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Torino, lo sai qual'è la soluzione migliore per i vostri problemi domestici? Facile, siamo proprio noi, Servizi Urgenti Torino 24h!
Servizi 24 Ore su 24 a Torino. Nessuna Emergenza è Troppo Grande per Noi!
Torino, una città vivace nota per il suo stile di vita frenetico, non è estranea a situazioni di emergenza e urgenti che richiedono immediata attenzione. Che si tratti di un problema idraulico nel cuore della notte o di essere chiusi fuori dalla propria casa, avere accesso a servizi di emergenza affidabili ed efficienti è cruciale.
Ed è qui che entra in gioco Servizi Urgenti Torino 24h. In quanto affidabile fornitore di servizi di emergenza 24 ore su 24 a Torino, offrono una vasta gamma di assistenza urgente per garantire la sicurezza e il benessere dei residenti della città. In questo articolo, approfondiremo i vari servizi offerti da Servizi Urgenti Torino 24h, l'importanza della disponibilità 24 ore su 24 e il team dedicato di professionisti dietro alle loro operazioni.
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Servizi di Emergenza Idraulica ed Elettrica
Immagina di svegliarti nel cuore della notte con il bagno allagato o un black-out. Queste situazioni possono essere incredibilmente stressanti, ma Servizi Urgenti Torino 24h è qui per aiutarti. La nostra squadra di idraulici ed elettricisti esperti gestisce prontamente emergenze che vanno dalle tubature scoppiate ai sistemi elettrici difettosi, garantendo la sicurezza e il comfort della tua casa.
Idraulico
Montaggio scaldabagno
Installazione idrauliche
Riparazioni Idrauliche
Montaggio lavandino
Montaggio doccia
Sblochi Lavandino
Sblochi Vasca
Sblochi WC
Elettricista
Installazioni Elettriche
Manutenzione Elettrica
Certificazione Elettrica
Riparazioni Elettriche
Assistenza Elettriche
Cambia Salvavita
Corto Circuito
Impianto Elettrico
Servizi di Emergenza Fabbro e Spurgo
Essere chiusi fuori dalla propria casa o affrontare una violazione della sicurezza può essere inquietante. Con Servizi Urgenti Torino 24h, puoi mettere a riposo le tue preoccupazioni. I loro abili fabbri e spurghi professionisti sono disponibili 24 ore su 24 per affrontare prontamente qualsiasi situazione di blocco o problemi di drenaggio o una fognatura ostruita,offrendo tranquillità ed assicurando la tua sicurezza.
Fabbro
Manutenzione Serrande
Apertura Porte blindata
Apertura Porte normale
Riparazione Tapparella
Riparazione Serrande
Riparazione finestre
Apertura cassaforte
Cambio Serratura
Spurgo
Pulizia fosse biologiche
Pulizia Linea Fognaria
Disinfezione dei pozzi neri
Stasatura delle Linee
Video Ispezione su colonne e condutture
Pulizia delle fosse settiche
Pace Mentale per i Clienti
Sapere che l'aiuto è a una chiamata di distanza, a prescindere dall'ora, può portare una grande pace mentale ai clienti. Servizi Urgenti Torino 24h comprende l'importanza di questa rassicurazione, motivo per cui danno priorità alla disponibilità 24 ore su 24. Che sia nel cuore della notte o durante una festività, puoi fidarti che il loro team sarà lì per supportarti durante le emergenze.
L'Uso della Tecnologia di Comunicazione Avanzata
In situazioni urgenti, il tempo è essenziale. Ecco perché Servizi Urgenti Torino 24h è dedicato a fornire tempi di risposta rapidi ed efficienti. Come fanno? Beh, utilizzano tecnologie avanzate di comunicazione per garantire che il loro team sia sempre connesso e pronto a rispondere.
Dove Operiamo
Centro
Crocetta
Santa Rita
Mirafiori Nord
Borgo San Paolo
Cenisia
Pozzo Strada
Cit Turin
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Conclusione
Accettiamo tutti i metodi di pagamento per garantire la massima comodità. Vi invitiamo a visitare il nostro sito web all'indirizzo https://www.serviziurgentitorino.it/  per ulteriori dettagli sui nostri servizi e per conoscere meglio il nostro team. In caso di emergenza, non esitate a chiamarci al 800134967 e saremo felici di assistervi.
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alessandro54-plus · 10 months
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Problema all'impianto idraulico dell'Allianz: l'Inter corre a Milano per farsi la doccia
articolo: Juve-Inter, docce guaste: Lautaro& co si lavano a Milano | Gazzetta.it Un mancato funzionamento delle pompe dell’impianto della Juventus costringe i nerazzurri ad andare via subito in pullman Non bastava il freddo gelido di Torino: temperatura intorno ai 4 gradi. Per i giocatori anche un “freddo” dopo partita. Pare, infatti, che dopo il fischio finale dell’arbitro Guida, le docce…
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lamilanomagazine · 1 year
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Milano: all'Anteo Palazzo del cinema proiettato Pastrone! del regista Lorenzo de Nicola.
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Milano: all'Anteo Palazzo del cinema proiettato Pastrone! del regista Lorenzo de Nicola. “La nostra anima è un caleidoscopio idraulico. Ve lo provo con un esperimento”. Con queste parole, scandite dalla voce dell’attore Fabrizio Bentivoglio, si apre “Pastrone!”, il film scritto e diretto da Lorenzo De Nicola, un documentario sulla vita di Giovanni Pastrone, regista del cinema muto famoso per il colossal Cabiria. Un’inedita biografia del massimo esponente del cinema muto italiano e internazionale, e della sua seconda vita da medico autodidatta. Il film, prodotto da Clean Films e Lab80, torna nelle sale cinematografiche in occasione dell’uscita del libro “Giovanni Pastrone. Scrutando nel Fosco”, a cura di Silvio Alovisio e di Lorenzo De Nicola (Edizioni Kaplan). Il documentario torna a Milano per la presentazione del libro: appuntamento all’Anteo Palazzo del Cinema (piazza Venticinque Aprile, 8) lunedì 5 giugno, alle ore 19.30. Il film sarà preceduto dal firmacopie del libro, alla presenza del regista (dalle 19). Il ritrovamento di un manoscritto autobiografico spinge un ricercatore a mettersi sulle tracce del regista. Viene così a galla un’inedita versione dei fatti: abbandonata la cinepresa, Pastrone si trasforma in un medico autodidatta, dedicando il resto della vita all’ancestrale lotta dell’uomo contro la morte, ottenendo risultati sorprendenti. Il documentario è la riscoperta di un emblematico esponente del ‘900, all’inseguimento di un sogno, trasformato in una vera e propria ossessione. È la sbalorditiva storia del suo unico e più grande insuccesso. «Dopo anni di studi ero alla ricerca di un elemento chiave che unisse le fasi della vita di Giovanni Pastrone: infanzia/adolescenza, cinema e medicina», afferma il regista Lorenzo De Nicola, che ha iniziato la sua ricerca su Pastrone con una tesi universitaria nel 2001, oggi biografo ufficiale del famoso regista. «Tre elementi monolitici che non trovavano un punto di contatto. Tassello fondamentale è stato il ritrovamento del manoscritto Virus et homo che ha fornito tutta una serie di indizi finora sconosciuti. Si sono così aperte nuove strade da percorrere e soprattutto si è presentata un’inedita chiave di lettura su uno dei registi piu misteriosi del cinema muto italiano». Nato ad Asti nel 1882, Pastrone si trasferisce a Torino non appena terminati gli studi. Nel vibrante capoluogo piemontese il giovane Pastrone dà sfogo alla sua prima passione, il violino. Poi incontra il cinema, quasi per caso. Viene assunto come contabile all’Itala Film e pochi mesi dopo ne diventa direttore generale. Nelle sue mani il cinema diventa un “giocattolo scientifico” mescolando l’intrattenimento con le scienze applicate (è da sempre appassionato all’elettro meccanica). Da subito inanella una serie di grandi successi fino al trionfo di Cabiria (1914), per cui si avvale della collaborazione di D’Annuzio e con il quale piega anche la critica più reticente a considerare i film come prodotto artistico. Poco dopo scoppia la Prima guerra mondiale, il cinema italiano tracolla: l’industria cinematografica sposta il suo epicentro a Roma e Pastrone decide di abbandonare. “Non si esce da una vita nel cinema indenni, il cinema cambia per sempre” dice il critico cinematografico Paolo Cechi Usai durante la sua intervista. Pastrone è cambiato per sempre, ma nulla lo cambierà come la nuova “avventura”, quella medica, che Lorenzo De Nicola ricostruisce riordinando l’archivio personale del nipote del regista e scatenando un effetto domino che porta alla scoperta di incredibili materiali inediti. Da scatole e valige polverose spuntano carteggi preziosi, brevetti di flussi elettrici, decine di soggetti inediti di film realizzati o mai realizzati e altri indizi che portano al ritrovamento - in una cascina di campagna - del pezzo più emozionante di tutta questa ricerca: la macchina guaritrice. Oggetto mitico, ritenuto distrutto dal regista stesso poco prima della sua morte, l’invenzione a cui dedicò in sostanza tutta la sua vita, con la quale curò gratuitamente decine e decine di malati, ma non riuscì mai a far conoscere al mondo. Il documentario è la testimonianza di tutto questo. Una storia necessaria che finalmente, a oltre sessant'anni dalla sua scomparsa (muore nel 1959 a Torino), riconsegna al pubblico del nuovo millennio la figura di Pastrone nella sua interezza. La voce di Giovanni Pastrone, nella lettura del suo manoscritto originale, è di Fabrizio Bentivoglio, attore milanese, regista e sceneggiatore italiano dalla lunga carriera teatrale e televisiva. Le musiche originali del film sono a cura di Davide Tomat e Federico Bisozzi, nomi dell’etichetta berlinese K7.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Ristrutturazione Bagno Torino
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interventourgente · 6 years
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Come risolvere i problemi della doccia che perde a Torino
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Idraulico Torino
Uno dei grandi vantaggi di vivere in uno dei cinque quartieri è la presenza di molti siti storici che sono facilmente accessibili in un momento. Sfortunatamente, alcuni di noi hanno a che fare con problemi idraulici che sorgono a causa dell’uso di impianti idraulici storici di Torino che non funziona più correttamente. Una delle domande più frequenti che riceviamo qui su Idraulico Torino riguarda come risolvere i componenti della doccia che perdono... Continua Leggere ...
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La ditta Pronto Intervento Idraulico Torino si occupa di effettuare ogni tipo di riparazione, in particolare di eliminare le ostruzioni degli scarichi, e lo fa senza utilizzare alcun tipo di agente chimico così da evitare di danneggiare l’ambiente oppure compromettere la salute delle persone.
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Pronto Intervento Idraulico Torino -Pronto Intervento Idraulico Torino:offriamo intervento idraulico torino 24 ore per chi richiede un idraulico a domicilio
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Pronto Intervento Idraulico Torino - Tecnici Professionisti Vicino a Te
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Come operano i nostri professionisti?
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allmadamevrath-blog · 6 years
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Sette sataniche. Satanismo e culti religiosi. Casistica internazionale: uccidere "in nome del diavolo". Selezione di casi avvenuti in Italia. Un caso di satanismo "acido": le Bestie di Satana
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Sette sataniche
Satanismo e culti religiosi
Casistica internazionale: uccidere "in nome del diavolo"
Selezione di casi avvenuti in Italia
Un caso di satanismo "acido": le Bestie di Satana
L'identificazione del gruppo Bestie di Satana è avvenuta, a seguito di due tragici fatti: l'omicidio di Mariangela Pezzotta, 27 anni, di Somma Lombardo, uccise nella notte tra il 23 e il 24 gennaio 2004 a Golasecca, nel Varesotto, dal suo ex fidanzato Andrea Volpe con la complicità di Elisabetta Ballarin, e il disseppellimento, in un bosco tra Somma Lombardo e l'aeroporto di Malpensa, di due cadaveri: i corpi di due giovani fidanzati misteriosamente scomparsi la notte del 17 gennaio 1998: Fabio Tollis, 16 anni, originario di Cologno Monzese, e Chiara Marino, 19 anni, di Corsico, entrambi amici del sunnominato Andrea Volpe. La notizia del ritrovamento dei due cadaveri apparve sui giornali il 5 giugno 2004. Il giorno seguente, 6 giugno 2004, le cronache riferivano che i due corpi ritrovati erano quelli di Fabio Tollis e Chiara Marino: l'idenntificazione dei resti dei due giovani, ormai ridotti a scheletri, fu possibile grazie ai documenti e ai vestiti che le vittime indossavano quando, la notte del 17 gennaio, uscirono dal pub milanese Midnight con un gruppo di amici. Le cronache parlano di sacrifici umani perpetrati dalle Bestie di Satana, anche se, le dinamiche omicidiarie poste in essere dagli assassini farebbero pensare ad altre motivazioni. Il 6 giugno 2004 viene reso noto l'arresto, per i suddetti delitti, di Andrea Volpe, Nicola Sapone, Pietro Guerrieri e Mario Maccione, quest'ultimo minorenne all'epoca dei fatti. Il 28 luglio 2004, a seguito di approfondite indagini e la collaborazione di due "pentiti", Andrea Volpe e il minorenne Massimino M, vengono arrestati Eros Monterosso, 27 anni, di Sesto S. Giovanni, Marco Zampollo, 26 anni di Brugherio, Paolo Leoni, di Corsico, soprannominato "Ozzy".   Il gruppo Bestie di Satana aveva il suo epicentro a Varese ed era composto da tre livelli concentrici: 1) il nucleo, il livello centrale composto da una dozzina di soggetti, principalmente ragazzi di provincia con pochi soldi in tasca, ma disposti a uccidere senza farsi tanti problemi; 2) la protezione, il livello intermedio formato da 6-7 persone che proteggevano il nucleo ed erano a conoscenza delle attività criminali praticate nei boschi di Somma Lombardo; 3) i fiancheggiatori, il livello più esterno costituito da una cerchia di persone che entravano occasionalmente in contatto con il gruppo criminale, rimanendo, all'oscuro delle azioni connesse ai sacrifici umani. L'ispiratore del gruppo sarebbe una persona adulta che vive a Torino. Senza il ritrovamento dei cadaveri nel Varesotto, probabilmente il nome e l'attività della setta sarebbe rimasta sempre nascosta; <<chi sbaglia, paga con la propria vita>> e <<chi entra nel gruppo può uscirne solo con i piedi di fuori, orizzontale>> erano i fondamentali princìpi regolatori dei rapporti all'interno del gruppo. Il terreno di caccia prediletto nel quale muoversi per cercare di reclutare nuovi membri era abbastanza variegato e partiva dalla zona di corso Sempione a Milano per estendersi attraverso l'hinterland del capoluogo e altre parti della Lombardia. La prima fase del reclutamento veniva chiamato "setaccio" o "cribbio" perché doveva "trattenere" i potenziali seguaci che, erano individuati nei locali in cui si svolgevano i concerti rock tenuti da una piccola band e dove, si faceva largo uso di bevande alcoliche e droghe. I reclutatori, a volte il capo stesso del gruppo, si aggiravano nel locale, e, osservavano attentamente il pubblico per cercare di individuare le persone più adatte. A questa prima fase ne seguiva sempre una seconda, il "secondo setaccio" venivano contattati i soggetti preselezionati e invitati ad alcuni incontri in cui erano loro offerti degli stupefacenti. Se i movimenti dei soggetti venivano ritenuti soddisfacenti e non destavano sospetti, si entrava nella terza fase, "l'ingresso", incentrata sull'ammissione effettiva nel gruppo che comportava l'attribuzione di un nuovo "nome satanico" e un rituale di iniziazione che comprendeva l'usanza di bere il sangue degli altri membri. Il gruppo Bestie di Satana, avrebbe avuto una struttura regionale, ma, dalle prime investigazioni, emergerebbe la possibilità che il gruppo fosse collegato con altri gruppi nazionali attraverso la figura degli "ispettori", dei personaggi aventi il compito di mantenere i contatti con le altre sette. Quella di Milano e del suo hinterland potrebbe essere solo una cellula di un'organizzazione diffusa a livello nazionale, con un capo adulto in ogni regione che controlla psicologicamente un gruppo di adolescenti utilizzando droghe, alcool e psicofarmaci. Il capo "l'Anticristo", ha ilncoompito di indicare modalità e luoghi del sacrificio o della messa nera, durante il quale vengono sempre consumati dei rapporti sessuali con una ragazza che funge da "schiava sessuale", sia essa più o meno consenziente. Per i finanziamenti, i gruppo lombardo non sembra che abbia mai potuto godere di particolari entrate economiche, tutti i riti venivano celebrati nei boschi in maniera abbastanza semplice. Il gruppo Bestie di Saatana amava il rock satanico, le droghe e i rituali esoterici e i membri si ispiravano alla musica heavy metal, a testi mistici trovati su Internet e gli scritti horror composti da H.P. Lovecraft. Il gruppo metal-rock preferito dagli appartenenti alle Bestie di Satana era quello degli Slayer, il CD più ascoltato era Hell awaits uscito sul mercato nel 1985. In quell'anno, l'album, realizzato dalla casa discografica americana Teschio Insanguinato, ha venduto 100.000 copie e i testi delle canzoni sembrano prefigurare gli scenari degli omicidi compiuti dalle Bestie di Satana: <<Suicidio obbligatorio>>, <<Richard si impicca>>, <<Uccidi ancora>>. Diversi testimoni hanno raccontato che Volpe, Sapone e altri membri della setta andavano in giro in macchina ascoltando a tutto volume le canzoni degli Slayer e addirittura alcuni di essi si erano fatti tatuare sulla schiena l'immagine della copertina del disco, insieme a figure di diavoli e pentacoli. Andrea Volpe sarebbe stato il primo a parlare e a raccontare le attività del gruppo. Secondo la vua versione, Chiara Marino è stata uccisa <<perché somigliava troppo alla Madonna>> e quindi fu scelta come <<vittima sacrificale>> da offrire alla Bestia durante un rito satanico il 17 gennaio 1998, notte di luna piena, da compiere nei boschi di Somma Lombardo. Volpe suona la chitarra, è un eroinomane, ma è anche una figura carismatica molto abile nelle procedure di reclutamento di adolescenti. Andava in giro sempre vestito di nero e portava i capelli lunghi, cercando di assomigliare il più possibile a uno dei suoi idoli, Marilyn Manson, e aveva riempito la sua macchina di adesivi e scritte che inneggiavano al satanismo: la polizia ha trovato appiccicati sui vetri della sua vettura degli adesivi con il 666, il numero satanico per eccellenza, e altri con la faccia del diavolo sopra. Racconta che il novilunio, o il plenilunio, insieme alla posizione  di altri pianeti e stelle, risentivano una speciale importanza per la celebrazione di messe nere e dei "sacrifici", così come la scelta dei luoghi veniva fatta seguendo le indicazioni di libri e tradizioni occultiste di varie epoche a cui il gruppo faceva riferimento. Gli omicidi "sacrificali" sarebbero stati commissionati da un livello più alto e più segreto dell'organizzazione che agirebbe da Torino e da altre località piemontesi. Questo potente gruppo torinese si chiamarebbe Setta degli X, esisterebbe da molti anni e non sarebbe mai stata oggetto di indagine perché i suoi capi sarebbero persone influenti e di buona posizione economica e sociale. Nicola Sapone sarebbe il leaser formale della setta, idraulico di Busto Arsizio che, suona la chitarra ed è appassionato di musica heavy metal e viene considerato dagli investigatori l'elemento di contatto con un presunto gruppo superiore di adulti istruttori. Pietro Guerrieri, ragioniere ha problemi psichici ed è un consumatore abituale di cocaina. Nel 1999 finisce all'ospedale San Gerardo, e gli viene fatta una diagnosi di <<psicosi acuta esogena e disturbo della personalità>>. In quell'anno, Guerrieri scrive anche una specie di lettera-testamento indirzzata al padre: <<Io sono un tossico e un pezzo di merdaper molta gente a Brugherio. Ma ho paaura. I satanici e i mafiosi mi uccideranno. Il mio desiderio più folle era essere tatuato sulla schiena, le braccia e la faccia ma la mia famiglia non vuole e per questa mia mania hanno avuto inizio tutti i miei guai>>. Mario Maccione all'epoca del duplice delitto del 1998, era minorenne ed è l soggetto più influenzabile del gruppo.
Io ero un pò il medium del nostro gruppo. Non mi interessava tanto il satanismo, però. Invece mi piacevano molto quella musica, l'hard metal e lo spiritismo. E durante i riti andavo in trance. Mi entrava dentro lo spirito di uno scrittore francese; uno spiritista, che poi ci diceva cosa fare.
Maccione racconta anche la dinamica del duplice omicidio del 1998 di Fabio Tollis e Chiara Marino. Nel bosco:
e lì vidi la fossa, già pronta. Non ne sapevo nulla. Volpe e Chiara avevano due pile, le agitarono radicalmente mostrandomi le pareti e il fondo. Chiara mi accoltellò al polso, la spinsi. Volpe aaveva preso Fabio da dietro, gli aveva passato il braccio intorno al collo, e con l'altra mano lo pugnalava al petto. Mi gridò: <<Prendi il martello, prendi il martello!>> Corsi alla macchina, c'erano tanti sassi per strada. Presi il mazzuolo e colpii Fabio due volte: una alla fronte, e una alla nuca. Poi riempimmo la fossa. Raccogliemmo tutte le foglie insanguinate che c'erano intorno, e le bruciammo insieme con i guanti di lattice.
Paolo Leoni, "Ozzy", dal nome del cantante metal Ozzy Osbourne, frequentava gli stessi locali che erano punto di ritrovo per i membri della setta. Leoni ammette di conoscere Nicola Sapone, negando però decisamente di acvere mai avuto a che fre con la setta lombarda e, in particolare, con le loro attività criminali. Un filone delle investigazioni ha ipotizzato che le attività criminose delle Bestie di Satana siano iniziate con un omicidio commesso dal padre di Paolo Leoni nel 1985. L'ipotesi è che Corrado Maria Leoni abbia fatto parte di una setta attiva a Milano tra gli anni '80 e '90 dal xx secolo, della quale il gruppo delle Bestie di Satana sarebbe una diretta emanazione. L'organizzazione si è sciolta nel 1993, ma alcuni suoi adepti potrebbero aver "allevato" delle nuove reclute. Sia Paolo Leoni che la madre negano qualsiasi coinvolgimento in storie di satanismo. Al gruppo Bestie di Satana sono stati ascritti, in via più o meno ipotetica, altri delitti. Nel 1998, Stefano Longone, amico di Andrea Volpe, muore in uno strano incidente: mentre sta facendo una passeggiata mattutina, pedalandi sulla sua bicicletta, viene travolto da un TIR. Alla luce della scoperta dell'esistenza delle Bestie di Satana, si ipotizza la possibilità che Longone fosse stato ipnotizzato dai membri della setta. Nel 1999, tra i boschi situati fra Somma Lombardo e Malpensa, viene trovato impiccato a un traliccio dell'ENEL un ragazzo di 23 anni che si chiamava Andrea Ballarin. Secondo l'ipotesi avanzata dagli investigatori, Ballarin sarebbe stato "suicidato" perché sapeva troppo e poteva denunciare il gruppo; Volpe e Sapone lo avrebbero riempito di psicofarmaci e droghe e, quando la vittima ha perso i sensi, lo avrebbero impiccato. Nello stesso anno, un altro ragazzo, Andrea Bontade, muore in uno strano incidente stradale avvvenuto fra Somma Lombardo e Gallarate. Il ragazzo era agitato e preoccupato, conosceva Andrea Volpe ed è probabile che i membri della setta fossero convinti che anche lui, come Ballarin, volesse denunciarli. Bontade, fu sottoposto a forti pressioni psicologiche e, sotto l'effetto di LSD e altri allucinogeni, indotto "praticamente" a suicidarsi in quanto traditore del gruppo; Bontade, infatti, insieme a Nicola Sapone e Pietro Guerrieri, aveva scvato la fossa destinata ad accogliere i cadaveri di Fabio Tollis e Chiara Marino e doveva trovarsi sul luogo dell'esecuzione, cosa che invece non accadde. Tra la fine del 2003 e maggio 2004, a Legnano, almeno tre ragazzi sono morti in circostanze sospette: Luca Colombo, 21 anni, è stato trovato impiccato; il corpo di Antonio Lombardo, 28 anni, amico di Luca, è stato rinvenuto bruciato nel cimitero legnanese; stessa sorte è capitata ad Alberto S., originario di Dairago, vicino Legnano, il cui cadavere bruciato è stato ritrovato dentro la sua automobile. Gli investigatori, non escludono la possibilità di allargare il campo delle indagini e di raccogliere informazioni su persone scomparse nel nulla negli ultimi dieci anni nella zona tra Milno e il Varesotto, per verificare se conoscessero Volpe o gli altri indagati oppure se fossero entrati in contatto con il mondo dell'occultismo e delle sette sataniche. Il delitti ascritti al gruppo Bestie di Satana, non rientrano nella tipologia caratteristica degli omicidi commessi a scopo rituale e/o sacrificale: la Pezzotta fu uccisa a colpi di pistola e badilate; Fabio Tollis e Chiara Marino sono stati uccisi a coltellate e colpi di mazza; Ballarin è stato impiccato nell'intento di simulare un suicidio; Bontade, sottoposto a intensi stress facenti leva sui sensi di colpa e dietro somministrazione di sostanze allucinogene, è stato indotto al suicidio. Gli assassini, hanno ucciso - indotto al suicidio come forma di ricatto e/o di punizione allo scopo ddi ridurre all'asservimento i componenti del gruppo. I vari rituali a base di cocaina, LSD, incisioni sulle braccia e assunzioni di piccole quantità di sangue, celebrati in diverse occasioni dai membri del gruppo, sembrano aver avuto, assai verosimilmente, la funzione predominante di accrescere la coesione del gruppo e la sua chiusura verso il mondo esterno. L'inchiesta, si chiude con dieci richieste di rinvio a giudizio. L'udienza preliminare si è tenuta a Busto Arsizio il 13 gennaio 2005. Il giudice per le udienze preliminari (GUP) Maria Greca Zancu ha disposto che il prcesso alle Bestie di Satana in Corte d'Assise venisse aperto il 21 giugno 2005; il 21 febbraio, invece, si sono celebrati i riti abbreviati per i tre imputati che, in modo più o meno integrale, hanno confessato; Andrea Volpe, Pietro Guerrieri e Mario Maccione, che all'epoca dei fatti era minorenne. Guglielmo Gullotta, avvocato difensore di Eros Monterosso, aveva anche chiesto l'intervento di un esorcista del Servizio pastorale di esorcismo con sede presso il Vicariato di Roma in piazza San Giovanni in Laterano. L'avvocato Gullotta, aveva sostenuto la tesi dell'incapacità o semicapacità mentale del suo assistito a causa dei presunti effetti operati sulla mente dall'evocazione del diavolo nei riti satanici, dalla musica heavy-metal, dalla stessa atmosfera che avvolgeva interamente la setta. Tale richista, è stata da quest'ultimo respinta in quanto <<la possessione demoniaca, a tutto voler concedere in relazione all'azione del demonio, non ha diritto di cittadinanza nel nostro ordinamento processualpenalistico>>; inoltre, prosegue il magistrato, non è possibile neanche sostenere che <<gli appartenenti alla setta fossero "agiti" dal Maligno che proprio loro stessi invocavanom pertanto anche un'eventuale manifestazione positiva del Male non potrebbe escludere la capacità di chi volontariamente lo invocava e ne invocava l'ispirazione>>. La singolare richiesta del legale di Eros Monterosso ricorda un caso di omicidio avvenuto nel 1979 a Brookfield nel Connecticut (USA): Alan Bono, fu ucciso a coltellate, all'interno della sua casa, dal suo amico diciannovenne Arnie C. Johnoson. Il movente dell'omicidio sarebbe stato la gelosia, ma il Johnson ha motivato il suo tragico gesto con una versione assai inusuale: <<Da tempo ero diventato amico di un ragazzino dodicenne di Danbury, che mostrava tutti i sintomi della possessione diabolica. Il ragazzo, si contorceva e parlava lingue sconosciute, soffriva molto. Un giorno ho invocato il demonio: "Lascia stare questo baambino", gli ho detto "Entra in me se vuoi": Da quel momento non sono stato più padrone della mia volontà>>. Il Johnosn, non attribuiva la responsabilità del delitto a se stesso bensì a Satana, dal quale egli si sentiva posseduto. L'avvocato difensore del giovane omicida Martin Mennella, decise di sostenere ad oltranza l'incredibile tesi dell'imputato con l'interrogare uno per uno i giurati, per sondare le loro credenze religiose, e di ricusare tutti quelli che avessero sostenuto di non credere al demonio. L'esorcista Ed Warren e la moglie Lorraine, famosa veggente, furono interpellati dalla difesa come consulenti in questo singolare caso giudiziario che si risolse con la condanna dell'imputato per omicidio preterintenzionale. Il 22 febbraio 2005, il GIP di Busto Arsizio condanna Andrea Volpe a 30 anni di carcere e Pietro Guerrieri a 16 anni e 6 mesi. L'11 aprile 2005, il GUP del Tribunale per i minorenni di Milano ha condannato Mario Maccione a 19 anni di carcere e assolto per insufficienza di prove Massimiliano Magni. Il 23 febbraio 2006, la Corte d'Appello sezione Minori di Milano ha diminuito a 16 anni la condanna per Maccione e ha condannato a 9 Magni, che era stato assolto in primo grado: i giudici hanno accolto le richieste dell'accusa, che ha descritto Maccione e Magni come pienamente complici del gruppo delle Bestie. Utilizando la recente legge Pecorella approvata dal governo Berlusconi, Massimiliano Magni ha la possibiilità di presentare un ricorso per ottenere l'annullamento della sentenza di condanna dell'appello. Il 21 giugno 2005, a Busto Arsizio, è partito il processo a cinque membri della setta, gli ultimi delle Bestie di Satana, e il 31 gennaio 2006 i giudici hanno emesso la senteza dopo otto ore di camera di consiglio condannando tutti e cinque gli imputati. Nicola Sapone, considerato il leader della setta, è stato condannato all'ergastolo, con isolamento diurno per tre anni; Paolo Leoni "Ozzy" ritenuto la vera mente del gruppo, ha ricevuto 26 anni e la stessa condanna è stata inflitta a Marco Zampollo, considerato uno degli organizzatori dei delitti; Elisabetta Ballarin è stata condannata a 24 anni e 3 mesi per la partecipazione all'omicidio di Mariangela Pezzotta ed Eros Monterosso è stato condannato a 24 anni. L'accusa aveva chesto 26 anni per la ragazza e l'ergastolo per gli altri quattro. I giudici della Corte d'Appello di Milano hanno ridotto di dieci anni la pena per Andrea Volpe, il giovane accusato di tre omicidi maturati nell'ambito delle cosiddette Bestie di Satana.
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lamilanomagazine · 2 years
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Vicenza, ”Safer Now - Una Chiamata all'Azione per il clima”
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Vicenza, ”Safer Now - Una Chiamata all'Azione per il clima”. Il sindaco Francesco Rucco: «Vicenza pronta a diventare la Sentinella del Clima 2030 con la creazione di un tavolo di concertazione pubblico-privato per far fronte alle emergenze climatiche in atto». “Safer Now - Una Chiamata all'Azione per il clima che cambia" è l'evento online che si è tenuto ieri organizzato dalla società spin-off del Politecnico di Torino Waterview con il Comune e la Provincia di Vicenza a cui hanno partecipato il sindaco e presidente della Provincia Francesco Rucco con gli assessori con delega all'ambiente Simona Siotto e alle infrastrutture Mattia Ierardi. «Il tema dell'emergenza climatica è una realtà evidente che va affrontata con tutti i mezzi possibili. Contrastare il cambiamento climatico è una priorità – ha sottolineato il sindaco Rucco intervenuto all'incontro -. Il Green Deal Europeo è la tabella di marcia affinché l'Unione Europea diventi neutrale dal punto di vista climatico entro il 2050 ovvero fissando l'obiettivo ultimo di zero emissioni nette entro il 2050 e un obiettivo intermedio di riduzione delle emissioni del 55% entro il 2030.  Il CMCC, Centro Euro-Mediterraneo sui cambiamenti climatici parla molto chiaro: andiamo verso un innalzamento della temperatura media fino a 5°C in più al 2100 rispetto a inizio secolo e la probabilità del rischio da eventi estremi è aumentata in Italia del 9% negli ultimi vent'anni facendo sì che la nostra nazione rappresenti un'area fortemente soggetta a fenomeni di dissesto geologico, idrologico e idraulico che rappresentano una seria minaccia per la popolazione.  La capacità di adattamento e la resilienza interessano tutta l'Italia da Nord a Sud e dobbiamo trovare rapidamente soluzioni ed essere preparati per far fronte agli impatti dei cambiamenti climatici in corso. La tragedia della Marmolada assomiglia in modo impressionante ai peggiori scenari che potevamo leggere solo pochi anni fa sul riscaldamento globale, scenari che pensavamo ci avrebbero colpito tra 10, 20 o 30 anni, in cui invece ci troviamo dentro già oggi.  Vicenza si sta impegnando a fondo per affrontare l'emergenza, infatti abbiamo aderito al progetto LIFE Veneto ADAPT for Climate Change insieme a Padova, Treviso, l'area metropolitana di Venezia e l'Unione dei Comuni del Medio Brenta per migliorare le risposte a livello regionale dei cambiamenti climatici con un focus ai rischi idrogeologici. Inoltre abbiamo promosso e stiamo promuovendo verso i Comuni il progetto "Patto dei Sindaci per la Qualità dell'Aria" che vede la Provincia di Vicenza a capo di una rete di Comuni impegnati in azioni concrete contro l'inquinamento atmosferico.  Sono stati avviati progetti significativi per aumentare il verde pubblico all'insegna della sostenibilità e del rispetto dell'ambiente. Oggi l'impegno della mia giunta per la tutela delle persone e del nostro territorio è in cima alle priorità e la Città di Vicenza è pronta a creare un tavolo di concertazione pubblico-privato per far fronte alle emergenze climatiche in atto con l'obiettivo di diventare un esempio per le comunità: Vicenza Sentinella del Clima 2030».... Read the full article
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giancarlonicoli · 3 years
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16 apr 2021 19:33
BUON COMPLEANNO N.80 AL GRANDE MUGHINI - “LA PORNOGRAFIA? VORREI BEN VEDERE CHE A UNO NON PIACESSE FAR SCORRAZZARE LA SUA IMMAGINAZIONE EROTICA” - “SE INCONTRASSI DOMANI ADRIANO SOFRI, GLI DIREI: ‘MI RIPETI GLI INSULTI CHE MI HAI RIVOLTO UN ANNO FA?’. DOPODICHÉ, OVE LUI LO FACESSE, GLI FAREI FARE IL GIRO DI PIAZZA NAVONA A CALCI IN CULO” - "ERRI DE LUCA È STATO LEALE PERCHÉ QUANDO LORO, A COMINCIARE DAL RETORE MASSIMO GAD LERNER, DICEVANO “CHE COSA C’ENTRIAMO NOI CON L’ASSASSINIO DI CALABRESI”, LUI HA INVECE DICHIARATO: “CHIUNQUE DI NOI AVREBBE VOLUTO AMMAZZARE CALABRESI”
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Gianmarco Aimi per www.rollingstone.it
Scrittore, giornalista, opinionista, conduttore tv. Nessuno di questi termini è in grado di esaurire quel che rappresenta Giampiero Mughini per il panorama culturale del nostro Paese. Ce n’è solo uno che si avvicina allo scopo.
E nonostante in pochi attualmente amino vederselo attribuire, lui ne va particolarmente fiero: «Sono un intellettuale dall’età di 19 anni». Oggi che di candeline ne spegne 80, lo è più che mai. Così come un amante insaziabile dell’arte. Nella sua casa romana, infatti, conserva gelosamente 25mila libri (moltissimi antichi), oltre all’oggettistica più svariata: dalle tavole originali di fumetti storici a vinili rarissimi, fino ai mobili simbolo del design made in Italy.
Come funziona una terapia psichedelica con l'Lsd oggi?
Per questo c’è chi considera la sua abitazione nel quartiere di Monteverde un museo (definizione che lui non ama), anche se sarebbe più corretto presentarla come un tempio. Al culto dell’arte in ogni sua forma ed espressione ha dedicato l’intera esistenza, così come tutti i soldi che ha guadagnato.
Non a caso, nella lunga chiacchierata che ci ha concesso, a un certo punto ammette: «In questo momento sul conto corrente ho diecimila euro. Ma solo in vista del prossimo acquisto». Ricordando che ha incassato tanto perché «ritengo di valere molto e quindi chiedo di essere pagato al meglio possibile», la stima in qualche milione di euro dedicato al collezionismo è presto fatta.
Ma non c’è nessun rimpianto nei suoi ricordi. Neppure quando ripercorre le conseguenze dell’abiura al comunismo con il libro Compagni, addio: lettera aperta alla sinistra, che lo portò ad essere etichettato come «un intellettuale borghese» – quindi allontanato da certi salotti – oppure le critiche durissime ricevute per le numerose apparizioni televisive, dal Maurizio Costanzo Show a Controcampo.
E persino sull’omicidio del commissario Calabresi, nonostante in molti preferiscano ancora tacere, rimane uno dei pochi ad aver cercato di comprendere meglio una delle pagine più nere della storia italiana.
E se oggi incontrasse Adriano Sofri, di certo sarebbero ancora scintille: «Lo ritengo uno dei talenti della mia generazione, ma dopo averlo scritto mi ha insultato. Per cui lo prenderei a calci in culo facendogli fare il giro di Piazza Navona».
Qual è il suo primo ricordo d’infanzia?
Quello di un bambino molto timido. Figlio di genitori separati quando avevo 6-7 anni, in un’epoca in cui non era usuale come oggi. Un bimbo che ha vissuto nella famiglia dei nonni, con mia madre.
Una famiglia di una borghesia fortemente impoverita. I miei cuginetti avevano un apparato di benessere che noi avevamo perso. In più, ero anche fisicamente esile, quindi con tutte le stimmate di uno che non se la passava granché bene.
Che cosa ha poi formato il suo carattere?
Lo sport, che ho iniziato a praticare verso i 13 anni. Sport agonistico in un campo duro come la ginnastica attrezzistica.
È stato il momento formativo essenziale della mia vita. Mi ha fatto comprendere che ti devi far valere, che le sfide si affrontano lealmente, che stringi la mano all’avversario prima e dopo la gara e che talvolta vinci ma talvolta puoi anche perdere. Tutto quello che so l’ho imparato lì. A scuola invece un bel niente.
Come mai?
Ho frequentato un “liceo bene” della mia città, visto che i miei genitori pensavano ne valesse la pena. Era gestito da sacerdoti e l’ho definito in seguito l’Auschwitz della mia gioventù.
Suo padre era originario di Marradi, il paese toscano di Dino Campana. Per caso c’è qualche relazione con il poeta?
La casa di mio padre distava 60 metri da quella della famiglia di Dino Campana. Un giorno uno studioso mi ha chiamato per dirmi che, da un certo documento che lui aveva in mano, risultava che Dino Campana avesse dettato i versi del suo poema a un certo Mughini che batteva a macchina.
Quel Mughini, a quanto pare, ogni tanto sbagliava e Campana si infuriava terribilmente. Tenendo conto che i Canti Orfici sono del ’14, mio padre avrebbe avuto 15 anni.
Lui diceva di aver sostenuto il poeta nel pubblicare il libro, ma io non penso affatto che sia andata così. A casa di papà i Canti Orfici non c’erano, e a me pare improbabile che a quell’età mio padre avesse del denaro da donare per realizzare quell’opera.
Che uomo è stato suo padre?
Era un sovrano nel suo lavoro. Quando è morto a Catania, un’intera pagina del quotidiano La Sicilia venne dedicata ai necrologi in sua memoria. Lui era stato fascista, e a casa ricordo i libri dell’edizione completa Hoepli delle opere di Mussolini.
Quindi dai 15 ai 17 anni il mio panorama librario era: zero libri dai miei nonni materni e a casa di mio padre solo quelli su Mussolini. Mio nonno, che era stato un ardente comunista, aveva relegato in soffitta quattro-cinque libri che ho poi recuperato, fra i quali le conversazioni di Palmiro Togliatti con Maurizio e Marcella Ferrara. Molti anni dopo, io scriverò un libro-intervista con Maurizio Ferrara, il padre di Giuliano, che si intitola Da Ferrara con furore.
Quindi lei venne influenzato più dal nonno che dal papà, almeno inizialmente, nelle convinzioni politiche?
Niente affatto, io sono stato influenzato solo da me stesso. Il nonno era un comunista retorico, carducciano. Non era un intellettuale, gli piacevano le donne.
Dietro al suo tavolo da lavoro aveva dei ritratti in rame di Marx, Engels, Lenin, Stalin e Gramsci. Dopo il XX Congresso del Pcus tolse il ritratto di Stalin e sulla parete restò una macchia incancellabile.
Lei si è detto spesso molto lontano dalle sue origini siciliane.
Io sono italiano, non siciliano. Vivo da cinquant’anni a Roma, tifo per una squadra di Torino e il 90% del mio lavoro ha avuto a che fare con giornali, case editrici e reti televisive di Milano. E non c’è altro da dire.
Forse si sente più parigino, avendo partecipato in quella città alle manifestazioni studentesche del ’68?
Esatto, è la terza città della mia vita, o forse la seconda dopo Roma. Ci ho vissuto due anni da laureando in Lingue e letterature straniere con specializzazione in francese. È stata la città che ho amato fin da quando, a vent’anni, ho cominciato a leggere libri. I libri sono stati il perno decisivo della mia vita.
Come si spiega che oggi in molti rifiutino di definirsi intellettuali?
Uno che è idraulico rifiuta la parola idraulico? Non credo. Uso la qualifica di intellettuale esattamente come userei quella di idraulico. Ma non che sia meglio essere intellettuale che idraulico, per carità.
Mentre invece non mi sono mai sentito giornalista, pur avendo lavorato e collaborato a metà dei giornali italiani. Alcuni attribuiscono valenze negative all’essere intellettuale: uno che ha la testa fra le nuvole, vede tutto in modo astratto o attacca pippe all’umanità su qualsiasi argomento. Io apro bocca solo quando mi pagano per sapere come la penso.
L’immagine che le rimane impressa di quel ’68 parigino?
Era la notte delle barricate, c’era un ragazzo che distribuiva le bottiglie molotov e mentre lo faceva mi passò davanti e mi sorrise. Eravamo tutti e due attori di una pièce teatrale. Io non le presi quelle bottiglie perché non le sapevo usare, utilizzai invece dei sassi da lanciare, per i quali chiedo ancora scusa alla polizia francese.
Va ricordato che, dopo quella notte, duecento poliziotti francesi colpiti dai pavés che piovevano dal quarto o quinto piano di rue Gay-Lussac non furono in grado di tornare mai più al lavoro. Lo dico perché sono un intellettuale e dunque devo tener conto di tutto.
Poi è arrivato a Roma con poche lire in tasca.
Da Parigi sono tornato a Catania nel dicembre del ’68 e ho contato i giorni per fuggirne via. La sera del 5 gennaio 1970 sono sbarcato alla stazione di Roma con cinquemila lire in tasca.
E poco dopo diventa direttore responsabile di Lotta Continua.
Non so perché lei sottolinei un fatto talmente marginale della mia vita. Ho offerto la mia firma di direttore responsabile di alcune loro pubblicazioni perché era giusto che uscissero e andassero in edicola.
Per avere offerto quella firma ho sofferto 26 processi e tre condanne, e mi sono anche pagato le spese processuali. Detto questo, dovessi rifarlo domattina lo rifarei senz’altro.
Su questo si è già espresso molto, ma se oggi incontrasse Adriano Sofri di persona in giro per Roma, che cosa gli direbbe?
Premetto che non credo che lui sia stato uno degli organizzatori dell’assassinio, perché lui in quel momento stava a Napoli. Beninteso, sapeva benissimo quel che i suoi “compagni” stavano architettando.
E quando, la mattina del 17 maggio 1972, la notizia del riuscito agguato arrivò alla redazione romana del quotidiano a via Dandolo, è come se ce l’avessi innanzi agli occhi la discussione che ne seguì, se rivendicare le due pallottole alla testa e alla schiena del commissario trentatreenne o farne un elogio più soft.
Prevalse la seconda ipotesi, e Sofri venne incaricato di scrivere quella porcata in prima pagina, che la classe operaia si sarebbe rallegrata di quelle due pallottole. Detto questo, reputo Sofri uno dei talenti intellettuali della mia generazione, assieme a Paolo Mieli, Ernesto Galli della Loggia e Massimo Cacciari.
Questo giudizio l’ho scritto un anno fa sul Foglio, e all’indomani Sofri mi riempì di insulti tra i più beceri su quello stesso quotidiano. E dunque, se lo incontrassi domani, gli direi: “Mi ripeti gli insulti che mi hai rivolto un anno fa?”. Dopodiché, ove lui lo facesse, gli farei fare il giro di Piazza Navona a calci in culo.
Perché dopo tanti anni c’è ancora questo risentimento?
Lui mi vive male perché sa che, a differenza di altri, a me non la può raccontare. Lo so a puntino quel che eravamo e quel che erano loro. Da Lotta Continua venne Prima Linea, un’organizzazione criminale del terrorismo rosso non inferiore alle Br.
Lui la racconta costantemente ai 25-30mila adoranti ex militanti di Lotta continua tuttora impegnati nel rammemorare quelli che ritengono essere stati gli anni memorabili della loro vita, A loro sì, a me no: perché c’ero.
Lo scrittore Erri De Luca era a capo del servizio d’ordine di Lotta Continua. Secondo lei come mai non ha ancora deciso di fare i nomi?
Eppure, De Luca è stato leale perché quando loro, a cominciare dal retore massimo Gad Lerner, dicevano “che cosa c’entriamo noi con l’assassinio di Calabresi”, lui ha invece dichiarato: “Chiunque di noi avrebbe voluto ammazzare Calabresi”.
Come ha ricordato, lei ha scritto per moltissime testate giornalistiche. Poi, però, ha rotto con tutti. Perché a un certo punto sbatte la porta?
Il giornalismo è un lavoro in cui è coinvolta la tua anima. Beninteso, può succedere di scrivere su un giornale di cui non condividi la linea: una cosa è quello che tu scrivi, un’altra quelli che ti scrivono accanto. Per dirne una, una quindicina di anni fa mi telefonò Vittorio Feltri per chiedermi di collaborare al suo Libero.
Gli risposi che la mia posizione era diversa da quella del suo quotidiano. Al che lui mi disse: “Ma che c’entra, scriverai quello che vuoi, punto e basta”.
E difatti collaborai a lungo a Libero, peraltro pagato benissimo. A un certo punto pensai che fosse impossibile continuare a scrivere su un giornale i cui lettori si aspettavano tutt’altro da quello che io pensavo e scrivevo.
Mi sembra una costante quella degli ottimi pagamenti…
Penso di valere molto nel mio campo, e quindi chiedo di essere pagato al meglio possibile. C’è qualcosa di strano? Detto questo, tutte le volte che mi sono congedato da un giornale ho rinunziato a un reddito certo senza avere un’alternativa e senza pensarci un attimo.
Per esempio?
Ho cominciato a fare il giornalista professionista a Paese Sera, che era un giornale comunista. Ma io comunista non lo sono mai stato un istante della mia vita, e questo rendeva le cose difficili. Io ero adibito alla curatela della terza pagina e un giorno arriva un pezzo del corrispondente del giornale di Parigi che aveva fatto un’intervista a François Mitterrand e voleva che venisse titolata più o meno così: “Mitterrand sì che è marxista a differenza di Craxi”.
Ora, di Mitterrand si può dire che sia stato di tutto, ma marxista non un solo giorno della sua vita. E dunque ho cominciato a gridare che non era possibile mettere un titolo così idiota oltre che falso, e questo finché il direttore, che era un mio amico, non mi ha chiesto di mettere quel titolo come un favore personale nei suoi confronti.
Solo che la tensione tra lui e me continuava, e a un certo punto ci ho messo due minuti a scrivere la mia lettera di dimissioni dal giornale. Era il settembre del 1978, non ero più un ragazzo e non sapevo come avrei pagato le bollette di casa il mese venturo.
Poco dopo arriva la tv. Qui il rapporto è ben diverso rispetto ai giornali. Come mai?
Perché la tv non ti chiede l’anima, e forse è giusto così. All’inizio ho fatto delle cose fra le più belle della mia vita. Su Rai 2 in prima serata sono molto fiero del documentario Nero è bello: ecco, lì l’anima ce l’ho messa, eccome.
È stata la prima volta che in tv i ragazzi appartenenti alla destra missina e rautiana venivano trattati in modo non offensivo, come tipi che avevano tre narici. Pino Rauti, prima che andasse in onda il documentario, mi fece mandare una lettera di diffida dall’avvocato.
Ma, dopo che fu trasmesso, mi spedì una lettera personale dicendo: “La stimo, lei è un avversario, ma leale”. Tanto che sono rimasto amico della sua famiglia pur dopo la sua morte.
La critica, però, non le ha mai perdonato di partecipare a trasmissioni popolari, come il Maurizio Costanzo Show o Controcampo.
Le trasmissioni televisive che amo frequentare sono esattamente le trasmissioni popolari, quelle che dietro la telecamera hanno l’Italia reale e non quelle delle conventicole o dei clan.
Le trasmissioni dove vai incontro all’attesa e al giudizio al minimo di 500-600mila persone, al massimo di 4-5 milioni di persone. Fa differenza rispetto ai libri del tenore saggistico che è il mio, libri che quando arrivi a venderne cinquemila copie è un gran risultato.
Cosa ha imparato nel frequentare così tanta televisione?
Mi sono divertito come raramente altre volte nel Controcampo condotto da Sandro Piccinini, la più bella trasmissione televisiva italiana mai dedicata al calcio. Il calcio è il più gran romanzo popolare italiano.
“Ma volete paragonare il calcio al teatro?”, diceva Carmelo Bene, e voleva dire che il calcio è cento volte più teatrale dello stesso teatro. Quanto al Costanzo Show, ci sono stato in tutto novanta volte, e ogni volta era una gran commedia umana di volti e di personaggi, con Maurizio che bastava mi lanciasse un’occhiata e io capivo che quello era il momento di mettere becco. Tra parentesi, io non scrivo mai di tv perché non sarebbe elegante parlare di gente con cui ho lavorato, di quelli che sono stati i miei compagni sul palco televisivo.
Perché la criticavano, secondo lei?
Perlopiù chi scriveva di televisione lo faceva per insultarmi. Dapprima Beniamino Placido, che pure era stato un mio amico, e per tanti anni Aldo Grasso, lui non più adesso.
Grasso non ho mai capito perché, dato che quello che lui scrive di tv e del mondo io lo condivido al 99%, tranne quell’un per cento residuo, essendo costituito dagli insulti che un tempo mi rivolgeva. Una spiegazione alla sua domanda però c’è….
Quale?
I rapporti correnti fra i giornalisti e gli intellettuali sono rapporti al confronto dei quali i cannibali sono dei vegani. Siccome conosco tutti per il diritto e per il rovescio, so bene quali miserie di invidia e di rivalità ci sono dietro certe apparenti schermaglie intellettuali. Roba talvolta da fogna.
Se è per questo, io non scrivo mai un articolo contro qualcuno. Se un libro non mi piace non lo leggo, se un film non mi piace non lo vado a vedere, se una trasmissione televisiva non mi interessa non la guardo. Di tanti film italiani odierni ambientati in un condominio popolare non scriverei mai una riga, dei film di Clint Eastwood cento e cento volte.
Oggi d’altronde i giornali non pagano più come un tempo. Sarà per quello che il clima si è ancor più incattivito?
Un giorno mi chiamano da un quotidiano per dirmi che avevano piacere a che io collaborassi al loro giornale. Viene a casa mia il vicedirettore, al quale rispondo che mi farà molto piacere scrivere sul loro giornale, al quale avevo già collaborato in passato.
Quanto alla retribuzione, gli faccio presente che c’è il precedente costituito da quella collaborazione, pagata 1000 euro a pezzo. Non s’è mai più fatto sentire. Con i budget dei giornali di oggi, era grasso che cola se mi avesse offerto 150 euro a pezzo. Mai più sentito, mai più una sua parola, mai più una sua spiegazione.
Ormai mancano anche le buone maniere?
Solo che le buone maniere sono l’essenza del vivere civile, altrimenti che cosa ti differenzia dai selvaggi? Dell’ideologia puoi fare a meno tranquillamente, delle buone maniere no.
Un po’ come l’arte, che lei colleziona in ogni sua forma. Però recentemente ha venduto la sua amata collezione sui Futuristi, come mai?
È stato un lutto. Era trent’anni che li collezionavo e li leggevo, però il rapporto con quel mondo si era esaurito. I libri futuristi erano inerti sugli scaffali e mi sono detto: vendo la collezione e nel farlo gli do una nuova identità. Infatti gli amici della libreria Pontremoli hanno realizzato un catalogo che è uno dei più bei libri che portino la mia firma.
Un volume palpitante di storia della cultura e dell’avanguardia italiana. I soldi che ho ricavato li ho usati quasi tutti in una nuova passione collezionistica, il libro d’artista. Detto questo, il lutto rimane.
Riesce a quantificare quanto ha speso per l’arte nella sua vita?
Ho speso tutto quello che ho guadagnato, tutto. Sul conto corrente in questo momento ho diecimila euro, ci sono momenti in cui ne ho tremila.
Ho speso tutto per le mie varie collezioni. I libri rari del Novecento, le tavole originali degli illustratori a fumetti, i vinili del progressive-rock, i mobili del design italiano anni Cinquanta. Avendo lavorato molto ed essendo stato pagato molto bene il più delle volte, ho speso cifre importanti. Milioni e milioni di euro negli anni. Beninteso, dopo aver pagato al fisco ogni volta la metà del mio reddito imponibile, tanto che figuro come uno dei migliori centomila contribuenti italiani.
E quando lei non ci sarà più, che ne sarà di tutte queste collezioni?
Ho pregato Michela, che l’anno scorso è divenuta mia moglie, di vendere tutto ciò che mi appartiene nelle ventiquattr’ore successive alla mia dipartita. E con i soldi ricavati di farsi tanti di quei viaggi per il mondo che lei ama tanto.
Non aspira a lasciare in eredità un museo?
Ma che dice? I collezionisti ricchi lasciano di che fare delle Fondazioni, ma io non sono ricco nemmeno un po’. Detto questo, preferisco che i miei libri rari vadano a un privato che li ami quanto li ho amati io anziché andare a marcire nello scantinato di una qualche biblioteca pubblica.
Quando ho venduto i miei libri futuristi, ho voluto che la libreria Pontremoli vendesse a quattromila euro e non uno di meno la mia copia con dedica de La cucina futurista di Marinetti e Fillia.
Il pomeriggio che nella libreria Pontremoli venne presentato il catalogo della mia collezione, ho conosciuto il ragazzo che aveva comprato quel libro e non aveva affatto l’aria di essere un gran riccone. Ricordo disegnata sul suo volto la gioia dell’avere quel libro che probabilmente aveva acquisito non senza un qualche sacrificio. Ecco, spero che quella stessa gioia sia sul volto di tutti quelli che un giorno compreranno il ben di dio che io ho raccolto in tanti anni. E che sarà l’oggetto del mio prossimo libro che si intitola: Quel che resta di una vita.
Come mai ha deciso di sposarsi soltanto adesso?
Perché altrimenti Michela avrebbe dovuto pagare un fottio di tasse su tutto quello che è mio e che andrà a lei. Detto questo, il matrimonio non ha cambiato di una virgola il nostro rapporto, le nostre giornate. È solo una forma di tutela contro le angherie della burocrazia. Perché se sei moglie erediti e paghi poche tasse, se sei solo compagna invece no. A proposito di burocrazia le racconto un aneddoto…
Volentieri.
Quando dovevo sposarmi, ho chiesto un certificato di nascita al Comune della città dove sono nato, Catania. Solo che su questo certificato c’era scritto “Gianpiero” anziché il “Giampiero” che io sono. Perché correggessero la “n” in una “m” c’è voluto un anno intero. Delinquenti. Altro che i mafiosi, quelli almeno rischiano la vita per essere i delinquenti che sono.
Com’è stato il suo rapporto con le donne?
Altalenante, talvolta drammatico, in altre quanto di più sollecitante. È un discorso complicato. Ho imparato tanto dallo sport, tutto il resto dalle donne. Con un’ambivalenza costante fra inferno e paradiso. Con Michela, no. Inferno non ce n’è stato mai, o forse sì: una volta, e per colpa mia.
È fedele nei rapporti di coppia?
No, non è che in trent’anni io sia stato monogamo al cento per cento, se è questo cui lei allude. Sì, ci sono state altre avvisaglie femminili, tentatrici la loro parte. È umano che sia così.
Però lei è forse uno dei pochi intellettuali che candidamente ammettono di apprezzare e di usufruire della pornografia.
Vorrei ben vedere che a uno non piacesse fare scorrazzare la sua immaginazione erotica. Le ricordo che gli utenti della pornografia sono al 50 per cento uomini e al 50 per cento donne. Su questo terreno è bravissima Barbara Costa, una delle ragazze più intelligenti che abbia mai conosciuto, la quale ne scrive intelligentemente su Dagospia.
Fra non molto conosceremo anche il nuovo Premio Strega. Lei segue il dibattito che ogni volta si accende intorno a questa manifestazione?
Assolutamente no. I premi letterari, ma come si fa a parlarne? Come parlare del Nobel quando non è mai stato dato a Philip Roth. Come parlare del Goncourt che un certo anno non venne dato a Céline. Le persone serie non parlano di premi letterari e non li commentano. Beninteso, faccio i miei migliori auguri a quelli che li vincono. Quando ero giovane ho vinto parecchi premi, vuole sapere perché?
Sono curioso di saperlo…
C’è stato un momento in cui ero vicino intellettualmente al partito socialista craxiano. Partecipavo alla realizzazione di Mondo Operaio, la più bella rivista politica degli ultimi anni ’70 e dei primi ’80. Così, una volta mi hanno dato il premio Saint-Vincent per il giornalismo, ma solo perché in giuria c’era il socialista Vittorio Emiliani, che era amico mio.
Un’altra volta ricevetti un premio letterario per Compagni addio, e questo perché lo sponsor era un socialista. Da allora, non ho mai più vinto un premio. E dire che, in fatto di libri, non c’è alcun dubbio che il mio ultimo, Nuovo dizionario sentimentale, sia uno dei più belli tra quelli scaturiti dalla mia generazione.
Qual è la classifica personale dei suoi libri migliori?
Nuovo dizionario sentimentale, l’ho detto. Poi A via della Mercede c’era un razzista. Lo strano caso di Telesio Interlandi, che ho ripubblicato tale e quale un paio d’anni fa. E ancora Che belle le ragazze di via Margutta del 2004, così come In una città atta agli eroi e ai suicidi: Trieste e il “caso Svevo” del 2011, ma anche La collezione, che ho pubblicato da Einaudi nel 2009 e che è stato il primo dei tre o quattro miei libri centrati sulla bibliofilia. Se è per questo, so anche qual è il più brutto dei 33 che ho pubblicato…
A questo punto ce lo potrebbe confessare.
Un romanzo scritto quando la Rizzoli mi aveva sollecitato a farlo. Ho scritto una gran cazzata. Non tutti i miei amici sono di questo parere, ma io sì. Ogni tanto mi è tornata la voglia di dimostrare che sarei in grado di scriverne uno migliore di quello, però non ne vale la pena.
La mia vena è quella della saggistica narrativa, i libri in cui le idee e i fatti assumono la valenza di un romanzo pur essendo fatti assolutamente reali e accaduti esattamente in quel modo. Come avviene ad esempio nel capitolo del Nuovo dizionario sentimentale dedicato ai gruppi terroristi dalle cui imprese nacque lo Stato di Israele.
So che della politica non parla volentieri, o sbaglio?
Per carità… ma vuole chiedermi se preferirei andare a cena con Matteo Renzi o con Giuseppe Conte?
Glielo volevo appunto chiedere…
Con Matteo Renzi tutta la vita. A parlare, per esempio, di quel suo recente viaggio negli Emirati Arabi. Renzi rimane l’ultimo politico che cattura il mio interesse. Poco tempo fa sono stato al Costanzo Show e c’era “la ducetta”, Giorgia Meloni, e devo dire che è molto brava. È lontanissima da me, però se la cava bene. Sono molto interessato da chi è diverso da me, sennò morirei di noia.
Però Giuseppe Conte non l’ha incuriosita, a quanto pare.
Quando sono stato ospite un paio di settimane fa della tv del Fatto, ho constatato che lì sono ancora a lutto per la caduta politica di Conte. Marco Travaglio, che è un ragazzo intelligente, porta proprio il lutto al braccio. Mi aspettavo che si mettesse a piangere. Parla uno che sa cos’è il lutto, il lutto per la morte di Leonardo Sciascia o per i miei libri futuristi che non sono più a casa mia.
Giampiero Mughini crede in Dio?
No, assolutamente no. Sono stato a scuola dai preti e probabilmente questo ha influito ha influito negativamente. È una favola che non mi ha mai detto nulla. Purtroppo, polvere siamo e polvere ritorneremo.
E ci ha mai pensato a come vorrebbe morire?
Nel sonno, tranquillamente. Me ne vado e tolgo il disturbo. E, beninteso, Michela deve dare la notizia un mese dopo, altrimenti, e nella sciagurata ipotesi che lassù ci fosse il paradiso, mi troverei nella sconcertante situazione di leggere uno di quegli articoli in morte dei giornalisti che sono scritti tutti con lo stampino, tutti eguali, tutti animati da una falsa commozione.
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interventourgente · 6 years
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corallorosso · 7 years
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RIFUGIATO SENEGALESE accusato di essere un ladro PERCHÉ LA BICI «È TROPPO BELLA»
Il ragazzo è arrivato in Italia tre anni fa, minore straniero non accompagnato. È poi entrato in un progetto Sprar per i rifugiati, ha imparato l’italiano e si è formato come idraulico. A febbraio la Pastorale Migranti della Diocesi ha proposto a una giovane coppia, che si era resa disponibile per il progetto ‘Rifugio diffuso’, di accoglierlo. In questa famiglia il giovane si è integrato bene. Marito e moglie lo hanno anche aiutato a rendersi autonomo, donandogli una bici pieghevole, per facilitarlo a raggiungere il posto da apprendista. Il giovane ogni giorno prende il treno per arrivare a Torino e porta con sé la bici. Pochi giorni fa è stato fermato alla Stazione di Porta Nuova. Ha raccontato: «Avevo qualche minuto per chiedere un’informazione sugli abbonamenti all’ufficio Gtt. Sono entrato, lasciando la bici fuori. Ho chiesto a un ragazzo di guardarmela, quando sono uscito il ragazzo se n’era andato, ma aveva passato la consegna a una ragazza. Mancavano cinque minuti alla partenza del treno, ho preso in fretta la bici e sono andato verso il binario». A quel punto il ragazzo è stato bloccato: «Erano in tre, tre agenti. Mi hanno preso la bici e bloccato le braccia. Mi hanno detto “Di chi è? Non è tua”. Poi, mi hanno trascinato all’ufficio Gtt». Lì, una serie di interrogativi: «Hanno domandato di chi era la bicicletta, se fosse stata rubata a qualcuno. Credo che se fossi stato un ragazzo bianco, mi avrebbero chiesto i documenti, magari lo scontrino della bici. Hanno tutto il diritto di controllare, è il loro lavoro. Ma di fronte a tutti mi hanno trattato come se avessi ammazzato qualcuno. Io li pregavo di telefonare ad Anna, la signora da cui abito. Al Gtt ci guardavano, nessuno ha detto niente. Allora mi hanno lasciato andare». «Il pregiudizio non può arrivare al punto che un ragazzo con la pelle nera non possa avere una bella bici e che non possa mettersi a correre per prendere il treno», ha commentato Anna (giornalettismo)
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