Tumgik
#forse dovrei trasferirmi
gelsomini · 2 years
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once again back in the mountains e quest’anno per la prima volta siamo da soli a casa, solo noi e il cane, senza amici, amiche, fidanzati o fidanzate. è tutto più quiet ma è anche tutto molto più semplice. semplice vorrei che fosse la parola chiave di quest’anno, watch me get un anno semplice.
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unmeinoakaito · 25 days
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Se intendi se i mobili sono chiari o scuri, ti dico che sono scuri, ma mi sono pentita di aver scelto una camera grigio scuro quasi nero, è troppo forte. Ad oggi non la comprerei così.
In futuro so che dovrei trasferirmi, magari la prossima (dipende dallo spazio) la prenderei sicuramente sul chiaro.
Se intendi se c'è tanta o poca luce, direi poca. Le camere in questa casa sono abbastanza in ombra, forse quella di mamma è più esposta al sole perché ha il balcone, mentre la mia "punta" sui vari garage.
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littlepaperengineer · 9 months
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Non ho scelto strade facili credo. Ho avuto sempre paura delle strade sbagliate, del rovinarmi un'opportunità.
Non mi piaceva e non capivo la matematica, così mi sono messo a studiarla, l'ho resa la mia strada. E mi sono laureato in ingegneria, magistrale con quasi il massimo dei voti.
Sono arrivato a non capire più cosa volessi, perché tutto era indifferente. Certo, quando sei così lontano dai talenti e valori personali può capitare.
La fotografia e la creatività non le ho mai abbandonate, così come neanche la strada umanistica. Tant'è che è lei ad avermi ripescato. Negli ultimi anni ho costruito un castello di abilità e competenze. Insomma, mi sono rifatto, un'attività fotografica che non va benissimo ma anche le basi per farla funzionare. Poi l'amore per la pittura.
Penso che magicamente la vita mi abbia messo sempre alla prova, rivelandomi nel momento giusto le strade celate per vari motivi. Così come quando mio padre ha comprato una reflex digitale, che avevo 19 anni... Così come quando ho ripreso a fotografare per eventi, ed ho scoperto il mondo delle mostre a pochi mesi dalla laurea magistrale.
Adesso che di proseguire nel costruire sono dubbioso, che costruire significa continuare a darmi da fare ma con compromessi troppo grandi, mi sento perso. Le due strade sono tracciate, ma possibile che non trovi ancora la direzione giusta da prendere, quella che mi faccia sentire minimamente soddisfatto e appagato? Cosa e quando deve succedere per illuminarmi il cammino? Quale passo dovrei compiere che non riesco a vedere? Forse trasferirmi altrove?
E poi, mi manca tanto l'amore. In questi ultimi mesi ho perso dei punti fermi, nella mia città ed in quella "nuova", che tra le due fazioni ho preferito scegliere persone nuove.
Dove sta la mia stella cometa?💫
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xy-isjaki · 10 months
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Non so se dovrei iniziare di nuovo a frequentare qualcuno, non so se questa volta sono davvero pronta, finalmente sto bene con me stessa ma forse vedere che tutte le mie amiche hanno qualcuno non aiuta. Però non ha neanche senso affezionarsi a qualcuno, non so neanche se resterò in questa città, in questo periodo è tutto incerto e non posso pianificare nulla. Vorrei soltanto trasferirmi da sola, cambiare stato e forse non potrebbe che essere positivo interrompe alcuni legami.
#xt
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situazionespinoza · 2 years
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Non dovrei spendere soldi e risparmiare per trasferirmi in un monolocale entro il prossimo anno, però ogni volta che entro da Acqua e Sapone non posso fare a meno di consumare denaro per prodotti profumati che assicurano pelle al cioccolato e bucato che profumi di campi fioriti a primavera.
Ho sviluppato un'ossessione prepotente per il profumo. Mi circondo di ammorbidenti Lenor in profumazioni muschiate, perle profumabiancheria che costano cinque euro a confezione, profuma armadi e profuma cassetti biologici e bagnoschiuma Vidal all'aroma di mango, cocco, guava, papaya. La tristezza di voler essere immersa nel profumo di pulito è che l'olfatto si abitua molto velocemente. Persino il diffusore più costoso smetterà di odorare dopo poche ore.
Dovrei risparmiare, per il semplice fatto che sono scesa a quattro turni al Factory e perché dovrei pagare la terapeuta e lo psichiatra. Anzi, quest'ultimo lo dovrei forse chiamare per fissare una visita di controllo, dal momento che tra circa dieci giorni saranno tre mesi che assumo sertralina a 50mg e vorrei capire se conviene aumentarla o posso continuare così fino a nuovo ordine.
Dovrei risparmiare e oggi ho bucato con una scusa a casissimo un colloquio di lavoro con un'agenzia immobiliare, riuscendo a farmelo spostare a dopodomani mattina. Ci andrò? Probabilmente mi sentirò moralmente obbligata a farlo, visto che ho detto una bugia solo per non dire che non mi ci riesco a vedere a fare l'agente immobiliare. Ad andare vestita in tailleur e tacchi medi, giacca, camicia e capelli in piega alle otto del mattino per mostrare case bellissime a gente molto più ricca di me. Però hanno parlato di un periodo di formazione pagato settecento euro al mese, che è più o meno quanto prendo al locale. Stesso stipendio meno la puzza, il delirio della ristorazione e il profondo disprezzo che nutro nei confronti dei miei titolari e dei miei colleghi, che ormai tollero praticamente a stento.
Starei anche aspettando una risposta qualsiasi dalla casa editrice a cui la ragazza per cui lavoro come copywriter mi ha fatto inviare il curriculum. Un suo amico insider le ha detto che hanno trovato "interessante" il mio profilo. Però oggi è il sei settembre ed io ho inviato quella candidatura il venticinque agosto.
Come dipendente di una casa editrice riuscirei ancora a vedermi. E' un ambiente che trovo affine. Come libraia. Come bibliotecaria. Andrebbe bene tutto, tranne qualunque tipo di lavoro per cui dovrei vestirmi elegante o lavorare a contatto con il cibo.
In tutto questo, oggi mi sono goduta il mio giorno libero dopo la riapertura del Factory scrivendo una copy sulla medicina cinese e ascoltando dieci minuti di feedback inviati in forma di nota vocale circa un articolo sulle tisane per la colazione che ho scritto cinque giorni fa. L'ho scritto nel mio ultimo giorno libero, rimanendo ferma al computer dalle 15 all'1:30, interrompendomi solo per un'ora e mezza per cenare. Non ho usato le giuste parole chiave e c'erano dei refusi (un refuso sintattico). Okay. Il prossimo articolo andrà meglio, anche se scrivere questi dannati articoli è una cosa che detesto fare. Preferisco scrivere i post, preferisco essere sintetica, breve, concisa.
Sono uscita di casa per venti minuti, spingendomi fino al supermercato per ricchi dove posso trovare i wurstel vegani. Avevo voglia di hot dog. Ho comprato i wurstel, i crauti, delle patatine, le uova e una busta di rucola. Sono arrivata alle casse e ho fatto l'errore di alzare lo sguardo alla mia sinistra: mi si è parato davanti un espositore di cuffie e auricolari bluetooth. Mentre le osservavo ho pensato che avrei davvero avuto bisogno di un paio di cuffie bluetooth per isolarmi dalle mie coinquiline, sparandomi nelle orecchie musica ambient e podcast pur di non sentirle ridere e parlare al telefono. Quindi ho allungato la mano e, prima che potessi ripensarci, avvicinavo la carta al POS. Diciannoveeuroenovantanove di cuffie senza fili. Molto scomode ma fanno il loro dovere, considerando quanto le ho pagate.
Sempre per il discorso che dovrei risparmiare, vorrei proprio abitare un posto solo mio, eppure ho comprato queste cuffie bluetooth di cui ho fatto a meno per un sacco di tempo ed effettivamente non sarebbe successo nulla se non le avessi comprate.
Starei anche aspettando una risposta da parte di mio padre, a cui ho scritto il 26 agosto per chiedere se fosse arrivata a casa loro la mia nuova tessera sanitaria. Lui mi ha risposto che non è arrivato nulla ma che gli farebbe piacere avere mie notizie. Sarà stato lo Zoloft, non saprei, fatto sta che non l'ho ghostato come avrei dovuto ma gli ho detto che se desidera possiamo vederci a Bari per prenderci un caffè e parlare di persona, visto che comunicare via messaggio mi mette ansia. Mi ha detto che mi avrebbe chiamato la settimana successiva e io ho pazientemente aspettato questa chiamata fino a oggi. Chiamata che non è mai arrivata.
Allora, uguale sputato a come facevo con Edoardo, con Davide, con Nicolò, con Andrea e con tutti i ragazzi per cui sono stata sotto, gli ho scritto io. Dicendogli che sarei stata libera oggi e giovedì. Lui mi ha risposto che mi avrebbe chiamato lui.
Poi ho scoperto dalle storie e dai post di mia sorella che a quanto pare l'hanno accompagnata a Milano al concerto di uno degli One Direction. Mia sorella ha sedici anni e l'ultima volta che l'ho vista ne aveva tredici. Sono contenta che l'abbiano portata a Milano, perché a me non m'hanno portato mai a vedere nessun concerto. Anzi, no, i Placebo a Roma nel 2011. Ma la moglie di mio padre riuscì a rovinarmi anche quel momento, nonostante noi fossimo a Roma e lei fosse rimasta in Puglia. O forse proprio per quello.
Mi sto risentendo contro una ragazzina di sedici anni che è anche mia sorella? No. Mi sto risentendo contro mio padre, che avrebbe potuto dirmi che si sarebbe trovato a Milano in questi giorni, invece di lasciarmi come la zita di Ceglie ad aspettare una sua chiamata che non è mai arrivata.
Poi mi chiedo perché spendo soldi in cazzate e cose profumate.
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il mio morale è sotto un treno, il treno però mi è passato pure sopra, circa otto nove volte.
Non so neanche cosa dire, cosa scrivere, non ho voglia di fare niente. A volte mi viene da piangere, a volte mi chiedo "ma perché sono qua" e mi estraneo dai discorsi completamente per uno due minuti. Poi rido quando gli altri ridono e tutto ritorna come dovrebbe essere. Come è normale che sia, come ci si aspetta che sia.
Vado avanti per inerzia, perché ci sono cose che devo fare ogni giorno, per la decenza comune, come lavarsi, mettere la felpa macchiata per non più di due giorni di seguito perché se no la scusa che non lo avevi visto non regge più e così via...
Niente a senso per me. Per gli altri sembra invece avere sempre tutto un senso. Il master nella top uni, come la chiami tu, in Svizzera, con top internship, con top candidati, con top professori
Io non voglio essere top in niente. Voglio solo vivere normale e bene. Con qualcuno che non vuole una villa, attico in centro, Audi. Voglio vivere con qualcuno in un appartamento a due stanze a Vienna Berlino Friburgo Amburgo o dove vuoi, muovermi in U-Bahn, girare in birkenstock, con i pantaloni dell h&m e le maglie del mercato comprate in Italia. E voglio stupirmi ed innamorarmi tutti i giorni di quanto sia bello tutto quello che ho di quanto siano belli i miei amici, e lo voglio fare in due
Sono stanca, manca un senso a tutto, manca soprattutto un senso alle parole che diciamo, quello manca da sempre
Tutto veloce, cambia sempre tutto. Corriamo dietro a cose che non esistono che sembrano abbiano tutti e allora dobbiamo essere come tutti... Il lavoro alla pr. Il sabato non va bene perché non è abbastanza in... La camera con i mobili del 95 in uno studentato neanche perché non è instagram... Anche il non viaggiare non va bene perché non è in... E tanto dimeno il profilo Instagram senza foto banali con vestiti fantastici in posti esotici comprati su shein per cercare di emulare quella che ha fatto la foto nello stesso posto con la stessa maglia con la stessa borsa...
A me non me ne frega un cazzo di tutto questo e lo dico senza nessun senso di rabbia o gelosia, non fa per me.. Io vorrei solamente qualcuno con cui poter fregarmene assieme, solo qualcuno con cui poter fare tutti i giorni le stesse cose noiose nei stessi posti...
Forse dovrei essere più "leggera"... Forse dovrei ridere di più per cose senza senso e non ragionare su niente.. Fare cose perché le fanno anche gli altri.. Forse dovrei essere meno cupa.. Forse avrei dovuto nascere da un'altra mamma più positiva, meno triste, realizzata... Forse avrei dovuto ricevere più contatto fisico da piccola.. Forse dovrei cominciare ora ad avvicinarmi alla gente.. Forse non avrei proprio dovuto trasferirmi in austria... Forse non avrei mai dovuto avere quella unica relazione... Forse, la prima volta che ti ho conosciuto, quando stavi tirando un paio di taglie sul piattino, avrei dovuto dirmi evita sta gente... Forse dovrei essere più semplice.. Forse dovrei essere diversa.. Di sicuro dovrei sbattaermene di meno I coglioni di tutto quello che succede nella mia vita
Ma sai cosa, sono nata così. E non ho nessuno sbatti di provare per la millesima volta a cambiare tutto.. Vorrei solo vivermi la mia vita banale incasinata a tratti molto felice con qualcuno
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Nero...
Sono caduta in un tunnel da cui non riesco più ad uscire. Intorno a me è tutto nero, e non riesco più a trovare uno spiraglio di luce a cui aggrapparmi per essere salvata. 
Fino ad oggi ho cercato di non pensarci, di lasciare che la mia vita seguisse il suo corso senza fermarla solo per affidarmi al cammino che mi aveva riservato il Destino. D’un tratto però mi sono svegliata, e guardando il calendario mi sono accorta di aver perso un anno o poco più della mia vita inseguendo sogni che non sono mai diventati realtà, forse perchè credevo potessero realizzarsi da soli, senza bisogno di lottare, siccome l’avevo già fatto in passato.
Stamattina davanti ai miei occhi ho rivisto quella ragazzina che aveva compiuto 18 anni da qualche mese, ma che davanti a sè aveva tanta strada da fare, siccome era appena iniziato il suo percorso universitario, che credeva sarebbe durato troppo e che invece solo dopo si sarebbe accorta di quanto gli mancasse.
Ricordo quegli anni come se non fossero mai passati per davvero, sembravano infiniti, tra gastiti, attacchi di panico, crisi di pianto, giornate di studio interminabili con solo 4 ore a notte di sonno e come dimenticare la gioia che seguiva ogni esame quando riuscivo ad ottenere quel voto per il quale avevo rischiato di mettere a repentaglio la mia salute mentale e fisica. Mi giuravo che non avrei mai rimpianto questi giorni, perchè mi sarei voluto liberare al più presto di quei libri, convinta che una volta arrivata la traguardo sarei riuscita a trovare il mio posto nel mondo. Quel giorno è arrivato, e improvvisamente, appena ho poggiato il tocco di laurea sulla mia testa mi sono sentita smarrita, come se non sapessi che strada prendere, non sapevo più quale direzione seguire per trovare i miei sogni. Credevo che bastasse la laurea per diventare grande ma il giorno dopo mi accorsi di non poter restare ferma a guardare la mia vita, perchè altrimenti il tempo che avevo guadagnato anticipando i miei passi sarebbe andato perso. Incerta e confusa mi iscrissi ad un Master, ma in realtà ero più emozionata all’idea di riempire la mia vita che a ciò che mi avrebbe portato nel futuro. I giorni lì passavano veloci e per la prima volta in vita mia ero riuscita a socializzare senza timore di non essere all’altezza degli altri. Mi sentivo viva perchè stavo vivendo senza avere paura. Ero pronta a prendere il volo e trasferirmi in una nuova città. L’estate però portò sul mio cammino quello che credevo sarebbe stato il mio primo amore, ma doo quattro giorni sparì così come le mie ambizioni per il futuro. D’un tratto non importava più di nulla, volevo che la mia vita andasse in stand-by, così come il mio cuore. Dopo alcuni mesi decisi che dovevo rimettermi in gioco e da lì con la stessa tenecia di quella 18enne, anche se più stanca cominciai una serie di colloqui, rifiutando occasioni che oggi rimpiango, perchè ero troppo accecata dalla certezza che sarei riuscita ad ottenere quello che volevo. Invece il covid ha spazzato via tutto. I giorni passavano e la mia vita era ferma. Mi facevo coraggio dicendomi che prima o poi sarei riuscita ad ottenere ciò che voelvo come avevo sempre fatto, ma poi solo ora mi accorgo che in realtà quei piccoli successi che ho raggiunto ai miei occhi sono sempre sembrati più grandi di quelli che fossero in realtà, forse solo perchè la mia vita è stata una corsa ad ostacoli, e mentre c’è chi diventava giornalista o otteneva uno stage a Milano, io mi sentivo felice solo per aver partecipato ad un misero festival che non mi ha insegnato nulla, se non a fare attenzione a chi si incontra nel mondo dello spettacolo, perchè la gente sa illuderti usandoti ai loro comodi. 
In estate poi incontri di nuovo l’amore a cui mi aggrappai con tutte le mie forze sperando di potermi così salvare dalla depressione, e in quei giorni la mia vita dipendeva solo da quella persona così come la mia felicità. Nulla aveva più senso intorno a me, perchè in fondo non c’era nulla da fare. Però quella persona mi ha fatta sprofondare nel tunnel più nero che possa esistere, e quando  tornata dopo avermi lasciato da sola nella mia agonia per più di due mesi ho scoperto di aver amato una bugia. Una persona che non era mai esitita, e che quindi il mi 2020 era stato un totale fallimento non solo nell’ambito lavorativo, ma anche in quello sentimentale. Non ero riuscita a portare niente a compimento, avevo perso tutto o forse in realtà non avevo mai avuto nulla. Per mesi mi sono crogiolata nelle bugie che avrei trovato la mia strada e anche l’amore, accettando un incarico dal quale sono stata tirata fuori senza neanche essere mai presa in considerazione, e ho aperto di nuovo il mio cuore a quella bugia che giorno dopo giorno diventava più grande. Mi sono fidata e ho amato persino a mezzanotte del 2021 perchè credevo che sarei riuscita a salvare qualcosa di quell’anno da dimenticare. Invece è scappato via lasciandomi da sola a fare i con una me che guarda con nostalgia quella ragazzina piena di speranze, perchè ora sono disorientata, persa, delusa. Ho scritto libri che nessuno ha mai letto, ho interrotto gli studi convinta che sarei riuscita a lavorare nella città dei miei sogni, invece ora sono qui a chiedermi se abbia sbagliato ogni scelta. Sì, c’è sempre tempo per ricominciare, ma ho paura sia troppo tardi per riprendere a studiare, realizzare quel sogno, andare via da casa. Cosa sarebbe accaduto se due anni fa avessi preso una strada diversa? Dovrei essere orgogliosa di me, di quello che ho ottenuto, ma poi mi accorgo che non è niente di speciale rispetto a quelli che ho conosciuto che ora non sono qui a guardare la loro vita dietro un cellulare mentre la mia continua lentamente a passare ed io non posso fermarla. Ho bisogno di ritrovare la mia strada, ce la farò. Ho promesso a me stessa che per la fine di Gennaio ritroverò la mia strada anche al costo di ripartire da zero. L’anno scorso a marzo ho fermato la mia vita, quest’anno inizio da zero. 
Vorrei dire a quella ragazza che un giorno smetterà di sognare perchè la realtà è diversa da come la sognava da bambina. Non correre, resta lì ancora un pò.
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ninna--nanna · 4 years
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Ti faresti mai condizionare da un ragazzo nelle tue scelte? Tipo se il tuo ragazzo ti dicesse che una cosa non la puoi fare se stai con lui tu cosa faresti? Non so cosa fare, se puoi aiutarmi. Io dovrei trasferirmi per inseguire il mio sogno ma lui non vuole per varie ragioni e io ci sto male perché è tutta la vita che voglio fare quello. Mi sento in gabbia
Non farti limitare da nessuno indipendentemente da chi sia la persona. Se quello che andrai a fare ti rende felice devi farlo e se la persona che hai al tuo fianco non accetta questa cosa allora forse non è la persona giusta. Ho sempre pensato che se una persona non accetta la tua felicità ed addirittura decide di limitarla va eliminata dalla propria vita. Detto ciò non prendere ciò che dico come oro colato perché sono nessuno e non conosco la situazione.
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pocodormire · 5 years
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come l’anno scorso mi ritrovo a pensare di trasferirmi definitivamente a Trento. perché? perché il tornare a casa mi fa troppo male. ho passato una settimana davvero bella. ho iniziato le lezioni, tenute tutte da professori brillanti che mi fanno venire voglia di leggere e studiare anche cose che non c’entrano niente col corso in sé. ho conosciuto le nuove coinquiline che, seppur ovviamente diverse da me, non sono niente male e ci potrei andare d’accordo. la sera, finché ancora c’è bel tempo, mi siedo fuori sul balcone da sola ed ascolto i rumori della città. è una delle mie cose preferite da fare, perché a casa mia non si sente mai niente, se non qualche strano animaletto di campagna ogni tanto, e qualche macchina in lontananza. riesco ad alzarmi presto, faccio molte cose. non conosco molte persone ma spesso anche solo qualche conversazione con qualcuno di nuovo mi entusiasma, e il fatto di trovarmi in un ambiente stimolante mi spinge a connettermi di più con altre persone. 
poi torno a casa, sempre di fretta. pranzo in treno, leggo, sistemo gli appunti. mia madre come al solito mi viene a prendere con venti minuti di ritardo, nonostante il treno arrivi sempre in orario. resto lì come una cogliona ad aspettarla, con la gente che mi guarda storto- non mi chiede niente di come sia andata la prima settimana di università, non le interessa sapere come siano le lezioni o se quello che studio mi piace. parlo di più di questo con le mie coinquiline che conosco appena o con il ligure con cui ho vissuto assieme per appena due settimane. mia madre ripete sempre le stesse cose ciclicamente, i soldi, la banca, il mio disordine, i soldi. sempre la stessa storia di cui cambiano solo alcuni dettagli. a casa mangio troppo e male, a Trento, dato che la spesa la faccio io, generalmente riesco a restare salutare. per me è molto importante avere il controllo su quello che mangio, mi fa sentire bene. qui invece è mamma che cucina, e la casa è piena di cibo spazzatura a cui, non avendo pranzato, non so resistere.
la sera esco, fa un freddo incredibile. vedo le mie amiche, alle quali voglio un sacco bene e penso che forse valgono il peso del ritorno. ma non riesco a parlare e non riesco a raccontargli nulla di quello che vorrei dire, c’è troppa gente e ho un nodo in gola. torno a casa e penso che ho solamente freddo, che è sempre la stessa sensazione che sento in questa dannata casa. abbiamo la caldaia nuova (mia madre continua a ricordarmi quanto l’abbiamo pagata, pur essendo usata e talmente vecchia che nessuno la vorrebbe, tranne noi poveracci, ovviamente) ma questo non cambia il fatto che queste stanze siano troppo grandi e le persone che ci abitano troppo apatiche. mi addormento pensando a persone lontane e con quattro coperte perché non riesco a sentirmi al sicuro. penso che perlomeno domani avrò tempo fino alla sera per aggiustare tutte le cose che devo fare, magari compro anche un po’ di frutta da portare a Trento. sogno che Cosmo, sì, il cantante, muore in un incidente stradale mentre io, a Genova, vengo colpita dalle onde del mare. nel sogno mi aggrappo ad un appiglio che trovo sulla piazza, ma le onde si fanno troppo forti e mi trascinano via. non riesco a respirare. 
la mattina mi sveglio e leggo il messaggio del mio capo, che mi dice che devo andare a lavoro quattro ore prima del previsto. le dico che va bene, ho bisogno dei soldi per i libri e per il corso di lingua che voglio fare, solo che avrei preferito me lo dicesse prima. leggo i messaggi di N che mi racconta che sta a Torino, per un torneo, io rido pensando a quanto cringe sia come cosa, ma gli rispondo bene e mi interesso, gli chiedo se è agitato, se lì fa freddo (ho preso tutta l’empatia che questa famiglia non ha). poi gli mando un audio lunghissimo dove mi lamento di dover lavorare, ho l’impressione che non gliene freghi più di tanto, ma mi risponde lo stesso. mi stendo sul divano e decido di dormire ancora: so già che oggi potrei farmi anche nove o dieci ore di turno, meglio riposare. mi sveglio in preda ad un crampo al polpaccio, così a caso. ritorna mia madre e le dico che devo andare a lavoro molto presto, che sono stanca di questa storia e che sto pensando di mandare la richiesta per lavorare dentro l’università. le spiego in cosa consiste, non mi ascolta. mi dice solo di stare attenta perché “già siamo messi male”. perché, le chiedo, c’è di nuovo qualche novità? non so cosa potrebbe peggiorare la situazione. mi dice di no, solo che hanno speso tutto per la caldaia. ancora, questo tema prende più attenzioni in un giorno di quante ne prenda io in una settimana. e poi che presto verranno a prendere le misure della casa, ma che devo stare tranquilla, almeno fino alla fine del prossimo semestre dovrei riuscire a restare in università. grazie al cazzo. vivo con il fantasma dello sfratto da quando avevo nove anni. ho avuto così tanta paura che si prendessero le mie radici che me le sono tagliate da sola, ed adesso non ho più paura.
sono quasi le due. ho l’ansia per il turno. ho paura che il mio capo abbia una brutta giornata come due settimane fa, e che mi faccia di nuovo sentire una stupida incapace. io lo so che ho molte qualità, lo so che tutto questo è temporaneo, lo so che non sono stupida. eppure quando sono lì soffro di un grande complesso di inferiorità, e mi sento infelice. non so se mi sentirei meglio da qualche altra parte, ma penso non vada bene fossilizzarsi. soprattutto perché questo lavoro mi provincializza: mi ritrovo a fare discorsi che sono tutta una farsa, o a sentire argomentazione che mi fanno ribollire il sangue, ma non posso dire niente, devo continuare a lavare le tazzine del caffè. chissà che muoiano, chissà che anneghino, che schifo gli omosessuali, non dovrebbero vivere, che cosa vogliono da noi, neri del cazzo che rubano il lavoro, che io non sono razzista ma loro proprio non li voglio. e tu Elena? quando ti trovi un ragazzo? e un figlio, non lo vorresti? la cosa più bella al mondo è essere mamma! però prima devi trovarti un uomo, muoviti che sei in ritardo! che hai, sei lesbica per caso? perché sembri sempre cadere dalle nuvole? 
perché sulle nuvole sto molto meglio che qui
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onewithnoname · 2 years
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16/09/2022
Nella mia famiglia tutti si odiano, e forse anche io li odio... Ma l'unica cosa di cui sono sicuro è che non sopporto più di dover sentire tutte le grida di chi mi sta intorno, perché tutta la loro rabbia risuona dentro di me, e fa crescere il mio odio per gli altri e per me stesso...
Dovrei lasciare la mia casa, trasferirmi lontano da tutto e da tutti, perché non posso più fidarmi di nessuno... Ma ovviamente per fare questo dovrei chiedere a "loro" i soldi, perché uno studente universitario come me non può assolutamente permettersi di prendere in affitto un appartamento. Tutto ciò a dimostrazione che la vita mi odia, e che tutto il mondo vorrebbe vedermi solo scomparire... E forse un giorno questo suo desiderio sarà esaudito...
"Hanno pianto un poco, poi si sono abituati. A tutto si abitua quel vigliacco che è l'uomo!" Dostoevskij.
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Forse, dovrei trasferirmi a Roma
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la-bionda · 2 years
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Wrong - depeche mode
Vediamo quanto dura.  Ho fatto un’ora di yoga domenica e altrettanto oggi. Complice la cancellazione della programmazione, per carità, però ce l’ho messa tutta e l’ho fatto.
Sono rotta come quando facevo serie di squat con decine di chili di bilanciere sulla schiena, ma va bene così. Sono cambiate talmente tante cose in poco più di due anni che va già bene sono ancora intera.
Stamattina da un cd mi sono saltati fuori 100% dei sonic youth e fever to tell, disco super degli yeah yeah yes. Il cuore ascoltandoli ha ricominciato a battere. Anche questa è una bella stranezza, non mi capitava da un sacco, mentre una volta era quasi all’ordine del giorno.
Non dovrei lamentarmi vista la situazione generale, e infatti alla fine non mi lamento. Mi sfogo. Però mi manco, ultimamente penso sempre più spesso a quando vivevo da sola. Magari vivevo in maniera più disordinata, ma mi piaceva. Mi piaceva svegliarmi la mattina del sabato e guardarmi un film, oppure scrivere fino a tardi rollando e fumando in cucina e spillando vino rosso dalla tanica. Mi piaceva chiamare il mio amico Luca anche a mezzanotte e trovarlo lì coi dischi e pronto a stare ore al telefono fino a notte fonda. Gli amici, ne avevo tanti allora, li sentivo tutti i giorni e venivano a trovarmi. Quelli lontani si fermavano a dormire da me, altri magari passavano per un bicchiere o si fermavano a mangiare da me. Cucinavo senza pretese e senza pare, andava benone anche una pasta al pomodoro se avevo ospiti. Mi svegliavo il weekend decidendo all’ultimo cosa fare e dove andare. Avevo pochi soldi ma vivevo di più. Costava anche tutto di meno rispetto a oggi, avevo più energia, ma partivo e andavo a milano o a torino, a vedere un concerto o per fare un giro e mi fermavo con lo zaino a casa di qualche amico o amica. Mi piaceva andare a guardare il mare, magari mi portavo un libro e mi sedevo in spiaggia a leggere. La sera spesso andavo a bere al porto, da sola. C’era un locale con un matto che metteva sempre new wave e mi sedevo in un angolo a bermi birra e ascoltare. Mi piaceva tanto attraversare a piedi i giardini per andare a lavorare, poi dopo il lavoro magari prendere un treno e andare via. Mi piaceva viaggiare in treno, con le cuffie in testa e lo sguardo perso fuori dal finestrino. Mi piaceva non essere di nessuno e di nessun posto. Mi piaceva accendere lo scaldasonno quando l’inverno si faceva freddo e il letto matrimoniale da sola diventava più difficile da scaldare. Mi piaceva la luce che filtrava dalle persiane, ho sempre preferito le persiane alle tapparelle, non c’è confronto. Ora da dieci anni vivo con le tapparelle in casa. Mi piaceva non avere la TV, mi piaceva guardare i film sul mac, stesa sul divano da sola, con la luce soffusa, un bicchiere e un posacenere sul tavolino a fianco. Pulivo casa quando veniva a trovarmi qualcuno, a volte neanche quello. Mi piaceva ascoltare la radio la sera, sul frigo la tenevo, e non vedevo l’ora iniziassero Dispenser o Moby Dick su radio2 (era bella radio2 ai tempi). Scrivevo la sera, il mio blog, ascoltando un mare di musica. Avevo la porta della cucina tappezzata di foto di persone a cui volevo bene e avevo scelto ogni cosa su misura per me: l’ingresso aveva le pareti rosso scuro, salotto e camera pareti gialle e tende rosso fuoco, come il divano.  Quando avevo detto alla sister che avrei lasciato il mio trilocale per trasferirmi qui mi aveva solo detto: “non farlo”. Forse era comunque arrivato il momento di farlo, ma adesso vorrei avere di nuovo uno spazio per me, tutto per me. Io ci spero ancora, ci spero sempre.
perché io lo so che in fondo sono ancora quella lì. ecco perché mi manco così tanto.
https://www.youtube.com/watch?v=fhnrrLxQEVQ&ab_channel=DepecheMode
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luciphe-r · 6 years
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Ei Sara, probabilmente ci avrai già pensato ed è forse stupido scriverti quindi, ma leggendo l'ultima risposta che hai dato all'anonterribile mi è venuto in mente e ci tenevo a dirtelo 💪 Forse per lo psicologo potresti provare al consultorio? Mi sembra sia gratis, e sì capita spesso che in quartieri più di periferia ci sia gente non preparata ma almeno è un tentativo. Un saluto ✨✨
Ci ho pensato, e ultimamente con tutte le robe (crisi brutte, tanto stress da uni) lo sto considerando... Solo nella mia città* non c'è sto gran servizio, aspettavo di trasferirmi a pisa, ma siccome anche quello è in standby è tutto sospeso... Grazie davvero però, sei statx carinissimx💕💕💕💕💕((*purtroppo a prescindere dal quartiere io abito in una città medio piccola e poco avanti da quel punto di vista e se dovessi davvero cercare aiuto a gratis in un consultorio dovrei andare a cercare fuori il che toglierebbe il gratuito dal tutto shjshdja quindi è tutto molto bello 😗Ma si risolve, ci stiamo lavorando 😂))
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Ieri mattina mi sono svegliata con una comicissima pace interna. Cose che succedono forse tre volte all’anno. Oggi mi sono svegliata con un gran mal di testa, sempre concentrato nella parte anteriore destra della testa, sotto l’occhio. Questo ha inoltre fatto si che io mi svegliassi con il cazzo girato. Back to the normality. 
Questa cazzo di coinquilina mi sta sulle palle, lei e la sua asocialità. Ma come minchia si fa a vivere così. Alle volte però mi sforzo pure di vedere la sua timidezza e dolcezza. Il mio tentativo dura comunque sempre molto poco. Poi comincio nuovamente a darmi della cogliona, probabilmente non mi andrà mai bene al 100% nessuna coinquilina, come del resto ogni umano da 22 anni. Ho mai trovato un essere umano che mi andasse bene al 100%? Nope.
L’insoddisfazione di oggi é stata acuita dal mio datore di lavoro, il quale due giorni fa mi ha gentilmente inoltrato i miei nuovi orari di lavoro. Peccato che siamo in lockdown. Peccato che io abbia firmato un contratto solo per sabato. Il tutto é stato seguito da una mia chiamata incazzata alla Arbeiterkammer qui ad Ibk. Ovviamente ho ragione io. Peccato (nuovamente) che con la mia ragione io mi ci possa pulire il culo questa volta. Quindi io dovrei scendere ad un ricatto di quattro stronzi, incompetenti, disorganizzati. La mia psiche mi impone ancora una volta un’ auto-analisi.
Cosa mi fa incazzare di questa situazione:
1. Che a me vengano imposte cose che IO non ho deciso. Che qualche stronzo esterno dalla mia vita mi imponga cose. Mi fa andare in bestia. Sottomettersi, in più quando sai che hai ragione. Ci sono regole, stronzi, e le regole dovrebbero essere rispettate.
2. Da 0 a 10 l’importanza di questo lavoro per me é pari a 0. e con importanza mi riferisco all’importanza civile. Questo negozio di merda non fa altro che contribuire a una società malata piena di ignoranti che spendono fino a 300 euro per comprarsi vestiti di bassissima qualità solo per poter apparire alla moda. 85% degli articoli in quel negozio sono inutili. Non mi sento di contribuire in nessun modo a migliorare il mondo. Sono una cogliona? Madonna, é stato pure accertato più e più volte. Io voglio andare a lavorare in un centro profughi. Insegnare la lingua agli stranieri. Permettere alla gente di integrarsi, consentirli un futuro migliore, un passo verso la soddisfazione personale. Vorrei lavorare con gli stranieri. O forse in una onlus. Forse anche con i senzatetto. Forse perfino per la Caritas. Mi piacerebbero tutte queste cose? E che ne so... Anzi c’é un ottima probabilità che dopo un po’ mi stufi. Ma ALMENO sarebbero nel mio campo d’interesse.
Quindi non solo mi viene imposto qualcosa contro il mio volere, ma qualcosa ci cui non me ne fotte un cazzo.
Forse quando mi passerà l’incazzatura riuscirò a fare un analisi più oggettiva. Tipo che mi hanno appena cambiato il contratto a dieci ore e forse dovrei essere grata?
Grata. Questa parole mi fa contorcere. Spesso non sono grata neanche nei confronti della mia famiglia. 
Per il resto boh. Spesso vorrei avere più compagnia, ma forse é solo una delle tante lamentele infondate.
Comunque sarebbe ora che mi dicessi a trasferirmi. Propositi anno 2021. Questa casa é triste. Non é una casa, é un dormitorio. Non c’é un minimo di amore, di cura. Io ho bisogno di legami fissi e solidi nella mia vita. Vivere in un appartamento del genere non ha il minimo senso. Ancora di meno in una situazione simile dove dobbiamo vivere in casa.
Ho tanta voglia di sforzarmi a parlare tedesco e soprattutto di crearmi legami solidi e veri. Ne ho già nella mia vita, grazie a dio. Ho persone sane e, spero, vere attorno a me. Ma sento che tutto sta cambiando, non ho più la routine, la vita di sempre tra bib e uni. In università non ci andremo per almeno altri due anni. Devo riadattare tutto e cercare nuova gente. Dovrei comunque sforzarmi e ricordarmi che già con l’arrivo ella bella stagione, marzo, aprile, andrà tutto meglio. 
Oggi dovrò davvero sforzarmi per trovare lati positivi perché ho davvero il cazzo girato.. Ma non voglio passare così tutto il giorno. 
#io
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Un giorno la smetterò di scrivere sempre le stesse cose noiose ma quel giorno sicuramente non è oggi
Non so come dovrei sentirmi, forse ho bisogno di affetto soltanto, forse ciò che mi manca è avere una persona accanto, avere una persona con cui ridere ogni giorno e condividere parte della mia vita.
Ormai ciò che sento per F è diventato qualcosa di platonico, qualcosa di irragggiungibile, perchè è irraggiungibile.
Se solo solo mi avessi vista una volta, se solo ci conoscessimo, forse non mi sentirei così.
Quello che sento per te è tanta tenerezza, un sentimento che resterà in me per ancora un bel po’, dovrei farmene una ragione, dovrei cominciare ad accettare che tu in realtà non sarai mai con me, però come posso smettere di pensarti ?
Riderebbero tutti di me per quello che sento, ma la verità è che vorrei essere almeno un po’ all’altezza tua.
Siamo di due realtà diverse, forse è proprio per questo che non siamo destinate, forse è proprio per questo che non ci incontreremo mai.
Cosa darei per vederti un po’, per parlarti un po’.
Trasferirmi sarebbe la giusta soluzione, ma quando? E poi anche se lo facessi, so già che non mi guarderesti perchè per te sono una delle tante, sono anonima.
Ti toglierò dalla mia mente, per ora ti guardo da lontano con la consapevolezza che tu starai guardando altrove.
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Capitolo 48 - Errori, linguacce e feticisti
Nel capitolo precedente: Eddie è al telefono con Angie e si eccita nel sentire la sua voce; Angie fa un incubo su Chris Cornell, tanto da reagire in maniera esagerata quando lui si presenta a casa delle ragazze per scroccare del cibo, ma anche per consegnare a Angie un pacchetto che era stato infilato per sbaglio nella sua cassetta della posta; Angie scopre che Eddie si è arrampicato sulla cima dello Space Needle per prendere le lampadine e gliene ha inviata una con una lettera; Angie insulta Eddie al telefono per il gesto avventato, ma non riesce ad essere del tutto arrabbiata con lui; Angie medita di cambiare pettinatura e tagliare i suoi lunghi capelli da bambola.
***
“Ma che caz-” per un attimo penso di essere rimasto inspiegabilmente intrappolato quando, dopo aver chiuso il rubinetto, allungo la mano ad occhi chiusi verso il box doccia per far scorrere la porta e questa non si muove di un millimetro. 
Ci metto qualche secondo e numerose spinte di troppo per capire che il problema è che si apre dall'altra parte, opposta rispetto a quella di Seattle. Perché non sono a Seattle, sono a San Diego, sono a casa. Eppure non mi sento veramente a casa, è come se fossi in vacanza, come se questo fosse l'ennesimo motel di passaggio e non il luogo dove avevo deciso di trascorrere il mio futuro, per lo meno quello più immediato, con la mia ex. L'oceano, durante la prima surfata di una mezz'oretta fa, mi è più familiare di questo posto. Forse è proprio l'effetto tour, l'essere sempre in un luogo diverso, che fa perdere un po' i riferimenti. Forse è perché questa casa in un certo senso mi è davvero estranea, dopotutto ci stavo da due o tre mesi quando l'ho lasciata per trasferirmi definitivamente a Seattle. E non ho avuto neanche modo di personalizzarla più di tanto, anche perché aspettavo di farlo con Beth, perciò l'arredamento è piuttosto neutro e anonimo. Gli unici tocchi personali sono le figurine del baseball attaccate al frigo, la foto in bianco e nero di Pete Townshend in volo a mezz'aria con la sua chitarra che sta in camera da letto e che, pensandoci, quasi quasi porto con me a Seattle, un'acustica da quattro soldi appoggiata al divano, il canestro che ho sistemato sul retro, la muta stesa ad asciugare sul portico, il gioco delle freccette sulla porta. Quel poco di personale che c'era in più ora occupa la stanzetta e parte del soggiorno dell'appartamento che divido con Jeff e in cui ho ormai trascorso più tempo di quanto ne abbia vissuto qui in questa casa. Oppure è solo perché sono arrivato da sì e no un paio d'ore e non ho ancora visto nessuno della compagnia. La casa non la fanno le mura, ma le persone.
Lancio gli asciugamani nel cesto delle cose da lavare e mentre lo faccio mi ricordo che qui ho una lavatrice e che non sarà necessario andare da Wash'n'Go per fare il bucato, anche se il lavaggio non avverrà magicamente da sé e mi sarà comunque richiesto il piccolo sforzo di buttare i panni nel cestello, aggiungere detersivo e premere un bottone. Arrivo in camera, mi infilo maglietta e mutande pulite e mentre sto valutando se è il caso di far fare un viaggio nella lavatrice anche ai pantaloni o se posso farci un altro giro, ecco che sento suonare il campanello. Promuovo velocemente i bermuda per un ulteriore round e corro in sala mentre me li sto ancora allacciando e allargo con le dita le lamelle della veneziana per vedere chi è.
“Non sono una bella figa, ma spero tu mi faccia entrare lo stesso!” esclama Craig proprio in direzione della finestra.
“Perché dovrei?” gli chiedo dopo aver aperto la finestra.
“Perché ho la birra” risponde sollevando il cartone da dodici.
“Mi piacciono i tuoi argomenti” richiudo la finestra e apro la porta al mio amico, non mi piace definirlo migliore, non faccio classifiche o cose del genere, ma sicuramente è uno dei più stretti che ho e quello che mi porto dietro da più tempo, praticamente dall'infanzia.
“Ti odio” mi guarda scuotendo la testa, rimanendo sul portico.
“Anch'io sono felice di rivederti”
“Non mi hai aspettato” protesta indicando la muta appesa alla ringhiera.
“Lo sai che mi piace entrare in acqua presto”
“Sei uno stronzo,” borbotta entrando “ma sono contento tu sia qui” aggiunge dandomi una mano e una pacca non troppo delicata prima di entrare.
“Ti avviso che non ho niente da mangiare” preciso quando lo vedo andare diretto verso il frigo.
“A quello ci pensa Jamie più tardi, quando stacca dal lavoro, non temere” risponde sistemando la birra nel ripiano più basso del frigorifero.
“Cinese?”
“Ovvio. E viene anche suo fratello. Ah poi ci sarà sicuramente Mitch con la sua compagna di corso. E poi boh, qualcun altro”
“Avete organizzato tutto eh?”
“E la tua band?”
“Staranno tirando il fiato in albergo, dopo ci raggiungono”
“Perfetto. E la tua ragazza?” mi chiede a bruciapelo sedendosi sul divano.
“La mia ragazza?” vado verso la finestra e tiro su completamente la veneziana, come se mi aspettassi di trovarmela d'un tratto fuori dalla porta di casa pronta a bussare.
“Sì, la tua ragazza, dov'è?”
“Oddio, non lo so, non l'ho ancora vista. Non è certo venuta a darmi il bentornato, spero di non incontrarla neanche per sbaglio onestamente”
“Eheh ma non eri diventato zen?”
“Sì, ma se non la vedo è meglio” dopo aver ispezionato tutto il circondario raggiungo Craig sul divano.
“Comunque chi se ne frega di Beth, non voglio mica sapere della tua ex, parlavo di quella nuova”
“Quella nuova?” lo guardo storto e in nanosecondo capisco dove vuole andare a parare.
“Sì, come si chiama... Ce l'ho sulla punta della lingua...”
“Ma chi? Angie?”
“HA! Allora lo vedi che è la tua ragazza!”
“Eheh no che non lo è”
“Ma se l'hai detto!”
“Ho solo capito che intendevi parlare di lei”
“Seh seh, va beh, dove sta?”
“A Seattle”
“Come a Seattle? E quando viene?”
“Boh, non so, non è mica detto che venga”
“Come sarebbe a dire? Non gliel'hai chiesto?”
“Certo che gliel'ho chiesto”
“Come cazzo gliel'hai chiesto?”
“Ahah che significa? Gliel'ho chiesto, le ho chiesto di venire in California”
“Ok, ma come? Come gliel'hai detto, che parole hai usato?”
“Cosa cambia, scusa?”
“Cambia tutto, che le hai detto, Ed?”
“Le ho detto che sarebbe stato figo se fosse venuta a vederci suonare in questo tour”
“Stai scherzando?”
“Perché?”
“Le hai detto così?”
“Potrei non aver usato la parola figo, ma-”
“Sei un coglione”
“Ahahah ma perché?”
“Non verrà mai”
“Che ho detto di male?”
“Neanch'io sarei venuto a trovarti oggi se mi avessi fatto una proposta del genere, pensa te”
“E sentiamo, cos'avrei dovuto dirle?”
“Mah, non saprei, che ne dici di Mi manchi, ho voglia di vederti?”
“Certo, come no”
“Vieni qui a San Diego, ti ospito io, così stiamo un po' insieme?”
“Cristo santo”
“Eddie?”
“Così se ne torna direttamente in Idaho a gambe levate” gli atteggiamenti di Angie a volte mi confondono, non capisco se sta prendendo tempo o se veramente non si è resa conto che mi interessa, ma la verità è che propendo per la seconda. Se invece le dicessi una cosa del genere non ci sarebbe possibilità di equivoco e sarebbe costretta ad affrontare la questione e i miei sentimenti. E ci rimarrebbe di merda. E finirebbe per scaricarmi e tenermi a distanza come ha fatto con quel Dave...
“Ma questo lo dici tu!” ribatte Craig.
“Lo dico perché lo so”
“Va beh, posso almeno vederla?”
“Certo, se vieni a Seattle”
“Non fare lo spiritoso”
“Non lo faccio” rispondo sinceramente, non capendo cosa voglia dire.
“Dai, muoviti”
“Ma cosa?”
“Non provarci neanche a convincermi che non hai una sua foto perché non ci credo”
“Uhm... no... non penso di averne...”
“Non farmi perdere tempo, su”
“Aspetta, fammi guardare, ma non credo...” prendo i miei quaderni dal tavolino accanto al divano e ne faccio scorrere rapidamente le pagine.
“Guarda, cerca pure con calma, io non ho fretta” aggiunge piazzandosi uno dei cuscini dietro la testa e mettendosi ancora più comodo sul divano e a questo punto capisco che finché non gliela faccio vedere non mollerà il colpo. Mi alzo e raggiungo il tavolo, infilo la mano nella tasca della giacca di velluto appesa a una delle sedie e recupero il mio portafogli, da cui estraggo tre polaroid. Le analizzo velocemente prima di scegliere quella di cui sono meno geloso.
“Sei fortunato, casualmente ne ho una”
“Casualmente ce l'hai nel portafoglio eh? Fammi vedere” Craig mi spunta alle spalle, in un vero e proprio agguato, e mi ruba la foto prima che io possa protestare, sedendosi poi sul tavolo.
“Non mi ricordavo neanche di averla...” mento spudoratamente mettendomi il portafoglio nella tasca dei pantaloni.
“Certo, sicuro. Però, non male la ragazza” commenta senza staccare gli occhi dalla foto nemmeno per un secondo e improvvisamente mi rendo conto di quanto sia fragile il concetto di meno geloso.
“Non si capisce tanto la fisionomia perché fa la linguaccia” indico il volto di Angie sulla foto e ora come ora vorrei che la smorfia in questione nascondesse anche di più.
“No no, direi che si capisce che è carina, molto carina” insiste.
“Beh, sì”
“Si capisce tutto” io lo ammazzo.
“Ok ridammela” faccio per recuperarla, ma lui si sposta.
“Si capisce anche dove è stata scattata”
“L'ho fatta quando mi ha regalato la macchina” ci riprovo, ma ancora invano.
“IN UN LETTO, ECCO DOV'E' STATA SCATTATA!”
“Ma che cazzo dici?”
“E sdraiata in un cazzo di letto! Hai capito, Eddie! E io che sto a darti i consigli, tu invece sei già avanti!”
“Non è un letto, sono i sedili della sua macchina”
“TANTO MEGLIO!”
“Ahahah ma piantala, coglione!”
“E bravo Eddie, ti avevo sottovalutato” mi rifila un altro paio di pacche sulla schiena e finalmente riesco a riprendermi la polaroid.
“Stavamo giocando”
“Me lo immagino... risparmiami i dettagli sui giochini che facevate però, ok?”
“Ma che giochini?! Volevo testare il mio regalo, ma lei non voleva farsi fotografare” spiego rimettendo la foto al suo posto.
“Guarda che non mi devi nessuna spiegazione, sei grande ormai” mi sfotte cercando di pizzicarmi una guancia, beccandosi di tutta risposta una manata che lo fa scendere dal tavolo.
“Non è successo niente”
“E cosa aspetti a far succedere qualcosa?”
“Dai, andiamo a prendere qualche onda” rispondo recuperando le scarpe accanto alla credenza.
“Ma non ci sei già stato prima?” mi guarda con aria interrogativa.
“Tutto pur di farti tacere”
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Love is in the Hair recita la scritta sulla vetrina del salone di bellezza, circondata da una nuvola di cuoricini rossi e rosa. Chissà cosa ne pensa Angie di questo gioco di parole? Entro e vengo subito accolta dal sorriso della ragazza dietro la cassa.
“Buongiorno! Hai un appuntamento?” domanda aprendo un cassetto ed estraendone un grosso libro dalla copertina blu. Solo quando lo apre e scorgo dei numeri capisco che si tratta di un'agenda.
“No, ehm, cioè, sì, sono l'amica di Meg, Kaminski... Grace”
“Ah sì! E' in magazzino, aspetta che te la chiamo” mi strizza l'occhio e si allontana rapidamente verso non so dove.
Appendo giacca e sciarpa all'attaccapanni all'ingresso e mi guardo attorno. Hanno aperto da pochi minuti eppure ci sono già due signore ai lavatesta, una ragazza che si sta facendo fare le unghie e un'altra che si sta facendo spalmare un composto color rosa chewing gum, che presumo sia cera, sui baffetti.
“Ehi sei in anticipo! Che è successo?” mi volto e vedo Meg venirmi incontro con una specie di vestaglietta blu tra le mani, assieme alla ragazza di prima.
“Lo so, lo so, mi sono stupita da sola”
“La borsa puoi darla a me se vuoi”
“Sì grazie” la mia borsetta passa dalle mie mani a quelle di Meg e subito dopo a quelle della ragazza al desk, che provvede a sistemarla in un armadietto alle sue spalle, richiudendolo subito dopo a chiave. Mentre seguo con lo sguardo questo percorso, Meg mi infila questa specie di kimono leggero e me lo lega in vita.
“Allora, che vuoi fare? Quanto tagliamo?” continua Meg invitandomi a seguirla ai lavatesta.
“Non molto, vorrei solo alleggerirli un po'”
“Uhm facciamo tanto così? Magari con una bella scalatura generale?” domanda prendendo una ciocca dei miei capelli tra le dita e indicando una misura modesta.
“Sì, perfetto. Magari anche un centimetro in più, ma senza esagerare”
“Va benissimo. E il colore?” continua invitandomi a sedermi sulla poltroncina.
“Vorrei fare sempre un castano, ma magari un po' più caldo” spiego mentre mi sistema un asciugamano sulle spalle, infilandolo per bene sotto il colletto della mia camicia.
“Ok, quindi niente cambio drastico di look per stupire Stone quando torna?” chiede mentre vado con la testa all'indietro e vedo il suo sorrisino ammiccante dal basso.
“No no, preferisco non rischiare di non essere riconosciuta”
“Ahahah addirittura?”
“Beh ci frequentiamo da così poco...” abbiamo praticamente appena iniziato a vederci e lui è già partito con la band, non credo ci sia necessità di cambiare immagine per non annoiarlo, deve ancora imparare a conoscerla la mia immagine.
“Stone è pazzo di te e ti conosce a memoria, non credo ci sia pericolo in tal senso, ti riconoscerebbe anche rasata a zero e con la faccia tatuata”
“Meglio non rischiare comunque” l'acqua calda sulla testa comincia ad avere il suo effetto rilassante.
“Come va tra voi?”
“Beh, va come due che non stanno nello stesso luogo e non si vedono”
“Beh ma vi siete sentiti?”
“Sì, qualche volta”
“Qualche volta?”
“Beh, più o meno ogni due tre giorni...”
“Direi che è un po' più di qualche volta. Chi chiama chi?”
“Oh ecco, in genere mi chiama lui, cioè, mi ha sempre chiamata lui, anche perché si spostano continuamente. Mi sento anche un po' in colpa, gli ho proposto di darmi il numero di dove si trova di volta in volta o di addebitarmi la chiamata, ma mi ha mandata a fare in culo ogni volta con una battuta sarcastica diversa”
“E' un vero gentleman”
“Eheh già”
“Quindi è una cosa seria...” insiste con questa sorta di indagine e il massaggio con schiuma e acqua calda è estremamente rilassante, ma non abbastanza da farmi sbottonare a tal punto.
“Mmm forse, non lo so, è ancora presto per dirlo”
“Ok, ma lui mi sembra bello preso, no? E tu? Cosa provi?”
“Wow, eheh, questa... questa è una bella domanda”
“Che dovrebbe avere una risposta molto semplice”
“Mi piace, mi piace molto e sto bene con lui. Però dobbiamo ancora conoscerci nel vero senso della parola, ecco, dovremmo passare altro tempo insieme per capire se ingraniamo o meno” mi lancio in un bel giro di parole, perché Meg avrà pure studiato psicologia, ma non ho intenzione di farle da paziente in questo momento, mi limito ad essere una sua cliente del salone.
“Oh... OH! Adesso ho capito!” esclama interrompendo per un istante il massaggio, per poi riprenderlo in maniera leggermente più vigorosa “Non avete ancora... beh...”
“No io non... Non mi riferivo a quello! Anche se in effetti...”
“Va beh, ma ci sarà tempo per quello, quando i ragazzi torneranno”
“Sicuramente” rispondo cercando di cammuffare il mio imbarazzo tenendo gli occhi chiusi. Senza volerlo è riuscita a centrare uno dei miei motivi di ansia. E' sempre la solita storia, che si ripresenta ogni volta che inizio a frequentare un ragazzo nuovo e ormai dovrei esserci abituata, ma forse non mi abituerò mai a questa cosa. Al fatto di dover ricominciare tutto da capo di nuovo, arrivare al momento di spogliarsi e mostrarsi per quello che si è e dover dare per l'ennesima volta le solite spiegazioni, sperando che lui non fugga disgustato o, peggio, non finga che vada tutto bene per poi spegnere subito la luce. Ancora una volta sono all'inizio di una storia e sono divisa tra la voglia di farla progredire, di viverla fino in fondo e godermela in ogni aspetto da una parte, e il desiderio di non uscire mai da questa fase, di restare per sempre, o almeno il più a lungo possibile, in questo limbo preliminare, fatto di appuntamenti, baci, battutine, sguardi e telefonate senza pensare a quando dovrò affrontare di nuovo quel discorso.
“Magari se Stone non è tanto intraprendente da quel punto di vista, dovresti pensarci tu” commenta interrompendo il mio flusso di pensieri, mentre inizia a risciacquare lo shampoo.
“Non è una questione di intraprendenza... e comunque va bene anche a me non affrettare troppo i tempi, lo preferisco” più lunghi sono questi maledetti tempi, meglio è.
“E questo perché per te è una cosa seria, quindi avevo ragione! Mettiamo un po' di balsamo?”
Dopo lo shampoo vengo dirottata su una delle postazioni del taglio. La rivista che trovo davanti allo specchio e che comincio a sfogliare ci dà degli argomenti interessantissimi, e soprattutto diversi da Stone Gossard, di cui parlare, come il metodo prodigioso per far ripartire il metabolismo in quattro settimane, le ville da sogno d'America, le trame degli ultimi episodi di Good Sports con tanto di servizio fotografico di Farrah e Ryan nel dietro le quinte, le ultime tendenze in fatto di stivali. Mentre Meg comincia a darsi da fare con spazzola e phon per l'asciugatura, una delle sue colleghe, una bellissima bionda sulla trentina, mi si avvicina trascinandosi dietro un carrellino che fa un bel baccano.
“Ti va se le mani te le faccio adesso, mentre Meg ti asciuga?” mi chiede  e senza attendere una risposta, mi prende la sinistra e la appoggia sul carrellino, sopra a un asciugamano arrotolato a mo' di salsicciotto, si siede accanto a me e comincia a scrutarmi le unghie, poi prende una specie di piccolo pannetto, ci versa su quello che dall'odore sembra disinfettante e me lo passa sulla mano, dopodiché mi prende anche la destra e ripete la stessa sequenza anche con l'altra mano. E' la prima volta in vita mia che faccio questa cosa e da come sono tesa penso l'abbiano capito tutte qui.
“Che dici? Abbiamo dato una bella svecchiata, ma senza esagerare” Meg richiama la mia attenzione  e solo ora mi accorgo che ha spento il phon e che mi sta spruzzando una lacca profumata sulla testa.
“Oddio sì! Grazie, Meg, sono proprio come li volevo” e stranamente sono sincera, in genere esco dai parrucchieri con una testa gonfia e imbarazzante, che non vedo l'ora di correre a rilavare a casa mia, invece stavolta sono davvero soddisfatta.
“Dopo vuoi fare anche i piedi?” il mio entusiasmo viene raggelato dalla domanda della collega di Meg.
“NO!” rispondo secca.
“Sicura? Guarda che ti faccio la tessera sconto” interviene Meg cercando di rassicurarmi, ma non è il prezzo il mio problema.
“No, non è quello è che... beh, soffro da morire il solletico e non amo che mi si tocchino i piedi, è una specie di fissazione. Sono strana, lo so, eheh” cerco di buttarla sulla paranoia per chiudere in fretta l'argomento.
“Praticamente è l'opposto di Mister Piedino” la ragazza strizza l'occhio a Meg, che fa una faccia disgustata.
“Chi è Mr Piedino?” chiedo incuriosita.
“Un porco schifoso” risponde Meg.
“Un cliente,” ribatte la collega “molto gentile ed educato, che lascia delle mance generosissime”
“Un maiale viscido che si fa fare i piedi da Samantha” Meg completa l'informazione, svelandomi anche il nome della sua collega.
“Non ha mai fatto niente di sconveniente”
“A parte farselo venire duro mentre gli massaggi i piedi” una delle due signore che stanno facendo la piega fa una faccia scandalizzata, l'altra sembra non aver sentito di cosa si sta parlando.
“Ahahah non è sicuro! E comunque, anche se fosse, sarebbe una reazione involontaria, non la può controllare”
“E ogni cazzo di volta, non appena ha finito, chiede di usare il bagno. Che schifo!”
“Ma magari ci deve semplicemente andare!”
“Sì, certo. Ci va a segarsi, altro che!”
“Oh cazzo” commento ridendo.
“Ma che ne sai?”
“Basta vedere l'espressione beata che ha quando viene a pagare!” la ragazza alla cassa risponde al posto di Meg da lontano.
“Dev'essere uno di quei cosi... come si chiamano... feticisti dei piedi” commenta la signora numero due, mentre una delle parrucchiere le gonfia la frangia.
“Ma quelli in genere si eccitano coi piedi degli altri, non se gli toccano i propri” ribatte Samantha.
“E' la stessa cosa, sempre piedi sono” insiste la cliente.
“Non esattamente, il classico feticismo del piede è una questione di sottomissione, quello è solo un maniaco del cazzo” precisa Meg, forse dall'alto dei suoi studi.
“O del piede” osservo io facendo ridere lei, Samantha e la signora numero due, mentre la numero uno finge di non ascoltare concentrandosi su Vanity Fair.
“Va beh, allora sei soddisfatta del taglio?” mi chiede di nuovo Meg, cercando di cambiare argomento.
“Niente ciocche colorate?” domanda la collega sorridendo, mentre si sta scatenando con la lima sulle mie unghie.
“Ahahah no, Grace è una ragazza sobria, non una teppista come Angie”
“Angie? Le hai colorato i capelli?”
“Sì, mi ha stressato l'anima e alla fine ho ceduto. Le ho fatto solo dei colpi di sole comunque, però li ha tagliati un bel po'”
“Meches blu e viola” aggiunge la collega.
“Ha tagliato la sua preziosissima chioma?!”
“Pensa che lei li voleva più corti dei tuoi, è totalmente impazzita. Alla fine abbiamo trovato un compromesso su una lunghezza meno drastica, ma rispetto a com'erano lunghi prima...”
“Si vede che aveva voglia di cambiare... e magari anche di fare colpo su qualcuno” aggiungo alludendo a Eddie.
“Eheh credo che non abbia bisogno di fare ulteriormente colpo, il ragazzo è già stato conquistato” replica Meg muovendo un grosso specchio rotondo dietro di me in modo da farmi vedere il taglio anche nella parte posteriore.
“Però il ragazzo in questione non si dichiara” commento mentre le mie mani vengono messe letteralmente a mollo in una vaschetta d'acqua tiepida.
“E se ti dicessi che il ragazzo si è in un certo senso dichiarato?”
“E' quell'in un certo senso che con Angie non va bene, le lascia sempre un margine di dubbio”
“In un certo senso solo perché Angie è ottusa, qualsiasi altra persona avrebbe capito che era una dichiarazione. Non voglio spettegolare, ma stiamo parlando di un regalo e di una lettera, il messaggio era chiaro”
“Il messaggio era Ti amo, voglio stare con te?”
“Eheh no, non così esplicito”
“E allora capisco Angie. Eddie ce la mette tutta, ma è ambiguo. Dovrebbe parlare chiaro, pane al pane, vino al vino. Capisco essere cauti, sondare il terreno all'inizio, ma dopo un po' bisogna mettere le carte in tavola, soprattutto quando vedi che l'altra persona non coglie i tuoi messaggi tra le righe”
“Sì, ma se nessuno dei due si sveglia qui possiamo andare avanti per anni. Se non lo fa lui, allora lo deve fare lei” Meg si allontana verso una tenda fucsia, ci infila semplicemente una mano e ne estrae  una scopa, dopodiché torna verso di me.
“Ma certo, non dico di no. Dico solo che probabilmente questa situazione di stallo fa comodo anche a lui, magari sta prendendo tempo, magari non è sicuro, ha dei dubbi”
“L'unico dubbio che gli posso concedere è per l'età. E per la paura che Jeff gli spacchi la faccia se combina casini con Angie. Per il resto non vedo che dubbi potrebbe avere” spiega mentre raccoglie i miei capelli tagliuzzati dal pavimento con la scopa.
“Beh, qualsiasi dubbio abbia se lo deve chiarire e comportarsi di conseguenza, se non è sicuro che stare con Angie sia una buona idea, beh, che la lasci perdere, ma se invece decide di andare fino in fondo, che lo faccia una volta per tutte!”
“Concordo!” esclama Samantha, mentre sistema una serie di limette e bastoncini in fila sul carrellino.
“Beh, questa potrebbe essere l'occasione perfetta” suggerisce Meg intenta a raccogliere i mei capelli che furono con una paletta.
“Dici che sarà già atterrata a quest'ora?”
“Nah, troppo presto”
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“Farò la fame per qualche mese, ma ne è valsa la pena” dico tra me e me non appena esco dall'aereoporto col mio zaino e mi ritrovo su un viale assolato costeggiato da palme. Esiste un'immagine più californiana di questa? Con il pullman avrei speso un terzo dei soldi, ma ci avrei messo venti ore per arrivare a San Diego. Invece, dopo neanche tre ore di volo, tranquillo e per niente turbolento, sono già qui. C'è una fila interminabile di taxi fuori dal terminal, ma prima ho bisogno di capire se me ne serve uno o no. Mi infilo in una cabina telefonica e chiamo il centralino per chiedere l'indirizzo di Winter's, il posto dove suoneranno stasera i ragazzi di cui fortunatamente Eddie si è lasciato scappare il nome, dopodiché cerco El Cajon Boulevard sulla cartina di San Diego che ho appena acquistato in un edicola. Non è vicinissimo. Non è vicino per un cazzo, saranno una ventina di chilometri da qui. Il taxi mi serve per forza.
Ammetto che il piano non è dei migliori: gironzolare attorno al locale finché non vedo qualcuno. Tuttavia è l'unico che potevo elaborare senza dover chiedere troppe informazioni a nessuno e quindi senza che i Mookie venissero a saperlo. Considerando che è appena l'una, spero ci sia almeno un caffè in cui mi possa infilare nell'attesa che spunti qualcuno per il soundcheck. Il mare, o meglio, l'Oceano è ben visibile solo per un breve tratto di strada, in corrispondenza di un porto, poi giriamo verso l'interno. Il tassista è un signore di mezza età dalle guance rosse e il sorriso simpatico. Spero non sia ubriaco. Fa qualche domanda per fare conversazione, ma senza essere invadente. Mi fa i complimenti per i capelli. Li sento strani, mi sento stranissima, più leggera, più scoperta, il che non guasta visto e considerato che con la giacca di pelle sto iniziando a sudare. E meno male che ho ascoltato Meg e non sono partita col cappotto. Mi levo la giacca, resto col maglioncino arcobaleno e mi sento subito meglio, anche se in questo taxi senza aria condizionata sarei stata bene anche in maniche corte. Apro di poco il finestrino e pur guardando fuori, in realtà non sono più di tanto concentrata sul paesaggio che mi scorre davanti. Il mio pensiero è tutto rivolto a quella che sarà la reazione dei ragazzi quando mi vedranno e alle varie elaborazioni della scena, che vanno dalla più sguaiata reazione di stupore e giubilo alla totale indifferenza, alle prese per il culo per il mio piccolo cambio di look agli sguardi che dicono Cosa cazzo sei venuta a fare da sola? E Eddie? Cosa mi aspetto da lui? Sto qui a farmi i film su come reagirà e cosa mi dirà, invece magari non avrà nemmeno tempo di darmi retta perché sarà con i suoi amici di qui. Non so cosa aspettarmi e la cosa mi mette ansia, proprio adesso dovevo decidere di uscire dalla mia comfort zone? Che cosa volevo dimostrare? Che anch'io sono in grado di scalare il mio Space Needle e superare le mie insicurezze? Per ora ho solo dimostrato di saper prendere un aereo. E un taxi.
Arrivo all'indirizzo indicato, pago il tassista e mi guardo attorno. Il locale è così piccolo che ci metto un po' a individuarne l'insegna, confondendola fra tutte le altre. Questo viale è tutt'altro che isolato, è pieno di attività commerciali, oltre ad altri club, un sacco di bar e ristoranti, fast food, supermarket, negozi di vario genere, anche uno di materassi, solo da qui vedo almeno tre carrozzerie e due onoranze funebri. D'istinto faccio per tirarmi su il maglione sulla spalla che resta ugualmente scoperta, attraverso la strada per raggiungere il locale e man mano che mi avvicino riconosco la piccola locandina che riproduce la copertina di Facelift appesa all'ingresso del club. Quando sono abbastanza vicina però mi accorgo che c'è qualcosa che non quadra, anche se non mi rendo subito conto di cosa si tratta, cioè percepisco che qualcosa è fuori posto, ma non riesco a individuarlo se non dopo alcuni lunghi secondi. Poi improvvisamente l'illuminazione: la scritta recita FEB 13 ALICE IN CHAINS. 13 febbraio? Ma oggi è il 12, il 13 è domani. Loro suonano stasera, sono sicura, me l'ha detto Eddie: 'Il 12 siamo ancora a San Diego' così ha detto... No, un momento, ad essere precisi ha detto 'mercoledì 12'... Ma si è confuso perché oggi è martedì, o meglio, io ho dato per scontato che avesse sbagliato giorno della settimana. E se invece avesse sbagliato il numero?
Merda.
E se fosse un errore del locale? Mmm poco probabile. Se suonano domani io che cazzo faccio? Per prima cosa devo spostare il volo, sempre che me lo permettano, ma poi? Come faccio? Dove mi accampo? Come faccio a dirgli che sono qui? Perché devo dirglielo. Ma perché non sono rimasta a Seattle? Ma perché Eddie non ha il senso del tempo? Mentre sto andando in paranoia mi cade l'occhio un po' più in giù, proprio sotto la foto della locandina, e la situazione assume un tono surreale: WITH PEARL JAM.
E chi cazzo sono i Pearl Jam?
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