Tenda
Esaltazione della Santa Croce
(Nm 21, 4b-9 / Sal 77 / Fil 2, 6-11 / Gv 3, 13- 17)
La festa dell’Esaltazione della santa Croce oltre ad essere legata alla dedicazione della Basilica della Risurrezione fatta erigere da Costantino sulla tomba di Cristo (nell’anno 335) si inserisce pure nel contesto biblico e si riallaccia alle feste ebraiche: <il decimo giorno di questo settimo mese… sarà il giorno dell’espiazione> (Lv 23, 27). Ma oltre a riallacciarsi allo Yom Kippour si lega anche ad un’altra festa quella delle Tende o delle Capanne: <il quindici di questo settimo mese> (Lv 23, 34). Salomone scelse proprio questa festa per dedicare il nuovo Tempio (1Re 8, 2. 25) e la lettera agli Ebrei interpreta l’offerta pasquale di Cristo sull’altare della croce proprio nel costesto del giorno dell’Espiazione (Eb 9, 6-12) come pure nel contesto della feste dei tabernacoli: <Nell’ultimo giorno, il grande giorno della festa, gesù, ritto in piedi gridò: “Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me> (Gv 7, 37). Proprio l’evangelista Giovanni fa del cuore di Cristo squarciato sulla croce la sorgente di vita a cui tutti noi siamo chiamati ad abbeverarci come cervi assetati bisognosi di contrastare il veleno dei <serpenti brucianti> (Nm 21, 6) dei nostri egoismi.
Sotto la croce, oltre a trovare refirgerio e guarigione, possiamo anche trovare rifugio e consolazione per tutte le nostre solitudini e per tutte le nostre angosce poiché essa è il segno perenne di quanto e di come <Dio ha tanto amato il mondo> (Gv 3, 16). La croce è il nuovo Tempio da cui sgorga l’acqua viva che risana e che vivifica ed è per il popolo cristiano il segno della speranza del Regno che il popolo ebraico celebra con la festa delle Capanne: nostalgia e desiderio al contempo di quella tenerezza con cui il Signore Dio ha accompagnato il cammino del popolo nel deserto. Questa tenerezza si è rivelata in tutto il fulgore della sua pienezza in quell’abbraccio tra la madre e il discepolo che trasforma il <luogo del cranio> nel monte della rivelazione somma <perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi> (Fil 2, 10) e ogni cuore si apra. Come insegna un biblista contemporaneo: <La regalità di Gesù si manifesta nell’ora della croce senza che questo faccia dimenticare l’aspetto cruento del supplizio. La gloria è inseparabile dalla croce, sul duplice versante della Passione e della risurrezione>1.
Ai piedi della croce tutte le nostre glorie vane e le nostre illusorie esaltazioni è come se perdessero il loro velenoso mordente e allentassero la presa sul nostro cuore malato. Come il popolo nel deserto siamo chiamati ad elevare il nostro sguardo per far sì che la presenza di Cristo nella nostra vita ne orienti i desideri e ci aiuti a leggerne i percorsi. La croce inoltre cauterizza le nostre false immagini di Dio che vorremmo potente e invincibile, mentre si mostra vittorioso in un amore che sia lascia annientare senza mai annientarsi. La croce è il talamo, la tenda e il baldacchino nuziali sotto cui la polvere e le lacrime della nostra umanità ferita vengono finalmente sposate e riscattate dall’amore silente del Verbo fatto carne per noi e per la nostra salvezza.
Sotto la tua croce, Signore, cerchiamo e troviamo riparo, una casa, l’ombra che ci ristora, il sorso d’acqua che dona refrigerio. Quella croce che può essere scandalo, lacerazione, maledizione, dolore straziante ed insensato, diventa tempio santo, tenda consacrata, che accompagna il nostro cammino nel deserto e nella fatica di ogni giorno. Ci inginocchiamo oggi ai piedi di quel legno santificato dalla tua gloriosa e regale passione, anticipo d’amore estremo , abbraccio cosmico, che sana e ci libera dal male tutti e per sempre. Gloria e lode a te, Signore Gesù!
1. Y.-M. BLANCHARD, Saint Jean, Éd. de l’Atelier, 1999, p. 67.
http://www.lavisitation.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2421:tenda&catid=10:oggi-e-la-parola&Itemid=113&lang=it
0 notes
Lectio Divina: Esaltazione della Santa Croce
Lectio
Sabato, 14 Settembre, 2019
Giovanni 3,13-17
Chiunque crede in Gesù ha la vita eterna.
1. LECTIO
a) Orazione iniziale
O Padre, che hai voluto salvare gli uomini
con la croce del Cristo tuo Figlio,
concedi a noi che abbiamo conosciuto in terra
il suo mistero di amore,
di godere in cielo i frutti della sua redenzione.
Per Cristo nostro Signore.
b) Lettura del vangelo: Giovanni 3,13-17
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
«Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui».
c) Momenti di silenzio orante
perché la Parola di Dio possa entrare in noi e illuminare la nostra vita.
John 3, 13-17
2. MEDITATIO
a) Chiave di lettura
Il testo propostoci dalla liturgia è tratto dalla Festa dell’Esaltazione della Santa Croce. Non ci deve sorprendere il fatto che il brano scelto per questa celebrazione faccia parte del quarto vangelo, perché è proprio questo vangelo che presenta il mistero della croce del Signore, come esaltazione. Questo è chiaro già dagli inizi del vangelo: “come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo” (Gv 3,14; Dn 7,13). Giovanni ci spiega il mistero del Verbo incarnato nel movimento paradossale della discesa-ascesa (Gv 1,14.18; 3,13). È questo mistero infatti che offre la chiave di lettura per capire l’evolversi dell’identità e della missione del Gesù Cristo passus et gloriosus, e possiamo ben dire che questo non vale soltanto per il testo giovanneo. La lettera agli Efesini, per esempio, fa uso di questo movimento paradossale per spiegare il mistero di Cristo: “Ora, questo «è salito» che cosa vuol dire se non che egli era anche disceso nelle parti più basse della terra?” (Ef 4,9).
Gesù è il Figlio di Dio che diventando Figlio dell’uomo (Gv 3,13) ci fa conoscere i misteri di Dio (Gv 1,18). Questo lo può fare solo lui, in quanto lui solo ha visto il Padre (Gv 6,46). Possiamo dire che il mistero del Verbo che discende dal cielo risponde all’anelito dei profeti: chi salirà al cielo per svelarci questo mistero? (cfr. Dt 30,12; Pr 30,4). Il quarto vangelo è strapieno di riferimenti al mistero di colui che “è dal cielo” (1Cor 15,47). Queste sono alcune citazioni: Gv 6,33.38.51.62; 8,42; 16,28-30; 17,5.
L’esaltazione di Gesù sta proprio nella sua discesa a noi, fino alla morte, e alla morte di croce, sulla quale egli è stato innalzato come il serpente nel deserto, il quale “chiunque... lo guarderà, resterà in vita” (Nm 21,7-9; Zc 12,10). Questo guardare a Cristo innalzato, Giovanni lo ricorderà nella scena della morte di Gesù: “Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto” (Gv 19,37). Nel contesto del quarto vangelo, il volgere lo sguardo vuole significare, “conoscere”, “comprendere”, “vedere”.
Spesso nel vangelo di Giovanni, Gesù si riferisce al suo innalzamento: “Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora conoscerete che io sono” (Gv 8,28); “‘quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me'. Così diceva per indicare di qual morte doveva morire” (Gv 12,32-33). Anche nei Sinottici Gesù annunzia ai suoi discepoli il mistero della sua condanna e morte di croce (vedi Mt 20,17-19; Mc 10,32-34; Lc 18,31-33). Infatti, il Cristo doveva “soffrire tutto ciò ed entrare nella sua gloria” (Lc 24,26).
Questo mistero rivela il grande amore che Dio ci porta. Egli è il figlio dato a noi, “perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna”; questo figlio che noi abbiamo rifiutato e crocifisso. Ma proprio in questo rifiuto da parte nostra, Dio ci ha manifestato la sua fedeltà e il suo amore che non si ferma davanti alla durezza del nostro cuore. Anche con il nostro rifiuto e disprezzo, egli opera la nostra salvezza (cfr. At 4,27-28), rimanendo saldo nel compiere il suo piano di misericordia: “Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui”.
b) Alcune domande
per orientare la riflessione meditativa e l’attualizzazione.
- Cosa ti ha colpito dal vangelo?
- Che cosa significa per te l’esaltazione di Cristo e della sua croce?
- Quali conseguenze comporta nel vissuto della fede questo movimento paradossale di discesa-ascesa?
3. ORATIO
Salmo 78
Popolo mio, porgi l'orecchio al mio insegnamento,
ascolta le parole della mia bocca.
Aprirò la mia bocca in parabole,
rievocherò gli arcani dei tempi antichi.
Quando li faceva perire, lo cercavano,
ritornavano e ancora si volgevano a Dio;
ricordavano che Dio è loro rupe,
e Dio, l'Altissimo, il loro salvatore;
lo lusingavano con la bocca
e gli mentivano con la lingua;
il loro cuore non era sincero con lui
e non erano fedeli alla sua alleanza.
Ed egli, pietoso, perdonava la colpa,
li perdonava invece di distruggerli.
Molte volte placò la sua ira
e trattenne il suo furore.
4. CONTEMPLATIO
«Gesù Cristo è Signore!»,
a gloria di Dio Padre (Fil 2,11).
0 notes
Oggi la liturgia si tinge del rosso della Festa dell’esaltazione della Santa Croce. Per troppo tempo forse abbiamo frainteso la croce come il gusto macabro di amare la sofferenza. Non si può amare la sofferenza, ma delle volte uno accetta di soffrire per amore di qualcuno. Ecco cos’è la croce cristiana: non l’amore per il dolore e la sofferenza, ma l’amore per l’amore stesso portato fino alle estreme conseguenze di essere persino disposti a soffrire per ciò che si ama. Cristo per questo è salito sulla Croce, e ci ha così insegnato che per amore nostro è disposto a tutto, anche a morire: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna”. La Croce non serve a farci venire i sensi di colpa, ma a ricordarci quanto valiamo davanti al Signore. “Tu vali tutto, anche la mia stessa vita” dice Gesù. Per questo la Croce è il segno distintivo per noi cristiani, perché è il segno di un amore senza condizioni, un amore fino alla fine, un amore disposto a dare la propria vita per chi si ama. Se delle volte le nostre croci sono pesanti è solo perché non abbiamo qualcuno per cui valga la pena tutta quella sofferenza e tutta quella fatica. È per questo che Cristo è venuto al mondo, per dire che “per amore Suo” noi possiamo tutto. Ci chiede di amarLo non per comando ma affinché tutto valga la pena sempre nonostante tutto. Ecco perché risuonano come un esame di coscienza profondo le parole che ripeteva San Pio da Pietrelcina: “Molti vengono chiedendo di essere liberati dalla loro Croce. Nessun mi chiede come portarla”. È infatti nel modo con cui abbracciamo ciò che c’è dentro la nostra vita che fa la differenza. Non sempre riusciamo a risolvere tutto ciò che ci pesa sulle spalle, ed è proprio in quel momento che invece di sentirci falliti possiamo assumere una somiglianza più profonda con Cristo. Vivere la Croce così come Egli l’ha vissuta. Farsi santi con ciò che ci fa più fatica. Imparare ad amare ciò che non abbiamo scelto. (Gv 3,13-17) #dalvangelodioggi Don Luigi Maria Epicoco https://www.instagram.com/p/BnskzPxnUR1/?utm_source=ig_tumblr_share&igshid=e9ni8tdyk9a6
0 notes
Il direttorio del Diaconato permanente a Latina
Diaconi
DirettorioDiaconatoPermanente2020Download
Nella giornata del 14 settembre, nella festa dell’Esaltazione della Santa Croce, è entrato in vigore il nuovo Direttorio per il Diaconato Permanente nella diocesi di Latina, il quale sostituirà l’analogo documento del 1998. Nel decreto firmato dal vescovo Mariano Crociata è spiegato che “questo nuovo Direttorio è stato reso necessario «alla luce dei progressi avvenuti in questi decenni nell’ambito della riflessione teologica, della normativa canonica e della prassi pastorale, nonché grazie alla lunga e positiva esperienza maturata nella nostra Chiesa locale”. Viene dato compimento “a quanto auspicato dal primo Sinodo della diocesi di Latina-Terracina-Sezze-Priverno, svoltosi dal 2005 al 2012, il quale chiedeva una revisione e un aggiornamento del direttorio in parola”. Il nuovo direttorio offre un quadro organico e stabile per la formazione al diaconato permanente e per l’esercizio del relativo ministero nella chiesa pontina. A redigerlo in un lungo lavoro è stata la Commissione diocesana per i Decreti e Statuti. La comunità diaconale pontina è oggi composta da 27 diaconi permanenti e 12 tra aspiranti e candidati. Il Delegato episcopale per il Diaconato Permanente è don Joseph Nicolas, il Responsabile della formazione teologica, spirituale e pastorale è don Massimo Castagna.
#chiesacattolica
Read the full article
0 notes