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#collana I domani
marcogiovenale · 5 months
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sabato 11 e domenica 12 maggio, torino: reading dei 'domani' (aragno)
A Torino, a Palazzo Bellono Aragno, sabato 11 maggio, alle ore 19:00, lettura di autori della collana ‘I domani’, di Nino Aragno Editore. Poesie e testi di Nadia Agustoni, Gian Maria Annovi, Mariasole Ariot, Luigi Ballerini, Elisa Davoglio, Tommaso Di Dio, Fabio Donalisio, Riccardo Frolloni, Elena Gargaglia, Marco Giovenale, Maddalena Lotter, Vincenzo Ostuni, Marilena Renda, Lidia Riviello, Sara…
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strichinina · 1 year
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Come quest'isola intrappolata
dall'acqua e dalla terra arsa che ribolle,
E nessun confine tra cielo e mare,
Così immobile è il mio corpo,
Trincerato il mio esistere,
così vulcanica la mia me.
Una tonnellata di lava che consuma.
Di scosse di assestamento
E un paio di danni sotto le macerie.
Ogni giorno una condanna.
E se la vita fosse una collana,
I minuti sarebbero le sue perle,
che quando la strappi
tutto cade giù e si occulta
sotto ai mobili di questa stanza.
Ma tu l'hai mai capito
che non ho saputo trasformare in verbo
ogni lacrima che taglia la carne
ogni solco, ogni torrente sulle guance,
che a ogni notte ho dato il tuo nome,
a ogni festa di paese
a cui non ho più preso parte,
Ogni soffio di libeccio.
Ché le femmine lo sanno
e lo sanno pure i masculi
che ti ho cercata ovunque,
Sotto lenzuola come il cemento
per l'incubo di aver perso tutto,
tra catene castane.
Ché li ho visti crescere i tuoi seni
e l'ho vista esondare la tua linfa.
Come lo dico che ti ho cercata,
che l'esistenza mia mi è scivolata tra le dita,
che i confini dell'isola che ho nel petto
non li so attraversare,
Che pare tutto
Nero come il giaietto degli occhi
che ti ho cucito addosso,
come il lutto al camposanto
quando sei andata via,
come i fiori di loto spalmati sulla schiena.
Ché sei andata e poi mi hai invasa a cadenza regolare,
Ma senza peccato, quello non più.
E come allora anche adesso.
Ché alle mie budella ti sei ancorata
da quella volta che ti ho ingoiata tutta
così com'eri, sana sana,
che m'hai rubato i sogni e i respiri,
e se torni mi sgretoli,
ché eri di ieri ma sei di domani,
perché m'hai cucito con quei capelli lunghissimi
e dai miei occhi non è più sgorgato verbo.
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agrpress-blog · 10 months
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Si svolgerà sabato 2 dicembre 2023 alle ore 18.00 presso la Biblioteca Comunale di Sacrofano “Al Tempo Ritrovato”, l’incontro Città&Biblioteche, con Antonella Agnoli, autrice di La casa di tutti(Laterza) Con il suo primo libro - Le piazze del sapere. Biblioteche e libertà (Laterza, 2014) - ha cambiato il modo di pensare alle biblioteche. Ora, con La città di tutti, ci racconta quanto siano necessarie e vitali. All’incontro, moderato da Marco Ferri, interverranno Maurizio Caminito (presidente del ”Forum del Libro”), Daniela Ukmar (direttrice della Biblioteca “Goffredo Mameli” di Roma - via del Pigneto, 22), Guido Ingrao (direttore tecnico di Zètema) e Monica Maggi (giornalista, presidente dell’associazione Libra 2.0 e responsabile eventi della Biblioteca Comunale di Sacrofano “Al Tempo Ritrovato”). «Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza» (Antonio Gramsci) «Le nostre città hanno bisogno urgente di biblioteche di nuova concezione, dove i cittadini si possano incontrare stabilendo relazioni sia intellettuali che affettive: sono le “piazze del sapere”» (Guido Martinotti) «Un’intelligenza incapace di vedere il contesto e la complessità planetaria rende ciechi, incoscienti e irresponsabili» (Edgar Morin) «Sono in biblioteca e aspetto. No, non sono in attesa della consegna di un libro, anche perché sono in una piazza coperta con immense vetrate sul mare e, al centro, un tubo di bronzo di 7,5 metri di lunghezza appeso al soffitto. L’opera d’arte è in realtà un gong, realizzato dall’artista Kirstine Roepstorff, che suona ogni volta che in città nasce un bambino. Questo rintocco si espande per tutto l’edificio e tutti sanno che qualche minuto prima una nuova vita è entrata nella comunità: cos’altro può generare fiducia nel mondo in cui viviamo, se non un piccolo essere che arriva tra noi? Il gong di Dokk1, la biblioteca di Aarhus, in Danimarca, dimostra meglio di qualsiasi altra cosa perché le biblioteche siano parti necessarie, vitali, dell’infrastruttura sociale: perché con la loro stessa esistenza creano fiducia nel domani» (Antonella Agnoli, La casa di tutti. Città e biblioteche, Laterza, Bari-Roma, 2023) Antonella Agnoli, nata a Selva di Cadore (BL), è un’instancabile viaggiatrice fra persone e libri. Le sue mete sono i luoghi della conoscenza condivisa, in Italia e nel mondo. I suoi interlocutori/interlocutrici sono coloro i quali/le quali li progettano, li costruiscono, li amministrano, li frequentano. Ha pubblicato Le piazze del sapere. Biblioteche e libertà (Laterza, 2014), con cui ha cambiato il modo di pensare alle biblioteche e alle città, e La casa di tutti. Città ebiblioteche (Laterza, 2023). La casa di tutti. Città e biblioteche di Antonella Agnoli, pubblicato da Laterza (Bari-Roma) nella collana “I Robinson. Letture”, e disponibile in librerie e online da maggio 2023, verrà presentato nella Biblioteca Comunale di Sacrofano “Al Tempo Ritrovato” sabato 2 dicembre 2023.
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tempi-dispari · 2 years
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Claudio Orfei, 'essere liberi non è scontato'
Il suo disco di esordio, My Wonderland, è di recente pubblicazione. Un’opera imponente, coraggiosa, libera. Un concept che spazia tra più generi musicali offrendo un vero tour in un mondo di favola e nell’animo umano. Un disco mastodontico per un solo uomo. In questa Intervista l’autore, Claudio Orfei, racconta come è nato il progetto, i diversi gradi di lettura, il messaggio principale che vuol trasmettere. Soprattutto parla di ciò che desidera per domani. Una chiacchierata davvero interessante. Tutta da leggere.
Una presentazione per chi non ti conosce Claudio Orfei, classe 1992. Sono un cantautore, giovane compositore, serenamente “un diverso cresciuto bene”, nato nella provincia di Roma. La mia formazione musicale inizia quando avevo 12 anni, nelle scuole della provincia, passando poi per il Conservatorio, poi l’Erasmus a Manchester, poi l’Università e l’Officina Pasolini (classe canzone). Segno zodiacale Vergine, ascendente sconosciuto, vivo di grandi passioni organizzate, che mi hanno portato alla realizzazione del mio primo album “My Wonderland”.
La prima domanda è: come hai fatto? Come sei riuscito a scrivere un disco così intenso e complesso. Basta organizzarsi… Ovviamente questa complessità va gestita, va costruita nel tempo, servono strumenti adatti che sono il frutto dell’introspezione, dello studio, della condivisione, della ricerca, della tecnica, degli imprevisti della vita e della passione.
Occorre essere liberi, cosa che dovrebbe essere scontata, ma non è sempre così. “My Wonderland” è un progetto autoprodotto, in cui mi sono preso la responsabilità di ogni singola decisione, pesando note e parole, scegliendo i preziosi musicisti e collaboratori. In questo disco sono racchiusi molti desideri realizzati, tra cui quello di riunire le preziose ospiti che mi accompagnano in questo viaggio.
Pubblicare questo concept album come “indipendente” è stata una scelta netta, a cui sono arrivato solo nel momento in cui ho capito chi sarei voluto essere nella vita. Essere il produttore di me stesso mi ha reso libero, pagando però il prezzo del coraggio, dell’ossessione, della paura e dell’attesa. Tuttavia questo mi ha consentito di evitare le mode lontane dal mio sentire, per soffermarmi e perseguire solo quella che per me è la strada della Bellezza.
Perché la canzone tradizionale napoletana? Parliamo di “Pace sarrà”, una serenata popolare in napoletano. Questo brano vuole essere il prequel di una delle canzoni più importanti della tradizione napoletana “Reginella”. Ho scelto questa forma perché siamo davanti a uno dei mezzi espressivi più potenti che hanno segnato il destino della canzone italiana nel mondo.
Vuole essere un omaggio alla nostra canzone d’autore, riportando alla luce anche quello che potrebbe suonare “vecchio” per qualcuno, per me, invece, meravigliosamente antico. È come indossare la collana di perle della nonna oppure la giacca in principe di Galles del nonno, sono gesti d’amore, in questo caso verso la musica e la nostra tradizione.
Nella recensione il disco è stato accostato alla colonna sonora per un musical. Ti ci ritrovi? È un’idea a cui ha pensato? Ti ringrazio per aver portato alla luce anche questo aspetto del mio lavoro. I musical, nella loro accezione più tradizionale, come anche l’opera e le VHS Disney, mi hanno sempre affascinato e condizionato nella mia formazione e scrittura, indicandomi forme, generi e mezzi espressivi da adottare.
Sicuramente “My Wonderland” si presta a questo mondo: deriva da una visione in cui si intrecciano parole, musica, movimento, narratività, immagine, personaggi e storie. Ogni canzone è autonoma ma, se viene letta in relazione alle altre che compongono il concept album, crea un percorso, un viaggio intorno al mondo e dentro l’essere umano, in cui il protagonista è il Cappellaio Matto, che in realtà è una semplice maschera dietro la quale potersi riconoscere.
Per quanto l’idea dell’allestimento per i live sia già di carattere teatrale, trasformare il disco in un vero e proprio musical sarebbe il passa successivo che ovviamente richiederebbe, però, energie maggiori rispetto a quelle già vestite nell’auto produzione del disco stesso. È un altro sogno da realizzare.
Cosa vuoi trasmettere con My wonderland? Come succede spesso nel mondo della musica e dell’arte in genere, anche “My Wonderland” contiene in sé diversi livelli di significazione: rispetto alla storia raccontata, alle tematiche sociali e personali di carattere universale proposte e, non ultimo, il valore meta-musicale, rispetto a quello che è divenuta oggi la musica nei suoi vari processi produttivi.
Sicuramente come primo passo c’è il significato “manifesto” dell’opera, ossia il viaggio intorno al mondo, le varie storie che si intrecciano attraverso i vari riferimenti fiabeschi, i generi musicali affrontati, il suono, le voci, gli arrangiamenti e la narrazione in generale, attraverso musica e parole.
Il secondo significato che voglio trasmettere è quello “latente”, è il contenuto dietro la favola, è il valore semantico dell’opera (se così si può definire questo mio lavoro), in cui ho voluto riportare l’attenzione su tematiche sociali, per me rilevanti, ossia: il supporto delle minoranze, l’incontro tra culture, lo schieramento contro ogni forma di discriminazione e l’accettazione di ogni tipo di diversità che ci tiene distanti come popoli ed esseri umani.
Terzo ed ultimo punto è quello meta-musicale, su cui non vorrei dilungarmi molto perché vorrei che fosse il mio lavoro a parlare per me. L’unica cosa che mi sento di dire è che, nel bene e nel male, esiste anche altro, oltre alle mode.
Che cosa è venuto a mancare all’animo umano oggi e di che cosa avrebbe di nuovo o più bisogno? Del tempo per guardare dentro se stessi e dentro le cose.
L’aspetto più complesso della fase compositiva? In quanto a complessità nei miei processi compositivi, potrei scrivere per ore. Diffido sempre da quelli che dicono che per scrivere una canzone ci hanno messo 5 minuti… Ogni mia singola canzone ha richiesto mesi prima di vedere la luce, sono state lunghe gestazioni. Ciascuna canzone ha vissuto la sua fase più complessa: dalla ricerca della frase giusta, a quella della nota più colorata, dall’arrangiamento più articolato, fino alla ricerca dell’ospite più adatta a raccontare quella storia.
Forse, provando a risponderti in modo univoco però, parlerei dei testi che sono sempre, per me, la parte più difficile da chiudere, soprattutto se consideriamo il lungo lavoro di adattamento nelle 8 lingue, realizzato in compagnia di amici madrelingua.
La mia fortuna è stata, nonostante le varie complessità di ogni singolo caso, avere le idee chiare su dove andare e cosa raccontare, il resto è solo una questione di organizzazione. Sono le idee, la passione e il lavoro che fanno la differenza tra complesso e complicato.
Riascoltando il disco hai pensato che il risultato era esattamente quello che volevi, superiore alle aspettative o c’è qualcosa che avresti cambiato? In tutta onestà, al momento non ricordo quale fosse di preciso il risultato sonoro desiderato, è stato un lungo processo di costruzione. Sicuramente posso dirti che oggi sono pienamente soddisfatto del risultato e, in qualche momento, sono addirittura sorpreso di quello che è venuto fuori.
Tutti i miei desideri sono stati realizzati grazie al lavoro fatto insieme ai preziosi collaboratori scelti per questo progetto e anche grazie a un po’ di ossessione che mi ha permesso di portare a casa questo risultato. Ci sono cose che pensavo impossibili e invece sono successe, come radunare le meravigliose artiste che mi accompagnano in questo viaggio, e altre che neanche immaginavo e che poi sono capitate, grazie a fortunati incontri, come quello con Claudio Martinez che ha realizzato il comparto visivo.
Ci sono canzoni che sono state escluse? Si, sicuramente due, forse tre… Ma nulla è perduto, il viaggio è appena iniziato.
Dal tuo disco quello emerge è la forza della musica. Secondo te, la musica, può essere definita la più universale delle arti? Soprattutto adesso con l’avvento di internet? Il termine universale può avere diverse accezioni, anche legate alla musica. In alcune di queste mi trovi d’accordo, in altre meno. Sicuramente il bisogno di fare musica è universale, nello spazio e nel tempo; i mezzi espressivi e i codici possono cambiare ma il valore comunicativo resta.
Inoltre la musica ha sempre cercato relazione con altre forme di espressione, con la parola, con il movimento con la luce… A volte in relazioni cooperative e simbiotiche e in altri momenti rivendicando la propria autonomia. Non so se la musica possa essere la più universale tra le arti: forse direi di si, peccando però di presunzione, facendo questo nella vita… In realtà non ne sono neanche così sicuro. Credo che oggi, con internet, la musica sia ovunque, in ogni sua espressione, è tutto li, tutto più democratico, fintamente democratico, ed è tutto più superficiale, ampiamente superficiale. Di certo, però, non direi universale.
Il mondo ha bisogno di più musica? “No, assolutamente e inequivocabilmente no!” (Spero che gli appassionati di Harry Potter possano cogliere la citazione). No, credo che oggi il mondo abbia bisogno di fari, di candele, di poesia e magia, di lenti di ingrandimento e telescopi per mettere a fuoco la Bellezza, costretta a vivere sotto la superficie. Poi possiamo parlare anche di musica.
Ieri l’idea, oggi il disco… e domani? Domani, come oggi, altre 1000 idee e altri 100 dischi, viaggi, bella musica, incontri… Si spera!
Una domanda che non ti hanno mai posto ma ti piacerebbe ti fosse rivolta Nella vita una domanda travestita da proposta di lavoro dalla Disney non sarebbe male. Per un’intervista mi piacerebbe rispondere a domande surreali, per viaggiare con la fantasia… Non si sa mai nascano nuove idee per nuove canzoni.
Se fossi tu ad intervistare, ipotizzando di avere a disposizione anche una macchina del tempo, chi intervisteresti e cosa gli chiederesti? La lista di personaggi è infinita, da Bach ai Beatles, da Mozart a Tenco, dal Signor Neanderthal a Battisti. Chiederei sicuramente il motivo per cui lo fanno, per capire cosa li spinge nel creare, e poi ruberei qualche consiglio.
Ma se proprio devo farti un nome, uno solo, per chiudere questa intervista con un ulteriore tocco di egocentrismo, utilizzerei questa macchina del tempo per intervistare Claudio Orfei, me stesso, quando avevo 12 anni e quando ne avrò 80, sperando di ritrovare la stessa passione dentro la mia voce.
Un saluto e una raccomandazione a chi ti legge Grazie per aver sopportato i miei sproloqui e le mie metafore da giovane romantico. Vi consiglio di ascoltare il nuovo lavoro di Claudio Orfei… E vi raccomando di seguirlo nei concerti che inizieranno da marzo!! Mi raccomando, siate gentili con il prossimo, dite sempre grazie al bar e lavatevi le mani prima di mangiare!
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misamoss · 2 years
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Finisterre, poema epico di Matteo Meschiari
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serial-traveler · 2 years
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Da domani in libreria “Carnet di degustazione. Piccolo vademecum per riconoscere i vini e saperli apprezzare” di Enzo Michelet. Edito da Kellermann Editore
Da domani in libreria “Carnet di degustazione. Piccolo vademecum per riconoscere i vini e saperli apprezzare” di Enzo Michelet. Edito da Kellermann Editore
Edito da Kellermann Editore, da domani è in libreria “CARNET DI DEGUSTAZIONE. Piccolo vademecum per riconoscere i vini e saperli apprezzare”, una guida che insegna come degustare il vino, ma prima ancora come sceglierlo, distinguerne i sapori e i profumi e infine come ricordarlo. Con questo volume di Enzo Michelet la collana Grado Babo si arricchisce di un piccolo taccuino per accompagnare il…
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ypsilonzeta1 · 2 years
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PICCOLO DECALOGO CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE
1. Mai accettare di vedersi un’ultima volta. Mai. Neanche per un saluto rapido, in un luogo pubblico, insieme a un’amica, per riprenderti la collana a cui tieni tanto, per rivedere il cane. Mai. Non glielo devi, non lo devi agli anni trascorsi insieme, non è un prezzo da pagare per lasciarlo, non sei obbligata a scrivere nessuna parola “fine”. La parola fine l’ha già scritta lui, tu devi solo chiudere il libro. L’ultimo saluto rischia di essere davvero l’ultimo.
2. Non permettergli di isolarti. È uno dei primi segnali di allarme. Ti fa il vuoto attorno. Comincia parlando male delle tue amiche, che sono tutte egoiste, non lo vedi come ti trattano, non vedi che si approfittano di te, sei sempre tu a chiamarle, mai loro. Dopo le amiche è il turno della famiglia, soprattutto se è una famiglia presente nella tua vita. Poi, quando arrivano i figli, diventa ancora più facile usarli per tenerti in casa. Non ha più neanche bisogno di proibirtelo, gli basta fare appello ai tuoi doveri di madre, ai tuoi sensi di colpa, alle tue paure, che la bimba piange finché non torni e io domani lavoro. E tu hai paura che gli scappi uno dei suoi urli, che perda la pazienza con i bambini, che gli scappi lo schiaffo, e resti in casa. E resti sola.
3. Se ti mortifica costantemente il problema è lui, non sei tu. Se critica il tuo aspetto, se ti dice di mangiare meno dolci, se ti fa sentire goffa e brutta e sbagliata. Se ti dice che stai ingrassando, che dovresti cambiare taglio o colore di capelli, che dovresti truccarti di più o di meno, stringere le gonne o allargarle. Se ti fa sentire vecchia, inutile, poco sexy, poco desiderabile. Se sminuisce il tuo lavoro, se ne parla come se fosse banale, sciocco e irrilevante, e non perché ti meriti di meglio, ma perché di meglio non sai fare. Se ti dice che cosa mangiare, quanti chili dovresti perdere, che cosa devi cucinare e come, come devi tenere la casa. Se in qualunque momento hai la sensazione che il tuo valore dipenda da lui, allora non sei sbagliata. Sei in pericolo.
4. Ogni volta che non siete in due a decidere di fare sesso, è violenza. Se ti obbliga a fare sesso quando non vuoi, ti sta usando violenza. Se ti chiede di assecondare i suoi gusti, se insiste, se ti costringe a fare quello che non vuoi quando non vuoi e come non vuoi, è violenza. Sempre. Se ogni sera fai sesso con lui solo per tenerlo buono anche dopo aver messo in chiaro che non ne avevi voglia, quella è violenza.
5. Se lo fai per non farlo arrabbiare, è violenza. Se ti sforzi di tenere la casa pulita perché non si arrabbi, di avere la cena pronta quando rientra perché non si arrabbi. Se ti vesti come gli piace perché non si arrabbi. Se non esci con le amiche per non farlo arrabbiare. Se non spendi troppo per non farlo arrabbiare, se gli nascondi le bollette o un maglione nuovo per non farlo arrabbiare, se quando esci torni presto per non farlo arrabbiare. Se chiedi ai bambini di non fare rumore perché lui non si arrabbi, ogni volta che percepisci la violenza in casa, anche quella che non lascia lividi, non sei tenuta a sopportarla. Non importa quanto ti sforzi e quanto ti impegni e quanto ci stai attenta, se pensi di dover cambiare per non farlo arrabbiare, prima o poi si arrabbierà.
6. Se ti colpisce una volta, lo farà anche una seconda. Dove è passata la violenza non crescono le seconde opportunità. Se ti dà uno schiaffo una volta, la volta dopo te ne darà due. L’unica cosa che cambierà è che invece di chiederti scusa lui, finirai per chiederglielo tu. Uno basta. Uno è già troppo.
7. Non hai bisogno del permesso di nessuno per lasciarlo. Non hai bisogno di convincere le persone che ti stanno attorno. Non hai bisogno della complicità della sua famiglia o del sostegno della tua. Non hai bisogno di fargli capire che ha sbagliato e che ha torto. Non hai bisogno che nessuno venga a dirti che hai ragione. Tu lo sai.
8. Non hai niente da perdonarti. Sì, avresti potuto lasciarlo prima. Sì, avresti potuto cacciarlo prima di casa. Sì, avresti potuto difenderti. Sì, avresti potuto colpirlo più forte. Sì, avresti potuto denunciare. Sì, avresti potuto impedirglielo. Sì, avresti potuto convincerti che meritavi di meglio. Sì, avresti potuto fidarti prima di te stessa. No, non è colpa tua.
9. Non sei costretta a odiarlo per salvarti da lui. Non c’è un prezzo da pagare in amore. Non sei tenuta a sopportare, non sei tenuta a soffrire, non sei tenuta a sacrificarti, non sei tenuta a metterti in secondo piano, non sei tenuta a rinunciare a niente. L’amore aggiunge, non sottrae. Se fa male non è amore, ma il percorso per salvarti non passa necessariamente dall’odio. Se non vuoi odiarlo, se non puoi odiarlo, se odiare chi hai amato è troppo doloroso e ti farebbe sentire ancora più sbagliata, non sei costretta a farlo. Se disprezzarlo significa disprezzare una parte troppo grande di te stessa e gettare alle ortiche una parte troppo grande della tua vita, non farlo. La priorità è salvare te stessa, non condannare lui.
10. Non sei sola e non sei sbagliata. Anche quando ti senti più sola che mai. Dietro di te ci sono tutte le altre donne che si sono sentite altrettanto sole, perché come te vivevano in un mondo declinato al maschile, in cui le regole sono scritte al maschile e quel che è giusto e sbagliato lo decidono i bisogni degli uomini. Non sei debole. Ci vuole forza per sopportare. Per salvarti te ne basterà meno di quanta ne hai avuta finora.
Pagina fb Rosapercaso
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vefa321 · 2 years
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Dettagliata-mente.
Sono i dettagli a fare le stagioni, a compiere gli anni, a disegnare le rughe...
Sono i dettagli ad ascoltare il vento sussurrare al tempo di non andare via
Sono i dettagli a fare senza ricevere, il buono di un tempo non ancora trascorso
Sono i dettagli ad abbigliare l'estate e spogliare l'autunno...
Sono i dettagli a crederci di più, a fare senza il dire che volere è potere.
Il sabato è un dettaglio che rende la settimana bellissima, anche se sta finendo, come una collana di perle di saggezza che nessuno vorrebbe indossare...solo regalare ai posteri.
Sono i dettagli...come il buongiorno ed un caffè a cambiare adesso in un forse, a rendere possibile ogni oggi per il futuro domani.
J.D
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sciatu · 2 years
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MARSALA TRA LE BRACCIA DELLA NOTTE
Sicuramente, tra un giorno, un mese, un anno, ti odierò. In noi uomini il tempo si unisce al carattere, agli egoismi, all’incapacità di difendersi dagli altri così che prima o poi, tutto il fuoco che ora nutre e alimenta passione ed emozioni, finirà. Ma ora sono abbracciato a te in questa piccola stanza nel nostro piccolo letto, nel buio che arretra di fronte alla luce del giorno che preme tra le fessure delle persiane accompagnata dai primi rumori del mondo che si sveglia. Sarà d’improvviso, tra una settimana, una stagione, un periodo più o meno lungo, sufficiente a dar tempo alla noia di sostituire ogni gioia e in quel momento, accadrà l’inevitabile: in me appassirai e più o meno velocemente morirai. Diventerai un di più e non varranno più ricordi ed attimi uniti gli uni agli altri come perle in una collana. Non varranno più tutti i baci dati, e carezze e tenerezze saranno come le foglie morte portate via dal vento freddo dell’indifferenza. Ma ora sono qui, attaccato ai tuoi ultimi sogni, mi nutro del tuo calore e rivesto la tua pelle con la mia, cullato dal profumo di sonno e di donna che ristagna tra le coperte. Domani tutto questo non sarà più, solo per colpa della nostra incostanza umana, della fragilità che chiamano illusione che riveste quell’amore e ne giustifica forza e bisogno, facendomi restare attaccato a te, in questo piccolo letto, di questa piccola stanza mentre la luce filtra nel buio, chiamandoci alla fatica del giorno. Ma ora, sono stretto a te e mi piace dirmi, illudendomi, per sempre.
Surely, in a day, a month, a year, I will hate you. In us humans, time joins character, selfishness, the inability to defend ourselves from others so that sooner or later, all the fire that now feeds our soul, our passion and emotions, will end. But now I am hugged to you in this little room in our little bed, in the darkness that recedes in front of the daylight that presses between the slits of the shutters accompanied by the first sounds of the world that wakes up. It will be suddenly, in a week, a season, a more or less long period, enough to give boredom time to replace every joy and in that moment, the inevitable will happen: in me you will wither and more or less quickly you will die. You will become one more and memories and moments joined together like pearls in a necklace will no longer be worth it. All the kisses given will no longer be worth, and caresses and tenderness will be like dead leaves carried away by the cold wind of indifference. But now I am here, attached to your last dreams, I feed on your warmth and I cover your skin with mine, lulled by the scent of sleep and of  woman that stagnates between the blankets. Tomorrow all this will no longer be, only because of our human inconstancy, of the fragility that they call illusion that covers that love and justifies its strength and need, making me remain attached to you, in this small bed, in this small room while the light filters into the dark, calling us to the fatigue of the day. But now, I'm close to you and I like to tell myself, deluding myself, forever.
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marcogiovenale · 1 month
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due recensioni a "cose chiuse fuori" (aragno, 2023)
Carlo Londero, recensione in “l’immaginazione”, a. XL, n. 342, lug-ago. 2024, pp. 56-57; Andrea Rompianesi, recensione in il blog di Enea Biumi (1 lug. 2024): https://eneabiumi.blogspot.com/2024/07/marco-giovenale-cose-chiuse-fuori-nino.html Ringrazio entrambi i critici dell’attenzione che hanno voluto dedicare al libro
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gregor-samsung · 7 months
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“ Quella sera cenammo e sedemmo nell’orto. Non s’aveva notizie degli altri. Per mezzanotte si doveva radunarci un’altra volta. Aspettavo Giuseppe. – Suona un po’ di chitarra, – mi disse. – Se davvero sei stato studente, – gli chiesi, – e tuo padre era un borghese, come va che lavori con noi? Perché hai dovuto scappare? Non ti conviene che in Italia c’è il fascismo? – Tutte le classi hanno dei matti, – disse lui. – Se non fosse cosí, saremmo ancora a Roma antica. Per cambiare le cose ci vogliono i matti. Ti sei mai chiesto cos’è un matto a questo mondo? Poi mi disse: – Anche tu sei un matto. Ti conviene il lavoro che fai? Se rischi il muro o la galera, chi ti paga? – Siamo tutti sfruttati… – Chi ti sfrutta? la Gina? Parlava brusco e divertito. Avevo voglia di rispondergli. – Voglio dirti una cosa, – mi fece. – C’è questa sola differenza tra noi due: quello che a me è costato mesi di sudori per decidermi e libracci e batticuori, tu e la tua classe ce l’avete nel sangue. Sembra niente. – Difficile è stato trovarli, i compagni. – E perché li hai cercati? Speravi qualcosa? Li hai cercati perché avevi l’istinto. – Quei pochi libri vorrei leggerli. Se un bel giorno le scuole saranno per noi… – Non è molto il guadagno dei libri. Ho visto in Spagna intellettuali far sciocchezze come gli altri. Quel che conta è l’istinto di classe. Parlavamo cosí, dentro l’orto. Non era buio ma i lampioni s’accendevano a distanza. Qualche finestra s’era accesa. Pensare che Scarpa partiva domani, mi faceva un’invidia. Tante cose poteva insegnarmi. “
Cesare Pavese, Il compagno, Einaudi (collana Tascabili Letteratura n° 33), 1993 [1ª ed.ne 1947]; pp. 125-126.
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mermaidemilystuff · 2 years
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Da domani in edicola il primo volume della collana "Geronimo Stilton - A tu per tu con..." e oddio quanto li vorrei tutti ma io non posso spendere così i miei soldini piango, me li fate arrivare a casa? 😭
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I ragazzi della mia età: "We, usciamo? Ci sono tutti. Dai che ci spacchiamo a merda con tutta questa droga ed alcol!"
Io: "Oh mio Dio, sta uscendo l'ennessima collana di libri classici. Non posso perdermela."
E visto che sono stata illusa per l'ennesima volta dal genere umano, ritornerò al mio stato primordiale:
"Sto a casa perché devo studiare, non posso uscire", step 1.
"Guardiamo Netflix, Amazon Prime, Anime, Serie scaricate in modo 'legalissimo'", step 2.
"Leggiamo libri, manga, fumetti americani ed italiani", step 3.
Oh, sì.
Come andrà realmente:
"We, dai, esci. Non ci vediamo da tantissimo. Ci manchi"
"Sì, ok dai", gruppo di amici 1.
"Sì, ok dai", gruppo di amici 2.
"Sì, ok dai", gruppo di amici 3.
4.
5.
6.
"Massì dai. Cosa devo fare a casa del resto?🙃"
"Oh mio Dio. Ma sei simpaticissimo. Che battuta. Mi hai proprio migliorato la giornata!"
"Non posso crederci, allora quello l'ha lasciato e poi si è messo con l'altro?"
"Ah, non vi aspettavate da me questa storia? Massì, certo.
Una:
Storia d'amore,
Storia d'amicizia,
Una scopata,
Non è stato niente,
È stato tutto,
Va tutto bene,
Non va tutto bene,
Ma certo, sono tutti stupidi!"
Torno a casa.
"Certo che domani vado in palestra. Sei triste? Ci sono io. Tranquilla. Come sto io? Ma ovviamente benissimo. Supero tutto sempre e velocemente".
"Ah, ero cambiata? Ero strana? Tranquilli. SONO TORNATA!".
Ho da studiare.
piccoloatomodiunfreddouniverso
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intotheclash · 4 years
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"Che c'è, Pietro, non sai cosa dire?"
"No." Risposi con una vocetta appena udibile. Davvero non sapevo cosa cazzo dire. Guardai anche mia sorella, in cerca di una qualche illuminazione, di un appiglio qualsiasi, mi sarei aggrappato a tutto, pur di uscire indenne da quella pericolosa e niente affatto chiara situazione, ma lei rispose picche. Si voltò verso il televisore e mi lasciò solo contro tutti. Non voleva immischiarsi e non si sarebbe immischiata. Se se la prendevano con me, avrebbero lasciato in pace lei; la legge della giungla. Schifosa di un'egoista! Ma, alla prima occasione, me l'avrebbe pagata. Come si suona si balla.
"Allora, visto che non sai cosa dire," Iniziò mio padre, "Lo faccio io per te. Ti racconto la mia parte di storia, quella che ho dovuto ascoltare stasera, prima di cena. Dopodiché sarai tu a raccontare la tua e bada bene di raccontarla tutta. E soprattutto precisa. Se mi accorgo che mi stai fregando, o soltanto me lo fai pensare, ti darò una di quelle strigliate che te la ricorderai finché campi. E potrai anche dire addio ai tuoi amici per tutta l'estate, visto che non ti farò più uscire di casa. Ci siamo intesi?" Dovetti acconsentire. Non è che fossi poi tanto d'accordo, ma cosa potevo farci? Comandava lui! Lui prendeva le decisioni e io le subivo. Non avevo alternativa. Per quanto riguarda il dove volesse andare a parare era ancora buio totale. Dovevo pazientare.
"Stasera, prima di venire a cena," Iniziò, "mi sono incontrato al bar con Mario, il papà del tuo amico Sergio, abbiamo deciso di giocarci l'aperitivo a scopa. Una partita secca, chi perde paga, naturalmente. Consuetudine, lo facciano sempre. Ad un certo punto entra nel bar quella gran testa di cazzo dell'avvocato Terenzi..."
Quel cognome mi scoppiò in testa come una bomba a mano. Ora si che era tutto chiaro. Riuscivo a vedere solo disgrazie. Pensai al sangue che zampillava dal naso di Alberto Maria, il figlio dell'avvocato, pensai... Oh no! Peloroscio! Sembrava che si fosse ripreso, che stesse meglio quando lo avevamo lasciato al campo. Invece... Invece doveva essere morto, porco cane! Ecco perché mio padre era incazzato nero! Era finita! Sarei stato sbattuto in prigione per tutta la mia miserabile vita.  Probabilmente anche i carabinieri sapevano già tutto e stavano venendo a prendermi. Forse i miei amici li avevano già rinchiusi. Ero disperato, avevo voglia di piangere. Gli occhi mi si arrossarono e iniziò a tremarmi il labbro inferiore. Era finita! Il vecchio se ne accorse, fece un mezzo sorriso di vittoria e proseguì: "Vedo che non sei del tutto stupido, che stai iniziando a riflettere. Ma non è ancora il tuo turno di parlare, prima devo finire io. Dicevo: entra nel bar l'avvocato Terenzi. Un fatto strano, perché quel figlio di una puzzola è tirchio come un genovese di origini ebraiche e, là dentro, non ci mette mai piede, neanche per un caffè. La cosa ancor più strana, però, è stata che, appena entrato, si è diretto deciso verso il nostro tavolo. Sputava fiamme come un drago. Prima ci ha vomitato addosso una catasta di insulti, almeno dal tono sembravano insulti,  le parole non si capivano bene, quel borioso idiota parla una lingua che solo lui capisce. Ed è stata la sua fortuna, altrimenti sarei tornato a casa con una collana fatta con i suoi denti. Ma quando ha deciso di farsi capire, si è fatto capire bene e ci ha raccontato una storia. Una storia che tu dovresti conoscere bene e che, tra poco, sarai costretto anche tu a raccontare. L'avvocato ha detto che, giù al campo sportivo, tu e i tuoi amici siete saltati addosso a quel bastardo del suo adorato figliolo, lo avete caricato di botte e, non contenti, gli avete pure fregato il pallone. Adesso sta all'ospedale di Civita Castellana con il naso rotto e tutto gonfio. Un bel lavoro, non c'è che dire. Ha detto anche vi denuncerà tutti e a noi ci toccherà pagare una barca di soldi. Il Bastardo!"
Le lacrime trovarono finalmente la strada e sciamarono fuori. Un torrente di montagna dopo mesi di pioggia intensa. Portava con se un sacco di detriti, paura, rabbia, ma anche sollievo. A pensarci bene, soprattutto sollievo. Peloroscio non era morto e, per la seconda ed ultima volta nella mia vita, ne fui felice. Ero scampato di nuovo alla prigione. Subito dopo venne la rabbia. Ci mise un attimo a prendere il sopravvento.
"Non è vero!" Urlai "E' un bugiardo! Bugiardo lui e bugiardo suo figlio! Il pallone era mio. Quello che mi hai regalato tu, quello di cuoio. Noi stavamo già giocando, poi è arrivato il figlio dell'avvocato, insieme a Peloroscio e a Ringhio, mi hanno gettato in terra e mi hanno fregato il pallone. Il mio pallone, non il suo!
"Se le cose stanno in questo modo, allora avete fatto bene a suonargliele. Domani mi sente quel lurido verme! Erano pure in tre i figli di bagascia. E tutti più grandi di voi." Vidi lo sguardo del mio vecchio e capii che stava rispolverando l'idea della collana fatta con i denti dell'avvocato Terenzi. La cosa non mi dispiaceva affatto.
"Veramente, papà, non siamo stati noi a dargliele..."
"Ascolta, stronzetto, ho detto niente bugie! Cosa vorresti farmi credere? Che si sono picchiati tra di loro? Che il naso a quel prepotente figlio di prepotenti lo hanno rotto i suoi compari?"
"Non dico bugie! E non ho detto neanche questo! Il naso all'avvocatino lo ha rotto Pietro il Maremmano. E le ha suonate anche ai suoi amici. Anzi, solo a Peloroscio, perché Ringhio se l'è fatta sotto ed è rimasto paralizzato dalla paura." Dissi tutto d'un fiato.
Mio padre non ci stava capendo più un cazzo. Guardò prima me, poi mia madre, che lo mise al corrente su chi fosse questo Maremmano, che lui non aveva mai sentito nominare, né aveva idea di chi fosse figlio, o dove abitasse. Volse ancora una volta lo sguardo verso di me e, con una calma che proprio non gli riconoscevo, disse: "Ascolta, piccolo, raccontami di nuovo tutto daccapo, senza tralasciare nulla. Poi deciderò il da farsi." Ed io raccontai. Daccapo. Con dovizia di particolari. Dalla mattina. Raccontai delle biciclette, del pranzo, della partita e infine dello scontro. Il vecchio non mi interruppe mai. Si limitò a seguire il racconto, accompagnandolo con cenni di approvazione, o di disapprovazione, a seconda dell'evolversi degli eventi. Alla fine ero stremato. Stremato ma sollevato. Mi sentivo stranamente leggero. La paura era scomparsa. Mi sentivo bene.
La risata di mio padre piombò giù dalla cima del monte, come una valanga, con lo stesso frastuono e la stessa forza dirompente. Dapprima, io, mia madre e mia sorella, restammo pietrificati, poi ci lasciammo contagiare e fu risata liberatoria per tutta la famiglia. Non capivo bene cosa ci fosse tanto da ridere, ma me ne guardai bene dal protestare; poi era bello ridere tutti insieme. Non riuscivamo più a smettere e papà era quello che rideva più forte. Come suo solito, rideva e piangeva e menava delle manate sul tavolo e sulle mie spalle, facendomi anche male, ma non protestai.
"Certo che questo ragazzino deve essere un bel fenomeno!" Disse quando si fu calmato, "Hai detto che ha la tua stessa età, vero?"
"Si."
"E ha lisciato il pelo a tre ragazzi più grandi di lui?"
"Si."
"Davvero un bel fenomeno. Solo mi sfugge una cosa: nel frattempo, tu e quegli altri stronzetti dei tuoi amici, cosa facevate? Non gli avete dato una mano? Anche se, da quanto ho capito, non è che ce ne fosse bisogno. Casomai potevate darla a quegli altri tre perdigiorno!" E giù un'altra mitragliata di risate.
"No." Risposi molto timidamente.
"No? E perché no? Se le avesse buscate?" Era di nuovo serio.
"Perché avevamo paura! Lui non è di qui. Lui non sa come vanno le cose. Quelli erano più grandi e quelli grandi si approfittano sempre dei piccoli. Guai a protestare. Non era la prima volta che ci fregavano il pallone. Lo fanno sempre. E se ti azzardi a protestare, giù botte."
Aveva capito. Fece segno di si con la testa. Sicuramente anche quando era un ragazzino lui funzionava così. "Capisco, ci sono passato anch'io. E' così che va il mondo, perdio! Pesce grosso mangia quello piccolo. E' una legge di natura. Non ci sono santi. O, forse, no, sembra che il meccanismo si sia inceppato. Credo sia un buon segno." Sentenziò. Si alzò dalla sedia, si infilò una camicia a quadri sopra la canottiera d'ordinanza, mi fece l'occhiolino e: "Infilati una maglietta pulita e andiamo." Disse.
"Dove?" Chiesi. La paura stava tornando a farsi sotto. Non ero mai uscito con lui dopo cena.
"Voglio conoscere questo fenomeno del tuo amico. Subito."
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mooonlightdevil · 4 years
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𝟸𝟿/𝟶𝟿/𝟸𝟶 ʟɪғᴇ's ᴜᴘᴅᴀᴛᴇ
sai, oggi stavo male
non mentalmente,
a quello ormai sono abituata,
ma fisicamente.
avevo un mal di pancia assurdo
a tal punto da non mangiare nulla e stare sdraiata nel letto tutto il giorno.
e mentre ero lì sotto la copertina con le stelline (si è arrivato il suo momento)
mi sono venute in mente tutte le mattine a villar
in cui ci svegliavamo e io ti rompevo sempre le palle con i miei mal di pancia cronici
che ne l’oki, ne la tua colazione a letto riuscivano a farmi passare.
mi sentivo un po’ meglio solo quando stavo sdraiata di fianco a te a guardare qualcosa di poco importate alla televisione.
sembra strano e innaturale, ma è così.
oggi comunque non è stata una delle mie migliori giornate
facevo fatica a seguire lezione e non ti dico a fare i compiti.
penso di aver in corpo più the caldo ai frutti rossi (il mio preferito) che altro.
imbarazzante.
pensa che ad una certa ho pure cercato su internet delle posizioni che mi alleviassero il mal di pancia
niente da fare
tutte puttanate
ma ci ho provato :/
domani sarò a scuola
e ci sarai anche tu
magari ti vedrò
magari no
in ogni caso ti cercherò per vedere come sarai vestito e sopratutto se avrai su la mia collana (sono curiosa :))
anche se la vedo dura di riuscirci
colpa degli orari del cazzo.
domani ho il pullman prestissimo e il mio mal di pancia non sembra attenuarsi, quindi mi dileguo lol.
ps: ho scoperto che la doccia calda fa miracoli per il mal di pancia (sempre accompagnata dalla mia playlist molto poco happy però)
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Forse è un po' tardi per scriverti ma sarò breve o almeno proverò ad esserlo. Ci pensi mai alle parole 'ieri' e 'oggi'?
Ieri, passato ma ancora presente, ancora così vicino.
Oggi, abbastanza futuro, completamente presente ma quasi passato.
'Cosa hai fatto oggi?', passato.
'Cosa farai oggi?', futuro.
'Che fai?', presente.
E noi rispondiamo con le comuni liste di ciò che abbiamo fatto. Ma poi ti chiedono:
'E ieri?', ieri ho ballato, ho dormito, ho perso.
'Perso?' 'Sì, ho perso, ma ieri mica oggi'.
Si può perdere qualcosa una sola volta, se poi la ritrovi, puoi riperderla ma resterà comunque unica. Qualcosa. Ecco. Ma cosa accade quando invece perdi Qualcuno?.
Qualcuno non si perde ieri e basta, qualcuno si è perso ieri, si perderà oggi e continuerà domani.
Piccoli brandelli d'anima sfuggiranno attimo dopo attimo e tu non potrai fare nulla per trattenerli.
'Ma puoi lottare.' Lottare, ecco! Perché non ci avevo pensato prima? Allora lotto, sì, lotto con quella forza che mi sta portando tutto via. Sono pronta! Avanti! Fatti sotto!
Aspetta! Perché resti ferma? Perché resti lì immobile a fissarmi? Come? Non sei tu che stai portando via quei pezzi? E allora chi vuole farlo? Io? Sono stata io? No! Menti! Allora chi? Qualcuno? È davvero qualcuno ad aver deciso? Grazie forza, arrivederci.
E allora non si lotta, perché il rivale è in realtà qualcuno, qualcuno è lei.
Ladra!
Ladra di sentimenti, ladra di baci, di carezze, di abbracci. Ladra d'amore. Sta rubando tutto, in silenzio. Ruba la nostra luce, ruba la mia calma, i miei silenzi, le mie parole, ruba le mie labbra, la mia schiena, le mie mani, i miei occhi. Ladra, che sei entrata nel mio cuore quando ancora voleva morire e sussurrandogli dolci parole sei riuscita a farti amare, ti ha acceso una luce e ti ha fatto accomodare. E tu? Tu lo hai ripagato così. Ladra!
Dillo, dimmi che prenderai altro. Cosa mi lascerai? Cosa? Solo lacrime e sospiri? Sconosciuta che ha chiuso il cuore in cassaforte. Sconosciuta che non mi lascerà altro che una scatola nera, adesso vuota come il vuoto che hai creato dentro di me.
Mi hai lasciato pagine di agende ancora da riempire, ma furba lo sei stata, forse già sapevi quanto, quelle pagine, sarebbero servite. Mi hai lasciato due biglietti di un concerto che avremmo dovuto vivere insieme e invece, hai lasciato che lo vivessi da sola. Mi hai lasciato dei piccoli bigliettini blu con la tua scrittura ancora fresca, a ricordarmi che ieri eri ancora qua. Mi hai lasciato un libro. Una collana. Il rumore del mare di sottofondo alle nostre parole. Mi hai lasciato gli enigmi, le cacce al tesoro, la tempesta dopo la quiete. Mi hai lasciato la pittura, la musica, i pensieri, gli universi, i sorrisi, piccoli fiori di carta, i sogni e un futuro che, io sola, ho costruito e di cui hai scelto di non far parte.
Dicevano che l'amore uccide e ferisce un'unica volta, il resto sono solo graffi. Adesso so che non è così, so che questa ferita resterà sempre aperta, sanguinerà costantemente e so che l'unica a poterla a ricucire è la lama che me l'ha procurata, sei tu. Pensavo ai tuoi tatuaggi, la prima domanda fu cosa significassero quei due disegni che hai sulle braccia e tu mi rispondesti dicendo che a nessuno avevi mai detto il significato ma soltanto a me. La luce, la tua parte buona e il buio, la parte che nascondi. Infondo sappiamo entrambe che hai sempre amato quel buio, quell`oscurità che oggi ti ha portata via da me. Ma sai una cosa? Mi sarei presa anche quello. Avevo scelto di prendere tutto, soprattutto quello. Ma non me lo hai concesso. Avrei abbracciato ogni debolezza, asciugato ogni lacrima, baciato ogni sorriso, rispettato ogni silenzio, amato ogni gesto. Ma non me lo hai permesso. E adesso non ci sei, e adesso, mentre fuori c'è una guerra che il mondo sta vivendo, tu ne hai creata un'altra che solo io sto combattendo. Chissà chi ne uscirà vivo. Hai scelto di non esserci, di non guardarmi più negli occhi, di vivere altrove. Hai scelto e io so bene cosa significa. Perché il mio errore è stato amare due anime e la scelta non mi ha portata dove volevo. Ho commesso molti errori, ne sono consapevole ma con te l'unico è stato non farti sentire il grande, meraviglioso sentimento che cresce per te e vive di te. Mi hai fatto promettere di non scriverti, ma sai che sono sempre stata un po' ribelle, non le so rispettare le regole, soprattutto se riguardano te. Quindi mi hai fatto promettere ma non ti prometto che manterrò la parola.
Hai scelto di non amarmi.
Io scelgo di aspettarti.
Ti aspetto.
Ti penso.
Torna.
P.s. Mi manchi già.
Love u.
- Alaska.
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