Tumgik
#io tenevo noi
la-scigghiu · 1 year
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Eravamo ti giuro allo specchio posso dirlo è successo per caso abbiamo attraversato l'istante ci siamo davvero passati davanti . devo aver visto che ti avvicinavi eri dietro di me sentivo il tuo sguardo posarsi caldo sulle mie spalle . mi hai abbracciato chiudendo gli occhi così mi hai stretto anche con gli occhi e io ti guardavo teneramente sorridere come se, lo sai tu solo come . mi avevi negli occhi io non lo so come e dentro lo specchio io tenevo noi.
.🦋.
🔸Odysseas Elytis
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nottidasuicidio · 5 months
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Mi mandi un video della tua sorellina che fa la linguaccia, ti guarda e ride. Noi non ci sentiamo ormai da tempo, non so più come stai o cosa fai. Non so più come va a scuola e non mi mandi più quei vocali dove scleri per i tuoi. Non posso più vedere le tue storie, me le hai nascoste perché sai che sarei rimasto incollato a guardarle. Ti penso spesso, troppo, ogni fottuto secondo, ma non posso dirtelo. Devo andare avanti e lasciarti nel mio passato. Non pensavo che ogni tanto ti tornassi in mente, non pensavo che mi scrivessi “ci tenevo a mandartelo”. Mi manca vedere la tua sorellina ridere, mi manca vederti rilassata e senza quella maschera da stronza che ti metti. “Com’è cresciuta, bravissima!” rispondo. Quanto crescerà ancora senza che io lo veda? E tu? Tu quanto crescerai? Quanto cambierai? Quanto piangerai? Quanto riderai? Quanto vivrai?
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canesenzafissadimora · 8 months
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All’inizio le dissi: – Tu sei la mia scommessa d’amore.
Si prova questo a sentire nuovamente
e finalmente qualcosa dopo tanto tempo.
Se l’abbiamo persa o vinta alla fine
io non lo saprò mai.
Eppure il tempo è un assassino.
A volte ci dispiace persino accorgerci
che è la vita stessa a permetterci di dimenticare, di sopravvivere ai dolori,
a metterci davanti l’estrema consapevolezza che prima o poi tutto passa, che tutto finisce esattamente come noi.
Tutto o quasi, direi.
Perché sa anche regalarci quei pochissimi attimi che non se ne vanno, restano ricordi indelebili.
Sono quelli così diversi dal resto, quelli che, anche se non ti volti indietro a guardarli, tornano a specchiarsi dentro di te, ogni tanto. Insomma quei pochi attimi che non riesci a strappare e buttare, piccole ombre che ti seguono, di cui non ti liberi.
Certi attimi valgono anni d’attesa.
Di lei mi ricorderò sempre un momento di desiderio infinito.
Un momento di quelli che a descriverli con le parole non ci riesci mai fino in fondo.
Eravamo sul mio divano e la mia mano era andata a cercarla nel suo posto più intimo. Da molto sognavo, desideravo quel momento, così tanto da sentire la passione smisurata di un uomo che vuole amare la sua donna senza potersi trattenere nemmeno un minuto di più.
Eppure d’improvviso, seguendo il contorno delle sue labbra, incrociando i suoi occhi, la mia mano si è fermata, rimanendo immobile fra le sue gambe.
Forse in quell’istante era lei ad aver penetrato con i suoi occhi la mia mente.
Mi sembrava quasi di profanare il suo corpo, avvolto da una luce eterea, da una purezza estrema, disarmante.
Lei era la perfezione in miniatura, così fragile, così bella, così indifesa, con le sue piccole mani che avevo cercato di stringere in ogni momento possibile per tutta la sera.
La guardavo: il suo volto era così sereno, abbandonato.
Lei dipendeva dai miei movimenti ed io dalla mia commozione mentale.
Mi sembrava di guardarla come lei non era riuscita a vedersi mai.
Mi sembrava potesse pensarsi ancora più bella di quel che sapeva di essere in quell’istante, attraverso il mio sguardo.
E se lei avesse potuto guardarsi coi miei occhi si sarebbe innamorata del mio desiderio, perché era dentro quel desiderio, fermo così, come d’incanto , che avevo capito di provare ancor più di ciò che credevo.
Ci siamo guardati a lungo e forse si fa l’amore anche così, con gli occhi negli occhi,
i pensieri nei pensieri.
Tutto ciò che ricordo era questo infinito, pazzesco, irrefrenabile desiderio di starle addosso e non per sesso.
Per annusarla, per sprofondare nel suo odore, per fissarmelo come una seconda pelle.
Poi l’enfasi era ripresa, facemmo fatica
ad uscire di casa.
Nel viaggio di ritorno per riaccompagnarla
io le tenevo la mano nella mia, avevamo in sottofondo solo la musica
e quella pace interiore di un silenzio che non spaventa, racconta.
Racconta quel punto in cui le parole si fermano a riposare.
Resterà eternamente quella notte di pace immensa.
Poi la vita spesso divide, sottrae, liquida precocemente eppure chissà, forse questa
è una piccola illusione a cui noi umani non smetteremo mai di credere.
Voglio credere che ovunque saremo e in qualsiasi modo andranno le nostre vite, ogni tanto, in un piccolissimo angolino del cuore, quella sensazione tornerà a scaldarci dal freddo.
Lei sorriderà e io lo avvertirò, perché il suo sorriso toglieva il fiato agli alberi.
In quel piccolissimo angolino del cuore non entrerà mai nessun altro, lo abiteremo solo noi.
Io mi ci rifugerò, quando avrò bisogno di assaporare ancora la pace, l’aria di quella notte, un respiro ultraterreno.
Lei mi ripenserà, quando la vita l’avrà consumata, succhiata, vissuta fino
al midollo.
Ma non avrà mai nessun rimpianto
e nemmeno io.
Perché continueremo ad abitarci ogni tanto
e nel ricordo dei nostri passi sulle foglie
dei viali autunnali, quelle che calpestate
per amore trasformano in suono il rumore,
la ritroverò sempre un po’...
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Massimo Bisotti
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tma-traduzioni · 1 year
Note
Hey there!
Il mio nome e' Giacomo e vivo all estero da diversi anni.
Volevo farvi le congratulazioni per l ottimo lavoro nel tradurre tutti gli episodi di TMA.
Sono sicuro sia stato un lavoro molto intenso e sono felice qulcuno cimentato, per permettere anche a chi non e' avvezzo alla lingua inglese di godere di questo magnifico podcast.
Nella mia esperrienza personale, ho cercato di coinvolgere alcuni ma purtroppo con scarso successo. L affrontare un podcast in inglese non e' da tutti e le vostre traduzioni, sebbene di alto livello, non possono catturare appieno l essenza del podcast che si basa sul fascino di una storia raccontata in prima persona dai suoni e personaggi che la vivono.
A questo proposito mi chiedevo se avete in programma per il futuro di ingaggiare attori (professionisti o non, Jonathan stesso non e' attore) e registrare gli episodi in italiano. Potreste contattare Rusty Quill e trovare qualche sorta di accordo, poi iniziare le registrazioni e vedere come va. Dopotutto il lavoro piu' arduo lo avete gia affrontato e ora si tratta solo di usare i testi per registrare il podcast. Il materiale e' eccellente e penso questo progetto riuscira' a darvi molte soddisfazioni (anche finanziarie ma non so esattamente come i podcast generino incassi) oltre che un po' di notorieta' (che non guasta mai), magari replicando cosa TMA e' stato per Rusty Quill e John.
Non sono qui per offrire soluzioni o fare proposte, ci tenevo soltanto a farvi i complimenti per il lavoro svolto e darvi un po di incentivo per portare avanti un progetto per ottenere il riconoscimento che meritate.
Ciao Giacomo, sono Victoria, prima di tutto grazie mille per le tue parole gentili.
Io e gli altri traduttori ci siamo dedicati a questo progetto perché tutti, in un modo o nell’altro ci siamo innamorati di The Magnus Archives. Il nostro obbiettivo era appunto permettere di seguire/seguire meglio TMA a chi è madrelingua italiano (la gran parte di noi stava cercando di convincere degli amici a seguire il podcast).
Per come l’abbiamo pensata noi, la traduzione avrebbe affiancato l’audio del podcast, anche se non è proprio comodissimo.
Apprezziamo molto l’idea che hai proposto, ma temo vada un po’ fuori dalla nostra portata. Già portare a termine la traduzione è stato impegnativo. Io personalmente non ho esperienza nel registrare podcasts, e non sarebbe facile rendere onore a The Magnus Archives con un primo progetto amatoriale. Affiancarsi a dei produttori con più esperienza sarebbe forse la strada ideale, ma per ora non abbiamo intenzione di sviluppare oltre questo progetto.
Grazie ancora per averci scritto, ci ha fatto molto piacere 💚
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ambrenoir · 10 months
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VERGOGNOSO QUANTO ABBIA SOFFERTO
Ero una sposa e una madre felice
«Quando venni ricoverata per la prima volta in manicomio, ero poco più di una bambina, avevo sì due figlie e qualche esperienza alle spalle, ma il mio animo era rimasto semplice, pulito, in attesa che qualche cosa di bello si configurasse al mio orizzonte; del resto, ero poeta e trascorrevo il mio tempo tra le cure delle mie figlie e il dare ripetizione a qualche alunno, e molti ne avevo che venivano e rallegravano la mia casa con la loro presenza e le loro grida gioiose.
Insomma, ero una sposa e una madre felice, anche se talvolta davo segni di stanchezza e mi si intorpidiva la mente. Provai a parlare di queste cose a mio marito, ma lui non fece cenno di comprenderle e così il mio esaurimento si aggravò e, morendo mia madre, alla quale io tenevo sommamente, le cose andarono di male in peggio, tanto che un giorno, esasperata dall’immenso lavoro e dalla continua povertà e poi, chissà, in preda ai fumi del male, diedi in escandescenze e mio marito non trovò di meglio che chiamare un’ambulanza, non prevedendo certo che mi avrebbero portata in manicomio.
Fu lì che credetti di impazzire
Ma allora le leggi erano precise e stava di fatto che ancora nel 1965 la donna era soggetta all’uomo e che l’uomo poteva prendere delle decisioni per ciò che riguardava il suo avvenire.
Fui quindi internata a mia insaputa, e io nemmeno sapevo dell’esistenza degli ospedali psichiatrici perché non li avevo mai veduti, ma quando mi ci trovai nel mezzo credo che impazzii sul momento stesso: mi resi conto di essere entrata in un labirinto dal quale avrei fatto molta fatica a uscire.
Mi ribellai. E fu molto peggio
La sera vennero abbassate le sbarre di protezione e si produsse un caos infernale. Dai miei visceri partì un urlo lancinante, una invocazione spasmodica diretta ai miei figli e mi misi a urlare e a calciare con tutta la forza che avevo dentro, con il risultato che fui legata e martellata di iniezioni calmanti.
Non era forse la mia una ribellione umana? Non chiedevo io di entrare nel mondo che mi apparteneva? Perché quella ribellione fu scambiata per un atto di insubordinazione? Un po’ per l’effetto delle medicine e un po’ per il grave shock che avevo subito, rimasi in istato di coma per tre giorni e avvertivo solo qualche voce, ma la paura era scomparsa e mi sentivo rassegnata alla morte.
Quella scarica senza anestesia
Dopo qualche giorno, mio marito venne a prendermi, ma io non volli seguirlo. Avevo imparato a risconoscere in lui un nemico e poi ero così debole e confusa che a casa non avrei potuto far nulla.
E quella dissero che era stata una mia seconda scelta, scelta che pagai con dieci anni di coercitiva punizione. Il manicomio era sempre saturo di fortissimi odori. Molta gente addirittura orinava e defecava per terra. Dappertutto era il finimondo. Gente che si strappava i capelli, gente che si lacerava le vesti o che cantava sconce canzoni.
Noi sole, io e la Z., sedevamo su di una pancaccia bassa, con le mani raccolte in grembo, gli occhi fissi e rassegnati e in cuore una folle paura di diventare come quelle là.
In quel manicomio esistevano gli orrori degli elettroshock. Ogni tanto ci assiepavano dentro una stanza e ci facevano quelle orribili fatture. Io le chiamavo fatture perché non servivano che ad abbrutire il nostro spirito e le nostre menti. La stanzetta degli elettroshock era una stanzetta quanto mai angusta e terribile; e più terribile ancora era l’anticamera, dove ci preparavano per il triste evento.
Ci facevano una premorfina, e poi ci davano del curaro, perché gli arti non prendessero ad agitarsi in modo sproporzionato durante la scarica elettrica. L’attesa era angosciosa. Molte piangevano. Qualcuna orinava per terra.
Una volta arrivai a prendere la caposala per la gola, a nome di tutte le mie compagne. Il risultato fu che fui sottoposta all’elettroshock per prima, e senza anestesia preliminare, di modo che sentii ogni cosa. E ancora ne conservo l’atroce ricordo».
Alda Merini
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Ieri io e il mio fidanzato ci siamo svegliati tardissimo (ma insieme a casa mia), siamo andati a un centro commerciale a pranzare e vedere poi Wonka (ho pianto e riso tantissimo, merita) perché io ci tenevo. Dopo di che, lui ha proposto di fare shopping insieme e, grazie al suo aiuto, siamo anche andati a un negozio di intimo e ne ho preso un paio, con lui che con non chalance chiedeva informazioni alle commesse (tutte lo guardavano tipo "è il ragazzo perfetto", ma è MIO).
È stato tutto così bello, ma non sapevo che mi aspettava anche di meglio: ha cenato a casa sua, è venuto la sera da me e mi ha portato una vaschetta di un chilo di gelato della mia gelateria preferita (vicino al nostro quartiere) e ha dormito da me, tutto senza che me lo aspettassi.
Stamattina ci siamo svegliati di nuovo tutti accoccolati e abbracciati e, poco dopo, ci siamo fatti la cioccolata calda.
Finito qui? No. Oggi pomeriggio mi ha accompagnata alla fermata (sono al lavoro dalle 17 all'1.30/2 di stanotte) ed è uscito. Mi ha comprato un cofanetto di tisane della Twinings perché "Ti ho preso un pensiero", sapendo che ogni giorno (anche d'estate) per me le tisane sono un must.
Lo amo così tanto. Finalmente sono in una relazione matura, piena di amore, rispetto, piccoli pensieri e gesti (oltre a tante parole importanti), dove i genitori restano fuori dalla nostra relazione e piuttosto sono felici per noi, senza metterci i bastoni fra le ruote ecc.
Non potevo chiedere di meglio.
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couragescout · 2 years
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Sono tornata all’una passata da comunità capi e sono tornata stanchissima. Abbiamo finito tipo a mezzanotte e mezza, poi ci siamo andati a prendere qualcosa da bere tutti insieme. È stata una riunione difficile, piena di cose di cui parlare ed in cui sono state fatte le prime verifiche dell’anno. È stato il momento in cui ho condiviso con tutti le mie difficoltà nel rapportarmi con lo staff, nel gestire i genitori, il catechismo ed i miei problemi nel vivere il servizio quest’anno.
Con lo staff non riesco a bilanciare il mio modo di fare le cose con il loro, non riesco a trovare un tipo di approccio meno imponente. È qualcosa su cui devo lavorare quest’anno ed è il mio obiettivo per fine anno. Sono inoltre riuscita a parlare con la capo gruppo dicendole finalmente cosa mi tenevo dentro da un anno, di come avere addosso la sua presenza mi facesse stare sempre in allerta e non mi facesse vivere le cose serenamente, di come ciò aumentasse le mie paranoie. Ci siamo chiarite e ne sono sollevata.
La verifica finale di staff ha decretato che facciamo fatica a rapportarci, che siamo presi dall’ansia e dalla paura di sbagliare. Dobbiamo lavorare su tutti questi aspetti, perché tutti ci dicono che siamo una bella staff e dobbiamo vederlo anche noi, devo imparare a vederlo anche io. È sempre difficile incastrare caratteri diversi, imparare a convivere l’una con l’altro ma a fine di tutto ci dobbiamo ricordare che siamo qui per i nostri bambini. Sono loro il nostro centro, prima di tutto.
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eesticazzii · 2 years
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ti ho aspettato coglione
Ti ho aspettato perché nonostante tutto sapevo che ne valevi la pena. Sei stato la prima persona a farmi sentire "amata". Ormai tutti ti conoscevano senza averti mai visto, sapevano della nostra storia, si erano già fatti un'idea di te, per come mi trattavi, le cose che mi dicevi, avvolte da persona innamorata, altre volte da persona che non vuol più sapere nulla di te. Anche se mi stavi distruggendo, ti ho amato lo stesso, anche se mi stavi cambiando, ti ho amato lo stesso, anche se non ero abbastanza per te, ti ho amato ancora, anche quando sparivi senza dirmi nulla e non mi parlavi per un paio di settimane per poi ritornare da me con un
"scusa", ti amavo ancora, anche quando mi illudevi, ti amavo ancora, anche quando piangevo per te e per tutto quello che mi stavi facendo, io ti amavo ancora, e sai perché? perché ci speravo, ci speravo così tanto che ti ho aspettato fin ad ora, sono passati ben 3 anni, ed io sono qui a dirti che, una parte di me non ti ha mai dimenticato e spera che tu ritorni anche se ti manderei a fanculo
Mi si illuminano ancora gli occhi quando parlo di te o della nostra storia, oltre tutto il male che mi hai fatto, parlando di te, mi spunta ancora un sorriso a 32 denti.
Evito sempre di parlare di te o qualsiasi argomento che tratta te, perché quando può farmi star bene, allo stesso tempo mi uccide. Per via tua ho perso persone, amicizie a cui tenevo più della mia vita, me stessa, e sai perché? perché in quel momento la mia priorità eri tu. Eri l'unica persona sulla faccia della terra a farmi stare bene, quando capitava, il mio umore si basava di te. Stavi male? io lo ero il doppio,eri felice per qualcosa? lo ero anch'io perché ovviamente amavo vederti felice, eri arrabbiato e te la prendevi con me? io non dicevo nulla perché ovviamente non volevo che tu non mi parlassi più, ogni cosa si basava su di te, ogni singola cosa che vedevo mi ricordava te. Non stavo più bene, per via tua, per via di tutte queste cazzate, io non stavo più bene. Mi hai fatto sprecare alcuni momenti più belli della mia vita, solamente perché tu, persona che amavo, non mi hai amavo come avresti dovuto, anzi, non ti sei nemmeno sforzato e non eri in grado di amarmi non hai lottato per noi e questo tutt’ora mi fa davvero male perchè dopo la rottura ho capito quando stupida io possa essere stata ,quanto tu abbia finto di amarmi , ha tutte le bugie che mi hai detto e io ti ho creduto come una cogliona ,al fatto che mi hai abbandonata quando piú avevo bisogno di te e per questo non ti perdonerò mai ma ormai non parliamo e non ci vediamo da ben un’anno ma va bene cosí
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parole--nascoste · 2 years
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Non è colpa tua, sai.
E non è colpa mia.
La prima è forse la più facile da capire ed accettare, non hai fatto nulla di male perché le cose andassero a finire in questo modo. Non ti sei comportata in modo così estremo come ci è sembrato in quel momento, mentre le cose tra di noi andavano in frantumi. Ma non è nemmeno colpa mia, e questa è la più difficile da accettare: perché tu non vuoi crederlo, ed io sono troppo severo con me stesso, e non me la lascerò mai passare questa. È colpa se vuoi della fatica, della distanza, dei buchi neri dentro la mia testa che assorbono tutto, ma soprattutto, della depressione. Ne abbiamo passate tante insieme, davvero tante, più di quante ci auspicavamo. Vedevo i miei amici uscire con altre ragazze e preoccuparsi solo di dove andare a cena fuori, o che non le avevano risposto al messaggio sul cellulare. E noi? Noi una zattera piena di buchi, in mare aperto con la tempesta e gli squali che ci giravano attorno. Ma abbiamo sempre combattuto. Con i nostri caratteri, con i nostri difetti, col nostro amore. Supportandoci tanto, e sacrificando molto. Ma abbiamo ricevuto indietro x1000 di quello che abbiamo dato. Poi le cose sono cambiate. Tu ti sei trasferita, hai trovato lavoro, amici, una nuova famiglia, e siamo stati così contenti finalmente! Poco ne sapevano di quell'ombra che ti sei lasciata alle spalle. È rimasta sulla terra ferma e ha preso ciò che poteva trovare di noi... Me. Abbiamo abbassato la guardia mentre uni di noi veniva inghiottito dalla depressione a poco a poco, finché non c'è stata più via d'uscita. Dopodiché nulla ha più avuto senso: i pensieri, i problemi, le nostre discussioni nel bel mezzo della notte, le nostre ragioni... Ed ironicamente, in mezzo a questo non capirsi, forse una cosa 'ho capita: come ti sentivi tu tempo fa. O qualcosa di simile, perché ognuno s'affoga a modo proprio. Detesto ammetterlo, ma questa battaglia contro l'oscurità l'abbiamo persa, e mi ha portato via ciò a cui tenevo di più a questo mondo. Continuo a sognarti nelle tenebre della notte, così com'è accaduto spesso in questi anni, ma poi la mattina mi alzo e tu scompari, mentre il buio rimane. Penso che il mondo faccia schifo ma vaffanculo, ora è anche peggio.
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odioilvento · 2 years
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È tutto il giorno che penso a quando avevo 15 anni, sarà stato il sogno di stanotte.
Ho sognato persone con cui uscivo a quei tempi, non li vedo da anni, direi decenni, ed ho iniziato a pensare a come ci si incontrava prima.
Io che sono della metà degli anni settanta (così adesso non mi chiedete più quanti anni ho) non avevo un cellulare. Adesso scrivi un WhatsApp e concordi posto e orario, non devi telefonare. Noi no, ed era bello. Io uscivo, andavo a casa della mia amica, citofonavo e lei apriva ed usciva. Oppure uscivo ed andavo alle panchine dove ci si trovava tutti. Non ci si avvisava prima, uscivi e sapevi che lì avresti trovato gli amici. Si andava in centro a fare una vasca in corso e mentre camminavi avanti e indietro e parlavi, salutavi altri e il gruppo diventava sempre più numeroso. Anche quando si andava in vacanza dove è nato mio papà, uscivi e trovavi tutti al monumento del paese. E sapevi che se volevi vedere qualcuno da lì passava sicuramente.
Non avevamo un cellulare a testa, se volevi qualcuno andavi a casa sua a prenderlo. E se non era della città chiamavi col telefono di casa (adesso ho un telefono di casa solo per il Wi-Fi e senza suoneria per non farmi rompere dai callcenter). Avevo un duplex. La padrona di casa che abitava sopra di noi si lamentava che era sempre occupato perché io parlavo con le mie compagne di classe per spiegare loro i compiti. E ci stavo ore al telefono a parlare. Adesso fai una foto e in due minuti te la risolvi, o almeno così fanno le mie nipoti quando non sanno come fare un compito.
Quando tornavi a casa non avevi un cellulare su cui stare, non c'erano social dove perdersi, quindi leggevi o facevi quello che ti piaceva, ma sicuramente staccavi la spina e stavi un po' solo con te stesso.
Non sto parlando male della tecnologia o dei social. Sono qui a scrivere e sui social ho ritrovato persone a cui tenevo e che in altro modo non avrei potuto più contattare. Non potrei stare senza cellulare e chi dice il contrario è ipocrita. Sto solo pensando che la mia generazione è fortunata ad avere vissuto anche il prima. Penso che solo noi possiamo capire quello che abbiamo adesso e siamo grati di quello che abbiamo avuto prima.
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unareginatriste · 1 year
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(avevo scritto questo mesi fa, era nelle bozze da pubblicare, dedicato a un mio amore perso, non provo più nulla di ciò che è raccontato, nè amore nè dolore, sto finalmente bene, ma ci tenevo che queste parole vedessero la luce)
manu non so se leggerai mai, non so quando nè come, ma ultimamente mi passi sempre più spesso nella mente, scriverò vomitando ogni mio pensiero, senza freni saranno le mie emozioni, quindi perdonami gli errori.
vorrei viverti, vorrei assaporarti, vorrei vedere il tuo volto illuminarsi di sorrisi creati grazie a me, vorrei possederti, vorrei gridarti che ti amo, e infine vorrei amarti.
ma non posso nulla adesso, vorrei fosse già domani perché domani è più vicino a quel giorno in cui sarai ancora mio.
quante domande mi tormentano, mi pensi mai? sei davvero felice? mi ami ancora? mi vorresti nel tuo futuro come io ti voglio nel mio? che università sceglierai? lei la ami come amavi me?.
altre storie o persone sono venute dopo di noi, eppure mai nulla eguaglia il nostro legame, è solo noia quella con gli altri, noia che io tento di far svanire ma puntualmente mi toglie il respiro fino ad uccidermi.
voglio la nostra famiglia e voglio il nostro futuro, me lo hai promesso, ricordi manu? ricordi le promesse? ricordi i baci? ricordi gli abbracci? ricordi i sogni? ricordi l’amore? ricordi me? i miei occhi?
hai dimenticato i miei occhi?
ero la tua bimba, ero la tua donna, ero tua, e mai ho smesso di esserlo, sono ancora tua.
non riesco a sbloccarmi, sto davvero male in questo periodo, non mostro a nessuno chi sono o le mie emozioni, non recito perché sto imparando ad amarmi, ma mai sono realmente me stessa.
mi manchi terribilmente, dove sei ora?
mi stai pensando? senti le mie labbra sulle tue incendiarsi?
le stelle brillano e finché lo faranno io ti aspetterò.
vienimi a prendere.
spero che leggerai, non troppo tardi.
sempre tua.
@l-angelodallealiargentate
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ilgiornoprima · 1 year
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Mi sono svegliata presto oggi, il sole però era già sorto e scaldava piano le stanze della casa. Stamattina sento il mio cuore battere lentamente, senza una direzione verso cui farlo. Di cose verso cui tendere ne avrei, eppure. No, oggi no: ho bisogno di una pausa. Anche le emozioni, alla lunga, possono rischiare di asfissiarci.
Ci tenevi a me, ci tenevo a te. Ma, come lessi una volta, "Esiste una legge universale che se amiamo tendiamo ad ignorare. Ognuno di noi si muove alla spasmodica ricerca di felicità. Chi non l'ha ancora trovata, neanche in noi, non può fermarsi qui. Serve a poco amare."
L'altro giorno ho fatto un sogno: ero qualcuno che sono stata, ero una persona infelice. Perché ero angosciata. Questo perché ero sola - di nuovo. O così mi credevo, così mi percepivo. E non parlo di solitudine umana, parlo di solitudine cosmica: essere sola al mondo, non sola nel momento o nel periodo.
Mi sono sempre sentita, da che io ricordi, in esilio. Straniera in terra promessa. Ed ho sempre pensato tutti fossimo soli. C'erano solo persone e persone: quelle distratte e quelle (poche, rare) coraggiose abbastanza da ammetterlo. Anche I. me lo diceva sempre: il trucco è solo distrarsi. Faceva però un errore, nel suo ragionamento: distrarsi dalla solitudine e dal dolore, sosteneva lui, poteva essere solo scappatoia. Oggi so come distrarmi, e c'è questo film famoso, Inception, che era il preferito di I. In esso nel finale il film si conclude prima che si scopra se la trottola continuerà a girare oppure se si fermerà. Quella vita, quel finale, era reale? Io sono convinta non abbia importanza: l'infelicità può essere reale tanto quanto la felicità. Dov'è il vero, dove il falso? Dov'è l'inganno? Ad oggi lo so: la mia felicità è reale, non è distrazione. La felicità lo è sempre, se è autentica... Certo, esistono infinite cose che mi tengono lontana dal rimuginio eccessivo su me stessa e sul senso delle cose. Ma potrei rimuginarci ugualmente. Certo, eppure non lo faccio. E ad oggi lo so: non siamo condannati a essere soli e non siamo condannati a essere uniti. Siamo ciò che scegliamo di essere quando incontriamo qualcun altro che sceglie di essere nel nostro stesso modo. Con te eravamo entrambi soli e perciò assieme. Con lui siamo entrambi assieme e perciò entrambi noi stessi, nel massimo delle nostre potenzialità.
Alla fine, in fin dei conti, si tratta solo di questo... Amare una versione di noi stessi felice e amare quella di qualcun altro.
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canesenzafissadimora · 5 months
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All’inizio le dissi: – Tu sei la mia scommessa d’amore.
Si prova questo a sentire nuovamente e finalmente qualcosa dopo tanto tempo.
Se l’abbiamo persa o vinta alla fine io non lo saprò mai.
Eppure il tempo è un assassino.
A volte ci dispiace persino accorgerci
che è la vita stessa a permetterci
di dimenticare, di sopravvivere ai dolori,
a metterci davanti l’estrema consapevolezza che prima o poi tutto passa, che tutto finisce esattamente come noi.
Tutto o quasi, direi.
Perché sa anche regalarci quei pochissimi attimi che non se ne vanno, restano ricordi indelebili.
Sono quelli così diversi dal resto, quelli che, anche se non ti volti indietro a guardarli, tornano a specchiarsi dentro di te, ogni tanto. Insomma quei pochi attimi che non riesci a strappare e buttare, piccole ombre che ti seguono, di cui non ti liberi.
Certi attimi valgono anni d’attesa.
Di lei mi ricorderò sempre un momento di desiderio infinito.
Un momento di quelli che a descriverli con le parole non ci riesci mai fino in fondo.
Eravamo sul mio divano e la mia mano era andata a cercarla nel suo posto più intimo. Da molto sognavo, desideravo quel momento, così tanto da sentire la passione smisurata di un uomo che vuole amare la sua donna senza potersi trattenere nemmeno un minuto di più.
Eppure d’improvviso, seguendo il contorno delle sue labbra, incrociando i suoi occhi,
la mia mano si è fermata, rimanendo immobile fra le sue gambe.
Forse in quell’istante era lei ad aver penetrato con i suoi occhi la mia mente.
Mi sembrava quasi di profanare il suo corpo, avvolto da una luce eterea, da una purezza estrema, disarmante.
Lei era la perfezione in miniatura, così fragile, così bella, così indifesa, con le sue piccole mani che avevo cercato di stringere in ogni momento possibile per tutta la sera.
La guardavo: il suo volto era così sereno, abbandonato.
Lei dipendeva dai miei movimenti ed io dalla mia commozione mentale.
Mi sembrava di guardarla come lei non era riuscita a vedersi mai.
Mi sembrava potesse pensarsi ancora più bella di quel che sapeva di essere in quell’istante, attraverso il mio sguardo.
E se lei avesse potuto guardarsi coi miei occhi si sarebbe innamorata del mio desiderio, perché era dentro quel desiderio, fermo così, come d’incanto , che avevo capito di provare ancor più di ciò che credevo.
Ci siamo guardati a lungo e forse si fa l’amore anche così, con gli occhi negli occhi, i pensieri nei pensieri.
Tutto ciò che ricordo era questo infinito, pazzesco, irrefrenabile desiderio di starle addosso e non per sesso.
Per annusarla, per sprofondare nel suo odore, per fissarmelo come una seconda pelle.
Poi l’enfasi era ripresa, facemmo fatica ad uscire di casa.
Nel viaggio di ritorno per riaccompagnarla io le tenevo la mano nella mia, avevamo in sottofondo solo la musica e quella pace interiore di un silenzio che non spaventa, racconta.
Racconta quel punto in cui le parole si fermano a riposare.
Resterà eternamente quella notte di pace immensa.
Poi la vita spesso divide, sottrae, liquida precocemente eppure chissà, forse questa è una piccola illusione a cui noi umani non smetteremo mai di credere.
Voglio credere che ovunque saremo e in qualsiasi modo andranno le nostre vite, ogni tanto, in un piccolissimo angolino del cuore, quella sensazione tornerà a scaldarci dal freddo.
Lei sorriderà e io lo avvertirò, perché il suo sorriso toglieva il fiato agli alberi.
In quel piccolissimo angolino del cuore non entrerà mai nessun altro, lo abiteremo solo noi.
Io mi ci rifugerò, quando avrò bisogno di assaporare ancora la pace, l’aria di quella notte, un respiro ultraterreno.
Lei mi ripenserà, quando la vita l’avrà consumata, succhiata, vissuta fino al midollo.
Ma non avrà mai nessun rimpianto e nemmeno io.
Perché continueremo ad abitarci ogni tanto e nel ricordo dei nostri passi sulle foglie dei viali autunnali, quelle che calpestate per amore trasformano in suono il rumore, la ritroverò sempre un po’.
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Massimo Bisotti
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Come i ragazzi italiani hanno approcciato con me in questo anno single:
•ma tu sei quella che mi ha rifiutato su meeff (Tumblr)
•hai una foto intera che si vede solo il viso? (telegram)
•non è normale andare al cinema da sola (rispondendo ad una storia su ig)
•sei bella, peccato che ascolti anche il kpop (ig)
•non mi conosci ma io sono sicuro che hai bisogno di me (telegram)
• (sembrava normale ma poi:) l'ansia secondo me è una scusa che ti sei inventata per l'università, perché se vuoi puoi
•uffa 125km tra noi sono troppi
Ovviamente altri hanno approcciato anche in maniera decente ma semplicemente non è scattato niente.
come gli asiatici hanno approcciato (traduco):
•hey/hi/hello
•ciao! (scusami so solo questa parola in italiano)
•la canzone dei Seventeen che hai nel profilo è bellissima (e no, tantissimi non ascoltano il kpop)
•scusami ma ci tenevo a dirti che sei bellissima e hai una luce come gli elfi (io fan di lotr, mi sono sciolta)
•spero che l'ansia sia passata! È veramente brutta
•(dopo mesi) buongiorno, ho finalmente comprato il biglietto. Ci vedremo💗
Bonus che mi ha fatta morire: siamo così perfetti che potremmo distruggere questa camera da letto
Ci sono i pervertiti, assolutamente. Ma hanno la decenza di scrivere sul profilo cosa cercano, così li eviti 🍀
Questo post è a scopo ricreativo, ho precisato che ho avuto anche conversazioni decenti. Ho solo esposto esperienze mie
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Guarda "CLAUDIO BAGLIONI - E TU..." su YouTube.
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Accoccolati ad ascoltare il mare
Quanto tempo siamo stati
Senza fiatare
Seguire il tuo profilo con un dito
Mentre il vento accarezzava piano
Il tuo vestito
E tu, fatta di sguardi, tu
E di sorrisi ingenui, tu
Ed io, a piedi nudi, io
Sfioravo i tuoi capelli, io
E fermarci a giocare con una formica
E poi chiudere gli occhi, non pensare più
Senti freddo anche tu
Senti freddo anche tu
E nascoste nell'ombra della sera, poche stelle
Ed un brivido improvviso
Sulla tua pelle
Poi correre felici a perdifiato
Fare a gara per vedere
Chi resta indietro
E tu, in un sospiro, tu
In ogni mio pensiero, tu
Ed io, restavo zitto, io
Per non sciupare tutto, io
E baciarti le labbra con un filo d'erba
E scoprirti più bella coi capelli in su
E mi piaci di più, e mi piaci di più
Forse sei l'amore
E adesso non ci sei che tu
Soltanto tu e sempre tu
Che stai scoppiando dentro il cuore mio
Ed io che cosa mai farei
Se adesso non ci fossi tu
Ad inventare questo amore
E per gioco noi siam caduti coi vestiti in mare
Ed un bacio e un altro, e un altro ancora
Da non poterti dire
Che tu, pallida e dolce, tu
Eri già tutto quanto, tu
Ed io, non ci credevo, io
E ti tenevo stretta, io
Coi vestiti inzuppati, stare lì a scherzare
Poi fermarci stupiti, io vorrei, cioè
Ho bisogno di te, ho bisogno di te
Dammi un po' d'amore
E adesso non ci sei che tu
Soltanto tu e sempre tu
Che stai scoppiando dentro il cuore mio
Ed io che cosa mai farei
Se adesso non ci fossi tu
Ad inventare questo amore!
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A volte mi odio. Mi capita di chiudere gli occhi e pensare.
Pensare, pensare e pensare. Ma a cosa esattamente?Mille cose. Paure, ripensamenti, insicurezze. Tutto ciò che pesa improvvisamente diventa tempesta, come se quella nuvola nera e affaticata avesse bisogno di svuotarsi.
Ossessivamente questi pensieri mi passano davanti come lampi; veloci, veementi, violenti. Ed è proprio a questo punto che in modo intrusivo si fa strada quel senso di colpa, quell’alternativa, quella disattenzione, quel pezzo di passato che preme ancora in chissà quale parte dentro al cuore. E poi arrivano quei pensieri che tagliano il fiato, quelli legati alla paura, all’incertezza e all’incontrovertibilità di quello che sarà il futuro.
Ho letto tra i libri dell’università che dovremmo imparare a considerare “il passato come realtà, il futuro come eventualità e il presente come guida” e come dare torto al buon vecchio Jung. Dovremmo farne un mantra di vita, eppure metterlo in pratica ci sembra impossibile. Proprio quando l’amicizia perde valore, la famiglia è lontana e nell’amore hai fallito mille volte. Proprio quando rimanere a casa con una tazza di the e un bel film assume più valore di andare in un locale con un cocktail e con persone che forse un domani non rivedrai più. Proprio quando sarai più attento ai dettagli, quando crescerai e avrai delle responsabilità, proprio in quel momento ti sentirai più fragile e indifeso.
Ed è a questo punto che mi trovo. Sto crescendo, ho imparato ad apprezzare ciò che mi circonda, cerco di migliorarmi giorno per giorno. Non basta ancora. Devo fare ancora tanta strada.
Se c’è una cosa che odio più di tutto questo è il mio essere ingenua. Maledettamente ingenua. Mi ritengo da sempre una buona persona, ho sempre dato una possibilità, ho riposto la mia fiducia in tanti. Si. Sono stata ingenua. E quando ci ripenso mi vorrei mangiare le mani. Ma io sono fatta così. Ad oggi faccio fatica a fidarmi, sono diffidente, non mostro subito chi sono. Ma nonostante anche questa corazza la mia bontà e ingenuità vengono scambiate per vigliaccheria, timidezza, paura.
Sono stata messa sempre in fondo, sono stata la seconda scelta, sono stata “un periodo” di qualcuno, sono stata il gioco, l’amica a convenienza, colei che doveva attendere gli altri. Io ero quella che piangeva, quella triste, quella inconsapevole, stupida, facile e credulona.
Ero quella a cui veniva mostrata una bella casa, ma senza accesso alla porta e soprattutto al cui interno c’era un mondo a me sconosciuto.
Un mondo che quando scoprivo, era come ricevere mille lame nel petto, nella testa e nello stomaco. Scoprire di non avere valore autentico per qualcuno dopo che ci hai creduto, fa male davvero. Quando penso a quei momenti ancora mi ricordo le lacrime che bruciavano come fuoco e la testa che stava per esplodere; mi ricordo i giorni di digiuno perché mi faceva schifo tutto; mi ricordo le mille wintston blue e i bagni in vasca dove tenevo le orecchie sott’acqua per spegnere il mondo; mi ricordo le notti sotto le coperte senza nessuno in casa e mi ricordo le sere seduta sul pavimento davanti la porta d’ingresso aspettando qualcosa in particolare; percepisco a tratti quella paura profonda dell’incertezza. Era come se tentassi di stringere un pugno di sabbia ogni maledetta volta. Camminavo senza sapere con esattezza dove, con le cuffie e il gelo che mi entrava nelle ossa.
È passato del tempo. Ora sono felice, ne è valsa la pena. Ora la guardo dormire nel mio letto ogni notte. Ora facciamo progetti post lauream. Lei mi ha salvata da tutto questo e la amo più di me stessa.
D’altronde i processi cognitivi della testa sono a parer mio un luogo ancora sconosciuto a noi. C’è qualcosa di inconscio che quando chiudiamo gli occhi ci spinge in modo incontrovertibile a pensare a quella cicatrice, a quel dolore che seppur lontano, ci ha in qualche modo forgiati e che quindi come i bei ricordi, rimane impresso dentro da qualche parte non so dove.
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