Tumgik
#cinque terra
kitaston · 1 year
Text
Tumblr media
Cinque Terre
Liguria | Italy
ph. Sofi Kulin
11 notes · View notes
tcr55 · 1 year
Text
Last sunset dinner in Vernazza, this time at Ristorante Al Castello. The owner swapped whacky hats ever few minutes (diners found it amusing, I thought he had the dress sense of the menacing clown).
Tumblr media
4 notes · View notes
deathshallbenomore · 1 year
Text
non mentirò vostro onore, i produttori di vino delle langhe hanno messo in piedi una corporazione che anima un mercato meschino assai
7 notes · View notes
haiku--di--aliantis · 3 months
Text
Tumblr media
Siamo solo tu e io. L'ultima donna e l'ultimo uomo sulla Terra. Non resta altro che amarci. Ti presenti a me abbigliata come la più scaltra delle prostitute. Hai tolto la gonna, ti sei appena seduta. La tua fica ora è completamente esposta alla mia vista e ti stai già toccando. Forse quello di prostituirti è veramente il tuo sogno segreto. Me l'hai detto in modo ironico. Beh: io so che dirlo scherzando-scherzando è il solo modo con cui poter far uscire fuori la verità senza subire riprovazione o sdegno.
Tumblr media
Ma adesso egoisticamente non posso che gioirne. Anche perché qui nella mia minuscola mansarda, scopiamo in assoluto segreto. Tu sei una "sorella" in incognito. E fai i salti mortali per venire qui da me senza l'abito monacale che tieni nel borsone, assieme a quelle scarpe nere ridicole e al rosario. Fosti accolta nella Ruota degli Esposti dalle suore del convento dove poi t'hanno cresciuta, educata ai sacri valori e infine fatto prendere i voti. Nessuna gelosia, sebbene io sinceramente pensi di amarti. Non esiste amore più testardo e forte di quello impossibile.
Tumblr media
So che in camerata di notte fai sesso regolarmente con le novizie, tutte ragazze "da recuperare": ex prostitute strappate alla strada. O con delle ragazze madri giovanissime che devono trovare la loro strada, pertanto facilissime prede sessuali. Non sei mia, non vorresti esserlo e comunque nessuno può arrogarsi il diritto di possedere un altro essere umano. La tua e la mia sono scelte che si rinnovano ogni giorno. Io voglio te. Tu vuoi il mio cazzo, fondamentalmente. Ti desidero. Tu comunque mi vuoi. Null'altro conta, quando siamo qui. Guardi il mio uccello con occhi illuminati e bocca golosa.
Tumblr media
Passi la lingua sulle tue labbra e non vedi l'ora di ingoiare la mia più recente produzione di seme. Io non resisto, mi inginocchio e ti lecco la fregna umida di passione. Gemi, me la sbatti in faccia letteralmente. Con forza. Sei affamata di sesso, quello più sporco possibile. D'un tratto ti giri: in cinque secondi netti mi apri il tuo culo davanti al naso che manco un cambio gomme in formula uno! E io riprendo a lavorarti di bocca e di lingua. Il tuo buco del culo spesso si schiude da solo davanti ai miei occhi.
Tumblr media
Se li ho chiusi, mentre te lo lecco, percepisco questo fenomeno meraviglioso con la lingua, perché improvvisamente essa affonda nel buco. Quanto sei puttana! Ti amo. Ecco: intanto proprio ora sei venuta e gemi. Nuovamente vuoi cambiare. Mentre il mio viso è completamente bagnato del tuo liquore. Mi spingi sul letto e mi fai stendere di schiena. Penso tu voglia scoparmi, ma invece stasera insisti e mi scopi nuovamente la bocca. Sono dominato da te e dal tuo corpo. Ti muovi sapientemente e passi la tua passera dal pelo al perineo sulla mia bocca.
Tumblr media
Poi ti siedi e mi intimi di succhiartela. Io me la metto tutta in bocca e ti faccio letteralmente un pompino. Tu vieni ancora! Finalmente, rilassata e con un bellissimo sorriso, ti sdrai su di me, mi piazzi un seno in bocca e mi ordini di succhiarteli a lungo alternativamente. Obbedisco, mentre sento che ti infili il mio cazzo durissimo nella fregna calda e scivolosa. Sono felice. Il tuo bacino si muove freneticamente. Vieni: e a sentire le parolacce orribili che dici al mio indirizzo, a mia volta sborro.
Tumblr media
Dopo una tua risata di gola e un attimo di immobilità di coppia, sfilo il mio cazzo e tu da dominatrice diventi una brava geisha. Quindi provvedi a slinguarmi, a pulirmi il cazzo con la bocca e a ingoiare tutta la sborra che puoi trovare in giro sul mio inguine. Sei esperta, con quella cazzo di lingua. Me lo fai drizzare nuovamente e perciò tutta contenta mi fai un fantastico pompino di commiato, con ennesima mia sborrata. Intanto con le mani raccogli anche il seme che ti cola dalla passera.
Tumblr media
Interrompi il pompino e ti lecchi le dita. Poi riprendi a succhiare, mugolando di piacere. Sei una troia golosissima di sborra. Chissà se qualche prete te lo mette nel culo. Non te l'ho mai chiesto, ma penso che saggiamente tu non voglia rovinarti la piazza. "Non chiedere - non dire" tra noi. Per ora, quanto a maschi, penso tu abbia conosciuto solo il mio cazzo. Comunque sia, sei la mia felicità segreta di maturo divorziato, Suor Merina. Grazie per essere stata tu quella che mi ha portato dalla parte sfrenata e immorale del sesso. Una monaca ventiquattrenne affamata di passione è il massimo che si possa mai desiderare, credetemi.
Aliantis
Tumblr media
-----
Walk on the wild side (Lou Reed)
youtube
49 notes · View notes
dantussy · 3 months
Text
Vittorio Gassman legge la Divina Commedia: Inferno, Canto XXVI, vv. 90–142
(...)"Quando mi diparti’ da Circe, che sottrasse me più d’un anno là presso a Gaeta, prima che sì Enëa la nomasse, né dolcezza di figlio, né la pieta del vecchio padre, né ’l debito amore lo qual dovea Penelopè far lieta, vincer potero dentro a me l’ardore ch’i’ ebbi a divenir del mondo esperto e de li vizi umani e del valore; ma misi me per l’alto mare aperto sol con un legno e con quella compagna picciola da la qual non fui diserto. L’un lito e l’altro vidi infin la Spagna, fin nel Morrocco, e l’isola d’i Sardi, e l’altre che quel mare intorno bagna. Io e’ compagni eravam vecchi e tardi quando venimmo a quella foce stretta dov’Ercule segnò li suoi riguardi acciò che l’uom più oltre non si metta; da la man destra mi lasciai Sibilia, da l’altra già m’avea lasciata Setta. "O frati," dissi, "che per cento milia perigli siete giunti a l’occidente, a questa tanto picciola vigilia d’i nostri sensi ch’è del rimanente non vogliate negar l’esperïenza, di retro al sol, del mondo sanza gente. Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza". Li miei compagni fec’io sì aguti, con questa orazion picciola, al cammino, che a pena poscia li avrei ritenuti; e volta nostra poppa nel mattino, de’ remi facemmo ali al folle volo, sempre acquistando dal lato mancino. Tutte le stelle già de l’altro polo vedea la notte, e ’l nostro tanto basso, che non surgëa fuor del marin suolo. Cinque volte racceso e tante casso lo lume era di sotto da la luna, poi che 'ntrati eravam ne l'alto passo, quando n’apparve una montagna, bruna per la distanza, e parvemi alta tanto quanto veduta non avëa alcuna. Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto; ché de la nova terra un turbo nacque e percosse del legno il primo canto. Tre volte il fé girar con tutte l’acque; a la quarta levar la poppa in suso e la prora ire in giù, com’altrui piacque, infin che ’l mar fu sovra noi richiuso".
29 notes · View notes
grafiusa · 4 months
Text
Per chi è cresciuto nel marcio la gratitudine è la più cara delle abitudini.
Per chi è cresciuto nel marcio il concetto di “serenità” è visto come eccezione.
Per chi è cresciuto nel marcio, quando qualcosa va bene, si aspetta sempre la fregatura dietro l'angolo e il risultato è il non riuscire a godere pienamente di quel momento.
Per chi è cresciuto nel marcio, il mondo non è o bianco o nero, ma ci sono tante sfumature e si impara a viverle e riconoscerle tutte, sempre con un’ombra pesante sulle spalle che distrae dai colori più vividi.
Per chi è cresciuto nel marcio, l ’ironia, il sarcasmo,il saper ridere di sé, diventano le uniche armi per non sprofondare.
Per chi è cresciuto nel marcio, imparare a vivere significa imparare a credere nel possibile, sperando nel meglio ma aspettandosi il peggio.
E non è colpa di nessuno, ma di come si è cresciuti, come ci si è sempre dovuti rialzare da ogni caduta, dalle più banali a quelle che ti lasciano a terra per cinque minuti buoni.
Per chi è cresciuto nel marcio, la gentilezza è un dono da offrire per soffrire di meno. Così come l’aiutare il prossimo, metterlo a proprio agio ed empatizzare.
Che il dolore ti cambia sì, ma può farlo anche in meglio ed è la cosa più importante da ottenere da chi ha sempre sgomitato il massimo per ottenere il minimo
Questo ed altro succede, a chi è cresciuto nel marcio, a me.
25 notes · View notes
kon-igi · 3 months
Text
IL PONTE SUL PASSO DEL TEMPO
Questa mattina mi sono riempito per sbaglio lo zoccolo sanitario di un flacone intero di lattulosio, che - per chi non lo sapesse - è una roba sciropposissima e appiccicosissima che si usa per contrastare l'encefalopatia epatica ma spiegarvene bene i meccanismi risulterebbe noioso e non pertinente a quanto sto per raccontare.
Il fatto è che nell'attimo in cui il mio piede ha sciaguattato fastidiosamente nello zoccolo ho avuto una reminescenza di un qualcosa che probabilmente da lì a qualche anno sarebbe stato spazzato via nella perdita continua delle cellule cerebrali che avviene quotidianamente e invece sono rimasto lì, quasi fulminato, a fare ciccheciac col piede come un bambino in stivali e impermeabile in una pozzanghera dopo il primo acquazzone autunnale.
Il fatto è che mi sono sentito come un emerito professore di storia di una prestigiosissima univesità che scopre in modo inconfutabile che lo stesso identico oggetto - non simile... proprio lo stesso - è stato tenuto in mano da un uomo di Cromagnon, da un faraone e da un cavaliere del basso medioevo.
L'oggetto era un paio di banalissime birkenstock.
Solo che quelle birkenstock erano un qualcosa fuori dal tempo perché collegavano tre mondi, anzi, tre ere geologiche lunghe millenni.
Nel primo flash ho 18 anni e sto lavando la macchina di mio padre nel polveroso cortile del condominio dove sono nato e da dove, l'anno dopo, saremmo andati via per traslocare in un appartamento finalmente di proprietà.
La canna dell'acqua mi sfugge di mano e mi si incastra tra il piede e la suola della birkenstock destra, allagandola completamente e inscurendo il cuoio.
Fine di un'era che chiameremo onirica.
Nella nuova casa, quella dove i miei genitori abitano ancora, sto realmente per poco tempo a causa di università e militare, ma nella mia memoria emotiva il tempo si dilata in decenni, perché stringo indissolubili e potenti legami con gli amici che mi resistono ancora accanto.
Sono a malapena cinque anni, finché non decido di raggiungere la ragazza che ancora adesso mi resiste accanto (nessuno dei due sapeva che aveva una bambina nella pancia ma vabbe'... così nessuno ha potuto dire che si era trattato di un trasferimento coatto riparatore).
Mio padre mi regala la sua macchina, per il viaggio e per cominciare la mia nuova vita, così decido di lavarla per arrivare in gran stile.
La canna dell'acqua mi sfugge di mano e mi si incastra tra il piede e la suola della birkenstock sinistra, allagandola completamente e inscurendo il cuoio.
Fine di un'era che chiameremo frenetica.
In un altro luogo, lontano mille anni luce nello spazio e nel tempo, una bambina piccola coi capelli rossi dice 'Papà... laviamo la macchina che è sporca!' e quindi usciamo insieme nel cortile illuminato da un sole primaverile. Insaponiamo la macchina e, ridendo, la sciacquiamo schizzandoci con la canna dell'acqua.
A un certo punto lei guarda le ciabatte che porto ai piedi, vecchie e annerite, che oramai uso solo per curare il giardino... e me le bagna col getto della canna dell'acqua urlando 'Sono brutte! Buttale!'
E io, a distanza di 27 anni, ricordo ancora il sacco nero della spazzatura, appeso alla ringhiera della scala, e le birkenstock che hanno viaggiato attraverso le ere di tre vite intere scomparirci dentro.
Allora non avevo capito ma nel momento in cui è entrata l'infermiera con sguardo interrogativo, fissando la pozza di lattulosio a terra, mi sono reso conto che continuavo a non capire.
Ma che alla fine andava bene così.
27 notes · View notes
intotheclash · 4 months
Text
L'inizio
“A poco a poco devi creare intorno a te una nebbia; devi cancellare tutto ciò che ti circonda, finché non si possa dare più nulla per scontato, finché più nulla è certo o reale…”
Questa frase, giunta chissà da dove, gli trapanò la testa in un nanosecondo e invase il suo cervello a ranghi compatti, come una falange dell’antica Roma.
Fortunatamente il foro prodotto permise anche alla musica, che proveniva dal potente impianto stereo poggiato sulla libreria, di entrare e ricamarsi il suo spazio, con un subitaneo effetto benefico.
“C’è un tempo per andare dritti giù all’inferno, c’è un tempo per tornare a saldare il conto…”
La musica e le parole che gli fecero drizzare i peli delle braccia e allargare il cuore, erano quelle della Gang, uno dei suoi gruppi preferiti. Il migliore nella vasta costellazione delle band italiane. Li aveva sempre amati, fin dal loro esordio, oramai molti anni prima. Li aveva ascoltati crescere, passo dopo passo, aveva approvato e condiviso senza riserve la scelta di passare dall’inglese all’italiano per la scrittura dei testi, anche se, lo sapeva con certezza, non sarebbero comunque mai arrivati a tutti con la dovuta forza. Peccato. E peccato anche non averli mai incontrati di persona. Chissà, forse le cose sarebbero potute andare diversamente. Chissà!
“Quando un uomo decide di fare una determinata cosa, deve andare fino in fondo, ma deve prendersi la responsabilità di quello che fa. Qualunque cosa faccia, deve prima sapere perché lo fa e poi deve andare avanti con le sue azioni senza dubbi o rimorsi…”
Queste invece erano le parole del Libro. Dischi e libri insieme. Mescolati tra loro, impastati col suo stesso sangue, a formare un unico corpo con la consistenza del cemento armato e l’elasticità di una tela di ragno.
A ciò stava pensando l’uomo intento a radersi, ben piantato di fronte allo specchio del bagno. E radersi, per lui, non era una semplice operazione quotidiana di pulizia, che so, come lavarsi i denti o farsi la doccia,ma un vero e proprio momento catartico, una pulizia, vero, ma quasi più interiore che esteriore. Del resto anche la stanza da bagno somigliava più ad un luogo di meditazione e purificazione, piuttosto che al luogo che tutti conosciamo e vogliamo che rimanga. Era amplissima e luminosa, bianca, completamente bianca, muri, maioliche, sanitari, cornice dello specchio e la lunga mensola che correva su tre lati delle pareti: tutto rigorosamente bianco. Le uniche concessioni al colore e che davano carattere al luogo erano: la sedia a dondolo in bambù ed una stampa raffigurante l’Urlo di Munch; poste una di fronte all’altra.
“Bruciami l’anima, fammi ridere il sangue nel cuore, bruciami l’anima…”
Questo era il disco.
“C’è di male che una volta che ti conoscono, tu sei una cosa data per scontata e, da quel momento in avanti, non sarai più capace di rompere i legami dei loro pensieri. Io personalmente amo la libertà ultima di essere sconosciuto…”
Questo invece era il libro.
“E passala sta cazzo de palla, Salvato'! E’ vero che l’hai portata tu, ma ci dobbiamo giocare tutti! Cazzo!”
Questa era una voce nuova! E non proveniva né dal libro, né dal disco.
L’uomo terminò di radersi, si risciacquò il viso con abbondante acqua fresca e si affacciò sul vicolo sottostante. Un gruppo di una decina di ragazzini stava giocando al calcio in strada. Era una partita vera, cinque contro cinque, chi arriva prima ai dieci goal segnati, e i maglioni gettati in terra erano le porte regolamentari. La scena lo commosse e lo riportò indietro nel tempo, in un’altra galassia. Anche lui, secoli prima, era stato uno di quei monelli e si era battuto come un leone con i suoi coetanei, nei vicoli del suo paese, così simili a quelle vie della vecchia Roma che, in senso lato, erano diventate la sua nuova dimora.
Ma non aveva tempo per affogare nel miele dei ricordi. Con uno schiocco della lingua li ricacciò indietro e tornò alle sue faccende. Ammirò per l’ultima volta allo specchio il suo lavoro, approvò con un accenno di sorriso il disegno perfetto del pizzetto e si passò ripetutamente il palmo della mano sui corti capelli neri a spazzola. Gli sarebbe piaciuto rasarli a zero, lo aveva anche fatto tempo prima, molto tempo prima, ma si era accorto che dava troppo nell’occhio. Troppe persone lo notavano e non poteva permetterselo; così aveva optato per quel taglio anonimo.
Era vero che, negli ultimi due o tre anni, i pelati erano tornati di moda ed erano cresciuti in maniera esponenziale. E anche se le teste rasate erano ancora ben lungi dal raggiungere il numero delle teste di cazzo, si poteva tranquillamente affermare che la forbice si era ristretta.
Andò in camera ed iniziò a vestirsi. Erano le otto di sera di un bel sabato di fine settembre. L’aria era fresca e pulita e lui aveva un appuntamento cui non poteva mancare. Indossò il suo impeccabile vestito nero, comode ed eleganti scarpe di pelle, anch’esse nere, infilò la pattada sarda nella tasca interna della giacca e fece poi scivolare la sua trentotto special nella fondina ascellare perfettamente nascosta dal taglio dei suoi abiti. Infine spense la luce ed uscì in strada. Il lupo era sceso dalla montagna. La caccia era iniziata.
“Il mondo è un luogo misterioso. Specialmente al tramonto.”
Era di nuovo il libro a far udire la propria voce.
20 notes · View notes
tulipanico · 5 months
Text
Bene, giá stamattina non volevo per nessuna ragione alzarmi dal letto, su cinque bambini sapevo che tre non sarebbero venuti, un'altra mi ha ghostato, il programma sopra al quale dovrei inserire le relazioni non funziona: io a breve mi stendo per terra.
(Ecco a cosa servirebbe un lettino nell'ambulatorio delle logopediste: per disperarsi in modo più comodo)
40 notes · View notes
rideretremando · 6 months
Text
Lecco - 1. Una donna di trentacinque anni, italiana, sta tornando a casa, dopo una nottata trascorsa fuori. La donna è ubriaca. Sono quasi le cinque del mattino quando, sulla sua strada, incrocia Boukare Guebre, 39 anni, operaio, originario del Burkina Faso.
Boukare è in sella alla sua bicicletta, sta andando al lavoro. La donna invece guida la sua autovettura. Le hanno restituito da poco la patente - ritirata per guida in stato di ebbrezza.
La donna investe Boukare, che viene sbalzato sul parabrezza, prima di finire al suolo. Non si ferma per aiutarlo o verificare come sta, non chiama i soccorsi. Prosegue la sua corsa fino a quando non è costretta a fermarsi per rimuovere la bici, incastrata sotto la vettura.
2. A quel punto incrocia un auto guidata da un giovane ivoriano.
La donna è sola, ubriaca e parecchio vulnerabile.
Il ragazzo la vede in difficoltà, scende dalla macchina e la aiuta a rimuovere la bicicletta. Mentre lei si allontana, lui nota una scarpa incastrata nei rottami della bici. Appunta la targa dell’auto e percorre la strada fino a trovare il corpo esanime di Boukare.
Avvisa dunque le forze dell’ordine, la donna viene arrestata ed ora è ai domiciliari - con l’accusa di guida in stato di ebbrezza e omissione di soccorso.
Ci sono tante cose importanti da dire, a commento di questa triste storia: la sconfinata mancanza di responsabilità e di rispetto di chi guida in stato di ebbrezza (che a mio avviso non dovrebbe più salire su un auto, considerato che si può vivere anche senza); la rabbia e lo sconcerto per chi omette di prestare soccorso ad una persona che ha appena investito; la drammatica mancanza di sicurezza stradale - che coinvolge in particolar modo i ciclisti.
Ma soprattutto, mi domando quante persone, leggendo i paragrafi 1 e 2, non abbiano istintivamente temuto per la sorte della donna - segno del fatto che siamo stati tutti manipolati e portati a pensare male degli immigrati, dall’umanità dei quali, a me sembra, abbiamo spesso da imparare.
Attendiamo con ansia le accorate manifestazioni di piazza che le destre avrebbero certamente organizzato, se alla guida dell’auto ci fosse stato l’immigrato e sulla bici una donna italiana.
20.10.2023
Riposa in pace, fratello Boukare.
Che la terra ti sia lieve.
Guido Saraceni
43 notes · View notes
tcr55 · 1 year
Text
Another (but not as good) hillside restaurant for a sunset dinner in Vernazza.
Only a few holiday day left.
Tumblr media
6 notes · View notes
elorenz · 3 months
Text
Si comicia sempre dal dolore. Da lì la volontà e l'esigenza di volerlo esorcizzare ad ogni costo e con ogni mezzo. Quella patina d'ombra che copre la mente muove ed indirizza le volontà verso le proprie doti. C'è chi le schiaffa su delle righe, chi colpisce una tela col pennello, chi le fa evaporare dagli occhi attraverso delle note oppure, semplicemente, le sfrutta per prendersi cura di chi gli sta attorno (e questa è una delle arti più belle sulla terra). Sotto ogni punto di vista, per ogni figura che cammina sulla terra, la prima spinta a creare qualcosa è il dolore. Chi pensa che l'amore sia l'emozione più potente sul pianeta si sbaglia (e lo dico andando contro al mio stesso mentore di vita) e c'è una ragione e questa sta unicamente nella singolarità della sofferenza. L'amore si condivide e lo si manifesta tra due, tre, quattro, cinque persone. Il dolore non è condivisibile, non è capibile per stessa natura umana.
11 notes · View notes
ilciambellano · 6 months
Text
Un anno fa non sono tornato, tanto ormai a cosa serviva, ma da allora mio fratello ha cominciato a telefonarmi, come se si fosse ricordato di essere il fratello maggiore. Come va?, mi chiedeva. Alla grande, dicevo. E poi un minuto di silenzio tra la Valsesia e la British Columbia, lungo come l’oceano che c’è in mezzo. Finché ha sputato il rospo e mi ha proposto di comprarmi la mia metà di questa casa, che io nemmeno pensavo potesse valere qualcosa. Cinque milioni tondi, meno il prezzo del biglietto aereo, per fare una vacanza in valle e una firma dal notaio. Qui in giardino ci sono questi due alberi che papà ha piantato quando siamo nati noi. Tutt’e due in autunno, nel ’57 e nel ’59. L’autunno doveva essere un buon momento per fare figli e di certo lo è per trapiantare alberi, è quando finisce la stagione vegetativa e a strapparli dalla terra gli rompi meno le scatole. Poi dormono, a modo loro, cosí hanno tutto l’inverno per riprendersi, e se nevica è anche meglio, è come stare sotto le coperte. Se dio vuole in primavera si risvegliano e cominciano a succhiare dalle radici, a mettere le foglie nuove, e ad ambientarsi là dove non erano nati, ma adesso gli tocca vivere. Quello che non so, e che non ho mai chiesto a papà, è perché quella volta abbia scelto il larice per mio fratello e l’abete per me.
Paolo Cognetti - Giù nella valle
17 notes · View notes
gregor-samsung · 9 months
Text
"Nel 1996, nel bel mezzo del processo di pace di Oslo, Israele promise all’amministrazione USA che avrebbe smesso di costruire nuove colonie nei Territori Occupati. Ma mentre il governo israeliano stava conducendo i negoziati con i palestinesi, stava anche incoraggiando 50.000 cittadini ebrei a trasferirsi da Israele in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Contemporaneamente, il governo israeliano stava aiutando concretamente il movimento dei coloni a creare una molteplicità di “avamposti illegali” – fuori dai confini delle colonie esistenti – fornendo a questi insediamenti energia elettrica e acqua e costruendo la rete stradale per raggiungerli.* Entro il 2001, cinque anni dopo il divieto da parte degli Stati Uniti di costruire nuovi insediamenti, i coloni avevano creato piú di sessanta nuovi “avamposti illegali” su terreni espropriati ai palestinesi. Il governo israeliano dipingeva spesso i coloni ebrei come dei cittadini sprezzanti e indisciplinati, nonostante avesse stanziato milioni di dollari a favore della loro “insubordinazione”, principalmente perché ciò permetteva allo Stato – quando criticato – di rivendicare il fatto di essere una democrazia con una società civile vitale e pluralista. Durante l’impennata dell’edificazione dei cosiddetti avamposti, la polizia e l’esercito israeliani intrapresero solo sporadicamente azioni simboliche per far rispettare la legge, evacuando coloni dai nuovi avamposti. In parallelo a questo processo di espansione degli insediamenti e di rara applicazione della legge – spesso coincidente con periodi in cui aumentavano le pressioni internazionali a riprendere il processo di pace –, l’esercito israeliano eseguiva invece demolizioni di case palestinesi su larga scala, una pratica sulla quale le ONG israeliane e palestinesi concentrarono la loro attività. È stato in questo scenario legale e politico di espropriazione di terre palestinesi da parte dei coloni e di demolizioni di case palestinesi da parte del governo che Yesha for Human Rights ha iniziato la propria attività. Era la prima volta che i coloni creavano una ONG per difendere i propri diritti umani – il diritto umano di non essere evacuati dagli insediamenti e di continuare a colonizzare la terra palestinese."
  * In realtà, gli avamposti sono nuovi insediamenti. Oggi ci sono piú di cento avamposti in Cisgiordania. Circa cinquanta sono stati creati dopo il marzo del 2001. Analogamente ad altri insediamenti, questi avamposti sono stati costruiti con l’obiettivo di dare una continuità territoriale alla presenza israeliana occupando piú terra palestinese possibile e creando una barriera tra i vari centri abitati palestinesi. Cfr. Peace Now, “Settlements and Outposts”, http://peacenow.org.il/eng/content/settlements-and-outposts (consultato il 01/05/2014); vedi anche Talia Sasson, Report on Unauthorized Outposts: Submitted to the Prime Minister, Prime Minister’s Office, Jerusalem 2005.
---------
Nicola Perugini, Neve Gordon, Il diritto umano di dominare, traduzione di Andrea Aureli, edizioni nottetempo (collana conache), 2016¹; pp. 166-167.
[Edizione originale: The Human Right to Dominate, Oxford University Press, 2015]
P.S.: Ringrazio @dentroilcerchio per avermi consigliato la lettura di questo saggio che esamina e denuncia l’uso strumentale dei diritti umani da parte dei gruppi dominanti.
25 notes · View notes
caoticoflusso · 1 month
Text
oggi ho ripensato alle sneakers con lo strappo che s’illuminavano, lo stampo sopra variava fra principesse e farfalle disegnate. ho pensato alla pizza bianca e alla focaccia con la quale facevo colazione andando ogni mattina da nonna. e alla sitcom ‘carabinieri’ che davano ogni tanto su canale cinque. ai pomeriggi in cortile giocando a biglie, o con la terra (specialmente quando mi divertivo a preparare delizie immangiabili con essa e con gli aghi di pino che usavo come guarnizione). le quattro di pomeriggio quando si usciva da scuola e mi tiravo fuori la merenda che ci avevan dato qualche ora prima con il sacchetto, prontamente me la nascondevo nello zaino. (il mio acume e la mia perspicacia sin da bambina eran notevoli). i tempi di just dance e i balli che improvvisavo chiusa nella mia stanza
18 notes · View notes