C'è stato un tempo in cui la socialità non era appannaggio dei social network. Un tempo in cui per essere figo non potevi fare affidamento sui filtri Instagram ma dovevi impiastricciarti i capelli di brillantina, indossare i tuoi jeans Angeldevil e sperare che San Topexan riparasse il viso segnato dall'acne della pubertà.
Anche il rituale del corteggiamento obbediva a dinamiche assai diverse, perché diverso era il palcoscenico. Sto parlando delle giostre delle fiere itineranti che hanno segnato l'adolescenza di chi, come me, l'ha vissuta nella realtà di una piccola provincia. Le giostre erano una sorta di Isola che non c'è, uno spazio in cui gli adulti non erano ammessi e a noi ragazzi era concessa la libertà di fingerci orgogliosamente indipendenti.
Quando mi sono trovato a sfogliare l'opera di Paolo Zerbini Tagadà ho ritrovato tutti questi ricordi immortalati in scatti che sembrano riemergere da un passato lontano. Le giostre sono state per molti il terreno delle prime volte, le prima scappate, i primi baci, i primi tiri di sigaretta. Era lì che potevamo dare libero sfogo agli impulsi che animavano il nostro corpo. Erano un'estensione della nostra cameretta, erano la realizzazione del nostro desiderio di emergere e dimostrarci coraggiosi - maturi. Alle giostre ci si guardava, alle giostre ci si abbracciava. Oggi tutto questo appare anacronistico, oggi la nostra vita è regolata dai dispositivi che teniamo in tasca, le nostre emozioni sono ridotte a stupide emoji. Il nostro coraggio? A che serve parlare di coraggio, internet ne ha regalato a chi è (e resterà) comunque un codardo.
Quant'è bello allora perdersi nelle foto dai colori caldi in cui Zerbini ha catturato le giornate al luna park dei giovani della sua provincia: il mantovano. Corpi abbronzati, sudore e sorrisi, tutto è giocoso perché tutto è in movimento. La socialità nella sua dimensione più genuina, quella cioè privata di schermi in cui le luci non sono quelle dei cellulari ma delle lampade al neon. Ecco allora le foto rivestite di quella patina gialla, come un abito da sera che dona l'aspetto pingue della salute, della gioia di esserci e di farlo in presenza. Il brivido di un contatto fisico, di una mano che non si vergogna a trovare il fondo della tasca dei pantaloni della propria ragazza.
Come affermato da Francesco Zanot, le giostre sono una bolla in cui si svolgono le prove generali di una società organizzata secondo un modello tribale. E in questo contesto il Tagadà diventa la regina del luna park, la prova di forza e coraggio più difficile da affrontare, il preludio a ciò che verrà.
L'opera di Zerbini è un'esperienza visiva che sollecita emozioni sopite. Perdonate il gioco di parole se lo paragono a un ultimo giro di giostra, ma è effettivamente così. La nostalgia gioca un ruolo importante e non vi nascondo che anche la presenza della sovracoperta rosso-trasparente in pvc del tipo che si usava per i quaderni e i libri di scuola mi ha fatto scendere una lacrimuccia.
Perché Tagadà è anche un bell'oggetto valorizzato dalla scelta, per la stampa, di una carta ultra-glossy. In fondo è giusto così, se al cuore si è pensato è giusto dare anche all'occhio la sua parte.
Ho parlato di:
Tagadà
Paolo Zerbini
Editore: Skinnerboox
150 pagine, colori
Copertina morbida con sovra-coperta in pvc
ISBN 978-88-94895-63-6
Ballano insieme,seduti sulla carrozzina a rotelle,ragazzi e ragazze disabili,ragazzi e ragazze con le gambe che funzionano.Le differenze scompaiono,e si riesce a far volteggiare la carrozzina ,sulle note di un valzer o di un rock. E' un progetto di "inclusione alla rovescia" lanciato da una scuola di danza di Pavia ,e sviluppato su parquet di una palestra. Non serve iscriversi: si arriva,in carrozzina o a piedi,ci si siede ,e si comincia a ballare. Insieme con quelli, che in carrozzina ci passano la vita. Tutti seduti sulla sedia a rotelle. E' il progetto ",Abili si diventa" un modo x scambiarsi esperienze , vestire i panni degli altri ,aiutare l'inserimento dei disabili. L' idea e" di una Campionessa Paralimpica di Danza lombarda, che si e' reinventata,dopo aver perso l'uso delle gambe,in un incidente. Lei e' l'insegnante.Quando sono seduti, spiego a Sofia, sono tutti eguali,e la carrozzina diventa l' attrezzo ginnico comune. Non e' facile dosare la forza,muoversi all'indietro,volteggiare seguendo le note.
Ma si impara in fretta. Le carrozzine diventano leggere,come ali di farfalla. E le risate cementano nuove amicizie,che fanno bene al cuore.
Perche' non farlo,anche nella nostra citta' ? - Paolo Zerbini