Tumgik
#frasi sulla bellezza
caro-diario1 · 2 years
Text
Ti dedico tutte le cose più belle, perché qualcosa di più bello dell'amore non esiste.
6 notes · View notes
Text
Tumblr media
Stamattina salgo sull’ennesimo treno, trovo un posto libero e mi siedo.
Poco dopo arriva il controllore per vedere i biglietti. Il ragazzo nella foto, sui sedili alla mia sinistra, non ce l’ha. Dice di esser salito all’ultimo, sta andando a lavorare, non è riuscito a farlo. Non ha contanti ma solo un bancomat. Prova a pagare con quello ma non funziona. Il controllore è comprensivo ma deve fargli la multa. 50 euro, che il ragazzo può pagare entro una settimana. È affranto ma non ha alternative e mentre il controllore inizia a stilare la multa penso che l’importo corrisponde ad almeno un giorno di lavoro del ragazzo (bene che vada).
Chiedo: “Scusi, quanto costa il biglietto”. 15 euro. Andata e ritorno. “Ok lo pago io”.
Il ragazzo mi guarda e dice “Grazie”. Rispondo “Prego”.
“Praticate gentilezza a casaccio” diceva qualcuno.
Non mi frega di venirvi a raccontare del mio gesto. Il punto è un altro: a me 15 euro non cambiano la vita, non cambiano niente. E non perché 15 euro per me siano pochi, hanno un valore che conosco bene e che per me non cambierà mai. In questo momento però servono molto di più a quel ragazzo che a me. E non mi interessa che lavoro fa, la sua vita, la sua storia. Non devo per forza conoscerlo per aiutarlo. Ho sentito che era giusto e così ho fatto.
Magari allo stesso modo lui domani aiuterà uno sconosciuto e uno sconosciuto domani spero aiuterà me se ne avrò bisogno. Perché alla fine, la vita è po’ come un viaggio in treno. Andata e ritorno.
(Matteo Gracis)
71 notes · View notes
ninoelesirene · 2 years
Text
Accorgersi di volere bene, nel senso proprio di desiderare il bene di qualcuno, in modo continuo, come un flusso che scorre. E trarre gioia dalla sua gioia e sentire dolore per il suo dolore. Identificare quella luce, pervasiva e discreta, potente in ogni nostra cellula, come se fossimo nostri e di qualcun altro insieme. E non c’entra il sangue, non c’entra la parentela. C’entra l’infinito. C’entrano i legami che scrivono poesie nell’aria. E tutto intorno la grazia, venuta prima di noi e a noi destinata a sopravvivere, con altri nomi, sotto altre forme.
Accorgersi di volere bene, fuori da noi stessi, eppure restando in noi stessi; che bello che è.
321 notes · View notes
poetessamedusa · 2 years
Text
Tumblr media
25/100❤️‍🩹
131 notes · View notes
pensieribastardi · 1 year
Text
E ai giorni d'oggi se non hai la bellezza non hai niente.
-pensieribastardi
17 notes · View notes
Text
Nei momenti bui della vita prendi esempio dal girasole. Alza la testa e cercalo tu, il tuo raggio di sole!
Tumblr media
6 notes · View notes
Dolce sentire, amaro morire
io sono lo specchio di te oh anima bella, io sono lo specchio di te oh anima morta, io sono lo specchio di te oh anima forte. Se lo dimenticassi vorrei finisse il mondo.
Oh mie anime bianche che vivete nel fuoco dell'inferno
Oh mie deboli e fresche membra che ardono nel fuoco del castigo
Oh quanto dolore, quanta morte
Eppure le persone perse non ritorneranno
Eppure la ciecità é uno scudo
Eppure la sofferenza gioca d'amore solo con la sofferenza come due gemelli che si amano
Eppure la tensione del bene volge verso voi
Eppure non esiste ciò che non pensate
O esiste ma non esiste nella vostra realtà
io dico il vero, anche se non ne capite il senso
E se non lo capirete mai, in ogni caso tutto si muoverà secondo queste leggi
Oh anima bella tu giocherai con le anime dei mortali
Oh anima pia tu vivrai con le anime belle
Oh anima forte tu deciderai le sorti
Oh anima morta, cullati nella morte, aprirai gli occhi e risorgerai solo quando non vedrai che stai vivendo
2 notes · View notes
sciatu · 9 months
Text
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
MARZAMEMI
Abbiamo lasciato il Gelsomineto per andare a mangiare. La Figlia mi chiede se conosco qualche trattoria li vicino. Le sorrido e le dico di chiamare un ristorante a Marzamemi. A Marzamemi, dopo le casette e le strade simili a tanti paesini sulla costa, ci abbraccia serena e luminosa la grande piazza che nasconde il mare, con la piccola chiesa, gli edifici dell’antica tonnara trasformati in ristoranti e negozi. È tornare indietro nel tempo, quando il mare era color corallo per il sangue dei tonni e le case accoglievano i pescatori , gli attrezzi per le gabbie in cui intrappolare i tonni e le nere Parascalmi, le barche su di cui ai lati della camera della morte, si eseguiva la rituale, drammatica mattanza (“sangu pi sangu”, sangue per avere sangue, come diceva mia nonna quando uccideva gli animali da cortile per nutrire tutti noi). La chiesa in piazza, non è un ornamento, ma il nodo tra la vita e la morte per cui Marzamemi è nata, l’incrocio tra il dolore e la vita, l’ultima certezza prima degli incerti giorni di un tempo. Ora invece il tempo sembra fermarsi nella solare serenità della piazza e che questa serenità contagia ogni persona che l’attraversa. I tavoli sulla piazza del ristorante prenotato sono vuoti. La Figlia, mi guarda preoccupata. “Vieni” le dico e la porto sul di dietro del ristorante dove, dopo un vicolo pieno di fiori, c’è una grande terrazza sopra gli scogli del mare. La terrazza è coperta da canne e la luce filtrando tra loro, assume una luminosità dorata. Intorno scuri scogli usurati dalle onde, bianca schiuma, il blù del mare, l’azzurro perfetto del cielo. I piccoli tavoli sono coperti da antiche tovaglie siciliane ricamate o fatte all’uncinetto mentre forchette e coltelli sono di quelli grandi e pesanti delle grandi occasioni. I bicchieri colorati ed i vecchi piatti siciliani, rendono quel luogo familiare alla memoria e unico tra tutti quei locali, che seguono temporanee mode e tendenze. Alla destra abbiamo una famiglia olandese con la madre che non starà zitta per tutto il pranzo mentre il marito, dirà solo due parole, “Pane prego” per fare la scarpetta nel salmorigghiu del pesce. Alla sinistra abbiamo una coppia francese, non più giovane che si guardano da innamorati e che parlano sottovoce dicendosi frasi che li fanno sorridere e riempiono i loro occhi di complicità e malizia. Scrivono nell’aria versi che nessun poeta potrà mai copiare e che restano intrappolare tra le canne del tetto e trai petali dei fiori. Arriva il responsabile di sala, in realtà un ragazzo con i capelli ricci e i baffetti alla Domenico Modugno che ci porta un menù colorato. Ordiniamo poche cose tra cui un calice di Grillo perché per raggiungere Marzamemi ho attraversato le terre dove nascono il Grillo e l’Inzolia. Terre bianche, secche, aride, bruciate dalla calura e mi stupisce come i vini di quella terra possano essere così profumati, sapendo di fiori e di vento. Forse nell’uva la vite mette i suoi sogni, quel suo voler essere nell’arida terra, fiori e bellezza e sono questi sogni che sentiamo nel vino e che alla fine donano ebrezza. Mangiamo ascoltando il mare, la brezza che attraversa le canne, osservando l’andare e venire di invisibili camerieri che percepisci solo per le gustose emozioni che lasciano sui tavoli. Lentamente mangiamo guardando i colori dei fiori, gli sguardi amorevoli degli innamorati, la gioia delle famiglie, il soffice silenzio in cui tutto si perde tra il profumo dei fiori del bianco Catarrato e la dolcezza assoluta della cassata. La lentezza con cui viviamo una necessità come nutrirsi diventa piacere, ci libera da ogni ansia donata dal correre dei minuti, ci da un senso di libertà che le grandi città ci hanno rubato. Così ci riprendiamo lo spazio e il tempo per essere felici, per dimenticare affanni, credere nella serenità e inventare nuovi sogni. In fondo, è questo Marzamemi. ( andando via l’olandese si ferma a guardare il mare che urta gli scogli. La moglie lo raggiunge e lo abbraccia osservando il mare con la sua testa appoggiata alla spalla del marito. Sono già ammalati di nostalgia).
41 notes · View notes
unbiviosicuro · 6 months
Text
a volte ci sono questi momenti di bellezza staordinaria, come oggi: C., anni 4, mi chiede di leggerle un libricino mentre siamo al parco. è in tedesco ma ci provo, seppur capendo poco e probabilmente sbagliando tutte le intonazioni delle frasi. e leggo e lei mi ascolta, e arrivano altri bambini. e a volte mi interrompo e chiedo loro il significato delle parole, perchè sì, anche gli adulti chiedono ai bambini, e a maggior ragione quando loro hanno due lingue madri e tu impari da loro forse più di quello che loro raccolgono da te. imparo autenticamente mentre una quattrenne mima per me per farmi capire che Gießkanne vuol dire innaffiatoio. a volte sbaglio o pronuncio strano e a V. viene da ridere. e tutti ridono e io con loro, e gli faccio il solletico sul collo mentre inizia a piovere piano. ho 5 bambini attorno che ridono del mio tedesco, o forse ridono del fatto che anche questi adulti che si danno tante arie di competenza siano poi così buffi, di tanto in tanto, mentre fanno le cose; che anche loro devono imparare e sbagliare (ed è bello riderne e farsi il solletico facendo finta di arrabbiarsi). arriva il sesto bambino, io continuo a leggere, e piano piano le risate si diradano e tutti ascoltano. sento una manina sulla mia spalla mentre la storia finisce. L, dimmelo tu, ma si capiva la storia, si capiva anche con questo mio tedesco che non so bene cosa vi sto leggendo? si capiva.
13 notes · View notes
elorenz · 4 months
Text
Anche se non c'erano mezzi, anche se nell'adolescenza ero ignorante e formulavo frasi e concetti sgrammaticati sentivo comunque la necessità di scrivere. Già allora questo sfogo mi ripuliva la mente d'ogni dubbio o perplessità su ciò che vivevo ed osservavo. Ma mi mancava la cultura per poterne capire pienamente il potenziale.
Un giorno, molti anni fa, un mio amico mi passò un romanzo. Era Siddartha di Hesse.
Quello fu il primo romanzo che mi portò a questo tipo di sfogo, da lì ci fu una concatenazione di romanzi classici che indirizzarono la mia mente e la mia mano verso strutture più corrette e complesse. Divorando i libri riuscivo ad assimilare le strutture delle storie, i concetti delle frasi, scoprivo con meraviglia la bellezza della nostra lingua e la diversità di scrittura che si spostava tra le epoche. Potevo sentire vicina una storia, un personaggio oppure la morale di una conclusione.
La scrittura spalancò i cancelli della fantasia e davanti ai miei occhi si aprí uno spazio infinito di possibilità. Così ho cominciato a scrivere racconti, ad imprimere sulla carta frustrazioni, amori e sentimenti. Ripulire la mente attraverso la scrittura è diventata col tempo una dipendenza, un qualcosa di cui non potrei fare a meno.
5 notes · View notes
intotheclash · 1 year
Text
La coppia era seduta ad un tavolo in disparte, nello spazio esterno di quel minuscolo ristorante. La cornice era da mozzare il fiato. Antichi palazzi signorili incastonavano quella piazzetta di Trastevere, facendola risplendere senza arroganza, come un diamante grezzo non ancora tagliato. A prima vista, i due, avrebbero potuto essere scambiati per una coppia felice in luna di miele, o, quanto meno, per due furtivi amanti in vena di sfidare la gabbia dell'anonimato. Ma un attento osservatore avrebbe sicuramente colto il procedere incerto di chi veleggia su una rotta sconosciuta. Mangiavano poco o niente, parlavano molto. In verità era soprattutto lui a parlare. Troppo e con troppa enfasi. Come un attore consumato che, dopo aver ripetuto la parte un'infinità di volte e limato ogni sbavatura, va in scena la sera della prima convinto di ammaliare e catturare il suo pubblico. Si sentiva in forma, bello ed irresistibile. E bello ed in forma lo era pure, ma di una bellezza stereotipata, da rotocalco rosa. Indossava un impeccabile vestito firmato, grigio scuro, abbronzatura perfetta, denti sfavillanti; proprio non vedeva alcun motivo che potesse impedirgli di fare colpo.
Il problema era che le donne, una parte delle donne, almeno quella, lo vedeva benissimo. Fin troppo evidente. Lo sapeva ancor prima di accettare l'invito a pranzo. Lo sapeva, ma aveva tentato lo stesso. Voltando deliberatamente le spalle all'evidenza. Aveva paura della solitudine e aveva accettato.
Durante il pasto non aveva quasi aperto bocca, tranne che per poche frasi di cortesia e per assaggiare quel cibo, tanto ricercato quanto insipido. Non per mancanza di sale, ma di passione. Era bello, questo sapeva vederlo, ma quella bellezza che arrivava agli occhi era poi incapace di raggiungere la bocca dello stomaco. Niente da fare, la linea doveva essere interrotta. Come se non bastasse, aveva assunto l'atteggiamento del professionista della conquista, era evidente che si sentisse tale. Lei posò la forchetta sul piatto, sbuffò contrariata, si coprì gli occhi con una mano e chiese:“Di che colore sono i miei occhi?”
L'uomo fu colto alla sprovvista. Colpito ed affondato. Non era in grado di rispondere, così cercò, in maniera maldestra, di prendere tempo.
“Come dici Andrea?” Andrea era la donna.
“Ti ho chiesto: di che colore sono i miei occhi? Non è troppo difficile. Puoi farcela anche tu! Non si vince nulla, è tanto per giocare.”
“Che razza di domanda è? Dove vorresti arrivare? Non capisco!” Aveva capito bene invece. Non era stupido. Non fino a quel punto, almeno.
“Lascia perdere, non importa. Chissà cosa succede se ti sforzi troppo. Ti faccio la domanda di riserva: quanti giorni sono che ci frequentiamo?”
L'uomo era in difficoltà. Sentiva il sudore iniziare ad imperlargli la fronte. E non era per il caldo. La situazione stava sfuggendogli di mano. E non riusciva neanche a trovare il tasto reset.
“Quattordici!” Quasi urlò. Cazzo, questa era facile!
“Bravo Umberto! Una l'hai presa! Quattordici giorni e non hai trovato un secondo di tempo per guardarmi negli occhi?”
“Non è vero! Nel modo più assoluto! I tuoi occhi sono bellissimi!” Rispose, ma con uno slancio eccessivo e un tono a metà strada tra l'offeso ed il piagnucoloso che la donna trovò infantile e disgustoso.
“Scommetto tutto quello che ho, anche se non è molto, che se ti chiedessi come sono le mie tette, che taglia porto di reggiseno e di che colore è, non esiteresti un istante a rispondere. Ti giocheresti pure il jolly. O sbaglio?”
Certo che non sbagliava! Aveva delle tette meravigliose. Che sfidavano sfrontatamente la legge di gravità. Sulla taglia del reggiseno, nutriva qualche perplessità. Se la giocavano alla pari la terza e la quarta. Non ne era sicuro. Il colore era facile, visto che ne sporgeva un pezzetto. Turchese. Probabilmente coordinato con le mutandine, che, ormai ne era sicuro, non avrebbe mai visto.
“Il tuo silenzio conferma che ho ragione. Eppure ancora avresti potuto salvare la faccia. Sarebbe bastato ammetterlo. Dirmi: è vero, non ho fatto altro che ammirare le tue tette! Non ci sarebbe stato niente di male. Anche se tu ti sei lasciato prendere un po’ troppo la mano. D'altra parte a me non dispiace mostrarle. E fino a quando riusciranno a tenersi su da sole, continuerò a farlo. Anche in questo non c'è nulla di male. Solo una sana dose di civetteria. Ma, a rischio di sembrare banale, ti informo che c'è dell'altro.”
“Eccome se c'è dell'altro!” Pensò l'uomo. E l'espressione trasognata e vagamente ebete lo tradì di nuovo.
Difatti non sfuggì alla donna. Evidentemente, oltre ad essere decisamente bella, doveva avere un cervello niente male. Non roba che si possa trovare ad ogni angolo di strada.
“Ascolta, Umberto,” Era giunto il momento della disillusione, “Facciamola finita. Ho paura che, da adesso in avanti, tutto ciò che potresti dire, non farebbe che aggravare ulteriormente la situazione. Peccato, avrebbe potuto essere diverso. Ma non tra noi due. Questa è la mia parte, stammi bene e addio.” Concluse sorridendo e lasciando trenta euro sul tavolo. Prese la sua borsetta, fece un mezzo giro sui tacchi e sparì per sempre dalla vista dell'uomo, accompagnata dallo sguardo di tutti i presenti. O, almeno, di quelli appartenenti al genere maschile.
9 notes · View notes
necarnenepesce · 1 year
Text
I PARGOLETTI
Avete la più pallida idea di cosa significhi sentirsi dire
"E QUANDO LO FAI UN FIGLIO?"
La domanda arriva sotto forme differenti, da persone ben specifiche ma hanno tutte lo stesso significato, "il vuoto cosmico".
Tumblr media
Si perché, sono arrivata a pensare che questa domanda non nasca dall'esigenza di conoscere la risposta ma perché chi la pone non sa cosa cazzo dire.
Solitamente sono persone che da poco hanno avuto figli, allora gli argomenti, le giornata, i momenti della loro vita vertono solo ed esclusivamente su questo, ergo ti devono frantumare i maroni perché non hanno alternativa.
Ma avessero una bella cera!!! Emanassero un'aura di felicità... Nulla di tutto ciò!
Sembrano che abbiano appena commesso il guaio più grande della loro vita e per sentirsi meno soli vogliono che qualcun altro si accodi al destino infausto.
Mi spiego meglio, se ipoteticamente tornassi dal più bel viaggio della mia vita, il mio volto sarebbe bello luminoso, la mia bocca avrebbe le rughe talmente dalla tensione dovuta dal sorriso perenne, i miei discorsi verterebbero sulla bellezza di questa avventura, i particolari farebbero venire l'acquolina in bocca a chi ascolta...
BEH QUASI HAI RAGIONE MI STUZZICA L'IDEA DI UN VIAGGETTO, RACCONTAMI!!!
Ecco con loro questo non capita mia, le frasi sono apocalittiche:
EHH ADESSO CHE HO UN FIGLIO NON POSSO Più DIVERTIRMI, USCIRE, FARE UN VIAGGIO ECC...
I SOLDI SONO POCHI...
VOI POTETE NOI NON Più.
Sono sicurissima che la vita cambi ma non necessariamente uno deve chiudersi in casa e morire alle dipendenze di un figlio.
Magari cambia il modo di fare tutte queste cose, ma non di certo le vieta.
Quando ci capita di fare qualche viaggetto sono sempre tanto affascinata da quei turisti sandaletti ai piedi e ciurme di bambini piccolissimi al seguito.
Quelli partono da un paese lontanissimo con figli e noi ci facciamo il problema di non poter fare un sabato fuori in famiglia che non sia un centro commerciale.
Quindi mentite sapendo di mentire, quando mi dite
E VOI QUANDO LO FATE UN PARGOLETTO?
non faccio figli per lo stesso motivo che mi tiene lontano dal matrimonio
STO BENE Così
non mi serve aggiungere qualcosa, per sentirmi felice e soddisfatta, lo sono già, voglio solo affinare quello che ho!
Poi se un giorno lo vorrò, ci sono moltissime opzioni oppure mi attaccherò al Bip, visto che questo governo sembra intenzionato ad abolire ogni opzione vigente e non.
TRANQUILLI VOI CHE NON AVETE FIGLI PER SCELTA NON SIETE SOLI, NON SIAMO SOLI E NON SIAMO SBAGLIATI.
SIAMO SOLO PERSONE CHE HANNO COMPIUTO SCELTE DIVERSE DAGLI ALTRI.
NO PARGOLETTI SI PARTY!!!
Tumblr media
5 notes · View notes
chez-mimich · 1 year
Text
ROMEO E GIULIETTA
È tradizione ormai inveterata che tutti i registi teatrali, a cominciare dai più grandi, quando devono cimentarsi con un testo classico del teatro, cerchino nelle loro messe in scena di darne una versione “attualizzata”, cerchino insomma di ambientare l’azione nella contemporaneità. Sono pochi i registi che hanno resistito a questa tentazione. Così anche Mario Martone, uno dei più celebrati registi italiani (non solo teatrale, s’intende), ha ceduto al richiamo del “hic et nunc”, nella sua prima regia per il Piccolo Teatro di Milano, dove ha portato in scena “Romeo e Giulietta” di William Shakespeare, scritta presumibilmente tra il 1594 e il 1597. L’operazione, come è facilmente immaginabile comporta dei rischi notevolissimi: opere tanto perfette, fatte di equilibri delicati, orditi e trame calibratissime e veicolatrici di messaggi profondi, di morali solenni o di dubbi amletici, se non maneggiate con cura possono trasformarsi in patetiche boiate o ridicole rappresentazioni. Credo si possa dire che Mario Martone abbia superato più che brillantemente la prova che si presentava piuttosto ardua. L’apertura del sipario con il disvelamento della scena, ha subito fatto ben sperare: un colossale intreccio di rami di un gigantesco albero (o forse l’intersecarsi di più alberi), popolato dai protagonisti del dramma shakesperiano, con una carcassa d’auto e altre tipologie di rifiuti urbani, introducono Montecchi e Capuleti, molto più simili a due gang giovanili che non alle due storiche famiglie veronesi. Il rischio era elevato, non v’è dubbio, ma fin dai primi dialoghi, la bellezza del testo (voglio solo ricordare le funamboliche parole di uno strepitoso Mercuzio, (interpretato da Alessandro Bay Rossi), sembra valorizzata da questa ambientazione che, se da un lato propone una bucolica visione naturale, dall’altro sottolinea la crudezza della cultura urbana nella durezza delle dialettiche famigliari, tematica ben presente nel testo di Shakespeare, come sottolinea lo stesso Martone. Anche l’adattamento dell’opera originale, con ampi inserti di frasi e gesti idiomatici della nostra contemporaneità utilizzati da Chiara Lagani, non solo quindi semplice traduttrice, rende il testo agibile al presente. Se sulla trama è inutile indugiare, trattandosi di un capolavoro della letteratura e del teatro, è certamente utile interrogarsi sulla sontuosa scenografia di Margherita Palli. L’imponente albero, che deve molto alle “macchine ronconiane”, quasi un bosco in sospensione, permette agli attori di muoversi ed agire sui giganteschi rami utilizzati come spazi e camminamenti, mettendo quindi la “natura” del sentimento in luogo della “cultura” della città, quella Verona che fa da sfondo alla vicenda dei due giovani innamorati. Un po’ una contraddizione se vogliamo, anche in considerazione del fatto che gli scontri tra i componenti delle due famiglie sono di natura prettamente urbana. Trenta gli attori, quasi tutti giovani o giovanissimi sulla scena, un formicaio brulicante dove su tutti, non potevano che brillare i due eccezionali protagonisti Romeo (Francesco Gheghi) e Giulietta (Anita Serafini, 15 anni). Una recitazione intensa e mai forzata, un mondo d’amore disperato, ma sempre protetto dall’ostile mondo circostante. Allo Streheler di Milano fino al 6 aprile, disponibile per chi non si voglia perdere un “quasi-capolavoro”.
Tumblr media
5 notes · View notes
ninoelesirene · 2 years
Text
La psicoterapia insegna una bellissima forma di umiltà: imparare a tenere a freno l‘arroganza dell’interpretazione, la necessità di dare il proprio senso anche a ciò che non ci riguarda direttamente e sul quale non abbiamo potere. Le relazioni sono questioni di spazio. Non è sempre uno spazio che ci piace nel suo intero, ma certamente funziona meglio se sconfiniamo nella parte di esso che non ci appartiene solo quando invitati.
382 notes · View notes
lamilanomagazine · 4 months
Text
Milano, arte pubblica, inaugurato "Respect San Siro", il murale sulla sede dei Servizi Sociali
Tumblr media
Milano, arte pubblica, inaugurato "Respect San Siro", il murale sulla sede dei Servizi Sociali A San Siro arriva un nuovo murale sulla palazzina comunale di piazzale Segesta 11 che ospita i Servizi sociali, i Servizi di Custodia sociale e che in futuro potrà ospitare nuove attività per il territorio. Il progetto artistico si inserisce nel percorso di arte pubblica promosso dall'Ufficio Arte negli Spazi Pubblici del Comune di Milano ed è sviluppato in coprogettazione con Codici, Fondazione Terzoluogo, Telaio delle Arti e Bambini Bicocca. L'opera, dal titolo "Respect San Siro", realizzata dagli artisti spagnoli del collettivo Boa Mistura, è frutto di un percorso partecipato promosso con alcune classi della scuola secondaria di primo grado G. Negri e dell'istituto superiore Galilei-Luxemburg. "Questo progetto – dichiarano gli assessori Lamberto Bertolé (Welfare e Salute) e Tommaso Sacchi (Cultura) – è portatore di grande valore non solo per la qualità artistica del murale inaugurato oggi, ma anche e soprattutto per il percorso di coprogettazione e coinvolgimento del quartiere e dei suoi residenti più giovani che ha portato a questo risultato. Da tempo San Siro è al centro di un lavoro coordinato che vede la collaborazione di tutte le istituzioni e di tutte le realtà che operano sul territorio per mettere in campo interventi sinergici che favoriscano una maggiore coesione sociale, valorizzino le connessioni e, attraverso una ricomposizione dell'offerta pubblica e privata, creino risposte più adeguate alle esigenze di cittadini e cittadine. Un percorso che passa necessariamente anche dal costruire bellezza attraverso l'arte pubblica, rigorosamente in dialogo con il quartiere". Nel grande murale la scritta "San Siro" si sdoppia e si confonde, così come molte sono le identità e i desideri che attraversano il quartiere. Una frase composta attraverso la rilettura dei copiosissimi testi prodotti dagli studenti e dalle studentesse del quartiere esplicita il senso di appartenenza territoriale per i più giovani: "Il quartiere è passione, legami, spine. È case, paura del vuoto, altezza e vertigini". Nella giornata di inaugurazione è stata esposta anche una prima presentazione dei lavori di poster art, esito dei percorsi laboratoriali svolti presso la scuola primaria G.L. Radice di via Paravia e durante i doposcuola con alunni provenienti da diversi istituti del Municipio 7. I bambini e le bambine sono stati accompagnati a riflettere sulla città che vorrebbero, sui sogni e sui desideri per il loro futuro. Le loro frasi e i loro disegni sono stati poi trasformati in poster art da Gianluca Cannizzo di Laboratorio Zanzara e saranno affissi nei prossimi in vari spazi del quartiere.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
0 notes
francyfan-bukowsky · 5 months
Text
La poetica di Bukowski
Approcciarsi alla sua letteratura non è semplice,o quanto meno non è quello che ci si aspetta avendo in mente la cognizione classica di poesia: qui ci troviamo di fronte ad un linguaggio vivo, crudo, a volte anche volutamente volgare. E attraverso questo stile del tutto inconsueto Bukowski racconta verità sacrosante, celebra l'autenticità, l'originalità dei sentimenti, esalta la bellezza pura, non fatta di artifici.
La sua intera opera letteraria nasce sicuramente da un percorso di vita doloroso, a volte vissuto ai limiti e ai margini della società, tra quelli che spesso vengono definiti ultimi. In Bukowski poesia e vita coincidono: le sue parole raccontano con uno stile asciutto e senza divagazioni stilistiche, le sofferenze quotidiane, guardano con occhi disincantati la società contemporanea, celebrano i sentimenti autentici.
Siamo di fronte ad un personaggio controverso e particolare, che ha raccontato ciò che la poesia mai aveva osato fare. Il suo sguardo si posa sul degrado, sulle vite vissute all'insegna della sregolatezza, ma anche, teneramente, sull'amore, sull'amicizia e sulla nostalgia.
Essendo diventato un esponente di spicco della letteratura, amato da diverse generazioni, molte delle sue frasi e poesie vengono riportate frequentemente. Stupisce come, a distanza di ormai quasi trent'anni dalla sua morte, le sue poesie e i suoi scritti siano un'analisi attuale del mondo che ci circonda.
Tumblr media
Charles Buk🖤wski
0 notes