Tumgik
#Tenuta delle Terre Nere
kakivino · 2 years
Text
Tenuta delle Terre Nere 2017 Etna Rosso Moganazzi
Tumblr media
Less smoky, more floral and lithe than Feudo di Mezzo, with gentler contours and more pliant tannins adding upfront appeal to its clean, vibrant, minerally outlook. Dangerously succulent. This pinot-like red fruit basket appears the more endearing of the two, not necessarily a qualitative observation, at this point. They're just different, and thrillingly so. Such is the impeccable balance, what 14.5% alcohol? — ★★★½
Appellation: Etna Rosso Region: Castiglione di Sicilia, Etna, Sicilia, Italy Subzone: Moganazzi Cépage: 100% Nerello Mascalese Abv: 14.5% Production: 4,000 Élevage: 14 months in French oak barriques and tonneaux, 1 in stainless steel Distributor: Vintry
Critic Reviews:
Bright red-ruby. Clean, very mineral and floral, with juicy red/black cherry aromas and flavors. A refined, mineral wine that is very well balanced and precise. This clocks in at 14.5% alcohol, but doesn’t taste warm at all. In fact, I like this wine’s austere, mineral-tinged, long finish. Will likely improve in the bottle. Ian D'Agata (Vinous, 08/2019) 92+
0 notes
paworn · 2 years
Photo
Tumblr media
Tenuta delle Terre Nere - Etna Bianco 2020 (at Lenzi Tuscan Kitchen) https://www.instagram.com/p/CbIP8dPp9Sd/?utm_medium=tumblr
0 notes
zinicaviaggi · 3 years
Photo
Tumblr media
Il Relais & Châteaux Monaci delle Terre Nere offre agli ospiti diverse tipologie di sistemazioni indipendenti che possono ospitare da 3 a 6 persone. Circondate da un ampio giardino, alcune con piscina privata, le ville sono distribuite all’interno di una tenuta biologica di 25 ettari alle pendici dell’Etna tra prati, vigneti e filari di alberi da frutto. Ottenute dal recupero di antichi edifici rurali tipici, ristrutturati secondo principi di bio-edilizia e criteri di risparmio energetico, sono l’ideale per una vacanza all’insegna dello slow living e del ritorno all’armonia con la natura. https://www.instagram.com/p/CQ9QbQuB5PW/?utm_medium=tumblr
0 notes
krogerconews · 4 years
Text
This refreshing Portuguese rosé, at only $10, will have you reaching for another glass
Available in Virginia at Harris Teeter (various locations), Total Wine & More (McLean). GREAT VALUE. Tenuta delle Terre Nere Etna Rosso 2018. from Google Alert - harris-teeter https://ift.tt/3kmpOEU via IFTTT
0 notes
malaltsdevi · 5 years
Photo
Tumblr media
Seconda parte del nostro percorso vinicolo 🇮🇹italiano🇮🇹: dal Véneto allá Sicilia con Chus Brión @then inosbcn nella scuola @eshobescola . 1️⃣CASA BELL’ALBERO Frizzante Dolce IGT 🍇#Lambrusco dell #Emilia . 2️⃣SEMPLICEMENTE VINO BELLOTI BIANCO 2016 @cascinadegliulivi #piemonte 🍇Chardonnay, Trebbiano, Sauvignon blanc, Garganega @vinitriplea #naturalwine #biodynamicwine . 3️⃣ALLEGRINI 2017 DOG Vallpolicela Clásico 🎩🎩 @allegrini.winery 🍇Corvina, Molinara y Rondinella @valpolicellawines #veneto . 4️⃣MONTE PIETROSO 🍇PRIMITIVO 2017 IGT #puglia . 5️⃣PRIMO SCURO 2017 🍇 Cannonau 🎩DOG Cannonau di #sardegnawine con la speciale collaborazione di @leoniantonella1 . 6️⃣ETNA ROSSO 2017 Tenuta delle Terre Nere 🔝🍷 @tenutaterrenere 🍇Nerello Mascalese (95%); Nerello Cappuccio (5%). DOC #Etna #etnawine . #etnawines #sardegna #valpollicela #belloti #italianwines #winelovers #winelover #winestagram #wineporn #winelife #winetime #wineday — view on Instagram http://bit.ly/2HQNTkN
0 notes
kakivino · 2 years
Text
Tenuta delle Terre Nere 2017 Etna Rosso Feudo Di Mezzo
Tumblr media
Ripe red berries, raspberry, Mediterranean herbs, florals, smoke and scorched earth aromas akin to a warm embrace. You know, customary Etnean hospitality. Luscious, slick and tightly-woven palate a step up from non-contrada wines, with the usual nervy energy, stony minerals and savory-bitter interplay. Powdery tannins firms up on the close while tangy acidity pulls you back in. Long and complex. — ★★★½
Appellation: Etna Rosso Region: Castiglione di Sicilia, Etna, Sicilia, Italy Subzone: Feudo di Mezzo Cépage: 98% Nerello Mascalese, 2% Nerello Cappuccio Abv: 14.5% Production: 6,000 Élevage: 14 months in French oak barriques and tonneaux, 1 in stainless steel Distributor: Vintry
Critic Reviews:
Ripe black raspberry and blackberry fruit is accented by wild sage and mandarin orange peel hints in this minerally medium-bodied red. Plush tannins emerge and become firmer on the finish. Drink now through 2025. 600 cases made 400 cases imported. Alison Napjus (Wine Spectator, 12/2019) 91
Deep red. Ripe red cherry and raspberry aromas are complicated by musk and earth tones. Then rich, ripe and increasingly tannic in the mouth, with a mouthcoating quality on the long but slightly drying finish. Showcases the rich, forward personality of Quadro delle Rose wines in most vintages, but this seems to have slightly tougher tannins than most I remember at a similar stage of development. Closes long and clean. Try cellaring this to allow the tannins to smoothen a bit. Ian d'Agata (Vinous, 08/2019) 90+
0 notes
pelzonwine · 7 years
Photo
Tumblr media
2011 Tenuta delle Terre Nere Etna Calderara Sottana is as good as I was hoping for it to be. Earthy and fresh with a dusty and rocky dark berry core. Plenty of grip and structure to boot. Just great stuff and if you've never had this, you owe it to yourself to give this a try. Incredibly delicious. #wine #winesofinstagram #vino #italy #italia #redwine #vinorosso #etna #sicily #sicilia #2011 #calderarasottana #tenutadelleterrenere #terrenere
1 note · View note
daanselein · 7 years
Text
Foresta di Broken Arrow
Tumblr media
Varin Bjørn La pioggia battente aveva colpito Broken Arrow per quasi tutta la mattina. Il temporale ora era passato e Varin si era messo in sella per raggiungere la foresta, sicuramente umida, di Broken Arrow. Il sole si era aperto un varco tra le nuvole nere di quel temporale passeggero, l’aria stava tornando pesante, calda e umida. Il biondo aveva parcheggiato la moto al lato della strada e si era fumato una sigaretta in sella a essa, prima di decidersi a entrare nella radura. Spense la sigaretta contro la suola delle scarpe e gettò il mozzicone a terra. Bloccò lo sterzo della sua Harley con la chiave che poi assicurò a un moschettone che teneva appeso alla cintura, assieme alle altre chiavi. Appeso alla cintura aveva anche un minaccioso e lungo coltello da caccia. Era stato fermo a fumare non per pigrizia, ma per monitorare quante persone passassero su quella strada e aveva scoperto senza troppa sorpresa, che non passava molta gente per di lì. Il chiacchiericcio di svariati uccelli, una volta spenta la moto sembrava essersi fermato. Il biondo aveva mosso qualche passo lento sugli aghi di pino ancora umidi, subito gli sembrò di tornare a casa, nel suo ambiente naturale, nelle terre che lo avevano visto prima nella sua forma reale, poi come umano, in una Norvegia lontanissima dal suo luogo di provenienza. Si era lasciato parecchi metri alle spalle, ormai non poteva nemmeno vedere più la strada. Gli uccelli, poco lontano, tornarono a chiacchierare. Al suo passaggio tutto cadeva nel silenzio più spettrale e svaniva non appena si era allontanato sufficientemente. Il motociclista si guardava intorno, senza essere davvero convinto di trovare qualcosa, piuttosto sembrava interessato a scoprire i segreti di quella foresta, sempre che ne avesse. Sentì qualche lieve passo non troppo lontano. Si fermò in ascolto e chiuse gli occhi. Pronunciò una sola parola e ai suoi occhi tutto divenne buio, se non per tante macchie rosse, contornate via via da aloni sempre più chiari. Il rumore che aveva sentito era collegato a una macchia, che emanava parecchio calore: un comune lupo. Varin riaprì gli occhi e proseguì senza timore, la bestia si fermò subito al suo passaggio, non indietreggiò, ma nemmeno si mostrò pronta all’aggressione. L’uomo passò a qualche passo dall’animale, che sicuramente non era solo, poi proseguì. Il canide rimase fermò ancora un po’, poi Varin lo udì allontanarsi. Il silenzio era surreale, ma non ci trovava nulla di strano, niente che non avesse visto per secoli e secoli, durante la sua vita. Pensò che l’unica cosa che avrebbe potuto far sparire una ragazzina in quella foresta sarebbe stato un altro bipede, intenzionato a rapirla. O, al massimo, malauguratamente un lupo spintosi troppo lontano dal suo territorio avrebbe potuto aggredirla, ma in un caso così sfortunato il suo cadavere sarebbe stato rinvenuto.  Il biondo si fermò di nuovo guardandosi intorno, si chinò per osservare un ciuffo di peli marroni a terra, ma nulla che sembrasse insolito. Era come cercare un pesce su una montagna. La ragazzina non era chiaramente in quel bosco, nemmeno la sua vista termica sembrava individuarla.
Charlotte Hanna Holtz La pioggia portava via ogni cosa. Gli odori artificiali si affievolivano, risaltavano quelli della natura, di tutto ciò che l’acqua piovana toccava; i suoni, anch’essi, sembravano ovattarsi, sparire quasi con l’arrivo della pioggia, come se tutto calasse in un sommo silenzio per omaggiare quell’evento che la natura offriva a tutta la terra, come se, col suo intervento, tentasse nel migliore dei modi di cancellare ciò che di errato l’uomo aveva creato. Amava la pioggia, la calmava, sembrava tutto così tranquillo e silenzioso sotto quei rovesci, come se tutto si fermasse a riflette. La pioggia portava via ogni cosa, ma non il suo odore da lupo. No se finiva nella traiettoria di un altro della specie. Il vicesceriffo Perez sembrava, in quella mattinata, più che decisa nel voler estrapolare, da Charlotte, quante più informazioni, in via totalmente non ufficiosa, su tutto ciò che sapeva di Hope. Parlarle semplicemente in veste di agente, dato i precedenti dei giorni passati, non avrebbe funzionato ancora per capire che intenzioni, la lupa, avesse; aveva mostrato, Charlotte, fin troppo interesse sugli ultimi sviluppi riguardanti la sparizione della giovane figlia del sindaco, un interesse che, da parte di una forestiera, risultò più che sospetto. C’era da dire anche che, la bruna, non aveva di certo dei pratici mezzi, o scuse più che solide, per tentare di informarsi, era semplicemente andata lì, aveva posto alcune precise domande e, senza ottenere risposta alcuna, ricevette solo la porta in faccia da parte dello Sceriffo Fleming. “Questo è il ringraziamento per chi vuole dare una mano?” Fu questa la domanda che rivolse, giorni prima, allo Sceriffo nel suo ufficio e ora, con lo stesso tono marcano, ma leggermente più infuriato e sarcastico, la stava rivolgendo a Natalie nel cuore del bosco in cui si erano scontrate. La donna non aveva utilizzato mezze misure con Charlotte, le aveva fatto ben intendere che, dato l’odore, aveva capito che fosse un licantropo e che, se l’avesse beccata nuovamente in atteggiamenti sospetti a ficcanasare sulla scomparsa di Hope, di certo non si sarebbe limitata a qualche spintone e ringhi animaleschi. Un rapido scambio di battute, un veloce scontro sotto la pioggia e, dopo averla assicurata che l’avrebbe tenuta sott’occhio, prendendo le sembianze da lupo, il vicesceriffo, si allontanò facendo perdere le sue tracce. Charlotte, appoggiata al tronco di uno degli alberi, scivolò, con non poca difficoltà, lungo tutta la corteccia con la schiena, fino a sedersi sul suolo umido. La pioggia era finalmente cessata e lei, bagnata e sporca di fango, si concesse qualche minuto nel silenzio di quella fitta boscaglia, restando lì, seduta a riflettere, come un cane abbandonato. “Che problema ha questa città?!” Sì domandò appoggiando la testa al tronco. Sospirò, un sospiro pesante e frustrato che, in quel silenzio, fece un rumore assordante. Poi un’odore che aveva già sentito, ma dove? All’officina in cui aveva portato la moto? Possibile o ciò che aveva vissuto con Perez l’aveva portata in uno stato confusionario? Agì d’impulso, schizzò in piedi, estrasse la pistola che portava nascosta nella fondina sotto il giacchetto di pelle e, con presa salda, mirò verso il punto in cui credette di sentir provenire l’odore. Si scostò di poco dall’albero in cui si era appartata, per avere una maggiore movenza delle braccia tese e della visuale, in caso si sarebbe dovuta girare improvvisamente. In attesa di prendere visione della piena figura, preferì alcune chiare ed alte parole che, al momento, sembrò come riversare semplicemente al vento. «Non sono più in vena di altri agguati.»
Varin Bjørn Passo dopo passo si era spinto ancora più avanti, ormai però i suoi pensieri si erano incollati a quell’unica realtà, quella che legava la sparizione della ragazzina a qualcosa che in quella foresta non esisteva. Di nuovo una macchia, ma questa volta arancione. Gli animali solitamente emanavano molto più calore visto che la loro temperatura basale era molto alta, ma quella macchia arancione non poteva che appartenere a un bipede. Il biondo dischiuse gli occhi, in due fessure, colme di risolutezza e anche rabbia, sembrava che qualcuno in quella foresta si fosse appostato, forse proprio per controllare che nessuno entrasse nell’area dove avevano nascosto la ragazzina. Con passi silenziosi, inudibili, da predatore aumentò il passo, curvò la schiena in avanti e flesse le ginocchia, procedendo tra gli arbusti, senza essere visto. Affrontare i bipedi lo metteva comunque in posizione di superiorità, sebbene il suo corpo umano non gli permettesse di certo di essere potente come quando era nel suo vero corpo. Estrasse il coltello da caccia, gli bastava solo quello. Avanzò di nuovo, passo dopo passo, lentamente, ma improvvisamente quella macchia si mosse in fretta. “Non sono più in vena di altri agguati”, la voce apparteneva a quella di una donna. Il drago rimase immobile, con il manico del coltello ben saldo nel suo pugno e la lama rivolta verso il basso, contro l’avambraccio. Rimase lì, fermo, con gli occhi puntati verso di lei, poi decise di sollevarsi lentamente, con le mani sollevate, non era il caso che sparasse alla cieca e lo costringesse a settimane di agonia per via di un colpo che non lo avrebbe mai ucciso, solo rallentato. «Non. Sparare.» Scandì il motociclista muovendosi lentamente. Con fermezza e calma abbassò la mano che stava stringendo il coltello e lo rinfoderò, chiudendo l’impugnatura tra due lacci uniti da un bottone. Il drago uscì dal suo nascondiglio, con le mani in vista e a passi lenti e misurati. Quando la sua figura fu del tutto visibile riabbassò le braccia lentamente e le lasciò penzolare lungo i fianchi, senza dare l’idea di essere in procinto di attaccarla. Rimase nel più assoluto silenzio, la sua espressione era seria, calcolatrice.  «Potresti abbassare quell’arma? Qualcuno potrebbe innervosirsi nel vedersi una canna puntata addosso.» Mantenne un tono piatto e molto profondo, appariva fin troppo calmo, come se fosse abituato a quel genere di situazioni e in fondo lo era: avere una pistola puntata addosso ormai era quasi un marchio di fabbrica per quella gang di motociclisti.
Charlotte Hanna Holtz L’impulsività, con molte probabilità, era uno dei difetti di Charlotte, forse il maggiore. Agiva prima di pensare, spesso in maniera anche totalmente sbagliata e non solo a fatti, ma anche a parole. Parlava, non tanto a vanvera, quanto senza ponderare sul peso che, ogni parola, avrebbe potuto avere; cacciava fuori ogni pensiero, ogni ragionamento, senza troppi filtri, perché non ragionava, andava all’avanscoperta senza un reale piano, ma solo seguendo il proprio istinto, un istinto confusionario dato che, con la maggior parte delle proprie forze, era più presa a scindere quello umano da quello animalesco, invece che concentrarsi su i reali, giusti, segnali. Si rendeva conto troppo tardi di aver preso la strada sbagliata, doveva ammetterlo e, nonostante ci sbattesse la testa più e più volte, ancora non riusciva ad imparare quella semplice lezione: ragionare prima di agire. Tenne ancora ben salda la presa sull’impugnatura della pistola, la guancetta in legno, almeno secondo il suo giudizio, rendeva la presa molto più sicura, certo era che, col tempo, i segni di usura, piccoli graffi e taglietti, iniziavano ad essere più che evidenti, piccole ammaccature di vita alle quali, però, la bruna era molto legata. Lo sguardo ancora era assottigliato ed indagatore, le sopracciglia aggrottate, così tanto che, proprio alla crocio del naso, delle piccole pieghe, della pelle, sembravano creare un sorta di “v”. Le gambe leggermente flesse, come se si tenesse pronta ad un imminente slancio per evitare qualsiasi tipo di attacco, i vestiti erano già mezzi umidi e, a tratti, anche sporchi di fango, gettarsi a terra, nuovamente, non le avrebbe comportato nessun tipo di reazione. La sicurezza e la calma con la quale lo sconosciuto proferì le prime parole, così come tutte quelle che ne sarebbe seguite, quasi spiazzarono Charlotte. Non è di certo da tutti rimanere quasi impassibili in una situazione del genere, il che le fece pensare che, probabilmente, non era una situazione novella per l’uomo. Rifletté ancora per qualche secondo, attimi che sarebbero potuti sembrare eterni. In quel momento, in quel preciso momento, doveva ragionare davvero per bene. Non era di certo tipo che si fidava alla prima parola, non si fidava neanche alla seconda o dopo giornate intere di conversazioni, ma, ammirando quasi l’approccio del biondo, iniziò a rilassare i muscoli delle mani, fino ad impugnare l’arma con solo una mano, quasi anche in modo maldestro e, alzandole poi entrambe, gli fece capire che avrebbe posato la pistola. «Quel qualcuno, però, non mi sembri tu. Ne ho viste di persone nervose e tu di certo non fai parte della categoria.» Alzando di poco il bavero del giacchetto nascose nuovamente la pistola nella fondina che aveva legata attraverso un’imbragatura della schiena, indossa come fosse un gilet di cuoio. Non fu restia a mettere via l’arma, dato che, nel caso la situazione fosse peggiorata, avrebbe potuto mettersi quanto meno in salvo, con l’ausilio di un altro tipo di arma: la ferocia di un lupo che, però, preferiva non far venir fuori. Non abbassò la guardia, non poté far altrimenti, non era una questione personale, ma proprio non riusciva a fidarsi di nessuno. «Certo è che se magari evitassi di aggirarti di soppiatto per il bosco...»
Varin Bjørn La donna sembrò convincersi e ripose l’arma, nel mentre il biondo aveva abbassato le mani lentamente sollevando le sopracciglia. «Non mi stavo aggirando di soppiatto. Stavo solo cercando di non fare più rumore di un elefante, si fa così quando si seguono delle piste.» La sua naturale indole superiore era già fuoriuscita, davanti a quella donna che lo aveva visto si e no per un paio di minuti al massimo. Dava sempre il meglio di sé, fin da subito. «E tu cosa ci fai qui? Non dirmi che sei sulle tracce della ragazzina...Non hai l’aria di esserne la causa della sparizione, anche se...» Il drago incrociò le braccia sul petto, senza però muoversi ancora, per evitarsi una pallottola da qualche parte. «Sembri molto nervosa, stai nascondendo qualcosa per caso? E non mentire, riesco a riconoscere i bugiardi. Deformazione professionale.» Sollevò leggermente il mento assumendo una posizione indagatrice e in qualche modo superiore, il berretto che indossava proiettava una sorta di ombra trasversale sul suo viso pallido e coperto da una peluria talmente bionda da sembrare bianca. I suoi stessi tratti sembravano suggerire che non fosse americano, forse canadese o europeo. «Cosa sai della scomparsa della ragazzina? Spero che tu non sia una vedetta, perché come sentinella, lasciamelo dire, fai piuttosto schifo. Sappi che potrei metterci meno del previsto a trovare il vostro nascondiglio.» Sì, la stava decisamente provocando un po’, ma era un predatore e aveva un modo tutto suo per avere a che fare con quelle che lui considerava le sue prede: i bipedi. Provò a muovere qualche passo, ma non verso di lei, verso la propria destra, rimanendo alla stessa distanza ma cambiando angolazione dalla quale osservava la ragazza tesa.  Gli occhi erano ridotti praticamente a due fessure, le iridi azzurre studiavano ogni minimo dettaglio su di lei, persino il suo modo di respirare. «Però continuo a credere che tu sia qui per caso, ma dovresti evitare di aggirarti qui e sembrare così nervosa. La gente potrebbe iniziare a sospettare di te.» Dentro di sé il presidente iniziò a pensare che chiunque invece avrebbe potuto invece sospettare di lui, in fondo era solo un motociclista che si aggirava silenzioso e impavido nel bosco che aveva fatto da testimone alla scomparsa di una ragazzina innocente.
Charlotte Hanna Holtz Dritto al punto. Così quello sconosciuto si stava approcciando con lei. Non stava usando mezzi termini, giri di parole, frasi ambigue che altro non facevano che velare una verità difficile da esprimere a voce. Le piaceva, quel suo fare diretto e schiatto, erano delle caratteristiche caratteriali che non tutti possedevano e che lei apprezzava profondamente, poco importanza aveva il fatto che sarebbe potuto risultare fastidioso e indiscreto, lei anche, il più delle volte, preferiva apparire come acida e cinica pur di sputare in faccio a qualcuno ciò che realmente le frullava in testa, più tosto che fingere sorrisini e tergiversare con stronzata a cui non dava la minima importanza. Certo, c’era situazione e situazione, per quanto le pesasse, certe volte, sapeva bene di dover dosare le proprie parole e, in alcuni casi, fingere persino quei dannati sorrisini falsi che tanto odiava. «Non le mandi di certo a raccontare, tu, vero?!» Fu l’unica cosa che, al momento, riuscì a rivolgere all’uomo. Rimase ancora, per quei brevi secondi in cui fu lui a lanciare sentenze e supposizioni, in silenzio, osservandolo e cercando, in tutti i modi, di eliminare dalla mente ciò che era da poco accaduto con il vicesceriffo Perez. Non era facile, eliminare così di colpo l’accaduto, non farsi prendere dal panico quando, un altro licantropo, fiutava il suo vero odore e decideva, a brutto muso, di avere un faccia a faccia, men che meno un incontro come quello avvenuto con la donna, proprio in quel bosco, proprio qualche minuto prima di quello che ora stava prendendo piede. Se era agitata, nervosa? Sì, il biondo aveva ragione: lo era. Aveva visto bene anche sul fatto che aveva l’aria di una che stava nascondendo qualcosa. Chi diavolo era? Riusciva per caso a leggerle nella mente? Per questo, più di prima, stava tentando di eliminare da i suoi pensieri lo scontro avuto con il vice. «Buona fortuna nel trovare qualsiasi tipo di nascondiglio tu voglia trovare.» Poi rise, una risata stranamente divertita. Chiuso gli occhi, perdendo il contatto visivo, solo per un attimo, un brevissimo istante, il tempo di un sospiro, quasi rassegnata che, forse, quella conversazione e quello scrutarsi a vicenda, sarebbe andata più a lungo del previsto. Inoltre, se davvero quell’uomo riusciva a capire quando qualcuno gli stava mentendo, per evitare qualsiasi tipo di disastro, avrebbe dato risposte più che generiche. «Non so cosa di preciso tu voglia sentirmi dire, specialmente sulla sparizione di quella ragazzina, ma mi dispiace dirtelo, per quanto possa darti l’impressione di essere nervosa, provocarmi non ti aiuterà a farmi parlare. E ne so meno della gente del posto, se ti interessa saperlo. » Gli aveva sicuramente fatto intendere che era una forestiera. Un nuovo sospiro. Non era esasperata o stanca, voleva solo riprendere il possesso del proprio corpo, calmarsi, sì e trovare una scappatoia per evadere dal quel soggetto che non gliela raccontava esattamente tutta. «Hai detto che stavi seguendo delle piste, ma neanche tu mi dai l’aria di far parte del corpo di ricerca. Ma hai trovato me, giusto? Quindi complimenti, un punto a tuo favore.» Non voleva esattamente fare dell’ironia, voleva capire, più che altro, chi altri avesse incontrato, oltre a lei, se, nel suo “seguire delle piste” avesse visto più del dovuto.
Varin Bjørn Il presidente dei SAMCRO si guardò intorno, respirando l’aria colma di odori di quella porzione di foresta. La donna sembrava nascondere qualcosa, non era sicuro che però c’entrasse con la scomparsa della ragazzina. «Facendo così non ti stai aiutando, sai?» Non si mosse, non era ancora il momento. Semplicemente rimase in piedi, con le mani ferme lungo i fianchi, pronte a recuperare le proprie armi, in caso la donna avesse fatto qualcosa di stupido. Di certo non poteva morire a causa di un proiettile, che però avrebbe percepito per tutto il tempo, fino a quando a causa della sua natura avrebbe dovuto probabilmente rinunciare alle cure mediche. «Ho accettato di cercare la ragazzina, quindi eccomi qui. Potrei dire la stessa cosa di te, solo che da quel poco che ho visto mi sembri nervosa, tesa e di certo non hai l’aria di qualcuno che è nella posizione di fare la sostenuta.» Ora il biondo era entrato nella parte del gangster, quella che ormai gli usciva molto bene, dopo più di trent’anni che si trovava “nel giro”. «Senti, facciamo così: tu mi dici cosa stai facendo qui e io non risolverò la cosa. E sappi che non è nel mio stile chiamare la polizia. Sono un motociclista, non una casalinga borseggiata.» Il loro stile era piuttosto palese e riconosciuto in tutto il mondo. I motociclisti non erano persone troppo affidabili, o li odiavi a morte o eri dalla loro parte. In molti là fuori facevano solo i fantocci spacconi da bar per farsi qualche ragazza in più, ma i veri membri dei club più conosciuti nel mondo, erano criminali con un codice solido e non avevano paura di niente. «Se mi assicuri che sei qui anche solo per farti un trip di nascosto, io girerò i tacchi e ti lascerò perdere. Ma finché non mi darai una spiegazione temo proprio che non mi leverò dalle palle.» Con un cenno del capo sembrò incalzarla bruscamente, gli occhi azzurri di ghiaccio la scrutavano, mentre la posa piuttosto rilassata lasciava intendere che uno come lui aveva vissuto decine di volte una situazione simile.
Charlotte Hanna Holtz   «Oh, non mi dire! Quindi tu sei uno di quei motociclisti da poco arrivati in città? Non è così. Ho portato la mia moto qualche giorno fa da voi. Il “vichingo” mani di velluto è stato davvero in gamba.» Conversare non era di certo nel suo stile, se non in casi estremi, neanche interessarsi in faccende altrui o dar informazioni sulla propria persona o su i propri movimenti, ma in quel caso, tergiversare, forse fin troppo palesemente, le era sembrato la scappatoia migliore. Aveva, come dire, colto la palla al balzo quando, l’uomo, l’informò di essere un motociclista, “non una casalinga borseggiata”, parole sue.  Avrebbe persino voluto aggiungere di aver conversato, per tutto il tempo dell’assistenza, con una certa Nora, una donna che portava anche l’odore dell’uomo, ma non lo fece, voleva sviare il discorso sul perché si trovasse in quel bosco e non di certo focalizzarlo su “come fai a sapere che sto con lei?”. Aveva gesticolato più del dovuto, sia all’iniziale esclamazione sorpresa, una finta sorpresa dato che, percependo il suo odore, l’aveva già collocato in quell’officina, sia per apportare, con le dita, le virgolette quando proferì la parola vichingo. Se il suo tergiversare non fosse stato così palese, gesticolare, per chi la conosceva bene, sapeva esser un altro sintomo di tale atteggiamento. Ma niente, lui insisteva e voleva venire a conoscenza del reale motivo per cui, lei, si trovava in quel bosco. Dannata Perez, se non fosse stato per lei, per la deviazione che le aveva fatto prendere, per la perdita di tempo in cui l’aveva condotta, con molte probabilità non si sarebbe mai incontrata con quel biondo, anzi, senza ombra di dubbio avrebbe già raggiunto lo Schlotzky's Pub per farsi una bevuta. Forse anche due. E invece no. Un nuovo ostacolo, un nuovo inghippo. Altre domande. Alzò le mani, come in segno di resa. «Ho la tasca piena di erba, ok? Sono venuta qui per sballarmi un po’ in santa pace e invece tu mi hai interrotto sul più bello. Contento?» Sapeva che mai, quella risposta sarebbe stata accetta, lo sapeva bene e non aveva di certo proferito quelle parole per farle passare come veritiere, ma lui le aveva detto che, anche dicendo così, lui si sarebbe tolto dalle palle. Certa che così non sarebbe stato, ci aveva provato lo stesso. «Senti, non so per quale strano motivo ti sei messo a cercare quella ragazzina, ma io non voglio rogne con questa storia, dico davvero. Il bosco mi rilassa e non vado sempre in giro armata, stavo tentando di allenarmi un po’, come hai detto tu: sono nervosa con una di queste in mano e una donna, oggi giorno, deve sapersi difendere bene. Sai, non tutte hanno la fortuna di avere al proprio fianco un uomo a cui piace giocare al detective, macho e sicuro di sé a proteggerle.» Non era totalmente una balla, almeno la parte iniziale, quella di non voler rogne e del rilassarsi nel bosco, erano vere. Sperava solo che, quella mezza menzogna sarebbe stata convincente. Solo dopo, dopo aver scandito per bene ogni singola parola, si era resa conto di aver detto anche troppo. Ora non le restava altro che sperare che, quell’ultima frase, venisse allegramente ignorata lasciandola così passare in secondo piano.
Varin Bjørn Varin aveva annuito lentamente, mentre rispondeva mimicamente alla domanda della donna. «Sì sono il presidente del Club, il vichingo è il mio braccio destro. È norvegese, quindi sì, hai fatto centro.» Il presidente del Club spostò lo sguardo su di lei, lentamente, mentre continuava ad ascoltarla. I draghi erano astuti e spesso manipolatori, ma in quel caso a Varin poco importava se lei avesse qualche problema con la legge o fosse in crisi d’astinenza da quello che decisamente non era erba. Perché sì, gli sembrava proprio si comportasse come quei drogati che ogni tanto bussavano alla loro porta alla disperata ricerca di droga. E non credette ai suoi goffi tentativi di pararsi il culo, era chiaro. Il suo viso scettico lo dimostrava. Eppure non era di certo per cose strane che non si stava lasciando abbindolare dalle sue parole, era per un semplice fatto di tossicodipendenza, da quello che aveva visto, pensava fosse davvero quello il problema. «Senti, ci sono stato dentro anche io. Drogarti non ti aiuterà a risolvere i problemi. E nemmeno indebitarti.» Gli occhi caddero di nuovo sulla pistola. Era chiaro: la donna si era indebitata con qualche spacciatore e ora loro la stavano cercando per darle una bella lezione. «E conosco anche un certo tipo di mondo. Se non paghi e ti indebiti quelli ti fanno fuori o ti tolgono qualche parte del corpo, sai per darti una bella lezione. Però bella mossa muoverti in un bosco, solo che non risolverai nulla, magari non ti verranno a cercare qui, ma tu non potrai nemmeno riemergere tipo-bigfoot sperando che si siano dimenticati di te. Senti.» Varin mosse, dunque, qualche passo in avanti, verso di lei. Teneva le mani leggermente sollevate, per farle capire che non aveva brutte intenzioni e che, soprattutto, il coltello da caccia se ne stava ancora lì, appeso alla cintura. «Se vuoi posso darti una mano a uscire da questa foresta e posso offrirti un posto dove stare fino a quando non si risolve la situazione. È c’è un modo solo per risolverla: dirci chi ti vende la roba. Al resto ci pensiamo noi.» A lui poco interessavano le buone azioni, il riscatto dopo una vita di cattiverie e altre stronzate simili. A lui interessava il commercio illegale e quell’appiglio sembrava dannatamente invitante. «Non dovrai pagarci...Semmai puoi sdebitarti cucinando o servendo i clienti durante le feste. Liberarci degli spacciatori è già di per sé un buon pagamento.» Varin pensò che erano a un passo dal conoscere tutti i pezzi grossi del crimine di quel posto, il trucco era avere pazienza.
Charlotte Hanna Holtz   Era rimasta, ne vero senso della parola, a bocca aperta, non sapendo più cosa poter dire di preciso. Sicuramente, l’uomo, aveva capito quante stronzate, fino a quel momento, lei aveva cacciato fuori un po’ come se ne andasse della propria vita e forse, in un certo senso, poteva anche essere così; l’aveva capito che le sue parole altro non erano che un modo per pararsi il culo da ciò che realmente, fino a qualche minuto prima, stava facendo in quel bosco, ma la cosa che davvero la lasciò senza parole fu il motivo di cui si convinse: droga. L’aveva scambiata per una drogata e forse fu lo sbaglio più grande, ma allo stesso tempo fortunato, a cui si sarebbe potuta ritrovare in una situazione come quella. Avrebbe voluto ridere, ridere davvero tanto e di cuore, quel tipo di risata genuina che quasi è contagiosa, una vera risata divertita che racchiudeva un bel: “Che stupido, non sai quanto ti stai sbagliando.” Ah, l’avrebbe voluto davvero fare e c’era vicino, vicinissima, sentiva i muscoli dello stomaco contrarsi per rilasciare quel suono che avrebbe potuto rovinare, una volta per tutti, quella sorta di pace che aleggiava sopra di loro. Non rise, non poté, specialmente dopo aver udito quelle ulteriori parole. Le voleva fornire davvero una mano? La sua incredulità era ancora alle stelle, l’unica cosa che riuscì a fare fu chiudere, serrare, la bocca.   Sperava solo che tutta quella incredulità venisse scambiata per il fatto di esser stata “sgamata”. Quindi ora doveva comportarsi da drogata. E pensare che il massimo della trasgressione, in quel campo, furono le canne che si fumava di nascosto dal  padre fino ai venti anni circa. “Meglio drogata che licantropo” pensò all’istante, convinta. Avrebbe venduto l’anima al diavolo se avesse potuto concordare uno scambio del genere. Diede qualche colpo di tosse, forse anche due. Ora che era stata etichettata come drogata bisognosa d’aiuto, sì, ora stava riuscendo quasi a rilassarsi, sicuramente più di quanto non fosse qualche attimo prima. Guardò per qualche breve secondo a terra, come una finta imbarazzata, ma in realtà stava cercando di prendere tempo e capire come potersi tirar fuori da quella proposta, ma senza rifiutarla completamente. «Un posto in cui stare già ce l’ho. E’ come una zona neutra e per ora è tranquilla, ma...» Se voleva far fuori degli spacciatori, togliendo  così di mezzo ogni possibile concorrenza o chissà cos’altro, beh, se erano persone che gli stava chiedendo in cambio di un po’ d’aiuto, quello l’avrebbe sicuramente potuto fare e senza neanche troppi problemi. «Ho tutti i contatti nel posto in cui mi trovo, magari li contatto, fingo di poter saldare il debito e gli tendo un’imboscata, da te. Posso essere una brava infiltrata e farti avere, nel giro di poco, diversi agganci del posto, che dici?» Poteva davvero farlo e l’avrebbe fatto, avrebbe promesso e giurato di tutto se questo le avrebbe garantito il “rilascio” da quel bosco chiudendo una volta per tutte quell’incontro. «Ci stai? Per ora ognuno andrà per la sua strada, tu ritorni nel tuo posto, io nel mio e non appena ho una bella rete o comunque ogni volta che avrò delle piste, te le passerò. Mi chiamo Charlotte, te lo dico perché...perché sono davvero in debito con te, per l’aiuto che mi hai offerto.» Sì, più o meno, ma si stava davvero impegnando per quel ruolo da ragazza drogata pronta alla redenzione. 
Varin Bjørn Il biondo la stava osservando con il suo solito sguardo algido e distaccato, la osservava quasi di sbieco, senza lasciar intendere alcuna emozione. «D’accordo. Senti, tieni. Questo è un telefono usa e getta. Visto che sei per ora impossibilitata a prenderne uno ti lascio questo.» Aveva estratto dalla tasca un telefono piuttosto vecchio e datato, il tipico cellulare usa e getta che andava fatto sparire una volta raggiunto lo scopo per cui era stato utilizzato. «Trovi il mio numero sotto alla voce “Contatto Zero”, quando vuoi darmi qualche notizia chiamami lì. Quello non è il mio vero numero ovviamente, quindi non corriamo rischi.» Varin aveva compiuto qualche passo in avanti, annullando la distanza tra di loro, le aveva offerto il cellulare poggiato sul proprio palmo, rivolto verso l’alto. «Non fare cazzate, mh?» Le lasciò il telefono e si guardò di nuovo intorno, nei suoi occhi c’erano una miriade di pensieri e una concentrazione quasi smisurata.   Si tolse il cappellino e si passò una mano tra i capelli biondi, risistemandoli all’indietro, dopo di che si allontanò di qualche passo, senza perderla di vista, né darle le spalle. «Continuerei le ricerche, ma temo che qui non troverò altro che junkie, senza offesa.» Sembrò per qualche istante guardarle le braccia, senza voler davvero cercare di capire di cosa si facesse. «Senti, sei giovane, non dovresti rovinarti così. E te lo dico da uno che ci è stato dentro. Comunque ora vado. Ti serve un passaggio per qualche posto tranquillo?» Con un pollice sollevato si era indicato le spalle, probabilmente per farle capire la direzione dove aveva parcheggiato il suo mezzo. «Che ne so, un motel lontano da qui, un rifugio tra gli alberi...» Nel mentre aveva infilato la mano in tasca per recuperare le chiavi, spostando la giacca aveva messo in mostra per qualche breve istante l’arsenale che si portava sempre addosso, un ricordo della difficoltà della vita nei quartieri difficili di Los Angeles. «Adesso torno ad avvisare i ragazzi dell’operazione. Ci terremo pronti.»
Charlotte Hanna Holtz   Si sarebbe ricordata di quell’incontro per sempre, come per sempre si sarebbe detta che quella storia aveva preso una piega davvero, davvero, ma davvero tanto inaspettata. Lei che, normalmente, non coglieva l’ironia nelle cose, anche se queste gli sbattevano brutalmente in faccia, le stava davvero venendo da ridere e si stava impegnando con ogni fibra del suo essere a non mostrar nessun tipo di contrazione dei muscoli facciali, neanche il più piccolo, per non lasciar intendere che, oltre che drogata, stesse anche uscendo fuori di testa. Se la stava ridendo, però, fragorosamente da sotto i baffi, così tanto che avrebbe giurato di sentirsi anche gli occhi bruciare, come quando ridi troppo e a stento si riesce a trattenere le lacrime. Ecco, stessa situazione, con la sola differenza che lei non stava ridendo apertamente e non l’avrebbe potuto fare, non fino a quando, quel biondi, fosse restato lì a fargli da guida morale. Sospirò, forse una volta di troppo, ma lo vece per tentare di tener a bada il proprio corpo i propri muscoli, le proprie emozioni. Sospirò nuovamente, quasi con poca rilevanza, come se, ormai, dava per scontato che, un gesto liberatorio come quello, per una “drogata” come lei, poteva significare tante cose, specialmente ora che gli avevano offerto un aiuto. Poi quel telefono usa e getta, ora si che sarebbe stata dura non scoppiargli a ridere in faccia. Si umetto le labbra, anche qui, come i sospiri, più volte, per nascondere quel sorriso che aleggiava su di loro. Di poco l’angolo della bocca si alzò, ma subito parlò, per giustificare ogni cosa. «Grazie...davvero...grazie. Non sai che enorme sollievo, sono così...felice.» Scrollò poi le spalle, annuendo con il capo a quella sua raccomandazione. Arricciò poi le labbra, non sapendo cosa dire o cosa fare per dar modo a lui di riprendere la propria strada lasciandola così, finalmente in pace; optò per il silenzio e nel ripetere i suoi gesti, perché come lui iniziò a guardarsi attorno, anche lei, fece lo stesso. A quelle sue nuove parole e a quel nuovo gesto con cui indicava la strada che avrebbero potuto prendere insieme, continuando ad essere un bravo specchio, fece in egual modo: avambraccio piegato e pollice che indicava alle proprie spalle, praticamente la parte opposta rispetto alla prima via indicata. «Grazie, pa’, ma ho la mia moto che mi aspetta dall’altra parte e penso di riuscir a guidare da sola fino a...beh, al mio rifugio.» Iniziava a vedere la luce da tutta quella storia e si sentiva così solleva, ora. Incredibile come, per la prima volta, esser accusata di essere una drogata quasi senza speranza, fosse stata la sua salvezza. Poi alzò la mano con cui aveva preso il cellulare, poco prima, dal palmo di lui e con la quale ancora lo stringeva saldamente; qualche passo iniziò a muoverlo anche lei, all’indietro. Poco le importava se avrebbe detto qualcosa per fermala e tentare di farle cambiare idea sulla sua decisione di voler andare sola, ormai era intenzionata a lasciare quel bosco, anche a costo di iniziare a ringhiare. «Avrai mie notizie, “Contatto zero” non ti preoccupare.»
1 note · View note
davincialba · 4 years
Text
Articolo 21 Periodico d’informazione del Liceo Da Vinci - N.5 A.S. 2019/20
                                                            La “grammatica” dei sapori
       E quando addentate una mela, ditele nel vostro cuore:
       “I tuoi semi vivranno nel mio corpo,
        e i tuoi germogli futuri sbocceranno nel mio cuore,
        la loro fragranza sarà il mio respiro,
        e insieme gioiremo in tutte le stagioni”.
                                                                              KAHLIL GIBRAN
Tumblr media
Esercizio tratto da “Il buon uso dell’italiano” vol. A – DEA SCUOLA
                                        GUSTO E DINTORNI
Marino Niola, antropologo e docente presso l’Università degli studi di Napoli Suor Orsola Benincasa, autore di svariati testi sul tema del rapporto tra uomo e cibo ha, di recente, pubblicato “Homo dieteticus, viaggio nelle tribù alimentari”.
In un’intervista, ha affermato: “l’alimentazione umana non è solo nutrizione ed è quello che non sempre i nutrizionisti riescono a capire. Per loro, è tutta una questione di nutrienti, di equilibrio calorico e di salute. Ma l’alimentazione umana non è solo nutrizione. È piacere, desiderio, voglia, entusiasmo, conoscenza, convivialità, scambio”.
Da questa asserzione vogliamo far partire questo numero del giornalino.
Troppo spesso il rapporto con ciò che mangiamo è deteriorato da una maniacale ricerca della perfezione fisica e la tavola si trasforma in banco di prova piuttosto che ristoro.
Mentre, oggi più che mai, riteniamo sia importante recuperare anche la dimensione gratificante, appagante, consolatoria e liberatoria del piatto che abbiamo davanti,
certamente con riguardo verso l'aspetto della salute e del benessere, ma senza fare di questi aspetti
un’ossessione.
Il periodo che stiamo vivendo ha messo buona parte del mondo di fronte a nuove minacce, talvolta talmente piccole e subdole da farci nutrire sospetto e paura perfino  verso  gesti, fino a ieri, abituali e quotidiani: un caffè al bar o una stretta di mano.
Con la dovuta prudenza, dobbiamo trovare un modo per reagire, così come ha fatto, recentemente, un gelataio di Cremona, che risponde con  creatività, ironia e  forza di volontà. Desidera caparbiamente  portare avanti la propria attività, in un momento estremamente critico per l'Italia, soprattutto per la Lombardia.
Tumblr media Tumblr media
L’esercizio del proprio gusto personale, nella nostra epoca globalizzata, sta entrando in crisi. Non deve, quindi, stupire la decisione di approfondire un argomento come quello relativo ai sapori e alla cucina, nonostante ci si trovi in un contesto liceale. In realtà, ciò non è così fuori luogo, dato che il nostro Istituto ospita diversi indirizzi di studio e coniuga l’interesse per l’arte, la letteratura e le scienze umane. Vi meraviglierebbe conoscere il numero ingente di opere pittoriche e letterarie che presentano connessioni con le abitudini alimentari.
Gordon Shepherd, neuroscienziato americano, autore del libro “All’origine del gusto”, spiega come il cervello “modellizzi e mappi” gli odori e come, con l’aiuto di altri sensi, esso dia vita alla percezione del gusto.
Shepherd ha coniato una nuova disciplina: la neurogastronomia, che aiuta a capire non solo come un piatto possa diventare indimenticabile per le sue caratteristiche, ma facilita anche la comprensione di alcuni D.C.A.
Quando abbiamo chiesto allo chef Paolo Rigamonti se quella culinaria fosse un’arte, ha risposto che esiste un lungo dibattito in merito. Non è possibile dare una risposta definitiva, ma, a suo parere, la cucina è sicuramente un veicolo culturale.
Si tratta di posizioni che meritano un ulteriore approfondimento.
Buona lettura!
                                   INVITO ALLA LETTURA
                          “Il piccolo libro degli istanti perfetti”
                                      di Philippe Delerm
                                            Frassinelli ed.                               
Tumblr media
“Il viaggio dentro di sé comincia quando ci si ferma. Ha il sapore intenso, leggero di una manciata di ciliegie nere”.
Una lettura che sappia trasmettere in modo accattivante come ogni istante della nostra vita sia scandito da gustose pause e sapori familiari e rassicuranti o esotici e avventurosi è “Il piccolo libro degli istanti perfetti”. Il libro ha una narrazione semplice e di immediata comprensione che ci propone piccoli bozzetti di vita quotidiana: una colazione che si traduce in una pausa pranzo al tavolino di un bar di Parigi, una gita a Torino o un banchetto di nozze. Si tratta di pagine da cui traspare un atteggiamento di sano ottimismo, un invito a cercare tutto ciò che c’è di gradevole nella nostra esistenza.  Il cibo è un filo conduttore che richiama proustianamente tanti ricordi: dal dolce che ci riporta all’infanzia  alla bevanda calda sorseggiata con gli amici in montagna, fino alle ciliegie nere gustate sotto l’albero, nella tenuta di campagna della nonna. La vita è condensata nelle nostre sensazioni, ed essa si rivela, a volte, squisita, altre, troppo amara.
“Il piccolo libro degli istanti perfetti” dà la possibilità di riflettere sul senso della nostra esistenza: in un momento un po’ difficile, come quello che stiamo vivendo in questi giorni, ci esorta alla ricerca della “bontà” delle cose che si danno, abitualmente, come scontate.
Questa lettura ci è piaciuta molto e ci ha aiutate a riflettere sulla necessità di avere un atteggiamento solare, per quanto possibile, anche nei periodi meno sereni.
Marta Caffa e Yasmine Hijji
                                         INVITO AL CINEMA
                                      Ratatouille – Disney Pixar
Tumblr media
                                    CHIUNQUE PUÒ CUCINARE?
Questo film racconta la storia di un topolino, REMY, che è da sempre appassionato di cucina. Il piccolo roditore vive nelle fogne con la sua famiglia e sogna da  sempre di diventare uno chef stellato come Gusteau. Il suo desiderio sembra avverarsi nel momento in cui, camminando sulla vetrata della cucina di un ristorante, scorge un ragazzo incapace alle prese con i fornelli. Non può evitare di dare un'occhiata alla zuppa che sta preparando Linguini (questo il nome del giovane) e si accorge che egli continua a sbagliare ingredienti; così, infastidito dal solo odore di quel piatto, decide di dargli una mano e, da quel giorno, tutte le sere, REMY prende le redini della cucina al posto di Linguini, preparando piatti strepitosi che fanno letteralmente impazzire i clienti; inoltre, al successo riscosso dal giovane cuoco, si affianca l'amicizia che nasce tra i due.
Di conseguenza, tutto il merito viene attribuito al giovane, che rifiuta di svelare il proprio segreto, ma, poiché inseguito ad un litigio con REMY, Linguini deve sottoporsi al giudizio di un critico molto pignolo, egli decide di presentare il vero chef.
Il critico è stupefatto dalla bravura del topolino, al quale rivolge tantissimi complimenti, e REMY può, finalmente, dire di aver realizzato il suo sogno.
Anche se destinato ad un pubblico di giovanissimi, questa pellicola tratta temi molto importanti, quali la realizzazione dei propri sogni,  l’amicizia, anche attraverso le piccole difficoltà e peripezie che capitano ai due protagonisti.
REMY, che sognava da sempre di fare lo chef, impegnandosi duramente e anche rischiando di non essere accettato nell'ambiente culinario,  raggiunge il proprio obiettivo, aiutato dallo stesso Gusteau, che nel film assume il ruolo della sua “coscienza”.
Per quanto riguarda invece l’amicizia tra Linguini e REMY, è molto bizzarro pensare che un topolino e un uomo diventino amici, eppure è così che avviene nel lungometraggio animato.
Dopo un’iniziale diffidenza reciproca, poiché il ragazzo era spaventato dall’idea che il topolino potesse portare tutta la sua famiglia di roditori a cibarsi nelle dispense della cucina e  REMY non era sicuro di potersi fidare degli esseri umani, essendo cresciuto con l’idea che tutti gli umani fossero crudeli, i due scopriranno di non poter fare a meno l’uno dell’altro.
Il loro legame diventerà sempre più forte di qualunque litigio.
Al di là della finzione cinematografica, questo avviene anche nella realtà: il valore dell’amicizia consiste nell'andare oltre ogni insicurezza, ogni incomprensione e risolve tutto con un sincero abbraccio.
In tempi in cui abbracciarsi è per molti un nuovo divieto, se si può, facciamolo, perché può essere veramente terapeutico.
Chiara Calissano e Alice Silvestro
                                   LA PAROLA AGLI ESPERTI
Tumblr media Tumblr media
                                Disegno di Chiara Montanaro
Lui si è definito con l’umiltà e l’ironia, che è tipica delle persone di talento, “bruciapadelle”, ma noi, che ci siamo informati ed abbiamo avuto l’onore di intervistarlo, eravamo consci di incontrare un rinomato professionista, noto a personaggi dello star system, della politica e dell'imprenditoria italiana, nonché chef di riferimento della rete televisiva ALICE.
Paolo Rigamonti, classe ‘72, ha lavorato in diverse città italiane: ad Arezzo, Firenze, Siena, Sanremo, Imperia, Roma, Perugia, Forte dei Marmi, la Spezia, le Cinque Terre, in Lunigiana, nell’ Appennino Casentinese ed in quello Tosco Emiliano, e altre ancora..
Negli ultimi anni è diventato chef del Parco Nazionale delle Cinque Terre, e collaboratore del  Parco Tosco Emiliano, durante la sua permanenza in Lunigiana.
Nonostante il suddetto curriculum ed un' agenda fitta di impegni, martedì 10 febbraio ci ha dedicato un’ora del suo tempo, condividendo con noi ricordi e segreti.
Chef Rigamonti, ci può dire quali siano i piatti che la riportano all'infanzia?
Sì, intanto inizio col dire che il lavoro del cuoco consiste proprio nel recuperare queste tracce del nostro passato e inserirle in un piatto che si fisserà, a sua volta, nella memoria, diventando un nuovo ricordo che affiorerà al primo boccone, come si trattasse delle madeleines di Proust.
Comunque sia, io ho tre preparazioni associate al mio personale vissuto : la torta di mele della mia mamma, con un  ingrediente segreto e speciale sulla superficie che le conferiva croccantezza; la mangiavo quando ero piccino ed era un sogno; le pannocchie che andavo a raccogliere con i miei amici, quando ero adolescente. Le facevo arrostire sempre insieme ai miei compagni di scorribande. Infine un brodo, preparato da delle suore, gustato, una volta, con mio padre, in occasione di una visita ad un monastero. Fu il brodo più buono che avessi mai assaggiato!
Aggiungo che è molto importante anche l'atmosfera in cui si gusta una determinata pietanza...
Anche gli aromi e i profumi concorrono a crearla. Ad esempio, io nella sala da pranzo, prima che si riempia, stempero in acqua delle  erbe aromatiche come il rosmarino o la maggiorana, in modo che coloro che arrivano si sentano “avvolti” da questa fragranza rassicurante. Il cibo è, poi, anche associabile ad una memoria collettiva, non solo personale. Tanto per fare un esempio: il pane azzimo. Gli ebrei ora lo consumano abitualmente, ma, se ci si chiede perché, non tutti sanno rispondere. Bisogna ripercorrere la memoria di quel popolo, andare a leggere la Bibbia. Quando il popolo, guidato da Mosè fuggì dall’Egitto, non ebbe il tempo materiale di attendere la lievitazione del pane: lo prese, lo fece cuocere e lo portò via per consumarlo, così com’era, vale a dire non lievitato.
C’è un ingrediente che rende caratteristiche le sue preparazioni?
In realtà, l’ingrediente caratterizzante non è mai lo stesso, ma è frutto di una ricerca.
Una sera, in occasione di un evento speciale, avevo, tra gli ospiti in sala, anche il famoso designer Giugiaro.
Volevo preparare qualcosa che unisse tre regioni: Piemonte, Toscana e Liguria.
Ho creato un plin ripieno di formaggio d’alta Langa (Piemonte), l’ho adagiato su un letto di pappa al pomodoro (Toscana) e l’ho condito con olio extravergine di oliva a crudo (Liguria)...
L’ho assaggiato e mi sono accorto che mancava un elemento: la croccantezza.
Così, dopo aver a lungo pensato e ripensato (la cucina è studio), ho deciso di tostare la farina di mais che si usa per fare la polenta, l’ho fatta quasi bruciacchiare conferendo quel sapore che, di solito, hanno le patate o le lasagne al forno che restano attaccate in fondo alla teglia, ho miscelato questa farina di mais con del pecorino e ho servito.
Avevo trovato l’ingrediente che poteva rendere unico quel piatto.
Quanto conta l'aspetto esteriore in un piatto?
Ok, allora, voglio farti una controdomanda: tu con quale senso assaggi, in primis?
Se ci pensi, utilizzi prima l’olfatto e la vista e poi il gusto. Certamente, in alcuni casi, la ricerca estetica è un’esaperazione che può addirittura  snaturare un piatto tradizionale, ma dipende tutto dal contesto. Ovviamente, se si paga “profumatamente” bisogna anche trovare soddisfazione a tutti i sensi, compresa la vista. Per questo insisto nel sostenere che la CUCINA sia CHIMICA in cui convergono e si legano insieme più elementi.
A proposito di chimica, nella nostra scuola, grazie al professor Galluccio, docente di scienze, da diversi anni esiste un percorso di cucina molecolare a cui gli alunni del triennio possono partecipare, nell’ambito del progetto di alternanza scuola-lavoro e che ci dà accesso al Festival della Scienza di Settimo Torinese.
Lei cosa pensa della cucina molecolare?
Inizio dicendo che non è parte della nostra tradizione culinaria italiana, noi l’abbiamo appresa, ma non è una nostra idea e questa premessa è importante.
Detto ciò, aggiungo che certe cose sono geniali, come le palline di aceto balsamico che pian piano si sciolgono in bocca, gustando un’insalata, ma occorre sempre equilibrio.
Io sono dell'idea che di ogni forma di cucina vada presa la sua parte migliore per inserirla nelle nostre preparazioni.
Quando ha scoperto di avere l’inclinazione per la cucina?
Ho scoperto che mi piaceva la cucina a quattordici anni, ma non avevo mai cucinato ancora, sapevo solo che mi interessava. Il resto lo ha fatto lo studio, perché una cosa posso affermare: se ci interessa qualcosa dobbiamo coltivare le nostre passioni, ma anche apprendere ed imparare le tecniche per poterne fare una professione. Il fatto che io ami la musica e conosca qualche nota non fa di me un musicista e il fatto che io sappia tenere un pennello in mano non fa di me un pittore.
Ci vuole l’inclinazione, la motivazione e anche lo studio e l'esperienza, cose senza le quali, difficilmente, si può raggiungere un determinato traguardo. Questo posso dirvi: unite sempre il vostro talento all’impegno.
Intervista condotta da Alice Silvestro, Martina Borgogno, Marta Caffa, Yasmine Hijji, Chiara Calissano, Miriam Sacco, Chiara Montanaro e Matilde Ruffa.
                                      LA FUCINA DELLE IDEE
                                 La cucina, una passione ancestrale
Nella preistoria, durante il Paleolitico, l’uomo si cibava di ciò che la natura offriva spontaneamente. Solo in seguito, forse per casuali circostanze, apprese tecniche di coltivazione e allevamento che determinarono una vera e propria rivoluzione nel suo stile di vita: da nomade divenne sedentario.
Compreso come accendere e, successivamente, conservare una fiamma viva, si rese conto che il cibo, soprattutto la carne cotta, era più gustosa e digeribile. L’importante, comunque, era trovare alimenti che fossero commestibili. Ovviamente, durante la nostra storia il culto del cucinare si è evoluto.
Popoli come i Romani amavano diversi alimenti che ancora oggi rientrano nella dieta mediterranea, ma non disdegnavano pietanze che oggi farebbero storcere il naso, come la carne di ghiro o il garum, quest’ultimo nientemeno che una salsina ricavata da pesce fermentato!
Il popolo degli Unni, proveniente dalle steppe della Mongolia, faceva “frollare” la carne posizionandola sotto le cosce dei cavalieri (quel che si dice “prendere due piccioni con una fava”).
Centinaia di tradizioni alimentari ci sono state tramandate dai nostri antenati, altre sono state dimenticate, altre ancora totalmente rivisitate.
La storia della cucina è fatta di profumi, sapori, storie e contributi totalmente diversi in ogni paese . Il famosissimo sushi, che oggi va di moda in Occidente, ha radici antichissime. Il riso e il pesce erano gli alimenti più accessibili in passato a chiunque vivesse in Asia. Difatti, l’economia della maggior parte dei paesi asiatici è retta anche dalla pesca e dalla coltivazione del riso. Piatti salutari, non fritti che possiedono pochi grassi saturi. Amati quindi anche da chi è più attento al peso- forma.  Il sushi è amato da milioni di adolescenti in tutto il mondo. Per le vie delle grandi metropoli europee sapori gustosi e differenti si mischiano sotto un unico cielo, fra la musica e l’arte dei piccoli dettagli. Amatissimo dai giovani, che ironicamente non prediligono il sushi, è il kebab. Un piatto con una forma simile al tacos ma differente per storia e gusto. Il kebab ha origine nel Medio Oriente. Esistono diverse varianti del kebab in base alla zona di provenienza e ognuno può personalizzarlo come gli pare e piace. Esso può prevedere tra gli ingredienti carne, insalata, pomodori, salse e patatine e rappresenta una delizia dei fast-food.
Ma la più diffusa e amata di tutte queste pietanze è, con tutta probabilità, la nostra insostituibile e inimitabile PIZZA.
Il paese che più consuma PIZZA, annualmente, sono gli Stati Uniti, seguiti da francesi e italiani. Cucinare per molti è un passatempo, per altri è un dovere. C'è chi dedica la propria vita alla cucina, studiando anni interi e viaggiando per accrescere la propria cultura culinaria. Non tutti sono in grado di cucinare bene. In molti ristoranti francesi raffinati viene chiesto ai candidati di preparare una omelette. Strano no? Una semplice omelette? Beh sì, perché dal mio punto di vista, la cucina è anche genio creativo e perciò sono i dettagli a fare la differenza.
Stefan Huru
1 note · View note
cento40battute · 5 years
Text
Relais & Châteaux si arricchisce nuovi Associati in Italia
Unici per location, atmosfera e stile. Dimore che, in accordo con i valori dell’Associazione, sanno raccontare al meglio la storia del proprio territorio, mostrando con orgoglio il legame con la cultura locale.
Offrono ai propri ospiti esperienze uniche senza prescindere dall’eleganza e dal calore dell’accoglienza
In Italia, le tenute Castello Banfi e Monaci delle Terre Nere entrano in Relais & Châteaux portando a otto il numero totale delle Dimore italiane dell’Associazione che vantano una propria produzione vinicola che raccoglie e restituisce la storia, la passione e la cultura della regione che le ospita.
Castello Banfi – Il Borgo, Montalcino, Toscana
A sud di Montalcino, nell’idilliaca campagna della Val d’Orcia, i vigneti di Castello Banfi sono dominati da una fortezza del XII secolo e da un antico borgo che un tempo ospitava i contadini che lavoravano per i nobili proprietari.
Oggi il borgo ospita le lussuose camere e suite di questo gioiello dell’ospitalità italiana
All’interno della tenuta si trovano inoltre L’Enoteca, scrigno della pregiata produzione vinicola locale, la Balsameria, il museo del vetro e due ristoranti. Castello Banfi è un invito a scoprire i numerosi tesori della Toscana, mentre si respira il fascino medioevale di un antico borgo circondato da vigneti e uliveti.
www.castellobanfiilborgo.com
Monaci delle Terre Nere – Zafferana Etnea (Catania),  Sicilia
Ai piedi del maestoso vulcano Etna, nelle terre  che un tempo ospitarono i monaci dell’Ordine di Sant’Anna nel XVIII secolo, si trova oggi l’affascinante country boutique hotel Monaci delle Terre Nere, perfettamente ristrutturato.
La tenuta restaurata secondo i principi della bioarchitettura e alimentata da fonti rinnovabili
Grazie alla visione del proprietario Guido Alessandro Coffa, pioniere dell’ecosostenibilità e del turismo rurale nella regione, conserva l’identità storica e territoriale di un luogo ricco di fascino ed energia.
La natura è considerata una risorsa preziosa da proteggere e rispettare, per questo agli ospiti vengono offerti prodotti detergenti artigianali senza additivi chimici e la scelta di eliminare i prodotti monodose è valsa a Monaci la certificazione come realtà Eco-bio.
 “Abbiamo sentito subito nostra la visione di Relais & Châteaux, che promuove un lusso discreto e invita a immergersi nella natura, assecondare i suoi ritmi lenti e scoprirne il lato più autentico dialogando con le persone che la abitano e la lavorano. Siamo orgogliosi di farne parte da oggi e non vediamo l’ora di crescere confrontandoci con gli altri membri di questa grande famiglia.” – dichiara Giovanna Manganaro, Maître de Maison.
www.monacidelleterrenere.it 
Relais & Châteaux SOCIAL FB
Relais & Châteaux, atmosfera e stile Relais & Châteaux si arricchisce nuovi Associati in Italia Unici per location, atmosfera e stile. Dimore che, in accordo con i valori dell’Associazione, sanno raccontare al meglio la storia del proprio territorio, mostrando con orgoglio il legame con la cultura locale.
0 notes
paworn · 3 years
Photo
Tumblr media
Tenuta delle Terre Nere - Etna Bianco 2020 https://www.instagram.com/paworn/p/CXGQGUWpqUK/?utm_medium=tumblr
0 notes
jucks72 · 7 years
Text
BaroloBrunello, una prima a Milano Grandi terroir e vini in degustazione
New Post has been published on http://www.it-gourmet.it/2017/11/16/barolobrunello-una-prima-milano-grandi-terroir-e-vini-degustazione/
BaroloBrunello, una prima a Milano Grandi terroir e vini in degustazione
youtube
Due grandi terroir della tradizione enologica italiana, cantine e produttori appassionati, questi i protagonisti di BaroloBrunello che, per la prima volta, giunge a Milano il 18 e 19 novembre alle Officine del Volo.
Nello spazio delle Officine del Volo, in via Mecenate 76 a Milano, torna l’esclusivo evento a posti limitati, solo 250 i biglietti disponibili per ciascuna delle due giornate.
Dopo il successo degli scorsi anni, BaroloBrunello è destinato a trasformarsi in più appuntamenti annuali, arricchito di iniziative ed incontri legati al mondo del Barolo e del Brunello di Montalcino. Anche in questa edizione 2017 parteciperanno alcuni dei produttori scelti nelle scorse edizioni in modo autonomo e indipendente dal team di WineZone con l’inserimento di numerose interessanti aziende selezionate, per un totale di più di 50 cantine.
Daniel Canzian e Andrea Zarattini (co-fondatore BaroloBrunello)
Numerosi i produttori presenti che sin dall’inizio hanno creduto in un progetto di assoluta qualità e che porteranno in degustazione anche alcune annate difficili da reperire, per illustrarle personalmente ai banchi d’assaggio e chiacchierare con gli ospiti e rispondere alle curiosità, sicuramente con poca ressa perché è un evento a numero chiuso.
I produttori di BaroloBrunello 2017 Agricola Gian Piero Marrone, Alessandria Fratelli, Az. Agr. Enzo Boglietti, Azienda Agricola Josetta Saffirio, Boroli, Bric Cenciurio, Cascina Chicco, Cascina Fontana, Castello di Verduno, Comm G.B. Burlotto, Damilano, Diego Conterno, Elio Grasso, Elvio Cogno, Giacomo Borgogno & Figli, Giacomo Fenocchio, Giulia Negri, Marengo Mario, Massolino-Vigna Rionda, Mauro Veglio Az. Agr., Oddero Poderi e Cantine, Pelassa, Principiano Ferdinando, Renato Ratti, Roberto Voerzio, Silvano Bolmida, Vietti Altesino, Argiano, Az. Agr. Ventolaio, Banfi, Baricci, Canalicchio di Sopra, Capanna, Caprili, Castiglion del Bosco, Corte dei Venti, Col d’Orcia, Cortonesi-La Mannella, Cupano, Fuligni, Il Bosco di Grazia, Il Marroneto, La Gerla, Lisini, Mastrojanni, Pietroso, Podere Salicutti, Poggio di Sotto, Sanlorenzo, Sesti, Talenti, Tenuta Le Potazzine, Terre Nere Campigli Vallone, Uccelliera.
Con questo incontro a cui partecipano in prima persona i produttori si sottolinea una volta di più lo strettissimo rapporto che esiste tra il lavoro dell’uomo, la storia delle famiglie e il loro territorio.
Per informazioni: www.barolobrunello.it
(BaroloBrunello, una prima a Milano Grandi terroir e vini in degustazione)
1/4
(BaroloBrunello, una prima a Milano Grandi terroir e vini in degustazione)
2/4
(BaroloBrunello, una prima a Milano Grandi terroir e vini in degustazione)
3/4
(BaroloBrunello, una prima a Milano Grandi terroir e vini in degustazione)
4/4
0 notes
touristguidebuzz · 7 years
Text
Wine Tourism Branches Out Beyond Tastings and Picnics
Vines at Rippon Vineyard on Lake Wanaka, Wanaka, Otago, New Zealand, represent one of a half-dozen lesser-known places for enjoying wine tourism that promise special thrills in 2018. Stuart Black / Bloomberg/robertharding/Robert Harding World Imagery
Skift Take: Like a helluva lot of other travelers, wine tourists want experiences and not just run-of-the vinery tastings. Sculptors, plunge pools, and lounges are just some of the relatively new samplings.
— Sean O'Neill
Wine tourism isn’t just expanding—it’s getting more creative in every corner of the globe, with more vine estates than ever wooing oenophiles with luxurious digs and experiences to indulge their grape-driven passions.
As always, superb wines and great estates are my first criteria for picking a region to escape to. But I try to look beyond wine cellar tastings and a chance to picnic in the vines; extra-special highlights include stunning and unusual landscapes to explore, delicious, creative, local cuisine to savor, and soothing rooms to sleep in when my taste buds need a break.
My crop of six destinations for 2018 delivers all of that – and more.
For Adventurers
Bodega Colomé, Salta, Argentina
Civilized Mendoza is the Napa Valley of Argentina, but adventure lurks in Salta Province, the high-altitude wine region tucked into the rugged northwest corner of the country—near Bolivia and Chile. It’s the epicenter for fragrant white torrontes, savory, concentrated malbecs, and a spectacular landscape of giant cacti, rust-colored rock formations, and the snow-topped Andes.
Remote Bodega Colomé, a 19th century winery purchased by Swiss multimillionaire and art collector Donald Hess in 2001 (he also owns Hess Collection in Napa), is the ultimate vine escape-from-it-all. A four-and-a-half hour drive from the city of Salta on teeth-rattling dirt roads, it’s a unique Shangri-La of wine, art, and 160,000 acres for hiking, biking, and oohing and aahing.
Besides producing a top malbec from a vineyard at an elevation of 10,207 feet, Hess has created a stunning museum devoted to the light installations of American artist James Turrell.
Starting Nov. 1, the winery is reopening Casa del Fundador, its 9-room luxury hotel (bodegacolome.com; [email protected]; $250) in a typical tile-roofed estancia building. The large, airy rooms in earth tones open on a courtyard with a Zen-like fountain, and yes, there’s a fine restaurant.
For Wine Hipsters
Jackalope Hotel at Willow Creek Vineyard
World famous pinot noir and chardonnay vineyards alternate with white sand beaches, natural hot springs, towering gum trees (and three of the country’s top 10 golf courses) in this easy-to-get-to wine region only an hour from Melbourne.
The new draw is the curated-cool Jackalope Hotel at Willow Creek Vineyard (jackalopehotels.com; from $500), which opened earlier this year and has already won awards for its sumptuous design. Picture a smart, urban vibe with eerie neon hallways, an electric blue billiard table, black infinity pool, and deep-soak stone Japanese baths—as well as delicious wines. Those wanting to be ahead of the pack take note: Many superb local wineries are little known outside Australia now, but their wines will arrive internationally soon.
Other wineries to visit: Moorooduc Estate, Paringa Estate, experimental Quealy Winemakers, and especially Two Minutes by Tractor, which also has an award-winning wine list in its restaurant.
For Drama Seekers
Mt. Etna, Sicily, Italy
A romantic, smoking volcano to climb, unusual grapes, Greek temple ruins, pristine beaches, and some of today’s hottest great wines combine to make this vino destination packed with drama and history. Researchers have just discovered that wine has probably been made for 6,000 years in Sicily, the largest island in the Mediterranean just off the toe of Italy’s boot. Until recently, though, its reds, whites, and rosés got little respect.
Now, despite the looming possibility of periodic eruptions, the Mt. Etna region has become the symbol of Sicily’s wine resurgence. The unique lava and ash terrain has drawn dozens of top winemakers from Italy and around the world. Key wineries to visit include Benanti, Tenuta delle Terre Nere, Vino di Anna, Planeta Sciara Nuova.
My pick for a place to stay is Monaci delle Terre Nere (monacidelleterrenere.it; $250 to $750), a romantic former monastery that’s now a chic, 40-acre eco-bio retreat on Mt. Etna’s slopes that offers yoga overlooking the vines, rooms with lava stone walls, and views of both Mt. Etna and the sea.
For Foodies
Single Thread Farm in Sonoma, California
Sonoma’s laid-back vibe is often overshadowed by Napa’s glitz and glamor. But Sonoma definitely tops its twin when it comes to diversity of wines, with superb chardonnays, pinot noirs, syrahs, and a dozen other varietals. Dozens of gourmet farms, craft breweries, cideries, and distilleries make it a paradise for good foodie living.
The reason to visit now is much buzzed-about Single Thread Farms, a combo restaurant, inn, farm, and tiny winery that opened last December in Healdsburg. It takes Sonoma’s relaxed wine luxury to a new level.
Set in a former post office building off Healdsburg’s charming central plaza, the restaurant and inn are also the perfect spot to explore nearby wineries in Russian River, Dry Creek, and Alexander valleys, and new sophisticated tasting “lounges” around the square.
The crown jewel of Single Thread is its restaurant, where chef Kyle Connaughton’s 11-course Japan-meets-California menu uses ingredients sourced from the Single Thread farm. The five rooms (singlethreadfarms.com; from $900; dinner $295) reflect a Japanese ryokan-inspired aesthetic, and include a Teforia Leaf tea infuser in your room.
Best nearby wineries to visit: Ridge Lytton Springs, J Vineyards, Ramey Wine Cellars, Jordan, Copain.
For Nature Lovers
Central Otago, New Zealand
Apparently everyone in the U.S. wants to travel to whistle-clean nature haven New Zealand—tourism visits in 2017 are up 24 percent over last year. But what visitors may not know is that there’s more to the country’s wines than sauvignon blanc, and there are so many gorgeous wine regions it’s tough to single out one. For sheer grandeur of scenery—stunning mountains, pristine blue lakes—and proximity to such extreme sports as bungee jumping or ziplining, it’s hard to beat pinot noir-centric Central Otago. Near Queenstown, it’s also the gateway to the famous Milford Track, rated the finest walk in the world.
This is the kind of place where a tiny winery, Mount Michael, offers private heli-tastings on a mountaintop instead of in a tasting room; last year the winery opened the region’s only luxury boutique B&B among the vines.
The ultimate luxury place to stay, though, is Azur Lodge, which has nine chic private villas with superb lake and mountain views. [From $850; www.azur.co.nz]
Squeeze in visits to these wineries: Peregrine, Rippon, Burn Cottage, Mt. Difficulty, Two Paddocks, Quartz Reef, and Felton Road.
For Fans of Art and Rosé
Chateau La Coste, Provence, France
If you think Provence and its rosés are ho-hum clichés, think again. The region is as movie-set beautiful as ever, and art and wine estate Château La Coste near Aix-en-Provence offers a new reason to go: sophisticated Villa La Coste, a 28-suite hotel with views of its organic vineyards that was finally finished this year (chateau-la-coste.com; from $800).
When Irish developer and art collector Patrick McKillen bought the 600-acre estate 15 years ago, he began inviting A-list sculptors and architects to create works for sites in the woods and alongside the vines. Big names include Frank Gehry, Tadao Ando, Ai Weiwei, Renzo Piano, Damien Hirst, Jean Nouvel, Tracey Emin, and many more.
The hotel’s elegant minimalist rooms open onto spacious private terraces with expansive views of the vines. Live-fire cooking maestro Francis Mallmann opened a restaurant there this summer, while a three-star French chef cooks up French classics for a more formal dining room.
You could visit other local wineries, but with a “visionary” spa, art walks, private plunge pools, library bar, winetasting courses, films screened in the vineyard, and cutting-edge cuisine, face it: There’s really no reason to leave.
©2017 Bloomberg L.P.
This article was written by Elin McCoy from Bloomberg and was legally licensed through the NewsCred publisher network. Please direct all licensing questions to [email protected].
0 notes
rollinbrigittenv8 · 7 years
Text
Wine Tourism Branches Out Beyond Tastings and Picnics
Vines at Rippon Vineyard on Lake Wanaka, Wanaka, Otago, New Zealand, represent one of a half-dozen lesser-known places for enjoying wine tourism that promise special thrills in 2018. Stuart Black / Bloomberg/robertharding/Robert Harding World Imagery
Skift Take: Like a helluva lot of other travelers, wine tourists want experiences and not just run-of-the vinery tastings. Sculptors, plunge pools, and lounges are just some of the relatively new samplings.
— Sean O'Neill
Wine tourism isn’t just expanding—it’s getting more creative in every corner of the globe, with more vine estates than ever wooing oenophiles with luxurious digs and experiences to indulge their grape-driven passions.
As always, superb wines and great estates are my first criteria for picking a region to escape to. But I try to look beyond wine cellar tastings and a chance to picnic in the vines; extra-special highlights include stunning and unusual landscapes to explore, delicious, creative, local cuisine to savor, and soothing rooms to sleep in when my taste buds need a break.
My crop of six destinations for 2018 delivers all of that – and more.
For Adventurers
Bodega Colomé, Salta, Argentina
Civilized Mendoza is the Napa Valley of Argentina, but adventure lurks in Salta Province, the high-altitude wine region tucked into the rugged northwest corner of the country—near Bolivia and Chile. It’s the epicenter for fragrant white torrontes, savory, concentrated malbecs, and a spectacular landscape of giant cacti, rust-colored rock formations, and the snow-topped Andes.
Remote Bodega Colomé, a 19th century winery purchased by Swiss multimillionaire and art collector Donald Hess in 2001 (he also owns Hess Collection in Napa), is the ultimate vine escape-from-it-all. A four-and-a-half hour drive from the city of Salta on teeth-rattling dirt roads, it’s a unique Shangri-La of wine, art, and 160,000 acres for hiking, biking, and oohing and aahing.
Besides producing a top malbec from a vineyard at an elevation of 10,207 feet, Hess has created a stunning museum devoted to the light installations of American artist James Turrell.
Starting Nov. 1, the winery is reopening Casa del Fundador, its 9-room luxury hotel (bodegacolome.com; [email protected]; $250) in a typical tile-roofed estancia building. The large, airy rooms in earth tones open on a courtyard with a Zen-like fountain, and yes, there’s a fine restaurant.
For Wine Hipsters
Jackalope Hotel at Willow Creek Vineyard
World famous pinot noir and chardonnay vineyards alternate with white sand beaches, natural hot springs, towering gum trees (and three of the country’s top 10 golf courses) in this easy-to-get-to wine region only an hour from Melbourne.
The new draw is the curated-cool Jackalope Hotel at Willow Creek Vineyard (jackalopehotels.com; from $500), which opened earlier this year and has already won awards for its sumptuous design. Picture a smart, urban vibe with eerie neon hallways, an electric blue billiard table, black infinity pool, and deep-soak stone Japanese baths—as well as delicious wines. Those wanting to be ahead of the pack take note: Many superb local wineries are little known outside Australia now, but their wines will arrive internationally soon.
Other wineries to visit: Moorooduc Estate, Paringa Estate, experimental Quealy Winemakers, and especially Two Minutes by Tractor, which also has an award-winning wine list in its restaurant.
For Drama Seekers
Mt. Etna, Sicily, Italy
A romantic, smoking volcano to climb, unusual grapes, Greek temple ruins, pristine beaches, and some of today’s hottest great wines combine to make this vino destination packed with drama and history. Researchers have just discovered that wine has probably been made for 6,000 years in Sicily, the largest island in the Mediterranean just off the toe of Italy’s boot. Until recently, though, its reds, whites, and rosés got little respect.
Now, despite the looming possibility of periodic eruptions, the Mt. Etna region has become the symbol of Sicily’s wine resurgence. The unique lava and ash terrain has drawn dozens of top winemakers from Italy and around the world. Key wineries to visit include Benanti, Tenuta delle Terre Nere, Vino di Anna, Planeta Sciara Nuova.
My pick for a place to stay is Monaci delle Terre Nere (monacidelleterrenere.it; $250 to $750), a romantic former monastery that’s now a chic, 40-acre eco-bio retreat on Mt. Etna’s slopes that offers yoga overlooking the vines, rooms with lava stone walls, and views of both Mt. Etna and the sea.
For Foodies
Single Thread Farm in Sonoma, California
Sonoma’s laid-back vibe is often overshadowed by Napa’s glitz and glamor. But Sonoma definitely tops its twin when it comes to diversity of wines, with superb chardonnays, pinot noirs, syrahs, and a dozen other varietals. Dozens of gourmet farms, craft breweries, cideries, and distilleries make it a paradise for good foodie living.
The reason to visit now is much buzzed-about Single Thread Farms, a combo restaurant, inn, farm, and tiny winery that opened last December in Healdsburg. It takes Sonoma’s relaxed wine luxury to a new level.
Set in a former post office building off Healdsburg’s charming central plaza, the restaurant and inn are also the perfect spot to explore nearby wineries in Russian River, Dry Creek, and Alexander valleys, and new sophisticated tasting “lounges” around the square.
The crown jewel of Single Thread is its restaurant, where chef Kyle Connaughton’s 11-course Japan-meets-California menu uses ingredients sourced from the Single Thread farm. The five rooms (singlethreadfarms.com; from $900; dinner $295) reflect a Japanese ryokan-inspired aesthetic, and include a Teforia Leaf tea infuser in your room.
Best nearby wineries to visit: Ridge Lytton Springs, J Vineyards, Ramey Wine Cellars, Jordan, Copain.
For Nature Lovers
Central Otago, New Zealand
Apparently everyone in the U.S. wants to travel to whistle-clean nature haven New Zealand—tourism visits in 2017 are up 24 percent over last year. But what visitors may not know is that there’s more to the country’s wines than sauvignon blanc, and there are so many gorgeous wine regions it’s tough to single out one. For sheer grandeur of scenery—stunning mountains, pristine blue lakes—and proximity to such extreme sports as bungee jumping or ziplining, it’s hard to beat pinot noir-centric Central Otago. Near Queenstown, it’s also the gateway to the famous Milford Track, rated the finest walk in the world.
This is the kind of place where a tiny winery, Mount Michael, offers private heli-tastings on a mountaintop instead of in a tasting room; last year the winery opened the region’s only luxury boutique B&B among the vines.
The ultimate luxury place to stay, though, is Azur Lodge, which has nine chic private villas with superb lake and mountain views. [From $850; www.azur.co.nz]
Squeeze in visits to these wineries: Peregrine, Rippon, Burn Cottage, Mt. Difficulty, Two Paddocks, Quartz Reef, and Felton Road.
For Fans of Art and Rosé
Chateau La Coste, Provence, France
If you think Provence and its rosés are ho-hum clichés, think again. The region is as movie-set beautiful as ever, and art and wine estate Château La Coste near Aix-en-Provence offers a new reason to go: sophisticated Villa La Coste, a 28-suite hotel with views of its organic vineyards that was finally finished this year (chateau-la-coste.com; from $800).
When Irish developer and art collector Patrick McKillen bought the 600-acre estate 15 years ago, he began inviting A-list sculptors and architects to create works for sites in the woods and alongside the vines. Big names include Frank Gehry, Tadao Ando, Ai Weiwei, Renzo Piano, Damien Hirst, Jean Nouvel, Tracey Emin, and many more.
The hotel’s elegant minimalist rooms open onto spacious private terraces with expansive views of the vines. Live-fire cooking maestro Francis Mallmann opened a restaurant there this summer, while a three-star French chef cooks up French classics for a more formal dining room.
You could visit other local wineries, but with a “visionary” spa, art walks, private plunge pools, library bar, winetasting courses, films screened in the vineyard, and cutting-edge cuisine, face it: There’s really no reason to leave.
©2017 Bloomberg L.P.
This article was written by Elin McCoy from Bloomberg and was legally licensed through the NewsCred publisher network. Please direct all licensing questions to [email protected].
0 notes
grauniverse-blog · 7 years
Text
La definizione di “Borgogna del Mediterraneo” e il paragone con le Langhe sono i riferimenti più spesi per descrivere il territorio dell’Etna. Esiste davvero una sottile linea rossa tra i vini provenienti da questi tre terroir? E se è così, con quali affinità e divergenze?
Queste le domande poste all’inizio dell’evento Etna Langhe e Borgogna – la sottile linea rossa ideato e organizzato da noi e svoltosi il 9 marzo presso il locale Fermento di Pescara.
Tre coppie di Etna Rosso (Etna Rosso Guardiola 2007, Tenuta delle Terre Nere e Etna Rosso Vinupetra 2006, I Vigneri), di Barolo (Barolo Paiagallo 2011, G. Canonica e Barolo Bricco Boschis Riserva Vigna S. Giuseppe 2008, Cavallotto) e di Borgogna (Bourgogne 2014, Domaine Chicotot e Gevrey Chambertin 2010, Domaine Duband) serviti alla cieca, che hanno riservato più di una sorpresa. Nel complesso, il terroir che più ha messo d’accordo i partecipanti è l’Etna, seguito dalla Borgogna e infine dalle Langhe.
Entrambi difficili nel concedersi con immediatezza al naso, i nerello di Terre Nere e I Vigneri condividono un sorso ampio e lungo e la stessa trama tannica, nel Vinupetra ancora più grintosa.
Se gli Etna sono nell’insieme i più riconosciuti, il vino individuato con maggior facilità è stato il Gevray Chambertin di Duband. Sarà per il naso complesso e balsamico o per il sorso elegante e vellutato?
Gioco facile anche con il Barolo di Cavallotto, elegantissimo nel fiore appassito, tabacco e note balsamiche. Unisce potenza e finezza, con il sorso di grande equilibrio.
Piuttosto singolare il caso del pinot nero di Chicotot e il Barolo di Canonica che mettono decisamente in crisi i sensi dei partecipanti, risultando i vini meno riconosciuti. Il Borgogna, snello e vivace,  è scambiato piuttosto incomprensibilmente per un barolo. Altrettanto misterioso il motivo per cui la maggioranza riconosce in Canonica i tratti di un pinot nero, nonostante il volume importante (15%) e la fermezza del tannino.
Riflessioni dopo l’evento Etna Langhe Borgogna La definizione di “Borgogna del Mediterraneo” e il paragone con le Langhe sono i riferimenti più spesi per descrivere il territorio dell’Etna.
0 notes
pelzonwine · 7 years
Photo
Tumblr media
2011 Tenuta delle Terre Nere Etna Rosso Santo Spirito with my homemade Pizza. This #wine is just awesome. Truffle, earth and plum on the nose and terrific structure on the midpalate and finish. Really the perfect companion for pizza, pasta and grilled meats. A treat on a weeknight. #vino #redwine #vinorosso #italy #italia #etna #sicily #sicilia #tenutadellenere #etnarosso #nerellomascalese #2011 #nerellocappuccio
0 notes