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#narrativa italiana del XX secolo
gregor-samsung · 4 months
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“ Quando il cameriere arrivò con la limonata Pereira gli chiese: che notizie ci sono, Manuel? Notizie contrastanti, rispose il cameriere, pare che ora in Spagna ci sia un certo equilibrio, i nazionalisti hanno conquistato il Nord, ma i repubblicani la vincono al centro, pare che la quindicesima brigata internazionale si sia comportata valorosamente a Saragozza, il centro è in mano alla repubblica e gli italiani che appoggiano Franco si stanno comportando in maniera ignobile. Pereira sorrise e chiese: lei per chi tiene, Manuel? A volte per l'uno a volte per l'altro, rispose il cameriere, perché sono forti tutti e due, ma questa storia dei nostri ragazzi della Viriate che sono andati a combattere contro i repubblicani non mi piace, in fondo anche noi siamo una repubblica, abbiamo cacciato il re nel millenovecentodieci, non vedo quale sia il motivo di combattere contro una repubblica. Giusto, approvò Pereira. “
Antonio Tabucchi, Sostiene Pereira, Feltrinelli, 1994 [Libro elettronico]
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lamilanomagazine · 10 months
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Lecco: A Palazzo delle Paure "Novecento: il ritorno alla figurazione da Sironi a Guttuso".
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Lecco: A Palazzo delle Paure "Novecento: il ritorno alla figurazione da Sironi a Guttuso". Prosegue a Lecco il ciclo espositivo di Percorsi nel Novecento, programma ideato dalla Direzione del Sistema Museale Urbano Lecchese e affidato per la sua progettazione e realizzazione a ViDi Cultural che, fino a novembre 2024, analizzeranno la scena culturale italiana del XX secolo. Il nuovo capitolo di questa narrazione, dopo la rassegna che ha esplorato l’universo futurista, è in calendario al Palazzo delle Paure, dal 22 luglio al 26 novembre 2023, con NOVECENTO. Il ritorno alla figurazione da Sironi a Guttuso. La mostra, curata da Simona Bartolena, prodotta e realizzata da ViDi cultural, in collaborazione con il Comune di Lecco e il Sistema Museale Urbano Lecchese, travel partner Trenord, presenta oltre 60 opere di artisti quali Mario Sironi, Carlo Carrà, Giorgio Morandi, Felice Casorati, Arturo Martini, Giacomo Manzù, Mario Mafai, Renato Guttuso e molti altri che, nel periodo tra le due guerre, sostennero il Ritorno all’ordine, ovvero il richiamo alla figurazione senza rinnegare lo spirito delle avanguardie d’inizio secolo di cui erano stati fautori. Il percorso è punteggiato da approfondimenti sulle altre espressioni creative coeve, dal design all’architettura, con l’affermarsi dell’Art Déco e del Razionalismo, dal teatro alla letteratura. Come le altre mostre del progetto di Palazzo delle Paure, l’esposizione sarà corredata da un importante apparato didattico-narrativo, con cenni storici, informazioni e spiegazioni dal taglio divulgativo. “Ritorna una grande mostra a Palazzo delle Paure proposta da ViDi - dichiara Simona Piazza, assessore alla Cultura del Comune di Lecco -, con cui con piacere, ormai da diversi anni, promuoviamo grandi mostre nel polo espositivo d’eccellenza della nostra città. Questa nuova mostra dedicata al Novecento segue quella dei Futuristi, che si è appena conclusa con un grande successo di pubblico e, pur ricalcando un analogo arco temporale, propone un percorso artistico più figurativo, classico. L’obiettivo è quello di proporre un excursus negli secoli 800 e 900 in grado di legarsi anche ai temi e alle opere ospitate presso la nostra galleria di arte moderna, per un percorso artistico di scoperta e conoscenza che arriva fino alla prima metà del secolo scorso”. “Dopo la mostra Futuristi - afferma Simona Bartolena -, che indagava l’evoluzione dell’Avanguardia fondata da Marinetti, destinando particolare attenzione al secondo periodo del movimento, si apre ora Novecento, che ne prosegue idealmente il racconto. Gli anni sono i medesimi – dal primo dopoguerra agli anni Quaranta –, ma questa volta il focus è sugli artisti che hanno scelto un ritorno alla figurazione classica. Una tendenza che presenta un ventaglio di possibilità espressive e molteplici possibili sfumature. La complessità del periodo preso in esame si riflette nell’esperienza artistica dei protagonisti della scena culturale del tempo, tra contrasti, contraddizioni e interpretazioni possibili dell’idea di recupero della tradizione figurativa. I colori accesi, la dinamicità, la fantasia e il piglio provocatorio che caratterizzavano le opere della mostra precedente lasciano il passo a composizioni impostate sulla plasticità, la sintesi e la solidità della forma e su tavolozze che prediligono i colori della terra”. “Come di consueto - prosegue Simona Bartolena - l’allestimento e il percorso sono studiati con una precisa idea narrativa che, opera dopo opera, sviluppa il tema, raccontandone i diversi aspetti e le diverse espressioni. Per rendere più fruibile la lettura, abbiamo immaginato oltre alle più classiche sezioni di inquadramento generale dei vari linguaggi, anche sezioni dedicate a specifici generi iconografici, che permettono confronti tra personalità e stili differenti”. Il Ritorno all’ordine ha rappresentato un desiderio comune a gran parte degli ambienti culturali del primo dopoguerra, che urlava l’esigenza di rientrare nei canoni consacrati dalla tradizione, senza perdere di vista lo spirito avanguardista e di rinnovamento culturale promossi dalle generazioni precedenti. In Italia questa sfida venne raccolta da Margherita Sarfatti che fondò il movimento Novecento italiano di cui facevano parte Anselmo Bucci, Leonardo Dudreville, Achille Funi, Gian Emilio Malerba, Piero Marussig, Ubaldo Oppi, Mario Sironi, accumunati dalla volontà di rappresentare un’epoca con la loro pittura e di recuperare lo stile dei grandi maestri del passato. Attorno al gruppo di Novecento gravitavano altri autori quali Felice Casorati, Massimo Campigli, Filippo de Pisis, Giorgio Morandi che, pur sposando gli stessi ideali, non vi aderirono mai del tutto. Particolarmente suggestiva è la sala dedicata a Mario Sironi con opere che ben rappresentano lo stile dell’artista nel periodo preso in esame. Ma in mostra non mancano altri capolavori, quali un raro paesaggio di Giorgio Morandi o l’altrettanto straordinario Rovine dipinto da Afro negli anni trenta. Un ruolo particolare lo occupa il cosiddetto Realismo Magico, di respiro più europeo, che partendo dal recupero di stilemi espressivi classici, si fa tuttavia espressione di una tensione emotiva ben distante dall’esibita monumentalità e solennità di tanta pittura novecentesca. Accanto alle opere riferibili al Realismo Magico, si indagano anche diverse possibili declinazioni oniriche e visionarie della pittura del vero, dagli episodi di matrice surrealista ai retaggi metafisici ancora visibili in alcuni lavori. La rassegna si chiude idealmente con la ricognizione su quegli autori che si posero all’opposizione, anche politica, dell’arte ufficiale, dal gruppo di Corrente di Milano, alla romana Scuola di via Cavour. Accanto ai grandi nomi del tempo, la mostra propone anche, come di consueto, dipinti e sculture di artisti meno noti, che sapranno sorprendere i visitatori. Costruita quasi esclusivamente da opere provenienti da raccolte private (con l’eccezione degli importanti prestiti dal Museo della Permanente di Milano e dalla collezione BPM), l’esposizione offre la possibilità di ammirare lavori ben raramente esposti, talvolta proposti al pubblico per la prima volta.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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baqohudene · 2 years
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Luces de bohemia pdf editorial austral
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        luces de bohemia - resumen
  Madrid : : Editorial Espasa Calpe, , 2006 Luces de Bohemia : Esperento / Ramòn del Valle-Inclàn ; Ediciòn Alonso Zamora Vicente ; Apèndice y glosario Editore: Austral. Publication: 06 aprile 2022. Narrativa Classici XX secolo, Editore: Editorial Ariel. Publication: 30 marzo 2022 Luces de Bohemia. View PDF · Gli studi di letteratura italiana nella Spagna del XXI secolo es a todas luces imprecisa para cualquiera que lea unos cuantos versos de ella. Iluminaciones sobre "Luces de bohemia" de Valle-Inclán. Edizione Spagnolo di Lucia Cantoni e Merak Editing and Graphics Australian cowboys #1. VII, Issue 2 July-December 2020 Looking for Manifestoes General Editors Armando Terra Baixa dirigido por Pau Miró; Luces de Bohemia dirigido por Lluis Con motivo de la edición número 50 de esta obra en Austral y del aniversario de la muerte de su autor, Espasa lo celebra con el lanzamiento de esta edición Editore: Austral. Publication: 05 febbraio 2019 Editore: Ediciones B. Publication: 15 febbraio 2018 Luces de bohemia | Divinas palabras.Hai cercato: valle inclan (autore) X, luces bohemia esperpento edición (titolo) X Editorial: Espasa Calpe Austral, 1 en 1989. Pags:211.
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carmenvicinanza · 3 years
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Grazia Deledda
https://www.unadonnalgiorno.it/grazia-deledda/
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Io non sogno la gloria per un sentimento di vanità e di egoismo, ma perché amo intensamente il mio paese, e sogno di poter un giorno irradiare con un mite raggio le fosche ombrie dei nostri boschi, di poter un giorno narrare, intesa, la vita e le passioni del mio popolo, così diverso dagli altri così vilipeso e dimenticato e perciò più misero nella sua fiera e primitiva ignoranza.
Avrò tra poco vent’anni, a trenta voglio avere raggiunto il mio sogno radioso quale è quello di creare da me sola una letteratura completamente ed esclusivamente sarda.
Sono piccina piccina, sa, sono piccola anche in confronto delle donne sarde che sono piccolissime, ma sono ardita e coraggiosa come un gigante e non temo le battaglie intellettuali.
Grazia Deledda è stata una delle più importanti scrittrici italiane del Novecento e prima donna italiana a vincere il premio Nobel nel 1926.
Scrittrice intensa e feconda, esponente di Verismo e  Decadentismo, interpretati alla sua maniera, ha scritto le storie della sua terra, la Sardegna.
Nata a Nuoro il 28 settembre 1871, era quinta di sette tra figli e figlie di una famiglia benestante che dopo la madre del padre ebbe notevoli difficoltà economiche. Dopo aver frequentato le scuole fino alla quarta elementare, Grazia Deledda proseguì gli studi con un precettore e da autodidatta, perché, al tempo, alle ragazze non era consentito frequentare le scuole superiori.
Cresciuta in una casa molto religiosa e conservatrice, la sua giovinezza fu segnata da una serie di dolorose tragedie familiari.
Ha imparato a parlare l’italiano verso i 20 anni, prima si esprimeva soltanto nella lingua sarda, e nonostante fosse osteggiata dalla famiglia, ha cominciato a scrivere sin da adolescente. Pubblicò la sua prima novella nel 1886, a quindici anni, su un giornale nuorese. Due anni dopo  già collaborava con varie altri giornali e riviste, prima sarde e poi romane.
Il suo primo libro fu Anime oneste, del 1895.
Trasferitasi a Cagliari nel 1899, conobbe il mantovano Palmiro Madesani, che sposò pochi mesi più tardi spostandosi a vivere con lui a Roma dove continuò a scrivere e pubblicare romanzi. Ebbero due figli, Franz e Sardus.
Elias Portolu, uscito nel 1903, ottenne subito un buon successo e in pochi anni pubblicò moltissimi libri e opere teatrali, tra cui: Dopo il divorzio, Cenere, L’edera e Canne al vento.
Il suo successo fu tale che il marito si licenziò dal lavoro come funzionario al Ministero delle Finanze per diventare  il suo agente.
Il verismo della sua narrativa, i toni cupi e l’ansia di liberazione delle sue opere, le storie di passioni primitive che ha raccontato nei suoi romanzi fecero breccia nella critica, anche all’estero, soprattutto tra gli scrittori russi.
Nel 1927, venne insignita del Premio Nobel per la Letteratura “per la sua potenza di scrittrice, sostenuta da un alto ideale, che ritrae in forme plastiche la vita quale è nella sua appartata isola natale e che con profondità e con calore tratta problemi di generale interesse umano”.
Il Nobel di Grazie Deledda fu tecnicamente quello del 1926, che la commissione aveva deciso di trattenere per un anno non avendo trovato un candidato adatto a riceverlo.
In 40 anni di carriera la scrittrice ha pubblicato 56 opere tradotte in molte lingue. È stata anche traduttrice, sua è una versione italiana di Eugénie Grandet di Honoré de Balzac.
Un tumore al seno di cui soffriva da tempo la portò alla morte il 15 agosto del 1936.
In un primo momento venne sepolta nel cimitero del Verano a Roma, ma nel 1959 i suoi familiari traslarono le spoglie nella sua città natale. Da allora sono custodite in un sarcofago di granito nero levigato nella chiesetta della Madonna della Solitudine, ai piedi del monte Ortobene, che tanto aveva decantato in uno dei suoi ultimi lavori.
La sua casa natale, nel centro storico di Nuoro (nel rione Santu Predu), è oggi adibita a museo.
Cosima, quasi Grazia il suo racconto autobiografico rimasto incompiuto, è stato pubblicato postumo con il titolo Cosima.
Per potersi esprimere attraverso la scrittura e dare forma alle sue aspirazioni profonde, Grazia Deledda ha dovuto lottare contro la piccola e chiusa società di Nuoro in cui il destino della donna non poteva oltrepassare il limite di moglie e madre, ma non che negli ambienti contadini o provinciali del resto dell’Italia la situazione femminile fosse migliore.
I suoi temi principali furono l’etica patriarcale del mondo sardo e le sue atmosfere fatte di affetti intensi e selvaggi.
La sua narrativa si basa su forti vicende d’amore, dolore e morte sulle quali aleggia il senso del peccato, della colpa, e la coscienza di una inevitabile fatalità. Canne al vento, difatti, sono le vite degli esseri umani in preda a forze superiori.
È stata protagonista del travaglio della crisi epocale del mondo patriarcale (contadino e pastorale), incapace ormai di contenere e di promuovere le istanze affioranti nelle nuove generazioni.
Ha fatto esplodere le contraddizioni di una società ormai in declino, senza tradirne la radice identitaria profonda che la distingue da tutte le altre. Cosa che, nei primi anni le procurò non pochi nemici tra gli intellettuali suoi conterranei che non guardavano di buon occhi le sue descrizioni della società sarda che veniva fuori come terra rude, rustica e arretrata. Più recentemente le posizioni sono arretrate riconoscendo nella scrittrice l’alto valore letterario e identitario.
La scrittura di Grazia Deledda è moderna e ben si adattava alla narrazione cinematografica, dai suoi romanzi sono stati tratti diversi film già nei primi anni del XX secolo. Nel 1916, il regista Febo Mari aveva incominciato a girare Cenere con Eleonora Duse, film che non vide compimento a causa della guerra.
In Sardegna e non solo Grazia Deledda è stata omaggiata in tanti modi. Le è stato dedicato un cratere su Venere. L’artista Maria Lai nel 2012 le ha dedicato, a Nuoro, il monumento Omaggio a Grazia Deledda. In tutta la penisola le sono state intitolate tante scuole, parchi letterari, statue e dischi.
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Antonio De Lisa- Fantasmi e letture. Percorsi di Letteratura italiana- Indice
Antonio De Lisa- Fantasmi e letture. Percorsi di Letteratura italiana- Indice
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  Antonio De Lisa- Fantasmi e letture. Percorsi di Letteratura italiana- Indice
    P01- Analisi letteraria – Literary Analysis
P02- Schede di Poesia contemporanea – Contemporary Poetry
P03- A Sud di Montale- Poeti meridiani del XX e XXI Secolo
P03- Schede di Narrativa contemporanea – Contemporary Fiction
P04- Letteratura italiana – Storia e testi
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tmnotizie · 5 years
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FANO – Dal 24 al 30 giugno scrittori, giornalisti, artisti, attori e poeti a Fano (Pesaro e Urbino) per Passaggi Festival. L’edizione 2019, la settima del festival ideato e diretto da Giovanni Belfiori, si arricchisce di contenuti e rassegne, incentrate sul tema “C’era una volta in Europa”, grazie anche al lavoro del comitato scientifico, presieduto da Nando dalla Chiesa e composto da Marino Sinibaldi, Alessandra Longo, Lorenzo Salvia, Giorgio Santelli, Claudio Novelli.
Dal pomeriggio fino a mezzanotte, la città adriatica tornerà ad essere la capitale dei ‘Libri vista mare’. Dalla piazza XX Settembre al mare, dal Pincio alla chiesa di San Francesco, dalla Mediateca al Teatro della Fortuna, un’invasione di libri e non solo, ma anche teatro, mostre d’arte e di fotografia, incontri con la scienza, workshop, laboratori per i più piccoli, cortometraggi, visite guidate e un festival nel festival, “Fuori Passaggi”, dedicato al pubblico più giovane. Tutto a ingresso gratuito.
I premi del Festival: Iacona e Recalcati
Due gli ospiti di eccezione che saranno premiati quest’anno: l’ideatore e conduttore di Presa Diretta, Riccardo Iacona e lo psicanalista Massimo Recalcati.
Iacona giovedì 27 giugno ritirerà, dalle mani di Ivana Monti Barbato, il Premio Andrea Barbato 2019, patrocinato dall’Ordine giornalisti, mentre domenica 30 giugno Recalcati ritirerà il Premio Passaggi 2019, riconoscimento che viene conferito a una personalità che si è distinta per l’attività di saggistica e per la figura morale.
La rassegna di piazza
Dieci le rassegne librarie, tra cui la rassegna “Grandi Autori”, in piazza XX Settembre dove sarà allestito il palco centrale. Lì saliranno la conduttrice televisiva Rita dalla Chiesa con un libro nel quale racconta la sua vita a partire dal drammatico 3 settembre 1982 quando Cosa Nostra uccise il padre a Palermo, il generale Carlo Alberto dalla Chiesa; l’attrice Lella Costa che ha scritto un saggio sulla patrona d’Europa Edith Stein; il giornalista francese Bernard Guetta autore di I Sovranisti (Add) insieme al direttore di Reset Giancarlo Bosetti, e poi ancora lo psichiatra Paolo Crepet, il sociologo Nando dalla Chiesa, il giornalista Antonio Padellaro, l’ex premier Paolo Gentiloni, il giornalista e conduttore tv Massimo Giletti, l’ex ministro Giulio Tremonti, il sondaggista Nando Pagnoncelli, l’economista Giulio Sapelli, il direttore delle relazioni internazionali di Eni Lapo Pistelli, la ricercatrice universitaria Federica Cabras, il presidente di Coop Alleanza 3.0 Adriano Turrini, che converseranno con giornalisti delle maggiori testate come Marino Sinibaldi (direttore Rai Radio 3), Antonio Di Bella (direttore di Rainews24), Paolo Del Debbio (Rete 4), Alessandra Longo e Maria Novella De Luca (la Repubblica), Giorgio Santelli (Rainews24), Andrea Purgatori (La 7), Lorenzo Salvia e Jessica Chia (Corriere della Sera).
Destinazione luna, con Rai Teche, ricordando Andrea Barbato
A proposito di Andrea Barbato, e per ricordare il cinquantesimo anniversario dello sbarco dell’uomo sulla Luna, il festival Passaggi presenterà, in collaborazione Rai Teche, una serie di video dal titolo “Destinazione Luna”. I video, che saranno trasmessi nel maxischermo della piazza centrale, hanno come protagonista Barbato ed altri giornalisti Rai, come Piero Angela, Ruggero Orlando, Gustavo Selva, Tito Stagno… Insomma un interessante e nostalgico tuffo nel passato, come solo Rai Teche sa regalarci.
Le altre rassegne
Ancora tanta saggistica nelle diverse sedi del Festival. Alla chiesa di San Francesco libri al femminile: Flavia Fratello de La 7 e Meri Pop di Repubblica Live incontreranno un’icona della sinistra italiana come Luciana Castellina con il suo “Amori comunisti” (Nottetempo), la food editor del Corriere della Sera Angela Frenda che presenterà “La cena perfetta” (Solferino), la giornalista e sceneggiatrice di tante fiction di successo Maria Venturi con il suo ultimo libro “Cuore Matto” (Solferino), la conduttrice tv Daniela Collu con “Volevo solo camminare” (Vallardi) sul cammino di Santiago.
Sempre alla San Francesco troviamo i libri per stare bene di “Passaggi di Benessere” in collaborazione con Aboca, ospiti Massimo Cirri di Caterpillar Rai Radio 2, Sandro e Maurizio Di Massimo, Alan Wayne Berti.
I “Libri in cortile” di Palazzo de Pili propongono testi di settore di grande qualità, come l’ultimo libro di Francesco Delzio, “La ribellione delle imprese”, presentato dal sottosegretario del ministero per i Rapporti con il Parlamento Guido Guidesi e dalla conduttrice di Uno Mattina, Benedetta Rinaldi; “La solitudine di Francesco” del vaticanista Marco Politi che dialogherà con il vescovo di Fano Armando Trasarti; la storia del movimento omosessuale marchigiano curata da Jacopo Cesari e infine “Fano – Passaggi in città”, guida turistica curata da Ippolita Bonci Del Bene, che propone itinerari per scoprire storie e luoghi insoliti di Fano.
La Mediateca Montanari ospita gli incontri di Saper Fare, laboratori per scrivere e leggere meglio attraverso i libri, con Francesca Giommi e la sua lezione sulla scrittura creativa, e Leonardo Luccone, autore di “Questione di virgole – Punteggiare rapido e accorto” (Laterza), ed anche la rassegna “Piccoli asSaggi, la saggistica per diventare grandi”, che ospita lo scrittore e sceneggiatore Paolo di Paolo, la fondatrice della Libreria per ragazzi Giannino Stoppani Grazia Gotti, il filosofo Armando Massarenti, la storica Elisabetta Serafini con l’illustratrice Caterina di Paolo.
La narrativa: Albania, Montenegro, Bulgaria
Una grande novità di questa edizione è l’apertura alla narrativa, quella che viene da una parte molto sensibile del nostro continente, tenendo in conto il tema di quest’anno. Alla Chiesa di San Francesco esordisce “Europa/Mediterraneo. Passaggi ad Est”, la nuova rassegna dedicata al romanzo di area balcanica con autori tra i più interessanti, come la bulgara ZdravkaEvtimova, il montenegrino Andrej Nikolaidis e l’albanese Bashkim Shehu, insieme all’italiano Lorenzo Pavolini e a Matteo Mandalà, fra i maggiori esperti di letteratura albanese.
Poesia: ospite d’ onore Milo De Angelis
Tra i generi extra saggistica troviamo la poesia della rassegna Passaggi DiVersi, anch’essa ospitata alla San Francesco, promossa in collaborazione con la rivista “Verso Dove”. Le serate dedicate alla poesia saranno quattro. Ospite d’onore, Milo De Angelis, una delle voci più importanti della poesia italiana intervistato da Roberto Galaverni. Altra serata da segnalare quella con Tommaso Giartosio, mentre negli altri due appuntamenti troviamo i poeti: Franca Mancinelli, Alessandro Anil, Flavia Novelli, Marco Ferri, Vito Bonito, Vincenzo Bagnoli, Fabrizio Lombardo, Enrico Capodaglio.
Fuori passaggi, dentro i giovani
Al Pincio sarà allestita la rassegna Fuori Passaggi, la parte ‘giovane’ del festival, condotta da Matteo B. Bianchi (che presenterà il suo “Yoko Ono, Dichiarazioni d’amore per una donna circondata d’odio”) e Daniela Collu, dove si incontreranno autori di libri provenienti da altri mondi come l’arte, il web, la musica. Tanti ospiti tra i più amati dai giovani, come il rapper Frankie hi-nrg mc, la giovanissima scrittrice Sofia Viscardi e la sua autrice e content strategist Irene Graziosi, i video producer Casa Surace, la critica musicale Giada Cavaliere, il cantautore Dente, la band Lo Stato Sociale che ha debuttato nel mondo dei graphic novel insieme al fumettista Luca Genovese, il dj Lele Sacchi, il conduttore radiofonico Matteo Bordone di Rai Radio 2 e lo youtuber Gordon, al secolo Yuri Sterrore.
Sempre al Pincio Alessio Trabacchini di Fumettologica.it incontrerà gli autori di Passaggi fra le Nuvole, la rassegna dedicata ai graphic novel. Ospite d’onore Mauro Biani, fumettista, illustratore e blogger, dal 2012 vignettista de il Manifesto, e poi un maestro del genere come Vittorio Giardino, il neo premiato ai Comicon 2019 Paolo Bacilieri, il maestro del fumetto argentino Josè Munoz, il Magnifico rettore dell’Università di Camerino Claudio Pettinari in un incontro che unisce scienza e fumetto, Lorenzo Ghetti, Mattia Labadessa, e Cristina Portolano e Josephine Yole Signorelli in arte “Fumettibrutti” il nuovo grande fenomeno del fumetto italiano esploso in rete, intervistate dall’editrice Monica Martinelli.
Lino Guanciale e Milena Vukotic sotto le stelle del festival
Ma Passaggi non è solo libri. Tante le iniziative collaterali del Festival. Dal teatro arrivano due bravissimi attori che sono al momento tra i volti più amati e conosciuti anche del piccolo schermo. Protagonisti di “Ad Alta Voce”, il format, curato da Lorenzo Pavolini, che Radio 3 ha portato a Passaggi da qualche anno, saranno Lino Guanciale e Milena Vukotic, i quali leggeranno in notturna brani da due famosi romanzi, “Cuore di Tenebra” di Joseph Conrad e “La Storia” di Elsa Morante, in uno scenario particolarmente suggestivo: la chiesa neoclassica a cielo aperto di San Francesco, nel centro storico fanese.
Workshop gratuiti con i guri del settore digital
Dedicati alle imprese, ai professionisti e agli editori sono i tre workshop su “Intelligenza artificiale per vincere le sfide di mercato” organizzati con tre “guru” del settore: Paolo Dello Vicario, Ceo di By Tek Marketing e uno dei più autorevoli professionisti di Search e Content Marketing a livello europeo; Filippo Trocca di Datrix, il gruppo di società tecnologiche specializzate in applicazioni di intelligenza artificiale; Enrica Menozzi, business development manager di Paperlit, la piattaforma leader nella trasformazione digital del publishing. La partecipazione ai workshop è gratuita con prenotazione obbligatoria.
Calici di scienza
Dopo il successo dello scorso anno, tornano gli aperitivi, offerti da Passaggi, con scienziati e docenti dell’Università di Camerino che si svolgeranno nella sala da tè del centro storico fanese, L’Uccellin Bel Verde. Da non perdere l’aperitivo col Magnifico Rettore Claudio Pettinari, domenica 30 giugno.
Una moltitudine di giochi
Passaggi Festival è anche gioco. Gioco per imparare divertendosi, gioco per conoscere, gioco per sperimentare fuori dai luoghi tradizionali dell’insegnamento. Sono più di 40 i laboratori per bambini e adolescenti, tutti gratuiti (prenotazione obbligatoria sul sito del festival) che Passaggi propone quest’anno. Si va da quelli sulla scienza gettonatissimi curati dall’Università di Camerino a quelli, altrettanto richiesti, di astronomia con le astronome dell’associazione Nane Brune, e poi laboratori creativi di disegno, laboratori con la carta, con i sassi, con i materiali di riciclo.
Le mostre
Evento in anteprima del Festival, l’inaugurazione, lunedì 24 giugno, delle sei mostre in programma quest’anno, collocate in cinque tra i più significativi palazzi e monumenti del centro storico di Fano. Alla Galleria del Monte il fotoreporter Giorgio Bianchi che ha raccontato con le sue immagini le guerre in Siria e in Ucraina, a Palazzo De Pili la giovane fotografa di scena forsempronese Cristina Pergolini, al Teatro della Fortuna la collettiva di Centrale Fotografia e la pittorica dell’artista-libraio Guido Bianconi, allo Spazio Pagani di Palazzo Bracci l’incisore fanese Giordano Perelli e, dulcis in fundo, alla Mediateca Montanari la mostra di illustrazioni e disegni di Mauro Biani.
Passaggi corti
Alla Mediateca Montanari anche “Europa in Shorts!”, rassegna di cortometraggi curata da Fiorangelo Pucci con opere provenienti dal Fano International Film Festival, di cui Pucci è direttore. Sei titoli tra cui alcuni vincitori di premi in importanti rassegne come “Il Mondiale in piazza” di Vito Palmieri, premiato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, e “La giornata” di Pippo Mezzapesa, Nastro d’Argento Sezione Speciale per l’Impegno Sociale 2018.
Visite guidate
Tornano le visite guidate a cura di Manuela Palmucci. Quattro itinerari per scoprire a piedi o in bicicletta i luoghi più belli e gli angoli più suggestivi del centro storico tra arte, architettura, archeologia e vecchie botteghe.
Crediti e sostenitori
Il Festival, promosso dall’associazione Passaggi Cultura in collaborazione con Librerie Coop, usufruisce del patrocinio del Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo e dell’Università degli Studi di Camerino. È sostenuto dal Comune di Fano e dalla Regione Marche. Ha il contributo di main-sponsor Profilglass, top sponsor Coop Alleanza 3.0, premium sponsor Bcc Fano, Renco, Gibam, Fondazione Cassa di Risparmio di Fano, gold sponsor Banco Marchigiano, Schnell, Pesceazzurro, silver sponsor Aboca, Claudio Pacifici, Allevamenti e Prodotti di Qualità Primamattina Montefelcino, Dago, Earth System, Edil Service, e dei partner organizzativi Casarredo, Studio Bacelli e Baruti, Rondina Auto, ISI Web Agency, By Tek Marketing,  Liceo Nolfi Apolloni di Fano, ReVerde Regini.
Main Media-partner è la Rai, con Rainews24, Rai Cultura, Rai Radio 3 e la collaborazione di Rai Teche. Media partner nazionale sono La Lettura – Corriere della Sera, Ansa e l’agenzia giornalistica Vista. Media partner locali: Radio Fano, Fano TV e Lisippo.
Il programma è su www.passaggifestival.it
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gregor-samsung · 2 months
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“ Quella sera cenammo e sedemmo nell’orto. Non s’aveva notizie degli altri. Per mezzanotte si doveva radunarci un’altra volta. Aspettavo Giuseppe. – Suona un po’ di chitarra, – mi disse. – Se davvero sei stato studente, – gli chiesi, – e tuo padre era un borghese, come va che lavori con noi? Perché hai dovuto scappare? Non ti conviene che in Italia c’è il fascismo? – Tutte le classi hanno dei matti, – disse lui. – Se non fosse cosí, saremmo ancora a Roma antica. Per cambiare le cose ci vogliono i matti. Ti sei mai chiesto cos’è un matto a questo mondo? Poi mi disse: – Anche tu sei un matto. Ti conviene il lavoro che fai? Se rischi il muro o la galera, chi ti paga? – Siamo tutti sfruttati… – Chi ti sfrutta? la Gina? Parlava brusco e divertito. Avevo voglia di rispondergli. – Voglio dirti una cosa, – mi fece. – C’è questa sola differenza tra noi due: quello che a me è costato mesi di sudori per decidermi e libracci e batticuori, tu e la tua classe ce l’avete nel sangue. Sembra niente. – Difficile è stato trovarli, i compagni. – E perché li hai cercati? Speravi qualcosa? Li hai cercati perché avevi l’istinto. – Quei pochi libri vorrei leggerli. Se un bel giorno le scuole saranno per noi… – Non è molto il guadagno dei libri. Ho visto in Spagna intellettuali far sciocchezze come gli altri. Quel che conta è l’istinto di classe. Parlavamo cosí, dentro l’orto. Non era buio ma i lampioni s’accendevano a distanza. Qualche finestra s’era accesa. Pensare che Scarpa partiva domani, mi faceva un’invidia. Tante cose poteva insegnarmi. “
Cesare Pavese, Il compagno, Einaudi (collana Tascabili Letteratura n° 33), 1993 [1ª ed.ne 1947]; pp. 125-126.
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gregor-samsung · 5 months
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“ Sul carro era stato caricato tutto quello che ci poteva stare, anche la macchina da cucire e la bicicletta, anche la damigiana piccola piena di vino. Quindi la porta di casa era stata chiusa. L’aveva chiusa la madre con molta cura, e prima di legare la chiave alla cintura del suo vestito essa si era più volte assicurata che fosse chiusa bene. E poi erano rimasti vicino al carro, di fronte alla porta chiusa. Erano rimasti là fermi un poco, senza far niente perché non c’era più niente da fare, ma pareva loro di dover aspettare chi sa che cosa. E infine il vecchio aveva detto: «Avanti!» con voce solenne, come se fosse risorto in lui l’antico spirito dei capi che guidavano le tribù nelle trasmigrazioni dei popoli. E il figlio Nino aveva incitato i buoi più volte, portando il carro dietro la casa e poi sulla carrareccia che conduceva alla strada grande. E allora la madre aveva camminato in fretta per raggiungere il suo uomo che stava in testa, e insieme e vicini andarono avanti verso la strada. E dietro veniva il carro guidato dal figlio Nino, che senza posa stimolava i buoi con la voce e col lungo bastone. E dietro il carro, dopo la vacca legata che camminava sonnolenta, venivano la ragazza Effa, e la Rossa, che portava in braccio il suo piccolo figlio addormentato. E intanto il cielo sopra la linea dei monti si era fatto chiaro e dorato. «Guarda, Rossa» disse la ragazza Effa. «Deve essere nata la luna.» E la madre, che camminava dall’altra parte del carro accanto al suo uomo, disse: «Guarda, Mangano. Dev’essere nata la luna. Tra poco ci vedremo meglio.» “
Giuseppe Berto, Le opere di Dio, Nuova Accademia Editrice (collana I cristalli degli Italiani), Milano, 1965; pp. 167-69.
[ 1ª edizione originale: Macchia editore, Roma, 1948 ]
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gregor-samsung · 1 year
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“ Un albero di ciliegio aveva messo le radici nelle fenditure tra i sassi componenti il muretto che sosteneva la terrazza; sporgendosi dalla ringhiera, si vedeva sotto il suo tronco uscire dal muretto a due metri da terra, e poi arcuarsi in modo che, spingendosi in alto, si rovesciava in dentro. Quasi tutta la chioma era perciò sopra il giardino, anzi sembrava stendersi verso l’interno il più possibile, e mi faceva tetto sopra la testa. Notai che la ringhiera era un po’ fuori sesto, come tirata in giù, proprio nel tratto dove il tronco, salendo dall’esterno, le passava rasente. Guardai e vidi che il muro si era gonfiato intorno al punto da cui il tronco ne usciva. Qualche sasso si era staccato e giaceva per terra nel prato sottostante. Fatta questa breve ispezione mi ritirai d’un passo e rivolsi lo sguardo in su. I rami, esili e serrati, formavano una cupola, e i fiori bianchi erano così fitti da non lasciar vedere nemmeno un pezzetto di cielo. Non avevo mai visto niente di così numeroso, e nel primo momento quella ripetizione infinita di petali dello stesso colore bianco mi diede il capogiro. Dove si apriva un varco, l’occhio era subito fermato da un intreccio di petali sul piano successivo; un piano era sfondo dell’altro; da sotto, si poteva credere che quell’immensa fuga di alette bianche non terminasse mai. Il sole non filtrava e, per quanto vedevo, la fioritura stava in ombra, senza vibrazioni di raggi e tutta luminosa allo stesso grado. Stampava un’ombra netta sul prato: fuori del suo contorno, il prato risplendeva d’una luce calda: ma io mi trovavo chiuso sotto una campana di luce chiara, fredda e come irradiata da una sorgente artificiale. Eppure portava qualcosa di vigoroso e di eccitante più dello stesso giorno. Mi pareva di essere caduto in un mondo diverso da quello della casa, e forse lo ero davvero; ho sempre pensato possibile, l’intrusione di un altro mondo in quello nostro abituale, e che possiamo scivolarvi da un momento all’altro. Mi giunse, in un secondo scatto, anche il movimento e il rumore. L’albero era pieno d’api, che in quell’ombra non luccicavano, ma volavano nitide tra i rami e penetravano nelle grotte dei rami, facendo un brusio d’alveare. Quella era la cosa vivente che amavo di più in casa mia, che avevo spesso ricordato, e da cui mi piaceva essere ricevuto dopo una lunga assenza. Emanava una grande, quasi smisurata energia, trasmetteva una vibrazione invisibile come le onde eteree che giungono fino alle stelle; era l’energia degli dei, dei grandi animali e dei morti. “
Guido Piovene, Le stelle fredde, Arnoldo Mondadori Editore, (Collana Scrittori Italiani e Stranieri), 1970¹; pp. 32-34.
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gregor-samsung · 1 year
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“ Io avrei fatto qualsiasi cosa pur di non dare dispiaceri al mio medico analista, e questa era una delle molte faccende che abitualmente mandavano in bestia mia moglie, la quale affermava che avevo più riguardi per un tizio che mi mangiava un sacco di soldi facendo quattro chiacchiere, che non per lei, circostanza che non era affatto vera in senso assoluto, ma tant’è, mia moglie, oltre che incompetente in fatto di psicoanalisi, era molto innamorata di me, o così sembrava, e in realtà era possessiva, egocentrica e abbandonica, come ben mi spiegava il medico, e le dava fastidio qualsiasi persona, e perfino cosa o attività che mi sottraesse a lei sia pure temporaneamente, e nella questione della psicoanalisi lei intuiva che, per via del transfert, io mi ero alfine procurato un padre come si conveniva, che potevo amare incondizionatamente dal momento che non mi rompeva di continuo le scatole come il padre mio vero ancorché morto, al contrario era uno che volentieri mi perdonava ogni peccato, anche perché, oltre a tutto, pareva che i peccati non esistessero, i miei perlomeno, ossia sembrava che nelle mie male azioni io fossi stato sempre condizionato, il che voleva dire che nelle date circostanze non avrei potuto agire meglio di come avevo agito, così affermava il medico analista, e io scommetto che lo avrebbe affermato anche nel caso che io avessi, tanto per dire, stuprato tutte e quante le mie cinque sorelle, e questo a differenza del padre mio vero, e anche a differenza di mia moglie si capisce, ma qui in questa storia il personaggio che interessa è più mio padre che non mia moglie, ed egli, specie nella prima fase della nostra lotta, era sempre propenso a scoprire, nelle diverse cose che non funzionavano intorno a noi, una qualche mia colpa, per quanto parecchie di queste cose, in particolare quelle riguardanti la convivenza familiare e l’andamento degli affari, funzionassero male anche senza che io c’entrassi per niente. Chissà poi mai cosa lui pensava di se stesso, se cioè mi si associava almeno parzialmente nelle numerose colpe che mi attribuiva, o se addirittura attribuirmi colpe gratuite era per lui una manovra evasiva allo scopo di scaricarsi sia pure fittiziamente la coscienza troppo gravata da sentimenti di responsabilità, a dire il vero per molto tempo e anche dopo la sua morte io ho pensato che lui si reputasse uomo giusto e saggio per eccellenza, e quindi esente da colpe come un padreterno, ma in seguito non fui più tanto sicuro di ciò, anzi non ne fui sicuro per niente, e questo non tanto perché avessi scoperto documenti prima ignorati o fossero emersi nuovi fattori di giudizio, quanto perché, sebbene in seguito alle vicissitudini della malattia, mi capitò di capovolgere direi da cima a fondo il mio punto di vista, un po’ eccessivamente perfino, giacché se attraverso tutto un lavorìo di confronti risultava che io somigliavo a mio padre, ne derivava senz’ombra di dubbio che mio padre vivo doveva somigliare a me, anche nell’esorbitante senso di colpa dunque, per quanto io sia consapevole che in questa questione della somiglianza giochi molto il processo di identificazione tuttora in atto, e so anche di correre il rischio di andare ad identificarmi con un padre assolutamente immaginario, o fors’anche con una proiezione di me stesso idealizzato, benché poi a sorreggermi nella mia fede e fatica ci sia un’indubitabile e paurosa somiglianza d’aspetto, oggettiva, a proposito della quale potrei tirar fuori, tanto per fare un esempio, la faccenda delle fotografie. “
Giuseppe Berto, Il male oscuro, Rizzoli, 1969; pp. 12-14.
[1ª Edizione: 1964]
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gregor-samsung · 1 year
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“ Dostoevskij sedette qualche metro più in là voltandomi la schiena. La sua presenza era diventata pesante. Mi era proprio venuto a noia e desideravo passare qualche tempo da solo senza sentirmelo vicino. Cambiai posto e andai a stendermi dove non potevo vederlo. Tenevo gli occhi chiusi, ma qualche minuto più tardi la sua voce mi obbligò ad aprirli e lo vidi davanti a me. Disse: “Scusi se la disturbo: ho bisogno di una informazione urgente.” “Su che cosa?” “Su questo mondo.” “Dica.” “È migliorato da quando io sono andato via?” “No.” “È sempre brutto.” “Sempre brutto.” Un silenzio. Volevo che se ne andasse e chiesi: “Altro da domandarmi?” “Sì, quello lo sapevo già. La mia vera domanda è un’altra.” Feci un cenno che significava: ascolto. “Ci sono ancora apostoli, predicatori, missionari?” “In grande quantità.” “Agitatori, giustizieri, incitatori, paladini di cause, assetati di verità, smaniosi di giustizia?” “Non c’è penuria.” “Attivisti, rinnovatori, riformatori, spasimanti per l’uomo?” “Ad ogni angolo di strada.” “Quelli che soffrono per gli altri, che vivono per gli altri, che vivono per il futuro?” “Merce corrente.” “Grazie.” Si allontanò e lo riperdetti di vista. Sperai di non vederlo più. “
Guido Piovene, Le stelle fredde, Arnoldo Mondadori Editore, (Collana Scrittori Italiani e Stranieri), 1970¹; pp. 192-193.
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gregor-samsung · 2 years
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“ Tacemmo per un po', poi il mio compagno mi chiese il permesso di fumare. Frugò in una borsa che teneva vicino al letto e nella stanza si sparse l'odore di quei sigaretti indiani piccoli e profumati, fatti di una sola foglia di tabacco. «Una volta lessi i Vangeli», disse, «è un libro molto strano». «Soltanto strano?», chiesi. Ebbe un'esitazione. «Anche pieno di superbia», disse, «sia detto senza cattiveria». «Temo di non capire molto bene», dissi io. «Mi riferivo a Cristo», disse lui. L'orologio della stazione batté la mezzanotte e mezzo. Sentivo che il sonno si stava impossessando di me. Dal parco dietro i binari arrivò il gracchiare dei corvi. «Varanasi è Benares», dissi, «è una città santa, anche lei va in pellegrinaggio?». Il mio compagno spense la sigaretta e tossì leggermente. «Vado a morire», disse, «mi restano pochi giorni di vita». Si sistemò il cuscino sotto la testa. «Ma forse è opportuno dormire», continuò, «non abbiamo molte ore di sonno, il mio treno parte alle cinque». «Il mio parte poco dopo», dissi. «Oh, non tema», disse lui, «l'inserviente verrà a svegliarla per tempo. Suppongo che non avremo più occasione di vederci secondo le sembianze sotto le quali ci siamo conosciuti, queste nostre attuali valigie. Le auguro un buon viaggio». «Buon viaggio anche a lei», risposi. “
Antonio Tabucchi, Notturno indiano, Sellerio Editore (collana La memoria n° 93), 2002³³ [1ª ed.ne 1984]; pp. 42-43.
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gregor-samsung · 5 months
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“ La Fratesi è bruna, giovane, tutta bella, e una tenerezza sempre vicina al pianto. Ha una voce femminile con una incrinatura di umile, di chi non può essere consolata benché ne abbia tanto bisogno; una volta sola l'ho vista ridere e pareva un miracolo di umana bellezza. Racconta che il marito di notte, mentre ella dormiva, la svegliava e le ordinava, cosí in camicia, di scendere senza far rumore in cucina. Quivi giunti egli la picchiava dopo averla fatta mettere in ginocchio, preferiva batterla nella testa e di piú ancora nelle tempie, qualche volta sveniva. Ho conosciuto il marito, che l'è venuta a trovare l'altra mattina; ha infatti un volto pallido di iroso degenerato. La svegliava la notte mentre essa dormiva serena, probabilmente sarà stato chino su di lei, prima di svegliarla, a guardarla e a pregustare. Tempo prima la picchiava nella stessa camera, ma siccome la madre del marito, la suocera, che dormiva vicino, era risvegliata e veniva a domandare che succedeva e poi rimproverava il figlio, allora, perché la vecchia non udisse, scendevano in cucina, che era al piano sottostante e, le porte chiuse, ogni rumore giungeva attutito. Del resto lei non si doveva lamentare. Poi il marito, dopo le percosse, usava di lei. La Fratesi è ora qui ricoverata per malinconia, ciò non toglie che tutto questo sia vero. Bella e pietosa non si lamenta, né rimprovera o inveisce contro il marito che cosí la usava. Solo gli occhi le si fanno piú grandi, nella bocca una leggerissima amarezza, che subito viene cancellata da un sorriso colmo di perdono, e sembra che sia sul punto di aggiungere che il marito forse aveva le sue ragioni. “
Mario Tobino, Le libere donne di Magliano, introduzione di Geno Pampaloni, A. Mondadori (collana Oscar n° 90), 1969²; pp. 74-75.
[1ª Edizione originale: Vallecchi, Firenze, 1953]
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gregor-samsung · 4 months
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“ Oggi ancor piú ho precisato il mio collega Brizzi: il suo sacrario è la famiglia, in lei ritorna candido; fa tutto per i figli, perché non soffrano, perché si istruiscano, perché il plebeo non li ferisca. L'uomo è come un buco dentro la terra, ogni volta che si scava piú profondo vien fuori altra sostanza e terra piú nera o piú scialba o ghiaia o roccia o squama e ogni volta è un mistero che genera meraviglia. Avevo sempre frequentato Brizzi qui al manicomio ed anzi mi era sembrato che piú volte avesse voluto praticamente indicare, a me piú giovane, le sue definitive conclusioni, cioè che gli uomini sono disposti al peccato, che è necessario adattarsi alla ferocia dei tempi, e chi si abbandona alla generosità è debole o sciocco; ridicola ogni speranza. Oggi è Natale, ero solo, non sapevo dove andare e non mi riusciva scacciare, mentre si avvicinava mezzogiorno, una sconsolazione che sempre piú mi pungeva come volesse farmi arrivare al pianto. Proprio lui, Brizzi, oggi, Natale, è venuto apposta al manicomio, mi ha cercato, mi ha invitato a casa sua, nella quale non invita nessuno. Gli sono grato. Tre ore sono passate fuggendo, cosa per me fino ad ora rarissima durante i pranzi dei giorni celebrativi. Il merito è anche dei suoi due figli, educati ammirevolmente e di anima limpida, Vincenzo e l'altro minore che ora, dopo essersi laureato in medicina, si specializza in pediatria. Il padre era cosí felice in mezzo ai suoi figli da divenire timido e rincantucciava le membra in un gongolamento che gli toglieva ogni pensiero. Il giorno di Natale, oggi, io solo come un cane da pagliaio, come la Lella che oggi ha mangiato col gatto e quando ha saputo che anch'io sono stato invitato si è messa a piangere, Brizzi mi ha detto di andare a casa sua e io ho sentito che era sincero e ci sono stato con quella felicità che si intende dopo che è passata. Ma dunque è sera, sono le sei e mezzo, fuori è il plumbeo cielo del Natale ormai scuritosi in notte, io ho fra ventidue giorni quarantatré anni e il Brizzi mi ha fatto testimone della sua battaglia: crede invece segretissimamente al futuro, segretissimamente violenta si risolleva la sua religione, la piú nascosta; forse ripete, tentacolando cieco, e nello stesso tempo chiarissimo, che dobbiamo iniziare dalla famiglia. “
Mario Tobino, Le libere donne di Magliano, introduzione di Geno Pampaloni, A. Mondadori (collana Oscar n° 90), 1969²; pp. 190-192.
[1ª Edizione originale: Vallecchi, Firenze, 1953]
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gregor-samsung · 5 months
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“ Eravamo nell'atrio, tutto rivestito di capelvenere. Dinnanzi m'era lo scenario che godevo da un mese e che mi sembrava di vedere ogni giorno per la prima volta. Il declivio verde di aranci, costellato di frutti d'oro, poi l'azzurro del mare, l'azzurro del cielo; e su quell'orizzonte a tre smalti diversi, i piú divini modelli che l'arte dorica abbia, col Partenone, tramandato sino a noi. Il Tempio della Concordia, e vicino il Tempio d'Era con la sua fuga di venti colonne erette e di venti colonne abbattute, e, piú oltre, il Tempio d'Ercole, ossario spaventoso della barbarie cartaginese, meraviglia ciclopica tale che la nostra fantasia si domanda non come sia stato costrutto, ma come sia stato abbattuto; e oltre ancora il Tempio di Giove Olimpico, il Tempio di Castore e Polluce: tutte le sacre rúine che Agrigento spiega a sfida tra l'azzurro del cielo e del mare, ecatombe di graniti e di marmi che sembra dover ricoprire tutta la terra di colonne mozze o giacenti, di capitelli, di cubi, di lastre, di frantumi divini. Ma dinnanzi a noi era quello che Miss Eleanor chiamava «il mio tempio», il tempio di Demetra, eretto ancora sulle sue cinquantaquattro colonne, l'unico intatto fra dieci altri abbattuti, l'unico sopravvissuto, per uno strano privilegio, al furore fenicio e cartaginese, al fanatismo cristiano e saraceno. — No, amico mio. Dobbiamo ai cristiani e ai saraceni se il tempio è giunto intatto fino a noi.
Fu San Rinaldo, nel IV secolo, che lo scelse fra «i monumenti infernali dell'idolatria» per convertirlo in una chiesa dedicata a San Giovanni Evangelista, chiesa che fu trasformata in moschea al tempo dell'invasione saracena. E l'edificio divino fu salvo, mascherato e protetto come un fossile nella sua custodia di pietra e di cemento. Quale grazia del caso! Pensate allo scempio che fu fatto degli altri! Pubblicherò un manoscritto di mio padre dedicato tutto allo studio di queste distruzioni nefande. Pensate a quel colossale Tempio d'Ercole che forni materiale per tutti i porti nel Medio Evo! Tutto fu abbattuto e spezzato. Abbattute le colonne ciclopiche, ogni scannellatura delle quali poteva contenere un uomo, come in una nicchia, abbattuti i giganti e le sibille alte dodici metri che reggevano l'architrave, meraviglia di mole titanica e di scultura perfetta. Pensate le teste, le braccia, le spalle divine, i capitelli intorno ai quali si gettavano gomene colossali, tese, tirate da schiere di buoi fustigati, mentre le seghe tagliavano, le vanghe scalzavano i capolari alle basi. E le moli precipitavano in frantumi spaventosi, con un rombo che faceva tremare le terra. Ora sulle nudità divine, tra le pieghe dei pepli, nidificano le attinie e i polipi di Porto d'Empedocle. — Cose da invocare un secondo toro di Falaride per i cristianissimi demolitori. — Il gregge! Il gregge dell'Abazia! — Miss Eleanor si interruppe ad un tratto, ebbe uno di quei suoi moti fanciulleschi di bimba sopravvissuta, — il gregge dell'Abazia! Guardate che incanto! Dall'interno del Tempio, sul grigio delle colonne immani, biancheggiarono d'improvviso due, trecento agnelle color di neve. Uscivano dal riposo meridiano, dalla fresca penombra, correvano lungo il pronao, balzavano sui plinti, scendevano con grandi belati e tinnir di campani. Tre pastori s'affaccendavano con i cani per adunare le disperse e le ritardatarie. Alcune, le piccoline, non s'attentavano a balzare dagli alti cubi di granito, correvano disperate lungo il pronao, protendevano il collo invocando soccorso, con un belato lamentevole. I pastori le prendevano tra le braccia, passandole dall'uno all'altro, tra l'abbaiare dei cani. “
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Brano tratto dal racconto di Guido Gozzano Alcina, pubblicato per la prima volta sulla rivista culturale milanese L’illustrazione italiana il 26 dicembre 1913.
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gregor-samsung · 11 months
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“ L'ultimo giorno di scuola, mentre li attendeva, pensava all'opportunità di fare un discorso di congedo, prudente, intonato al suo stato d'animo. Ma convinto che la sua fredda chiarezza, la sua mancanza d'entusiasmo, erano in relazione con la sua decadenza fisica di cui notava giorno per giorno i progressi, non gli parve giusto riversare le sue tristezze nell'anima degli scolari. Né voleva, d'altra parte, lasciare un ricordo che non fosse aderente all'immagine che i giovani s'erano fatta di lui. Comprendeva che, se avesse parlato seguendo le sue vere idee, quel senso di lieve distacco da loro, che egli aveva già notato, si sarebbe accentuato, forse sarebbe divenuto definitivo. Nella loro mente sarebbe rimasto il ricordo del loro vecchio maestro, morto non solo fisicamente, ma morto nell'anima. Sarebbe stato troppo triste. Allora parlò cosí: – Chiudiamo con oggi, venti giugno, il nostro anno di scuola, ultimo forse per il vostro vecchio maestro. So che avvenimenti gravi si stanno preparando, che giornate luminose per l'avvenire del nostro paese metteranno a prova quanti hanno saldezza d'animo, bellezza d'ideali, fermezza di propositi. Bisogna credere: profondamente credere, – e qui si arrestò un momento perché il suono della sua voce lo aveva ingratamente sorpreso, – che il mondo va verso un destino migliore. – Io sono certo che tutti voi troverete nella prossima lotta il vostro posto; che il mio insegnamento avrà avuto il potere di rinsaldare in voi la giovanile fede nell'avvenire della vostra opera e che, comunque e dovunque, voi mi considererete presente in mezzo a voi, con gli stessi sentimenti... ma con migliori gambe. Si volse intorno sperando di avere acceso un sorriso sulla faccia dei suoi scolari. Ma si accorse che era riuscito solamente a commuoverli. Si alzò lentamente; e fece per andarsene, ma di colpo, come per una intesa precedente, i suoi scolari gli furono tutti intorno ansiosi. Egli si arrestò stupito: poi dopo averli guardati negli occhi li abbracciò tutti. Si allontanò con la maggiore rapidità possibile, perché sentiva un tremito in mezzo al petto: un tremito infantile. «Non si sa mai, – pensò, – la vecchiaia fa scherzi molto curiosi». “
Francesco Jovine, Signora Ava, Einaudi, 1958; pp. 170-172.
[1ª edizione originale: 1942]
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