Tumgik
#Quando sono qui non so se è piu nostalgia di te o piu nostalgia di me ......
gigiastella · 1 year
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giancarlonicoli · 6 years
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9 lug 2018 16:42
NON C'È PIÙ LA NOSTALGIA DI UNA VOLTA - L'INTERVISTA DI DOTTO A VANZINA (2015): ''MI FA INNERVOSIRE QUANDO MI CHIAMANO 'MAESTRO'. MAESTRO DEI MIEI COGLIONI. MONICA BELLUCCI? L’HO LANCIATA IO IN UN FILM DI MARCO RISI. MAI AVREI PENSATO CHE SAREBBE DIVENTATA UNA STAR INTERNAZIONALE, NON È CERTO MERYL STREEP'' - ''SERVILLO? TEMO SIA UNO SNOBBONE E CI VEDA COME IL DIAVOLO'' - ''ECCO LA MIA CAZZATA PIÙ MEMORABILE''
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Giancarlo Dotto per ''Diva & Donna'' (2015)
Figli di Steno, alias Stefano Vanzina, che vuol dire figli della commedia all’italiana. Tenuti in grembo da Totò e da Alberto Sordi, come dire tenuti in grembo dal destino, hanno inventato in quasi quarant’anni, tra gli altri, Diego Abatantuono e Jerry Calà e reinventato Gigi Proietti, miracolato Massimo Boldi e Christian De Sica, ma anche Raoul Bova, lanciato Claudio Amendola e Isabella Ferrari, Enrico Brignano e Vincenzo Salemme, scoperto Ricky Memphis e, questo lo sanno in pochi, Monica Bellucci.
In quanto a nazionalpopolarità, i fratelli Vanzina se la battono in Italia con i fratelli Abbagnale e i fratelli Bandiera. Come campioni di box office non hanno rivali. Che siano cineombrelloni o cinepanettoni, piacciono a tutti o quasi, agli spettatori che si sganasciano, agli attori che girano in fretta e ai produttori che con loro risparmiano. Non piacciono a certa forforosa saccenza. Carlo è il regista, Enrico lo sceneggiatore. Inchiodo l’iperattivo Carlo Vanzina a Porto Rotondo con la famiglia, la moglie Lisa e le figlie Isotta e Assia, in una pausa di lavoro. Sta ultimando il montaggio di “Torno indietro e cambio vita”, il suo ultimo film.
“E’ la storia di una coppia esemplare all’apparenza. Stanno insieme da quando erano ragazzi. Poi, un giorno, a letto, lei, Giulia Michelini, dice a lui, Raoul Bova: “Mi voglio separare”. Lui si confida con l’amico, Ricky Memphis: “Col cavolo che mi risposerei se tornassi indietro”. Mentre lo dice, viene investito da una macchina e si risveglia nel cortile della scuola. L’occasione di riscrivere la sua vita. Una storia all’americana”.
E’ grazie alla ditta Vanzina che Raoul Bova ha trovato la sua dimensione come attore.
“L’ho lanciato più di vent’anni fa con “Piccolo grande amore”. Quando era un ragazzo di bell’aspetto e poco più”.
Vent’anni dopo?
“Raoul è un ragazzo riflessivo e scrupoloso. Cosciente che questa sua popolarità va sfruttata in maniera professionale. Cerca personaggi positivi. Lui non si sente per niente un latin  lover. Ha trovato questa chiave di prendersi un po’ in giro”.
Ricky Memphis, un altro che si può definire tuo. Lui sì è una faccia.
“Ha iniziato con me. Protagonista con Amendola e la Bellucci de “I mitici”. Anche qui, roba di vent’anni fa. Ricky è fantastico. Lui, come attore, è il contrario del metodo. Ma ha questa faccia che dice tutto, questa sua malinconia di fondo”.
Come succede per molti attori importanti, faccia monouso. Faccia iconica e laconica.
“Ricky è così. Parla poco ma, quando, lo fa sono sentenze”.
I fratelli Vanzina. Carlo ed Enrico sono per l’Italia, insieme ai fratelli Taviani, quello che i fratelli Coen, ma direi soprattutto i fratelli Farrelly sono per l’America e i fratelli Ardenne per il Belgio.
“Ce ne sono tanti altri nel cinema. Aggiungerei i fratelli Wachowski, quelli di “Matrix”. Andy e Larry. Solo che Larry nel frattempo è diventato donna e ora si chiama Lana”. 
Di questi tempi si è, cinematograficamente parlando, già a Natale.
“Produrremo insieme a Andrea Occhipinti un film scritto a sei mani con Neri Parenti che scombinerà gli equilibri classici del Natale, fondati sulla triade De Laurentiis, Medusa e Rai Cinema”.
Suona come una sfida temeraria.
“Una scommessa vera. Siamo partiti con i soldi nostri, senza finanziamenti. Potremmo scompaginare il mercato o prendere una batosta”.
Il futuro sta finalmente diventando presente? Si aprono nuove frontiere e nuovi mercati anche nel cinema.
“Sta cambiando tutto. La tecnologia è andata talmente avanti. La pay tv è la nuova frontiera. C’è un grande bisogno di contenuti. Purtroppo, noi autori commerciali siamo stati colpevolmente miopi”.
Sarebbe a dire?
“Cedere i diritti delle nostre opere ai vari De Laurentiis, Medusa e Rai. Oggi il mondo è globale, avere delle tue cose è decisivo. La gente pensa che noi Vanzina siamo miliardari...”.
Lo pensavo anch’io.
“Invece non lo siamo. Anzi, se me ne trovi tu uno che vuole investire nel cinema”.
Tempi di rievocazioni. Il remake del vostro celebre “Sapore di mare”.
“Più che un remake, abbiamo tentato un nuovo capitolo ambientato negli anni Ottanta. Un buon film che non ha avuto l’attenzione giusta. Ci sono rimasto male. Chissà, forse il titolo sbagliato, “Sapore di te”. Forse, non è scattata la nostalgia”.
Non c’è più la nostalgia di una volta.
“Oggi la gente è tutta proiettata nel futuro, se ne frega del passato”.
Quanto sono importanti i titoli?
“Sono più importanti i trailer. I ragazzi li guardano e scelgono, anche se vanno sempre di meno al cinema. Le mie due figlie, di quindici e sedici anni, non ci vanno proprio”.
Lavorate sempre con Enrico nello studio di papà Steno?
“Che poi era il salotto di casa. Scrivevano le sceneggiature e registravano con un vecchio Geloso a bobine. A quel tavolo si sono seduti Totò, Alberto Sordi, Aldo Fabrizi, Ettore Scola, Scarpelli. Tanti altri. Una factory continua”.
Enrico e tu. Quasi quarant’anni di cinema insieme.
“Un giorno, mi chiama un giornalista e mi fa: “Sono trent’anni che stai facendo il regista”. Non me n’ero accorto. Mi sono sentito vecchio improvvisamente. Adesso, sono quasi quaranta. Una cosa che mi fa innervosire è quando mi chiamano “maestro”.
Perché?
“È brutto. Maestro dei miei coglioni”.
A quale sei più affezionato, tra i personaggi inventati?
“Penso a Donato, il tifoso milanista di Diego Abatantuono. Un personaggio di culto. Come il Mandrake di Gigi Proietti in “Febbre da cavallo”, inventato da mio padre e riproposto da noi”.
Un Gigi Proietti meraviglioso nella parte del cialtrone che s’inventa la vita.
“La cosa meravigliosa di Gigi è che, dopo Gassman e Bene, è il nostro attore teatrale più completo. Passa da Shakespeare alle barzellette. Un grande attore che non disdegna il basso”.
C’è chi lo considera il suo limite.
“Per me è il suo più ammirevole talento”
È l’ultimo dei mohicani. Non così capito dal cinema.
“Sembrava sempre che dovesse esplodere, ma non ce la faceva e allora si rifugiava nel teatro. Gigi è sempre stato schivo con il cinema. Aveva una faccia, come dire, “facciosa”. Una faccia troppo importante. Talmente bravo che non risultava credibile”.
Percorsi stupefacenti tra gli attori da te lanciati.
“Diego Abatantuono. Da macchietta da cabaret è diventato un attore importante. Ha dimostrato uno spessore che neanche immaginavo. Diego ha una presenza scenica dominante. È un affabulatore. Ma, anche un accentratore. Gli piace comandare tutto”.
Altre storie sorprendenti.
“Monica Bellucci. L’ho lanciata io in un film di Marco Risi. Lei, devo dire, me l’ha riconosciuto pubblicamente e gliene sono grato. Mai mi sarei aspettato che sarebbe diventata una star internazionale. È una brava attrice, ma non è Meryl Streep”.
Un grandissimo attore che ha non ha avuto la storia che meritava.
“Maurizio Micheli. Attore meraviglioso che, non so perché, non è mai riuscito a fare la carriera che gli spettava”.
Ritorni, dopo tanti anni, a lavorare con Massimo Boldi.
“Massimo ha tentato la strada di una sua casa di produzione. E’ andata male. Potevamo fare ancora tante cose insieme. Succede solo da noi che gli attori, a un certo punto, s’inventano di voler fare tutto, gli agenti, i registi, i produttori. Fai l’attore? Basta e avanza”.
Sono noiosi i comici?
“Sono per lo più malinconici e invidiosi. Fanno eccezione, tra quelli che conosco, Christian De Sica e Carlo Verdone”.
Roberto Benigni resta il nostro unico attore esportabile?
“Da quando l’ho detto, però non ha fatto più niente. Mi ha sconfessato. Come se gli fosse venuta l’angoscia da Oscar, di non essere più all’altezza di quel film”.
Il film di Paolo Sorrentino ti è piaciuto?
“Molto. Con qualche lungaggine, ma mi è rimasto dentro. La scena sulla terrazza, il ballo, la faccia di Toni Servillo”.
Toni Servillo con i Vanzina. Questa sì, sarebbe un’accoppiata sorprendente.
“Mi piacerebbe tanto averlo con me. Potrebbe fare il comico benissimo”.
L’ho visto a teatro in uno spettacolo goldoniano. Bravissimo.
“Non lo conosco di persona. Mi sembra uno snobbone. Mi sa che i Vanzina per lui sono come il diavolo. Troppo commerciali”.
Assegna i tuoi Oscar alla commedia italiana.
“Monicelli, Risi, Age e Scarpelli, Ettore Scola. Per il film scelgo “I soliti ignoti”.  L’Oscar per l’attore lo spartisco ex-aequo tra Sordi, Gassman e Totò”.
Ti rumina l’idea di suggellare una storia importante con un capolavoro, tipo “C’era una volta il West” di Sergio Leone, anche lui fin lì considerato un regista di genere?
“Ti confesso, è proprio quello che c’è nella mia testa. Ci ho anche provato in passato. Un film con Gian Maria Volontè, quando era già un mostro sacro. Ma, in Italia l’etichetta ti condanna. Ho idee importanti, ma mi autocensuro. Dovrei trovare uno pseudonimo per fare un film fuori dal cliché dei Vanzina”.
I Vanzina. Siete, nel bene e nel male, un marchio.
“Ci vorrebbero un’idea internazionale, finanziamenti stranieri. Il vero guaio è che il nostro cinema è molto piccolo. Qui da noi è una palude, tutto stagnante, fermo”.
Checco Zalone ti piace?
“Tantissimo. Mi diverte. E’ un comicone”.
Diversi film con Enrico Brignano. Poi, più nulla.
“Aspirava a fare l’assolo. Anche lui, questa ambizione di voler fare tutto. Faccia pure. E’ cambiato. Non è più allegro, né pacioccone. E’ diventato cicciotto. Del resto, ognuno ha la faccia che ha. Certo, Brignano non può fare Mastroianni”.
Tra te e tuo fratello chi affronta meglio il tempo che passa?
“Non ce la siamo mai detta questa cosa. Forse io. Sai, l’idea che potrò sopravvivere nella mia famiglia, che qualcosa di me resterà, un piccolo seme”.
La famiglia. Il tuo ancoraggio.
“Che poi non è solo la mia, ma quella molto estesa della tribù Melidoni. In questi giorni è il compleanno di Gianni, famoso giornalista e padre di Lisa. In queste occasioni ci riuniamo tutti. Un esercito. Posti in piedi”.
Il tuo spazio sacro. Dove ci sei solo tu. Niente mogli, figli, fratelli.
“La fedeltà a me stesso. Del successo non me ne frega niente. M’importa solo essere quello che i miei genitori si aspettavano da me. Una persona rispettosa, educata, perbene. Questo non me lo può togliere nessuno”.
Una cazzata memorabile, da inserire nell’enciclopedia delle umane cazzate.
“Tante. Come l’imbarcata che presi a diciotto anni per una svedese conosciuta in Sardegna. Una ragazza da sogno. Partii come un pazzo per la Svezia in macchina e scoprii che era fidanzata. Una batosta, ma quel viaggio mi servì a farmi sentire un po’ Kerouac”.
Il tuo cast ideale pensando al futuro.
“Un sogno mai realizzato. Lavorare un giorno con Carlo Verdone. Mi dispiace l’idea di chiudere la mia storia senza poterlo fare. Mi troverei bene, sono sicuro, anche con Checco Zalone”.
Il tuo cast ideale pensando al passato.
“Ho un grande rammarico. Mi farebbe piacere, prima di andare all’ospizio, fare di nuovo un film con Boldi e De Sica insieme”.
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songfromsaturn · 7 years
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"Could you take care of a broken soul?"
Caro ******, non so esattamente perché ti sto scrivendo una lettera se posso benissimo scriverti quando voglio. Ma perdonami se ancora non é il momento per mostrarti ciò che sto scrivendo per te. Sono sdraiata sul mio letto, stringendo Judy e ascoltando Take me Home mi sei venuto in mente tu. Forse perché quando c'è la parola casa automaticamente il mio cuore cerca te. O forse semplicemente perché questa canzone mi rappresenta in qualche modo. Pensavo al nostro incontro e sei capitato cosi, non tanto una sera qualunque, ma una sera importante. All'improvviso, come un temporale estivo. Sei stato il mio temporale estivo quella sera. Con tanto di arcobaleno alla fine. Non so il perche di tutta questa nostalgia e di tutti questi ricordi che mi stanno tempestando la mente. Però mi sono accorta che ho passato cosi tanto tempo con te che sembra essere passata una vita dalla prima volta. E se c'è una cosa che so é che non deve essere dimenticata, mai. Ricorderò sempre il tuo sorriso, quel maledetto sorriso che ha fatto sorridere anche me. I tuoi capelli appena tagliati dal barbiere e il tuo sguardo sul mio. Non dimenticherò il primo bacio sotto casa mia, cosi dolce e silenzioso, come se volessi piano piano bussare al mio cuore per chiedermi di entrare. E Dio se te l'ho permesso. Te l'ho permesso con tutta me stessa perché é stata quella sera in cui volevo scappare dai miei genitori che mi hai fatto capire che sono forte e che ce la posso fare. Non so niente dell'amore, lo sai, con le relazioni sociali sono una frana e mi sembra di esplodere quando mi sento stretta in un posto che non sento mio. Ma tu mi hai insegnato che non importa, che saprai prenderti cura del mio cuore, dei miei sentimenti, che guardando la luna io ti sentirò solo e sempre piu vicino a me. Mi hai insegnato ad amare, ad essere completamente pazza con te, a saper condividere ogni cosa e a saper rendere felice la tua persona. Non é semplice rendere felici, ma non é nemmeno difficile. É complicato al punto giusto, con le difficoltà giuste e al tempo stesso di una semplicità che sa riempirti. Perché non é vero che molte volte a rendere felici le persone si è infelici dentro. Non sai quante volte mi sento felice solo a vederti felice. Non capisco ancora il motivo di questa lettera, ******. Ma volevo semplicemente racchiudere tutti i miei sentimenti qui dentro perché sai che le dimostrazioni e i gesti mi riescono difficili, ma le parole, quelle uscite dal cuore, quelle che riescono a battere anche tra le righe, riesco a scriverle solo grazie a ciò che sento. Magari per questo siamo speciali insieme. Perché riesci in ciò che io non riesco e sai essere ciò che io non sono. Siamo due calamite diverse che sanno come cercarsi anche quando sono lontane. Voglio semplicemente farti capire che non c'è nessun'altra persona al mondo con cui farei l'amore come lo faccio con te, non c'è nessun'altra persona che bacerei se non te. E aspetterei un'intera vita se so che alla fine potrò rivederti, baciarti e sentirmi tua. Aspetterei perché so che avrà un senso portare addosso la tua mancanza per tanto tempo. E non importa dove sarai tu, dove sarò io, noi ci saremo. Sempre. E anche se non credo all'eternità e all'infinito, so che sarai comunque completamente e indissolubilmente una parte di me, per sempre. Tua ******.
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solamentelu · 7 years
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7 Febbraio 2017, a lui.
Allora, sono stanca assonnata emotiva e probabilmente tra circa quindici secondi mi pentirò di quello che sto facendo, ma credo che comunque in un modo o nell’altro siamo rimasti amici quindi non ci dovrebbero essere problemi se ti mando questa cosa, tanto la dignità è andata affanculo tanto tempo fa. Scusami ancora, ma a volte devo svuotare il mio cervello malfunzionante e troppo pensieroso in ordine da fare spazio, ma come ho già detto tu mi conosci e sarai comprensivo. Leggi tutto questo quando ti pare, non lo leggere, non e scritto per te, ma per me, perche di solito scrivere mi aiuta a chiarire le idee (ah ah non si direbbe). Il primo punto di una lunga lista è che oggi e il 7 di febbraio, nonche il giorno in cui ci siamo lasciati l’anno scorso. piccola parentesi { con tanto di pianti in stazione ad Inverigo, pioveva e quel weekend ero a dormire da te, chissà come mai mia mamma mi aveva lasciato venire da te, chissa}; in ogni caso per me e un giorno in cui sono successe cose delle quali ancora mi chiedo le cause, ma poi si sa che io penso troppo. Oggi mi pareva il giorno giusto per finalmente svuotare la testa da un po’ di cose ( direi anche il cuore, ma sono sempre stata una persona cerebrale), e finalmente, senza farmi prendere da crisi depressive o di pianto o di nostalgia ( come il 98% delle volte in cui ti scrivo un messaggio lungo) dirti un po’ di cose, e chiedertene altrettante. AH, ALTRO PUNTO DA SOTTOLINEARE: NON MI ASPETTO RISPOSTE, PERÒ DOMANDARE È LECITO. Tra le tante cose che ti vorrei dire, iniziero con tutte quelle che non ti ho mai detto, anzi le metterò in un elenco stile appunti, proprio come se questo fosse uno di quei testi di merda che ti forzano a leggere il lunedi mattina a scuola quando le ore di sonno della notte precedente sono in media due. Per quanto mi sforzi di convincermi di essere sempre stata aperta e che tu sia l’unica persona a cui direi ogni cosa, tutto cio che riguarda o ha riguardato noi mi è sempre stato difficile dirtelo, e quando uno ci prova ha sempre quel nodo in gola perchè non sa mai fino a che punto spingersi per salvare la dignità, o forse meglio l’orgoglio. Mi sto dilungando di nuovo, accidenti. ah ah, che cosa imbarazzante. Partiamo dall’inizio. fino al 25 dicembre 2014, non avrei mai e poi mai e poi mai voluto nè uscire con te( nel senso toscano del termine, da voi si dice “farsi” o qualcosa del genere)né tantomeno mettermi con te. Mai e poi mai, proprio no. Davo per scontato che non sarebbe mai successo niente e che saremmo rimasti amici amici per tanto tempo e via così, ma non eri il mio tipo sotto nessun punto di vista. Ingenua piccola me. Da quando ci siamo messi insieme, è iniziato il processo di idealizzazione. Benissimo, prima storia seria, allora deve essere LA STORIA. Mica cazzi. Il mio cervellino ha lavorato a lungo per farti combaciare all’idea di principe azzurro che avevo in mente, finchè finalmente il processo non è giunto a termine; con quel giorno combacia quella giornata noiosa in cui a siena ti ho detto che ti amavo. Probabilmente ti amavo già da prima. Non mi rendevo conto di amarti perche era cosi scontato stare con te, ma era da tempo che il mio passatempo era pensare a tutte le cose a cui avrei rinunciato pur di averti nella mia vita. E le cose sulla lista dei rinunci erano tante, tante, tante. Così ho deciso di renderlo ufficiale, nel modo piu normale e probabilmente meno romantico possibile, pero almeno te l’ho detto. Apprezza. Un altro processo interessante è stato analizzare ogni singola cosa. ogni. singola. cosa. Ma questo piu in là, gennaio 2016 e giù di li, quando ci siamo lasciati. ogni singolo stato, messaggio, snap, testo di canzone, doveva combaciare all’immagine che mi ero fatta di te, perche non potevi cambiare, eh no. dovevi rimanere sempre lo stesso ideale principe azzurro perfetto che era li fisso nella mia testa, perche chissà che poi fossimo tornati insieme e io non ti riconoscevo più. Psicopatica lo so, ma a quanto pare l’amore porta anche a questo. Che schifo comunque. Fase successiva, rassegnazione. E quindi depressione totale. Fase soprattutto notturna e soprattutto di quest’ estate, in cui ho realizzato che non c’era piu alcuna speranza e che avrei dovuto mettermi in pace darmi una calmata smettere di analizzare e sognare e accettare il fatto che eri cambiato, e che non saremmo tornati insieme. Ho continuato ad amarti,ma soprattutto ti ho odiato. Dalla rassegnazione si è passati alla voglia di andarsene via da tutti e da tutto, perche ogni singola cosa era diventata impossibile da sopportare. Da qui la decisione di partire per il Galles e darci un taglio con tutto. Non ti diro una cazzata per sembrare meno stupida, tu rientravi precisamente nelle motivazioni per cui ho deciso di partire; non ne potevo più. il resto gia lo sai, le lettere, i messaggi, e quando a settembre dopo mi pare una chiamata su facetime mi sono ritrovata quel tuo messaggio allora ho capito che da parte tua era davvero finita, e ti ho risparmiato anche solo il tentativo di riprovarci. sai no, se una persona ti ama lasciala andare e puttanate. puttanate appunto. ma non sono a scrivere qui per questo, anche se ci tenevo a dirti che quel messaggio ha generato sensi di colpa e rimorsi inimmaginabili, ma vabbe. Penso di aver finito con le cose che non ti ho mai detto, anche se molte le avrai intuite, forse si forse no, in ogni caso avevo bisogno di essere io a dirtele. Che poi mi sono limitata a quelle che ho ritenuto essere necessarie, avrei potuto continuare fino all’infinito. Non ho nemmeno una foto con te che non mi è mai fregato niente delle foto, eppure adesso ne vorrei una per ricordarmi che la felicità non è una truffa Niente, la sto ascoltando mentre scrivo che poi tra l’altro ad aprile andiamo al concerto e non so quanto sia coerente andare con un ex ragazzo con cui praticamente non parlo a cantare canzoni d’amore, ma chi sono io per dire cosa e coerente e cosa no. Ora però lo devo fare. Essendo una cosa scritta per me, non so ancora se ti mandero il link o no e spero vivamente di non essere coraggiosa ( o idiota?) abbastanza per farlo; comunque, essendo una cosa scritta per me è giunto il momento in cui finalmente ti chieda un paio di cose, e le domande sono alquante. Che cazzo ti è venuto in mente, quando una ragazza pensa di lasciarsi avresti dovuto inchiodarmi al muro, non dirmi che la porta era aperta e che ero libera di andarmene, porco cane. in ogni caso lezione imparata, però era per dire ecco, con la prossima non fare cosi. Tu come stai dopo esserti fatto una tipa a caso? Perchè a me da ancora fastidio, come se ti dovessi ancora qualcosa La cancellerai mai quella chat? Anche se quando compierai i 18 starai con un’altra, mi ci porti comunque a San Francisco? puoi anche lasciarmi lí e poi tornare dalla tipa, però ecco una promessa è una promessa Hai trovato qualcuno che hai paura di perdere? Riascolti mai le canzoni che ascoltavamo insieme? ultima, giuro: perchè sei sempre cosí distaccato, cosi pragmatico, cosi un cazzo di orgoglioso? Non ti dico di diventare come i comuni mortali (me), però restare un po’ meno sulle tue, o almeno spiegati. Con questo concludo, che sono piu di mille parole e ho ancora matematica da fare, cazzo.
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