[Soggiorno a Venezia. Marcel Proust
Proust si reca due volte a Venezia, insieme alla madre: la prima nei mesi di aprile e maggio del 1900 e la seconda verso la metà di ottobre dello stesso anno. Di questo secondo viaggio non resta altra memoria all’infuori di una visita, nell’isola di San Lazzaro, al monastero armeno, sul cui album dei visitatori compare la firma di Proust in data 19 ottobre; mentre molteplici notizie rimangono…
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La vera felicità è godersi il presente, senza dipendere ansiosamente dal futuro, non per divertirci né con speranze né paure, ma rimanere soddisfatti di ciò che abbiamo, il che è sufficiente, perché chi è così non vuole nulla.
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Mi sento tanto sola in questo periodo... cerco qualcuno con cui parlare di tutto e di niente, non mi interessa se sia un maschio, una femmina o altro, cerco una persona... una persona con cui poter riflettere e non aver paura di esporsi.
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In questi giorni penso che dovrei (di)mostrare alla psicologa-psicoanalista tutte le belle letture di psicologia che ho fatto in passato ed il lavoro introspettivo che ho fatto attraverso di esse ma ho la mente affaticata, dimentico quasi tutto, ricordo solo l'essenziale e spesso nemmeno quello e al momento l'essenziale è: ho almeno un attacco di panico al giorno, quando non ce l'ho mi passo la mattinata in preda ad attacchi di ansia, torno a casa e dormo. Questa è la mia giornata. Perché tutto questo? Non lo so. Sarà una bella conversazione basata sul niente, la prossima volta che ci vedremo. Tuttavia ho scoperto che pensavo di non avere necessità di parlare né dunque necessità di psicoterapia ed invece le ho riversato addosso un sacco di parole e fatti senza al solito ordine storico.
Devo respirare di più, la prossima volta, e vomitare situazioni di meno.
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Sto per arrivare a roma (e poi metro + autobus) quindi immaginatemi girare con sotto questa fantastica canzone
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un bacio alle colleghe più brillanti dell'università, 30 goers e future 110L takers, che oltre ad avermi fatto passare l'ansia per l'esame mi hanno anche detto che pure loro la tesi la danno fuori corso. il bacio più grande però alla collega '93, futura ricercatrice in norvegia, che ha finito l'uni quest'anno. il limone duro, invece, lo dedico al professore più competente di tutta la sezione scandinavistica, le sue 10 lingue parlate a livello C2, e i sette anni che ci ha impiegato per finire la magistrale.
loro non lo sanno ma sono i fili che tengono insieme la mia salute mentale sul tempo che ci sto mettendo a finire l'università.
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Una piccola avventura
Siamo arrivati in stazione. Lui scende e si guarda intorno poi vede il pantografo alzarsi. Adesso sono due i pantografi alzati, il prantrografo, come lo chiama lui. La locomotiva adesso ha le luci rosse accese: è diventata la coda del treno. Una giovane capotreno lo guarda e sorride mentre lui osserva e urla stupito per ciò che vede.
Vorrebbe riprendere il treno ma gli spiego che non è possibile. Pare capire e la delusione passa. I macchinisti scendono e salutano i colleghi, spengono tutto e se ne vanno. Uno dei due pantografi si abbassa e lui resta un attimo spaventato sentendo lo sbuffo che ne accompagna il movimento. Corriamo dall'altro capo del treno, c'è una carrozza passeggeri, gli spiego che si chiama "semi pilota" perché da qui i macchinisti controllano la locomotiva in coda e fanno muovere il treno.
Un uomo alto con la barba brizzolata lo osserva e sorride, lo stesso fa la capotreno.
«Sei un esperto di treni, vero?»
Improvvisamente si ammutolosce. Il macchinista gli si avvicina e gli mostra un semaforo poco più avanti.
«Vedi quelle due lucine rosse? Quando quella più a destra diventa gialla o verde noi possiamo partire»
Ascolta in silenzio, incamera l'informazione.
«Vuoi salire a vedere il posto di guida?»
Resta interdetto, non parla ma a stento riesce ad annuire e si convince a salire. Dietro di noi il macchinista e la capotreno sono sicuro stanno sorridendo.
«Siediti qui, al posto di guida»
Non lo mostra ma deve essere al settimo cielo. È timoroso ma il macchinista gli spiega che il treno per ora non parte qualunque cosa faccia. Si tranquillizza.
«Ma il volante non c'è!» gli dico e lui mi risponde sicuro: «Non serve il volante»
«Vuoi suonare la tromba del treno?» gli chiede inaspettatamente il macchinista. Risponde di sì e allora il macchinista preme un pulsante davanti a lui. Sorride, poi scende dal sedile perché è ancora troppo piccolo per arrivarci da seduto e schiaccia il pulsante.
Due volte, la seconda più a lungo.
Scendiamo perché è quasi ora della partenza, vediamo arrivare su un altro binario accanto al nostro un FrecciaRossa, il semaforo diventa giallo. La capotreno gli dice: «Quando lo vedi verde ricordarcelo di partire».
Il macchinista è già al suo posto, noi aspettiamo che il treno parta, la capotreno chiude le porte e ci saluta prima di chiudere anche la porta della prima carrozza.
Mi fa solo una domanda: mi chiede perché il treno parte piano. Gli rispondo perché è un po' pesante.
Ce ne andiamo con la promessa che ora lo porto a vedere la 740, la locomotiva a vapore ferma in esposizione davanti alla vecchia stazione.
Avrà tante cose da raccontare stamattina a scuola ai suoi amichetti.
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