Tumgik
#NON SONO PIU' LA SUA PROF
abr · 2 years
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La poveretta è autoreferenziale, pensa che stian dicendo a lei e alla sua parte ma chi li stai mai cagando, a lei e a tutti gli altri PERDENTI da Marattin a sinistra. Codesti credono tutti da come commentano che Meloni stia parlando a loro di loro per loro. Che si stia parlando addosso come loro.
Non sanno che esiste un mondo là fuori, lontanissimo dalla politica? Che non ne può più? Un sacco di gente che non cerca più i bravi o i belli o i giusti e men che meno quelli che LE KOMPETENZEH : semplicemente non vuol più esser presa per il chiulo, NON VUOL PIU' ESSERE DISTURBATA. Eppure i dati sull'astensione dal voto li conoscono.
Cucù sveglia, quelli da non disturbare sono gli IMPRENDITORI, a partire da quelli senza industria e capannoni - artigiani liberi prof partite iva - ed è proprio la politica che non deve disturbarli nunca mas!
Brava Meloni, fosse'anche solo per questo passaggio - ma nel suo discorso c'è altro: un altro nunca mas, basta restrizioni illiberali con la scusa dell'epidemia. Poi si, c'è ovvia la riverenza dovuta all'Ucragna e all'Europa, ma è dovere, senza quel bavoso trasporto da zelanti picciotti della paranza.
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tarditardi · 5 years
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19/11 Palla in Rete, Ragazzin Rete, per dare un calcio al Cyberbullismo, in Regione Lombardia
"Il bullismo non insegna… segna". Dopo un anno di lavoro per progettare un evento che potesse mettere insieme due mondi (scientifico e sportivo) martedì 19 novembre prenderà il via Palla in rete, ragazzi in Rete, con la prima tappa di Milano in programma presso Regione Lombardia, Auditorium Testori, a partire dalle ore 9 fino alle 13,30.   Un appuntamento che vedrà il coinvolgimento di 350 ragazzi delle scuole secondarie di primo e secondo grado di Milano e provincia in una mattinata di informazione e formazione per contrastare un fenomeno in forte crescita anche nello sport.  Secondo i dati del Coni, infatti,  in Italia il 10 percento dei ragazzi  in età scolare è stato vittima di bullismo in ambienti sportivi, il 15 percento degli adolescenti è stato preso in giro o ha subito scherzi nello spogliatoio. Nella maggior parte dei casi (75%) si tratta di ragazzi che hanno subito episodi di bullismo anche a scuola, mentre il 15% di cyberbullismo. Non solo, il 22 percento degli adolescenti viene preso in giro mentre fa sport perché non prestanti o poco dotati.  
"Il mondo dello sport purtroppo è terreno fertile per il dilagare di episodi di bullismo e cyberbullismo – spiega il professor Luca Bernardo direttore di  Casa Pediatrica del Fatebenefratelli- Sacco di Milano – la competizione e il desiderio di primeggiare spesso portano a schernire chi non è dotato o ha difetti fisici, (troppo piccolo, troppo alto, troppo grasso, troppo magro) amplificando con l'ausilio del web insulti, violenza verbale e anche forme più subdole di discriminazione verso un compagno di squadra considerato "diverso". Sono situazioni che possono minare l'autostima fino ad indurre un giovane atleta ad abbandonare la pratica sportiva.  Per questo abbiamo deciso, come Casa Pediatrica, di sposare l'idea della giornalista Federica Bosco & di Edipubblicità, e di trasferire un insegnamento positivo ai ragazzi chiedendo aiuto e sostegno proprio ai campioni del mondo del calcio perché ad un messaggio di un idolo sportivo si presta più attenzione".  
Una "call" rivolta al mondo del calcio che è stata recepita dalle società professioniste e da diversi campioni di oggi e di ieri,  che accompagneranno la squadra di Palla in Rete in questo tour itinerante che si concluderà il prossimo mese di maggio all'interno di Time4child, il grande evento che si terrà nell'ex area Expo dedicato ai più piccoli, dove verranno consegnate quattro borse di studio a giovani medici psicologi e verranno premiate le scuole partecipanti.  "Il gioco del pallone è diventato il gioco del calcio, un passaggio che ha cambiato tutto l'orizzonte – spiega il dottor Mario Brozzi, coordinatore sanitario del Milan – il gioco ha subito una profonda trasformazione, un cambio di pelle perdendo di vista quella che è la sacralità educazionale che il mondo dello sport deve avere. Oggi il risultato conta più di ogni altra cosa, a quattordici anni gli atleti sono già sottoposti a stress e questo crea una distorsione che genera anche episodi di violenza verbale o fisica. E allora ritengo sia necessario, attraverso questa iniziativa, insegnare che lo sport è prima di tutto divertimento". Il format che toccherà Milano, Torino, Roma e Napoli vedrà, nella prima tappa in programma il 19 novembre, il coinvolgimento di Regione Lombardia e dell'Assessore allo sport Martina Cambiaghi ""Ho voluto scendere in campo personalmente perché i numeri di questo fenomeno sono preoccupanti e sempre più spesso le cronache locali e nazionali riportano episodi allarmanti – ha spiegato l'Assessore a Sport e Giovani di Regione Lombardia, Martina Cambiaghi – Il bullismo e il cyberbullismo si possono combattere con l'educazione, con la cultura sportiva, con l'esempio e la condivisione di valori importanti. Di recente non ho avuto paura di puntare il dito verso i genitori: quelli che dovrebbero essere da monito e invece nella realtà si trasformano sempre più spesso in esempi negativi. Un bambino impara da loro a comportarsi: se registra come un atteggiamento normale, anche tra le mura domestiche, modi e parole da bullo, sicuramente sarà più propenso ad imitarlo nella vita reale ma anche sui social. Sono certa che servono provvedimenti seri ma il primo esempio deve arrivare dalla famiglia. Ho proposto il "Daspo" per i genitori che chi si comportano male e non danno il buon esempio, anche solo con intemperanze verbali su tribune e palazzetti".
Alla tavola rotonda, coordinata e condotta dal noto giornalista sportivo Franco Ordine, con la collaborazione della conduttrice Camila Raznovich, prenderanno parte la Polizia postale ed alcune associazioni impegnate nel  contrasto al cyberbullismo. Anche gli ordini professionali, psicologi e giornalisti, hanno risposta alla chiamata del Professor Bernardo offrendo la loro area di competenza nel comitato scientifico. Non solo, per Riccardo Bettiga, Presidente dell'Ordine degli psicologi della Lombardia,  che ha collaborato attivamente alla realizzazione dei messaggi "social" di contrasto al bullismo e cyberbullismo nello sport da veicolare  attraverso la piattaforma Pallainrete.org, "l'iniziativa è vincente perché coniuga la competenza degli attori presenti alla capacità dei campioni di essere attrattivi per i ragazzi e dunque di far passare un messaggio positivo in maniera più efficace". Il Presidente dell'Ordine dei giornalisti della Lombardia, Alessandro Galimberti,  ha voluto inserire l'evento nella formazione continua per ricordare ai colleghi che la Carta deontologica di Treviso impone la massima tutela dei minori: "La protezione dell'infanzia e dell'età evolutiva è uno dei cardini del sistema deontologico dell'informazione e perciò dei doveri dei giornalisti che lo trattano. Lo sport rappresenta la principale deroga al principio di anonimato a tutela dei minori in quanto si presume che sia un ambiente sociale positivo nel quale il minore estrinseca la sua personalità e si forma come adulto, ma proprio per questo la vigilanza sull'ecosistema dello sport giovanile prima ancora che sull'attività dei giornalisti, deve essere al massimo livello".
"Grazie al Prof. Luca Brnardo per l'invito a partecipare il prossimo 19 Novembre alla tavola rotonda in Regione Lombardia per contrastare questa piaga sociale che non rientra. In questa occasione interessante sarà parlare di sport e come il bullismo arrivi a ledere anche gli strumenti di contrasto, perché lo sport aggrega e questo è un ottimo modo per combatterlo"-aggiunge Vincenzo De Feo, Presidente dell'Associazione Mai Piu' Solo.
In occasione dell'evento verrà presentata la app "BULLI OFF" messa a punto dagli sviluppatori di Amazon con il contributo di medici e psicoterapeuti di Casa Pediatrica. Uno strumento digitale, nuovo,  che i ragazzi potranno scaricare gratuitamente sui propri smartphone e a cui potranno porre domande per avere prime immediate risposte sul tema.
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pangeanews · 6 years
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Leopardi è stato il filosofo più grande, altro che Nietzsche: dialogo leopardiano con Raoul Bruni
Origlio banalità. Chiunque sfiori lo Zibaldone di pensieri di Leopardi resta folgorato da quei pensieri salini, dall’intemperante sagacia di quegli appunti, che clamorosa ‘doccia fredda’, che messa in crisi di saltuari, saturi pregiudizi. Di fronte a questi pensieri, veridici non per verità – che è la verità? – ma per rischio – la sola verità è avventarsi – se ne risorge con la testa che rotea galassie: “Tutto è male. Cioè tutto quello che è, è male; che ciascuna cosa esista è un male; ciascuna cosa esiste per fin di male; l’esistenza è un male e ordinata al male; il fine dell’universo è il male… non c’è altro bene che il non essere”. Leopardi non è ‘pessimista’ – comodo cingerlo nel tutù di un aggettivo – ma torchia ogni pensiero fino al limite possibile, coltiva la contraddizione, frantuma: “Vogliono che l’uomo per natura sia più sociale di tutti gli altri viventi. Io dico che lo è men di tutti, perché avendo più vitalità, ha più amor proprio, e quindi necessariamente ciascun individuo umano ha più odio verso gli altri individui sì della sua specie sì dell’altre”. Leopardi è stato – con Nietzsche, con Dostoevskij – tra i filosofi inarrivabili, alieni all’accademismo, che hanno squarciato il velo dell’Ottocento portandoci nel millennio a venire. Ciò che oggi, tuttavia, è ovvio – fino a un certo lato, dacché Leopardi resta sempre il poeta dell’Infinito, sublime, ma disinnescato, la scuola fa di tutto per addomesticarne la potenza lavica – non lo era qualche decennio fa. Merito di Raoul Bruni, che insegna all’Università Cardinale Wyszyński di Varsavia, aver fatto riscoprire e ripubblicare – sia lode all’editore Aragno – due autori fondamentali nello studio del Leopardi poeta. Intanto, Giuseppe Rensi (1871-1941), filosofo, antifascista, autore dei Lineamenti di filosofia scettica e della Filosofia dell’assurdo, che già nel 1906, sul quotidiano svizzero ‘L’Azione’, scrive che “se Leopardi fosse stato unicamente filosofo e avesse dedicato la sua intelligenza all’elaborazione d’un sistema, il pensiero italiano avrebbe avuto, prima e meglio di quello germanico, Schopenhauer e Nietzsche armonizzati in una costruzione unica”. Bruni raccoglie i testi di Rensi Su Leopardi, a volte sorprendenti (La filosofia del diritto del Leopardi, ad esempio, dove si conclude che “solo la coazione, e non l’immaginario fatto che la volontà della legge sia anche la volontà dell’individuo, può riuscire a costituire la società”). D’altro canto, La filosofia di Leopardi di Adriano Tilgher (1887-1941), formidabile polemista – per Gobetti pubblicò Lo Spaccio del Bestione trionfante, il virale pamphlet contro Giovanni Gentile – elzevirista, saggista, è uno strumento da imporre ai prof, ai leopardofili, ai buoni lettori. Per temi – ‘Il Dovere’, ‘L’Amore’, ‘La Noia’, ‘La Teologia Negativa’, ‘Antistoricismo’… – infatti, Tilgher sviscera il pensiero di Leopardi, con rapacità retorica, è leggibilissimo e senza fronzoli accademici (“La noia è una passione. Anzi è la passione. La noia, si potrebbe dire parafrasando Leopardi, è la passione fondamentale della vita rimasta sola quando nessun’altra passione… occupa l’anima”). Due libri fondamentali sul pensatore fondamentale: troppo miele mi fa svanire, così, contatto Bruni. (d.b.)
Provo a fare una sintesi dei suoi lavori. Recupera l’opera di due misconosciuti – meglio, troppo poco noti – Adriano Tilgher e Giuseppe Rensi, che approfondiscono un aspetto troppo poco noto di Leopardi, la potenza filosofica, per altro con genio lungimirante. Viene da dire: le piace indagare nelle oscurità, nel non convenzionale… è così?
Devo dire che mi ritrovo in questa formulazione. Sono sempre stato attratto dagli autori e dai pensatori eccentrici, confinati ai margini dei canoni accademici e scolastici; oppure, quando mi sono occupato di un grande classico come Leopardi, ho sempre cercato di approfondire versanti della sua opera ancora poco indagati. Credo che nell’ambito della cultura filosofica italiana del Novecento, specie della prima metà del secolo, ci sia ancora molto da scoprire. Giuseppe Rensi e Adriano Tilgher sono due casi esemplari: due autori semidimenticati, pressoché ignorati dai manuali di filosofia, che, invece, si leggono ancora oggi con straordinario interesse. Tanto per la limpidezza del loro stile (non contaminato dagli specialismi accademici), quanto per l’attualità e la pregnanza della loro riflessione filosofica. La loro precocissima attenzione per il Leopardi pensatore è, in questo senso, emblematica. Di solito quando si pensa alla filosofia di Leopardi si cita subito Emanuele Severino, il cui primo libro su Leopardi è del 1990, ma ci si dimentica che Rensi, fin dal 1906, riconobbe la grandezza filosofica di Leopardi, mettendolo sullo stesso piano di Schopenhauer e Nietzsche. Se, poi, si aggiunge che, nel primo Novecento, la cultura ufficiale di stampo idealistico negò all’opera di Leopardi ogni valore speculativo, la pionieristica interpretazione leopardiana di Rensi ci appare in tutta la sua luminosa originalità. Ancora meno noto di Rensi è Adriano Tilgher, di cui oggi sono disponibili pochissime opere (mi piace qui ricordare le sillogi Filosofi antichi e Filosofi moderni, pubblicate dalla raffinata casa editrice Atlantide per impulso di Simone Caltabellota). La filosofia di Leopardi di Tilgher, uscito 1940, ben sette anni prima del fortunatissimo saggio di Cesare Luporini Leopardi progressivo, è uno dei primi e dei migliori contributi organici pubblicati sul pensiero leopardiano. Chi si occupa del pensiero di Leopardi, ne può trarre ancora oggi spunti preziosi, e in ogni caso non può ignorarlo.
Che lettura ‘nuova’ danno Tilgher da una parte e Rensi dall’altra di Leopardi? E perché, poi – penso a Tilgher soprattutto – certe intuizioni, chiarificatrici, sull’opera di Leopardi non sono state prese in giusta considerazione?
Già il fatto che Rensi e Tilgher riconoscano a Leopardi un intrinseco valore filosofico rappresentò, come ricordavo, una notevole novità nel contesto culturale primo-novecentesco. La cultura idealistica non riconobbe valore filosofico a Leopardi perché considerava il suo pensiero troppo rapsodico, e dunque asistematico. Al contrario, Rensi vide nella frammentarietà dello Zibaldone un sintomo di modernità: per Rensi, Leopardi fu un grande frammentista, al pari di Nietzsche. Oggi il parallelismo Leopardi-Nietzsche è diventato quasi un luogo comune della critica, ma allora era assolutamente inedito. Un altro grande merito di Rensi risiede nel fatto che egli fu tra i primi a leggere Leopardi come filosofo politico, dedicando per esempio grande attenzione alle fondamentali riflessioni zibaldoniane sulla cosiddetta «società stretta» e sulle aporie del vivere sociale; infine occorre ricordare che Rensi definisce quella di Leopardi una «poesia di concetti», anticipando, per certi aspetti, la famosa formula del «pensiero poetante» che intitolava un importante saggio di Antonio Prete. Rispetto a Rensi (di cui condivide molti presupposti: i due, del resto, furono molto amici), Tilgher analizza l’opera leopardiana, e in particolare lo Zibaldone, in modo più organico, dedicando ai più importanti motivi della riflessione leopardiana (dal piacere alla noia, dalle illusioni alla compassione) altrettanti capitoli. Gli elementi di novità rinvenibili nella Filosofia di Leopardi sono molti: penso ad esempio al capitolo sul materialismo leopardiano, alla analisi del contrasto tra civiltà e barbarie, alle considerazioni sulla singolare “religiosità” leopardiana. Ma anche la tesi di Sergio Solmi che parlò a proposito dello Zibaldone di «pensiero in movimento» è, in certo modo, anticipata da Tilgher. Eppure, nonostante queste intuizioni, lo studio di Tilgher è stato a lungo sottovalutato dalla critica leopardiana. Le ragioni sono molteplici: innanzitutto durante gli anni in cui la linea critica di gran lunga dominante era quella di ascendenza marxista (ho già fatto riferimento al Leopardi progressivo Luporini) si vedevano con sospetto le pagine di Tilgher sull’antiprogressismo e l’antirazionalismo di Leopardi; e poi, più in generale, non si poteva perdonare a Tilgher (come del resto a Rensi) lo stile anti-accademico, poco rispettoso del bon-ton universitario.
Lo Zibaldone appare, sempre più, come il monolite filosofico più importante del pensiero italiano, con tutte le sue – modernissime – contraddizioni: è d’accordo? Verrebbe da dire che la filosofia, nello specifico italiano – penso, ovviamente, a Dante, Manzoni, Leopardi, ma anche a Montale, a Luzi – sia stimolo lirico. 
Sono sicuramente d’accordo. Lo Zibaldone (di cui è stata recentemente pubblicata anche una traduzione integrale in lingua inglese) ci appare sempre di più come il documento fondamentale del pensiero italiano moderno. D’altra parte, come sappiamo, Leopardi affidò il suo pensiero anche ai versi, e i Canti sono un esempio insuperato di “poesia pensante”. Se una possibile linea filosofica della tradizione poetica italiana si può far risalire già a Dante; è soprattutto da Leopardi in poi che la grande poesia italiana (in sintonia con la lirica europea post-romantica) sarà, quasi sempre, anche una poesia filosofica. Perché il valore filosofico di Leopardi venisse pienamente riconosciuto si è dovuto aspettare moltissimo tempo; e ho l’impressione che le venature filosofiche della grande poesia italiana del Novecento siano ancora scarsamente indagate. A questo proposito bisogna ricordare che Montale fu un attento lettore di Rensi, e tracce della lettura di Rensi si possono trovare anche nei suoi versi, a cominciare dagli Ossi di seppia (ai poeti citati aggiungerei almeno il nome di Caproni, anche lui lettore di Rensi). Insomma, credo che sul pensiero della poesia italiana del Novecento ci sia ancora molto da scrivere.
Qual è a suo avviso l’aspetto necessario, più cocente della ‘filosofia’ di Leopardi (posto che si possa dir così)? 
Difficile indicare un solo aspetto di un pensiero che, nello Zibaldone, tocca con ambizione enciclopedica una miriade di temi. Posso però dire che nessun autore moderno come Leopardi ci aiuta a comprendere il mondo contemporaneo in tutti i suoi aspetti. E credo che anche per comprendere il futuro che si sta preparando non si potrà prescindere da Leopardi.
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Liborio Salomi e il capodoglio di Punta Palascia (I parte)
di Riccardo Carrozzini
Liborio Salomi (Carpignano Salentino, 1882 – Lecce 1952) è lo scienziato / geologo / naturalista / tassidermista, amico e collaboratore di Cosimo De Giorgi, al quale succedette nella cattedra di Scienze naturali e nella direzione del Museo – Gabinetto di Scienze presso l’Istituto “O. G. Costa” di Lecce. Di lui mi sono occupato nel volume Liborio Salomi, un illustre salentino quasi sconosciuto [1]. Ne riporto di seguito uno stralcio, che vede coinvolti gli addetti al Faro di Punta Palascia (Otranto), in ciò stimolato da Cristina Manzo, che ci delizia con i suoi bellissimi articoli sui Guardiani del mare (https://www.fondazioneterradotranto.it/2020/08/07/i-guardiani-del-mare-si-raccontano-e-i-piu-belli-sono-nel-salento-iv-parte/). E che in quello del 7 agosto parla proprio di quel faro, che sul web (non ricordo dove) ho trovato essere stato costruito nel 1869, sul luogo di una delle nostre tante torri cinquecentesche, all’epoca già allo stato di rudere, che fu interamente demolita. Ho un po’ ridotto e adattato il testo alle esigenze di questo sito: si tratta della vicenda (che vide Salomi protagonista nel 1902-1903) del recupero dello scheletro di un capodoglio, la cui carcassa in decomposizione venne avvistata proprio dai soldati del semaforo. Sarei curioso di sapere se esistono i diari dell’attività di quel faro (allora era presidiato) e, in caso affermativo, se in quello del 1902 la vicenda è stata riportata.
  Poco più che diciannovenne, da studente del secondo Liceo dell’Istituto “Capece” di Maglie, Liborio Salomi mise già alla prova tutte le sue capacità partecipando attivamente al recupero e alla preparazione dello scheletro di un grosso capodoglio morto, il cui corpo venne avvistato al largo di Otranto il 18 gennaio 1902 [2].
Il corpo di questo enorme pesce (che in realtà, come si sa, è un mammifero), visto in lontananza, fu scambiato, dai “soldati del semaforo, addetti al servizio di Otranto, in località così detta Palascia”, per il profilo di un natante naufragato; alcuni gruppi di pescatori si diressero perciò, a bordo di sette imbarcazioni, verso questa sagoma indistinta visibile al largo, sperando di trovarvi chissà quale bottino.
Rivelatosi per quello che era, il corpo del cetaceo, già in stato di decomposizione, venne trainato a Otranto, da dove il Sindaco dell’epoca ordinò che venisse rimosso e spostato in località “Rinule” [3], a causa del fetore che emanava, in attesa che chi di dovere decidesse il destino di quella enorme carcassa. Esiste una foto, in possesso di Teresa Salomi (figlia dello scienziato, ancora vivente), appena leggibile e che, malgrado ciò, ho pensato ugualmente di pubblicare, del corpo del cetaceo trasportato nel porto di Otranto.
Fig. 1 – Il capodoglio nel porto di Otranto; sul molo un gruppo di curiosi (Foto da Teresa Salomi)
  Frattanto la notizia era giunta a Maglie, dove il Presidente del Consiglio d’Amministrazione del Liceo Capece, avv. Raffaele Garzia, si interessò alla questione, manifestando il suo interesse anche presso il Ministero della Marina. Questo, con telegramma in data 24 gennaio, concesse il cetaceo al Ministero dell’Istruzione e per esso al Preside del Liceo Capece a “scopo scientifico”. Con telegramma del giorno successivo il Sindaco di Otranto comunicava al Preside che il Prefetto lo aveva reso partecipe di quanto sopra e che pertanto il cetaceo recuperato era nella disponibilità del Liceo Capece “subordinatamente intero pagamento spesa ricupero ed in caso rifiuto lo abbandoni ricuperatori”. Lo stesso giorno (25 gennaio) il Consiglio d’Amministrazione del Liceo Capece, convocato in via d’urgenza, adottava la deliberazione n. 51, con la quale si stanziavano £. 150,00 per l’acquisto “dello scheletro del cetaceo giacente nelle acque di Otranto”.
Il Salomi, già conosciuto nella sua scuola per la sua competenza e per gli interessi nel settore della preparazione di animali imbalsamati e scheletri, fu incaricato di recuperare, per l’Istituto “Capece”, lo scheletro del cetaceo, e si recò dove il corpo era stato portato, procedendo [4] alla rimozione di tutte le carni e le parti molli in decomposizione [5] e al dissezionamento dello scheletro; organizzò e sovrintese anche al trasporto dello scheletro stesso, ormai privato degli organi interni e in gran parte ripulito dalle masse carnose, a Maglie, dove le ossa vennero seppellite nella calce viva per una loro completa ripulitura.
Tra la documentazione reperita vi è poi una lettera del Presidente Garzia al prof. Giuseppe Consiglio [6] con la quale il docente veniva pregato “di compiacersi procedere al diseppellimento delle ossa del cetaceo, e provvedere per pulirle, facendosi aiutare da qualche alunno, se lo crede, per evitare spese all’Istituto”. Qui rientra in gioco il Salomi, che effettua la pulizia finale delle ossa dissotterrate e procede alla ricomposizione dello scheletro, come testimonia la fig. 5, in possesso della figlia Teresa e già pubblicata (sia pure in una versione “speculare” fornita dalla pronipote di Liborio dott. Elena Valsecchi) nell’articolo Braschi – Cagnolaro – Nicolosi (si veda la nota 2); la foto mostra lo scheletro, sommariamente ricomposto a Maglie, con accanto la figura inconfondibile del giovane Salomi [7].
Fig. 2 – Il frontespizio del fascicolo che contiene tutti i documenti della vicenda (archivio Fondazione “Capece”, Maglie)
  Non si capisce bene perché, ma le originarie motivazioni dell’acquisto, di cui si trova traccia nella delibera n. 51 (“per arricchire il materiale scientifico dei nostri Gabinetti”), vennero successivamente meno, tanto che venne deciso –credo unicamente per motivi economici, ma non ho trovato documentazione che confermi questa mia supposizione- di alienare lo scheletro, forse al miglior offerente, inoltrando la relativa offerta anche oltr’alpe.
Fig. 3 – La deliberazione n. 51 (Archivio Fondazione “Capece”)
  A tal proposito si segnala una lettera a stampa in lingua francese, su carta intestata, anch’essa in francese, non si sa se mai spedita (è, infatti, senza indirizzo), che trascrivo integralmente nella mia traduzione:
“Data del timbro postale – Il nostro Istituto ha acquisito, da qualche mese, lo scheletro di un capodoglio, restituito morto dal mare Adriatico nei pressi di Otranto il 19 gennaio 1902. Si tratta di un physiter macrocephalus femmina, il cui scheletro raggiunge la lunghezza di 15 metri [8] e la circonferenza di 7 metri all’altezza della parte anteriore del tronco. Non è ancora montato, ma tutti i suoi pezzi – mancano solo 8 dei 25 denti della mandibola destra – sono stati scarnificati con cura e seccati con la calce. Desideriamo venderlo o scambiarlo con altro materiale scientifico di zoologia in buono stato. In attesa di ricevere proposte, siamo pronti a fornirvi eventuali chiarimenti richiesti (foto, inventario dei pezzi, ecc.). Il Presidente dell’Istituto Raffaele Garzia.” La lettera è indirizzata, sempre a stampa, “ai Signori Direttori d’Istituti di scienze naturali, di Musei zoologici, etc.”, senza ulteriori specificazioni.
Fig. 4 – La lettera al prof. Consiglio (Fondaz. “Capece”)
  (continua)
  Note
[1] R. Carrozzini, Liborio Salomi, un illustre salentino quasi sconosciuto, Ed. Milella, Lecce 2015, ISBN 978–88–7048–581–3. Chi volesse saperne di più può cercare Liborio Salomi tra gli articoli della Fondazione Terra d’Otranto.
[2] Nell’archivio della Fondazione “Capece”, la cui sede è ubicata nello stesso stabile dell’omonimo Liceo, a Maglie, si trova, nella busta n. 9, un fascicoletto con la documentazione relativa a questa vicenda; in altre buste vi è anche traccia di alcuni mandati di pagamento relativi alla stessa. Ringrazio il Presidente della Fondazione dott. Dario Vincenti e l’addetta all’archivio dott. Giovanna Ciriolo per la grande disponibilità dimostrata e per l’autorizzazione a pubblicare la documentazione in loro possesso. Altro doveroso ringraziamento al prof. Roberto Barbuti, vice-Direttore del centro Interdipartimentale – Museo di Storia Naturale e del Territorio dell’Università di Pisa per le foto dello scheletro, l’articolo sullo stesso (S. Braschi,     L. Cagnolaro, P. Nicolosi, Catalogo dei Cetacei attuali del Museo di Storia Naturale e del Territorio                       dell’Università di Pisa, alla Certosa di Calci. Note osteometriche e ricerca storica, in Atti Soc. tosc. Sci. nat., Mem., Serie B, 114, 2007) ed altre notizie fornite. Ringrazio infine il dott. Nicola Maio dell’Università di Napoli, studioso dello scheletro dei cetacei dei musei italiani, con il quale ero in contatto per altre vicende relative al Salomi e che mi ha permesso di trovare e pubblicare la lettera/relazione di Salomi che si può leggere in questo articolo.
[3] Piccola cala ubicata circa 650 metri a nord della “punta” posta sulla costa a nord dell’insenatura principale della città di Otranto, ossia dopo l’odierna Riviera degli Haethei.
[4] Con l’aiuto di manovalanza non particolarmente qualificata, vedere relazione di Salomi trascritta più oltre.
[5] Il lavoro durò complessivamente tredici giorni; Teresa Salomi riferisce di aver appreso direttamente da suo padre che in quella occasione qualcuno gli insegnò a fumare il sigaro toscano, il cui “odore” riusciva in qualche modo a coprire o almeno a mitigare gli effetti dei miasmi nauseabondi emanati dall’enorme carcassa in decomposizione.
[6] prot. n. 110 in data 31 maggio 1902, fig. 4
[7] Si vedano anche le figg. 5a, 5b, 5c, 5d e 5e che raffigurano particolari dello scheletro prima del suo assemblaggio.
[8] I pochissimi articoli finora pubblicati sul Salomi, ed anche quanto riferitomi dalla figlia Teresa, in realtà concordavano sul fatto che la lunghezza del capodoglio sarebbe stata di 22 metri; la cosa mi insospettì fin da subito per due ordini di motivi: per quanto a mia conoscenza 22 metri era una dimensione più che rispettabile persino per una balenottera (i capodogli, più piccoli, non credevo arrivassero a tale misura), ed inoltre dalla fig. 5, in cui è visibile anche il Salomi, si desume facilmente che la lunghezza doveva essere notevolmente inferiore; il prof. Barbuti mi ha scritto infatti, il 15 gennaio 2013, che “non è lungo 22 metri bensì 12,57 metri”, evidentemente così com’è ancora esposto a Pisa; nella lettera riprodotta nella fig. 6 si parla di una lunghezza di 15 metri; Salomi nella sua relazione (ved. oltre) parla di una lunghezza massima di 12 metri.
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danielscrepanti · 4 years
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La scienza è anche una cosa seria oltre che utile. Non serve principalmente a creare slogan o tweet o post su Facebook. E richiede prudenza e precisione. Quella che non hanno del tutto i colleghi che stanno postando gli articoli del 07/04/2020 del The Guardian o del The New York Times in cui si da notizia dell’esito delle ricerche condotte dalla biostatistica italiana Francesca Dominici con il suo team di ricerca presso l’Harvard T.H. Chan School of Public Health. Alcuni di loro, più che cercare di capire come mettersi al servizio degli studi o quali implicazioni potrebbero avere sulla nostra disciplina e sul progetto architettonico e urbanistico nei diversi contesti, sembrano solo interessati a legittimare alcune azioni di contrasto ai cambiamenti climatici buone ovunque, di cui vorrebbero farsi promotori, e credo anche attuatori, nel post pandemia.
Ma cerchiamo di capire di cosa si è occupata la Dominici. Il Corriere della Sera ha dato la notizia degli esiti della sua ricerca il 09/04/2020 e nell’articolo si evidenzia quanto segue:
« I ricercatori hanno raccolto i dati relativi ai livello di particolato in 3.000 contee americane (dove vive il 98% della popolazione degli Stati Uniti) dal 2000 al 2016 e li hanno confrontati con i decessi per Covid-19 registrati fino al 4 aprile scorso. Poi li hanno «aggiustati» (cioè ricalibrati) per togliere tutti gli elementi che potevano alterare i risultati statistici: densità di popolazione, status socioeconomico, percentuale di fumatori, tasso di obesità, variabili climatiche, livello di istruzione — che, come è noto, incide sullo stato di salute — , numero di tamponi per la positività al virus effettuati, disponibilità di letti negli ospedali (Dominici è nota per aver sviluppato un metodo di calcolo molto efficace nell’eliminare le interferenze statistiche). Così hanno trovato una associazione — che in statistica è un rapporto molto più stretto della semplice correlazione — tra inquinamento e pericolosità del nuovo coronavirus. »
Da notare la precisione nei termini: associazione tra inquinamento e pericolosità del nuovo coronavirus.
L’articolo sul Corriere della Sera precisa poi:
« Lo studio di Harvard non spiega (né intende farlo) gli effetti fisiologici e clinici dell’inquinamento sulla malattia. Ma può essere molto utile per chi deve organizzare la risposta sanitaria all’epidemia. «Ci dice che le zone più inquinate vedranno un numero maggiore di malati gravi, una volta che si diffonde il contagio — chiarisce Dominici —. Quindi che lì le contromisure come il distanziamento fisico sono ancora più importanti. Ma anche che bisogna preparare le strutture mediche perché le persone infette svilupperanno sintomi più pesanti rispetto a quelle che hanno sempre respirato aria pulita».
Dominici e il suo team hanno reso pubblici i dati e persino il codice computazionale (qui) usato per realizzare lo studio, che è ancora in attesa di pubblicazione e quindi di revisione: «Lo abbiamo fatto affinché tutti possano analizzare i nostri dati e applicare la nostra analisi ai loro dati e ad altre regioni del mondo: è essenziale paragonare i risultati e avere la migliore informazione possibile per organizzare la risposta sanitaria all’epidemia. Noi continueremo ad aggiornare l’analisi man mano che aumenteranno i casi: purtroppo ci saranno molte altre vittime negli Usa». »
Sull’articolo del The New York Times del 07/04/2020 viene inoltre sottolineato che:
« The analysis did not look at individual patient data and did not answer why some parts of the country have been hit harder than others. It also remains unclear whether particulate matter pollution plays any role in the spread of the coronavirus or whether long-term exposure directly leads to a greater risk of falling ill. »
Infine, nell’articolo del The Guardian sempre del 07/04/2020 possiamo leggere:
« The study is being fast-tracked for publication in a major medical journal.
Prof JonathanGrigg, from Queen Mary University of London, said the study was methodologically sound and plausible, but had some limitations, for example, important factors such as smoking were not measured at the individual level.
“Clearly, we urgently need more studies, since locally generated particle pollution will bounce back once the lockdown is eased,” he said. »
Riferimenti agli articoli citati:
https://www.corriere.it/cronache/20_aprile_09/coronavirus-covid-19-piu-letale-dove-c-piu-inquinamento-d729a26e-79dd-11ea-afb4-c5f49a569528.shtml
https://www.nytimes.com/2020/04/07/climate/air-pollution-coronavirus-covid.html
https://www.theguardian.com/environment/2020/apr/07/air-pollution-linked-to-far-higher-covid-19-death-rates-study-finds?CMP=share_btn_fb
Riferimenti aggiuntivi:
https://www.hsph.harvard.edu/news/hsph-in-the-news/air-pollution-linked-with-higher-covid-19-death-rates/
https://www.corriere.it/cronache/16_novembre_27/italiana-harvard-che-influenza-politiche-sanitarie-americane-da34f680-b49b-11e6-87d0-f5151dd4f2bc.shtml?refresh_ce-cp
La foto del post è tratta dall’articolo sul The Guardian
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pi-emme-gi · 7 years
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Citazioni di livello - 01
Ecco una raccolta di alcune delle citazioni del primo mese e mezzo di lezioni (anche se alcune di loro sono abbastanza specifiche nell’argomento e dunque forse incomprensibili ai più...)
Professor S. - Analisi Matematica I
o   [Prima lezione dell’anno] Ed eccoci qui tutti! Benvenuti al corso di Antropologia per i Beni Culturali… [Alcuni si guardano persi] Che c’è? Dite che ho sbagliato? Fidatevi, fra un mese mi pregherete di trasferirvi ad Antropologia.
o   [Introducendo il corso] Ebbene, come libro di testo vi propongo sia quello ufficiale, sia delle dispense fatte da tre miei colleghi e molto belline… oddio, colleghi, uno è morto e due sono in pensione, e hanno sempre lavorato in Bicocca… [Un suono lo richiama al computer] Osti, il pc sostiene che il mio office non è legale [Si guarda intorno con aria sospettosa] Nessuno di voi ha visto niente… No, non è illegale, ci mancherebbe, è che l’ho scaricato con l’account dell’università e devo dire che la versione di office che ci danno fa veramente cagare quindi MAGARI l’avessi preso illegale…
o   [Introduce il corso, spiegando per circa venti minuti le dinamiche d’esame] Ora, a fine anno vi saranno fatti compilare dei questionari sui corsi e su eventuali suggerimenti che avete per noi. In teoria sono anonimi, ma fidatevi, la segretaria mi adora, giuro che il primo che trovo che mi scrive che non vi ho parlato delle modalità d’esame lo vengo a cercare a casa, o lo boccio per l’eternità, o entrambe le cose…
o   Adesso mi travesto da venditore di asintotici! L’asintotico è un affarone, altro che certi aspirapolveri! Verrebbe solo 15 euro ma ve lo faccio con lo sconto comitive e arrivo a 10… con soli 5 euro in più mi faccio anche elevare e alla log!
o   [Dopo che uno studente gli tira fuori in faccia un bottiglione da 2l di acqua] Mi raccomando ragazzi, fate benissimo a bere, ma non voglio cammelli in classe. Ogni tanto BASTA, la si smette, dannazione… soprattutto durante gli esami, che non vi posso mandare in bagno. E invece negli esami gli studenti diventano spugne… vabbè, in effetti durante gli esami vedo succedere di tutto. Una volta una studentessa mi ha chiesto se poteva fare l’esame sdraiata per terra…
o   [Entra in classe in un giorno particolarmente piovoso] Che c’è? Ah sì, ho le ciabatte, sono molto comode! Ogni tanto scappano ma vabbè, ci si fa l’abitudine. D’altronde arrivo in bici fin qua, quando diluvia come oggi è brutto bagnare aule e uffici con le scarpe, così ho queste ciabatte… tra l’altro di solito arrivo anche con i pantaloni catarifrangenti, se volete vi consiglio dove acquistarli, sono bellissimi.
o   [La classe fa rumore] Se non state zitti ora inizio a spiegare in inglese. Ho fatto il master in America, posso permetterlo. [Abbassa la voce] Anyway, in this case the function… [Arrivano proteste dai chimici] Non mi tentate ragazzi… O spiego in inglese o vi lancio contro un urlo nefasto, ne riparliamo in Pronto Soccorso…
o   Tecnicamente si chiama triangolo di Tartaglia. Nel resto del mondo si chiama di Pascal, ma solo perché i francesi sono incidentalmente bravi a vendersi bene, molto più di noi. Tuttavia, nel nome della buona matematica italiana, io lo chiamo di Tartaglia, tiè.
o   Noi contiamo in base 10, ma non è scontato. Per dire, le galline contano in base 8… pensa che casino giocare a Monopoli!
o   [Si accorge di dover usare le formule di prostaferesi per una dimostrazione] Ora, incidentalmente qui serviranno le formule di prostaferesi, che io ammetto di non ricordare proprio per niente… d’altronde non le ricordava neanche il mio professore di Analisi. Ai tempi un docente arrivava senza fogli né niente, doveva sapere tutto a memoria, ma quando ci dovette spiegare quelle formule lo vedemmo estrarre un fogliettino tipo bigliettino dalla tasca, lo spiegò tipo mappa del tesoro – Bibbia e ce le lesse, in nome del “Queste formule del cazzo non le sa mai nessuno”. E dunque farò come lui.
o   [Raccontando la sua carriera scolastica] Beh ragazzi, devo dire che Fisica è davvero una gran facoltà. Pensate, io sono laureato in Fisica… [I fisici applaudono, li sovrasta con la voce, ridendo] Non è una bella cosa, E’ STATA L’ERRORE PIU’ GROSSO DELLA MIA VITA! Mi sono accorto solo tardi che non ero tagliato per la Fisica ma per la Matematica, ho rimediato solo con la Magistrale e il Dottorato… Truccavo sempre i risultati negli esami di laboratorio… voi non fatelo, sennò Caccia (prof. di Laboratorio I, n.d.a.) mi picchia, tanto io la facevo franca, voi no.
o   [Dimostrando una formula] Quindi oltre a “csi” abbiamo anche una kappa… [Disegna una kappa normale. Una studentessa del Classico gli fa notare che non è una kappa greca, mentre “csi” e le altre lettere usate lo erano] Sì, lo so, dovrebbe essere una kappa greca, ma la kappa greca che si distingue da quella non greca me la fa lei, eh? Già Analisi è complicata e non mi seguite, se ci metto pure il greco dentro…
o   Parlate uno per volta: tipicamente parlo io.
o   [Esercizio inventato con numeri a caso] Vediamo che angolo esce… 0. Ma ti prego… meno male che doveva essere un “angolo sicuramente non notevole”. Però, incidentalmente, mi permette di spiegarvi altre cose… Come sono bravo a inventare numeri a caso…
o   [Scrive la formula della disuguaglianza triangolare] Aaaah, questa la sapeva anche la mia mamma… due cose mia mamma sapeva di matematica, questa e che non si divide per zero… apparentemente sapeva due cose in più di alcuni degli studenti di questo corso, degli anni passati…
o   [Mette delle immagini da pc] Ora vi faccio vedere alcune cose bellissime che esulano da questo corso. Per esempio, questi bellissimi bagni di Helsinki, con tanto di lavagna a gessi, per fare Analisi anche in bagno! Non perché vi fa cagare, malpensanti che non siete altro. Invece qui abbiamo un manifesto di taglia su Weierstrass “Epsilon-Delta”: Wanted, preferably dead.
o   Potrei volontariamente scrivere un’equazione senza soluzione… tipo una strutturale… Fare una strutturale senza soluzione vuol dire costruire un ponte che non crolla mai. È bello fare i matematici!
o   [Lezione dopo pranzo, molti sbadigli] Eh, mangiato troppo, ragazzi? Lo so, lo so, è dura. Pensate che quando ho fatto il dottorato ero in America, avevano appena aperto un Burger King di là dalla strada, e da noi non c’erano ancora gli hamburger, così ogni giorno mi facevo un Double Whopper con gran soddisfazione… anche se l’abbiocco che mi saliva alle 3 era impareggiabile. Solo anni dopo correlai le due cose e mi diedi alle insalate…
o   Teorema dei due carabinieri, o teorema del paninaro: il salame va dove vanno le fette di pane
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giancarlonicoli · 6 years
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«Quando iniziò a circolare la teoria di Duesberg (Peter H., biologo americano, ndr), secondo il quale l' Aids non esiste, gli proposi di tagliarci e mescolare il nostro sangue. E lui ovviamente rifiutò. Ecco, forse questo serve contro la disinformazione oggi. Però io vorrei che Fernando fosse ricordato non solo per quel bacio».
Come vorrebbe lo ricordassimo?
«Per l' uomo vivo che era, per la sua capacità, non scontata, di essere accanto agli emarginati. Era un grande uomo e anche ruvido: ha litigato nei ministeri, coi direttori degli ospedali, con le pompe funebri per ottenere che seppellissero qualcuno... E ha aiutato tante persone povere, a costo zero».
10 gen 2019 09:09
“QUEL BACIO FU LA PIÙ EFFICACE CAMPAGNA DI COMUNICAZIONE SULL'HIV MAI FATTA IN ITALIA” - ROSARIA IARDINO RICORDA L’IMMUNOLOGO FERDINANDO AIUTI: “IL NOSTRO RAPPORTO ERA FATTO ANCHE FATTO DI GRANDI LITIGATE. IO ERO CONTRO LE INDUSTRIE FARMACEUTICHE, LUI DICEVA CHE SONO LE UNICHE A FARE RICERCA E DUNQUE ERA NECESSARIO DIALOGARE CON LORO. AVEVA RAGIONE LUI…”
-
Fabrizio Caccia per il “Corriere della Sera”
Quel bacio, signora Rosaria Iardino, ha fatto la storia...
«Due dicembre 1991, Fiera Campionaria di Cagliari, la più efficace campagna di comunicazione sull'Hiv mai fatta in Italia. E a costo zero. All'epoca continuavano a uscire sui giornali cose false, tipo che l'Aids si poteva contrarre anche con un bacio. C'era un clima da caccia alle streghe. Pazienti trattati come appestati. Insomma, basta.
La decisione la prendemmo insieme, io e lui, il giorno prima. L'unica condizione, ci dicemmo, era quella di avvertire per tempo rispettivamente sua moglie e la mia fidanzata di allora. Così, 24 ore dopo, davanti a tutti, lui mi prese, ci baciammo e il resto lo fece il fotografo freelance amico suo...».
Fernando Aiuti era il suo medico?
«No, io ero in cura dal professor Visco. Avevo 25 anni, sieropositiva da otto. Ma subito con Aiuti scattò qualcosa, lui fu il primo a capire in Italia che per combattere il virus era necessario lottare uniti: clinico e paziente. Voi non immaginate neppure quante battaglie abbiamo fatto insieme: andavamo dai direttori degli ospedali, dai ministri, dalle aziende farmaceutiche. Sembravamo Gianni e Pinotto: una coppia di fatto. Poi a fine giornata, stanchi ma soddisfatti, ci fermavamo a bere un bicchiere di vino per strada».
Ha saputo com'è morto?
«Sì, ho letto che s'ipotizza il suicidio, ma non voglio commentare. L'ultima volta che l'ho sentito è stato 5 anni fa, ormai ci mandavamo solo dei messaggini: Buon Natale, Buona Pasqua. Dopo essere andato in pensione e aver ricevuto delle delusioni politiche si era un po' ritirato. E io rispettavo la sua scelta».
Delusioni politiche?
«Sì, lui era un grande uomo ma si era sentito usato e triturato dalla politica (Aiuti fu eletto nel 2008 come capolista del Pdl in Campidoglio, poi fu ricandidato sempre con Gianni Alemanno nel 2013, ma non fu eletto, ndr ). Fino all' ultimo la politica lo ha deluso. Vedi l'ex ministra Lorenzin ma anche quella in carica, la Grillo: sulla lotta all'Aids, direi, non pervenute. Eppure ancora oggi ci sono adolescenti sedicenni che s'infettano. La guerra insomma non è finita: la consapevolezza è la prima arma contro la malattia. Ma i test ai minori, tra i 16 e i 18, senza il consenso dei genitori sono ancora un tabù. In Italia puoi abortire ma non puoi fare il test Hiv».
Lei ha scritto sui social che il vostro rapporto era anche fatto di grandi litigate.
«Beh, ne ricordo una epica: io ero contro l'industria del farmaco, non ne volevo proprio sapere. Invece lui diceva che le industrie farmaceutiche malgrado tutto sono le uniche a fare ricerca e dunque era necessario dialogare con loro. Non chiudersi. Devo dire a distanza di anni che aveva ragione lui».
Un rimpianto?
«Il rammarico di entrambi è stato quello che avremmo dovuto continuare a lavorare insieme, invece le nostre strade si sono divise. Lui a Roma, io a Milano. Lui all' Anlaids io alla fondazione The Bridge».
Andrà ai funerali?
«Sì, voglio portargli il red ribbon per l'ultimo viaggio, la coccarda rossa simbolo mondiale della lotta contro l' Aids. È la medaglia che più di tutte si merita di avere».
2 - ROSARIA IARDINO È MALATA DAL 1983: «IO, SIEROPOSITIVA BACIAI IL PROF MA QUANTE LITIGATE FRA NOI DUE»
Giulia Bonezzi per “il Giorno”
Quel bacio entrò di prepotenza nell' immaginario collettivo: 2 dicembre 1991, congresso sull' Aids a Cagliari, l' immunologo Fernando Aiuti incolla le labbra a quelle della 25enne Rosaria Iardino, sieropositiva. Erano gli anni pre-terapia antiretrovirale, i 'conclamati' morivano negli ospedali e «lo stigma uccideva più dell' infezione»: fu quel bacio «a fare la differenza», dice Iardino, diagnosticata a 17 anni nel 1983, l' anno della scoperta del virus. Oggi ne ha 52, è giornalista e attivista, ancora in prima linea in una lotta che ha aperto altri fronti. Quando ha saputo della morte di Aiuti (sull' ipotesi che si sia ucciso si limita a osservare che se fosse così «doveva avere un problema enorme») ha postato quella foto.
Per salutare «il suo uomo del bacio».
«Ho provato un dispiacere profondo. Anche se sapevo che aveva 83 anni, anche se ci sentivamo per messaggio e da tanto non gli parlavo al telefono. È un uomo che ho rispettato e stimato profondamente, in tutte le nostre contraddizioni».
Ha voluto ricordare anche le vostre litigate.
«La nostra era una relazione molto vera. Su alcune cose eravamo d' accordo, su altre no. Abbiamo fatto bellissime litigate, e bellissime bevute, bellissime passeggiate. Con Fernando, e col professor Mauro Moroni (l' infettivologo scomparso nel 2015, ndr) abbiamo scritto un capitolo della lotta all' Aids, in tempi durissimi. Eravamo tre soldati, ciascuno col suo ruolo, in una battaglia di civiltà. Ora mi sento un po' più sola».
Com' è nato quel bacio?
«La sera prima eravamo arrabbiati e disperati perché erano usciti altri articoli pieni di assurdità, come che bastasse bere dallo stesso bicchiere per il contagio... A un certo punto abbiamo detto, sorridendo, 'potremmo baciarci'. Poi ci siamo guardati: 'Facciamolo'».
Quello scatto ebbe una potenza devastante.
«Non ce lo immaginavamo; solo dopo ci siamo detti che forse avevamo fatto una cosa fantastica, a costo zero. È la campagna più ricordata contro lo stigma nei confronti dell' Hiv».
Oggi funzionerebbe?
«Quando iniziò a circolare la teoria di Duesberg (Peter H., biologo americano, ndr), secondo il quale l' Aids non esiste, gli proposi di tagliarci e mescolare il nostro sangue. E lui ovviamente rifiutò. Ecco, forse questo serve contro la disinformazione oggi. Però io vorrei che Fernando fosse ricordato non solo per quel bacio».
Come vorrebbe lo ricordassimo?
«Per l' uomo vivo che era, per la sua capacità, non scontata, di essere accanto agli emarginati. Era un grande uomo e anche ruvido: ha litigato nei ministeri, coi direttori degli ospedali, con le pompe funebri per ottenere che seppellissero qualcuno... E ha aiutato tante persone povere, a costo zero».
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italianaradio · 5 years
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REGIONALISMO DIFFERENZIATO Oliverio invita alla mobilitazione contro i desiderata delle regioni più ricche
Nuovo post su italianaradio http://www.italianaradio.it/index.php/regionalismo-differenziato-oliverio-invita-alla-mobilitazione-contro-i-desiderata-delle-regioni-piu-ricche/
REGIONALISMO DIFFERENZIATO Oliverio invita alla mobilitazione contro i desiderata delle regioni più ricche
REGIONALISMO DIFFERENZIATO Oliverio invita alla mobilitazione contro i desiderata delle regioni più ricche
di ufficio stampa Giunta Regione Calabria
“La proposta di regionalismo differenziato avanzata dalle Regioni Lombardia e Veneto  rappresenta un’insidia che può determinare conseguenze irreversibili di disarticolazione della vita dell’intero Paese”.
E’ quanto ha affermato il presidente della Regione Mario Oliverio concludendo i lavori del convegno promosso dal Gruppo regionale di “Calabria in Rete” sul tema “C’era una volta l’Italia…Una e indivisibile” che si è svolto ieri sera in un noto albergo di Crotone. Un appuntamento molto partecipato, coordinato dal Sindaco di Crotone Ugo Pugliese e introdotto dalla consigliera regionale di “Calabria in Rete” Flora Sculco,  nel corso del quale sono intervenuti, oltre al presidente della Giunta regionale anche Gregorio Mungari Cotruzzolà, presidente della Cooperativa Sociale Agorà Kroton, Tonino Russo, Segretario Generale CISL Calabria, il prof. Pietro Fantozzi, sociologo politico e Nicola Irto, presidente del Consiglio regionale della Calabria.
“Siamo di fronte -ha proseguito Oliverio che, per primo si è opposto alle richieste avanzate dalle regioni del Nord, diffidando il governo – ad un nuovo tentativo, assai subdolo e insidioso, di riproporre temi che in passato hanno visto in campo egoismi territoriali espressi dalla Lega e che non sono andati a buon fine. Allora il tentativo fallì perché tutto il Paese reagì con forza e determinazione. Oggi si ritorna alla carica, ponendo questo obiettivo tra i punti principali del cosiddetto “Contratto di governo” e affrontando un problema di tale portata in un rapporto bilaterale tra lo Stato Centrale e le singole regioni. Ciò è assolutamente assurdo e intollerabile. A distanza di quasi cinquant’anni dalla nascita del regionalismo è necessario compiere una profonda riflessione, aggiornando il concetto di regionalismo e assumendo un percorso innovativo che metta, a parità di condizioni di partenza, tutte le regioni nelle condizioni di competere in senso virtuoso e assumendo criteri di penalità e premialità rispetto alla capacità di utilizzare le risorse che sono assegnate alle regioni. Su questo versante dobbiamo tutti compiere un salto di qualità. Noi in questi anni abbiamo dimostrato, dati alla mano, che è possibile vincere questa sfida. Dopo ritardi, inefficienze e clamorose esperienze negative, al 31 dicembre di quest’anno non solo abbiamo realizzato gli obiettivi posti dalla Comunità Europea ma siamo andati ben oltre, realizzando il 116% degli obiettivi fissati. Insieme a questo dato, però, occorre valutarne anche un altro che riguarda le risorse ordinarie che non vengono destinate al sud. La spesa pro-capite delle risorse che lo Stato destina al Mezzogiorno è molto, ma molto al di sotto della media nazionale e soprattutto di quelle regioni che oggi propongono, attraverso il referendum, il meccanismo del trattenimento dell’80% delle risorse assegnate nei loro territori. Mi riferisco alla scuola, alla sanità, alle infrastrutture, ai servizi sociali, agli investimenti per il sostegno alle imprese, ecc. Siamo davvero al paradosso! Mentre l’Europa interviene per recuperare le aree più deboli a standard di qualità della vita e a servizi europei, all’interno del nostro Paese si lavora per disarticolare questo percorso. L’attuale governo si muove su un doppio binario: da una parte discute di regionalismo differenziato e, dall’altra, assume provvedimenti che discriminano totalmente il Sud e la Calabria. Basti pensare ai recenti accordi sottoscritti tra Italia e Cina, tra cui c’è quello che riguarda la Via della Seta. L’ accordo sulla portualità comprende solo i porti di Trieste e Genova e taglia fuori totalmente il porto di Gioia Tauro, il più grande porto di transhipment del Mediterraneo, e l’intera portualità meridionale”.
“Proprio oggi -ha aggiunto Oliverio- ho ricevuto la lettera del Ministero dei trasporti in risposta ad una mia richiesta di valutare la decisione degli oneri di servizio per l’aeroporto di Crotone di aggiungere quattro linee (Roma, Torino, Venezia e Milano) a quelle che partono dal 1° di Aprile e attivate grazie esclusivamente alle risorse stanziate da noi, in cui ci viene comunicato che tali proposte non possono essere prese in considerazione. Per non parlare della sanità in cui anzicchè affrontare la disparità sull’assegnazione di risorse tra nord e sud la discussione è tutta ripiegata su provvedimenti straordinari che si annunciano quotidianamente mentre si dimentica che in Calabria da 10 anni il governo della sanità è affidata a commissari nominati dal governo centrale che hanno il potere assoluto di accogliere o respingere le proposte che vengono dai direttori generali, sostituendosi ai poteri della Regione”.
“Ho detto tuttoquesto -ha concluso Oliverio- per dire che c’è bisogno di una mobilitazione larga, di un’iniziativa forte ed unitaria di tutte le componenti della Calabria e del Mezzogiorno per chiedere al Parlamento di aprire una discussione democratica e plurale su un tema così importante e delicato. Non bisogna assolutamente abbassare il livello di guardia perché in gioco non c’è solo la prospettiva della Calabria e del Mezzogiorno, ma dell’intero Paese. Un Paese che vuole esprimere pienamente tutte le sue potenzialità non può non considerare il Sud e la sua portualità come una risorsa, porte del Mediterraneo, opportunità per l’intero Paese e per la stessa Europa”. f.d.
  di ufficio stampa Giunta Regione Calabria “La proposta di regionalismo differenziato avanzata dalle Regioni Lombardia e Veneto  rappresenta un’insidia che può determinare conseguenze irreversibili di disarticolazione della vita dell’intero Paese”. E’ quanto ha affermato il presidente della Regione Mario Oliverio concludendo i lavori del convegno promosso dal Gruppo regionale di “Calabria in Rete” sul tema
Gianluca Albanese
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retegenova · 6 years
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LA DICIANNOVESIMA EDIZIONE DEL FESTIVAL NAZIONALE DEL DOPPIAGGIO VOCI NELL’ OMBRA: UN VENERDI’ DEDICATO ALLA CULTURA CINEMATOGRAFICA E DEL DOPPIAGGIO CON VOCI A CAIRO E ALL’IMPORTANZA DELL’ADATTAMENTO LINGUISTICO E  CULTURALE NELLA TRASPOSIZIONE MULTIMEDIALE IN UN’EPOCA SEMPRE PIU’ CROSSMEDIALE.
Si terrà dal 18 al 20 di ottobre 2018, a Savona, la diciannovesima edizione de Il Festival Nazionale del Doppiaggio VOCI nell’Ombra, la più importante manifestazione a livello europeo dedicata al mondo del doppiaggio cinetelevisivo e degli audiovisivi, nella consapevolezza che il doppiaggio italiano è sicuramente, a livello di professionalità, il migliore in assoluto. Per quindici anni ha avuto la direzione artistica del critico Claudio G.Fava; dal 2014  è organizzato da Risorse – Progetti & Valorizzazione, sotto la direzione di Tiziana Voarino,  ha rilanciato il Festival anche grazie ad un’ampia rete di collaborazioni e di relazioni internazionali, oltre un centinaio.
Il Festival è sostenuto da SIAE, dalla Fondazione De Mari, dalla Regione Liguria con la collaborazione del Comune di Savona e il contributo del Comune di Cairo Montenotte. Top sponsor è Quidam – eccellenza nella lavorazione del vetro piano per edilizia e per arredamento di design. Tra gli sponsor: la storica società di doppiaggio Sefit Cdc Group ed il NUOVO IMAIE; ODS la cooperativa di Operatori del Doppiaggio e Spettacolo,  Binari Sonori e Synthesis – principali studi  specializzati nella localizzazione dei videogiochi in Italia e VIX VOCAL l’app che fornisce servizi per il doppiaggio. La manifestazione gode del patrocinio del Ministero dei beni e per le attività culturali, di UNICOM della Provincia di Savona, del Campus di Savona e dell’Università di Genova, dell’Università di Milano Bicocca, del Conservatorio di Milano, dell’Università di Bologna con il D.I.T. di Forlì, della Scuola Civica per interpreti e traduttori di Milano, dell’Orientale di Napoli. Sempre maggiori i partner stranieri, in particolare i dipartimenti di trasposizione multimediale come la russa Rufilms e l’Università Aerospaziale di San Pietroburgo, l’Università Sophie Antipolis di Nizza e l‘Università di Strasburgo con ITIRI. E ancora AIDAC (Associazione Italiana dialogisti e adattatori cinetelevisivi), ADAP (Associazione doppiatori e attori pubblicitari), AGIS e Agis Scuola, Genova Liguria Film Commission, Land (Local Audiovisual Network & Development), Confassociazioni International, Confassociazioni Cinema Arte Teatro, Rete Impresa, Ufficio Scolastico Regionale e CCIAA Riviere di Liguria. Altri sponsor Hotel Marea, Picasso Gomme e Boutique della Birra.
Venerdì mattina vedrà protagonista il  convegno internazionale dal  Dal multimediale al cross-mediale. Le nuove piattaforme a confronto con le vecchie forme di linguaggio: interazioni, contaminazioni, invenzioni e protocolli alternativi .Tra i partecipanti più attesi la Prof.ssa Marina Chikhanova  dell’Università aerospaziale di San Pietroburgo e la rappresentanza russa della RuFilms, la principale realtà russa del settore trasposizione multimedia, tra cui  il doppiatore russo di Danny De Vito ed ancora l’adattatore dialoghista Luca Intoppa con un contributo sulla lunga serialità, la direttrice della Scuola Civica di Milano per interpreti e Traduttori Fabrizia Parini, la scrittrice Emanuela Ersilia Abbadessa, per la Bicocca di Milano il Prof. Bonazzi e il dott. Stefano Ferrara, per Confassociazioni  International il Portavoce del Presidente  Prof. Enrico Molinari Martinelli,  per l’Università di Genova la francesista Prof.ssa Anna Giaufret che modererà anche il confronto e l’approfondimento, dal Conservatorio di Milano il Prof. D’Ascola, per VIX VOCAL l’app che offre servizi al settore doppiaggio gli ideatori, ossia  la doppiatrice Eleonora De Angelis e Massimiliano Torsani , Gianni Gaude di Ods, per il doppiaggio a fini ludici come i ridoppiaggi divertenti i Fuori Sync che hanno anche realizzato i promo del Festival.
Venerdì sera il Festival si sposta a Cairo Montenotte con Voci a Cairo per un evento caratterizzato dalla proiezione di contributi video appartenenti alla storia del doppiaggio italiano, intimamente connessi allo sviluppo della cinematografia e quindi collegati con il “Ferrania Film Museum”, il Museo dedicato alla pellicola allestito presso Palazzo Scarampi. In anteprima nazionale sarà presentato il libro Il doppiaggio nel cinema europeo a cura di Enrico Lancia, Fabio Melelli e Massimo Giraldi, edito da Bulzoni https://www.bulzoni.it/it/catalogo/il-doppiaggio-nel-cinema-europeo.html. Inoltre, in questa serata condotta dallo speaker Stefano Sfondrini parteciperanno l’adattatore Luca Intoppa che riceverà il premio Doppiaggio e Parole, l’adattatrice Barbara Nicotra, il doppiatore Marco Balzarotti, il Prof. Felice Rossello e Gianni Gaude di Ods. Saranno proiettati il trailer del film Bene , ma non benissimo e altre pellicole.
Interverrà anche il giornalista Fulvio Damele, da sempre un grande amico del Festival,  che porterà l’attenzione su altre figure del mondo del cinema, che abitualmente restano ancora più nell’Ombra, proporrà un montaggio dedicato a una di queste figure – ci ha lasciati in aprile – sua moglie Paola   Eramo.
Sul palco del Teatro Chebello brillerà anche la voce di Rita Savagnone che ha doppiato le grandissime attrici di Hollywood da Liza Minelli in Cabaret a  Elisabeth Taylor in Cleopatra  e ci racconterà chicche uniche ed irripetibili, da non perdere.
Con l’iniziativa di aiuti umanitari Operazione Stella, da sempre collegata al Festival, quest’anno il sabato 20 ottobre nel foyer del Teatro ChiaBrerasaranno vendute le magliette con il logo “Genova nel Cuore” e il ricavato sarà interamente devoluto a favore delle emergenze che il crollo del ponte Morandi ha provocato alla città. Tutti gli appuntamenti sono a ingresso libero e gratuito fino a esaurimento posti.
Savona, 18 ottobre 2018
Direzione e Comunicazione
Tiziana Voarino
  Tiziana Voarino Direzione e Comunicazione www.vocinellombra.com
Locandina-2018-completa-leggera-1-min.pdf
Cooperativa Battelieri del Porto di Genova
NetParade.it
Quezzi.it
AlfaRecovery.com
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MusicforPeace Programma 29 maggio
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Genova Celebra Colombo
VENERDI’ 19 OTTOBRE VOCI A CAIRO E GIONATA DI STUDI INTERNAZIONALE DICIANNOVESIMA EDIZIONE IL FESTIVAL NAZIONALE DEL DOPPIAGGIO VOCI NELL’OMBRA LA DICIANNOVESIMA EDIZIONE DEL FESTIVAL NAZIONALE DEL DOPPIAGGIO VOCI NELL' OMBRA: UN VENERDI’ DEDICATO ALLA CULTURA CINEMATOGRAFICA E DEL DOPPIAGGIO CON VOCI A CAIRO E ALL’IMPORTANZA DELL’ADATTAMENTO LINGUISTICO E  CULTURALE NELLA TRASPOSIZIONE MULTIMEDIALE IN UN’EPOCA SEMPRE PIU’ CROSSMEDIALE.
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pangeanews · 6 years
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“…e comunque leggere è più bello di scrivere”: dialogo con Eliana Bouchard
Gli scrittori sono stelle alpine. Squillano. Bisogna solo avventurarsi nei luoghi remoti. Quelli contrari alla norma letteraria. Per scovarli. A me accade così. Qualche anno fa, qualche volta, vado a trovare Giuseppina Bagnato, che è pastora presso la Chiesa Evangelica Valdese di Rimini. Parliamo di Bibbia, lei mi spiega alcune cose, io gli espongo le mie perplessità. Quando, dopo un po’, sa che mi occupo di letteratura, mi passa un libro. Si chiama Louise. Il libro, pubblicato da Bollati Boringhieri, è un romanzo storico particolare, lirico, centrato sulla figura di Louise de Coligny, che perde marito e padre durante la Notte di San Bartolomeo, e diventa la quarta moglie del principe Guglielmo I d’Orange. Questo è il libro d’esordio – di svolta, piuttosto – di Eliana Bouchard, che entra nella cinquina del Campiello, sono passati dieci anni. Quando parlo con la mia amica pastora, la Bouchard ha da poco pubblicato La mia unica amica (2013). Quest’anno, sempre con Bollati Boringhieri, esce La boutique (pp.296, euro 16,50), che è una raffinata storia di ‘integrazione’, senza pappe morali: “Una donna in carriera, una solida casalinga, un musicista, un padre frustrato, un ex operaio, un omosessuale fedifrago e una fioraia pentita si scambiano affetti e gelosie, amori e tradimenti, aspettative e delusioni. Per ciascuno a suo modo la boutique rappresenta un punto fermo da cui ripartire per darsi ancora una chance”. Così dice la ‘quarta’. La Bouchard ha un passo narrativo prezioso: ama la sua storia e l’intrico delle sue vie, non ha bisogno di farci vedere quanto è brava né di accelerare, di dare fuoco alla materia linguistica. Ha pazienza – dote rarissima nella scrittura – e maturità. Conosce i luoghi dove crescono le stelle alpine, e gli sguardi che si accalcano sulle rocce. A me continua a stordire il modo in cui Eliana descrive una morte per suicidio. “Quando Nina era stata informata del fatto che Kurt si era lasciato cadere da una finestra del grattacielo in cui lavora- va, non aveva posto domande, semplicemente si era alzata dalla poltrona dalla quale dirigeva un’importante catena di alberghi, aveva indossato il breve soprabito e si era stretta al manico rigido della borsetta con entrambe le mani. Aveva camminato con piglio spedito per diversi chilometri per raggiungere l’appartamento scelto con Kurt e, arrivata a casa, aveva scritto una lettera in cui rassegnava le dimissioni. Spinta da un bisogno urgente di casualità aveva chiuso l’abitazione priva di divisori, era andata a dormire in un albergo scelto a caso, si era comperata degli abiti comodi eppure eleganti in un negozio qualsiasi, aveva abbandonato nello stanzino di prova quel che indossava all’ingresso e aveva concluso i preliminari del percorso iniziatico in un hammam dove si era asserragliata nella sauna. Infine si era accomodata nella poltrona di un parrucchiere dove aveva ridotto i ricci a una corona di virgole e punti interrogativi”. Non ci sono parole a detergere il dolore – sarebbero tutte retoriche e fasulle – e a squalificarlo come una vicenda domestica. Non c’è compiacimento. C’è un gesto, nudo: stringere la borsetta; ci sono i ricci, esemplari, a forma di punti interrogativo. Ci vuole sapienza per far parlare la vita dalla maceria del dolore, per limitarsi a decretare una immagine, senza didascalie etiche o commenti. Così, ho bloccato Eliana in una trincea di domande.
Partiamo dalle origini. Come è nato in te l’impulso alla scrittura? Da una necessità infantile, da una lettura particolare, da un avvenimento preciso, dal caso?
Avrei sempre desiderato scrivere, ma mi pareva che tutto fosse già stato detto, spesso in modo ineccepibile. C’era sempre qualcosa di urgente da leggere, era appagante. Fino alla mezza età ero convinta di non aver nulla di così importante da dire da voler misurare me stessa con la scrittura. Poi, grazie all’insistenza di Louise che mi aveva eletta a sua interprete, mi è stato chiaro che avevo in mente qualcosa di inedito e prezioso, unicamente mio, singolare. Nessuno, che io sapessi, era stato interpellato da una donna del Cinquecento in maniera così empatica. Nessuno di mia conoscenza. Valeva la pena provare, legarsi alla sedia, cercare il proprio modo di lavorare: scrivere, buttare, rifare, scrivere, buttare e rifare finché tutte le parole andavano al posto giusto. Una fatica irresistibile. È cominciato così. Sono stata chiamata.
Si scrive da soli, ma non si è mai soli, penso. Qual è l’incontro che ti ha formato? E la lettura, quella decisiva, c’è? Qual è?
No, non sono mai stata sola mentre scrivevo e non parlo della compagnia dei personaggi che muovi con le tue dita ma degli interlocutori fantasma cui presento le pagine che spuntano dal video. Si tratta di persone note, non necessariamente autorevoli sul piano della scrittura, ma che inconsciamente scelgo come supervisori dei contenuti, dell’interesse che questi possono esprimere. Sono spesso preoccupata di vivere fuori dal mondo, di non sapere che cosa importa agli altri e mi chiedo e chiedo al lettore immaginario se quel che faccio è buono. Sul piano dell’esempio ho avuto talmente tanti maestri che ho impiegato parecchio a buttarmi. L’incontro che mi ha formata è avvenuto intorno ai cinque anni, accanto al mio letto c’era una porta che vedevo io sola con su scritto Lettura. Se l’aprivi entravi nella realtà, tutto il resto era finzione. La persona della svolta potrebbe essere il prof. Cesare Cases, mio direttore quando lavoravo all’Indice dei libri del mese. Mi ha aperto il cervello, mi ha mostrato che cosa c’è dietro una parola, dietro una frase, mi ha insegnato a portare rispetto, a dissacrare e a portare nuovamente rispetto. A caldo, di letture decisive dico: L’isola del tesoro, Sussi e Biribissi, Il mastino dei Baskerville, Högni, Storie di cronopios e di famas, Orgoglio e pregiudizio, I racconti di Sebastopoli, Cattedrale, La guardia bianca, I balenieri di Quintay, Yossl Rakover si rivolge a Dio, La prima volta di Rachel, I sette giorni di Avraham Bogatir, I fratelli Karamazov. Queste sono letture del passato che rileggo ogni tanto. No, mi correggo, Sussi e Biribissi non l’ho più riletto ma me lo ricordo.
Ne “La boutique” racconti, in un contesto inusuale, una storia di ‘integrazione’ e di amore. Intanto: qual è l’idea fondamentale del libro? Poi: come ti è venuto in testa? Raccontaci la gestazione, la generazione. 
L’idea è che l’altro lo devi guardare negli occhi se vuoi conoscerlo. È una precondizione. L’ideale sarebbe anche toccarlo, sfiorarlo; per molti questo è chiedere troppo, sicuramente per me, ma guardare negli occhi, questo posso farlo. Può far star bene ma anche molto male. Dipende dagli occhi. Un giorno, distribuendo degli abiti ai profughi mi è capitato davanti un afghano di nome Ibrahim, diceva una sola parola, sempre la stessa e aveva delle idee precise su quel che gli serviva. Ho impiegato parecchi minuti a capire che voleva un abito tradizionale, giacca, pantaloni, camicia. Quando ha avuto quel che voleva ha accarezzato la stoffa come fosse una persona cara. Mi ha spezzato il cuore. Non riuscivo a togliermelo dalla mente, ne parlavo con tutti, era un’ossessione. Finché Lavinia, la mia maestra di canto, mi ha detto: secondo me questa è una storia che devi scrivere. È andata così. Ho scritto la storia di Ibrahim per sistemarlo, per dargli un contesto in cui vivere, per non abbandonarlo.
Dal sorprendente “Louise” a “La boutique”, mi affascina il passo della tua scrittura. Lento, da miniatore, anomalo. Faccio un esempio, dalla descrizione di un ‘colpo di fulmine’: “Un raggio obliquo del sole puntava dritto su di lei, come una freccia indicatrice, mettendo in risalto l’armonia della piccola figura, e Ibrahim, a due anni dalla morte della moglie, nel vedere la donna aveva avuto un’allucinazione. Gli si era seccata la gola, si era appoggiato al muro per avere un sostegno di fronte al fatto straordinario di ritrovare l’amore perduto sulla soglia di un negozio fiabesco, vestita con un gusto semplice se pure occidentale, con i capelli ricci invece che lisci, ma per il resto si trattava di lei, della reincarnazione di Nur”. Ogni cosa ha il giusto ritmo ‘da camera’, la disposizione adatta, nitida. Come fai? Da dove viene il tuo modo, il tuo ‘stile’? Cosa ti piace leggere?
Secondo me la cosa bella è che “vedo” le situazioni fin nel dettaglio. A quel punto è facile descriverle, sono vive davanti a me. Si muovono. Corro loro dietro. Ma, c’è un ma, cerco di non dire stupidaggini. Nur, ad esempio, è il titolo di un voluminoso reportage di Monica Bulaj sulla luce nascosta dell’Afghanistan. Ho guardato le sue fotografie fino a cascarci dentro e il risultato è la reincarnazione di Nur, la moglie di Ibrahim. A Monica Bulaj credo di aver rubato, oltre alle visioni, qualche parola, così come al professor Gastone Breccia dal suo Le guerre afghane. Lo spirito di Ibrahim, invece, è tutto racchiuso nello splendido Il ritorno di un re di William Dalrymple nella bella traduzione di Svevo D’Onofrio. Ma non ho copiato, ho ruminato. Come vede, dietro una frase si può nascondere un metro lineare di volumi. Mi lasci dire, leggere è ancora più bello di scrivere. E poi mi sono nutrita dei racconti di Vauro, che ho la fortuna di avere per amico, quando tornava dai suoi giri in Panshir a cercare Massoud. È stato lui a svelarmi il significato della parola che Ibrahim ripete meccanicamente nel primo capitolo.
C’è un altro passo del tuo libro che mi ustiona. Eccolo: “Quando Nina era stata informata del fatto che Kurt si era lasciato cadere da una finestra del grattacielo in cui lavorava, non aveva posto domande, semplicemente si era alzata dalla poltrona dalla quale dirigeva un’importante catena di alberghi, aveva indossato il breve soprabito e si era stretta al manico rigido della borsetta con entrambe le mani”. Qui racconti un suicidio. Con una fermezza invidiabile. Senza retorica, senza reflui patetici o gioco empatico. Dimmi. Mi viene da chiederti. Come si fa a dire il dolore? Che cosa significa ‘male’?  
Appunto, non si può dire il dolore, non ci sono le parole, io non le ho, e allora tanto vale descriverne la rappresentazione. Ai tempi delle torri gemelle, io che guardo pochissimo la tv, sono stata delle ore a osservare i corpi che cadevano, li accompagnavo uno per uno, decine, centinaia di volte, e poi l’esodo degli impiegati della Lehman Brothers con i loro cartoni in braccio. Che potenza in quei cartoni. A forza di guardare ho fuso le due immagini anche concettualmente fino a spingere Kurt, il marito di Nina, giù dal palazzo, ma nel nome c’è anche lo spasimo di Cobain. Avevo dedicato molte pagine a questa caduta, poi ho buttato via tutto, è rimasto soltanto: “Quando Nina era stata informata del fatto che Kurt si era lasciato cadere da una finestra del grattacielo in cui lavorava non aveva posto domande…”. Nina abbandona tutto, solo stringe il manico rigido della borsetta con entrambe le mani. Che cosa c’è di più doloroso di questo gesto? Tutto il dolore slitta nella rigidità del manico e si fissa in un oggetto. Rispondo alla domanda sul male con una rapida associazione mentale. Con le migliori intenzioni di Bille August. Il male più grande l’ho subito da chi aveva le migliori intenzioni e non riesco a immaginare che cosa sarebbe accaduto se queste fossero state le peggiori.
In che modo la tua visione del mondo traluce nei libri che scrivi? Intendo: etica ed estetica, in te, vanno a braccetto? E, in ogni modo, ami l’epoca in cui vivi?
Faccio rispondere a Ibrahim. “Non gli appartiene più neanche una pietra di quel mucchio di sassi che Allah ha sparso nel suo paese quando si è preso la pena di dare una forma al pianeta. Ora è inutile recriminare. Ibrahim professa a suo modo il culto del bello e non può tornare in un paese ridotto in macerie. Ringrazia Allah per non averlo abbandonato, per essere ancora lì, con lui, nella cavità del cuore dove è rimasto al sicuro per tutto il viaggio e dove albergherà nel tempo a venire”. Se amo l’epoca in cui vivo? Mah. Direi di sì, se fossi vissuta prima non avrei potuto leggere né Carver né Oz, e neppure Mishima e neanche Kader Abdolah, né la Woolf né la Laurence, che perdita.
Perché hai scritto “La boutique”? Con quale obbiettivo, pensando a quale lettore? E ora: cosa scrivi – o cosa vorresti scrivere?
L’obiettivo era davvero di liberarmi di Ibrahim, di dargli una sistemazione, di togliermi di dosso il dispiacere per la sorte che portava stampata nell’iride, poi, come capita scrivendo si va ad affrontare tante questioni irrisolte che premono e vogliono udienza. Il narcisismo, ad esempio, giusto per dire una banalità. Diversamente dalle altre due volte, però, questa è una vera invenzione destinata a tante persone. Ho scritto pensando che avrei voluto farmi capire meglio, rinunciare a qualche effetto speciale indotto dall’opulenza del lessico per appianare le forme e sistemare i contenuti dopo averli stirati e disposti in cassetti con qualche sacchetto di elicriso. Cosa scrivo? Lavoro da anni a un testo illeggibile, contorto, saccente, antipatico, ispido, a tratti noioso e ripetitivo. Più ci lavoro più si attorciglia. L’oggetto? L’inconscio. Cosa vorrei scrivere? Una storia senza aggettivi.
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josephinefoster · 7 years
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Cinque Minuti e Dieci Secondi
I cassetti della cassettiera sono ancora aperti, c'è qualche vestito che esce fuori, come se pure esso volesse scappare, ma non avesse abbastanza coraggio da compiere completamente quel gesto. Altri cassetti sono chiusi, come se fosse una sera qualsiasi. Le ante dell'armadio sono aperte diversi appendini sono rovesciati per terra, le scatole di scarpe aperte, lasciate in mezzo alla stanza. L'altra parte dell'armadio e' ordinato, vestiti colorati messi in ordine di gradazione, scatole chiuse delle scarpe ben impilate, tutto in ordine.
C'e' buio, le luci della citta' illuminano la figura di Josephine rannicchiata sopra al letto, Leila coricata di fianco a lei, Mignolo e Prof, appollaiati di fronte alla finestra, a guardare il via e vai delle persone, Luke di fronte alla porta, sull'attenti, come se si aspettasse l'arrivo di qualcuno che non aprira' piu' quella porta.
Un bacio veloce, una domanda di cui la risposta e' stato un no, soffocato dalle lacrime che non scendevano, sguardi intensi, niente di più. Una porta che si chiude, con un rumore sonoro che fa tremare la sua stabilita'.
Poi il silenzio.
Ore di silenzio, rotti solo dalla voce del conduttore dell'ennesimo telegiornale, che sta martellando la televisione, in fondo e' una notizia importante, fondamentale, che cambierà le sorti dell'intera America.
Il rumore di una chiave inserita nella toppa della porta, rompe quel silenzio. Chi scende velocemente dalla finestra e corre verso la porta, chi inizia a scodinzolare e sembra ritornare in vita, cosi' chi alza il capo tra le ginocchia che si e' portata al petto.
Una bolla di felicita' e un pensiero irrazionale sta avvolgendo quella casa.
<Jo..>
La voce di Calliope, che come un ago appuntito rompe quella bolle, riportando l'espressione mortificata e triste non solo sul viso umano, ma anche sui musi degli animali che si erano mossi per andare alla porta.
Non riesce a muoversi, il corpo non riesce a rispondere, come se fosse rotto quel collegamento dalla testa al corpo.
Si era ripromessa di non farlo mai più, di non abbattersi, di non cadere in quel buco nero della depressione. Ha fatto anche una stupida terapia, ma niente ora, oggi, quella sera, non riesce proprio a vedere il lato positivo di quello che sta succedendo.
Ha la testa ingolfata di pensieri e parole, promesse che si sono andate a cancellare con un semplice proclamo. Quando e' stato il tempo di scegliere, nessuno dei due ha ceduto o nessuno dei due ha piegato le proprie necessita' per andar incontro dell'altro. Troppo orgogliosi o troppo feriti, per cedere.
<Se n'è andato..> Alza lo sguardo, cerca gli occhi di Callie, che la stanno fissando con quell'amore di una sorella che soltanto l'amica puo' concederle.
<Io sono qui> Risponde, cercando di allargare un sorriso, nella sa direzione, intanto che attraversa la stanza e si mette dal lato opposto di dov'è Leia e l'abbraccia facendole appoggiare la testa contro la spalla.
<E' colpa mia.. e' solo colpa mia.> Le lacrime riprendono a scendere, anche se si erano fermate, perché gli occhi le stavano bruciando.
<Io sono qui, non ti sto abbandonando, non e' colpa tua.> Stringendola verso di lei, intanto che i singhiozzi si fecero piu' forti e inondarono la casa, andando a superare il brusio della televisione.
Erano passate settimane, dalla notizia, dall'obbligo del Chip.
La Thorne aveva vinto l'appalto della produzione, il lavoro era diventato decisamente estenuante, si doveva cercare l'ennesima tecnologia, spingersi oltre al conosciuto, andare li' ad esplorare l'ignoto.
Una mattina come le altre, il giornale piegato in due, la penna che traccia lettere , compilando le caselle del cruciverba del Times. Odore di caffè che invade in maniera abbastanza intenso l'intero appartamento.
Gli occhi di Callie, sulla figura dell'amica, sta parlando delle diverse possibilità di adattare le naniti al progetto. Continua a parlare, intanto che si alza, va a risciacquare la tazza. Poi nulla, cala di nuovo quel silenzio, della mattina, in cui Jo, deve dedicare al cruciverba.
Cinque minuti esatti, non un secondo prima e non un secondo dopo.
<Poteva restare, tu sei restata.>
E' un piccolo borbottio che fa calare un gelo inaspettato nell'appartamento.
<Che hai detto, Jo?> Chiede Calliope, forse insicura di quello che ha appena sentito.
<Oggi ci ho messo cinque minuti e dieci secondi.> Appoggia la penna sopra al times, con il cruciverba completo.
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tmnotizie · 7 years
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MACERATA – Overtime Festival giunge alla settima edizione. Dal 4 all’8 ottobre,  Macerata vivrà il racconto dello sport a 360 gradi, diventando la capitale italiana dello sport e il cuore del romanzo di settore. Overtime, Festival nazionale del racconto e dell’etica sportiva, proporrà per cinque giorni ininterrotti incontri letterari, mostre e proiezioni cinematografiche finalizzati alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica su passione e agonismo sportivi. Un festival per mantenere viva l’attenzione sui valori etico-sociali connessi allo sport, per celebrare gli spaccati di vita vissuta e le mille sfaccettature di chi lo sport lo pratica, ma anche di chi ne scrive, di chi ne ha fatto il proprio lavoro e di chi semplicemente lo segue con passione, trasporto e partecipazione.
Anche per l’edizione 2017, la strada intrapresa è quella solcata dalla tradizione dell’Associazione Culturale Pindaro, ideatrice ed organizzatrice dell’evento: offerta al pubblico di tematiche dallo spiccato spessore sociale, spunti di riflessione sportiva di strettissima attualità e costante correlazione con l’arte. 14 location e oltre 40 eventi, che vedranno come protagonisti nomi di primissimo piano dello sport, del giornalismo e dello spettacolo nazionale.
Edizione 2017 dedicata alle storie di “Gregari & Campioni” e caratterizzata da un respiro e una connotazione fortemente internazionali: alla tradizionale rassegna cinematografica Overtime Film Festival si sono iscritte oltre 50 pellicole provenienti dall’estero, che raccontano storie di sport e di cultura sportiva, mostrando ancora una volta che lo sport non conosce muri e barriere. Produzioni giunte anche da Brasile, Argentina, Corea, Iran, Spagna, Francia, Russia, Israele ed India.
“Overtime – ha detto il sindaco Romano Carancini intervenuto alla conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa –   è un evento in cui ci riconosciamo perché trasmette valori e messaggi fondamentali. Debbo riconoscere il grandissimo livello rispetto alle iniziative messe in campo grazie all’associazione Pindaro, un soggetto trasversale, che riesce a raccogliere tanti soggetti”.
“Overtime – ha aggiuntol’assessore allo sport, Alferio Canesin – è un’iniziativa sulla quale l’Amministrazione comunale sette anni fece una scollessa e si è rivelata vincente. Ora è una rassegna storica che qualifica le attività dell’Amministrazione comunale di Macerata e tutto quello che ruota intorno allo sport e alla cultura.  E’ fondamentale e importante continuare a portarla avanti per i suoi contenuti che guardano ai valori etici dello sport”.
Grazie alla collaborazione con l’Istituto Confucio di Macerata sarà approfondito il tema della grande passione della Cina per il calcio e lo sport: i due giornalisti veterani dei Giochi Olimpici Franco Bragagna e Stefano Vegliani parleranno della loro esperienza di inviati alle Olimpiadi di Pechino 2008; Nicholas Gineprini e Furio Zara della forza attrattiva della Super League, il massimo campionato di calcio cinese.
“Il festival Overtime – ha sottolineato il Rettore dell’ Università di Macerata Francesco Adornato – sta diventando sempre di più una rassegna qualificata che apre scenari internazionali e quest’anno con la Cina apre un confronto con una realtà culturale molto raffinata”.
Protagonisti dell’anteprima del festival l’ex calciatore colombiano dell’ Inter del Triplete Ivan Ramiro Cordoba e la sua Fundacion Colombia te quiere ver onlus che ha come obiettivo quello di raccogliere fondi per progetti legati all’assistenza nutrizionale, medica e sociale dei bambini colombiani.
Sempre più punto di riferimento in Italia per giornalisti sportivi ed amanti di settore, Macerata ospiterà il gotha del giornalismo sportivo italiano. Tra i tanti ospiti l’ex pallavolista Andrea Lucchetta, il giornalista Claudio Arrigoni, la “voce Rai” Francesco Repice e le conferme di Nicola Calzaretta, Marco Ardemagni e Nazareno Rocchetti. Ad arricchire ed impreziosire i molteplici contenuti proposti, lo spettacolo teatrale “Eravamo quasi in cielo” di Gianfelice Facchetti in ricordo della squadra di vigili del fuoco dello Spezia,  i racconti di Pierluigi Pardo, il pugile Clemente Russo, il vincitore del Premio Bancarella Sport 2017 Marco Pastonesi.
Graditissima ospite Maria Beatrice Benvenuti, la più giovane arbitro internazionale di rugby al mondo, che continua ad esercitare la sua passione nonostante l’insensato e violento “placcaggio“ di cui è stata vittima durante un incontro di Serie A maschile. Attesissimo l’evento in ricordo di Michele Scarponi (inaugurò Overtime Festival 2015), alla presenza del fratello Marco, di Francesco Moser e Luca Panichi.
Consolidata la collaborazione con l’Università degli Studi di Macerata con cui sono stati concertati ed organizzati: il convegno del prof. Giuseppe Rivetti su sport e salute; il convegno della prof.ssa Catia Giaconi su sport ed inclusione sociale; il laboratorio di cucina creativa per famiglie a cura di Museo della Scuola; il contest culinario “Gli studenti Unimc ai fornelli, tra internazionalizzazione e rispetto della tradizione”, realizzato in collaborazione con Coop Alleanza 3.0 e Tipicità.
Novità dell’edizione 2017 la rassegna Overtime Wine Festival dedicata a sportivi che hanno investito nel mondo e nella cultura dello sport. Saranno presenti con eventi degustazione le Cantine Fabio Cordella (Buffon, Zamorano e Sneijder); Moser Trento, Daniele Tombolini Enologo, Cantina Ripa Teatina (Rocky Marciano) e Nettare dei Santi (Franco Riccardi).
Confermate anche per questa edizione le collaborazioni con il territorio e i suoi ordini professionali: Ordine dei Commercialisti e Ordine dagli Avvocati a cui si aggiunge nel 2017 quella con l’Ordine dei Giornalisti Marche. Rinnovata anche la partnership con Banca Provincia di Macerata con la quale viene proposta la presentazione del Progetto Tiro Libero alla presenza dell’attore Simone Riccioni, del regista Alessandro Valori e lo scrittore Jonathan Arpetti.
Momento toccante e molto significativo sarà infine l’incontro a Castelsantangelo sul Nera, paese raso al suolo dai terremoti del 2016, tra il Sindaco Mauro Falcucci e gli autori di “E vissero…sconfitti e vincenti”, un progetto unico nel suo genere creato dalla penna degli amici di Overtime Festival per non far spegnere i riflettori sul piccolo paese della Provincia di Macerata e la tragedia che l’ha colpito. Un libro fatto di storie, aneddoti, racconti e fantasie. Un libro che ha coinvolto il giornalismo sportivo italiano. Per la prima volta insieme. Tutti in nome della solidarietà e dell’etica sportiva.
Il ricchissimo calendario programmato si fregia inoltre del torneo di playstation Fifa Tournament 2018, delle esibizioni di Tango a cura di Accademia del Tango Macerata, del 1° Torneo Overtime Old Rugby in collaborazione con Banca Macerata Rugby, il Torneo di Subbuteo a cura di Subbuteo Club Macerata, le dimostrazioni di Judo del Maestro Corrado Croceri.
Overtime è un’idea di Pindaro Sports & Events, con il patrocinio di Regione Marche, e in collaborazione con Comune di Macerata, Università degli Studi di Macerata, Istituto Confucio, Camera di Commercio di Macerata, Rai, CONI Marche, Comitato Italiano Paralimpico, Tipicità, AIS Marche, Società Filarmonica Drammatica, CUS, Federazioni sportive nazionali, importanti realtà locali come Cooperativa Sociale Meridiana che curerà gli allestimenti delle location del festival e StammiBene, il progetto che sensibilizza i cittadini sui problemi legati alle dipendenze promosso dal Dipartimento Dipendenze Patologiche di Macerata.
Overtime Festival è sostenuto dal Comune di Macerata, Liomatic, Iplex, Banca della Provincia di Macerata, ACCA di Jesi, Harley Davidson Civitanova Marche, Centro Commerciale Val di Chienti, Maia Export, Dentalcity del dott. Paolo Pasquali, Eli, Adriatica Noleggio, GS Copy, Domizioli Viaggi, Sportilia, IESN. Red, Giaconi Editore, Green Nordic Walking, Live League, FEISCT, Cinema Italia e dai media partners Radio Linea, E’TV Macerata, Emmaus.
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Passaggio di campana.
Domenica 25 giugno in un clima di amicizia e sobria eleganza si è svolta nella splendida cornice di Palazzo Villarosa la cerimonia del Passaggio della Campana del Lions club Bagheria. Il nuovo Presidente per l’anno 2017/2018 è il Dott. Michele Sparacino.    .
La campana ed il martelletto del club sono stati affidati al neo  Presidente dall’ uscente Maurizio Basta che  nel suo discorso di fine  mandato ha posto l”accento sul clima di partecipazione e coinvolgimento che ha caratterizzato l’anno sociale   affermando – Sono soddisfatto perchè questo non è stato l’anno del Presidente  bensì  quello di tutti i soci del club-.
Dopo aver ricordato  brevemente alcuni dei service piu significativi svolti,  con  non poca emozione ha ringraziato Direttivo ed Assemblea dei soci  per il lavoro svolto e  la stima dimostratagli ;  oltre singolarmente   tutti coloro, comprese anche alcune professionalità esterne, che hanno contribuito all’attuazione del programma .
Un grazie particolare è andato ai tre officers : alla cerimoniera  Enza Giamporcaro che ha svolto il suo incarico come da manuale, con sobrieà, eleganza ed efficacia, alla tesoriera Teresa Greco  sempre puntuale e precisa ed inoltre  capace di ben  relazionarsi con i soci, al segretario Michele Maggiore definito “un compagno di viaggio ” per aver condiviso ogni momento della sua  presidenza supportandolo e consigliandolo, sempre con discrezione, a dimostrazione della stima e  fraterna amicizia che li lega sin da ragazzi.
Durante la serata si è svolta la cerimonia di affiliazione di tre nuovi soci : La dirigente scolastica Prof.ssa Carmen Tripoli, l’avvocato Tommaso Sciortino, il Family Bank Manager di Mediolanum Sig. Sergio Raffaele Addamo
Un momento particolarmente emotivo si  è vissuto in occasione della consegna del premio Melvin Jones Fellow alla memoria del socio Dott. Nino Marino.
Era presente il Sindaco di Bagheria Dott. Patrizio Cinque che nel suo indirizzo di saluto ha sottolineato la rafforzata  collaborazione fra Lions ed Amministrazione già  da tempo avviata .
Presenti oltre a numerosi Presidenti dei clubs della Prima Circoscrizione numerose altre Autorità Lions e Leo.
Hanno preso la parola la Presidente del Leo club Bagheria Monica  Trupia ,il Presidente di zona 4  dott. Felice Savaia, il Presidente della Prima Circoscrizione  Ing. Giuseppe Martorana, il Past Governatore Prof. Amedeo Tullio e il Past Governatore Prof. Avv.Gianfranco Amenta che concludendo la cerimonia ha espresso parole di elogio e di congratulazioni per  le attività svolte dal club nell’anno sociale trascorso ed un augurio di buon lavoro al nuovo Presidente nel segno del “We serve”
LC Bagheria Passaggio di campana. Domenica 25 giugno in un clima di amicizia e sobria eleganza si è svolta nella splendida cornice di Palazzo Villarosa la cerimonia del Passaggio della Campana del Lions club Bagheria.
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unwinthehart · 8 months
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E' come film di orrore
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