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#disinfezioni
gedmbh2019 · 2 years
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Univog’s beim Probelauf, in der Warteschlange, fertige Geräte und Wartungsarbeiten. 2023 kann dann kommen. #univog #gedmbh #gedmbh2019 #ged #ozonwasser #ozonwassersystem #ozonewater #acquaozonizzata #ozono #acquaozonificata #ozone #lebensmittelhygiene #haccp #cip #cleaninplace #desinfektion #disinfection #disinfezione #disinfezioni #cantina #bodega #vinicola #weingut #weinkellerei #tenuta #vignoble #chateau #lagar #bierbrauer #brauerei @kellereiartikel_beisteiner @roeha.kellereimaschinen @magedenkoben @zicklergmbh @univog @achim_zaun (hier: GeD mbH) https://www.instagram.com/p/Cmwkw8TNAPT/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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lucasmasala86 · 2 years
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Arcobaleno Service Trasporti, eccellenza di settore
Arcobaleno Service Trasporti, eccellenza di settore
E’ sempre bello raccontare la realtà di un’azienda serie, efficiente e competente com Arcobaleno Service Trasporti, Impresa di traslochi e trasporti, che opera in tutta la Sardegna. Hanno molteplici servizi quali smontaggio e rimontaggio mobili, deposito mobili e disinfezioni. Vi presentiamo alcuni dei lavori da loro realizzati e vi invitiamo a visitare la loro pagina Facebook: Arcobaleno…
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kon-igi · 7 years
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polveretralestelle ha risposto al tuo post : Ciao ieri mi sono fatto un taglio un po' profondo...
No, come senza disinfettanti? Vuoi dirmi che l'infanzia passata a non poter bestemmiare per il bruciore alcoolico delle medicazioni di mamma se lo potevamo risparmia’???
I disinfettanti vanno usati solo su cute integra (c’è pure scritto sulla confezione) in preparazione a punture o piccoli interventi o per la disinfezioni di strumenti e superfici.
In maniera variabile, sono tutti tossici e denaturano i tessuti organici, ostacolando e rallentando così la rigenerazione tissutale.
http://kon-igi.tumblr.com/post/156316956267/scusa-kon%C3%AC-ma-se-mettiamo-ci-si-facesse-una
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pandemicworld · 4 years
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Sanificazione
Si è parlato molto di sanificazione in questo periodo poiché ad oggi non avendo un vaccino o delle terapie specifiche rappresenta una delle poche soluzioni per limitare la diffusione del Covid-19. La sanificazione di ambienti ed aria è un fattore fondamentale e anche in questo campo grazie alla tecnologia si sono fatti enormi progressi.
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Foto sanificazione. Fonte: Pexels.
La novità principale viene proprio da un’azienda italiana che partendo dalla tecnologia usata nelle stazioni aerospaziali ha sviluppato un macchinario di sanificazione molto rapido e allo stesso tempo efficiente, con un potere di disinfezioni pari a circa tre volte quello dei normali prodotti sanificanti come il cloro.
Viene sfruttato il fenomeno naturale della fotocatalisi, che avviene quando un catalizzatore, attraverso la luce, velocizza la reazione chimica di decomposizione di sostanze organiche e inorganiche. In questo caso avviene il rilascio di biossido di titanio che colpito dai raggi UV produce un’ossidazione con un grande potere sanificante. Questi ossidanti sono mortali per batteri, funghi e virus tra cui anche il coronavirus ma non rappresentano affatto un pericolo per noi.
La tecnologia AHMPP è a dir poco geniale ed è inoltre una soluzione meno dispendiosa dei soliti filtri ad alta efficienza che sanificano l’aria, grazie a questa innovazione è stato possibile riaprire varie fabbriche e attività garantendo maggiore sicurezza.
Un'altra tecnologia su cui si è puntato molto è quella a raggi ultravioletti di classe C (UV-C) che operano sul DNA e sull’ RNA del virus per inattivarlo. Sono stati progettati appositi prodotti per la sanificazione sia di superfici che dell’aria, grazie ai quali si può garantire una maggiore sicurezza sanitaria nei luoghi comuni. Una grande minaccia è rappresentata da ascensori e scale mobili dato che tutti tocchiamo i rispettivi bottoni e corrimano, ma attraverso lo sviluppo di questa tecnologia è stato possibile creare dispositivi che inattivano costantemente virus e batteri.
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lampada germicida a raggi UV. Fonte: Wikimedia commons
Queste soluzioni tecnologiche sono sicuramente necessarie al momento ma anche utili nel futuro dato che staremo tutti più attenti all’ importante ruolo della sanificazione, che fino a qualche mese fa ignoravamo, nella nostra vita.
David Bradea
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freedomtripitaly · 4 years
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Il turismo è ufficialmente ripartito e con esso anche una serie di dubbi relativi alla sicurezza del viaggiare in aereo. Molti sono gli studi che spiegano quanto sia difficile ammalarsi su questi uccelli elettronici, come tante le evidenze che dimostrano l’efficienza dei filtri HEPA. Ma nonostante ciò le incertezze rimangono. E a questo proposito la soluzione definitiva potrebbe essere affittare un jet privato. Detta in questa maniera sembrerebbe una possibilità solo per tasche di un certo tipo, ma nei fatti il risparmio di tempo e la sicurezza di viaggiare in un certo modo potrebbero farvi cambiare idea. Per questo motivo abbiamo deciso di dirvi tutto quello che c’è da sapere, nel caso in cui decideste di affittare un jet privato, un mezzo di trasporto esclusivo che ottimizza il tempo e rende il viaggio particolarmente confortevole. Partiamo dal presupposto che con un aereo privato si può raggiungere qualunque destinazione del mondo (purché le frontiere siano aperte) e affidandosi semplicemente a una società specializzata nell’offrire il servizio di noleggio e che si occupi anche di pianificare il trasporto nei minimi dettagli. Ci sono diverse realtà, anche italiane, che mettono a disposizione flotte esclusive e pensate per determinate esigenze. Una scelta che deve essere necessariamente fatta in base alla destinazione in cui si vuole arrivare, al numero di persone e alla tipologia di esperienza desiderata. Per esempio, per un volo di corto raggio si può ricorrere a velivoli che possono ospitare fino a 5 persone e con un’autonomia di 3 ore di volo. Tuttavia, ci sono anche aerei che possono portare fino a 8 persone e con una resistenza sufficiente a coprire tratte di medio raggio. Per le rotte più lunghe e per i voli particolarmente numerosi si può far riferimento ai modelli classificati come ultra long range, con una durata di viaggio che può tranquillamente superare le 10 ore. Ma perché scegliere un jet privato? Perché coloro che decidono di utilizzare questa soluzione investono sicuramente una quantità di denaro maggiore rispetto a chi decide di volare con le diverse compagnie aeree, ma allo stesso tempo godono di vantaggi relativi al tempo, investendo su una soluzione che consenta di ottimizzarlo al massimo, e anche di maggiori livelli di sicurezza. Infatti, mentre per un volo commerciale è necessario arrivare in aeroporto con almeno 2 ore di anticipo, con un jet privato sarà sufficiente presentarsi solo 30 minuti prima dell’orario di decollo. Risparmio percepibile anche al momento dei controlli di sicurezza che richiederanno complessivamente 10 minuti, mentre la media per i voli commerciali è di un’ora e mezza. Il motivo è molto semplice: per i clienti che si spostano in jet privato sono previsti dei controlli e delle procedure di imbarco riservate grazie alla presenza di terminal VIP dedicati esclusivamente a coloro che noleggiano un velivolo di questo tipo. Inoltre, una volta saliti a bordo i passeggeri dovranno attendere in media solo 5 minuti prima dell’effettivo decollo, mentre per i clienti dei voli commerciali l’attesa media è di 20 minuti. Anche per quanto riguarda l’arrivo c’è un risparmio di tempo, le stime dicono, infatti, che con un volo privato occorrano circa 5 minuti per recuperare i bagagli, mentre per i voli commerciali il tempo medio è di 50 minuti. Infine, il controllo dei documenti prima di poter uscire dall’aeroporto richiede 20 minuti, contro i 45 dei voli di linea. Per quanto riguarda la sicurezza, anche in questo caso vengono garantite disinfezioni con prodotti antivirali prima di ogni volo e diversi kit sanitari tra cui mascherine, guanti e igienizzante che i clienti possono scegliere di utilizzare. Inoltre, all’interno delle cabine verranno mantenute le necessarie distanze tra equipaggio e passeggeri. Insomma, un aereo privato permette di volare in modo esclusivo, in totale relax, di risparmiare tempo da poter reinvestire proficuamente in qualsiasi ambito d’interesse, ma soprattutto di evitare di incorrere in situazioni che potrebbero “costringere” al contatto con troppe persone. Interno jet privato, Fonte: iStock https://ift.tt/37HJOvF Volare in sicurezza: cosa sapere per affittare un jet privato Il turismo è ufficialmente ripartito e con esso anche una serie di dubbi relativi alla sicurezza del viaggiare in aereo. Molti sono gli studi che spiegano quanto sia difficile ammalarsi su questi uccelli elettronici, come tante le evidenze che dimostrano l’efficienza dei filtri HEPA. Ma nonostante ciò le incertezze rimangono. E a questo proposito la soluzione definitiva potrebbe essere affittare un jet privato. Detta in questa maniera sembrerebbe una possibilità solo per tasche di un certo tipo, ma nei fatti il risparmio di tempo e la sicurezza di viaggiare in un certo modo potrebbero farvi cambiare idea. Per questo motivo abbiamo deciso di dirvi tutto quello che c’è da sapere, nel caso in cui decideste di affittare un jet privato, un mezzo di trasporto esclusivo che ottimizza il tempo e rende il viaggio particolarmente confortevole. Partiamo dal presupposto che con un aereo privato si può raggiungere qualunque destinazione del mondo (purché le frontiere siano aperte) e affidandosi semplicemente a una società specializzata nell’offrire il servizio di noleggio e che si occupi anche di pianificare il trasporto nei minimi dettagli. Ci sono diverse realtà, anche italiane, che mettono a disposizione flotte esclusive e pensate per determinate esigenze. Una scelta che deve essere necessariamente fatta in base alla destinazione in cui si vuole arrivare, al numero di persone e alla tipologia di esperienza desiderata. Per esempio, per un volo di corto raggio si può ricorrere a velivoli che possono ospitare fino a 5 persone e con un’autonomia di 3 ore di volo. Tuttavia, ci sono anche aerei che possono portare fino a 8 persone e con una resistenza sufficiente a coprire tratte di medio raggio. Per le rotte più lunghe e per i voli particolarmente numerosi si può far riferimento ai modelli classificati come ultra long range, con una durata di viaggio che può tranquillamente superare le 10 ore. Ma perché scegliere un jet privato? Perché coloro che decidono di utilizzare questa soluzione investono sicuramente una quantità di denaro maggiore rispetto a chi decide di volare con le diverse compagnie aeree, ma allo stesso tempo godono di vantaggi relativi al tempo, investendo su una soluzione che consenta di ottimizzarlo al massimo, e anche di maggiori livelli di sicurezza. Infatti, mentre per un volo commerciale è necessario arrivare in aeroporto con almeno 2 ore di anticipo, con un jet privato sarà sufficiente presentarsi solo 30 minuti prima dell’orario di decollo. Risparmio percepibile anche al momento dei controlli di sicurezza che richiederanno complessivamente 10 minuti, mentre la media per i voli commerciali è di un’ora e mezza. Il motivo è molto semplice: per i clienti che si spostano in jet privato sono previsti dei controlli e delle procedure di imbarco riservate grazie alla presenza di terminal VIP dedicati esclusivamente a coloro che noleggiano un velivolo di questo tipo. Inoltre, una volta saliti a bordo i passeggeri dovranno attendere in media solo 5 minuti prima dell’effettivo decollo, mentre per i clienti dei voli commerciali l’attesa media è di 20 minuti. Anche per quanto riguarda l’arrivo c’è un risparmio di tempo, le stime dicono, infatti, che con un volo privato occorrano circa 5 minuti per recuperare i bagagli, mentre per i voli commerciali il tempo medio è di 50 minuti. Infine, il controllo dei documenti prima di poter uscire dall’aeroporto richiede 20 minuti, contro i 45 dei voli di linea. Per quanto riguarda la sicurezza, anche in questo caso vengono garantite disinfezioni con prodotti antivirali prima di ogni volo e diversi kit sanitari tra cui mascherine, guanti e igienizzante che i clienti possono scegliere di utilizzare. Inoltre, all’interno delle cabine verranno mantenute le necessarie distanze tra equipaggio e passeggeri. Insomma, un aereo privato permette di volare in modo esclusivo, in totale relax, di risparmiare tempo da poter reinvestire proficuamente in qualsiasi ambito d’interesse, ma soprattutto di evitare di incorrere in situazioni che potrebbero “costringere” al contatto con troppe persone. Interno jet privato, Fonte: iStock Affittare un jet privato potrebbe essere la soluzione ideale per viaggiare in sicurezza. Ecco tutto quello che c’è da sapere al riguardo.
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essensfuxg · 4 years
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Dalla “spagnola” al coronavirus speriamo che la storia non si ripeta
di Fernando Scozzi 
Fino a pochi anni fa viveva ancora qualche testimone oculare della terribile febbre spagnola (1) che negli anni 1918/19 causò solo nel nostro Paese più di 600.000 morti, un numero addirittura superiore a quello degli italiani caduti nella prima guerra mondiale. L’immane conflitto cessò proprio nel periodo di massima diffusione della pandemia che, secondo alcune fonti, aveva decimato gli eserciti degli imperi centrali causandone la resa. Ma il contagio non conosceva confini e la malattia si diffuse ben presto dai campi di battaglia in tutto il mondo. Chi aveva vissuto quel triste periodo nei piccoli paesi del Salento, ricordava lo straordinario numero di morti, il divieto di celebrare i funerali, la calce viva cosparsa sui cadaveri e la mancanza di ogni tipo di prevenzione e di cura dal momento che l’assistenza sanitaria pubblica era quasi inesistente, i presidi sanitari del tutto sconosciuti e la maggior parte delle abitazioni prive di servizi igienici. La spagnola, quindi, fu considerata una tragica fatalità che infierì sulle famiglie già duramente colpite dal conflitto bellico. Per avere un’idea dell’ecatombe che colpì anche il Salento basti pensare che nel 1918, fra i circa 37.000 leccesi, si contarono 1.542 decessi (esclusi i caduti in guerra) contro i 910 dell’anno precedente, tanto da indurre le autorità a rinviare la riapertura delle scuole. Non andò meglio nei paesi della provincia, dove le vittime dell’influenza furono ugualmente numerose e determinarono una consistente diminuzione della popolazione. (2) A Casarano, per esempio, fu necessario un registro supplementare degli atti di morte, perché fra il 1917 ed il 1918, su una popolazione di circa 8.500 abitanti il numero dei decessi aumentò da 203 a 301, mentre nella frazione Melissano (circa 3.000 abitanti) i defunti, in prevalenza femmine da zero a cinque anni e da 20 a 40 anni, furono 117 (contro i 68 dell’anno precedente) con punte di 5 morti il 1°, il 4, il 6, l’11 ed il 14 ottobre (3).
Nell’Ufficio dello Stato Civile del Comune di Maglie, il 31 dicembre 1918, fu compilato l’atto di morte n. 300, mentre l’anno precedente la prima parte del registro si chiuse con l’atto n. 184. A Gallipoli l’epidemia anticipò i suoi effetti agli ultimi mesi del 1917, tanto è vero che in quell’anno i morti furono 321, contro i 228 dell’anno precedente.
Sul Corriere delle Puglie (4) del 2.10.1918, si legge un articolo sulle precarie condizioni igieniche del Comune jonico, cui si faceva risalire la recrudescenza dell’epidemia. “Alcune strade della città, per non dire tutte – affermava il giornalista – sono diventate un letamaio, da cui esala un odore sgradevole, l’innaffiamento stradale manca, e le disinfezioni si fanno con tale parsimonia che il loro effetto diviene nullo”.  Lo stesso giornale annunciava la morte, avvenuta il 4 ottobre 1918, dell’arcivescovo di Trani, Mons. Giovanni Règine “colpito da influenza e successiva polmonite contratta durante le quotidiane, assidue, faticose peregrinazioni nei quartieri maggiormente colpiti dal morbo che ci affligge”.
Da Giovinazzo, invece, si partecipava la morte del Sindaco Dagostino Donato  “scomparso dalla scena del mondo in soli cinque giorni di malattia ribelle alle cure dei sanitari che fino agli estremi hanno lottato per sottrarlo alla inesorabile morte”, mentre il Comune di Bitonto invitava i cittadini a “non recarsi colà in occasione della festa di Santi Medici che avrebbe dovuto avere luogo il venti corrente, e che è stata sospesa in vista delle attuali condizioni sanitarie ”.
Era così grave la carenza di personale sanitario che il Consiglio Scolastico Provinciale di Bari, nella seduta del 30 settembre 1918, ritiene opportuno e necessario che “nella volgente epidemia gli insegnanti portino il loro contributo di opera di assistenza degli ammalati”. Il Regio Commissario del Comune di Brindisi, da parte sua, “fa appello a tutti i volenterosi per un servizio volontari di assistenza e disinfezione”, mentre l’on. Cotugno interrogava il ministro degli Interni “per sapere quali provvedimenti abbia adottato per supplire alla grave deficienza di medici, medicine, nettezza pubblica, servizio trasporto cadaveri ed inumazione nella provincia di Bari fortemente colpita dalla febbre spagnuola”.
In effetti, la situazione era ormai fuori controllo tanto che, il 26 settembre 1918, nel Circondario di Bari si contarono 100 morti ed il successivo 3 ottobre, nel Circondario di Barletta i decessi furono addirittura 240. Il Consiglio Provinciale Sanitario deliberava, quindi, la chiusura dei cimiteri in quanto “con l’agglomeramento di persone i germi del male potrebbero agevolmente propagarsi”.
Questo è solo un breve resoconto di quanto succedeva in una regione periferica del Regno, ma nel resto dell’Italia le cose non andavano meglio, anche se a leggere i giornali pubblicati a Roma e nelle grandi città del Nord sembra che l’epidemia non toccasse affatto gli italiani. In realtà, la censura militare impediva la pubblicazione di notizie allarmanti che avrebbero depresso lo spirito pubblico nella fase finale della guerra contro l’Austria, ma le informazioni filtravano ugualmente attraverso i notiziari dall’estero per i quali le maglie della censura erano più larghe. Infatti, La Stampa del 27 ottobre 2018 in un “Servizio Speciale da Londra” informava i lettori sulla recrudescenza dell’epidemia in Inghilterra e soprattutto fra le popolazioni indigene dei grandi centri coloniali, dove il contagio assumeva forme micidiali.
Il successivo 22 novembre lo stesso giornale non esitava a scrivere che “L’epidemia continua a fare stragi in Danimarca, specificando che gran numero di medici e infermieri ne sono colpiti.” . Il Corriere delle Puglie, in un servizio dall’estero intitolato “La febbre spagnuola”, comunicava che a “Berlino l’epidemia ha preso un tale sviluppo che, oltre alla chiusura delle scuole, uffici pubblici ed amministrazioni pubbliche, i tramway hanno dovuto ridurre in gran parte il loro servizio. L’epidemia – continuava il giornale pugliese – prende proporzioni formidabili anche a Pietrogrado e la situazione non è migliore in Svizzera dove a Friburgo si contano, solo in una settimana, ben 1437 casi di “grippa spagnola” e quindi sono aperti i lazzaretti nelle scuole.”
Riguardo all’Italia, invece, nessuna notizia, se non la pubblicità, nelle ultime pagine dei giornali, della “Brevettata maschera antimicrobica”, della “Pozione Arnaldi contro la febbre spagnola” e dello “Sciroppo S. Agostino, depurativo e rinfrescante”.
In realtà, la strage causata dall’epidemia si evinceva dalla lettura dei numerosissimi necrologi, che non indicavano mai la spagnola come causa della morte. I decessi avvenivano, invece, per “implacabile e crudele  morbo”, per “inesorabile morbo” , oppure per “insidioso e crudele morbo che spezzava in pochi giorni un’esistenza buona e gentile”.
Le direttive delle autorità militari erano quelle di minimizzare, ma ciò non impediva al quotidiano socialista “Avanti” di titolare: “Il Consiglio Superiore di Sanità dice che l’influenza … è l’influenza”, ironizzando sulle deliberazioni del consesso per il quale “l’attuale forma epidemica altra non è che influenza identica a quella che già infierì e fu felicemente superata negli anni 1889/90”.   Ma basta leggere i resoconti delle rubriche degli Uffici dello Stato Civile di Torino, Roma, Milano, riportate sui vari giornali, per rendersi conto del flagello. Il 21 ottobre1918, nella Capitale, il numero di morti per influenza fu di 194, a Milano di 125, con 1.031 nuove denunzie di malattia, a Torino il numero dei decessi fu di 110, nonostante si fosse deliberata la chiusura dei cimiteri, dei cinematografi, dei teatri, la riduzione degli orari delle osterie e la sospensione, fino a nuovo avviso, di alcuni treni che collegavano Milano con alcune grandi città.
Intanto si aspettava l’arrivo di materiale farmaceutico dall’America che,” per sopperire agli attuali bisogni dei cittadini, aveva messo a disposizione i propri prodotti”. In realtà, i più disparati tentativi di trovare una cura per l’epidemia, compresi l’utilizzazione della china gialla ridotta in polvere impalpabile, la soluzione acquosa con acido fenico allo 0,5% corretto con essenza di viola, o l’inalazione periodica di tintura di iodio, riportati anche dal Corriere delle Puglie, non avevano avuto successo.
Esito negativo pure per l’utilizzazione del sangue ricco di anticorpi delle persone guarite per curare i malati, (6) terapia sperimentata anche ai nostri giorni per debellare il coronavirus con il quale la spagnola ha numerose analogie. In entrambi i casi i virus sarebbero passati dagli animali agli uomini (suini per la “spagnola”, pipistrelli o mammiferi per il coronavirus). Le modalità del contagio ed i tentativi di contenimento sono identici.
Entrambe sono malattie influenzali che attaccano principalmente l’apparato respiratorio. Non manca nemmeno l’ipotesi della guerra batteriologica che nel 1918 sarebbe stata scatenata dagli imperi centrali contro la Triplice Intesa, oggi dalla Cina, dove il virus sarebbe stato prodotto in qualche segreto laboratorio per colpire i Paesi occidentali. Infine sia la “spagnola” che il coronavirus possono definirsi pandemie della globalizzazione: la prima innescata dal movimento di milioni di militari impegnati nella Grande guerra, la seconda dalla libera circolazione di uomini, di capitali e di merci fra le diverse aree del mondo.
Speriamo solo che l’epilogo del coronavirus non sia uguale a quello della spagnola.
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ultimenotiziepuglia · 5 years
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