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#Vittorio Di Prima
omarfor-orchestra · 1 year
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Anche io non capisco tutta questa acredine verso il cast di shake... Dami spicca è evidente, ma gli altri non sono così tremendi, ricordo alcuni attori di skam più meno allo stesso livello se non peggio
In generale, ho notato che è una mania che ricorre spesso quella di buttare merda sugli altri per esaltare il proprio prefe, ecco perché evito di entrare su twt
Io cani veri ne ho visti nelle altre miniserie di Raiplay, tra cui (l'ho detto all'epoca e resto coerente) Nicolas in nudes in cui il livello era proprio basso in generale e boh, forse lui si è adeguato.
Io finita la serie sono andata su twt per vedere un po' i pareri (e gli screen) e leggevo solo veleno, anche nel tag ufficiale. Gente che si lamentava della recitazione, delle scene, pure dello slow motion e, cito non ricordo chi "avere solo 2 attori bravi su 8 mi sembra un po' poco". Damiano e Greta spiccavano perché sono gli unici più conosciuti, ma gli altri ragazzi erano preparati, concentrati e bravi quanto loro. Lamentarsi del "piattume" (piattume di cosa, poi? Che dovevano fare, inventarsi le scene d'azione quando è una miniserie sulla vita quotidiana di adolescenti?) solo per sottolineare quanto il protetto sia il più bravo del mondo mi sembra esagerato, e parlo io che Damiano lo metterei a fare qualsiasi cosa eh
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Vittorio è un ragazzo Napoletano che confessa in una lettera la propria omosessualità al papà. La risposta è spettacolare! Leggete! ❤️
"Caro papà perdonami, sono gay.
Non so bene quando è cominciato, forse alle elementari. Forse alle superiori, quando solo guardando gli occhi di un compagno di classe mi batteva il cuore.
Mi dispiace perché la storia con Gianna non andava bene, le volevo bene, questo è certo, siamo stati insieme 3 anni, ma c'era sempre qualcosa che tra di noi non andava.
Mi dispiace perché spesso commentavi le Veline di Striscia la Notizia e io non ti andavo dietro con le battute, MA NON LO SAPEVO ANCORA.
Per fortuna siamo Napoletani, e ho vissuto questo periodo di accettazione con una popolazione speciale. Per fortuna siamo Napoletani, e abbiamo nel DNA l'amore per il prossimo, quello che ho trovato nelle persone che come me cercavano di capire.
Sono ormai 5 anni che vivo da solo, perché mi sentivo DIVERSO.
A soli 19 anni ho voluto scappare da quel nucleo familiare PERFETTO, e forse è stato quello a spingermi ad andare via... forse ero io a RENDERLO IMPERFETTO, non volevo rovinare il tuo immenso lavoro di padre e capofamiglia.
Ora mi ritrovo in una casa da SOLO a 24 anni, CON LA CONSAPEVOLEZZA di essere gay .
Per fortuna siamo Napoletani, dove non mi sono mai sentito solo e mai sentito DISPREZZATO da nessuno. Non so come sarebbe andata a finire in una altra citta'.
CARO papà mi manchi tanto, POSSO TORNARE A CASA ? questa volta da Gay...
Vittorio"
"Caro Vittorio.
Mi dispiace ma allora si STUNZ... ( in modo affettivo )
Io e tua mamma avevamo già intuito i tuoi gusti sessuali da bambino, quando non ti interessava giocare con i compagni ai famosi soldatini, ma collezionavi migliaia di riviste per adolescenti.
Perdonami, forse avrei dovuto dirtelo prima, in modo che evitavi questo inutile IMBARAZZO, ma ho sempre ritenuto che siano stati "CAZZI tuoi" (scusa la battuta, pero' è simpatica ja' , ejaa').
Visto che siamo Napoletani, e per fortuna che siamo Napoletani, la nostra storia ci ha sempre insegnato che solo aprendo la mente e non creando muri c'è la possibilità di SALVARSI, di SOPRAVVIVERE.
Mi sei sempre mancato dal primo giorno, sei mio figlio e CASTANO, BIONDO O GAY per me non fa differenza.
È solo un gusto, a me ad esempio piacciono le cozze, a te forse piaceranno i CANNOLICCHI (scusa ja' è n'altra battuta, uammamia non si puo' pazziare qua, e che è?)
Grazie a DIO siamo Napoletani.
Da genitore devo farti un rimprovero.
Non azzardarti mai, e poi mai di ritenermi cosi stupido...
La tua stanza è pronta, vieni quando vuoi, non vedo l'ora... Ricordati i genitori la porta di casa non la chiudono mai, la lasciano sempre un pochino aperta per fare in modo che il figlio possa “INFIZZARSI” da un momento all'altro.
TI AMO
Papa'"
P.S
Nella mia famiglia non esiste, e non dovrà esistere mai nessun tipo di RAZZISMO mai tranne per gli JUVENTINI... a casa mia JUVENTINI non ne voglio... CHIARO?
Puoi anche fidanzarti con un CAMMELLO e portarmelo a casa, basta che non sia Juventino.
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susieporta · 8 months
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Forse tutti avete visto la foto che ritrae l’allineamento della Luna con la Basilica di Superga e il Monviso. È una foto perfetta che racconta di un’attesa lunga sei anni. Io però voglio raccontarvi un’altra storia, quella del fotografo che l’ha scattata. Una storia di pazienza, di tenacia e di coraggio. Coraggio di cambiare radicalmente strada nel momento più difficile della propria vita.
Voglio iniziare però proprio da quello scatto, e da una domanda: si possono aspettare sei anni per scattare una #fotografia? Alla fine del 2017 Valerio aveva segnato sul calendario tutte le date delle fasi lunari, in particolare quelle in cui la luna tramontava in un determinato punto. Ogni sera “giusta” partiva per provare a portare a casa l’immagine che aveva sognato, ma c’era sempre un problema: le nuvole, la pioggia, la nebbia, la foschia… Così per sei volte, all’inizio di ogni anno, ha compilato il calendario e non ha mai sprecato una data possibile, ma senza successo. Alla fine, alle 18:52 del 15 dicembre 2023, la lunga attesa è stata premiata e la sua vita è cambiata.
All’inizio l’idea era quella di allineare la Basilica di #Superga e il #Monviso per fotografarli insieme. Valerio si era fatto aiutare dal mappamondo di Google Earth e aveva individuato quattro possibili punti. Il punto ideale lo aveva trovato a nord-est di Torino, sopra Castagneto Po, a 380 metri d’altezza. La prima volta che c’è salito si è reso conto che in quell’istantanea che aveva immaginato poteva entrare anche un terzo soggetto: la luna. Da quel momento si è messo a studiarne le fasi per scoprire che ci sarebbe stato soltanto un giorno perfetto in tutto l’anno.
E al sesto tentativo, dieci giorni prima di Natale, ha capito che forse ce l’avrebbe fatta: il cielo era limpido e l’aria asciutta. Così si è messo ad aspettare e quando tutto si è allineato e ha visto la sagoma del Monviso disegnata sulla Luna ha scattato. La mattina dopo, soddisfatto del risultato, ha spedito il file alla #Nasa, per partecipare al concorso “Astronomy Picture of the Day”, la risposta non si è fatta attendere: per l’ente spaziale americano la sua è stata la foto del giorno di Natale.
«È come se questa foto avesse sbloccato qualcosa, migliaia di persone hanno condiviso quell’immagine e hanno scoperto le mie foto che sono uscite dal Piemonte e sono andate in giro in tutto il mondo».
Conosco Valerio Minato pH da più di dieci anni, da quando ho notato il suo banco sotto i portici di Piazza Vittorio a Torino. Non vendeva libri, borse di cuoio, gioiellini, ma le sue fotografie, stampate su un supporto rigido e a prezzi accessibili a tutti. Ricordo che mi avevano colpito i soggetti ricorrenti: il Monviso, la Mole Antonelliana, il Po, le vecchie vetture del tram, ritratti però con prospettive originali.
Lo vedevo ogni fine settimana, con qualsiasi tempo, dietro il suo banco dalla mattina alla sera. Ho cominciato a fermarmi a chiacchierare e siamo diventati amici. Valerio è nato nel 1981 a Biella e nella sua vita la fotografia è arrivata dopo i trent’anni. Si era diplomato perito chimico tintore, aveva trovato subito un lavoro in un’industria tessile, poi era passato in una fabbrica chimica del settore gomma: «A 24 anni, dopo cinque passati in fabbrica, ho avuto un bruttissimo incidente sul lavoro: ho quasi perso un braccio, risucchiato da una macchina. Sono stato un mese e mezzo in ospedale, ho subito cinque interventi chirurgici, e tra un’operazione e l’altra ho deciso di cambiare tutto».
Così ha lasciato Biella e si è iscritto all’università a #Torino: Scienze forestali e ambientali. «Volevo una vita nuova, stare in un mondo completamente diverso. Volevo la natura e l’aria aperta».
All’ultimo anno di università compra una macchina fotografica e per gioco inizia a scattare, dopo la laurea trova lavoro in un’azienda, ma la passione per l’immagine occupa sempre più spazio dentro di lui. «Quando mi hanno offerto un contratto a tempo indeterminato ho deciso di dire di no, di fare una scelta ancora più totale di libertà. Ispirato dai banchi sotto i portici di Via Po mi sono iscritto all’albo degli “Operatori del Proprio Ingegno” e ho aperto il punto vendita delle mie foto».
Mario Calabresi
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dantussy · 8 months
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Vittorio Gassman legge la Divina Commedia: Inferno, Canto XXVI, vv. 90–142
(...)"Quando mi diparti’ da Circe, che sottrasse me più d’un anno là presso a Gaeta, prima che sì Enëa la nomasse, né dolcezza di figlio, né la pieta del vecchio padre, né ’l debito amore lo qual dovea Penelopè far lieta, vincer potero dentro a me l’ardore ch’i’ ebbi a divenir del mondo esperto e de li vizi umani e del valore; ma misi me per l’alto mare aperto sol con un legno e con quella compagna picciola da la qual non fui diserto. L’un lito e l’altro vidi infin la Spagna, fin nel Morrocco, e l’isola d’i Sardi, e l’altre che quel mare intorno bagna. Io e’ compagni eravam vecchi e tardi quando venimmo a quella foce stretta dov’Ercule segnò li suoi riguardi acciò che l’uom più oltre non si metta; da la man destra mi lasciai Sibilia, da l’altra già m’avea lasciata Setta. "O frati," dissi, "che per cento milia perigli siete giunti a l’occidente, a questa tanto picciola vigilia d’i nostri sensi ch’è del rimanente non vogliate negar l’esperïenza, di retro al sol, del mondo sanza gente. Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza". Li miei compagni fec’io sì aguti, con questa orazion picciola, al cammino, che a pena poscia li avrei ritenuti; e volta nostra poppa nel mattino, de’ remi facemmo ali al folle volo, sempre acquistando dal lato mancino. Tutte le stelle già de l’altro polo vedea la notte, e ’l nostro tanto basso, che non surgëa fuor del marin suolo. Cinque volte racceso e tante casso lo lume era di sotto da la luna, poi che 'ntrati eravam ne l'alto passo, quando n’apparve una montagna, bruna per la distanza, e parvemi alta tanto quanto veduta non avëa alcuna. Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto; ché de la nova terra un turbo nacque e percosse del legno il primo canto. Tre volte il fé girar con tutte l’acque; a la quarta levar la poppa in suso e la prora ire in giù, com’altrui piacque, infin che ’l mar fu sovra noi richiuso".
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mucillo · 6 months
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"Un professore di filosofia sale in cattedra e, prima di iniziare la lezione, toglie dalla cartella un grande foglio bianco con una piccola macchia d’inchiostro nel mezzo. Rivolto agli studenti domanda: “Che cosa vedete qui?”. “Una macchia d’inchiostro”, rispose qualcuno. “Bene”, continua il professore, “così sono gli uomini: vedono soltanto le macchie, anche le più piccole, e non il grande e stupendo foglio bianco che è la vita”
Vittorio Buttafava
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crosmataditele · 11 months
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Al popolo di G4z4 in questo momento è negata l'acqua, il cibo, l'elettricità, le cure mediche e ogni bene di prima necessità. I bombardamenti continuano ormai senza sosta da settimane.
Per supportare le persone nella Striscia, insieme a G4z4 Freestyle, Mutuo Soccorso Milano, Centro Vik - Vittorio Arrigoni, ACS - Associazione di Cooperazione e Solidarietà, DIS - Donne in Strada e Corte delle Madri, abbiamo lanciato la campagna di crowdfunding "SOS G4Z4" https://www.gofundme.com/f/sos-gaza-dona-ora-per-aiutare-la-gente-di-gaza?utm_campaign=p_lico+share-sheet-first-launch&utm_medium=copy_link&utm_source=customer
La serata di venerdì 3 novembre servirà a sostenere il crowdfunding, grazie alla disponibilità degli artisti e le artiste che suoneranno venerdì al CSOA La Strada:
@luccibrokenspeakers & @whtrsh
@lailaalabastro
@borghettastile
Il ricavato sarà interamente devoluto alla campagna.
Ci vediamo il 3 novembre!
21:00 Apertura porte
22:00 Inizio live
Ringraziamo con il cuore @zerocalcare per la bellissima illustrazione
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Vittorio Pirami, ex dirigente in pensione, si dedicava da qualche anno a ricerche archivistiche per assecondare la sua passione per la storia.
Nel 2007 si imbattè quasi per caso in quello che diventerà uno dei più importanti documenti della storia dell’arte.
Nel Liber Baptizatorum della Parrocchia di Santo Stefano in Brolo, trova un semplicissimo atto di battesimo sul quale è trascritto che il giorno 30 di settembre dell’anno 1571 Michelangelo “Merixio”, figlio di Fermo e Lucia, è battezzato alla presenza del padrino Francesco Sessa.
È la prova definitiva che attesta la nascita di Michelangelo Merisi detto “il Caravaggio” a Milano, probabilmente il 29 settembre, giorno di San Michele Arcangelo, dal quale deriverebbe la scelta del suo nome.
Di tutta la faccenda sarebbe stato meraviglioso osservare il volto annoiato del Pirami che con una lente di ingrandimento legge, da giorni, inutili nomi e cognomi e che improvvisamente si illumina leggendo Michelangelo “Merixio”, figlio di Fermo e Lucia.
Che poi pensate alla coincidenza: Fermo e Lucia come la prima stesura del romanzo manzoniano.
Marco Leoni
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vintagebiker43 · 1 year
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La dedica di una via di Grosseto a Giorgio #Almirante autorizzata dalla Prefetta di Grosseto (che è anche la moglie del ministro Piantedosi) celebra un signore definito da Giorgia Meloni: «Politico e patriota d’altri tempi, stimato da amici e avversari. Amore per l’Italia onestà, coerenza e coraggio sono valori che ha trasmesso alla Destra italiana e che portiamo avanti ogni giorno. Un grande uomo che non dimenticheremo mai» . Come è ben noto, Almirante prima di essere a lungo segretario del Movimento Sociale Italiano (la cui fiamma mussoliniana arde ancora nello stemma di Fratelli d'Italia, e che ebbe come presidenti criminali di guerra come Junio Valerio Borghese e Rodolfo Graziani), era stato segretario di redazione della fascistissima «Difesa della razza» (sulla quale scrisse, tra l’altro, «che in fatto di razzismo e di antigiudaismo gli italiani non hanno avuto né avranno bisogno di andare a scuola da chicchessia» , rivendicando un ben triste primato), oltre che, da gerarca della Repubblica Sociale, «servo dei nazisti» e «fucilatore di partigiani»: ‘titoli’ la cui legittimità fu sancita da una sentenza passata in giudicato in un processo per diffamazione incautamente innescato da una querela dello stesso Almirante. E bisognerà ricordare che il pubblico ministero che per primo chiese il proscioglimento dei due giornalisti (Carlo Ricchini e Luciana Castellina) era Vittorio Occorsio, poi ucciso dai terroristi neofascisti di Ordine Nuovo .
Tomaso Montanari
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libriaco · 8 months
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L'🐘 Bianco
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Nel BURrino di Mark Twain che ho letto qualche settimana fa, c'è un racconto che si intitola My Late Senatorial Secretaryship [ca. 1867], tradotto in italiano come: Il mio ex-impiego di segretario di un senatore [Quello che è nel titolo della raccolta a qualche cinéphile potrebbe ricordare un episodio del film "Il fantasma della libertà" di Luis Buñuel]. A un certo punto del racconto si trova una poesiuola di poche righe:
Cecco Bilecco infilzò in uno stecco: lo stecco si rompe e Cecco va sul ponte; il ponte va in rovina e Cecco s'infarina: la farina si staccia e Cecco si sculaccia
Canzoncina per bambini che mi recitavano (nonno? mamma? nonna?) tenendomi seduto sulle gambe e facendomi sobbalzare. La prima frase però era: "Cecco Bilecco infilato in uno stecco"; da quanto ho cercato rapidamente sembra essere una cantilena toscana.
Controllando l'originale di Mark Twain si legge invece:
Jack and Gill went up the hill To draw a pail of water; Jack fell down and broke his crown, And Gill came tumbling after.
La traduttrice dei racconti, nel 1952, era Oriana Previtali neé Gui (1912-1997), figlia di Vittorio, direttore d’orchestra e fondatore del Maggio musicale fiorentino e moglie di Ferdinando Previtali, come il suocero direttore d'orchestra e compositore.
Ho decisamente apprezzato che la Previtali non si limitasse a volgere in italiano l'originale ma lo sostituisse con un'omologa nursery rhyme nostrana!
Mark Twain, Il furto dell'elefante bianco e altri racconti, Milano, Rizzoli, 1952 [Trad. O. Previtali]
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ma-pi-ma · 1 year
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Un giorno a più livelli, d’alta marea – o nella sola sfera del celeste. Un giorno concavo che è prima di esistere sul rovescio dell’estate la chiave dell’estate.
Vittorio Sereni, Un posto di vacanza
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diceriadelluntore · 2 years
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Storia Di Musica #264 - Fabrizio De André - Non Al Denaro Non All’Amore Nè Al Cielo, 1971
La piccola scelta di dischi ispirati a grandi romanzi non poteva che finire con questo disco. Senza dubbio è forse il primo che viene a mente riguardo al tema di un disco italiano che ha la caratteristica appena citata, e rimane uno degli episodi più significati della carriera, straordinaria, del suo autore. Fabrizio De André aveva appena pubblicato un disco che, in teoria, poteva benissimo rientrare nel tema principale di Febbraio: La Buona Novella (1970) infatti era un concept, tipologia molto cara all’autore genovese, che si ispirava ai Vangeli Apocrifi. Il Gesù di De André è profondamente umano, in una Palestina antica che in molti passaggi rimanda ai riflessi dell’Italia degli anni ‘70, in una sorta di porta incantata di quotidianità. Allora lo aiutarono Roberto Danè, produttore, paroliere, arrangiatore che proprio in quegli anni fondava la Produttori Associati (che pubblica il disco) e gli arrangiamenti di Giampiero Reverberi. Album toccante, ha una delle mie canzoni preferite di De André, il Testamento Di Tito. Proprio questa canzone fu registrata dal cantante Michele, nome d’arte di Gianfranco Michele Maisano, come lato b di Susan Dei Marinai, scritta dallo stesso De André nei cui titoli non appare, sostituito dal grande Sergio Bardotti. Il progetto iniziale di un disco ispirato ad uno dei libri più amati da De André doveva essere infatti un progetto curato dallo stesso trio De André, Darè e Reverberi per il cantante Michele, ma dissidi interni ruppero l’accordo, e Reverberi se ne va. A questo punto, De André riprende l’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters, il libro in questione, e ne inizia a ragionare con la sua amica Fernanda Pivano, colei che, su suggerimento di Cesare Pavese, per prima portò in Italia e tradusse questo viaggio sentimentale e particolare che Lee Masters fa dell’America di provincia, ancora più ricca di contraddizioni e storie marginali. Per chi non lo ricordasse, l’Antologia è una raccolta di poesie-epitaffio della vita dei residenti dell'immaginario paesino di Spoon River sepolti nel cimitero locale, pubblicato tra 1914 e il 1915 sul Reedy's Mirror di Saint Louis, che la Pivano tradusse e che Einaudi pubblicò  nel 1943 (prima edizione parziale) e nel 1945 (tutti i 212 epitaffi dei personaggi). De André collabora con un suo amico paroliere, Giuseppe Bentivoglio, con cui scrisse Ballata Degli Impiccati da Tutti Morimmo A Stento del 1968, per i testi e sceglie agli arrangiamenti un fresco diplomato del conservatorio, Nicola Piovani, al suo primo impiego importante di una carriera che lo porterà fino all’Oscar. Ad aiutarli una squadra di musicisti grandiosa:  il violista Dino Asciolla, Edda Dell'Orso, soprano, i chitarristi Silvano Chimenti e Bruno Battisti D'Amario, questi tre ultimi storici collaborato di Ennio Morricone, il bassista Maurizio Majorana, membro dei Marc 4, il violoncellista classico d'origine russa Massimo Amfiteatrof, il batterista Enzo Restuccia, il maestro beneventano Italo Cammarota e il polistrumentista Vittorio De Scalzi, membro fondatore dei New Trolls. De André compone 9 brani, partendo come Lee Masters da La Collina, il luogo dove sorge il cimitero dove riposano i defunti di Spoon Rivers. 7 brani sono divisi in due grandi categorie: uomini morti d’invidia, ovvero Un Matto, Un Giudice, Un Blasfemo, Un Malato Di Cuore e uomini di scienza, con le sue contraddizioni etiche, ovvero Un Medico, Un Chimico, Un Ottico. Rimane poi Il Suonatore Jones, l’unico che rimane con lo stesso titolo del libro, che chiude il disco, con De André che però gli “toglie” il violino e lo fa suonatore di flauto. Straordinario è il lavoro di rifacimento e di ricreazioni nei testi: per esempio ne Un Giudice, ispirato a Selah Lively, deriso per la sua statura, in Masters è 5 piedi e 2 pollici (=157 cm circa) e nel testo di De André diviene così: Cosa vuol dire avere\Un metro e mezzo di statura\Ve lo rivelan gli occhi\E le battute della gente. I personaggi dell’invidia sono il giudice che ha trovato nella vendetta la sua alternativa alla derisione di essere basso, il matto che è stato spinto dall'invidia a “imparare la Treccani a memoria” (anche qui splendido gioco di trasposizione, in Lee Masters è l'Enciclopedia Britannica), il malato di cuore che riesce a vincere l'invidia attraverso l'amore, nonostante muoia appena porge le sue labbra su quelle della ragazza di cui è innamorato, Un Blasfemo invece è la canzone più politica, essendo uno strale contro chi “non Dio, ma qualcuno che per noi l'ha inventato / ci costringe a sognare in un giardino incantato”. Degli uomini di scienza, un medico è costretto dalla sua benevolenza, cioè curare i malati gratis, a vendere pozioni “miracolose” essendo caduto in miseria, un chimico è invece una storia di disillusione sull’amore, di un uomo che non capisce le unioni imperfette degli uomini rispetto a quelle perfette delle sostanze chimiche, un ottico invece, che vorrebbe regalare ai clienti un paio di occhiali magici per vedere davvero la realtà, è l’unico che probabilmente non è morto, dato che parla al presente (unicità che è presente anche in Lee Masters). Chiude il disco Il Suonatore Jones, inno alla libertà, di chi non ha voluto chiudere la sua libertà lavorando nei campi ma “Finii con i campi alle ortiche\Finii con un flauto spezzato\E un ridere rauco\E ricordi tanti\E nemmeno un rimpianto”. Oltre la qualità immensa del lavoro testuale è la musica che stupisce: gli arrangiamenti orchestrali, gli sviluppi tematici (come nel caso del motivo principale dell’iniziale La Collina, in continua trasformazione), la sovrapposizione di parti in forma di suite (un Ottico, con evidenti echi progressive ad un certo punto), l’uso di strumenti classici come clavicembali e violini. Sulla copertina della prima edizione, quella che ho pubblicato anche io, c’è un evidente errore grafico, con l’errata accentazione di "né". L’errore fu aggiustato nelle edizioni successive, e nel disco era presenta una lunghissima e delicata intervista di Fernanda Pivano a De André sulla genesi di questo disco e sul libro di Edgar Lee Masters, e alcuni racconti dello scrittore americano erano inseriti all’interno della confezione. Disco memorabile, da riscoprire e che formerà con il successivo, l’amatissimo e criticatissimo Storia Di un Impiegato uscito appena un anno più tardi (ad inizio del 1973) una trilogia lucidissima e potentissima sull’Italia di inizio anni ‘70.
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abatelunare · 1 year
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Sensazioni di lettura
Leggo di rado gli scrittori italiani contemporanei. Non mi attirano, né mi seducono. Temo che la nostra sia una letteratura minore, bolsa. Non c'è alcun autore che spicchi decisamente sugli altri. E non abbiamo più il respiro che si avvertiva perfino in certi scrittori etichettati come minori del Novecento: Giovanni Faldella, Antonio Delfini, Arturo Loria, Enrico Morovich, Giovanni Boine, Silvio D'Arzo, Vittorio G. Rossi, Enrico Pea, Alfredo Oriani, Salvator Gotta. Mi fermo qui, anche se potrei andare avanti ancora a lungo. La mia non è proprio una teoria. Si tratta giusto di una sensazione. Che mi piacerebbe venisse smentita. Prima o poi.
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abr · 5 months
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Il generale Roberto Vannacci "ha avuto il merito di dar fiato, con prosa decente e argomentata, a idee alternative a quelle della crème" e dei "Parrucconi", scrive Vittorio Feltri sulla prima pagina del Giornale di domenica 5 maggio. (...)
Insomma, "la popolazione è assai diversa dall’idea di popolo che si sono costruiti nella loro testa Schlein e compagni, e inaspettatamente non è affatto rassegnata a lasciarsi espropriare il cervello da lorsignori progressisti", spiega Feltri, "i quali non riuscendo a sbarazzarsi razionalmente delle considerazioni dei conservatori, le qualificano come indegne di essere considerate umane".
Insomma, l'opposizione e gli esponenti dell'élite "pensavano di essere riusciti perlomeno a liquidare Vannacci come impresentabile nelle liste", ma così non è stato perché Matteo Salvini lo ha candidato come indipendente con la Lega. (al che) Vannacci è stato "sottoposto a trattamenti di chirurgia plastica, (...) deformandolo burlescamente come lo scemo del villaggio oppure mostrificandolo quasi fosse un velociraptor che mangia trans e africani, compresi i bambini, e poi ne sputa gli ossicini".
via https://www.iltempo.it/personaggi/2024/05/05/news/roberto-vannacci-vittorio-feltri-smaschera-elite-come-volevano-liquidarlo-39227800/
Ciò detto e sottolineato (il buon senso vince sempre sui quacquaracquà, è solo questione di tempo), come Feltri o Zaia anch'io NON VOTERO' VANNACCI perché non mi rappresenta: é un dipendente statale; con rispetto per dei Foederati - siamo antichi Fusionisti - ma distacco sia ideologico che socio-geografico, stava bene in FdI.
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I poveri erano così tanto poveri
che presero la loro fame
e la misero in bottiglia e se la andarono a vendere.
Se la comprarono i ricchi,
i ricchi che nella vita avevano mangiato di tutto,
dal caviale ripieno all'ossobuco di culo di cane allo spiedo.
Però la fame dei poveri in bocca non l'avevano assaggiata mai,
così i ricchi se la comprarono.
La pagarono bene e i poveri furono contenti
e per un po'... per un po' tirarono avanti.
Poi i poveri tornarono ad essere poveri,
così allora i poveri presero la loro sete
e la misero in bottiglia e se la andarono a vendere.
Se la comprarono i ricchi,
i ricchi che nella vita avevano bevuto di tutto,
avevano bevuto dal Brunello al Tavernello,
però la sete dei poveri in bocca non gli era passata mai.
Così allora i ricchi se la comprarono e la pagarono bene
e i poveri ne furono felici.
Per un po' tirarono avanti.
Ma poi i poveri tornarono ad essere poveri, più poveri di prima.
Così allora i poveri presero la loro rabbia,
che i poveri di rabbia ce ne avevano assai, ce ne avevano.
Allora i poveri presero la loro rabbia
la misero in bottiglia e se la andarono a vendere.
Se la comprarono i ricchi.
I ricchi che... sì, pure i ricchi un po' nella vita erano stati arrabbiati,
mica no!
Ma erano piccole cose, conflitti generazionali,
roba da ormoni, rodimenti di culo, insomma.
Ma la rabbia, proprio la rabbia dei poveri
i ricchi non l'avevano provata mai.
Così allora se la comprarono e la pagarono anche bene.
I poveri furono felici e per un po' tirarono avanti.
Ma poi i poveri tornarono ad essere poveri.
Allora i poveri si vendettero tutto,
la coscienza di classe, la violenza, l'insubordinazione,
la cultura, la musica, le parole,
la letteratura, la memoria,
tutto si vendettero i poveri, tutto.
E i ricchi accumulavano.
Nelle loro cantine i ricchi
ormai avevano migliaia, milioni di bottiglie
e accanto ai baroli muffiti, muffati, passiti, moscati
ci stavano bottiglie e in quelle bottiglie
ci stava tutta la cultura dei poveri, ci stava la rabbia dei poveri
dai sanculotti fino ai braccianti di Di Vittorio nel foggiano,
fino ai nuovi braccianti, i pummarò nell'Agropontino
piuttosto che i braccianti rumeni,
quelli che vanno a lavorare e a morire nei cantieri
per dieci euro al giorno.
In quelle bottiglie, in mezzo alle altre bottiglie,
nella cantina dei ricchi,
ci stavano bottiglie piene dell'orgoglio dei poveri,
dell'orgoglio dell'aristocrazia operaia
che aveva fermato i tedeschi nel '42, nel '43, nel '44 e nel '45,
l'aristocrazia operaia che aveva conquistato lo Statuto dei Lavoratori
nel 1970, il superamento del cottimo,
fino all'orgoglio dei lavoratori precari,
che erano precari, però pure loro l'orgoglio ce l'avevano.
In quelle bottiglie c'era di tutto,
c'era lo stupore, la meraviglia dei poveri,
degli zapatisti che proprio in questi giorni,
a marzo, però di sette anni fa,
entrarono chi a cavallo, chi col somaro,
la maggior parte a piedi a Città del Messico.
In quelle bottiglie c'era tutta la cultura dei poveri,
tutto dei poveri.
I poveri tutto si erano venduti.
E alla fine i poveri diventarono così tanto poveri
che presero pure la loro povertà,
la misero in bottiglia e se la vendettero.
La comprarono i ricchi.
I ricchi che nella vita tutto erano stati, fuorché poveri.
E adesso volevano essere così tanto ricchi
da possedere pure la miseria dei miseri.
Allora quando i poveri diventarono così tanto poveri
da non possedere più nemmeno la loro povertà,
i poveri si armarono e non di coltello e forchetta
bensì di fucili e pistole,
perché la rivoluzione non è un pranzo di gala,
la rivoluzione è un atto di violenza.
Allora i poveri armati andarono fino al palazzo
arrivarono al palazzo e lì c'era il podestà
affacciato al balcone, alla finestra,
il podestà serio che li guardava.
I poveri erano armati ma rimasero fermi, immobili.
Non fecero niente.
Perché senza la rabbia, senza la fame,
senza la sete, senza l'orgoglio,
senza la coscienza di classe non si fa la rivoluzione.
Così allora il podestà scese in cantina
e tra le tante bottiglie che aveva comprato dai poveri
ne prese una, una soltanto,
era la libertà, quella loro, dei poveri,
che si era comprato tanto tempo prima.
La prese e la riconsegnò ai poveri.
E i poveri stapparono la bottiglia.
E adesso con quella libertà
i poveri potevano farci un partito, per dire.
Potevano farci un circolo,
potevano farci una bandiera,
un inno, una canzonetta.
Però ci fecero poco e niente,
perché la libertà da sola non serve a niente.
Così allora il podestà si cercò nelle tasche
e trovò un pacchetto di caramelle alla menta.
Lo prese e regalò quelle caramelle ai poveri
e i poveri da quel giorno tornarono ad essere liberi,
liberi di succhiare mentine.
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Ascanio Celestini
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mr-bas00nist · 2 years
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Goodbyes
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Vittorio x Male Reader
Summary: This is where it all started, you and Vittorio having a blast as usual but something gets in the way between you two. This is where you said goodbye to your best friend.
No warnings accept crying (A/n as a Sicilian person who know Italian I’m thrilled to be writing for an Italian man)
You breathed in heavily slowly looking around the large manor. “Ready or not here I come!” You shout with a giggle. You look around trying to figure out where to go first. You decide on the dinner hall. You quickly look around moving the lavish chairs carefully looking for Vittorio under the grand table. Not there. You continue down the hall stopping at the bathroom and looking inside not there either.
You continue your journey searching the halls and rooms up and down until you come across the library. You quietly giggle slowly opening the door. You hear breathing and you assume it can be no one else other than Vittorio. You continue to creep around and you see him entranced in a book sitting against an oak shelf.
You smile to yourself. You bring your hands up than you launch them at him. You begin to tickle his stomach making his eyes go wide. He soon begins to flail around in a fit of laughter and excitement at your actions. “fermati per favore pietà!” stop please mercy! He shouts laughing.
You finally stop your torture watching as he wipes unshed tears out his eyes. “vinco Vittorio!” I win Vittorio! He smiles looking up at you as he takes your hand. You help him back to his feet making him grin. Before you two can even get to anything else you hear Vittorio’s father shout.
“Ragazzi!” Boys! You and Vittorio look at each other with confusion written on your guys expressions. You both walk to the grand door of the library. You open the door holding it for Vittorio. "Prima le signore." Ladies first. He rolls his eyes with a smile walking to the main hall.
You both stop to see Vittorio’s father and a soldier speaking. The soldier was clad in tough leather that no one could dream of ripping.
You start to walk down the stairs as Vittorio soon follows. You guys stop at the bottom. Vittorio’s father gives a hardened look to both of you. “English for the man, understood?” You both nod looking at the man.
He stiffly turns towards you looking at you carefully. “He’s the one we needed.” You quirk an eyebrow. “Huh? I don’t understand?” You say. “Your parents have nominated you for the war, child.” Your eyes go wide as do Vittorio’s.
Vittorio vigorously shakes his head no holding onto your arm tightly while you can do nothing but stand in shock. “No, no way!” Vittorio shouts tearing up. You finally regain your control of your body back. “I- do I have to?” You ask concerned.
The soldiers gaze softens for a split second before it his mean look comes back. “Yes, whoever has been nominated whether it be for behavior, skill or even if we don’t have enough soldiers. No matter the age. It is mandatory.” You we’re 15. You had no business whatsoever being on a battlefield whether it be for better circumstances.
You look behind you to see Caterina, Vittorio’s mother with a sorrowful look on her face. “Come, you need to pack your bags.” The man speaks sternly. “No! He’s not leaving!” Vittorio shouts angrily. Caterina speaks up looking at Vittorio. “Mia cara, per favore, non urlare.” Please dear no yelling. She speaks softly.
Albert looks you in the eyes with a sad look on his face. “You have to go.” He pats your shoulder as you look up at him. You sigh shakily while nodding. You begin to walk towards the soldier as Vittorio stands there in shock. “Hey, you can’t just leave me!” Vittorio shouts at you with tears streaming down his face.
You stop in your tracks trying not to breakdown. “Torio..” You look at him in the eyes walking up to him. “You have to let me do this.” You stare at him in the eyes. “non voglio essere solo di nuovo per favore non lasciarmi....” i don't wanna be alone again please don't leave me…. He speaks softly.
Vittorio always had a rough time making friends which is probably why you leaving is not gonna make it any better. “Vittorio please.” You didn’t wanna make it any more hard on anyone than you needed to which is why you refused to cause a scene.
If Vittorio was this heartbroken just by you agreeing so quickly you couldn’t imagine what’d he’d be like if you started begging not to be taken. You breathe through your nose trying to be strong infront of him. “Voglio che tu prenda questo.” I want you to take this.
You take something from around your neck handing it to him. It was a golden locket that had a circle in the middle. He opened it to see you and him inside on his birthday. “I have numerous items from you but I’ve realized you don’t have anything from me. Please Vittorio take it.” You grab his hand placing the locket inside.
That was all he needed before he broke down. He sobs gripping your hand tightly. You quickly pull him into your arms shushing him. This makes him cry even harder. You try your best not to let the tears flow out but they do.
“Come now.” You give Vittorio one last smile before walking out with the soldier. Oh how he was gonna miss you.
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mucillo · 6 months
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Vittorio Gassman - Verra' La Morte e Avra' i Tuoi Occhi
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Sempre uno sguardo,  sempre due occhi ci accompagneranno prima della fine... prima del nulla.
Dedicata a chi si ne andato troppo in fretta.
( poesia di Cesare Pavese)
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