#cosa vedere a strasburgo
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sonocosindiee · 2 months ago
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La signora messicana
9 marzo, 2025
La giornata è trascorsa piuttosto bene. Dopo una sveglia senza fretta, mi sono recato all'ufficio informazioni di Basilea per acquistare la spilla del Fasnacht 2025. È una spilla particolare, da indossare durante i giorni del carnevale, che ti "protegge" dagli scherzi dei tipi mascherati. Non so, alla peggio sarà solo un ricordo di questa città. Combattuto se tornare già verso casa o rimanere in giro, decido di perdermi tra i vicoli della città vecchia. Dopo essere sbucato su Münsterplatz, noto l'edificio del campus Novartis e decido quindi di percorrere il lungo Reno fin lì. Tornato poi in stazione che era orario di pranzo, mi dirigo lungo il binario per mangiare il mio brezel e fagotto formaggioso. Qui, una signora messicana mi chiede info sul treno. Le rispondo, sorriso, sorriso. Saliamo poi dalla stessa porta e lei inizia a parlarmi in spagnolo, nonostante io sappia dire due parole in croce. Scopro che ha 37 anni (a detta sua), vive in Germania vicino Strasburgo da 8 anni, ha due figli, lavora, le piace correre e fare hiking, e che è tornata a gennaio nel suo paese natale, un posto vicino Guadalajara sull'oceano Pacifico. Il nome, ovviamente, non lo ricordo, se non che inizia per A. Per un attimo, ho pensato ci stesse provando: mi ha buttato lì a caso se volessi andare con lei alla cascata, ma io il sarcasmo non lo capisco mai. Nel pomeriggio sono stato a Liestal con L. ed altre persone. Era in programma una suggestiva sorta di fiaccolata per le vie della città per dare inizio (o fine?) al carnevale. Siamo stati circa un'ora a veder passare carri infuocati e fiaccole giganti dove la gente ci arrostiva würstel con rametti piuttosto lunghi. Io e L. confermiamo quindi di voler svegliarci domattina presto per andare a vedere l'inizio del carnevale alle 4 del mattino, il cosiddetto Morgenstreich. Non credo siamo riusciti a convincere J. e la ragazza, ma magari ci ripensano. Per maggiori info su questo evento è inutile che sia io a spiegarle. D'altronde, non so neanche io di cosa si tratta, quindi tanto vale dare un'occhiata su internet, se un giorno sarai interessato. Dopo una cena veloce, mi butto nel letto, sapendo che dormirò, se dormirò, soltanto per poche ore.
Ha ragione V., dovrei andare più spesso in città, anche se mi resta poco tempo qui. Basilea non è affatto ostile né brutta. Anzi, rimane una cittadina a misura d'uomo con il giusto contenuto di storia, cultura, tradizione e vivibilità. Potessi tornarci a vivere non mi dispiacerebbe. Chissà, magari un giorno...
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Che cosa ha fatto per noi l’Europa: la difesa della Natura
STRASBURGO – Un voto contro Natura. Poteva esserlo ma non lo è stato. Martedì scorso l’Europarlamento ha approvato, con brivido finale, la Legge sul ripristino della Natura. Si tratta di un tassello chiave dell’ambizioso Green Deal europeo. Andiamo a vedere in che cosa consiste esattamente e che cosa ci dice del futuro dell’Ue il travagliato iter che ha portato alla sua approvazione. source
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corallorosso · 4 years ago
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Franco Gabrielli, la polizia e la solita voglia di un uomo solo al comando La voglia di fascismo e di piccoli ducetti è lontana dall’abbandonare l’Italia. L’ultimo in ordine di tempo a riproporli è il sottosegretario ai servizi segreti per la Presidenza del Consiglio Franco Gabrielli, che, intervenendo al congresso di un sindacato di Polizia, ha proposto che tutte le forze di polizia debbano stare “nella casa della sicurezza del Paese, il Viminale”. Se Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia Penitenziaria dipendessero tutte da un unico soggetto saremmo di fronte a un ministero dell’Interno e a un superministro che controlla per intero la sicurezza interna ed esterna dell’Italia, come proposto dal sottosegretario ai servizi segreti per la Presidenza del Consiglio Franco Gabrielli, significherebbe il controllo politico delle forze dell’ordine. Attualmente la Polizia fa capo al ministero dell’Interno, i Carabinieri (che hanno inglobato nel 2016 il Corpo Forestale) alla Difesa e la Finanza al ministero dell’Economia. Un sistema di poteri e contrappesi ben bilanciato che nelle inchieste della magistratura può vedere come ente con funzioni di Polizia Giudiziaria tutti i corpi citati. (...) Il sottosegretario Gabrielli dovrebbe conoscere la Costituzione meglio di altri, visto il ruolo che occupa, ma nonostante questo gradirebbe che scomparissero dal tavolo del Consiglio Supremo tutti i ministri tranne quello dell’Interno. Franco Gabrielli oltre a essere stato capo della Polizia fino allo scorso febbraio, quando entrò a far parte del governo Draghi, è stato direttore del Sisde poi divenuto Aisi. Quando il magistrato Enrico Zucca, pm del processo contro la mattanza compiuta dalle forze dell’ordine all’interno della scuola Diaz di Genova durante il G8 del 2001, in un convegno del 2018 ... affermò “I nostri torturatori, o meglio chi ha coperto i torturatori, come dicono le sentenze della Corte di Strasburgo, sono ai vertici della polizia, come possiamo chiedere all’Egitto di consegnarci i suoi torturatori?” a inveire contro il magistrato fu proprio Gabrielli definendo le parole di Zucca “oltraggiose” e “infamanti” e di “arditi parallelismi che qualificano soltanto chi li pronuncia”. (...) Soprattutto Gabrielli è colui che nonostante le sentenze ha permesso il rientro in Polizia dei condannati per i fatti della Diaz. Ma va notata una cosa fondamentale. A Genova nel 2001 sotto la regia unica del Viminale Polizia, Carabinieri, Finanza e Penitenziaria lo Stato esibì il suo volto più reazionario e forcaiolo, tra l’assalto alla Diaz, le torture di Bolzaneto e l’omicidio del ragazzo Carlo Giuliani. Quello è l’esempio più oltraggioso in una democrazia delle conseguenze del riunire sotto un unico comando tutti gli agenti. Di Gianluca Cicinelli per La Bottega del Barbieri
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mademoisellesabi · 6 years ago
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Un po’ Francia e un po’ Germania, non solo per la sua posizione sul fiume Reno, che segna il confine con la Germania, ma anche per la sua storia. Strasburgo è stata a lungo contesa tra le due nazioni. Per quasi mille anni è stata parte territorio dell’Impero Germanico finché nel 1681 Luigi XIV la occupò e la fece fortificare. Alla fine della Guerra Franco-Prussiana del 1870 torno in mano ai tedeschi; nel 1919 fu nuovamente annessa alla Francia e tornò di nuovo tedesca durante la Seconda Guerra mondiale, dal 1940 al 1945.
Da allora, non è solo una città francese ma anche l’emblema di un’Europa che si è combattuta per secoli e che oggi sembra aver trovato la pace, almeno militare, anche se non proprio una stabilità concreta. Non è stata scelta quindi a caso come Capitale europea sede di 3 importanti istituzioni: il Parlamento europeo, la Corte dei diritti dell’uomo e il Consiglio d’Europa.
Strasburgo, capoluogo del Grand Est, conta quasi 300.000 abitanti, Patrimonio dell’Umanità UNESCO sin dal 1988, rappresenta il tipico fascino alsaziano. Attraversata da una serie di canali e corsi d’acqua che formano la cosiddetta Grande Île, l’isola sulla quale sorge il centro storico.
Oggi Strasburgo una città affascinante, autentica e cosmopolita, anche grazie a quella doppia identità franco-tedesca che per secoli l’ha straziata, che alla fine le ha donato quel mix mash up di architetture e tradizione, per non parlare dell’incrocio delle due cucine quella francese raffinata e quella tedesca consistente e calorica e dei vini della regione, amabili ma decisi, vi basterà entrare nelle famose “winstubs”, una sorta di enoteca, per apprezzarli al meglio.
Per visitare Strasburgo al meglio è d’obbligo perdersi nei suoi vivaci vicoli medievali, nell’antico quartiere Petite France e li passeggiare sulle rive del fiume Ill, ma anche salire sul campanile della cattedrale e dai 142 metri di altezza ammirare i tratti caratteristici della città vecchia e i suoi singolari tetti, molto ripidi perché custodiscono soffitte a più piani, e infatti sono quasi tutti dotati di abbaini.
Vi troverete davanti una città interessante, ricca di arte e di storia e vi sarà subito chiaro perché gli “Strasbourgeois” siano così tremendamente orgogliosi della loro città e del suo notevole patrimonio architettonico.
Io ho adorato Strasburgo, l’ho visitata ben 3 volte e per tre anni consecutivi: la prima volta durante un viaggio in Alsazia, la seconda durante un viaggio in Germania nella confinante Foresta Nera e dintorni e la terza mentre ero diretta nella Champagne, partita in auto dall’Italia è stata la tappa della prima notte.
Ma vediamo nel dettaglio cosa offre Strasburgo ai viaggiatori:
LA CITTÀ VECCHIA
Strasburgo è una città incantevole nella sua interezza, ma la zona definita “Città Vecchia” vanta senza dubbio un fascino caratteristico e pittoresco. Andare alla scoperta del centro storico di Strasburgo è la prima cosa da fare in città per comprenderne la sua suggestiva e incantevole atmosfera. La Città Vecchia rappresenta l’Alsazia del passato, quella delle medievali case a graticcio con le loggette sulle mensole, le finireste a piccoli riquadri di vetro, le gallerie in legno e i piani superiori ad aggetto (consentiti in Alsazia anche dopo il 1681 benché banditi nel resto della Francia). Abitazioni dal fascino peculiare ognuna a modo suo e, nell’insieme, un meraviglioso quadro.
LA CATTEDRALE DI NOTRE DAME
Una visita a Strasburgo non può che cominciare dalla Cattedrale, una delle più alte espressioni del gotico in Europa, definita da Victor Hugo “prodigio di grandezza e leggiadria”. La straordinaria e imponente Cattedrale di Notre Dame, è senza dubbio l’emblema della città. La sua costruzione iniziata nell’anno 1015 con uno stile romanico, venne in seguito continuata con uno stile gotico fino a quando, nel 1439, i lavori vennero sospesi. Il risultato è comunque stupefacente, i 142 metri della sua guglia, meravigliano i viaggiatori. Dalla guglia si gode uno spettacolo straordinario sulla Grande-Ile e su tutta Strasburgo. La Cathédrale Notre-Dame, tra il XVII e il XIX secolo, fu l’edificio più alto del mondo. La facciata, con il suo portone scolpito, è una sorta di Bibbia raffigurante diversi episodi della vita di Gesù. Anche all’interno la cattedrale, seppur caratterizzati da un arredamento semplice e sobrio, è ugualmente suggestiva, grazie alle vetrate colorate, all’Orologio Astronomico del 1572 che ogni giorno alle 12.30 mette in moto un meccanismo con Cristo Benedicente, la processione degli Apostoli e un gallo che canta 3 volte e infine, davanti all’orologio, c’è il Pilastro degli Angeli con 3 ordini di statue.
PIAZZA DELLA CATTEDRALE
Piazza della Cattedrale è il fulcro del centro storico dove affacciano alcuni degli edifici più importanti della città. Oltre alla Cattedrale, da cui prende il nome, catturerà la vostra attenzione la Maison Kammerzell, la bella casa di Strasburgo che un ricco commerciante di formaggi fece costruire su alcune botteghe in pietra (ancora visibili). La parte superiore, che ospitava l’abitazione e il magazzino è realizzata tutta in legno e decorata con animali, guerrieri, figure grottesche. Oggi nella casa c’è un famoso ristorante. All’angolo con la casa c’è la Farmacia del Cervo del 1268, la più antica di Francia.
LA PETITE-FRANCE
La Petite-France è la parte meglio conservata del centro storico, la più romantica e la più fotografata. Qui per molti secoli hanno vissuto i mugnai, i conciatori e i pescatori del paese. Le dimore a graticcio sono rimaste quelle dei secoli XVI e XVII, con tetti spioventi, le finestre a filo d’acqua e i davanzali rigorosamente colmi di fiori. I fienili e le antiche botteghe sono oggi negozi di souvenir, ma questo non toglie nulla al fascino del luogo. Le chiuse dei due bracci del fiume Ill permettevano ai battelli provenienti dal Reno di risalire il fiume giungendo sino alle porte di quasi tutte le retrobotteghe. Il nome Petite France deriva dal nome di un ospedale che si trovava qui un tempo.
Uno degli angoli più visitati e fotografati della Petite-France è i “Ponts Couverts” (ponti coperti) che hanno conservato il nome anche se hanno perso le coperture nel 1700. Le torrette da cui sono dominati servivano da bastioni per la difesa nel caso di attacchi alla Repubblica di Strasburgo.
Nella zona un’altra delle eccezionali opere di Vauban (l’ingegnere militare che ho citato in arti articoli sulla Francia per le sue opere, in particolare in Bretagna) ed la Diga Vauban, una casa-diga progettata con l’idea di utilizzare l’acqua per inondare tutta la parte sud di Strasburgo in caso di attacco da parte del nemico. Bellissima col buio. In cima alla diga c’è un belvedere da cui godersi la vista sui ponti e sui tetti di Strasburgo. Dista circa 1 km dalla Cattedrale.
I MUSEI
Palais del Rohan Si trova a pochi metri dalla Cattedrale e ospita tre importanti musei: Belle Arti, Arti decorative e il Museo archeologico. Originariamente costruito per alloggiare i principi vescovi. La visita inizia nei sotterranei dove nel Museo archeologico viene raccontata la storia dell’Alsazia, dai cacciatori di mammut alla civiltà gallo-romana. Il Museo di arti decorative racconta e custodisce le ricchezze dei Cardinali di Strasburgo: porcellane, sculture, quadri, vasellame, oreficerie. Il museo più importante del Palazzo è quello di Belle Arti, tra i più importanti d’Europa, propone un’interessante percorso dalla nascita della pittura al 1870. L’Italia è ben rappresentata, per la verità la Toscana è il Veneto sono ben rappresentate, con Raffaello, Giotto, Filippino Lippi e Botticelli (i toscani), e Veronese, Canaletto, Tiepolo, Cima da Conegliano (i Veneti). Presenti anche molte opere di artisti spagnoli: Zurbaran, Murillo, Goya, El Greco e dell’olandese Van Dyck e del fiammingo (nato in Germania) Rubens. Il 1800 è rappresentato da opere di pittori francesi tra i quali Corot, Courbet Delacroix e Chasseriau. Si trova nei pressi della Cattedrale.
Il Museo di Arte Moderna e Contemporanea Il Museo, che si trova nei pressi della Diga Vauban, prosegue il percorso artistico del Museo di Belle Arti (sopra) che si ferma al 1870.
Qui sono rappresentati i movimenti più importanti degli ultimi 140 anni: impressionismo, postimpressionismo, arte del novecento, fauvismo, espressionismo, surrealismo e oltre. Della raccolta permanente fanno parte opere di Monet, Picasso, Kandinsky, Duchamp, Ernst e un’intera galleria dedicata a Gustave Doré. Oltre alla collezione permanente, il museo ospita mostre temporanee sulle tendenze artistiche attuali.
Se siete in visita è d’obbligo salire sulla terrazza a prendere un caffè mentre ammirate i paesaggio sulla Petit-France e sui Ponti Coperti. Dista 1,3 dalla Cattedrale.
Musée de l’Œuvre Notre-Dame (Museo dell’Opera di Notre-Dame) Si trova di fronte la Cattedrale in Place du Château, è un piccolo museo che raccoglie il meglio dell’arte medievale e rinascimentale di Strasburgo, dell’Alsazia e di tutto l’Alto Reno.
Il museo merita la visita per: la Testa di Cristo proveniente da Wissembourg, considerata la più antica vetrata figurativa conosciuta; il dipinto degli “Amanti Defunti” una macabra rappresentazione di una coppia ancora in piedi ma già attaccata dai vermi che vuole offrire una riflessione sulla vanità e la fragilità dell’amore, della gioventù e della bellezza; la coppia di statue che rappresentano la afflitta e vinta Sinagoga (l’ebraismo) e la Chiesa, serena e vittoriosa; e il dipinto con Santa Caterina e Maria Maddalena di Conrad Witz uno dei più importanti pittori tedeschi.
PONT DU CORBEAU
La struttura del Pont du Corbeau, in arenaria rosa e pietra, ha assunto l’aspetto che ha ora nel 1890. Fino ad allora il ponte era conosciuto con un nome macabro Schindbrücke (ponte di tortura), ciò perché in questa zona della città avvenivano le esecuzioni pubbliche e i condannati venivano gettati nel fiume Ill legati a sacchi di terra.
Gabbie di metallo poste alle estremità del ponte servivano per esporre pubblicamente i truffatori minori come: l’oste che tagliava il suo vino con l’acqua o il panettiere che imbrogliava sul peso del pane. Gli imbroglioni, insomma.
Negli edifici del ponte anche un museo, il Museo Storico della città dal 1920. Riaperto nel 2007, era stato chiuso vent’anni per ristrutturazione. Il museo racconta la storia urbanistica della città attraverso il suo carattere politico, economico, sociale e culturale, attraverso una raccolta di oggetti civili e militari, dipinti, disegni e sculture dal Medioevo al XVIII secolo. Nonostante un patrimonio di oltre 200.000 oggetti, i visitatori possono ammirarne solo 1.650.
Dietro l’edificio, la Place du Marché-aux-Cochons-de-Lait (Piazza del mercato dei maialini da latte). Nella piazza diversi ristoranti e le famose enoteche/cantine, le winstubs dove fermarsi a fare tappa enoica. La piazza e la vicina Rue du Maroquin meritano la visita anche per le case a graticcio, tra le più belle della città che conferiscono al quartiere un aspetto da cartolina.
LE ISTITUZIONI EUROPEE
La visita qui non è certo per rendere omaggio alle istituzioni europee, almeno per molti, la visita è consigliata per ammirare i palazzi in cui sono ospitati il Parlamento Europeo, il Consiglio e la Corte europea dei diritti dell’uomo per il loro aspetto architettonico. Si trovano lungo le rive dell’III, affluente del Reno. Grazie alla presenza di queste istituzioni Strasburgo è di fatto la Capitale d’Europa.
Il Parlamento Europeo si visita solo in gruppo, non è prevista la visita individuale, la richiesta è sempre consistente quindi, se siete interessati, conviene prenotare con molto anticipo attraverso il sito del Parlamento. 
Il Palazzo del Consiglio d’Europa è visitabile sia in gruppo con visite guidate che in autonomia, con delle limitazioni (solo gli spazi pubblici). Per info, date, orari consultate il sito Internet. 
Anche per la Corte europea dei diritti umani richiede una prenotazione obbligatoria per minimo 15 persone. Verificare sul sito.
STRASBURGO IN BATTELLO
Strasburgo è una città sull’acqua, interamente costruita sulle acque del Reno e dell’III, pertanto per avere una prospettiva diversa è consigliato in giro in battello. Chi mi segue sa che sono una fan delle città sull’acqua, attraversate da corsi d’acqua, dei luoghi bagnati dall’acqua, mare, Oceano in genere. Quindi non posso che consigliare il giro in battello. I battelli della compagnia Batorama partono dal molo vicino alla Cattedrale e offrono due diversi percorsi: Strasburgo storica e Petit-France. Il tour della Strasburgo storica dura 70 minuti ed è disponibile tutti i giorni dell’anno, da 4 a 22 corse al giorno a seconda del periodo al costo di euro 9,60. Il tour della Petite-France dura 45 minuti e offre una sola corsa al giorno al costo di euro 7,20. Per info su imbarco, orari e altro visitate il sito 
QUARTIERE L’ORANGERIE
Un elegante quartiere, non troppo distante dal centro della città, dove si trovano alcune delle più belle ville della città e le maggiori ambasciate estere. Oltre a questo la peculiarità del quartiere è l’enorme parco de l’Orangérie, risalente alla fine del XVII secolo, dove furono piantati 138 alberi di aranci, da questo il suo nome. Nel polmone verde di Strasburgo non mancano simpatiche specie animali, la metà ideale per gli amanti delle passeggiate nella natura “in città” o per chi vuole rilassarsi in un angolo bucolico. Dista 1,5 km dal centro (Cattedrale) ed è raggiungibile in 20 minuti a piedi.
QUARTIER KRUTENAU
Situato tra il centro città e i quartieri universitari è oggi un quartiere giovane e vivace ma con una storia antica, questa zona un tempo era attraversata da canali e abitata da pescatori e battellieri. Nel quartiere infatti si fondono in perfetta armonia tradizione e modernità. Tra i vicoli del quartiere, dove affaccino case ed architetture dall’aria retrò, si trovano gallerie d’arte, boutique di moda e molti locali dove assaggiare le specialità culinarie locali. Dista 800 metri dal centro (Cattedrale) è raggiungibile in 10 minuti/un quarto d’ora a piedi.
ORTO BOTANICO DELL’UNIVERSITÀ DI STRASBURGO
L’area dell’Orto Botanico dell’Università di Strasburgo offre oltre seimila specie botaniche, una serra rigogliosissima, alberi imponenti e secolari, la visita è un’occasione unica per conoscere al meglio le meraviglie floreali del territorio ma non solo quelle. La visita è gratuita ed è aperto dalle 14.00 alle 16.00. Dista 1,5 km dal centro (Cattedrale) e ci si arriva in 20 minuti a piedi.
Questi i miei suggerimenti ma Strasburgo, per quanto piccola, ha comunque molto altro da offrire, come tutta l’Alsazia, date un’occhiata anche a quest’articolo, sui villaggi da non perdere e programmate una visita.
Strasburgo: cosa vedere nella capitale d’Europa Un po’ Francia e un po’ Germania, non solo per la sua posizione sul fiume Reno, che segna il confine con la Germania, ma anche per la sua storia.
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toscanoirriverente · 6 years ago
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Tosi, ha visto: in un mese Salvini è passato da king maker del governo gialloverde all' opposizione. Secondo lei cosa è successo?
Salvini aveva due problemi: evitare di fare la prossima manovra economica lacrime e sangue, da una parte, e incassare in termini elettorali gli altissimi consensi che gli davano i sondaggi, dall' altra. Il suo piano era far cadere il governo, presentarsi alle elezioni senza Forza Italia, e questo spiega l'operazione di Giovanni Toti, vincerle, e poi potersi permettere di fare il bello e cattivo tempo sulla legge di bilancio. Poteva pure far aumentare l'Iva, tanto ormai le elezioni le aveva vinte.
E invece?
Ha clamorosamente sbagliato i calcoli. Se voleva la crisi, doveva aprirla prima, a ridosso delle Europee. […]  Il combinato disposto del risultato europeo e dei sondaggi l'hanno fatto entrare in una sorta di delirio di onnipotenza […] Ha commesso errori tattici e strategici che dovrebbero far riflettere gli italiani sul suo reale valore come leader politico.
Non lo è?
Lui non ha alcuna esperienza di governo. Non ha mai amministrato nulla, nemmeno un piccolo comune. Si è trovato a fare il vicepremier e il ministro dell'Interno con alle spalle solo esperienze da consigliere comunale ed europarlamentare. E a Strasburgo, tra l' altro, non si vedeva mai. […]
Salvini prende voti per due motivi. In primis perché ripete a macchinetta certi concetti e alla fine la gente finisce per crederci. […] In secondo luogo, nel centrodestra Salvini ha sfruttato un vuoto immenso. […] gli elettori che prima votavano Forza Italia ora scelgono Salvini. Ma è più per mancanza di alternative che per meriti. Dopo la debacle governativa, però, nella Lega non si leva alcun un sussurro critico. In Lega è impossibile, il partito è stato normalizzato da Salvini, tutte le voci contrarie sono state messe ai margini, come Roberto Maroni o Gianni Fava, o buttati fuori, come il sottoscritto. Nel Carroccio nessuno osa alzare la testa perché tutte le liste sono in mano al segretario.
Prima c' era più autonomia da parte dei "regionali", ora invece per statuto tutto è in mano a Via Bellerio. Salvini ha potere di vita e di morte sulle candidature. Chi alza la voce si ritrova automaticamente fuori dalle liste. Il suo è un metodo animalesco di gestione del potere. E lui intorno a sé vuole gente ubbidiente, delle capacità non gli importa nulla. Basti vedere i cosiddetti "economisti": Borghi, Bagnai Mi fanno ridere. […] L’autonomia è stato il grande bluff di Salvini. In realtà lui l' autonomia non la voleva, perché lo ostacolava nella ricerca dei consensi al Sud. […]
Ora cosa accadrà? Se il governo dura Salvini potrebbe sgonfiarsi?
Questo governo è nato grazie agli errori di Salvini, è lui che l' ha generato, per questo mi vien da sorridere quando se ne lamenta e grida al complotto o al golpe. Parla come un pugile suonato. Un golpe di cui lui è l' unico protagonista. […]
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pangeanews · 5 years ago
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“In Gold We Trust”: dialogo con Marco Goldin, il Signore Grandi Mostre. Ha portato 11 milioni di persone davanti a Van Gogh, Vermeer, Monet…
L’arte è il racconto della vita e lui Marco Goldin, il Signore Grandi Mostre, emotività, pop e management ha passato la sua raccontare l’arte. Organizzando esposizioni, portando in Italia capolavori, scrivendo saggi, allestendo spettacoli teatrali. Maestri celebri, opere-icona, impressioni, Impressionisti e code impressionanti. Ogni mostra, un successo. Anni fa su Facebook spuntò un gruppo denominato «Quelli che vogliono diventare Marco Goldin». Alcuni critici contestano le sue scelte mainstream, ma lui tira dritto sulla sua linea, quella che parte da Treviso, dove è nato, nel 1961, e passa dalla laurea all’Università Ca’ Foscari di Venezia con tesi su Roberto Longhi scrittore e critico d’arte (110 e lode), lungo 400 esposizioni curate dal 1984 a oggi, attraversa la sua società di produzione di mostre – «Linea d’ombra» a là Conrad – e arriva dove vuole. Alla fine Goldin è l’unico che può ottenere certe opere da musei stranieri e certi finanziamenti dai privati. Di lui si fidano sindaci, direttori, collezionisti, prestatori, sponsor e pubblico. In «Gold» we trust.
Lui ha creduto nella passione e nelle arti-star. E unendole ha creato, a suo modo, un capolavoro. Portare tutti a vedere le sue mostre. Perché prima di essere le mostre su Van Gogh, su Gauguin, su Monet, le mostre curate da Goldin sono un modo di presentare se stesso attraverso i quadri di Van Gogh, di Gauguin, di Monet… Non sono mostre su. Ma mostre di. Marco Goldin. Uno che ti vien voglia di dirgli come Dino Risi a Nanni Moretti spostati, e fammi vedere la mostra.
Lei, le mostre d’arte, vorrebbero che le vedessero tutti.
Mi piace immaginare che le opere d’arte debbano essere appannaggio di un pubblico largo. E sono convinto che la cultura sia prima di tutto racconto e emozione, abbinati all’erudizione.
I suoi avversari storcono il naso davanti alle «emozioni».
Non è una guerra. Non ci sono avversari. Qualcuno separa scientificità e popolarità. Invece per me stanno insieme. Perché una mostra non può fare 300mila visitatori? Perché – invece che allineare uno dopo l’altro dei quadri – non creare un racconto?
Con le sue mostre ha raccontato i grandi temi del viaggio, dello sguardo, del paesaggio e della notte. Cosa sceglie?
Forse il paesaggio. Sono una grande sportivo, da quando avevo 15 anni. Mi alleno molto. Ciclismo, sci d’alpinismo, fondo. Discipline che ti preparano alla fatica e che ti permettono di stare a contatto con la natura. Amo talmente tanto stare all’aperto da ricercarlo anche al chiuso. Ho una passione per la raffigurazione della Natura. Ecco perché ho curato tante mostre sul paesaggio. Collego lo spirito e il lavoro.
Quando inizia per lei il racconto dell’arte?
Mia nonna dipingeva. A otto anni facevo il modello nel suo atelier, in un’altana veneziana di Treviso. Sono cresciuto respirando olio e trementina.
Da allora è stata una linea retta?
No, al liceo i miei interessi erano di tipo letterario. Scrivevo, leggevo poesia. Poi, iscritto a Lettere a Ca’ Foscari misi nel piano di studi Storia dell’arte contemporanea perché all’epoca con quell’esame potevi insegnare alle superiori, non si sa mai. Lì incontrai Giuseppe Mazzariol. Un professore molto particolare: entrava in aula un quarto d’ora dopo e andava via un quarto d’ora prima, ma le sue lezioni erano indimenticabili.
Il tipo di insegnante che ti affascina raccontando.
Ecco. Il suo corso era su Paul Klee, artista che peraltro oggi non amo particolarmente. Ma è lì che è iniziato tutto. Poi ho cominciato a scrivere per un settimanale di Treviso, città dove negli anni ’80 c’erano moltissime gallerie private: ogni settimana s’inaugurava una mostra. Ho iniziato così, frequentando i vernissage e i pittori. Poi ho cambiato piano di studi.
E la vita.
Sì, anche se in quel momento non lo sapevo. Comunque da allora l’arte è vita, passione, lavoro.
E business.
Nel mio lavoro ha avuto qualche successo, certo. In ogni caso non sono mancate perdite, anche pensati a volte.
Prima mostra curata?
Ottobre 1984, avevo 23 anni. In 35 anni di attività ho curato 400 mostre, cioè 11-12 all’anno, una al mese. Ma la media è così alta perché quando ero più giovane e lavoravo soprattutto sulla pittura italiana del ’900 tenevo un ritmo di 30-35 mostre all’anno, contemporaneamente su più sedi, pubblicando anche il catalogo. Me ne rendo conto: era una follia. Da tempo ne faccio una, al massimo due all’anno.
Curriculum?
Dal 1988 al 2002 ho diretto la Galleria comunale di Palazzo Sarcinelli a Conegliano. Dal 1988 al 2003 ho curato molte esposizioni per la Casa dei Carraresi di Treviso. Dal 1998 ho iniziato un ciclo di grandi esposizioni nel Veneto, Torino, Brescia, Bologna, in particolare sulla pittura francese dell’Ottocento. Ho insegnato allo IULM di Milano. Dal ’91 al ’95 ho scritto recensioni per il Giornale, con Montanelli e con Feltri.
Nel 1996 fonda «Linea d’ombra».
È la mia società che si occupa di organizzare mostre sia di ambito nazionale che internazionale.
Quanti visitatori, da allora?
In 23 anni 11 milioni di persone in tutto. Ho ottenuto prestiti da 1.200 fra musei, Fondazioni e collezioni private di tutti i cinque Continenti, per un totale di oltre 10mila opere portate in Italia, di 1.054 artisti diversi. Per nove anni una delle mie mostre è stata la più visitata d’Italia. E per quattro volte si è classificata tra le prime dieci più viste al mondo.
Numeri record, ma che non le sono stati perdonati.
Invidia? Chissà, qualcuno mi ha fatto passare come quello che ha banalizzato l’arte, ma ci sono in giro tante mostre pessime eppure nessuno ha avuto critiche così feroci.
Ci soffre?
No. Mai fatto mostre per calcolo, solo quelle che mi piacevano.
Il suo secolo d’elezione è il ’900.
In ambito italiano sì. Ma le più note restano quelle su Monet, gli Impressionisti, Van Gogh…
Alla Gran Guardia a Verona ha appena inaugurato “Il tempo di Giacometti da Chagall a Kandinsky”.
È l’esempio di quanto la passione prevalga sul business. Così come quella su Rodin lo scorso anno. Organizzare una mostra su Giacometti è antieconomico. Produrre questa mostra costa due milioni. C’è uno sponsor privato, che abbassa il rischio di impresa, pagando un quinto dei costi. Il resto dovrebbe arrivare dai biglietti di ingresso. Ci perderò…
Perché?
Perché tradizionalmente le mostre sulla scultura non funzionano. La gente ama guardare i quadri, non le statue.
Per�� la fa lo stesso.
È una mostra che sognavo da quando andavo all’università. Giacometti è il primo artista internazionale del ’900 che ha attirato la mia attenzione. È stato uno dei miei primi “amici” artisti, fin dagli anni dell’università quando giravo i musei di tutta Europa, e vedevo i suoi disegni prima ancora che le sue sculture. Di lui mi ha sempre colpito la sua forza della verità. Lui diceva: “L’arte mi interessa molto, ma la verità mi interessa infinitamente di più”.
Cosa significa?
Che prima devi essere una persona vera di fronte alle persone, agli oggetti, al paesaggio che vuoi ritrarre. E dopo, verso l’arte. Il risultato sono le sue sculture uniche. Le guardi, eccole qui: la Grande femme debout, L’Homme qui marche. Quella è la Femme de Venise che fu esposta nel 1956 alla Biennale di Venezia e che riscosse un successo incredibile.
Di critica. Ma perché al grande pubblico le sculture non piacciono?
Perché la gente ama il colore. E nelle sculture non c’è. Tutto qui. È il motivo per cui Van Gogh è stra-amato dal grande pubblico e Giacometti nonostante le valutazioni stellari resta poco conosciuto. Da una parte un colore urlato, dall’altra una forma che fa pensare. Tra le due cose, dal punto di vista dell’empatia dello spettatore medio, non c’è gara.
E infatti nel 2020 farà un’altra mostra su Van Gogh.
A Padova, su Van Gogh e il suo tempo. Per farle capire come si può intercettare l’interesse del pubblico prima di aprire una mostra, le racconto questo. Sulla pagina Facebook di Linea d’ombra stiamo postando alcune foto delle opere che porteremo in mostra. Bene. L’autoritratto col cappello di feltro, stranoto, è stata la prima immagine pubblicata. Poi abbiamo messo in rete un paesaggio di Arles con i mandorli in fiore. La seconda opera ha avuto il doppio dei like rispetto alla prima. Cosa significa? Che tra un ritratto, anche iconico, e un paesaggio, suscita più emozioni il paesaggio.
È per questo che gli Impressionisti fanno sempre boom?
Certo. Perché gli Impressionisti hanno dipinto il paesaggio al suo grado massimo di bellezza.
“L’impressionismo e l’età di Van Gogh” del 2003 a Treviso totalizzò 600mila visitatori. Un record.
Nel 2005 presentai poi 80 Van Gogh e 70 Gauguin tutti insieme, una cosa da Metropolitan. Risultato: 541mila biglietti. A Brescia…
Per fare una mostra di successo cosa serve?
Primo: studiare.
Secondo?
Le relazioni internazionali. Spesso servono più dei soldi».
La sua prima conoscenza “giusta”?
Tanti anni fa. Un giovane curatore del Musée d’Orsay di Parigi, conosciuto qui in Italia, Radolphe Rapetti, che poi andò a lavorare a Strasburgo. Fu lui a presentarmi il direttore dell’Orsay, Henry Loyrette. Io stavo organizzando una mostra dedicata a Roberto Tassi, un grande critico dell’arte e grande scrittore, al pari di Longhi e Testori. Avevo in mente una grande mostra, con prestiti internazionali: tra l’altro Tassi, morto nel 1996, era molto apprezzato in Francia. Quando spiegai a Loyrette il progetto, mi disse: cosa ti serve? Prendi questo, un Cézanne, e questo, un Degas, e questo, un Monet… Tutti artisti sui quali Tassi aveva scritto molto. E così, io, piccolo provinciale di Treviso, me ne andai dal museo d’Orsay con in tasca la promessa di prestiti eccezionali. Successivamente Loyrette divenne direttore del Louvre…
E visto il successo della mostra su Tassi, fu più facile ottenere altri prestiti anche da lì.
All’estero ti giudicano anche sui numeri che fai. Portare a una mostra 200mila visitatori non è come portarne 50mila. Per i musei è un investimento in termine di immagine.
Eravamo arrivati al secondo fattore di successo. Il terzo?
Assolutamente la qualità delle opere: a volte si annunciano mostre con nomi altisonanti ma con quadri modesti.
E poi?
Certo, i grandi nomi aiutano, quelli che la gente riconosce. Monet, Van Gogh, Cézanne, Gauguin, Renoir, Degas, Manet, Courbet… O Picasso, o Vermeer…
Vermeer. Goldin è «quello» che portò “La ragazza con orecchino di perla” in Italia.
Grazie alle relazioni internazionali costruite negli anni. Era il 2011. Mi chiama il direttore del museo Kröller-Müller di Otterlo, con il quale ho rapporti di amicizia da vent’anni. Mi dice: Lo sai che chiudono il museo Mauritshuis all’Aia per restauri? Per due anni faranno viaggiare una selezione delle opere in giro per il mondo. Ti interessa? Immaginati se non mi interessava! Faccio di tutto. Vado all’Aia. Mi dicono che la Ragazza andrà solo in Giappone e negli Usa. Occasione persa, mi dico. Poi però nel 2012 il direttore del Mauritshuis mi ricontatta dicendomi che hanno deciso di aggiungere una tappa, ma le richieste sono tantissime, però ricordandosi che ero stato il primo a farsi avanti mi offre la possibilità, a patto che la città fosse importante. E mi dà tre giorni di tempo. Sufficienti per accordarmi con Bologna. Dove l’ho portata.
A Palazzo Fava, nel 2014. Fu la «mostra delle mostre».
Battuto ogni record. In media abbiamo avuto 3200 entrate al giorno, e mai un giorno sotto i 2mila, nemmeno al lunedì. Fu la mostra più visitata nel 2014 con 342mila visitatori in soli cento giorni. E sì che gli ingressi erano contingentati per via delle dimensioni di Palazzo Fava.
Qualità, grandi nomi. E Il resto?
Il resto è comunicazione.
Campo in cui Lei è il numero uno.
Non lo sono, davvero. Però ho capito presto che la sola comunicazione istituzionale non basta. L’arte va raccontata al pubblico, e le mostre ai giornalisti.
Lei è stato il primo a non fare le conferenze stampa seduto, ma nelle sale con la stampa al seguito.
Se è per quello nel 2001 e 2002 per due mostre alla Casa dei Carraresi a Treviso noleggiai un aereo e portai cento giornalisti nei musei di Oslo e Edimburgo per vedere le collezioni da cui sarebbero arrivate alcune delle opere esposte. Da allora lo faccio spesso. Prima di aprire la mostra su Van Gogh a Padova, l’anno prossimo, porto tutti a Otterlo, in Olanda, al museo Kröller-Müller dove si trova una delle maggiori collezioni di Van Gogh al mondo.
Ripeteranno che sarà la solita mega mostra blockbuster. Molto d’effetto e poco scientifica.
E io ripeterò che invece si possono tenere insieme emozione e scientificità. Tra me e un erudito l’unica differenza è il modo in cui raccontiamo la stessa materia. E comunque, prima di criticare senza avere visto, meglio vedere e poi parlare. A Padova si vedranno prestiti assolutamente sorprendenti, altro che mostra blockbuster.
Dicono che Lei si prepara in maniera maniacale sia per curare una mostra sia per scrivere un saggio.
Per questa mostra su Giacometti ho preso centinaia di pagine di appunti. E poi vado sempre nei luoghi in cui gli artisti hanno creato, per provare a capirli meglio, per vedere le cose come le vedevano loro, per cercare un’empatia. Mentre preparavo la mostra sono stato al passo del Maloja tra la Val Bregaglia e l’Engadina: volevo camminare sui sentieri sui quali aveva passeggiato Giacometti, guardare i paesaggi che ha dipinto: il Lago di Sils, il ghiacciaio del Forno, i picchi coperti di abetaie… Solo se vedi quegli alberi snelli e slanciatissimi capisci da dove arrivano gli uomini e le donne filiformi delle sculture di Giacometti. È con questo spirito che nasce la mostra. E che la rende diversa da tutte le altre.
Oggi invece dicono che le mostre siano tutte uguali. Anzi: che l’Italia è diventata un mostrificio.
Un po’ è vero. E poi negli ultimi anni la qualità si è abbassata decisamente. Gli enti pubblici hanno sempre meno soldi, gli sponsor privati sono in fuga, portare grandi opere e grandi nomi in Italia costa troppo, si offre sempre meno, si fanno esposizioni con cinque opere belle e 50 modeste, il pubblico è meno invogliato, si riduce il numero di biglietti e l’intero circuito delle mostre va in crisi.
La sua mostra più bella?
Forse “America! Storie di pittura dal Nuovo Mondo” al Museo di Santa Giulia a Brescia, 2007-08. Tre anni di lavoro, venti viaggi negli Usa: per raccontare il mito della Frontiera, degli spazi immensi, della vita degli indiani e dei cowboy, esposi 250 quadri prestati da 40 musei americani, più altrettanti pezzi fra fotografie d’epoca e oggetti rituali dei nativi. Una cosa mai fatta prima da noi. A una settimana dall’apertura della mostra c’erano già 80mila prenotazioni. Abbiamo chiuso a 205mila. La Tate di Londra e Amsterdam, sullo stesso tema, erano arrivati a 100mila biglietti.
Allora lei attivò una micidiale macchina di eventi per attirare pubblico: reading, film, concerti, testimonial: Mike Bongiorno, Dan Peterson, Battiato, Salvatores, Volo…
La comunicazione è importante. Ma non puoi comunicare il niente. Se hai qualcosa di bello, lo devi raccontare al meglio, tutto qui.
Luigi Mascheroni
*La presente intervista è la versione integrale di quella apparsa il 16 dicembre 2019 su ‘il Giornale’, in quel caso tagliata per ragioni di spazio, e pubblicata col titolo: “Posavo per mia nonna pittrice. Ora curo mostre da record”.
L'articolo “In Gold We Trust”: dialogo con Marco Goldin, il Signore Grandi Mostre. Ha portato 11 milioni di persone davanti a Van Gogh, Vermeer, Monet… proviene da Pangea.
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italian-malmostoso · 6 years ago
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È ora di dirlo, chiaro e netto. A dire la verità non è la prima volta che lo faccio, ma ora lo farò fuor di denti: l’Islam è, per sua stessa natura, contro ogni forma di democrazia, rispetto dei diritti umani, inclusi quelli religiosi, politici, civili, sessuali, qualunque cosa decente abbia prodotto la nostra (tanto vituperata da alcuni stessi suoi membri, che evidentemente non hanno la minima idea della storia del mondo) civiltà occidentale.
Sono nostri nemici, nemici mortali di qualunque cosa non rientri nel loro libro sacro, che NON è interpretabile e emendabile in nessun modo: se non ci credete, anime belle, sono decisamente e totalmente cazzi vostri; informatevi o meno, non fa nessuna differenza. E del terzomondismo novecentista in cui ancora credete ciecamente, per cui loro sarebbero proletari esattamente come voi, loro se ne sbattono: siamo tutti uguali, tutti cani infedeli, alcuni da usare e sfruttare per meglio sottometterci poi. E se li paragonate al Cristianesimo, che qualche passetto avanti l’ha fatto, per sua scelta o per la volontà di stati laici e democratici che qui in Occidente sono nati, e per la maggior parte sono ancora solo qui, manco vi rispondo, anzi no, andate a cagare.
Sono pochi, sono radicalizzati, sono lupi solitari, non cambieranno le nostre abitudini, sono cose con cui dobbiamo imparare a convivere, occorre che nelle loro moschee i sermoni (o come caspita si chiamano, affari loro) vadano enunciati nella lingua del paese dove sono situate, bisogna educare, integrare, assimilarci e, magari, meticciarci, bisogna evitare atteggiamenti di insofferenza e di esibizione di nostre tradizioni religiose o, peggio, d’odio da parte nostra, per non indurli in tentazione (Dio, perdonami di questa citazione) di accopparci come cani infedeli.
Ancora dubbi? Andate a toglierveli, che ne so, in Pakistan, magari chiedendo ad Asia Bibi che ne pensa della libertà religiosa nei paesi islamici e, se magari credete che sia prezzolata dal capitale o dal Vaticano, andate, andate in giro con croce al collo e col vostro cane, diciamo nero, al guinzaglio, andate a predicare il Vangelo esattamente nello stesso modo che i barbuti fanno dalle nostre parti col loro libro sacro, andate e fatemi sapere … ah, sì, dimenticavo: ho idea che non ci vedremmo per un bel po’ di tempo.
E voi, animalisti incazzati, andate a vedere che fanno, qui accanto a voi, con la loro festa dell’Eid Al Adha, voi che gridate al macello e cominciate a berciare come tanti piccoli Savonarola per le macellerie ad ogni agnello pasquale che vedete in vetrina. Andate e informatevi sul modo che hanno loro di macellarli. Ma di questo, manco una parola, eh?
Ma chi se ne sbatte, il tempo dei sofismi e dei ragionamenti pacati è finito, e l’hanno fatto finire loro, gli islamici voglio dire, e voi, già citate anime belle, che manifestate e protestate al minimo alzo di sopracciglio di un maschio (di etnia indoeuropea, ariano per intenderci) come apprezzamento verso una donna e vi girate dall’altra parte, o riuscite perfino a minimizzare, di fronte a raccapriccianti fatti di cronaca, se commessi da individui di etnia africana o mediorientale (vedi gli stupri di Rimini dell’agosto ‘17, gli infami assassinii di Pamela e Desirée), più millanta altri fatti criminali di cronaca, fatti che, vale davvero la pena di ricordare, non sarebbero mai successi se agli autori non fossero state allegramente aperte le porte d’Italia, permesso di rimanere vita natural durante e garantito un mantenimento a sbafo.
Il clima di odio e paura che le destre e la Lega hanno e stanno creando? Errore: il clima di odio e paura l’avete creato voi, eh, sì, proprio voi, cari amici di sinistra e cattolici buonisti, non regolamentando gli arrivi incontrollati degli sbarcanti, non comunicandone i numeri fuori controllo e l’eventuale numero massimo delle persone da ospitare, passando sotto silenzio i costi dei mantenimenti di baldi giovanotti (la stragrande maggioranza, contro minoranze sparute di donne e minori), argomentando senza criterio di fughe dalle guerre quando, se questa cosa fosse stata vera, altro costoro non sarebbero potuti essere chiamati che vili codardi, avendo abbandonato al loro tragico destino di assassinii, stupri, schiavizzazione, saccheggi e altro i loro genitori, fratellini e sorelle, nonni e via col parentado, sottraendo anche loro i risparmi per pagarsi il viaggio verso il Bengodi europeo, soprattutto italiano, direi, coprendo loschi affari con le cooperative locali (vi ricorda niente Massimo Carminati e mafia capitale?) e opache ONG, che altro si è visto che non erano che traghetti diretti Libia/Italia, giustificando occupazioni illegali di stabili, avendo più un occhio di riguardo per i non Italiani che per i cittadini regolari, sia per quanto riguarda gli emolumenti che per i crimini commessi, insistendo oltre ogni decenza per l’approvazione dello ius soli, che altro non era che un modo per trovare nuovi voti per le imminenti elezioni del marzo ‘18, sapendo benissimo che i vecchi li avevate ampiamente persi.
In pratica, finché avete potuto avete nascosto sotto il tappeto tutto quanto sopra. Poi il tappeto non è più riuscito a contenere quanto ci avevate infilato sotto e le cosucce sono venute alla luce. Salvini & Co. questi scheletri nell’armadio non li hanno certo creati, gli autori siete decisamente voi e, questo sì, della cosa ne hanno approfittato, hanno cavalcato l’onda del malcontento popolare che voi stessi avete provocato, se ne sono ampiamente giovati sotto il profilo elettorale e di successivi consensi.
E giuratemi sui vostri figli, se li avete, o su quel che vi pare che non vi viene il minimo dubbio, la minima esitazione, la seconda occhiata al prossimo mediorientale che incrociate per strada o su un mezzo pubblico, con cui magari condividete il condominio, con cui lavorate insieme (dei ricchi radical chic non mi occupo, certo loro non vanno sui bus, non vivono nei condomini e il lavoro, se lo fanno, non è certo alla catena di montaggio).
Ve ne rendete conto? Macchè, lo so benissimo, Non siete altro che comunisti di Pavlov®, che gridate in riflesso condizionato al fascista al minimo accenno di opinioni diverse dalle vostre; non fate neanche più ridere, guardate.
E adesso, viva sempre la libertà di parola e di manifestazione, andate a esporre le vostre tesi di accoglienza senza se e senza ma e di integrazione, andate pure liberamente e, ovviamente, senza censure, andate a dirle alle famiglie delle vittime dell’infame musulmano e dei feriti ricoverati in ospedale, tra cui, con la faccia da culo che vi ritrovate, pure ai parenti del povero Antonio Megalizzi, il giornalista italiano che si ritrova una pallottola nel cervello. Andateci pure, infami.
E manco un ripensamento, manco un dubbio, manco una resipiscenza: fate, fate pure, che col vostro atteggiamento da struzzi con la testa sotto alla sabbia siete i migliori fiancheggiatori, i perfetti utili idioti di quelli che vogliono fare di tutta l’erba un fascio (paragone azzeccato e voluto) e cacceranno o tenteranno di cacciare tutti i non Italiani, buoni e no, sbarcati e residenti regolari da anni, magari in retate simili a quelle di tragica memoria, come nell’autunno 1943 a Roma. Teste di cazzo, imbecilli, ciechi, nella migliore delle ipotesi tonti alla Forrest Gump! E, se siete troppo giovani per averli visti, ecco i cartelli esposti un tempo in tanti piccoli esercizi di paese: questo succederà, e gran parte sarà stata solo colpa vostra.
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P.s.: e fate un pensierino anche su che avrebbero fatto, e hanno già fatto in situazioni simili, paesi del cosiddetto socialismo reale, come nel Xinjiang in Cina, furbacchioni.
Ri-p.s.: siete peggiori di lui, che almeno nella sua testa bacata ha accoppato gente perché crede in qualcosa di trascendente. Voi, invece, siete solo dei consapevoli e volenterosi complici di tanta nefandezza.
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paoloxl · 6 years ago
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L’8 febbraio alcuni membri del movimento-partito CasaPound Italia (CPI) manifestavano davanti al Campidoglio, sede del Comune di Roma. La protesta col motto di «CasaPound non si tocca!» era rivolta contro la decisione (di fine gennaio 2019) del Consiglio comunale, che prevede lo sgombero della sede centrale di CasaPound in via Napoleone III. Tale sgombero non sarebbe solo la fine dell’occupazione più in vista dei fascisti italiani, ma consegnerebbe al passato anche il mito di CasaPound come movimento nazional-rivoluzionario. Ma vediamo più da vicino le occupazioni «sotto il tricolore e non sotto la bandiera rossa», come le ha definite Gianluca Iannone, capo di CPI.
Centri Sociali di Destra
I Centri Sociali di Destra sono una novità per le destre non solo in Italia. Tali occupazioni nascono all’inizio del millennio e hanno il loro centro gravitazionale a Roma. Uno dei protagonisti principali è proprio CasaPound.Nel vecchio millennio le occupazioni come forma di protesta e ribellione e come appropriazione di spazi di resistenza era stata una prerogativa dei movimenti di sinistra, di carattere subculturale, progressista e sociale. Ora invece vi si aggiunge anche la destra radicale e le sue occupazioni trovano ampia risonanza e attenzione a livello europeo. Non solo da parte dei media borghesi, che si rallegrano di questa illegale novità, e non solo presso la sinistra politica, che si vede privata di un suo tratto distintivo; anche i partiti e i movimenti di destra accolgono con molta attenzione la realtà delle occupazioni. Tanto che oggi per le destre movimentiste di qualsiasi provenienza è diventato quasi un must passare per la sede centrale di CasaPound in via Napoleone III numero 8. Vengono in pellegrinaggio da tutta Europa, ma anche dal Canada, dagli Stati Uniti o dall’Argentina. Una foto sul terrazzo sul tetto di via Napoleona III col capo Gianluca Iannone equivale a una conferma della propria appartenenza alla cerchia. CasaPound Italia è dunque riuscita a diventare una sorta di avanguardia nazional-rivoluzionaria a livello mondiale proprio anche grazie alla reputazione di «squatter di destra». A ben vedere tuttavia questa reputazione non corrisponde alla realtà; non solo perché oltre a CPI esistono altri movimenti fascisti che, diversamente da CasaPound, tutt’oggi occupano spazio abitativo per motivi politici. La differenza è che però tali partiti e correnti di destra non hanno plasmato sulle occupazioni la propria immagine, né ne hanno fatto il loro mito fondativo. Per loro le occupazioni fanno più semplicemente parte delle molteplici possibilità a disposizione nell’ambito delle campagne politiche e/o vengono considerate come luoghi d’incontro sociale e politico. Non hanno mai fatto sforzi concreti per trasformare le occupazioni in marketing politico e questa è la ragione per cui né le occupazioni né i loro protagonisti sono conosciuti all’estero.
CasaPound invece ha fatto uso in maniera ottimale delle occupazioni in chiave di marketing strategico in campo politico. Accanto agli scopi propagandistici in Italia tale immagine ha anche l’obiettivo di aumentare la conoscenza di CasaPound a livello transnazionale e di sostenere l’esportazione del relativo approccio nazional-rivoluzionario in altri paesi. Tutto ciò nonostante il bilancio, dopo quasi due decenni di occupazioni fasciste marchiate CasaPound, risulti piuttosto fiacco. E non sorprende affatto che, a fronte di una realtà alquanto debole, a maggior ragione le occupazoni vengano elevate a mito — e che dunque l’annuncio del Campidoglio di voler procedere allo sgombero abbia comportato reazioni estreme.
CasaPound Italia — partito-movimento in conflitto
In generale, il Centro Sociale di Destra ricopre un ruolo particolare nella galassia del partito-movimento CasaPound. Le occupazioni appartengono alla narrazione della fondazione del movimento e ne sono un elemento biografico essenziale, per l’immagine che ha e che vuol dare di sé. Le occupazioni costituiscono un elemento centrale del racconto anti-sistema e del mito nazional-rivoluzionario propagati incessantemente. Sul proprio sito internet CPI mette in relazione la storia del movimento addirittura con la Rivolta di Pasqua di Dublino del 1916, prendendo in prestito la frase «una terribile bellezza è nata» dalla poesia «Easter, 1916» di William Butler Yeats. E che cosa sarebbe il movimento repubblicano in Irlanda senza l’occupazione e la lotta del General Post Office (GPO) su O’Connell Street durante la Rivolta di Pasqua del 1916? Con le occupazioni e soprattutto con la sede romana di via Napoleone III, CasaPound si è data un brand, posizionandosi strategicamente sul mercato delle utopie di destra come movimento di occupazioni illegali e vendendo a livello internazionale il proprio modello di movimento nazional-rivoluzionario.
Non c’è quindi da stupirsi che gli emuli di CasaPound mettano in pratica lo stesso modello di occupazione. Hogar Social Madrid,ad esempio, occupa grandi proprietà nella capitale spagnola da circa quattro anni. Oppure Bastion Social, che il presidente francese Emnanuel Marcon vorrebbe vietare — alla pari di Blood and Honor e Combat 18— e che a maggio 2017, in occasione della propria fondazione come movimento, ha occupato un edificio a Lione. Dal 16 febbraio 2019 la sedi di Strasburgo di Bastion Social,chiamata L’Arcadia, ha occupato una fattoria nel comune alsaziano di Entzheim, cominciando a ristrutturarla. Il Battaglione Azov della destra radicale ucraina negli ultimi anni non solo ha ampliato la propria infrastruttura militare, ma sull’esempio di CasaPound Italia si è dotata anche di un’associazione civica, di un proprio partito e di una «Casa dei Cosacchi» nel cuore di Kiev.
Oltre a un valore di fatto le occupazioni, soprattutto via Napoleone III, hanno per CasaPound un elevato valore ideologico, propagandistico e strategico. Allo stesso tempo, tuttavia, le occupazioni e il loro status illegale costituiscono anche un ostacolo per il partito politico di CPI, che è sottoposto alla legalità. Una contraddizione che, in vista di un’imminente sgombero, racchiude un certo potenziale esplosivo per CasaPound Italia. Un partito politico che partecipa alle elezioni come può, come deve, come gli è permesso reagire? E un movimento rivoluzionario nazionale come può difendere il proprio cuore mitologico? Un vero e proprio dilemma per CasaPound Italia. Indipendentemente da come si comporterà nel caso di uno sgombero non può che perdere — o come partito politico o come movimento.
Come partito-movimento, CasaPound Italia si trova in una classica contraddizione nell’unire approcci diversi e talvolta divergenti. Con la trasformazione in partito, dopo dieci anni da movimento puro, CasaPound non ha solamente creato un’ulteriore opzione per accedere al potere nello stato. Piuttosto, CasaPound Italia fa ora parte del sistema regolamentato e burocratico dei partiti, delle istituzioni e delle amministrazioni, nonché di un sistema di legalità e serietà. Si tratta di un sistema sottoposto a logiche e regole molto diverse rispetto a quelle di un movimento; elementi e forze atte a stabilizzare il potere e lo Stato, difficili da conciliare con le caratteristiche di un movimento che si occupa principalmente di articolare la protesta e di realizzare azioni mirate al cambiamento sociale e politico. Un movimento normalmente si trova in uno stato di mobilitazione permanente, altrimenti ristagna, perde coerenza, propulsione e scopo e alla fine smette di essere un movimento. I movimenti sono basati su strategia e tattica, propaganda e azione, definiscono tempi e luoghi del loro attivismo necessità, obiettivi logiche di cambiamento propri e non secondo le regole delle strutture di potere a cui sono sottoposti. In questa situazione delicata, che cresce col successo elettorale, CasaPound Italia si trova da cinque anni a questa parte. Da una parte c’è la necessità di aumentare il bacino elettorale e quindi l’inserimento nel sistema partitico borghese con le sue regole basate sulla legalità. D’altra parte, c’è la rivendicazione nazional-rivoluzionaria di essere un movimento in lotta per il potere. Questa contraddizione fondamentale fa aumentare spaccature e forze centrifughe straordinarie per un partito-movimento: Il partito è al servizio del movimento? Il partito fa da cassa di risonanza, finanziatore e risorsa al movimento? Oppure è addirittura l’avanguardia propulsiva del movimento? Al contrario: Il movimento rimane semplicemente base di reclutamento, serbatoio di mobilitazione e di elettorato di una struttura di partito che si allontana dalla base e si imborghesisce? Il movimento col tempo si trasformerà in fonte di creatività e di forza a servizio del partito, ma in via di inesorabile esaurimento? Oppure è possibile che partito e movimento si completino e si fertilizzino reciprocamente in modo permanente?
Rimane da vedere come si svilupperà in futuro il movimento-partito CasaPound Italia.Attualmente, lo sgombero di via Napoleone III non solo getterebbe un’ombra su questi sviluppi e sul conflitto interno; uno sgombero del quartier generale fascista infliggerebbe un grave danno ai fascisti del terzo millennio.
Lo stato delle cose
Il ricorso allo squatting da parte degli estremisti di destra non è più una novità in Italia. E sono finiti i tempi in cui le occupazioni erano un primato dei movimenti di emancipazione di sinistra o delle subculture. Il centro di gravità del movimento di occupazione di destra era, ed è, Roma. Nella Capitale, fra gli attori non va menzionata solo CasaPound Italia. Strutture vicine all’ex partito di Alleanza Nazionale, ma soprattutto Forza Nuova hanno da tempo inserito le occupazioni nel loro modus operandi. Eppure è CasaPound Italia a rivendicare per sé i Centri Sociali di Destracome un marchio di qualità, sfruttando le occupazioni per rappresentarsi come movimento nazional-rivoluzionario e per l’export del proprio modello di movimento.
Nel 2019 — dopo 18 anni di occupazioni — i Centri sociali di Destra sono solo sei su tutto il territorio statale e di questi solo tre sono ascrivibili a CasaPound Italia. Nella capitale, Roma, si contano quattro occupazioni di destra, di cui due riconducibli a CasaPound: il Circolo Futurista Casal Bertone e la «via Napoleone III». Con Foro 753 le strutture vicine all’ex Alleanza Nazionale detengono ormai un centro di vecchia data, mentre Forza Nuova da tre anni tiene occupato un centro in via Taranto nel distretto di San Giovanni. Delle due occupazioni fuori Roma solo quella di Latina è attribuibile a CasaPound Italia.
I tempi in cui in Italia era possibile imporre nuove occupazioni fasciste sembrano ormai passati. Anche le occupazioni di Forza Nuova,che secondo la propaganda opera in favore di famiglie etnicamente italiane e/o per cacciare famiglie di migranti, hanno vita breve e un carattere piuttosto simbolico, mentre CasaPound Italia non ha fatto alcun tentativo di occupazione dall’ormai lontano 2013. La loro ultima occupazione che ha avuto successo è avvenuta ormai undici anni fa ed è stata sgomberata nel 2015. Il bilancio di CasaPound Italia è, a dir poco, microscopico. E non solo rispetto alle occupazioni di sinistra e al movimento sul «diritto abitativo». Cambia poco se l’articolo di Wikipedia sui Centri sociali di Destra di Roma elenca nove anziché quattro occupazioni. Agli autori sembra mancare il coraggio di aggiornare la voce di Wiki. E non è CasaPound ma Forza Nuova ad incorporare attivamente l’occupazione come strumento dell’azione di strada e delle campagne politiche. CasaPound Italia, invece, riposa su vecchi allori.
Anche l’immagine di CasaPound Italia come combattente per il diritto all’abitazione ha fondazioni deboli. La narrazione secondo cui la sede di via Napoleone III sarebbe un rifugio per le famiglie italiane in difficoltà è ormai molto controversa. La stampa della Capitale nega questa auto-rappresentazione e sempre più spesso parla del Grand Hotel CasaPound,da cui trarrebbero beneficio principalmente i suoi membri e i loro amici. Gli inquilini sfuggirebbero a qualsiasi controllo e di conseguenza la città di Roma avrebbe perso 300.000 euro di reddito da locazione all’anno. Calcolato sugli anni di occupazione, CasaPound Italia avrebbe rubato alla città di Roma circa quattro milioni di euro. E proprio come il Comune non si preoccuperebbe di sgomberare l’edificio, non avrebbe nemmeno agito per staccare luce e acqua ai fascisti come previsto dal Decreto Lupi del 2014.
Anche la funzione della sede di CasaPoundcome Centro Sociale è abbastanza dubbia. Secondo la stampa il quartiere non percepirebbe l’edificio come un partner sociale interattivo, bensì solo come un centro politico, dal quale di quando in quando partono le cosiddette «passeggiate per la sicurezza», che si infiltrano nel quartiere per ergersi a potenza d’ordine fascista e assediare razzialmente il vicinato. D’altronde questo corrisponde all’autodefinizione di CasaPound come «ambasciata d’Italia» in un quartiere multietnico.
A quando lo sgombero della sede di CasaPound Italia?
Dal 2003 al 2008 le occupazioni di destra a Roma sono state tollerate dal sindaco Walter Veltroni, dal 2008 al 2013 protette da Gianni Alemanno e dal 2013 al 2016 le occupazioni di destra sono state ignorate dai primi cittadini. Dalla metà del 2016 Roma ha nella quarantenne Virginia Raggi (M5S) una nuova sindaca, e da metà 2018 Matteo Salvini (Lega)è il nuovo ministro degli interni. Sin dal suo insediamento Salvini ha insistito per lo sgombero di edifici e fabbriche occupati, e secondo lui almeno 22 delle quasi 100 occupazioni presenti oggi a Roma saranno sgomberate entro la fine dell’anno. Cosa significa questo per CasaPound Italia?
A fine gennaio 2019, Movimento 5 Stelle e Partito Democratico in consiglio comunale a Roma hanno votato a favore di uno sgombero immediato di via Napoleone III numero 8. Quindi, a livello comunale, vi è una chiara presa di posizione del Consiglio comunale a favore dello sgombero del quartier generale fascista. Ora la decisione finale è in mano al ministro degli interni, il populista di destra Matteo Salvini, che ha già dichiarato di non considerare una priorità lo sgombero di CasaPound. Prima ci sarebbero altri sgomberi da attuare.
È poco probabile che il ministro degli interni cambi idea. CasaPound Italia e la Lega nel 2015 sono stati partner nell’alleanza elettorale Sovranità – Prima gli Italiani. A quel tempo, Salvini incontrava a cena i dirigenti di CasaPound Italia presso l’Osteria Angelino dal 1899, il ristorante di Gianluca Ianonne a Roma. Insieme hanno partecipato a varie elezioni locali, organizzando manifestazioni e proteste congiunte sia a Milano che a Roma.
Nel mese di maggio 2018, il futuro ministro degli interni ha assistito alla finale fra Juventuse Milan allo Stadio Olimpico indossando una giacca del marchio di moda fascista Pivert,gestito da membri di CasaPound. E da ministro, a metà dicembre 2018, Salvini ha pubblicizzato il libro Come la Sabbia di Heratdi Chiara Giannini, edito da Altaforte Edizionivicina a CasaPound. Ma anche al di là di questa vicinanza del nuovo ministro degli interni ad apologeti della dittatura fascista di Benito Mussolini, la suddivisione dei compiti tra i fascisti di CasaPound Italia e la Legafunziona al meglio. Così è stata CasaPound a impegnarsi per settimane contro l’occupazione dell’ex fabbrica di penicillina LEO Roma in via Tiburtina da parte di alcuni immigrati, organizzando manifestazioni davanti all’edificio occupato, prima che l’edificio venisse fatto sgomberare nel dicembre 2018 dalle forze dell’ordine in presenza dello stesso ministro Salvini. La richiesta di sgombero degli immigrati da parte degli squatter di destra era avvenuta sotto il motto «Basta degrado: Sgomberiamoli».
Un altro campo di azione condiviso da Lega e CasaPound Italia è quello delle ronde. La scorsa estate, gruppi misti di membri CasaPound e Lega hanno presidiato alcune spiagge italiane per ostacolare l’attività dei piccoli venditori immigrati che vendono teli, creme solari, gelati o frutta e cacciarli via. Le autoproclamate passeggiate per la sicurezza, che non sono altro che vigilanza fascista a scopo intimidatorio e razzista, applicano nei fatti le leggi sulla sicurezza e la politica razzista di esclusione di Salvini. Si tratta quasi di un esercizio fascista per far vedere come Lega e CasaPound si immaginano la realtà quotidiana italiana.
Heiko Koch
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frontedelblog · 4 years ago
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E ALLA QUARTA DOSE DI VACCINO, FUMMO COLTI DA UN LEGGERO SOSPETTO...
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In Israele sono alla quarta dose di vaccino. Noi partiamo con la terza e con l'ipotesi di un obbligo vaccinale anche se nessuno sa dire quando saremo immunizzati. Anche perché, se ricordate, già una dose doveva coprire molto, invece con due si muore comunque...   In Italia, ad agosto 2020, senza vaccino, c’erano stati 342 morti. Nell’agosto di quest’anno, con i vaccini, i morti (li abbiamo contati giorno per giorno) sono stati 1158. Dicono che allora c’era stato in precedenza un duro lockdown a frenare i contagi, ma da metà giugno era praticamente tutto già aperto: e ci sarebbe stato il tempo di contagiarsi, incubare, ammalarsi e morire. Invece la differenza dei decessi è enorme. Quasi quattro volte tanto, con il 70% degli italiani vaccinati. Gli esperti, o presunti tali, lo spiegano con un paradosso statistico. Ma non dovrebbe esserci alcun paradosso, perché ancora il 9 luglio l’Istituto Superiore di Sanità assicurava come la doppia dose coprisse fino al 100% della malattia grave. Non si dovrebbe morire. Invece si muore e, per alcune fasce di età, si continus a morire tanto. Lo documenta l’ultimo bollettino di sorveglianza integrata dell’Iss, datato 1 settembre (SCARICA). Alla voce decessi over 80 i non vaccinati sono il 51%, gli altri erano tutti con una dose (4,2%) o due dosi (44,7%). Se si pensa che l’età media dei morti di Covid è di 81 anni, per loro la situazione resta critica. I dati mostrano poi come i non vaccinati deceduti per le altre fasce d’età siano in larga maggioranza. Dunque, almeno per gli altri i vaccini funzionano perfettamente? Verrebbe da dire di sì: peccato che i numeri dei decessi del bollettino siano riferiti al periodo 9 luglio – 8 agosto, ossia quando la variante Delta non era ancora l’assoluta predominante in Italia. Differenza casi e decessi in Italia tra agosto 2020 e agosto 2021 Quindi, per capirci qualcosa in più, bisogna vedere cosa succede all’estero, dove hanno iniziato prima le inoculazioni e dove prima è arrivata la famigerata variante. Come in Israele, il Paese più vaccinato del mondo, ma che non ha mai avuto contagi come a fine agosto 2021. Di più: lì, ad agosto, ci sono stati 520 morti di Covid, certo meno che a gennaio, quando furono 1400. Però non solo a gennaio Israele non poteva contare su una tale copertura vaccinale. Ma oggi quasi un terzo della popolazione ha già preso la terza dose. Per capire l’opportuna differenza: Israele, con tre dosi, ha avuto in agosto 520 morti su 9 milioni di abitanti. Noi, con il 70% a due dosi, 1158 su 60 milioni di abitanti. In proporzione, una disfatta. Ma non basta. Sempre sui morti del mese di agosto il deputato leghista Carlo Borghi in un tweet scrive: «Uscito l’aggiornamento dei dati inglesi, ad oggi il database più completo sia per i casi che per le reazioni avverse. Si confermano e anzi si accentuano le tendenze dei mesi scorsi. La storia di “muoiono solo i non vaccinati” purtroppo è falsa». Per poi aggiungere: «Su 1798 morti covid variante delta da febbraio solo 536 ovvero il 30% sono non vaccinati, gli altri, 70% sono tutti vaccinati con una o due dosi». Abbiamo controllato. Ed è tutto vero, anche nel Regno Unito i dati sono sconfortanti. Ora, possiamo girarli come ci pare questi numeri, possiamo tirare fuori il paradosso statistico, il distanziamento mancato, i ferocissimi “untori” novax. Ma le cifre documentano come i vaccini non stiano funzionando più così bene con le varianti, come molti - tacciati di essere cialtroni - avevano previsto: non con una, ma con due dosi (contrariamente a quanto raccontavano i soloni della virologia in tv) si muore già molto in Israele e in Inghilterra. E si sta morendo già anche in Italia. Finalmente, anche in tv, a Fuori dal Coro, hanno infine iniziato a parlare di effetti collaterali fortissimi patiti da molti vaccinati e in Rete se ne trovano casi in grandi quantità, così come tante sono le segnalazioni di decessi dopo il vaccino. Perchè quando si parla di “reazioni avverse rare” su milioni di persone, si parla di migliaia di casi, non di unità. Certo, tutta da dimostrare la correlazione del vaccino con le morti: a luglio, su 498 decessi segnalati, l’Aifa ne riteneva correlabili 7, ma il 33% del totale veniva considerato “indeterminato”, ossia mancavano prove sufficienti per dimostrarne la causalità. Non proprio una cosa tranquillizzante. Specie se si considera che uno studio angloamericano del 2015 metteva in guardia sui vaccini che non fermano il contagio, perché potrebbero rendere il virus più aggressivo. E questi vaccini contro il Covid il contagio purtroppo non lo fermano affatto. Eppure il premier Mario Draghi annuncia di voler andare serenamente verso l’obbligo vaccinale pur dovendo almeno sapere quattro cose. La prima è che l’Fda americana, anche se i giornali italiani non lo scrivono, ha approvato sì definitivamente Pfizer, ma esplicitando che non si conoscono tuttora gli eventuali effetti futuri sulla salute provocati dal vaccino (SCARICA IL DOCUMENTO). La seconda è che l’Europa, prima di imporre obblighi e approvare definitivamente i vaccini, deve preoccuparsi di modificare l’attuale contratto con le aziende fornitrici, cui è stata data esplicita manleva sulla responsabilità per eventi avversi. La terza è che i parlamentari che sostengono il Governo hanno tutti votato a Strasburgo una risoluzione, la 2361, con la quale si impegnavano a non rendere obbligatori questi vaccini, a non fare pressioni sulle persone per spingerli a farli, a non discriminare chi non li fa e a risarcire in caso di danni. La quarta è che si spinge verso l’obbligo su vaccini che certamente hanno effetti collaterali fortissimi, in rari casi correlabili a morte, pur non essendo tali vaccini capaci di immunizzarci definitivamente: prima con una dose si doveva già stare tranquilli, poi due dosi ed eri salvo, ora tre per stare in sicurezza. In Israele, che con la terza dose ha già raggiunto quasi un terzo della popolazione, si sta pensando già alla quarta, parola del capo epidemiologo del governo Salman Zarka. Quattro dosi, con possibili effetti collaterali non indifferenti ad ogni dose (raramente correlabili a morte) e senza sapere ancora nulla su danni futuri, né se basteranno o se alle prossime varianti ne dovremo fare di nuove. Non pare anche a voi che qualcosa non torni?     Read the full article
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marcoleopa · 8 years ago
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Ho un brivido ai neuroni!
L'itaglia è l'unico paese della U.E., nel quale un condannato in via definitiva, interdetto dai pubblici uffici, viene intervistato in TV per attaccare le sentenze della magistratura, soltanto pro domo sua, definendo il recluso Dell'Utri: italiano modello. Posto che ognuno ha la propria scala di valori, definire modello chi ha contatti con la mafia è una bestemmia. Silvietto ha persino una scala valoriale a tempo: Se sei un colluso con i mafiosi pre'94, non importa. Se invece ospiti in casa un boss mafioso come stalliere: un eroe (Mangano stalliere ad Arcore, boss mafioso del clan di porta nuova) Ebbene i miei neuroni ma anche i coglioni, si rivoltano a questa ennesima porcata, Appena l'altro ieri abbiamo commemorato la strage di via d'Amelio e, le parole di silvietto, mi fanno ribrezzo.
P.s.1 i miei italiani modello sono coloro che mi hanno aiutato a comprendere cosa era ed e’ la mafia ( genitori in primis) e, coloro che, avendo un altissimo senso dello Stato, hanno lottato in parlamento, affinché l'Itaglia si dotasse di leggi per impedire la corruzione e al corruttela del fetore mafioso. P.s.2 per la Digos, aggiungetelo al mio fascicolo
“Ho avuto un lungo brivido lungo la schiena nel vedere un amico che è in carcere per fatti precedenti al ‘94, anno in cui è diventato reato giurisprudenziale il concorso esterno in associazione mafiosa”. Lo ha detto il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, ospite di In onda su La7, commentando una breve intervista a Marcello Dell'Utri, sul quale ha ricordato che è pendente “un ricorso alla Corte di Strasburgo”.  “E’ ingiusto - ha detto ancora Berlusconi - che stia in carcere una persona buona, preparata, colta, il primo bibliofilo d'Italia, che ha fondato a Palermo una squadra di calcio per sottrarre ragazzi dalla strada. L'unica cosa che mi ha fatto piacere è che sembrava in buone condizioni, mentre so che ha gravi problemi di salute”.  “Penso sempre a lui, è una delle cose più insopportabili avere ancora in carcere un italiano modello”.
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ramsta19-blog · 5 years ago
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"Oggi l'unico corpo considerato degno e il trasformato", dice David Le Breton
L'antropologo francese terra un discorso martedi al Mercat de les Flors
Appuntamento insolito e stimolante al Mercat de les Flors, La Casa de la Danza di Barcellona, ??anche se in questo caso non e uno spettacolo di danza ne ci sara piu movimento di quello delle parole. Domani, martedi, alle 19:00, una lezione sara tenuta da David Le Breton, il famoso antropologo francese, e da uno dei teorici che ha riflettuto sempre meglio sull'organismo e sui suoi usi e problemi nel nostro tempo, prendendolo dal puramente anatomico al tema delle scienze sociali.
Le Breton (1953), professore di Sociologia all'Universita di Strasburgo e autore di un'ampia bibliografia, in gran parte pubblicata in spagnolo come La sociologia del corpo, lode del camminare (entrambi a Siruela) o Il tatuaggio o la firma di se (Casimiro Libros), ne parleremo corpi e mondi contemporanei.
"Spiego che la nostra percezione del corpo in Occiente non e l'unica possibile, ne l'unica che esiste," Le Breton ha detto in un'intervista telefonica. "In effetti, ci sono molte societa umane che non condividono la nostra idea semplicistica del corpo come una mera categoria anatomica, ne vedono il corpo come un confine con il mondo."
Quando gli viene chiesto se ha alcuni artisti preferiti, coreografi o compagnie di danza, lo studioso risponde senza esitazione: "Pina Bausch"
Le Breton continua: “Nella nostra societa, il corpo e diventato un accessorio e la capacita di modificarlo esiste come mai prima d'ora. L'idea che il corpo sia una specie di materia prima e che possa essere modificata, modificata, e fondamentale per la nostra societa e ha portato soprattutto dagli anni '90 a una mercificazione del corpo. Questa e una novita nell'umanita. E manifesta il bodybuilding, il bodybuilding dieta, regimi dimagranti, chirurgia estetica e boom cosmetico sorprendente ". Per Le Breton, "abbiamo raggiunto un punto in cui oggi l'unico corpo considerato degno e quello trasformato".
Il sociologo parlera anche, in quanto non potrebbe essere altrimenti indicato il palcoscenico, del corpo della danza. Le Breton chiarisce con una risata che non e un ballerino o uno specialista nel mondo della danza, "ma ho lavorato molto sul corpo, da un punto di vista teorico, e sono affascinato dalle donne e dagli uomini che ballano"Dobbiamo ricordare che Le Breton (che e anche un grande ammiratore di Gaston Bachelard) si e formato con Jean Duvignaud, il grande antropologo del teatro, di cui si considera discepolo. Quando gli viene chiesto se ha alcuni artisti preferiti, coreografi o compagnie di danza, lo studioso risponde senza esitazione: "Pina Bausch".
Se l'antropologia e la sociologia del corpo insieme alla cultura del rischio (Passions du risque, MéTailié, 1996) sono due dei soggetti di lavoro piu noti di Le Breton, un altro campo e l'antropologia del dolore. Che cosa ha da dire sulla dicotomia dolore-piacere che si manifesta nel lavoro del ballerino? "Il dolore del ballerino non e come quello di avventure rischiose o sportive," lui rispose. “Non e un dolore che causa sofferenza, ma un dolore accettato che e il prodotto dello sforzo e che, essendo orientato verso uno scopo artistico, conduce in un'altra direzione diversa dall'inutilita. La felicita e li, nel raggiungere la perfezione del gesto, la connessione con la coppia o il gruppo, la felicita in somma della creazione ”.
Le Breon ha anche riflettuto sul piacere di camminare, ha qualcosa a che fare con il piacere di ballare? “Una bella passeggiata e molto piacevole, comunichi con il tuo corpo, pensi, ti immergi nel paesaggio. La ballerina prende la comunione con un sentimento simile ”.
DANZA AFRICANA, FESTIVAL DI LUPPOLO E CIRCO FAMILIARE
La conferenza David Le Breton e una delle tante attrazioni che il programma Mercat de les Flors offre in questa parte finale dell'anno. La House of Dance ospita attivita provenienti da Africa Moment, il festival di danza contemporanea di Africa e America Latina che si svolge sia al Mercat che al CCCB, alla Cineteca e alle fabbriche creative Hangar e Graner. Al Mercat puoi vedere, ad esempio, il prossimo venerdi 13 Quartieri liberi, un potente assolo di danza della coreografa della Costa d'Avorio Nadia Beugré.
In un altro festival, il Hop, della danza urbana e della creazione contemporanea, con oltre 40 proposte in 20 spazi culturali, il Mercat ospitera vari spettacoli, come sabato 21 della compagnia CobosMika, che rivisita il suo spettacolo scRakeja't 2.0, e la societa Dyptik con Dans l'engranage, e domenica 22 il giorno di chiusura del festival con gruppi e coreografi di tre continenti, un'ottima occasione per scoprire le ultime novita della scena della danza urbana.
Il Mercat de les Flors offre anche un programma per famiglie per Natale, con circo e danza. Dal 27 al 30 il 23 Circ d'Hivern del Ateneu Popular 9Barris con Viene presentato Nu, a spettacolo circense contemporaneo e cinque artisti sul palco. Dalle 27 alle 30 ci saranno anche offerti Jungla, a spettacolo di danza di Big Bouncers, un viaggio attraverso un ecosistema in cui compaiono tutti i tipi di esseri, forme, colori e suoni, e dal 3 al 5 gennaio e 11 e 13 Aracaladanza rappresentera Giocare.
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mademoisellesabi · 4 years ago
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Cosa vedere in Alsazia: 5 giorni fra i borghi della Routes des Vins e Strasburgo
Cosa vedere in Alsazia: 5 giorni fra i borghi della Routes des Vins e Strasburgo
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calabriawebtvcom · 6 years ago
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Perché l'attacco del Movimento 5 stelle alla Francia sembra studiato "a tavolino"
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Perché l'attacco del Movimento 5 stelle alla Francia sembra studiato "a tavolino"
La piccola crisi diplomatica è aperta. Anzi, spalancata. L’ambasciatrice d’Italia a Parigi, Teresa Castaldo, è stata convocata al ministero degli Esteri francese dopo le parole del vicepremier Luigi Di Maio sulla ‘moneta coloniale’. Inoltre fonti del gabinetto del ministro per gli Affari europei, Nathalie Loiseau, hanno definito le dichiarazioni del vicepremier “inaccettabili e senza motivo”. “Il capo di gabinetto del ministro per gli Affari europei – hanno fatto sapere le fonti citate da Europe 1 – hanno convocato l’ambasciatrice d’Italia in seguito alle frasi inaccettabili e senza motivo pronunciate ieri dalle autorità italiane”. Ma cosa c’è dietro all’attacco pentastellato? Com’è possibile che al centro del dibattito pubblico italiano ci sia finito il “franco coloniale”?
Di Maio e Di Battista contro la Francia
Due giorni fa parlando del tema migranti a una manifestazione del M5S ad Avezzano, il vicepremier ha tirato in ballo la Francia, “che in Africa continua ad avere delle colonie di fatto, con la moneta, che è il franco, che continua a imporre nelle sue ex colonie”. Si tratta di soldi, ha tuonato Di Maio, che Parigi “usa per finanziare il suo debito pubblico e che indeboliscono le economie di quei Paesi da dove, poi, partono i migranti”. E in serata, ospite a ‘Che tempo che fa’, Alessandro Di Battista si è presentato da Fazio con in mano il fac simile di una banconota da 10mila franchi Cfa che poi ha strappato in diretta.
“La verità è che finché non lasceremo in pace quella gente in Africa continuerà a partire e il mio dovere è fare in modo che l’Unione europea si occupi di questo tema e inizi una decolonizzazione vera dell’Africa” diceva ieri Di Maio, a margine di un incontro con gli assessori regionali al ministero dello Sviluppo economico. Di Maio parlerà “senz’altro” con l’ambasciatrice d’Italia convocata dal ministero degli Esteri francese. “Io non credo che sia un caso diplomatico, è tutto vero – afferma il ministro del Lavoro – il fatto che la Francia sia uno di quei Paesi che stampano una moneta per 14 stati africani impedisce lo sviluppo di quegli stati africani e contribuisce alla partenza di profughi che poi muoiono nel Mediterraneo o arrivano sulle nostre coste”. “Io mi sono stancato di parlare degli effetti dell’immigrazione e voglio cominciare ad affrontare le cause – ribadisce Di Maio – E le cause sono il mancato sviluppo degli Stati africani: dobbiamo lasciarli in pace a casa loro e starcene noi a casa nostra”.
L’attacco del Movimento 5 stelle è studiato a tavolino
Quello del Movimento 5 stelle è un piano che sembra studiato. Una strategia per individuare un tema caldo “da battere” nel corso della campagna elettorale verso le elezioni europee. Non è un caso che solo qualche giorno fa a Strasburgo Di Maio e Di Battista abbiano lanciato la proposta di chiudere la sede dell’Europarlamento a Strasburgo, secondo loro solo una “marchetta per la Francia”. Ora l’uso del franco francese nelle ‘ex’ colonie per “finanziarsi il debito” entra nella narrazione pentastellata.
Nemico individuato, per cercare di fare presa sull’elettorato e tenere anche sull’immigrazione (tirando in ballo le politiche “colonialiste” di Parigi) mediaticamente il passo dell’alleato Matteo Salvini e della sua macchina comunicativa. Al M5s “conviene” poi una campagna elettorale che metta in secondo piano le preoccupazioni economiche (con le inevitabili problematiche legate alla partenza del reddito di cittadinanza, che ha tempi strettissimi e molti ostacoli sul suo percorso, perché i centri per l’impiego non sono pronti) e permetta ai pentastellati di giocare all’attacco. Le critiche alla Francia “colonialista” e “responsabile delle migrazioni” è un collante per parte dell’elettorato di riferimento del Movimento 5 stelle. Ma è anche un azzardo. Trapela infatti preoccupazione sia dalla Farnesina sia da Palazzo Chigi per le parole di Di Maio. Ma è sempre più chiaro, ancor di più dopo la piccola crisi diplomatica con la Francia, come il M5s voglia dimostrare di essere “al volante” del governo.
Migranti, Di Maio e Di Battista contro la Francia: “L’Italia è sola”
Crisi diplomatica Italia-Francia, le reazioni
Duro il commento del commissario europeo agli Affari Economici e Finanziari, Pierre Moscovici, a proposito delle parole di ieri del vicepremier sul franco Cfa: “Certe dichiarazioni, certe parole sono usate a fini di politica interna, per provocare delle reazioni. Sembrano proprio delle provocazioni, tanto il loro contenuto è vuoto, o a volte irresponsabile. Bisogna guardarsi dal cedere alle provocazioni, bisogna evitare di fare un favore agli autori prendendole sul serio, perché non hanno alcun senso”. “Mi guarderò dal fare ulteriori commenti – prosegue Moscovici – saprete che l’ambasciatrice italiana è stata convocata al ministero degli Affari Esteri francese per incontrare il capo di gabinetto della ministra degli Affari Europei. Come europeo e come francese, vorrei dire che la qualità delle relazioni tra Parigi e Roma è importante e questa deve restare la volontà comune per coloro che dirigono i Paesi, quali che siano i partiti che sono al potere”. “Vorrei che si potesse rapidamente superare questo stadio conflittuale, che è assolutamente negativo, nefasto e insensato. Basta guardare alla geografia, alla storia, all’economia e alla cultura per vedere che questi due Paesi sono estremamente vicini e devono restarlo. Non può essere altrimenti. Dunque, le provocazioni fanno sempre il gioco di chi le fa”, conclude il commissario europeo.
Sulle tensioni diplomatiche con la Francia interviene all’Adnkronos la senatrice M5S Elena Fattori. “Sulle cause profonde del fenomeno migratorio bisognerebbe fare un’analisi profonda e poi proporre soluzioni. La continua ed estenuante ricerca del nemico esaspera solo gli animi – afferma Fattori – Senza assolvere la Francia ma neanche tutti gli altri Paesi europei incluso il nostro”. “Come ha detto giustamente Gino Strada – insiste la parlamentare ‘ribelle’ – i popoli africani non si fabbricano le armi da soli per le guerre che poi li spingono da noi e in questo ambito l’Italia non è innocente. Magari cominciamo anche da lì?”. Sposa invece la linea del vicepremier grillino la deputata 5 Stelle Yana Ehm. “Sono assolutamente in linea con le dichiarazioni di Di Maio. E’ un bene che la tematica del colonialismo sia venuta fuori ma doveva uscire molto prima”, afferma all’Adnkronos.
Secondo il Pd, invece, “le dissennate dichiarazioni di Di Maio rischiano di aprire una guerra diplomatica con un Paese storicamente alleato e nostro vicino. Domani alla conferenza dei capigruppo, il Pd chiederà l’immediata convocazione in aula del ministro degli Esteri Moavero, del tutto scomparso in questa fase. Qualcuno deve far capire a Di Maio che non è più un ragazzo che sta sui tetti di Montecitorio, ma il vicepresidente del Consiglio” affermano in una nota il capogruppo Pd a Palazzo Madama Andrea Marcucci e il capogruppo dem in Commissione Esteri Alessandro Alfieri.
Franco africano e migranti, quello che i 5 Stelle non dicono
Oltralpe c’è chi non considera il franco Cfa espressione del neocolonialismo francese. E’ il caso di Nicolas Bay, eurodeputato del rassemblement National di Marine Le Pen. Il Cfa “fa parte della storia, dobbiamo rispettare le scelte economiche e monetarie dei Paesi africani”, afferma Bay rispondendo a una domanda dell’Adnkronos sulle accuse dell’M5S contro la moneta “coloniale” che frenerebbe lo sviluppo dell’Africa favorendo l’emigrazione verso l’Europa. Se i Paesi africani considerano il Cfa “un elemento di stabilità devono essere liberi di mantenerlo”, così come se lo desiderano devono essere liberi di cambiare “e avere un sistema monetario che conviene loro di più”, prosegue l’eurodeputato. A suo avviso, nella cooperazione con l’Africa, bisogna “privilegiare le infrastrutture, come strade e telecomunicazioni” e dare sostegno “all’economia reale” evitando che i finanziamenti vadano “a multinazionali” o a “intermediari” che, a causa della corruzione, non fanno arrivare gli aiuti a chi ne ha bisogno.
Italia-Francia: un 2018 ad alta tensione
Sull’asse Roma-Parigi le tensioni delle ultime ore costituiscono il nuovo capitolo di un rapporto che, dallo scorso anno, è stato condizionato da un confronto spesso aspro sul tema dell’immigrazione. A marzo è esploso il primo caso Bardonecchia, legato agli sconfinamenti contestati agli agenti francesi che si sono ripetuti anche in autunno. “A seguito di quanto accaduto a Bardonecchia nella serata di venerdì 30 marzo, il ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale ha immediatamente chiesto spiegazioni alle autorità francesi, sia tramite l’Ambasciata di Francia a Roma, sia tramite la nostra Ambasciata a Parigi”, spiegava un anno fa la Farnesina. “Non avendo ricevuto alcuna giustificazione per il grave atto (considerato del tutto al di fuori della cornice della collaborazione tra Stati frontalieri), si è deciso di convocare oggi pomeriggio, alla Farnesina, l’ambasciatore di Francia in Italia, Christian Masset”, aggiungeva il ministero degli Esteri. All’epoca, “il Direttore Generale per l’Unione Europea, Giuseppe Buccino Grimaldi, ha rappresentato all’ambasciatore la ferma protesta del Governo italiano per la condotta degli agenti doganali francesi, ritenuta inaccettabile e ha manifestato, al contempo, disappunto per l’assenza di risposte alle nostre richieste di spiegazioni”.
Gli italiani si (ri)scoprono europeisti, i sovranisti sono già demodé?
A giugno, invece, i toni si sono alzati in relazione alla vicenda che ha coinvolto la Aquarius. La nave, dopo la chiusura dei porti italiani, ha attraccato a Valencia. La posizione del governo italiano è stata criticata in Francia ai più alti livelli. Il 13 giugno, quindi, il ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, ha convocato alla Farnesina l’ambasciatore francese Christian Masset e, data la sua assenza da Roma, ha ricevuto l’Incaricata d’Affari, Claire Anne Raulin. Moavero, come ha spiegato la Farnesina, nella circostanza “ha comunicato che il governo italiano considera inaccettabili le parole usate nelle dichiarazioni pubbliche rese” il 12 giugno “a Parigi, anche a livello governativo, sulla vicenda della nave Aquarius. Il ministro Moavero ha chiarito che simili dichiarazioni stanno compromettendo le relazioni tra Italia e Francia”. Nella nota, venivano stigmatizzati i toni “ingiustificabili, tenuto conto che da molti mesi ormai il nostro Paese ha pubblicamente denunciato l’insostenibilità dell’attuale situazione di latitanza di un approccio coordinato e coeso a livello europeo circa la gestione dei flussi migratori, rispetto ai quali l’Italia non si è mai tirata indietro”.
Ora un altro capitolo: i toni si alzano, nuovamente. La fase conflittuale tra Roma e Parigi è tutt’altro che finita.
I sondaggi verso le Europee: Lega ai massimi storici, M5s a picco
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purpleavenuecupcake · 6 years ago
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Mafia Nigeriana, la piovra globale che spaventa le polizie internazionali
La mafia nigeriana è nata in Nigeria alla fine degli anni ‘80, si è diffusa a macchia d'olio in Niger, Benin e resto del mondo e gestisce il traffico di eroina e cocaina, accattonaggio e prostituzione delle nigeriane tenute in schiavitù. Il modello strutturale della criminalità  organizzata in Nigeria è formato da gruppi autonomi sciolti e, allo stesso tempo, dipendenti da un vertice unico. Si tratta di un sistema in cui cellule criminali più strutturate si accompagnano a cellule contingenti che, diversamente dalle precedenti, nascono in corrispondenza di un singolo affare criminale. I gruppi criminali sono di genere maschile, soprattutto per il narcotraffico e le truffe telematiche, femminile per quanto riguarda  lo sfruttamento della prostituzione con la figura delle madame, tipicamente ex vittime della tratta che gestiscono  lo sfruttamento della prostituzione. Uno dei riti di iniziazione più frequenti è il sottoporsi a frustate da parte del "capo" dell’organizzazione. Anche in Italia ha attecchito già a  partire dagli anni ottanta facendo importanti affari con Cosa Nostra. L'organizzazione più pericolosa e violenta e quella dei Black Axe  nata negli anni '70 a Benin City in Nigeria. Elementi di spicco di questa organizzazione criminale sono già presenti in molte città italiane come Torino, Novara, Alessandria, Verona, Bologna, Milano, Roma, Napoli e Palermo.  https://youtu.be/drt2QsuLPn8 Le indagini in Italia I servizi di sicurezza italiani l'Aisi a partire  dal 2013 controlla il presunto capo della confraternita Eyie, Grabriel Ugiagbe che gestisce i suoi affari criminali da Catania, spostandosi poi in Nord Italia, Austria e Spagna. La sede principale in Italia è Castelvolturno. Il loro radicamento in Italia è emerso nel corso di diverse inchieste, che hanno confermato "la natura mafiosa" della consorteria, ribadita da diverse sentenze. Il gruppo più forte e pericoloso resta il "Black Axe", "il cui vincolo associativo - sottolineano gli analisti della Dia - viene esaltato da una forte componente mistico-religiosa”. Gli stupefacenti, stoccati nei laboratori dei Paesi centroafricani, raggiungono l'Italia attraverso varie direttrici, sia per via aerea che marittima o terrestre. Con questa rotta, i narcotrafficanti sfruttano, di fatto, i canali già utilizzati in passato per il contrabbando di armi, avorio e pietre preziose. Altrettanto "articolate" e connotate da "particolare violenza" sono la gestione della tratta di persone e la prostituzione.  Recenti inchieste hanno documentato, ad esempio, come giovani donne, anche minorenni - attirate con la falsa promessa di un lavoro in Europa - vengano concentrate in Libia, sottoposte a violenze e stupri e fatte partire per le coste italiane. Spesso per vincolarle al pagamento del debito contratto per il viaggio sono sottoposte a riti woodoo, con minacce di morte. Gruppi nigeriani sono risultati attivi anche nel trasporto verso il nord Europa - via Ventimiglia - di profughi e clandestini provenienti dalla Siria, dall'Egitto, dal Sudan e dall'Eritrea. Forte resta la capacita' di interagire con le organizzazioni di riferimento nei Paesi d'origine e con cartelli multinazionali, dei quali rappresentano, nella maggior parte dei casi, "delle cellule operative distaccate, funzionali alla realizzazione degli illeciti”. Il Mattino, di recente, ha raccontato in un articolo che sulla mafia nigeriana lavora una task force internazionale che, dal mese di luglio scorso, vede impegnate l'Fbi, la polizia italiana, con lo Sco a coordinare i lavori delle squadre mobili di Caserta, Roma, Palermo e Torino e che, a breve, potrebbe vedere coinvolta anche la polizia canadese.  Ripercorrendo un anomalo transito di soldi dalle città statunitensi roccheforti della mafia nera, le indagini degli agenti federali americani si sono incrociate con l'inchiesta che, ormai da anni, impegna la Dda di Napoli sul fronte Casertano. Da Atlanta, New York City e Chicago è stato monitorato un flusso di denaro costante tra personaggi di un certo rilievo in seno ai Vicking, agli Eyes e ai Black Axe, ovvero i principali gruppi del crimine organizzato nigeriano attivo negli Usa, e immigrati africani che vivono in povertà sul Litorale Domitio. Ricorrendo al money transfer con la Western Union, ma anche a prepagate paypal, pezzi grossi della mafia nera hanno fatto transitare il denaro di attività illecite di varia natura per Castel Volturno. Il Litorale campano è crocevia di esseri umani, ormai è fatto storico e noto, ma anche di flussi di soldi veicolati dal crimine organizzato africano. È stato riannodando quei fili che gli agenti dell'Fbi sono stati in Italia, in estate e, in autunno, la polizia italiana incaricata dell'inchiesta si è recata a New York per uno scambio informativo. I capimafia nigeriani residenti negli Usa utilizzano anche canali di underground banking ovvero servizi finanziari del deep web. Intercettando quei flussi di soldi la Dda e le forze di polizia americane hanno trovato un filo conduttore esistente tra il nord America, il Canada e il Litorale Domitio dove sui conti di insospettabili immigrati arrivano somme di denaro da «deposito» provenienti dai boss neri che vivono nelle grandi città americane e nel Canada. Soldi che in parte potrebbero provenire dall'imponente giro di droga che la mafia nera gestisce in Europa e in almeno altri due continenti, e che servono per finanziare il principale business: la tratta di esseri umani. Per corrompere funzionari, pagare i traghettatori che accompagnano le vittime lungo il viaggio che risale l'Africa dalla Costa D'Avorio, dal Niger e da altri Paesi del continente nero, servono molti soldi e, a quanto pare, il crimine organizzato che ha base principale a Benin City ne dispone a grandi quantità. Alcune  ragazze sono riuscite a pagare il «debito» con la mafia nigeriana e hanno riconquistato la propria libertà dopo aver messo insieme cifre oscillanti tra i 15mila e i 20mila euro. «Le più belle vengono mandate al nord», dicono, «le altre restano sulla Domitiana». Ma non solo: c'è anche il fenomeno del traffico di organi. La tratta che alimenta il traffico di organi, scrive Il Mattino,  resta un fenomeno tutto da esplorare. Non è possibile stabilire quante persone spariscano dai villaggi africani per mano della mafia nera. Inchieste non troppo datate, risalenti al 2010, hanno stabilito alcune delle cifre che muovono il business: un rene «costa» 12 milioni di naira, la moneta nigeriana, ovvero 60mila euro. A Lagos, più volte, la polizia ha trovato donne segregate e costrette a mettere al mondo figli poi destinati al traffico di bambini, al mercato del sesso o alla compravendita di organi.   https://youtu.be/OgIdeKHIAlQ Le recenti indagini in Francia La polizia francese ha riferito di aver smantellato una rete di prostituzione e traffico di nigeriani sospettati di raccogliere e riciclare decine di milioni di euro in tutto il paese. Trenta persone di nazionalità nigeriana sono state arrestate durante due turni di raid della polizia giudiziaria in giugno e settembre a seguito di un'indagine di 15 mesi. La polizia ha identificato i sospetti che raccoglievano denaro da giovani donne nigeriane che si prostituivano in diverse città in tutta la Francia, hanno detto gli ufficiali della polizia transalpina, stimando il denaro tra i 30 e i 50 milioni di euro negli ultimi tre anni. “Stavano trasferendo denaro da Lille, Colmar, Strasburgo, Lione, Nizza, Marsiglia, Bordeaux, Nantes o Parigi", ha detto il capo della agenzia anti-traffico OCTREH, Jean-Marc Droguet. Un parrucchiere e un negozio di alimentari nel nord di Parigi sono stati utilizzati come punti di raccolta per i soldi prima che fossero consegnati  ai corrieri che nascondevano il denaro in valigie a doppio fondo e che si apprestavano a lasciare il paese. A volte i corrieri passavano attraverso altre capitali europee e paesi africani per evitare sospetti, hanno detto gli ufficiali, ma il denaro era sempre destinato in  Nigeria.  Cosa fa la Commissione Ue?  La lotta contro il traffico di stupefacenti e la tratta degli esseri umani costituisce una priorità per la Commissione, che è al corrente del coinvolgimento della mafia nigeriana nella tratta degli esseri umani e nello sfruttamento della prostituzione in Italia e in altri Stati membri. Le iniziative intraprese dagli Stati membri in materia di lotta contro il traffico di stupefacenti provenienti dalla Colombia e contro la tratta degli esseri umani sono coordinate nell'ambito del ciclo programmatico dell’UE per contrastare la criminalità organizzata e le forme gravi di criminalità internazionale, a cui partecipano anche istituzioni e agenzie dell'UE, paesi terzi e organizzazioni. Il progetto ETUTU contrasta il traffico di nigeriani all’interno dell’UE. Negli ultimi anni Europol ha avviato azioni significative, come la visita in Nigeria del dicembre 2017 volta a rafforzare la cooperazione tra gli Stati membri e le autorità nigeriane, e ulteriori iniziative sono in corso di attuazione . Altre azioni sono predisposte nell'ambito del Fondo fiduciario dell’Unione europea per l’Africa e del programma indicativo regionale per l'Africa occidentale, come l’attuale sostegno al piano d’azione regionale in materia di traffico illecito di stupefacenti, di criminalità organizzata e di uso illecito di droghe nell'Africa occidentale.    Una serie di nuovi progetti regionali sono stati appena avviati, quali:  «Criminalità organizzata: risposta dell'Africa occidentale al traffico illecito», con particolare attenzione al traffico di stupefacenti e di armi e alla tratta degli esseri umani. «Criminalità organizzata: risposta dell'Africa occidentale al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo» (progetti OCWAR). Nel luglio 2018 è stata avviata un'azione dell’UE contro la tratta degli esseri umani e il traffico di migranti in Nigeria.    Inoltre la Commissione fornisce aiuti finanziari al Centro di analisi e operazioni contro il narcotraffico marittimo (MAOC-N), un forum intergovernativo di cooperazione multilaterale che mira a reprimere il traffico di stupefacenti con mezzi marittimi e aerei, in particolare nell’Atlantico.  La Commissione finanzia i più importanti progetti e programmi contro il traffico di stupefacenti in Colombia tramite programmi di cooperazione dell'UE e coopera strettamente con le organizzazioni internazionali in questo ambito. L'Unione intrattiene un regolare dialogo tra esperti in materia di stupefacenti con i paesi della CELAC (Comunità degli Stati latinoamericani e caraibici), tra i quali la Colombia, e ha concordato piani di azione relativi anche agli stupefacenti con alcuni paesi/regioni nell'America latina, nei Caraibi e nell'Africa occidentale lungo la rotta del traffico di cocaina. Read the full article
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italian-malmostoso · 6 years ago
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Copio e incollo questo commento, con le modifiche opportune, che già avevo usato per la notizia della strage di Strasburgo:
È ora di dirlo, chiaro e netto. A dire la verità non è la prima volta che lo faccio, ma ora lo farò fuor di denti: l’Islam è, per sua stessa natura, contro ogni forma di democrazia, rispetto dei diritti umani, inclusi quelli religiosi, politici, civili, sessuali, qualunque cosa decente abbia prodotto la nostra (tanto vituperata da alcuni stessi suoi membri, che evidentemente non hanno la minima idea della storia del mondo) civiltà occidentale.
Sono nostri nemici, nemici mortali di qualunque cosa non rientri nel loro libro sacro, che NON è interpretabile e emendabile in nessun modo: se non ci credete, anime belle, sono decisamente e totalmente cazzi vostri; informatevi o meno, non fa nessuna differenza. E del terzomondismo novecentista in cui ancora credete ciecamente, per cui loro sarebbero proletari esattamente come voi, loro se ne sbattono: siamo tutti uguali, tutti cani infedeli, alcuni da usare e sfruttare per meglio sottometterci poi. E se li paragonate al Cristianesimo, che qualche passetto avanti l’ha fatto, per sua scelta o per la volontà di stati laici e democratici che qui in Occidente sono nati, e per la maggior parte sono ancora solo qui, manco vi rispondo, anzi no, andate a cagare.
Sono pochi, sono radicalizzati, sono lupi solitari, non cambieranno le nostre abitudini, sono cose con cui dobbiamo imparare a convivere, occorre che nelle loro moschee i sermoni (o come caspita si chiamano, affari loro) vadano enunciati nella lingua del paese dove sono situate, bisogna educare, integrare, assimilarci e, magari, meticciarci, bisogna evitare atteggiamenti di insofferenza e di esibizione di nostre tradizioni religiose o, peggio, d’odio da parte nostra, per non indurli in tentazione (Dio, perdonami di questa citazione) di accopparci come cani infedeli. Continuate ad autoingannarvi, poveri illusi.
Ancora dubbi? Andate a toglierveli, che ne so, in Pakistan, magari chiedendo ad Asia Bibi che ne pensa della libertà religiosa nei paesi islamici e, se magari credete che sia prezzolata dal capitale o dal Vaticano, andate, andate in giro con croce al collo e col vostro cane, diciamo nero, al guinzaglio, andate a predicare il Vangelo esattamente nello stesso modo che i barbuti fanno dalle nostre parti col loro libro sacro, andate e fatemi sapere … ah, sì, dimenticavo: ho idea che non ci vedremmo per un bel po’ di tempo.
E voi, credete che mi sia dimenticato di voi, animalisti incazzati, ma andate un po’ a vedere che fanno, qui accanto a voi, con la loro festa dell’Eid Al Adha, sì, proprio voi che gridate al massacro e cominciate a berciare come tanti piccoli Savonarola per le macellerie ad ogni agnello pasquale che vedete in vetrina. Andate e informatevi sul modo che hanno loro di macellarli. Ma di questo, manco una parola, eh?
Ma chi se ne sbatte, il tempo dei sofismi e dei ragionamenti pacati è finito, e l’hanno fatto finire loro, gli islamici voglio dire, e voi, già citate anime belle, che manifestate e protestate al minimo alzo di sopracciglio di un maschio (di etnia indoeuropea, ariano per intenderci) come apprezzamento verso una donna e vi girate dall’altra parte, o riuscite perfino a minimizzare, di fronte a raccapriccianti fatti di cronaca, se commessi da individui di etnia africana o mediorientale (vedi gli stupri di Rimini dell’agosto ‘17, gli infami assassinii di Pamela e Desirée), più millanta altri fatti criminali di cronaca, fatti che, vale davvero la pena di ricordare, non sarebbero mai successi se agli autori non fossero state allegramente aperte le porte d’Italia, permesso di rimanere vita natural durante e garantito un mantenimento a sbafo.
E il famoso clima di odio e paura che le destre e la Lega avrebbero creato e stanno alimentando? Errore: il clima di odio e paura l’avete creato voi, eh, sì, proprio voi, cari amici di sinistra e cattolici buonisti, non regolamentando gli arrivi incontrollati degli sbarcanti, non comunicandone i numeri fuori controllo e l’eventuale numero massimo delle persone da ospitare, passando sotto silenzio i costi dei mantenimenti di baldi giovanotti (la stragrande maggioranza, contro minoranze sparute di donne e minori), argomentando senza criterio di fughe dalle guerre quando, se questa cosa fosse stata vera, altro costoro non sarebbero potuti essere chiamati che vili codardi, avendo abbandonato al loro tragico destino di assassinii, stupri, schiavizzazione, saccheggi e altro i loro genitori, fratellini e sorelle, nonni e via col parentado, sottraendo anche loro i risparmi per pagarsi il viaggio verso il Bengodi europeo, soprattutto italiano, direi, coprendo loschi affari con le cooperative locali (vi ricorda niente Massimo Carminati e mafia capitale?) e opache ONG, che altro si è visto che non erano che traghetti diretti Libia/Italia, giustificando occupazioni illegali di stabili, avendo più un occhio di riguardo per i non Italiani che per i cittadini regolari, sia per quanto riguarda gli emolumenti che per i crimini commessi, insistendo oltre ogni decenza per l’approvazione dello ius soli, che altro non era che un modo per trovare nuovi voti per le imminenti elezioni del marzo ‘18, sapendo benissimo che i vecchi li avevate ampiamente persi.
In pratica, finché avete potuto avete nascosto sotto il tappeto tutto quanto sopra. Poi il tappeto non è più riuscito a contenere quanto ci avevate infilato sotto e le cosucce sono venute alla luce. Salvini & Co. questi scheletri nell’armadio non li hanno certo creati, gli autori siete decisamente voi e, questo sì, della cosa ne hanno approfittato, hanno cavalcato l’onda del malcontento popolare che voi stessi avete provocato, se ne sono ampiamente giovati sotto il profilo elettorale e di successivi consensi.
E giuratemi sui vostri figli, se li avete, o su quel che vi pare che non vi viene il minimo dubbio, la minima esitazione, la seconda occhiata al prossimo mediorientale che incrociate per strada o su un mezzo pubblico, con cui magari condividete il condominio, con cui lavorate insieme (dei ricchi radical chic non mi occupo, certo loro non vanno sui bus, non vivono nei condomini e il lavoro, se lo fanno, non è certo alla catena di montaggio).
Ve ne rendete conto? Macchè, lo so benissimo, Non siete altro che comunisti di Pavlov®, che gridate in riflesso condizionato al fascista al minimo accenno di opinioni diverse dalle vostre; non fate neanche più ridere, guardate.
E adesso, viva sempre la libertà di parola e di manifestazione, andate a esporre le vostre tesi di accoglienza senza se e senza ma e di integrazione, andate pure liberamente e, ovviamente, senza censure, andate a dirle alle famiglie delle vittime dell’infame musulmano e dei feriti ricoverati in ospedale, tra cui, con la faccia da culo che vi ritrovate, pure ai parenti del povero Antonio Megalizzi, il giornalista italiano che si ritrova una pallottola nel cervello che è morto innocente. Andateci pure, infami.
E manco un ripensamento, manco un dubbio, manco una resipiscenza: fate, fate pure, che col vostro atteggiamento da struzzi con la testa sotto alla sabbia siete i migliori fiancheggiatori, i perfetti utili idioti di quelli che vogliono fare di tutta l’erba un fascio (paragone azzeccato e voluto) e cacceranno o tenteranno di cacciare tutti i non Italiani, buoni e no, sbarcati e residenti regolari da anni, magari in retate simili a quelle di tragica memoria, come nell’autunno 1943 a Roma. Teste di cazzo, imbecilli, ciechi, nella migliore delle ipotesi tonti alla Forrest Gump! E, se siete troppo giovani per averli visti, ecco i cartelli esposti un tempo in tanti piccoli esercizi di paese: questo succederà, e gran parte sarà stata solo colpa vostra.
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P.s.: e fate un pensierino anche su che avrebbero fatto, e hanno già fatto in situazioni simili, paesi del cosiddetto socialismo reale, come nel Xinjiang in Cina, furbacchioni.
Ri-p.s.: siete peggiori di lui, che almeno nella sua testa bacata ha accoppato gente perché crede in qualcosa di trascendente. Voi, invece, siete solo dei consapevoli e volenterosi complici di tanta nefandezza.
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paoloxl · 7 years ago
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Il sovraffollamento non diminuisce. Al 31 luglio del 2018, secondo i dati elaborati dalla sezione statistica del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, siamo giunti a 58.506 detenuti su un totale di 50.624 posti ufficialmente disponibili.
Questo vuol dire che risultano 7.882 detenuti in più che vivono una condizione di sovraffollamento. Il trend, rispetto all’anno precedente è in crescita. Basti pensare che rispetto all’anno scorso, sempre relativamente al mese di luglio, sono 1740 in più. I numeri del sovraffollamento risulterebbero addirittura maggiori se venissero prese in considerazione l’esistenza di celle ancora inagibili, le quali sono stimate intorno alle 5000.
Il sovraffollamento quindi non è destinato a diminuire nonostante che nel passato, grazie a diverse misure adottate dopo la sentenza Torreggiani, si sia ridimensionato.
A tal proposito bisogna andare a vedere cosa dice l’ultima relazione del Garante nazionale delle persone private delle libertà Mauro Palma. Non ha potuto non fare riferimento alla riforma dell’ordinamento penitenziario – oggi riscritta e modificata radicalmente dall’attuale governo– le cui radici culturali e giuridiche si posano sugli obblighi a cui la Corte di Strasburgo ha richiamato l’Italia, nel tempo, dalla sentenza Sulejmanovic c. Italia del 2009 fino a quella “pilota” Torreggiani e altri c. Italia dell’ 8 gennaio 2013: obblighi che imponevano al nostro Paese non soltanto di superare il problema del sovraffollamento degli Istituti penitenziari, ma anche di rimodulare l’esecuzione della pena in carcere in termini congruenti a tutti i parametri che integrano l’osservanza dell’articolo 3 della Convenzione, nonché di prevedere forme di rimedi interni, preventivo e compensativo. Si sottolinea che il Consiglio d’Europa aveva riconosciuto il lavoro fatto dal Paese per rispondere adeguatamente a tali richieste e ha conseguentemente chiuso il caso l’ 8 marzo 2016.
Da qui però la necessità di superare le criticità adeguando l’ordinamento penitenziario al dettato costituzionale e alla convenzione europea. Con i provvedimenti adottati in conseguenza di quella sentenza “pilota” i numeri sono consistentemente calati, fino a giungere a 52.434 in ottobre 2015, per poi però riprendere la via dell’aumento, più lento, ma apparentemente inesorabile e del tutto non connesso ai numeri che indicano una riduzione dei reati denunciati.
Il governo attuale attraverso una lettura del nuovo testo che le commissioni si apprestano ad esaminare, ha escluso qualsiasi implementazione delle pene alternative e ha rimesso al centro il discorso della riabilitazione esclusivamente all’interno del carcere, preoccupandosi principalmente dell’aspetto organizzativo. Sul sito del ministero della giustizia mancano i dati relativi alla presenza dei bambini dietro le sbarre relativo al mese di Luglio. Risultano ancora quelli relativi al mese di giugno che si attestano a 68 presenze.
Damiano Aliprandi
da il dubbio
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