Tumgik
#mi avevi negli occhi
la-scigghiu · 1 year
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Eravamo ti giuro allo specchio posso dirlo è successo per caso abbiamo attraversato l'istante ci siamo davvero passati davanti . devo aver visto che ti avvicinavi eri dietro di me sentivo il tuo sguardo posarsi caldo sulle mie spalle . mi hai abbracciato chiudendo gli occhi così mi hai stretto anche con gli occhi e io ti guardavo teneramente sorridere come se, lo sai tu solo come . mi avevi negli occhi io non lo so come e dentro lo specchio io tenevo noi.
.🦋.
🔸Odysseas Elytis
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mccek · 11 months
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“Nonoo” questa mattina sei venuto a mancare e dopo aver lottato per altri tre mesi, anche se in ospedale ti avevano dato pochi giorni, ininterrottamente non hai mai mollato quel filo sottile che divide la vita dalla morte; anche contro le tue volontà a testa alta col tuo carattere (in cui non mi rispecchiavo) sei riuscito a tenerti vivo, ahimè, purtroppo, la morte vince si tutto, non ha pietà.
Fin da piccolo il tuo sogno era di vedermi guidare, cosa che se pur col tempo ho saputo apprezzare non ho mai amato fare come te, prima che l’infarto ti colpisse definitivamente ti avevo fatto una promessa, di portarti a vedere un gran premio di formula uno, da noi tanto amata, questo seppur per evidenti problemi economici non mi avrebbe mai impedito di non farlo, però non avresti avuto le forze, anche se immagino che ti saresti commosso, anche se una persona come te era difficile vederla piangere.
Abbiamo avuto periodi in cui ci costruivamo mentalmente dei muri invisibili e proprio per la differenza del nostro carattere questo ci ha ferito entrambi, fuori sicuramente eravamo orgogliosi ma il problema poi è sempre dentro, quel peso che a lungo andare ti consuma fino a trasformalo in malattia.
Col senno di poi siamo bravi tutti, tu hai le tue responsabilità e io le mie, non esistono santi, nessuno di noi due ha vinto o perso, nonostante abbiamo sofferto, ci siamo riavvicinati pian piano, con più fiducia e lo abbiamo fatto raccontandoci la mia, la nostra infanzia, nostra perchè alla fine hai passato davvero tanti anni assieme a me quando ero piccolo, io non dimentico i tuoi errori nonno, ma nemmeno il bene che mi hai fatto, la tua immensa disponibilità per me e la mamma quando aveva bisogno di essere portata per lunghi anni su e giù in ospedale, sappi che queste cose rimarranno impresse nella mia testa, perché col tempo, forse crescendo, anche se ancora mi vedo, sai, un po’ bambino, quel Mattia che era il tuo idolo, che doveva essere il migliore di tutti, ma che in realtà voleva solo essere come tutti, e che quei tutti avessero il mio stesso cuore, quella bontà che col tempo è pian piano svanita.
Chi si dimentica di tutta quella gente che ci Incontrava in bici la mattina presto?
La tua felicità negli occhi, nel vedere come tutti si fermassero a guardarmi, a parlarmi e a sottolineare il fatto che il sorriso non mi mancasse mai.
Si andava a prendere il pane, ne volevo subito un pezzo, ci fermavamo a vedere tutti i cani della via con la speranza che rispondessero alle mie parole, e restavo lì convinto fino a quando sentivo abbaiare e tu mi davi conferma delle loro risposte.
Che periodi, cercavo sempre mia mamma, purtroppo per via del lavoro per me era come stesse via intere settimane ma in realtà così non era, però tu ben sapevi quanto io sia legato a mamma, e tranquillo ricorderò sempre quanto anche tu lo fossi, anche se spesso avevi qualcosa da ridere per via del tuo carattere ricorderò le tue ultime parole: “La mamma è la donna più intelligente che ho conosciuto, fin troppo buona e disponibile per tutti, voglio che lei lo sappia”.
Potrei scrivere un libro, non un poema su ciò che abbiamo vissuto insieme, sei stato la mia infanzia, il mio periodo preferito, lo rivivrei mille volte, nonostante il tuo modo di essere, ma chi sono io per giudicare? Certo, quello che penso lo dico, come hai sempre fatto tu, ma allo stesso tempo non mi nasconderò mai come non giudicherò mai!
Ora stai vicino alla nonna, e assieme fatemi il regalo più grande, che non sono i soldi, non sono una vita di successi, ma la speranza di vedere vostra figlia, mia mamma, stare un po’ meglio.
Solo questo.
Il pensiero rimbomberà sempre nella mia testa, fra cose belle e cose brutte, ma per vivere di questi tempi, bisogna affidarsi solo all’amore, lo sai nonno no?
Quella piccola parte di odio che io ho sempre avuto verso la mia generazione, e tu, verso chi ben sapevi, era molto simile, però se fossi qui so che con un sorriso, e magari una lacrima, diresti: “Qua te ghe rason”.
Ciao caro nonno, ti voglio bene❤️
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corvodellamezzanotte · 4 months
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"Hai lasciato di nuovo che mi ferissero"
"Non volevo, non era mia intenzione, non l'ho scelto io di ferirti.."
"Sì, lo hai scelto tu. Lo hai scelto tu ignorando il dolore che provavo mentre continuavi a stringere i denti per darle amore, mentre io mi consumavo, giorno dopo giorno. Lo hai scelto mentre mi rannicchiavo e avevo paura e tu non mi rispettavi. Lo hai scelto mentre ti ferivano e continuavi a porgergli la mano. Lo hai scelto. E ora che io sono in frantumi saremo di nuovo noi a dover ricostruire tutto. DI NUOVO. Per quanto ancora intendi continuare così?"
"IO LA AMO"
"Ami più lei di me? Chi c'era quando eri da solo? Quando in quella buia stanza tentavi di sopravvivere al dolore. Chi c'era quando non avevi mani che ti stringevano, braccia che ti abbracciavano, occhi che ti guardavano e voci che ti rassicuravano!? Chi c'era quando non sapevi dove andare, che persona essere?"
"Nessuno, come hai detto tu."
"C'ero io, solo io e mi è costato tanto amarti, mi è costato tanto guardare negli occhi quel bambino fragile che non conosceva l'amore e insegnarglielo partendo da zero. Mi è costato tanto guarirmi ed espellere il veleno che loro hanno messo in me. Io non ho più la forza! Sono stanca, sono impaurita, devo sempre guardare quel bambino ferito e tu, tu non lo proteggi!"
"Ti chiedo scusa..."
"Scusa un cazzo, guardati, guardami! Stiamo con questo peso nel petto e nessuno ce lo toglierà! Nessuno verrà quì a trovare la forza per entrambi. Siamo soli! Lo siamo sempre stati! Tu hai me e io ho te! Mentre io mi prendo cura di quel bambino tu dove cazzo sei."
"Io sono quì. Sono quì!"
" No, non lo sei! E continui imperterrito a lasciare che ci spezzino! Non ti dico di non amare, ma amati! Amati che lo sai fare, amati perchè ti prendi cura di tutte le altre anime, di tutti gli altri bambini nel cuori degli altri, ma il tuo è solo. Ed è l'unico, L'UNICO che merita più degli altri quell'amore. Amalo ti prego.. sta urlando, sta piangendo, sta chiedendo il tuo di amore, non quello degli altri, solo il tuo."
@corvodellamezzanotte
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Mi manchi.. mi manca tutto di te, mi manca quando la sera dopo lavoro ti venivo a prendere e cenavamo insieme, mi manca quando ci distendevamo insieme sul letto a guardare in film, quando stavi male e ti preparavo una tazza di the con il limone per farti stare meglio, mi manca quando andavo a giocare a calcetto e ti portavo con me ed eri la mia fan numero 1, mi manca farti addormentare con i grattini e mi dicevi "hai la mano magica", mi mancano le liti stupide, mi manca guardarti e capirci al volo, mi manca fare l'amore con te, mi manca venire da te durante una festa e sussurrarti all'orecchio quanto sei bella, mi manca passare le giornate in famiglia, mi manca passare le giornate con la pioggia sotto la coperte o le belle giornate in giro a prendere un gelato, mi manca asciugarti i capelli, mi manca quando mi facevi le skincare che amavi tanto fare ma che a me non interessavano e ti lasciavo fare, mi manca vederti leggere, mi manca quando mi raccontavi tutto il libro che avevi divorato e mi dicevi "adesso devo aspettare" e io puntualmente ti compravo il secondo volume, mi manca parlare di progetti, di figli e di matrimonio, mi mancano le volte che mi chiedevi consiglio, mi manca quando mi dicevi che per te ero la persona più importante al mondo, mi manca vederti piangere, vederti sorridere, vederti nervosa, mi manca sentirti dire che non hai fame, mi manca quando ti veniva il ciclo e avevi sbalzi di umore e io cercavo di non fartelo pesare, mi manca comprarti le schifezze per riempire quella fame strana che ti veniva quando avevi quel periodo del mese, quando mi chiedevi "domani che mi metto.?" Mi manca guardarti dormire, mi manca fare avanti e indietro con la macchina da casa mia a casa tua, mi manca ascoltare le tue stupide musiche che poi tanto stupide non erano perché piacevano a te, mi manca sentirmi dire "amò finiscila". Mi manca tutto di te ogni singola cosa, mi dicevi che eravamo per sempre, che eravamo io e te contro io mondo, per 10 anni ci siamo cresciuti, accettati,amati e difesi, ci siamo visti nudi, vestiti e pieni di insicurezze, abbiamo lottato i nostri mostri e grazie a noi abbiamo superato tante difficoltà, ricordo ancora quando mi dicevi io così non ce la faccio e ti dicevo si invece sei forte sei unica e se non dovessi farcela ci sono io che che ti aiuterò sempre, mi ricordo quando era al contrario ed ero io a pezzi e tu mi dicevi qualsiasi cosa accada io sono qua non esistono problemi che non possiamo affrontare insieme. E ora? Cosa è successo, perché mi hai abbandonato, come può un amore così grande finire così da un giorno all'altro, come può un sentimento così grande bruciarsi come una stella cadente che passa e poi svanisce, com'è possibile? Sei stata la mia prima volta, il mio punto fermo in mille situazioni instabili, e ora? ... la mia più grande certezza mi ha guardato negli occhi e mi ha detto non so più cosa sento, sto bene da sola. Avrei voluto prendere una pallottola sul petto piuttosto che sentirmi dire queste parole. Mi manchi tanto V.
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noonehearsmeanymore · 4 months
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non mi leggerai, e non mi interessa. ma scrivo comunque a te, come se lo stessi facendo, perché ho bisogno di liberarmi di queste parole e di questo fottuto sentimento che mi accompagna. mi dispiace quasi che tu ti sia comportato così, anche se al momento la rabbia è l’unica cosa che sento. sì, perché sono nera nei tuoi confronti, una persona che non sa cos’è il rispetto come te non me l’aspettavo, sopratutto da quanto ti ha sempre dato fastidio che le persone lo mancassero.
comunque vabe, sì, mi dispiace ma più per te che per me. perché spero ti vergognerai, prima o poi, di come mi hai trattato, contando quanto ho fatto e quanto avrei fatto per te, in caso ce ne fosse avuto l’occasione. ma vabe, l’occasione l’hai distrutta ogni giorno che abbozzavo e accettavo le tue scuse, per poi ritrovarmi a pezzi con tutto che fuoriusciva, ma io imperterrita dovevo sbatterci la testa pur di capire che non era il caso, che non siamo mai stati connessi realmente, perché io ero e sono ad un punto e tu ad un altro, quasi completamente opposto al mio. mi dispiace perché probabilmente ti ho creduto diverso, ma sai, la colpa non è quasi neanche tua, anche se ti sei posto in un modo che era completamente diverso da ciò che ti sei rivelato. dio, forse l’italiano stasera lo mando a puttane.
io non so, a volte penso di aver sbagliato qualcosa, ma continuo a ripetermi, per evitare di impazzire, che non ho sbagliato niente se non quando ho cominciato ad insistere per un confronto, perché tu avevi già deciso di chiudere in quel modo, mentre per me era indispensabile gyardarti negli occhi e farti capire non so, qualcosa, come il modo in cui mi hai fatto soffrire con quella dannata frase. chissà, forse è quella la tua vera natura, “ma poi non rompermi il cazzo dopo” come se l’unica cosa che avessi fatto fosse stata darti fastidio, e mi chiedo che ci sei stato a fa tre mesi accanto ad una persona che dai, ti ha solo rotto il cazzo. ma poi? ma poi mi devo pure sentire in difetto, perché sei sparito in un lampo, come se fossi dimenticabile, come se non avessimo condiviso niente, come se non fossi mai stata niente per te. e forse è proprio questo il problema nella mia testa, sapere di aver dato tanto ad una persona che neanche mi considerava.
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nospiderpls · 5 months
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<<Greengrass>>
Silenzio. Esco dalla cucina andando verso il salotto.
<<Greengrass?>>
Altro silenzio. Corro dal salotto verso il corridoio.
<<Greengrasssssssss!>> quasi urlo.
<<Ti ho sentita, ti ho sentita, pazza che non sei altro mi hai appena cacciato dalla cucina perchè avevi i tuoi affari super segr...>>
Lo ignoro, ovviamente.
Ma per tutta risposta mi lancio addosso a lui senza che concluda la frase. Lo vedo per un attimo impacciato cercando di tenermi al volo, ma mi aggancio al suo collo guardandolo più allegra che mai:
<<Buon compleanno Greengrass! È mezzanotte e zero minuti!>>.
Lui mi guarda per un attimo, e quando capisce fa un sospiro quasi rassegnato ma con quel mezzo sorriso che adoro.
<<Mi hai quasi spezzato la schiena lo sai?>>
Rido e gli porto le mani sulle guance, stampandogli un bacio <<Ma se sono un fuscello>>
<<Sì, certo, intanto sono io a tenerti in braccio però>>
Gli premo un altro bacio, e lui sembra rifletterci.
<<Forse così va meglio>>
Gli accarezzo il viso, e solo in quel momento mi accorgo di avere le mani ancora sporche di zucchero a velo, che ora sta regolarmente sulla sua guancia.
Stringo le labbra, cercando di non ridere.
<<Cosa c'è? Che hai fatto ora?>>
<<Niente, ti ho fatto dei dolcetti per il compleanno>> li indico vagamente verso il ripiano, dove attendono dalla forma confusa.
Ma lui non sta osservando dove indico, ma guarda come da proverbio il dito. Mi guarda:
<<Con quelle mani bianche?>>
<<Giuro, non l'ho fatto apposta!>>
<<Non ti credo neanche un po'>> mi guarda serio e per tutta risposta mi lascia andare portando le mani dietro la schiena.
<<No no no no, argh!>> urlo aggrappandomi al suo collo per reggermi. Mi avvinghio stringendomi a lui e agito appena le gambe prima di avvinghiarmi a lui ridendo.
<<Perchè dovrei crederti?>>
Rido guardandolo negli occhi: <<Perchè ti amo>>.
Lui mi guarda sbuffando, e sento le sue braccia stringermi nuovamente.
<<Sleale>> sibila, ma sorride.
Sorrido sulle sue labbra, un istante prima di lasciargli un altro bacio: <<Buon compleanno, amore>>.
Sembra soddisfatto, e annuisce osservandomi: <<Dolcetti, mh?>>.
<<Certo, uno spuntino veloce prima di partire>>
<<Partire, ora? Per andare dove?>>
<<Aspetta, prima una foto!>>
<<Oh no...>>
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<<Ok, Travers. Quindi dove stiamo andando?>>
<<Mh>> mormoro lasciandogli un altro bacio accarezzandogli i capelli scompigliati da quella piacevole brezza che ci accarezzava a sprazzi.
<<Non che mi lamenti eh, ma mi hai fatto guidare la moto, ripeto la moto, per ore e siamo in mezzo a...beh al nulla>> si guarda intorno cercando un punto di riferimento <<Dov'è che siamo?>>
Gli accarezzo il colletto della maglia nera, cercando le parole. Mi sistemo meglio sul sedile della moto, le gambe sulle sue a tenermi in equilibrio.
<<Tempo fa, mi avevi detto di scegliere dove volevo stare>>. Alan sa essere incredibilmente paziente. Non lascia trasparire nulla da quegli occhi che mi ipnotizzano, è calmo e sembra sempre ascoltare le mie parole. Mi fa vacillare il cuore ogni singola volta.
<<Penso di aver già deciso dove voglio stare nella vita>> lo osservo e mi avvicino appena per farmi liberamente spiazzare da quegli occhi. <<Io voglio stare dove sei tu>>.
Sento le sue dita accarezzarmi, mentre gli occhi mi guardano fin dentro l'anima come solo lui ha sempre potuto fare:
<<So che sei una testa calda, che un giorno puoi volere un posto e il giorno seguente considerarla una prigione da cui voler scappare. Io dal canto mio ho vissuto per tutta America latina, mezza europa dell'est e mezza Inghilterra, non c'è un posto dove ho sentito il bisogno di legarmi>> prendo un respiro come se le parole stesse ora mi scorressero fuori dalle labbra <<quindi andiamocene dove abbiamo voglia, non mi importa. Sarò ovunque vorrai, perché io voglio te. Sei tu l'unica casa a cui voglio essere legata>>.
@alanmgreengrass
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moonlightsthingsblog · 9 months
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Ti volevo dire che non ci si perde così. C’è modo e modo anche per dirsi addio.
Sai cosa sarebbe bastato? Il coraggio di dirmi le cose in faccia, fin dal principio. Sai cosa sarebbe bastato? Un pizzico di dignità.
Ti volevo dire che nessuno si merita di essere preso in giro così. Mi parlavi di sentimenti, di sogni, di emozioni che non avevi mai provato prima. Con te ho scoperto che le persone possono mentire spudoratamente anche guardandoti negli occhi. E un po’ mi odio perché a volte mi manchi. Ma non mi manchi tu, questo l’ho capito. Mi manca ciò che fingevi di essere.
Un giorno starò bene. Capirò che non si può provare la mancanza di una persona che non è mai stata mia. Sei entrato in silenzio nella mia vita e l'hai stravolta. Ora non so cosa mi rimane. Troppi pezzi sparsi ovunque. C'è un tempo, dopo ogni addio, in cui bisogna sistemare il disastro lasciato dagli altri, da chi si è preso tutto ciò che voleva, ed è andato via, così, senza troppe spiegazioni. Un giorno capirò che perderti è stata la cosa migliore. Un giorno, però.
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Io mi ricordo lo sguardo che avevi
Uno sguardo felice
Mentre parlavi ti tremavan le mani
Perché non dicevi quel che volevi
E cioè che mi ami
Io mi ricordo lo sguardo che avevi
Mentre cantavi la sera
"Perché non ti siedi per terra" dicevi
Poi la solita guerra di baci
E non avrai più paura
Ti darò un po' di coraggio
E non avrai più paura
Mai più
E col pensiero riesco a tornare
Alla sabbia che scotta e davanti c'è il mare
Guardati come sei bella
Ora ti voglio baciare
E rivedo le lunghe nottate
Quando la luna ascolta le persone
Posso spostarti i capelli
Così ti guardo negli occhi
Ma che meraviglia
Stare con te
In una guerra di baci
Ma che meraviglia
Stare con te
In una guerra di baci
Ma che meraviglia
Stare con te
In una guerra di baci
(Ma che meraviglia
Stare con te
In una guerra di baci)
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Caspar David Friedrich, Un uomo e una donna in contemplazione della luna, 1819, olio su tela, cm 34 X 44. Berlino, Alte Nationalgalerie.
A Silvia di Giacomo Leopardi
Silvia, rimembri ancora
quel tempo della tua vita mortale,
quando beltà splendea
negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
e tu, lieta e pensosa, il limitare
di gioventú salivi?
Sonavan le quiete
stanze, e le vie dintorno,
al tuo perpetuo canto,
allor che all’opre femminili intenta
sedevi, assai contenta
di quel vago avvenir che in mente avevi.
Era il maggio odoroso: e tu solevi
così menare il giorno.
Io, gli studi leggiadri
talor lasciando e le sudate carte,
ove il tempo mio primo
e di me si spendea la miglior parte,
d’in su i veroni del paterno ostello
porgea gli orecchi al suon della tua voce,
ed alla man veloce
che percorrea la faticosa tela.
Mirava il ciel sereno,
le vie dorate e gli orti,
e quinci il mar da lungi, e quindi il monte.
Lingua mortal non dice
quel ch’io sentiva in seno.
Che pensieri soavi,
che speranze, che cori, o Silvia mia!
Quale allor ci apparia
la vita umana e il fato!
Quando sovviemmi di cotanta speme,
un affetto mi preme
acerbo e sconsolato,
e tornami a doler di mia sventura.
O natura, o natura,
perché non rendi poi
quel che prometti allor? perché di tanto
inganni i figli tuoi?
Tu, pria che l’erbe inaridisse il verno,
da chiuso morbo combattuta e vinta,
perivi, o tenerella. E non vedevi
il fior degli anni tuoi;
non ti molceva il core
la dolce lode or delle negre chiome,
or degli sguardi innamorati e schivi;
né teco le compagne ai dí festivi
ragionavan d’amore.
Anche peria fra poco
la speranza mia dolce: agli anni miei
anche negâro i fati
la giovanezza. Ahi, come,
come passata sei,
cara compagna dell’età mia nova,
mia lacrimata speme!
questo è quel mondo? questi
i diletti, l’amor, l’opre, gli eventi,
onde cotanto ragionammo insieme?
questa la sorte dell’umane genti?
All’apparir del vero
tu, misera, cadesti: e con la mano
la fredda morte ed una tomba ignuda
mostravi di lontano.
Il nome "Silvia" è ispirato alla ninfa protagonista della Aminta di Tasso. Simbolo di tutti i sogni di gioventù infranti da una morte prematura.
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lovethisbigsilence · 2 years
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Mi avevi fatto una promessa guardandomi negli occhi… ti ricordi?
Mi avevi detto che non mi avresti mai lasciata sola.
Ma non sei riuscito a mantenerla.
E adesso dove sei?
Non hai voluto mantenerla.
@lovethisbigsilence
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gloriaculicchia · 2 years
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ei, vuoi parlarmi di quando avevi un’altra faccia e andavi verso lei e non pensavi che da quell’attimo saresti stato quel che sei.
e pensare a quanto tradirono tutti quei baci che tolsero via dalle bocche le frasi che avremmo voluto gridare per convincerci che di amarci noi non ne saremmo mai stati capaci, e allora tu spiegami, dei nostri baci, il senso… e se un senso lo trovi dimmi almeno qual è.
ho ancora altre facce da indossare, tu chi sei? non mi assomigli tra quelle che ho cucito e non ricordo più chi sei.
ei, in quello che vedo sei un riflesso che non m'appartiene, non mi riconosco.
e pensare che quando tradita da tutti quei baci non mi resi conto di quanto restassi negli occhi, sul viso, nell'aria c'è una parte di te e ho capito che se mi rifletto guardandomi il viso non mi riconosco ma poi un bel sorriso mi taglia la faccia e mi dico sono identica a te
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gioacchi · 2 years
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nel buio e sono sul punto di mezzo sono proprio al livello di tutto ciò che va sotto la superfice e guardo da un lontano quindicenne e sono accorto di altri sogni che diventino oro e vadano in cima non e come avevi dipinto nella mia testa ce cosi tanto li invece di tutti i colori che avevo visto noi tutti stiamo vivendo in un sogno ma la vita non e come sembra tutto e incasinato e tutte queste ferite che ho visto mi portano a credere che tutto e un casino ma io voglio sognare voglio solamente sognare lasciatemi sognare negli occhi di un adolescente cristallizzato la più bella delle luci che pende dei corridoi della casa ed i pianti di sconosciuti di notte non ci mantengono svegli di notte noi abbiamo le tende tirate e chiuse tutti noi siamo parte di un sogno che sembra reale ma alle volte e soltanto abissò alla quale non puoi fare almeno di cadere sempre li e ancora e ancora ma non troverai mai fondo perché non esiste non esiste la fine del abisso non esiste lo spazio confine con la realtà tutto questo e solamente un sogno un solo e un bruttissimo incubo che tra un po ci svegliamo e ci saremo dimenticati di tutto
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susieporta · 2 years
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Una riflessione pubblica.
In questi giorni mi è capitato di dire più volte a una bambina che i voti non contano. Che non sono quelli a definire chi sei.
Gliel'ho detto non perché questa bambina vada male a scuola, dunque per rassicurarla, l'ho fatto per il motivo esattamente contrario: a scuola è bravissima e ha tutti voti eccellenti, in ogni materia. Una media quasi irreale. Dunque tutto bene, direte voi.
No. Proprio per niente.
Il fatto è che mi sono reso conto che dei voti le importa troppo. Questa bambina ci tiene a essere sempre la prima, la migliore, la più preparata. Ieri mi ha confessato che vuole avere la pagella più alta dell'intera scuola. E, credetemi, io penso che potrebbe farcela sul serio.
Il punto, però, è che a quest'obiettivo sacrifica troppo, ultimamente quasi tutto il resto: si alza alle sei di mattina per ripassare bene, perdendo una preziosa ora di sonno, si porta libri e quaderni ovunque, durante i viaggi in auto, dai nonni, ripassa mentre guarda la tivù e spesso dopocena, a volte perfino in pizzeria, va in ansia e non si perdona quando non riesce a ottenere il massimo da se stessa. Un massimo, sia chiaro, che lei sola ha stabilito, che nessuno le ha mai richiesto. Nessuno nella sua famiglia ha mai preteso che fosse la prima, nessuno l'ha educata all'eccellenza o morte, anzi, nella sua famiglia manca proprio l'attitudine a questo tipo di atteggiamento perché i suoi genitori sono caduti e hanno fallito così tante volte che non riescono nemmeno a contarle. E benedicono ciascuna di queste loro cadute, perché dalle loro sconfitte, dai loro apparenti fallimenti, hanno imparato più che da qualunque vittoria. E sanno bene, anche, che a volte, dietro il vestito dell'eccellenza, l'emozione che prevale può essere la paura.
Questa è la ragione per cui, ieri, ho guardato negli occhi questa bambina e le ho augurato di prendere un brutto voto.
Non gliel'ho proprio augurato, in verità, ma le ho garantito che succederà. Perché a volte, anche quando ti impegni con tutto te stesso, può accadere una cosa che non ti aspetti. Perché il tuo meglio può non essere sufficiente. Altre volte, è semplicemente la vita a essere ingiusta, perché non è sempre vero che i migliori ce la fanno. Ho detto alla bambina di prepararsi a questo, e di chiedersi cosa farà quando succederà. Perché non si tratta di "se", ma di "quando": è solo questione di tempo. Lei mi ha detto: "Ma io non voglio che succeda", e mi è toccato precisare che la vita, ahimè, se ne frega di quel che vuoi, che spesso le cose accadono e basta. Ma le ho detto, anche - e non era una sterile rassicurazione, ma una cosa nella quale credo profondamente - che quando accadono cose che non vuoi non è affatto detto che sia un male, anzi. Significa che la vita ti sta offrendo un nuovo punto di vista che magari non avevi considerato. Vuol dire che a volte il mondo, per renderti più forte, ha prima bisogno di renderti fragile. E forse la nostra più grande forza sta proprio nella nostra fragilità, nella nostra attitudine a "romperci", perché è proprio quella che ci impedisce di restare chiusi dietro ai nostri muri, protetti dalle nostre convinzioni. La fragilità è ciò che ci permette di aprirci al nuovo. Che ci fa mettere in discussione. Non si è rasserenata del tutto, ma ho avuto l'impressione che avesse capito quel che stavo cercando di dirle. Di essere riuscito ad aprire una crepa. Mi sono ricordato quella frase di Leonard Cohen che dice che è proprio dalle crepe che entra la luce. Me lo sono fatto bastare.
La cosa che non mi lascia tranquillo, però, è che in realtà io so bene che a questa bambina ho mentito. Perché non è vero che i voti non contano.
I voti, purtroppo, per com'è strutturata la nostra società, contano eccome. Contano, per certi versi, più di tutto il resto. Ci educano, sia a scuola che sul lavoro, da sempre al successo, a provare a essere i migliori, a sacrificare quasi tutto sull'altare di una (presunta) perfezione, perfino a calpestare gli altri se possono rappresentare degli impedimenti per il raggiungimento dei nostri obiettivi. E anche noi genitori abbiamo assorbito questi modelli e questo tipo di mentalità, è inutile negarlo. Del resto: come avrebbe potuto essere altrimenti, dopo che ce li hanno inflitti a nostra volta? Ecco perché ci può accadere, magari, nonostante tutte le attenzioni, di far sentire i nostri figli involontariamente sbagliati, o non all'altezza, o di spingerli a primeggiare in discipline o in materie che magari nemmeno amano, a perseguire obiettivi che non desiderano davvero. Di mostrarci eccessivamente delusi quando il risultato non è quello sperato. O di pensare, al contrario, che i problemi non ci siano quando il risultato ci conforta. Magari non lo facciamo in modo esplicito, non lo facciamo in maniera del tutto consapevole, ma li educhiamo implicitamente a questo.
Pensiamoci: qual è la prima domanda che rivolgiamo loro quando tornano da scuola? Quasi sempre chiediamo: "Com'è andata?", e quasi sempre come risposta otteniamo l'immancabile: "Bene", davanti al quale ci fermiamo. Perché la verità è che vogliamo solo essere rassicurati. La domande giuste, invece, lo sappiamo tutti, sarebbero altre. Solo che sono domande che costano.
"Come stai oggi?", "Come ti senti?", "Cosa ti ha reso/a felice o cosa ti ha messo in difficoltà?". E sono domande difficili, certo. Sono domande che tendiamo a evitare, o che facciamo troppo poco, perché non vogliamo sentire davvero le risposte. Non li vogliamo sentire mentre magari ci dicono: "Sto una merda", "Mi sento solo", "Mi sento inadeguata", "Cerco di coprire la mia ansia prendendo tutti voti alti", oppure, al contrario, "Vado male a scuola perché forse solo così mi vedrai, solo se sarò un problema per te ti occuperai davvero di me, e non ti farai bastare le solite risposte di circostanza".
Invece la realtà in cui viviamo immersi converge verso un'unica convinzione: ti ameremo, ti ameranno, solo o soprattutto quando farai il bravo/a. Quando corrisponderai alle aspettative. E ci convincono troppo presto che l'amore sia quella roba lì, che abbia a che fare con il merito, e forse non a caso se questa parola è stata, ultimamente, così spesso fraintesa e tirata in ballo a sproposito.
"Ti vorrò bene solo se farai o desidererai le cose giuste", ecco il messaggio che continuerà a passare se resteremo schiavi di questo modello. Ecco il principale elemento della crisi che sta toccando moltissimi adolescenti. Ciò che li fa sentire invisibili, rifiutati, spesso poco adatti.
L'amore vero, quello sano, invece ti vede e ti accoglie proprio quando cadi, fallisci o perdi. Quando ti trovi davanti a qualcuno che non capisce bene chi è o cosa vuole diventare. Quando quel qualcuno non ha le ambizioni che speravi tu. Quando non esistono risposte giuste. Soprattutto allora. Perché non è evitare la polvere che ci salverà, non è evitare un cinque o un quattro o un due. È più probabile che, invece, lo faccia il riuscire a guardare in faccia quel cinque o quel quattro o quel due, oppure quel dieci, riuscendo a vedere il bambino o la bambina spaventati e affamati d'amore che ci stanno dietro. È a loro che bisogna parlare, a quella paura, a quel terrore, è loro che dobbiamo riuscire ogni volta a raggiungere.
Non solo quando quelle bambine o quei bambini sono i nostri.
Perfino quando quei bambini siamo noi.
Matteo Bussola
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È notte, hai acceso le luci viola in camera mia. Ti guardo pensando a noi che limoniamo davanti alle altre: è un gesto così abituale baciarti, eppure poche ore prima l’ho fatto con un brivido caldo, la sensazione di essere guardata per bene mentre le tue labbra mi rendevano così debole. Complice l’alcol, mentre più tardi ti bacio, mordo, lecco, parlo tanto: ti dico che mi faceva impazzire il modo in cui eri vestita, che avrei voluto spogliarmi davanti a te mentre tu ancora avevi i vestiti addosso. Invece adesso, nel letto, sono io che ti ordino di spogliarti mentre ho ancora tutti i vestiti. Mi piace sentirti morbida, cedevole ai miei gesti fermi. Sento i tuoi gemiti soffocati, reazione ai morsi di cui ti ricopro. Ho voglia di scoparti e farti male, di essere cattiva con te, per vedere come minuto dopo minuto lasci andare il controllo e godi per me. Ti dico di guardarmi negli occhi mentre gemi al contatto con le mie dita: per la prima volta mi avvisi quando stai per venire e mi cedi definitivamente la possibilità di farti provare piacere. E io ti dico vieni, godi per me, dimmi che sei la mia troia. E tu me lo dici: sei così brava a rispettare quello che dico. Per stasera, ti sei meritata un orgasmo lento, profondo, brutale, così intimo da essere doloroso.
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Cara me.
Cara me,
Ieri ho incrociato il tuo sguardo. Eri venuta a bere nello stesso locale scelto da noi, all'inizio ignara, mi accorsi dopo della tua presenza guardandoti con la coda dell'occhio. A rallentatore ti ho osservato ed è stato in quel momento che i nostri sguardi si sono incrociati.
Abbiamo sorriso entrambe. Lo so, non mi avresti mai riconosciuta dalla treccia lunga e spettinata ma dagli occhi sì. Quegli stessi occhi da cui hai tolto le lacrime con un fazzoletto dopo che ti ho confessato di averLo finalmente baciato. Eri felice, incredula, continuavi a fissare il mio cambiamento. I capelli lunghi, i kili in meno, i vestiti diversi. I tuoi vestiti. Una persona completamente nuova rispetto a quella che avevi stretto in un abbraccio caldo sei, sette, otto anni prima. A fine serata mi hai toccato la spalla, come tuo solito perché timorosa di disturbare. Ci siamo augurate una buona serata e poi ti sei avvicinata a baciarmi la guancia. È sempre stata una cosa da te. Da te che mi hai sempre investito della massima stima. Da te che mi hai sempre dato della buona, dell'anima pura, dal calmo e razionale. Da te che forse, attraverso la sofferenza e il dolore, in fondo, mi hai resa migliore. 
Quella voglia matta di rientrare a casa, insieme, dopo una giornata lavorativa. Niente tv, niente social network, niente di niente che possa sostituire la bellezza di una conversazione fra me e me , la bellezza di un "eccomi!" Sono tornata, a fine giornata da te. Mi abbraccio, scaldo la cena e a luci soffuse consumo il mio pasto caldo. Occhi negli occhi, tu mi dici ... "mi sei mancata oggi" - io, ti guardo, resto immobile e smetto perfino di ingoiare il mio brodo caldo, non ho parole, ma balbetto. Allora mi alzo dalla sedia, vengo a dirti davanti allo specchio : "anche tu. Mi sei mancata"- e mentre mi bacio la fronte, sorrido.
Non esiste risposta. Non la cercare. Vivi e basta anche se può fare male. Vivi perché uno sbaglio ti porta a vivere, a respirare. Fra due giorni sarà il compleanno. Come canta il nostro Amato Ligabue. Viva. Perché sei viva viva cosi come sei. Sempre pronta, sempre ingorda sempre solo come vuoi... che sai sempre scegliere e io invece non ho scelta te la devo scrivere.
"Solo viva come vuoi".
CARA ME, a quello che siamo oggi.
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iamsamuele · 27 days
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Mi manca.
Nonostante queste ultime settimane io viva nella quasi più totale apatia, oggi è il suo compleanno, e un po’ mi si stringe il cuore.
Due anni fa eravamo insieme in un posto, aveva visto un cappellino che le è piaciuto sin da lontano. Non voleva prenderlo e non voleva che lo facessi io.
Il giorno dopo, ci sono andato da solo e nel tornare a casa, mi sono fermato per prendere quel cappello.
La sera stessa glielo feci trovare chiuso, con al suo interno due orecchini che le piacevano.
Ricorderò per sempre quel momento seduti insieme, uno attaccato all’altra su delle scale al tramonto.
La mia agitazione perché si, io mi agito per tutto. Sapevo che le sarebbe piaciuto tutto, ma ho sempre quel senso di ansia.
E lei, i suoi occhi quasi lucidi, un bacio sulla guancia e un abbraccio infinito.
Non leggerà mai queste parole, ma se mai un giorno dovessimo tornare quello che eravamo, te le farò leggere.
Perché sappi, Giogio, che non ho mai vissuto momenti così tanto belli con altre persone.
E per quanto tu mi abbia fatto male, sei la mia persona preferita.
Avrei mosso mari e monti, o meglio, spritz e sushi, per renderti un minimo felice.
E non poter passare neanche questo compleanno con te, mi rende stanco, stanco da sentirmi sottile come un foglio di carta.
Quando torni? Tornerai mai?
Spero solamente che questa volta saremo entrambi abbastanza maturi da volerci bene in modo incondizionato, e sopratutto senza farci del male.
Vorrei tornare a quelle sere in macchina in piazzetta; storie di giornate, risate liberatorie e bene reciproco.
Mi manca raccontarti delle mie giornate, del lavoro e dei miei colleghi. Mi manca raccontarti gli obbiettivi che raggiungi giornalmente, e di quelli futuri.
Mi manca sentirti parlare della scuola, sentirti parlare spagnolo perché “probabilmente interroga, ti dispiace se ti ripeto questo testo?”.
Mi manca il profumo che lasciavi in macchina e ovunque c’eri tu. Il tuo profumo sulla mia felpa è attaccato ai miei capelli.
Quando ci abbracciavamo ero felice perché sentivo ancora di più quel profumo. Quando ti sei sdraiata sul mio letto hai lasciato quel profumo sul cuscino. E me lo ricordo benissimo, perché penso di non aver mai dormito così tanto bene.
Mi manca quando facevi la matta, che te ne uscivi con delle frasi che, effettivamente, solamente tu avresti potuto dire. Mi manca la tua voglia di vivere che mi contagiava ogni singola volta.
È esattamente la voglia e la felicità di vivere che un po’ manca a me come persona; forse è proprio per quello che mi piaceva averti accanto, perché mi facevi tornare la voglia di vivere.
Se il lunedì sapevo che ci saremmo visti il mercoledì, era come avere una canzone di sottofondo in tutti gli attimi delle giornate passate ad aspettare quelle due ore che avremmo passato insieme.
Non ti penso tutti i giorni, ma quando lo faccio, rende per un mese intero.
Ho provato a bere, ad annegare il dolore della tua mancanza con qualsiasi cosa, ma non c’è niente da fare.
Mi manchi, ogni giorno sempre di più, e ogni giorno in modo diverso.
Sento ancora il tuo profumo ogni tanto, e mi guardo attorno per cercarti, ma con scarsi risultati.
Sono fiducioso del fatto che un giorno, queste parole, le leggeremo insieme. E ci guarderemo negli occhi capendo che il tempo non passato insieme, sarà stata una perdita per entrambi.
Non so come finire questa lettera, che più che lettera, è un filone di pensieri che si mescolano ma che culminano sempre in un punto: Tu
Sono sicuro che la Barby spera in un tuo ritorno, tanto quanto me.
Quella donna ti ha amata dal primo secondo che sei entrata in casa nostra. E ogni tanto me lo dice sai? Era proprio felice quella sera e tutte le volte che sei entrata in casa nostra. Ti ha vista come la figlia che non ha potuto avere, e come la persona che rendeva felice suo figlio.
Avevi detto che una parte del cuore, sarebbe sempre stata occupata da me.
E voglio credere che lo sia Gio, lo voglio credere. Perche certe cose non si eliminano. I sentimenti non si posso cancellare… mettere da parte si, ma eliminare no.
E credo che quando capita di vederci in giro e fare un “ciao” freddo e distaccato, i nostri cuoricini battano alla stessa frequenza.
Mi manchi, e ti voglio un bene infinito.
Ti aspetto, fa male ma ti aspetto. Non c’è forma di amore più grande e pura.
Ciao Giogio, tuo Samu
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