide abbattuta, ovvero la crudeltà di Tiridate vinta dalla costanza di S.Gregorio Armeno, L’Erminia  (Titoli delle opere sceniche di  Raimondo De Vito).
(5) Sotto Ferdinando I d’Aragona patisce ancora molti danni, per la batteria, et assalto fattali dal Campo Venitiano dopo la presa di Gallipoli.
(6) Visse in questo tempo in qualità d’ottimo, ed esperto Medico Gregorio Muci, a cui da più parti concorreva la gente, o di persona, o con lettere per avere di lui la direzione nelle proprie infermità, ed indisposizioni, e quasi di continuo era fuori di casa chiamato ora in un luogo, ora in un altro. E se la Natura gli fu assai proprizia acciò lasciasse parti ben degni delsuo vivace, e spiritoso ingegno, avendo composte molte opere mediche, e filosofiche, delle quali solamente corre per le mani di tutti un suo dotto parere intorno il cavar sangue alle donne gravide, gli fu molto avara a provvederlo di figliuoli  non ostante d’esser stato ammogliato con Prudenzia Filieri. Gregorii Mucii Medici Neritini Opus Practicis perutile. De Vena sectioni in utero gerenti adversus negantes huiusmodi auxilium pro cautione ab Abortu. Neapoli apud Joannem Sulerbachium 1544 in 4°.
Sui dubbi che suscita il titolo del Muci tramandato dal Tafuri vedi https://www.fondazioneterradotranto.it/2016/06/06/gregorio-muci-medico-nardo-del-xvi-secolo-suo-libro-fantasma/
(7) L’antica, e nobile Famiglia Longo s’estinse in Alberigo, il quale siccome per la suua gran dottrina apportò somma gloria, e riputazione alla sua Patria,ed al suo Casato, così per amor della verità, e per difesa degl’Amici mancò miseramente di vivere in Roma da un colpo di Archibugio.
Frammento della commedia in endecasillabi sdruccioli Fortunio:
(2) Così vengo or più pronto a te medesimo/per dedicar la mia nuova Comedia.( Questa, è pur ver, fu parte di quel carcere,/ch’io già provai per le colpe imputatemi,/  e Tu per tormi da man de’ Satelliti,/che mi volean straziar per non requiescere/volesti mai finché me render libero/non vedesti da que’ lacci corporei,/onde legata fu per sempre l’anima.
Epigrammi
(3) Quae fuerant Lauri Phoebo sacra pascua quondam/Musarum cultrix Infima turba colit./Aruerant herbis, Cytisi vel flore carentes/saltus,nec Cantum qui daret, ullus erat./Contulit illa atavis felicia serta Camoenis/vaticinor nostris gloria maior erit./At modo quae gaudet Vatum Turba infima dici/certabit, Phoebo tum decus omne feret. 
Quelli che un tempo erano stati pascoli di alloro sacri a Febo (ora) li cura la schiera Infimaa adoratrice delle Muse. Erano inariditi a causa delle erbe, le balze prive pure del fiore del citiso e non c’era chi intonasse alcun canto. Essab ha recato alle antenate Camenec ricche corone. Annunzio: per i nostri ci sarà gloria maggiore. Ed ora quella schiera di poeti che gode a chiamarsi infima gareggerà, tributerà allora a Febo ogni onore.
  a L’Accademia degli Infimi (per la storia di quest’accademia, sorta sulle cenwri di quella del Lauro, vedi Notizie delle accademie istituite nelle provincie napolitane, in Archivio storico per le province napoletane, anno III, fascicolo I, Giannini, Napoli, 1878, pp. 293 e seguenti).
b L’accademia.
c Nome romano delle Muse; molto probabilmente connesso con cànere=cantare e carmen=canto.
  In quest’epigramma composto da distici elegiaci colgo una dichiarazione di modestia, forse anche troppo ostentata, anche se abilmente, attraverso la ripetizione nel secondo e nel penultimo verso (simmetria strutturale)  dell’accoppiamento delle parole infima e turba con inversione chiastica (Infima turba/Turba infima) e grammaticale in una sottile inversione dei ruoli: nella prima sequenza turba con iniziale minuscola, nome comune con significato iniziale notoriamente dispregiativo  ed Infima con iniziale maiuscola (nome proprio dell’accademia); il contrario nella seconda, dove Turba esprime una sorta di già avvenuta nobilitazione, prontamente ridimensionata, però, da infima abbassatosi ad aggettivo dal significato non certo esaltante. Tuttavia va detto che a p. 55 del tomo II dell’edizione della Istoria uscita per i tipi di Mosca a Napoli nel 1748  in testa al componimento si legge AD SCIPIONEM PUTEVIVUM e, poco prima, che l’autore è Tommaso Colucci di Galatone; insomma, dedicante e dedicatario risultano invertiti e buon senso vuole che l’ultima versione sia quella corretta.
(2,  nota d) Ardua res epigramma solet Scardine videri/nec multis unum saepe placere potest./Namque alii verba, et flores sectantur amoenos,/hic pondus rerum, scommatis ille salem,/fabula nonnullis arridet, priscaque multis/historia in laudem ritè retorta virum./Sed benè cunctorum retines tu corda libello/hoc decies claudens carmina dena tuo/queis neque verborum flores, nec copia rerum,/nec doctrinae laus nec charis ulla deest.
O Scardino, l’epigramma suole sembrare cosa difficile e a molti spesso può non piacere una sola cosa. Infatti alcuni amano le parole e i piacevoli fiori di eloquenza, questi l’importanza degli argomenti, quegli il sale del detto faceto, a parecchi piace la favola ed a molti la storia antica giustamente rivolta a lode degli uomini. Ma tu avvinci felicemente i cuori di tutti includendo in questo tuo opuscolo cento canti ai quali non mancano né fior di parole né abbondanza di argomenti né lode della dottrina né alcuna grazia.
Da notare queis, forma arcaica  per quibus, che ha la funzione di conferire solennità più che obbedire ad esigenze metriche.
Della serie dei componimenti elogiativi posti nella parte iniziale dell’opera di Ferdinando Epifanio Theoremata medica et philosophica, Balliono, Venezia, 1640 fa parte un epigramma del nostro formato da tre distici elegiaci, preceduto dall’intestazione Scipionis Puteivivi u(triusque) i(uris) d(octor) hexastichon ad auctorem: Nec melius quisquam te, Ferdinande, medetur/quos mala vis ferri, vel mala febris agit,/Nec facile invenias, doceat qui rectius artes;/quarum mille locos explicat iste liber./Ad te igitur veniat quicumque aud doctus haberi,/aut fieri sanus cum ratione velit.
(Esastico di Scipione Puzzovivo dottore di entrambi i diritti all’autore:  Nessuno meglio di te, Ferdinando, cura coloro che agita la maligna violenza della spada o una febbre maligna e non si potrebbe trovare facilmente chi insegnui più correttamente queste arti, delle quali questo libro spiega mille punti. Da te dunque venga chiunque voglia o essere considerato dotto o diventare sano con serietà scientifica).
Nella presentazione, ormai datata (http://www.lavocedinardo.it/bacheca3-03/ripresa0503-1.htm), di una sua imminente pubblicazione di una storia di Nardò del XVII Giancarlo De Pascalis così scriveva: … Il resto della storia prosegue segnalando le personalità di spicco nell’ambito culturale della città: in particolare sono da rilevare le presenze di Scipione Puzzovivo (che molti studiosi ritenevano non essere affatto vissuto ma pure invenzione storica del Tafuri) …
Non mi è stato possibile fino ad ora leggere tale documento (estremi della pubblicazione in http://www.storiadellacitta.it/associati%20CV/de%20pascalis.pdf:  Nardò nel Seicento: un manoscritto inedito di Girolamo de Falconibus, nella rivista “NERETUM – Annuario della Società di Storia Patria – Sez. di Nardò”, Congedo, Galatina 2003) e, quindi, non sono in grado di dire cosa eventualmente  aggiunga a queste note la parte dedicata al nostro Scipione, né conosco i nomi di coloro che, forse un po’ troppo frettolosamente condizionati dal vizietto della falsificazione notoriamente caro al Tafuri, hanno pensato che fosse un personaggio fittizio. Per fugare definitivamente questo dubbio credo, visto  che l’epigramma 3, per quanto detto, molto probabilmente andrebbe escluso dalla produzione del nostro, basti  il 2, nota d “ospitato” da Pellegrino Scardino proprio all’inizio della sua centuria. Ho detto ospitato, ma avrei fatto meglio a scrivere esibito, insieme con altri tre, rispettivamente di Giovanni Alfonso Massaro, Filippo Antonio Leone e Francesco Mauro, secondo la consuetudine, abbastanza frequente nella letteratura encomistica di quel tempo, di far precedere l’opera da recensioni poetiche di personaggi di una certa notorietà. L’epigramma in questione, inoltre, testimonia, da parte di Scipione, di un certo mantenimento di contatti  con l’ambiente culturale salentino.
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fenicerinnovata · 4 years
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The festivities of the Royal Madame
*Some oddities here; I don’t get it.  Machine translation problems?
I Balletti di Corte - Approfondimento 2 - Dono del Re de l’Alpi a madama Reale. Festa per il giorno natale, lo dece febraro MDCXLV. Ballato in Rivoli, manoscritto cartaceo, secolo XVII - Torino, Biblioteca Nazionale Universitaria, q. V. 60
Agli inizi del 1645 il Ducato di Savoia subiva ancora gli strascichi della guerra civile. Per sicurezza, quindi, il compleanno della reggente Cristina di Francia si festeggiò ancora una volta fuori della capitale, nel Castello di Rivoli. La...
\ Court Ballets - Deepening 2-Gift from the King of the Alps to Royal Lady. Feast for Christmas day, MDCXLV decides it. Danced in Rivoli, paper manuscript, XVII century - Turin, National University Library, q. V. 60
At the beginning of 1645 the Duchy of Savoy was still undergoing the civil war trials. For safety, therefore, the birthday of Regent Christine of France was once again celebrated outside the capital, in the Castle of Rivoli. The feast, designed by Count Philip d 'Agliè and represented by Prince Charles Emanuele II in honor of Madama Royal, consisted of a dinner and a dance.
The celebratory intent of the show was clear: the prince of Piedmont offered as a gift to his mother the kingdom with the approval of the provinces in which it was divided (Savoy, Piedmont, Nice Maritime and Monferrato). The reigning family, court members and ambassador of France participated in the festivities.
In order to avoid uncomfortable diners, dinner took place in four distinct rooms in each of which the tables were placed on mobile footpegs that, thanks to sophisticated machinery, could be moved at the end of each range.
Against the background of the large rooms painted the characteristic aspects of the four Provinces of the State. To this memory, the Album presents scenes depicting the cities of Chambéry, Turin, Nice and Casale respectively.
Among the characters attended the canteen are the Duchess Maria Christina, the princesses Margaret and Adelaide, Prince Thomas, the ambassador of France and other knights and ladies of the Court. The prom took part, among others, Prince Charles Emanuel II at the age of 11, Count Filippo d ' Agliè, Marquis Galeazzo Villa, Baron Pallavicino.
The Grand Ballet of the People's Habitators, theatrically and strategically arrived to pay homage to the Duchess, a ballet crowned by the superb entrance of a silver chariot on which Charles Emanuele II stood, dressed in King of the Alps.
The Album is the work of the ducal secretary Tommaso Borgogno for the calligraphic part.
The music of the arias danced in ballet, also preserved in the National Library with location q. m II. 84 A-D, includes four parts: tenor, bass, alto and soprano.
Thanks to the contribution of the European Inner Wheel Club, the code was restored in 2016 at Studio P. Chrysostomes of Rome.
In short, the conservative restoration intervention involved the following operations: dry cleaning of cards, removal of previous and inadequate restoration interventions, (((repairing the earlier repairs, always a major problem))) detachment of counter-guards, compensation for gaps, suture of cuts and rips, consolidation of the original bracelets, flattening of the block of the body of the volume, application of a new indorsing, reverting the leather blanket with waxes based on natural fat emulsified to water, consolidation of blanket quadrants, compensation for abrasions and gaps on the blanket, chromatic adjustment compensation on the blanket, repositioning the block of cards inside the blanket by gluing the counterguard, digital photographic documentation of the various phases of the intervention.
#bibliotecanazionaletorino #bnuto #pilloledibibliotecanazionaletorino #ioleggoacasa #iorestoacasa #ilmaggiodeilibri @[171645503710:274:MiBACT] @[726876577432698:274:Direzione generale Biblioteche e diritto d'autore] Translated
I Balletti di Corte - Approfondimento 1 - I codici torinesi dei balletti di corte Tredici manoscritti ‒ contenenti testi, costumi, scene e coreografie ‒ tramandano la memoria dei sontuosi spettacoli organizzati presso la corte sabauda tra il 1640 e il 1681. In particolare, dieci codici conservati presso la Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino attestano nove balletti e il dramma per musica Lisimaco; altri tre codici simili sono posseduti, sempre a Torino, dalla Bibliot...
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Court Ballets - Deepening 1-Turin codes of court ballets
Thirteen manuscripts - containing texts, costumes, scenes and choreography - pass on the memory of the sumptuous shows organized at the Sabauda court between 1640 and 1681.
In particular, ten codes preserved at the National University Library in Turin attest to nine ballets and The drama for Lysimaco music; three other similar codes are possessed, always in Turin, by the Royal Library.
The National University Library in Turin also preserves the music of two ballets (The Giubilo del Sole Alpino, music of the arias danced for tenor and bass parts, q. MII. 87 A-B and The Language Carnival, music of airs dancing for tenor, bass, alto and soprano parts, q. 85 A-C) of which no texts, scenes, costumes and choreography have been preserved.  (((Why have I never heard of this music?)))
The almost all of the illuminated tables is the work of Tommaso Borgonio, who, in addition to serving as ducal secretary, was also a designer, engraver and cartographer. The ligatures, coeves and Turin production, are in red Moroccan red decorated in gold, Savoy arms surmounted by the motto FERT.
To celebrate the birthday of Cristina, widow of Victor Amedeo I and regent for her son Charles Emanuele II, on February 10, 1640, the ballet Hercole et Amore was set up in Chambéry, witnessed by the oldest of the codes possessed by the Turin libraries (Turin, Royal Library, Homeland History 952. Music of airs danced for tenor, bass, alto and soprano parts, National University Library of Turin, q. MII. 88 A-D).
In fact, in the ancient capital of the Duchy, Cristina had secured her children at the time of the so-called ′′ brother-in-law war ", a real civil war that saw the party of the Principists oppose the one of the Madamists.  (((This may have been the low point of the Cristina Regency, so to have a big show was pretty bold.)))
The plot of the show was a clear invitation to peace: the Piedmontese (Habitators of the Alps), struck by madness and transformed into fierce animals by Urganda (France) and Melissa (Spain), were freed from the spell by the late Victor Amedeo I , reincarnated in Alpine Hercules, and by Carlo Emanuele II, as Love.
The ballet of the Ladies of Cyprus, escorted by Princess Ludovica, finally paid homage to Madama Royal.
Also the following year, the regent's birthday was celebrated in Chambéry, where he staged the ballet The Jubilee of the Alpine Sun, from the content entirely aimed at the glorification of the Royal Madama.
In 1644 Cristina's birthday was celebrated with the ballet La Fenice Rinovata (Turin, National University Library, q.V. 63. Music of the arias danced for tenor, bass, alto and soprano, National University Library of Turin, q Good morning. mII. 82 A-D), (((does this music exist?))) represented on February 10 at Fossano Castle, where the Duchess had retired in 1643 with her son and court to find shelter, although the Treaty of Turin had placed end to the civil war, from the ongoing clashes between the Allied armies of France and Savoy and the Spanish armies.
At the beginning of 1645 the political-military situation continued to be precarious and the regent's birthday was still celebrated outside the capital, in the Castle of Rivoli, where a party with dinner and ballet entitled Gift of the King of the Alps ( Turin, National University Library, q.V. 63. Music of the arias danced for tenor, bass, alto and soprano parts, National University Library of Turin, q. MII. 84 A-D).
On June 20th of the same year, for the eleventh genetliac of the duke, Valentino was set up the carousel entitled The East warrior and celebrating (Turin, National University Library, q.V. 52). Ideator of the event was Philip d ' Agliè, but the plot, based on the clash between four teams on horseback, was suggested by Prince Thomas to recall the reasons for the ongoing dispute between Turks and Venetians around the island of Candia.  (((The notion of Thomas and d’Aglie, mortal enemies, peaceably working on a martial ballet together, that’s pretty strange.)))
On March 3, 1647 the ballet The Carnival Language Ballet was represented. The ballet Il Tobacco (Turin, National University Library, q.V. 59. 4. Music of the arias danced for tenor, bass, alto and soprano parts, National University Library of Turin, q. mII. 83 A-D), represented in a hall in the Palace of San Giovanni and designed by Philip d ' Agliè with the obvious aim of ridicule the taste of smoke, new fashion of time.  (((I’ve heard elsewhere that the point was to LEGALIZE tobacco so that it could be taxed, which seems plausible as d’Aglie himself was such a big smoker that he was buried with his favorite tobacco pipes.)))
Still in 1650, to celebrate the wedding of Adelaide Enrica, Cristina's youngest daughter, to Ferdinand Maria, Crown Prince of Bavaria, on December 15, the carousel The Hercoli taming of monsters and Tamor of Hercoli took place in Piazza Castello on December 15, 15 (Turin, Royal Library, Homeland History 949), of which scenes Francesco Lanfranchi invented.
At the end of the celebrations, in the salon of the Palazzo di San Giovanni the ballet L 'Educatione d' Achilles and Nereids his sisters in the Doro Island (Turin, National University Library, q.V. 58). The plot has the education of a young lord in whom Charles Emanuele II must be recognized, depicted as Achilles that his mother Teti (Royal Madama) entrusts centaur Chiron to give him lessons in music, painting and martial arts.
In 1653, for the last day of Carnival, Philip d ' Agliè specifically dedicated to the Duchess the ballet Il Gridelino (Turin, National University Library, q.V. 61. Music of the dances, for the recordings of soprano, high, tenor and low, qm. II. 86 / A-D). The title originates from the color gris de lin, a color between blue and purple much loved by Cristina, who while being a widow didn't love wearing black and for this reason was criticized by the court. (((Really?)))
The purpose of the representation is the praise of the gridelino, perfect color, symbol of eternal love. In February 1655, still for the last day of Carnival, Philip d ' Agliè staged The Old and Modern Bacchanals (Turin, Royal Library, Homeland History 953), whose simple storyline ironized the human extravagances impersonated by well-known characters historians.
In 1657 the Duchess's birthday was celebrated with the ballet La Primavera triumphant over Winter (Turin, National University Library, q.V. 55), probably composed for lyrics by priest Don Gabriele Orengiano and for music by violinist Francesco Farinel.  (((Not one of d’Aglie’s efforts, apparently.)))
On April 29, 1660, to celebrate the wedding of Margaret of Savoy with the Duke of Parma and Piacenza Ranuccio Farnese, Filippo d ' Agliè set up in Turin, in the Palace of San Giovanni, the great dance The Pearl Union [sic] Peregrina Margherita Royal and Celeste (Turin, National University Library, q.V. 53), with the scenic apparatus of Amedeo di Castellamonte. The music, of which Michele Chiappati was probably the author, was not preserved.
In May 1665 Charles Emanuele II married, secondly, Maria Giovanna- Baptist of Savoy-Nemours. Of the many shows organized by the second Royal Lady, there is only one testimony: The false Amor bandit, the Humano admitted and the exalted Celeste (Turin, National University Library, q.V. 62), which took place on February 17, 1667. The author of the ballet is unknown, but it is known that the dances were composed by the Turin Giovanni Carisio, known as ′′ l ' Orbino ", member of the Ducal Chapel and then music court composer.
The series of codes preserved at the Turin libraries ends with Lysimaco (Turin, National University Library, q.V. 49). Staged for the first time in 1673 in the Venetian Teatro dei SS. Giovanni and Paolo, the drama for music was set up in Turin during the carnival season of 1681 for the inauguration of the new court theater wanted by Vittorio Amedeo II. #bibliotecanazionaletorino #bnuto #pilloledibibliotecanazionaletorino #ioleggoacasa #iorestoacasa #ilmaggiodeilibri @[171645503710:274:MiBACT] @[726876577432698:274:Direzione generale Biblioteche e diritto d'autore]
(((Why did they stop?)))
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Angelo Gorgoni (1639-1684) di Galatina e una stroncatura forse immeritata (1/2)
di Armando Polito
(Il fratello, credendo di consagrarle all’Eternità, con pessimo consiglio si risolvè di stamparle.)
Probabilmente la figura di Angelo Gorgoni sarebbe stata inesorabilmente avvolta dalle tenebre del tempo se non ci avesse lasciato memoria della sua vita il suo conterraneo Alessandro Tommaso Arcudi  (1655-1718) alle pp. 68-69 della sua Galatina letterata uscita per i tipi di  Giovambattista Celle a Genova nel 1709. Così in particolare: Ora di questa famiglia [Gorgoni] abbiamo veduto, e pratticato ne’ nostri giorni, ed in un secolo tanto nella mia Patria scarso, ed avaro di letterati, per eruditissimo Angelo Gorgoni. Egli doppo aver sedate alcune turbolenze insorte nella sua casa, e legatosi in stato matrimoniale, attese con ogni ardenza a fondare, e promovere l’Accademia degl’Irrisoluti: e diede sprone alla gioventù con gloriosa emulazione ad erigere l’altra de’ Risoluti. Più volte abbiamo inteso il Signor Angelo publicamente discorrere, ed in verso, ed in prosa, con applauso di tutta la radunanza. Ma doppo la sua morte a poco, a poco, l’una, e l’altra Accademia restano quasi dimenticate, e sepolte. Il suo fratello, e già Archidiacono D. Giovanni Camillo Gorgoni, soggetto che ancor vive in Napoli, al par di lui erudito, fece stampare alcune delle sue Poesie,col titolo di Melodie di Parnaso, risuscitando il nome del Signor Angelo dal sepolcro, nel quale fu chiuso nell’anno 45 della sua vita a 24 Febraro, e nel Bisestile 1684.
Sulle due accademie fondate dal Gorgoni l’unica, scarna fonte è l’Arcudi con questo passo e con un altro de Le due Galatine difese, raccolta di suoi diversi opuscoli fatta e pubblicata da Francesco Saverio Volante, per i tipi dello stesso editore di Galatina letterata, nel 1715. Le pp. 8-15 contengono un pezzo dal titolo L’autore a gli signori accademici Risoluti di Galatina e alle pp. 237-244  un’epistola datata 10 ottobre 1681, che così inizia: Cugino carissimo, desiderando V. S. di leggere le mie due composizioni poetiche, l’una latina, e l’altra volgare da me recitate contro le maledicenze del signor Musarò nella nostra Accademia, celebrata alle lodi dell’Apostolo Pietro principale Padrone, e protettore della mia Patria. E più avanti (p. 243): Dovete finalmente sapere, che l’Academia celebrata dall’Academici Risoluti, i quali fanno per impresa la fiamma, fu sotto gli auspici del Signor Sindico Angelo Mongiò, che fà per impresa la Luna, il quale qualche tempo fu travagliato da infermità di pazzia; che la mia impresa è l’Orsa stellata, che Galatina erge la Civetta coronata, alla quale Urbano VI aggionse le chiavi di Pietro e Gallipoli il Gallo. In quella radunanza erudita io presentai il libro del Musarò, leggendo publicamente l’accennate parole sue, sopra le quali facendo una breve perorazione, poi recitai quelle composizioni, che per ubidirla le invio. All’Arcudi si rifà Camillo Minieri-Riccio1 indicando come data di fioritura il 1715, cioè quello di pubblicazione del libro. Basta, però, una lettura superficiale dello stesso (a parte la lettera del 1681) per capire che gli opuscoli ivi raccolti erano stati preparati da tempo e che, quindi, conformemente alla testimonianza dell’Arcudi, a quella data (erano passati trentuno anni dalla morte del fondatore)  l’accademia doveva essere estinta da un pezzo.
Del Gorgoni nulla sarebbe rimasto, dunque, se suo fratello Giovanni Camillo non avesse provveduto a pubblicare le sue poesie a quattro anni dalla morte nel  volume intitolato Le melodie di Parnaso, uscito per i tipi di Michele Monaco a Napoli nel 1688.
La prima recensione che io conosco (e non ho certo la pretesa che questo mio scritto ne costituisca una sottospecie di ultima) è quella di Giovanni Battista Lezzi di Casarano (1754-1832), in Vite degli scrittori salentini , manoscritto (ms. D5) custodito nella Biblioteca pubblica arcivescovile Annibale De Leo a Brindisi. A p. 462 (la numerazione non è per r/v), si legge: Per dire, che queste Poesie non sono lodevoli per alcun verso, basti il dire, che son del secento; ma l’Autore contento almeno di averle scritte non avea pensato di farne un regalo ai Posteri, o se avea avuto il desiderio di pubblicarle, non ne avea avuto il tempo, prevenuto dalla morte. Il fratello, credendo di consagrarle all’Eternità, con pessimo consiglio si risolvè di stamparle. Per osservarne il cattivo gusto, basta il leggere l’annesso sonetto ch’è de’ meno sciagurati.
L’autore ad Amico, che l’addimanda in che si trattiene, risponde.
Nacqui Cignoa, son Cigno. A Cliob che volle/
amico avermi, son’amico ancora;
amo la vita mia sempre canora
giachec sempre al mio core un spirto bolle.
Non mi ribellod dall’ Aonioe colle
per altri monti a divagar tal’ora:
ivi l’anima mia note migliora,
ivi l’alma erudita i versi estollef.
Umor Castaliog in urnah breve accoglio,
in cui disseto la mia penna, in cui
trovo materia d’eternare il foglio.
Se pianse Anchise e ne’ disastri sui
disse Fummo Troiani, io dir non voglio,
Non son Poeta se Poeta fui.
_____
a Appellativo di musicisti e poeti.
b Una delle nove Muse, protettrice della storia e della poesia epica.
c Per giacché, ma la forma (nata da già che) era di uso normale in testi a stampa del XVII e del XVIII secolo.
d non rinuncio
e dell’Aonia, regione montuosa della Beozia dove le Muse avevano la loro sede.
f innalza.
g della fonte Castalia, che prese il nome dalla fanciulla che si suicidò gettandovisi per sfuggire ad Apollo. In essa si purificavano i pellegrini che si recavano a Delfi per consultare l’oracolo del dio. Dai poeti romani era ritenuta ispiratrice di poesia. Quindi tutto il verso sta per attingo l’ispirazione con un piccolo vaso (difficile dire se il riferimento è alla limitatezza delle sue capacità di captazione o alla brevità dello schema metrico preferito, che è, qui come negli altri componimenti, il sonetto).
h vaso.
  Premesso che le note di commento per questo sonetto e per i successivi sono mie, debbo rilevare che il Lezzi con quel suo basti dire che son del secento mostra di essere condizionato dal pregiudizio più banale in cui sovente cadiamo, non solo quando si tratta di dare il giudizio su un prodotto letterario: tutto ciò che non esprime il gusto del nostro tempo è da buttar via, quando, al contrario, ma non vale per il nostro caso dato l’esiguo lasso di tempo esistente tra il poeta ed il suo critico, non ci ergiamo a laudatores temporis acti. Da questa premessa ne consegue la stroncatura di un componimento che, pure, è considerato tra i meno sciagurati. Probabilmente il Lezzi non poteva tollerare quelle che a lui apparivano come oziose ripetizioni talora accoppiate a figura etimologica (Cigno nel primo verso, amico nel secondo con la figura etimologica di amo nel terzo, colle e monti rispettivamente nel quinto e nel sesto verso, anima nel settimo e alma nell’ottavo, poeta nell’ultimo. E dovettero sembrargli una prova di presuntuosa sicurezza gli ultimi tre versi, compreso, ad aggravarla,  il ricordo virgiliano del primo di essi. È del poeta il fin la meraviglia, parlo dell’eccellente e non del goffo, chi non sa far stupir vada alla striglia! predicava Giambattista Marino, il pontefice della poesia barocca. Certamente il Gorgoni non è un cigno, ma non si può nemmeno invitarlo ad andare alla striglia senza dare uno sguardo integrale al suo volume che comprende componimenti  che, secondo il Lezzi, probabilmente, sarebbero da considerare tutti più o meno sciagurati.
Per corroborare quanto affermato nel commentare questa poesia che nel volume è a p. 26 e perché il lettore si faccia una sua idea, propongo un estratto dell’imponente produzione2.
Comincio con un sonetto in cui l’autore, ben lungi da quella presunzione che una lettura superficiale del precedente indurrebbe a rilevare, mostra chiara consapevolezza dei suoi limiti (questa volta qualcuno lo accuserà di ipocrisia e falsa modestia? …) pur invocando  a compensazione una certa correttezza morale e religiosa.
  (p. 4) Per le sue Poesie, mentre vanno alle Stampe3
Ite innocenti mie dolci fatiche,
ne’ torchi amici à miglior vita haverne;
voi della penna mia già figlie antiche,
voi della Cetra mia note moderne.
Se le lingue de’ Savi havrete amiche,
poco vi cale di chi mal discerne.
Non Elene corrotte, et impudiche
v’accoglie Apollo in sù le sfere eterne.
Vergine la mia Clioa, però modesta,
a suon di corde d’or vita vi diede,
e, mentre v’adornò, la man fù onesta.
Quanto spetta al decoro, in voi si vede,
quanto a pena Cristiana, in voi s’innesta;
vi diede un Cigno purità di fede.
_________
a Vedi la nota b del componimento precedente.
  Il sonetto che segue si direbbe quasi premonitore …
(p. 5) Per chi cenzura , e non scrive
Mille Zoilia vegg’io, che a’ Greci Omeri
mordono i fogli, et è livor lo sdegno;
di mille anco Aristofani severi,
che de’ Socrati ognor ridonsi à segnob.
Veston ali di cera i lor pensieri,
né giunger ponno della Fama al Regno.
Inutili di Palladec Guerrieri,
hanno l’armi alla lingua, e nò all’ingegno.
Chi commenzal d’Apollo oggi si spanded,
Pindaroe non fù mai. Né bene accenna
che delibòf col Dio sacre vivande,
non sà, chè fiero il Mar, chi mai l’Antennag
d’un pinh guidò. Né sà, che peso è grande
chi Atlantei non provò Cielo di penna.  
________
a Zoilo fu un grammatico greco del IV secolo a. C., autore di un’opera, andata perduta, in cui criticava ferocemente i poemi omerici.
b Aristofane (V secolo a. C.) nella commedia Le nuvole ironizza su Socrate e i Sofisti.
c Dea protettrice delle arti.
d vanta
e Poeta lirico greco (VI-V secolo a. C.) famoso per i suoi voli, cioè ardite, improvvise digressioni.
f gustò
g l’albero
h nave (metonimia: invece dell’oggetto, la materia di cui è fatto).
i Zeus, che era figlio di Crono,  lo costrinse a reggere sulle spalle la volta celeste per punirlo di essersi alleato con Crono per guidare o titani contro gli dei dell’Olimpo.
  Proseguo con i sonetti dedicati agli animali.
  (p. 31) La formica
Quando Sirioa  più avampa, e ‘l fier Leoneb 
co’ suoi raggi infocati il Mondo accora,
sbucata da mia concava magione,
de’ bruti in compagnia lodo l’Aurora.
Provedo a’ casi miei nella stagione
dell’ariste indorate avida ognora.
E per assimilarmi cal dio Plutone,
furo a Cerere afflitta i frutti ancora.d
Non di villano cor m’agghiaccian l’onte
Caccoe di brieve corpo. Io sono amante
delle bricef disperse, e lui del fonte.
Rispetto al corpo, alle minute piante,
s’ogni peso che porto appare un monte,
benche il nano de’ vermi io sono Atlante g.
___________
a É la stella più luminosa della costellazione del Cane e nel periodo della canicola (24 luglio-26 agosto) sorge e tramonta con il sole.
b Il sole è nel suo segno tra il 23 Luglio e il 22 Agosto.
c rassomigliare
d Allusione al mito di Cerere, la cui figlia Proserpina fu rapita da Plutone.
e Caco viveva in una grotta dell’Aventino e terrorizzava i vicini con i suoi furti. Fu ucciso da Ercole, al quale aveva rubato dei buoi.
f briciole
g Vedi la nota i del componimento precedente.
  (p. 32) La mosca
Chi regal mi dirà!! Chi mi condanna
plebea frà tanti piccioli animali!
D’aquilino color vestendo l’ali,
ogni fisonomista in me s’inganna.
Se turbo il sonno altrui, sono tiranna;
arpiaa, se cene infestob a’ commenzali.
I Monarchi, i Plebei fò tutti eguali,
succhio a questi l’erbette, a quei la manna.
Mio Tron, è un volto in cui me spesso  assentoc,
né temo, che mi fuga, indi importuna,
con flagello di carta ira di vento.
La sorte è a me, né lucida, né bruna;
con vicende di Fato, io m’alimento
in desco di Miseria, e di Fortuna.
___________
a Le Arpie erano creature mitologiche col volto di donna e il corpo di uccello. Erano specializzate nel saccheggio delle mense.
b invado
c siedo; qui l’autore, che non era certo un indotto, si è preso la licenza, dovuta ad esigenza di rima, di scambiare assido (da assidere) con assento (da assentire), attribuendo a quest’ultimo il significato del primo.
  (p. 122) Lamenti d’un Bue
Su l’apparir de’ matutini albori
m’intima a fatigar bifolca mano,
e interrotti i placidi sopori,
o le valli coltivo, o solco il piano.
Trovo circonferenti i miei sudori,
se dura sfera è l’esercizio humano,
né pietade provede a’ miei languori,
che le leggi ad un Bue fa Re villano.
Son’io, che copro i semi, io che raccoglio
le ricche biade; e se talor mendico
cibo, lo porge rusticano orgoglio.
Riposa altrui nel vitupero antico,
io naufrago operando; e sì mi doglio,
che fra tanti cornuti io sol fatico.
  (p. 142) L’Aragno
Priva di penne, ove convengon l’ali,
lega debol fil da muro, in muro,
e fabra, e spola: aggroppa i stami uguali,
Dedaloa verme  ,c’ha veleno impuro.
Mille Tesei volanti, i dì fatali
chiudono a morte al carcere spergiuro,
e, fallace Arianna a loro mali
porge stami, e lo scampo è men sicuro.b
Pesca senz’amo, sù dell’Etra al Marec;
dalle viscere sue l’esche raduna,
fatte le reti Rie fila già rare.
Se ‘l cerchio indi le squarcia Aura importuna
meraviglia non è, che sempre appare
chiara incostanza a Rota di Fortuna.
_____
a L’inventore del labirinto, cui la tela del ragno somiglia.
b Allusione al mito di Teseo che uccise il Minotauro (rinchiuso da Minosse, re di Creta,  nel labirinto) grazie all’aiuto di Arianna, figlia del re , la quale lo dotò di una matassa che, srotolata, permise all’eroe di uscire dal labirinto.
c dal cielo al mare
  (p. 152) Il Gallo
Quando avanzano al dì brievi momenti,
la notte invoco à seminar gli orrori.
Ristorate dal sonno al fin le menti,
desto l’Aurora à dispensar gli albori.
Animato  Orologgio: io balbia accenti,
rinforzo audace, e fremiti sonori,
invito à sursib effeminate genti.
Sono Metro del Tempo, e degli amori.
Coronato volante: à me natura
della prosapiac mia fidò l’impero,
altro che vigilar non è mia cura. 
Iride hò nelle piume; e sempre altero
se co ‘l canto protestod ogni bravura,
degli Augelli son’io tromba, e Guerriero.
________
a Forma sincopata di surgersi(levarsi dal letto)
b balbettanti
c stirpe
d mostro
  (p. 166) Per una sanguettolaa, morta sopra il braccio di bella Donna
Dai neri stagni, in lucida prigione
altri ti chiuse, di salute un Angueb,
acciò, svenando agl’innocenti il sangue,
fusse de’ vermi un fisico Neronec.
Mentre l’arte di Cood savia t’impone
mordessi il braccio à Lilla mia che langue:
avida, e tu, per non sentirla esangue,
fustee di sua salute empia cagione.
In picciolo Eritreof, tue rabbie absorteg,
inerme Faraon vedesti; e ‘l male
che ondoso s’annegò, anco fù forte,
ma, felice imparasti empio animale,
per non mutarti in cenere la Morte,
con i balsami suoi farti immortale.
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a sanguisuga; all’epoca il salasso tramite sanguisuga era una delle terapie più usate in varie malattie. Sanguettola è diminutivo di sanguetta, voce regionale settentrionale.
b serpente
c Qui l’imperatore è assunto per antonomasia a modello di sanguinario.
f Il globulo rosso, scoperto da poco (dall’olandese Jan Wammerdam  nel 1568).
g scatenate
  (p. 236) Si paragona all’Ape
A te, ch’ali dorate Ape ramingo
apri a i raggi del Sol, Clotoa de’ fiori
e guerriero oricalcob, a’ tuoi clamori
coorti aduni, a parità mi fingo.
Tu nel fumo patisci, e io mi stringo
del Dio ch’è ciecoc ai fumiganti ardori,
tu favi ammonti, ed io con atri umorid
armoniche dolcezze al Mondo pingo.
Tu volante destrier sù l’Etrae biscif,
io di Marte scrivendo, or pugno, or giostro,
tu i Prati adori, io d’un bel volto i lisci.
Così,  troppo uniforme è il viver nostro,
mentre noi stizza altrui: pronto ferisci
tu con ago mordace, io con inchiostro.
__________
a Era la più giovane delle tre Parche e il suo compito era quello di filare lo stame della vita.
b tromba
c Amore
d inchiostro
e nell’aria
f sibili
  (CONTINUA)
________________
1 Notizia delle Accademie istituite nelle Provincie Napolitane in Archivio Storico per le Province Napoletane, anno III, fascicolo I, Giannini, Napoli, 1878, p. 147: Galatina. L’Accademia col nome di RISOLUTI fioriva tuttavia nell’anno 1715 in Galatina, e facea per impresa una Fiamma3. E in nota 3: Vedi ALESSANDRO TOMMASO ARCUDI a p. 8, 237 e 243 del suo libro Le due Galatine difese, che stampò in Lecce nel 1715 colla falsa data di Genova e col finto nome di Saverio Volante.   
2 Sono 312 componimenti: 270 sonetti, 37 epigrammi e 5 altri di maggiore estensione. Due suoi sonetti , inoltre,si trovano inseriti, in lode dell’autore, in Vita e miracoli del glorioso S. Saba, di Onofrio Guido di Castrignano dei Greci, opera uscita per i tipi di Pietro Micheli a Lecce nel 1861 (le pagine non sono numerate).
3 Scrive il fratello nell’avvertenza al lettore che i sudori di mio fratello furono valevoli, accelerandogli il suo dì fatale, a privarlo della luce; e più avanti che si tratta di opere … la maggior parte ritrovate abbozzate trà misere cartuccie …   Se, dunque, questo componimento non è un topos obbligato, Angelo aveva intenzione di pubblicare la sua fatica ma la morte glielo impedì.
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