Tumgik
#molari
sophie-summer · 6 months
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You know I'll be broke at the end of this chapter because I'll pay for at least 3 of those scenes 🙃
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harmcityherald · 2 years
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i hope everyone reads my posts in herman munsters voice
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flameheart28 · 7 months
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Ho un problema.
Mi reputo una persona di sinistra.
Ma sono anni ormai che quando leggo i ragionamenti di quelli di sinistra sui social riguardo cazzate (non cose importanti come immigrazione, lavoro e diritti civili per esempio) mi verrebbe da prenderli a sprangate sui molari.
Si. C'entra la pubblicità dell'Esselunga.
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thatsjuliet · 8 months
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bellini quelli a cui mancano i molari ma si fanno le peggio vacanze in giro per il mondo
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montag28 · 1 day
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Non esistono i rimedi magici. Ci sono solo i rimedi. Non ci sono le gocce miracolose per contrastare l'ansia istantaneamente. Quando il veleno entra in circolo, il corpo ha bisogno di tempo per liberarsene. Ci vogliono lunghi nastri di strade da srotolare; ci vuole musica da ascoltare finché la sabbia di un intero litorale non sia scesa tutta dentro la sua torre-clessidra; ci vogliono pazienza, fatica, clemenza verso i propri errori, amor proprio. Ci vuole la calma di chi sa prendere pensieri enormi e li trasforma in pezzi più piccoli, poi ancora, fino a che siano ingeribili, dunque masticabili, per trasformare la gravità in bocconi digeribili, per scinderla in briciole, molecole, singoli atomi. Trasformare e rimpicciolire, senza farsi strozzare. Erano passate da poco le otto di sera, c'era ancora luce, nuvole grigie e azzurrastre, vento freddo ma non violento. Esco dal supermercato, scelgo una strada opposta a quella consueta, mi allontano, seguo la doppia fila degli alberi che ovattano la strada di periferia, la inghiottono, là dove le case diradano, per poi ad un tratto sparire. Una curva a sinistra, la strada che da piana si inclina in una lieve discesa, una curva a destra; il ponte sul Canale Giuliari, le chiuse silenziose, l'aria gravida di acacia e gelsomino. Il mio perdermi volontariamente. Camminavo e pensavo: vorrei scrivere. Trasformare. Ecco: posso mandar giù certi bocconi interi, se serve. Ma poter scrivere, ogni, tanto, è come masticare: aiuta a scindere le catene di amido di certi pensieri molto complessi, difficili da digerire. Trasformare, rimpicciolire. Le parole sono denti. Le virgole, le cerniere che permettono alla mandibola di aprirsi, chiudersi, spostarsi di lato. Gli incipit come gli incisivi, certi incisi come i canini, per lacerare la fibra della carne di certi passaggi oscuri. Le conclusioni, ossia la morale, come i molari che sbriciolano la mole. O almeno, ci provano. Non esistono le vie brevi. Però esistono le vie. Più lunghe sono, più portano lontano.
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nyuszimotor · 1 month
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Deal with it
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“I have heard the ring of foreign steel; I have known the smell of Death; 
For it is He who walks beside me; And draws my lasting breath.
Mourn not for us, the sinners; Our hands soaked red with life;
Let Silence be our legacy; And Peace our guiding light.
We shall never know a paradise; Souls left to never rest;
For our sword is blazing Virtue; And we persist at its request.”
Excerpt from “The Binding Oath”, of the Ordo Catenae Aeternae, of the Milites Aeterni Catenae
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Fire. 
History has never been kind to fire. 
Long ago, in the before-times, before we were freed from the ravages of feral ignorance, the fires of old burned with impunity, with the heart and the passion of the Molaris Planum itself. And it is with this that fire earned its reputation. After all, winds cease. Flood waters recede. But fire… Fire gorges, gorges with lustful gluttony anything and everything it can, in the name of self-preservation. It is only interested in its survival, and will unrelentingly, furiously, pursue its continuation. 
In this way, it is just as alive as you or I.
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illsadboy · 2 months
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Sono cresciuto dove dovevo trovare soluzioni a problemi più gradi di me mentre i “grandi” facevano cose da “grandi”, dove bisognava pulire sistemare e fare tutte le faccende di casa senò botte. Cresciuto in una casa disfunzionale, povera, dove sapevi già che a Natale o al compleanno l’unica cosa che ricevevo se andava bene erano gli auguri. Non ho mai preteso niente perché sapevo già la risposta, sono cresciuto con le botte e i “NO” e mi sono entrati sotto pelle ormai. Ora ho 26 anni anzi a breve 27 ma certe cose non sono e non so se riuscirò mai a dimenticarle. Fanno parte di me ormai. Come i due molari che mi hai rotto creano ancora dei problemi.
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rjalker · 1 year
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Reblog or like to repeatedly attack Londo Molari with a weapon of your choice
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arsanimarum · 2 years
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Egbert van Panderen, Putredini dixi, Pater meus es mater mea et soror mea vermibus.
Et in pulverem mortis deduxisti me: And you lay me in the dust of death. Putredini dixi, pater meus est: mater mea, et soror mea vermibus: I have said to corruption, Thou art my father: to the worm, Thou art my mother, and my sister. Ossa patent, geminis que oculis extorribus orbes, fractaque convulsi septa molaris hiant. Oderis hanc huius quantumvis Icona Formae Ar chetijpus Formae tu tamen huius eris: The bones are visible, the orbits are emptied, the open holes of the teeth are broken. You will hate this, regardless of the image. You shall be, after all, the original [version] of this image.
Mors sceptra ligonibus aequat Latin for "Deathmakes scepters and hoes equal"; verse from Horace's Epistles Mors ultima linea rerum, namely "Death is the last line of things."
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harmcityherald · 2 months
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"what will people say?"
"they will say ambassador molari....he is a very fortunate man."
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turkaesthetic · 8 days
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Rialzo del seno in Turchia noto anche come aumento del seno, è una procedura dentale che comporta l’aumento dell’osso nella mascella superiore vicino ai molari e ai premolari. Questa procedura è ampiamente utilizzata quando la mascella posteriore ha un’altezza ossea insufficiente, che di solito è dovuta alla perdita ossea causata dalla perdita dei denti o dal riassorbimento osseo.
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settegiorni · 12 days
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Gli ormoni di Lacan
Il salmone precario
disinteressato al minino scoglio. il salmone precario conduce il pascolo spesso controcorrente. sicché in casa sua la luce s’accende al contrario aspirando il colore dagli oggetti e gettando ombre sinistre. mancine e ambidestre. il salmone durante i diluvi trasversali. salmodia riti reti e peti. così. giusto per non fare qualcosa. si narra. si narra addosso. che ai tempi del terzo concistoro di castori. il salmone smise di essere controcorrente e aprì un conto corrente. oltre tutto il contro corrente non esisteva e non sarebbe mai esistito per ovvi motivi illogici. infatti versare soldi sul latte macchiato non è proprio un gargarismo da nulla. e d’altra parte è simile allo scus-scus tipico piatto camaldolese. che si serve o si prepara quando non si ha nulla in casa e si trovano. mille scuse. per non andare a pranzo o a cena e. però sembra ineducato declinare l’invito. a pranzo o a cena. e allora si inventano mille scuse. da cui. appunto. il piatto scus-scus. e sarebbe vero se esistesse il piatto scus-scus. ma non esiste. per questo è preparato dai migliori chef. ma il salmone precario. ancora non si conosce l’origine del comportamento salmonico. sappiamo solo che nel primo millennio prima della nascita del salmone e dei pesci. moltiplicare i pani e i pesci era molto ambiguo. non sappiamo perché. l’unica cosa sicura è la morte. e quindi. sicuramente. anche se il salmone precario non esiste. è sicuramente morto. abbiamo. infatti. un morto-metraggio. esiguo documento filmico sulla morte del salmone precario. girato dal cugino. il salmone martoriato e dalla sorella del medesimo. la pannocchia striata delle ardenne. Le famose ardenne paraboliche che permisero. agli scalatori dell’everest di seguire i programmi televisivi dal vicino Egitto. nelle ore di punta quando erano in cima. e qui apro una breve parentesi. voglio parlare della parentesi e del suo ruolo nella statocastica dei baluginii. la parentesi. infatti. nacque alla fine di un periodo lungo e incomprensibile. dove lutti e letti si condensavano a furor di popolo. sulle finestre aldobrandine e sulle aldobrandine dormivano a frotte le cicale cilene di belgrado. le parentesi ebbero un ruolo incisivo. a differenza di altri segni che hanno ruoli molari. canini o premolari. fu l’incontro tra la parentesi e il salmone a detestare lo scandalo. ai tempi del re salmone e non il contrario. in quanto che. il contrario fu rinomato per il vino ancestrale di borgogna. ai tempi della seconda involuzione francese e della penultima convulsione industriale. a quel tempo. le parentesi concessero al salmone più di quanto il salmone stesso avrebbe concesso alle parentesi. e di qui. infine. nacque il disinteresse del salmone al minimo scoglio. allo stato attuale degli studi. leonardo da vinci non ha ancora destato il minimo interesse nei salmoni precari.
Le arance del Bangladesh
le arance verdi del bangladesh conciliano i temporali. assieme alle porte e alle finestre. gli aranceti del bangladesh trillano come telefoni arancioni. al tempo delle risacche a crepapelle. il mare si sganasciava di onde elettromagnetiche. v’erano agenti di pompe funebri. che praticavano sesso orale ai morti per impiccagione. c’erano anche i cavilli. cavalli puntigliosi il cui dado non era tratto ma era trotto. al tempo delle arance verdi tutti i nodi venivano al vento. e in tutti i modi e questa associazione. invero. erano in pochi a comprenderla. me compreso incompreso. si parla addirittura di 8000 lingue. e si sapeva già che la lingua batte un po’ dove capita. per strada e nei parchi. e clienti occasionali di facevano ladri di piacere. d’altra parte a quel tempo. il tempo delle arance verdi. le gatte frettolose mettevano ansia e se i topi non c’erano. si andava a cercarli per non far ballare i gatti. che organizzavano feste rumorose fino all’alba. da cui il fenomeno e la successiva fondazione della rabbia saudita. il tempo delle arance verdi fu un bel periodo. gli spremiagrumi non esistevano ancora. i divani ospitavano raramente strisce pedonali. gli automobilisti soccombevano più facilmente al flashback dell’autovelox.
Inconvenienti del canto a cappella
cantare a cappella è rischioso. poiché esiste la possibilità di un organo. molti cantano a cappella nella spermanza di raggiungere i chioschi dell’orgasmo. a pen vedere. non c’è divertimento senza farfugliamento e se poi ci mettiamo l’organo a canne. ecco. il discorso non cambia. insensato era prima insensato resterà. trallallero trallallà. un po’ come l’infradito dei canti gregoriani. ma non c’entra questo. cantare a cappella coinvolge parte delle alpi svizzere. parte delle alpi apuane. parte delle alpi a pois. e parte della alpi relgine. le alpi relgine producono il muco ambrosoli che è proprio il gargarismo più adatto ai canti a cappella. d’altro canto non si può prescindere da alcuna scala. soprattutto se la scala è a chiocciola. vista la sua lentezza. le scale a chiocciola sono di madri con i pioli. e se non avete capito la metafora. vuol dire che non potrete mai capire la doppiafora. d’altronde il doppio è sempre stupefacente. anzi didascalico o se volete. diarreico. e la diarrea non si augura a nessuno. figuriamoci la triarrea e la quadriarrea. il canto a cappella è essenzialmente d’altri tempi. i tempi cambiano e restano sempre gli stessi. il 68 c’era solo nel 68 e il 69 esisteva solo l’anno dopo. e non prima. nel 69 i canti a cappella erano abbastanza proibiti perché cappella io cappella tu. alla fine nessuno cantava per via. appunto. dell’eccessiva spermanza nel futuro orale. anche il futuro è passato. perché fu turo. è un passato terremoto e il presente è un congiuntivo apoplettico. per non parlare del condizionale areato e dell’infinito impresentabile. ecco. tutto questo mallarmé di concetti deriva dalla pulsione del canto a cappella. pulsione dubbiosa. a volte animalesca. dubbiosa perché. beh. pecora. sulle prime si direbbe ah si? no. Una pulsione asinina pecoral statuaria. eppure. spesso. priapo d’iniziare a cantare a cappella. ci si marmorizza bene il fallo. il calcio d’angolo. e si inizia immantinente il giuoco del coglione. dunque ando coglio coglio. e non si capisce perché solo duomo è il canto a cappella. e mai di donna. tanto di cappella. dunque. dunque un canto a cappella non solo non è consigliabile ma. nemmeno scaricabile dalla tasse. da ciò ne consegue che il canto a cappella è solo un canto del cazzo. un canto del cigno. il famoso cigno delle ande.
Il cigno giallo
il cigno delle ande è giallo. verde. ha forma di semaforo grigio. la sua personalità è quella tipica dell’orso yoghi. orso yoghi? no. non yogo. E quando ti affacci alla finestra il cigno ti spiega che quella non è una finestra. ma una iniziostra e lì appunto inizia. incigna la storia del cigno. pure la sua geografia. si stima che il fallo del cigno. infatti. abbia la forma di una clessidra elettrica. e il corpo del cigno sia enorme come un piccolo stato dell’asia. ma il cigno tutto questo non lo sa. e le nostre sono soltanto congetture astrali. congiunture a strali. congiunzioni a strati. congiuntivi astratti. confetture di cloaca. si narra. a questo sproposito. che le confetture di cloaca fossero un palliativo della cloaca di monza. suora sporca e puzzolente che non avendo pallone per giocare e. scarpe per calciare. s’inventò il palliativo della cloaca. rimedio sferico a forma di palla di cacca. un solido di merda. cosa che non riguarda il cigno delle ande. che non ha mai fatto la cacca. di questo mistero non si sa ancora la mistura. non si conosce nulla. fatto sta che il cigno non fa la cacca. se ne ciba ma non la fa. è un altro mistero. la donna di cigno. infatti. è così oscura o chiara. comunque. per gentilezza la si chiama sempre miss tero. si dice che il cigno delle ande è giallo. ma questo è in parte vero in parte pure. in parte falso in parte parte. in parte resta in parte ha ragione il cigno delle ande quando s’inalbera. mettendo su foglie e rami. e muovendosi al vento gelido delle ande. ha proprio ragione nel dire che non c’è motivo di voler scoprire il mistero del cigno giallo delle ande. perché. come si ostina ormai da secoli a ribadire. egli non esiste. non è giallo. non è delle ande. e da cento secoli e due minuti. il cigno quando gli si chiede. ma tu. chi sei veramente? risponde col tono grazioso di un cellulare e dice. fatti i cazzi tuoi.
Le prugne scissioniste
a quel tempo. oggi 7 novembre 2012. accadde la rivoluzione delle prugne secche. che decisero di occupare le piazze perché reclamavano diritti e. manrovesci in quanto che. non sopportavano più la nomea di essere frutti da evacuazione. i diritti dei lavoratori intestinali. infatti. come i diritti dei lavoratori interinali. erano stati lesi e gli stipendi da fame. invece. continuavano a essere illesi. Sempre gli stessi. la gente non mangiava più e dunque. le prugne non potevano più assolvere ai loro diritti. di lavoratrici intestinali. avvenne la rivoluzione. durò poco. finì in un battipanni. in un battito di cinghia ma non delle forze ordinate. infatti. in seno e in intestino a queste lotte di piazza. si collocarono. tra capo e collo del sistema digestivo e politico. s’insinuarono. i diritti delle prugne scissioniste. le quali. al contrario delle prime. reclamavano il diritto di essere considerati frutti da evacuazione e. volevano essere ingerite dai ricchi. questo era il punto. i ricchi. quei pochi rimasti. non mangiavano più per non evacuare. ragion per cui. il consumo di prugne scissionista calò radicalmente. scontri di piazza di una violenza inaudita. e puzzolente. la spuntarono le prugne scissioniste. ovvero le prugne orgogliose di essere considerate frutti da evacuazione. e. infatti. quella fu una rivoluzione di merda. e le prugne antagoniste. che odiavano essere considerate frutti adibiti allo smaltimento della cacca. furono costrette a autoingerirsi e quindi evacuarsi. proprio le prugne pruriginose e. stanche di essere considerate frutti di merda. si trovarono nella loro stessa cacca. in linea con il famoso principio della fisica per cui. nulla si crea e nulla si distrugge. sicché le prugne antagoniste si trovarono nel circuito chiusino di mangiarsi e cacarsi. ad libitum. condizione stagnante che favorì la parte contraria. cioè delle prugne scissioniste. ultraortodosse. che chiedevano. imponevano. di essere consumate in maggior quantità dai ricchi che. per l’appunto. si rifiutavano di mangiare per non cacare. le prugne rivoluzionarie. divennero il frutto preferito dai poveri i quali per. far girare l’economia si misero a mangiare solo. le prugne autodivoranti e come loro. mangiavano per cacare e cacavano per mangiare la loro stessa merda. non che la merda la si mangiasse sempre e unicamente allo stesso modo. intorno al consumo autarchico di merda nacque tutto un sistema di ristoranti. pub. birrerie. pizzerie che riciclavano la merda e anche in televisione spopolavano i piatti di merda. al vapore. cotti. fritti. freddi. persino la cacca dura dei cani. lo scizio e lo scilabo. trovò un suo utilizzo per fare collanine. vestiti. certo sempre vestiti di merda erano alla fine. ma l’industria del riciclo conobbe un notevole escremento. persino i ricchi. invidiosi come sempre della merda altrui. specie della merda dei poveri. iniziarono a cacare e a riciclare la loro stessa merda. meno profumata. e questo con buona pace delle prugne scissioniste. quelle ultraortodosse che finalmente si videro decimate. dagli intestini pigri dei ricchi stitici. tutto ritornò al suo posto. la rivoluzione della merda riportò la serenità e la prosperità. per quanto puzzolente. con lentezza. politica ed evacuazione permisero all’economia di riprendere il suo ciclo digestivo. da quel momento in poi ‘nazione di merda’ significava ‘superpotenza economica’ e. allo stesso modo. ottenere l’epiteto di ‘popolo di merda’ divenne l’aspirazione massima di ogni popolo assennato. l’ambizione spinse tutti a considerarsi uomini e donne di merda. la merda divenne oro e l’oro. di conseguenza. divenne merda. il problema restava l’oro. quando il lingotto da evacuare. attraversare il retto. sfiorire aldilà del buchetto anale. ma l’ingegno umano supera i confini della fantasia. e per ovviare al provante problema dei lingotti impossibili da evacuare. gli uomini e le donne di merda. si sottoposero alla semplice operazione dello sfondamento del culo. ma di questa operazione si parlerà più avanti. se avremo tempo e culo.
La morte della morte
che poi. disse. e morì. la cassa da morto insonorizzata con lo sterco di capro espiatorio. morte avvenuta all’improvviso. proprio mentre era ancora in vita. avesse potuto scegliere. avrebbe aspettato ancora un po’ prima di morire. il giorno prima stava così bene che il giorno dopo morì. i familiari non ne furono molto felici. ma faceva sempre di testa sua. la bara fu infibulata in un terrapieno vuoto sotto il balcone. il giradischi se lo portò con sé. portò con sé anche i vinili. i birrili. i campi di soia. e il corpo. nemmeno il corpo lasciò alla famiglia. che so. almeno un arto. una vena. un pelo di cazzo o il buco del culo. nulla. lasciò solo il niente. e del niente che cosa ce ne facciamo. ora che ci affacciamo al balcone della sua bara. non possiamo esporre che la foto di niente. e così avvenne. il cielo era grigio come un lampadario sporco. le mani non avevano lavate. e il san dalo e la san pantofola. e la sant anche. anche lei. venne accumulata nei cimeli di famiglia. tra i gioielli di famiglia. tra i testicoli. testimoni del cazzo che preannunciarono la venuta della morte. la cassa. intanto. era di legno di frassino con bordure di frattempo. per resistere ai temporali sottoterra. da che morì. i suoi lo mandarono via da casa. e da quel giorno. sconcluso come una cisterna in pieno deserto. tutti lo vissero felice e contento.
Senza indugi
senza indugi. il barattolo scalcagnò via il concetto stesso di contenitore. si scambiò per un altro e fece un baratto. camminò al contrario e confuse la lana caprina per una questione di lana pecorina. la mattina dopo. senza indugi. chiuse il calendario. ovvero sia l’insiemistica delle calende greco-romane e. vidimò un biglietto causando il cortocircuito delle amebe. il barattolo. si sa. è un infischiante monogamo dalle sopracciglia a spazzola e i piccioni redimono. coi loro canti tubistici. i dolori del giovane merder. egli diede inizio alla saga delle serpi. colanti contenute nel barattolo di cui sopra e. di cui a destra e a sinistra. la mattina che avvenne la saga. era sera. e tra una saga e l’altra. si accavallò un pomeriggio robo-dionisiaco. il barattolo. senza indugi. scapicollò le finestre e tradusse le porte in chiese chiuse. dopo i fedelissimi del giovane merder. trassero bigodini dal fondo del tempo. in tutto questo parapiglia in puglia. il giovane merder creò il primo barattolo di pietra secca e. lungi dall’essere solo un contenitore. il barattolo che ne derivò si trastullò. per poco col concetto di. contenitore. tanto da essere senza indugi definito baratto. questo provocò. per la storia ufficiale. la crisi arabo-marziana ai tempi della rivoluzione gaelica nei pressi di albarattolo bello.
Il meteorismo dei gatti
sillabanti e sterili i gatti. spesso. attraversano le strade maestre infischianti delle classi che sono acqua. in modo simile e contrario. i tappertugi sillabici consolano coi loro portolani i cieli assiderati della notte di san lorenzo. proprio nel cemento di questa notte. sfolgorano i cieli le pertugie meteoriche che danno. alito ai meteorismi celesti. antichi navigatori utilizzavo il portolano. ovvero sia un essere marino che si premurava di portare l’ano. con il passare degli ani. questa usanza divenne parvenza e infine rientranza. a tutt’oggi non esistono più navi da guerra. romane nascoste con sotterfugio dentro. la barriera corallina di una qualsivoglia isola cottura. ma torniamo ai gatti. e ai loro attraversamenti stradali. sempre più rari. avari e ilari. quindi è meglio non torniare ai gatti. bensì proseguire con il sidereo annuncio dei meteorismi di san lorenzo. accade in questa notte che. lunghe scie di zolfo e merda solchino il cielo e ognuno. se non è stitico. desidera esserlo e non lo è. si gloria e s’inalbera per la sua consustanziale cretineria cacchesca. i gatti che miagolano alla luna. sono un problema della luna stessa. laddove i prepuzi dell’aurora testicolano contro gli orizzonti del cielo. i gatti che abbaiano. invece. sono un problema del meteorismo celeste. in particolare per i gatti che nascono sotto il segno dei pesci. se li mangiano e non per fame. ma per vantarsi con gli amici. sono questi i gatti ratti. i cui ani generano meteorismi giganti in trasformazioni costanti nel cielo. infatti. proprio san lorenzo. si dice fosse un gatto estetico dalla stitica. protuberanza alciona che proprio la notte di san lorenzo meteora. di stelle il cielo. in realtà non di altro si tratto che. appunto. di flatulenze feline.
Tracontanti soldi
quando finì la crisi io ero morto. decisi di resuscitare perché. dopo la crisi è possibile farlo. senza farsi a dismisura di usura. le banche danno soldi a gogò. a gagà. ai gigolò e ai baccalà. cioè i pesci che hanno conseguito il baccalaureato in gnoseoidrologia dell’ascolto. una specializzazione in nulla. per questo il temporale fu talmente gentile che si poté. a ragione. parlare di buon tuon in quanto che. la cerniera lampo scalpitava nel cielo. seguita da un silenzioso tremore intergalattico. ero morto in un orto in un. battibaleno di battiscopa rullante. povero e belando come una pecora slava. slava come lava. battendo i denti contro i consigli del ministro di soda caustica. gluostrato di neuroletti a vapore. incetriolato di vampiti cuneiformi.
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csajokamotoron · 1 month
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Igazi példakép a 103 éves olasz néni
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A napokban egyik éjszaka a csendőrök elkaptak egy 103 éves nénit, aki jogosítvány és biztosítás nélkül vezetett. Miután lefoglalták az autóját, úgy döntött, vesz egy Vespát. Az olasz Giuseppina Molari 1920-ban született, és a mai napig aktívan vezet. Mivel lakóhelyén nincs tömegközlekedés, egy kis fehér Fiat Pandával jár. Ezzela kisckocsival látogatja barátait minden nap a 8-10 km-re lévő településen, ahol minden héten együtt kártyáznak. Március 14-én éjjel a csendőrök arra lettek figyelmesek, hogy éjjel kettőkor egy kocsi elég bizonytalanul közlekedik a városban. Megállították az autót, és megdöbbenve tapasztalták, hogy a sofőr csaknem 104 éves. A gond csak az volt, hogy az autónak két éve lejárt a forgalmija és biztosítás sem volt rajta, a néninek pedig 7 éve lejárt a jogosítványa. A szerv nem tehetett mást, lefoglalták az autót, és a nénit hazafurikázták otthonába. https://www.youtube.com/watch?v=Ci3ImLkit_g Az eset után Giose azt mondta, hogy a jogosítvány nem számít, anélkül is ugyanúgy tud vezetni, még soha nem okozott balesetet. Autó nélkül nem tud élni, és természetesen ezek után sem fog otthon ülni. Felül a biciklijére és elmegy Ferraraba, onnan pedig Bolognába, ahol vesz magának egy Vespát. A néni a videó alapján nagyon aktív a kora ellenére is, a bringát úgy tekeri, mint egy tinédzser, nyilván a Vespával is hasnolóan rutinosan hajt majd. Azonban Olaszországban valós probléma, hogy olyan idős emberek vezetnek autót, akik már rég nem kaphatnák meg a jogosítványt, rosszul látnak, rosszul hallanak és a reakcióidejük sem az igazi. Ehhez még hozzájárul, hogy sokan közülük elektromos mopedautókkal járnak, amelyeknek nincs hangja, így sok balesetet okoznak. Szóval kettős érzés van bennem: egyrészt ilyen idős embereknek nem szabadna a forgalomban közlekedniük, mert veszélyesek, másrészt remélem én is motorozni fogok még 104 éves koromban! Foto: 123rf Read the full article
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disfunzioni-atm · 1 month
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I denti del giudizio vanno rimossi o si possono tenere?
I denti del giudizio, noti anche come terzi molari, sono gli ultimi denti permanenti che spuntano nella bocca, di solito tra l’età di 17 e 25 anni. A causa della loro posizione e della mancanza di spazio nella mascella, i denti del giudizio possono causare una serie di problematiche, tra cui:
Impatto: Un dente del giudizio impattato è bloccato nel tessuto gengivale o nell’osso. Può causare dolore, gonfiore e infezione. Il trattamento principale per un dente del giudizio impattato è l’estrazione.
Dolore e infiammazione: I denti del giudizio possono causare dolore e infiammazione nella zona circostante, specialmente se c’è un’infezione. Il trattamento può includere l’uso di farmaci antinfiammatori, analgesici o antibiotici per alleviare il dolore e controllare l’infezione.
Infezione: Se un dente del giudizio non può sorgere completamente dalla gengiva, può formarsi un lembo di gomma sopra di esso, creando un ambiente ideale per la proliferazione batterica e l’infezione. In questo caso, potrebbe essere necessaria l’estrazione del dente del giudizio.
Cisti o tumori: In alcuni casi, un dente del giudizio che non può emergere correttamente può formare una cisti o un tumore nella mascella. Queste condizioni richiedono un trattamento chirurgico per rimuovere il dente del giudizio e la lesione associata.
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macabr00blog · 2 months
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percorsi frammentati: 2017 (2)
Amarezza sulla mia gola bambina, mi tremano le fauci a vederli contorcersi, dietro i miei molari si apre il mio segreto più profondo, è lì che vi nascondo. E’ lì che smetto di pronunciare i loro nomi, tolgo via i semi, lascio che niente vada oltre. Mio padre mi viene a prendere, un pomeriggio di giugno, io e mia sorella andiamo in vacanza con lui. Ho quattordici anni, un telefono nascosto all’interno dei pantaloncini, i capelli corti ai lati, ci addentriamo nei peggiori hotel di villeggiatura, il mare è sporco come una palude, mio padre si addormenta a colazione. Julian, qualche giorno prima, mi consegna una lettera scritta al computer, non mi ama più, ha perso la voglia, non ha mai avuto desiderio. Come potrebbe, d'altronde, lui, io sono solo un comune schiavo. E’ spietato, non mi risponde per giorni, io nella stanza d’hotel inginocchiato sul tappetino del bagno fingo una convulsione. Mi hanno insegnato che con la bocca posso fare tutto, quella è la mia migliore arma, grido d’aiuto e la mia presunzione sollecita i soccorsi. Con il telefono nascosto chiamo mia madre, dall’altra parte d’Italia, le dico con la voce di un figlio che ha fame, con la stessa voce con cui ho parlato per mesi con decine di uomini che mi chiedevano dove fosse il mio cuore, con la stessa voce che mi ha portato al silenzio, di voler il suo aiuto. Pretendo di recuperare la strada, le dico che se non accorre con una scusa, potrei gettarmi dal balcone, lei non sa che siamo alloggiati al primo piano, mi romperei massimo un altro osso del braccio, è silenziosa per attimi interminabili, chiede pace. Chiede pace con la stessa voce in cui chiedo da anni pace a mio padre, ormai con il volto devastato dalle sostanze, occhiaie di un orco sonnambulo, è la stessa ombra sottile di quando Julian mi sta davanti al sole e mi tiene per mano. Chiede pace come solo una madre vorrebbe che il figlio tacesse per lei. Via, portatemi via. In meno di mezza giornata mia madre è ferma ad un autogrill lungo la strada di casa, io ho il volto caldo da uno schiaffo, la mano di mio padre che trema sul volante, mia sorella accanto a me piange mentre mastica una gomma rosa. Scendiamo dall'auto di papà, saliamo sull'auto di mamma, io so che mi sto lasciando una bambina alle spalle, quella bambina che tanto mi è somigliata in questi anni, io so che sto dicendo addio all’infanzia. Non riesco a dire altro che scusa, ma non sono per niente dispiaciuto, coloro un mandala lungo la strada di casa, quattro ore di autostrada nel silenzio. Al mio ritorno l’estate ormai inoltrata, il calore del disonore che mi pizzica la gola, mi sono chiesto parecchie volte se mi sono forzato a scopare nelle settimane seguenti, se il mio desiderio fosse soltanto frutto di un altro spazio e di un altro corpo che non ero io, e la risposta è stata sempre no. Non era un mio dovere, non era nemmeno un piacere, era un passatempo. I passatempi non sono passioni, non sono bisogni, sono il lungo spazio nelle ore, e d’estate in provincia è tutto troppo vacuo. Dall'auto di papà, all'auto di mamma, all'auto di un amico o un nemico o un animali dai sensi particolarmente affini. Il mare palude che diventa la ristretta bonifica di un terreno irrigato all’alba, gli alberi dopo la casa di Julian che si fanno stretti, il fico al centro del giardino che s’ammala. Mio nonno compra una motosega, lo sradica una mattina di luglio. Il fico si è ammalato, lo hanno ammazzato. Lo stesso giorno, i miei umili pretenziosi desideri adolescenziali si rendono odiosi sotto la mia lingua. Nel pomeriggio lascio scorrazzare il cane, gli lancio una vecchia palla di plastica sgonfia, lui nemmeno si alza dal giaciglio per rincorrerla. Disimpara in fretta. Nel pomeriggio salgo al piano di sopra per prendere un libro, mi siedo sull’asfalto del patio, sto aspettando qualsiasi messaggio da qualsiasi disgraziato che voglia ancora un po' di materia dolce, ma sono tutti emigrati lontani da questo pezzo di nulla.
Lui arriva scampanellando lungo la via. E’ un nitrito meccanico. Penso che non scorderò mai quel rumore senza risposta, quel modo di annunciarsi così acuto, il momento esatto in cui arriva davanti alle sbarre ferrose e arrugginite del cancello padronale, scende dalla bicicletta. Non ha niente a che fare con una preda, ma allo stesso tempo da lontano non è nient’altro che un cervo reso misero dall'assenza delle corna. Non c’è niente sul suo capo di capelli scuri, niente che parli di schiavitù, niente che parli di regalità, è solo una massa di pelle avvenente. Sento il suo odore per la prima volta quando, ormai sceso dalla bicicletta e lasciata alle spalle la via, si addentra dentro il cortile di casa mia, mi si avvicina per farsi spazio nell'apertura delle sbarre, io di sbieco riesco a percepire la sua dentatura da fumatore e l’unto della protezione solare e la fatica del suo addome di sudori fini. Non è mai esistito niente che mi facesse credere così tanto che il mondo è odore. Mia madre che mi mette al mondo, dentro di lei sono una massa di arrugginiti cordoli di sangue, un’appendicite si trasforma in infezione, ho reso il suo corpo una bara. Mio padre che mi tiene stretto al petto, una vecchia fotografia di lui in sala parto, bianco come un cencio, mi hanno raccontato del suo svenimento. Mia sorella che sbuccia il ginocchio, sulla ghiaia, si trascina la gamba insanguinata. Metallo, metallo, metallo, averlo vicino è come sentire il suo sangue, l’oro del suo crocifisso sulla lingua, lui è un cervo ed io sono un orso, sono un orso, sono un orso e sono appena uscito da un letargo durato tutta la vita. Apro la bocca come farei se fossimo umani, la apro poco per non destare sospetti, il mio sentimento si perde tra il non detto, qualche convenevole e scivola lungo il marciapiede, appoggia lo zaino sullo stesso tavolo dove Julian sputava semi, si sfila velocemente la maglietta e ricade nell’azzurro della piscina.
Le settimane seguenti torna come se si annoiasse davvero, arriva la mattina presto e resta fino all’imbrunire, all’incirca tre bagni e un pranzo, non parliamo mai davvero. Trovo, quindi, espedienti per attirare la sua attenzione, esche di carta, mi trascino tra le mani libri importanti, cammino lungo il bordo con Luminal di Isabella Santacroce, Pasolini sottobraccio, una volta cito Pavese a pranzo, lui coglie di sfuggita il verso. Sonnecchia su Celan, cosa ne sa lui di me? Sono un ragazzo da collezione, non smetto con gli appuntamenti, sono un ragazzo martire, non smetto con il grande cielo.
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