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#piattaforme galleggianti
gaetaniu · 5 months
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Rivelato il ciclo di feedback che sta sciogliendo le piattaforme di ghiaccio nell'Antartide occidentale
Schema che illustra il meccanismo di formazione della corrente sotterranea del versante antartico. Crediti: Science Advances (2024). DOI: 10.1126/sciadv.adl0601 Una nuova ricerca ha scoperto un ciclo di feedback1, che potrebbe accelerare lo scioglimento delle porzioni galleggianti della calotta glaciale dell’Antartide occidentale, facendo aumentare il livello globale del mare. Lo studio,…
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lamilanomagazine · 6 months
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Cantieri per l'eolico in mare, la Sicilia proporrà al ministero dell'Ambiente una sede portuale
Cantieri per l'eolico in mare, la Sicilia proporrà al ministero dell'Ambiente una sede portuale. La Sicilia presenterà una candidatura unitaria al ministero dell'Ambiente per un porto nel quale realizzare il cantiere per la produzione e l'assemblaggio di piattaforme galleggianti per l'energia eolica in mare. Questo il tema di una riunione di coordinamento che si è tunuta a Palazzo d'Orléans a Palermo tra il presidente della Regione Renato Schifani e i rappresentanti delle autorità portuali siciliane. Il ministero dell'Ambiente, come previsto dall'articolo 8 della legge 11/2024, emanerà un avviso per selezionare, in almeno due porti del Sud, aree da destinare alla realizzazione di infrastrutture idonee a questo scopo e la Sicilia sta valutando di indicare, in maniera congiunta con le autorità, il porto di Augusta. L'obiettivo del governo nazionale è quello di creare un polo strategico del settore e la Regione Siciliana avanzerà la propria candidatura. Per le autorità portuali erano presenti all'incontro Flora Albano ed Enrico Petralia, project manager e direttore tecnico di Palermo; Domenico Latella, segretario generale di Messina e Francesco Di Sarcina, presidente dell'Autorità di sistema portuale di Sicilia orientale Augusta - Catania.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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tarditardi · 3 years
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Domina Coral Bay - Sharm El Sheikh: una Wellness Boat per il relax prima e dopo snorkeling ed immersioni
Tra le novità che gli ospiti di Domina Coral Bay, l'immenso resort deluxe a Sharm El Sheikh sul Mar Rosso, località finalmente di nuovo raggiungibile anche dai turisti italiani (grazie alla recente ordinanza Governo italiano) sui corridoi turistici extra UE, c'è una Wellness Boat. L'imbarcazione è disposizione di chi vuol rilassarsi anche inl mare, prima e dopo immersioni o momenti di snorkeling da sogno sulla barriera corallina, non solo nella SPA di Domina.
Lo staff di Domina, grande gruppo alberghiero che fa della cultura italiana il suo fiore all'occhiello in tutte le sue strutture deluxe sparse per il mondo, da sempre lavora infatti per trasformare anche gli spostamenti e i tempi morti della vacanza in momenti speciali. Anch'essi possono diventare ricordi che durano a lungo.
Chi sale a bordo della Wellness Boat  di Domina ha quindi oggi a disposizione uno dei fisioterapisti delle SPA di Domina. Durante la navigazione verso il punto d'immersione, il fisioterapista dà vita ad lezione di ginnastica posturale, tecnica di respirazione o pilates a corpo libero. E' anche possibile effettuare un massaggio sul ponte, godendosi il rumore del mare, senza comunque rinunciare alla privacy, grazie all'uso strategico dei tendalini. Per chi lo preferisce, è anche possibile utilizzare per i massaggi la grande cabina privata della barca.
"Abbiamo da poco messo a punto l'assetto dell'imbarcazione che è diventata la nostra Wellness Boat", racconta Luca Damoli, 34 anni, General Manager di Sheikh Coast, il Diving Center di Domina a Sharm El Sheikh. "Vogiamo regalare ai nostri ospiti, siano essi sub, snornekelisti oppure accompagnatori, un'esperienza multisensoriale di wellness. Ad esempio, il menu del pranzo è firmato dal nostro Executive Chef Gaspare Favarotta. Non mancano smoothies, insalate con ingredienti energetici ma leggeri allo stesso tempo e frutta a disposizione di tutti per favorire la reidratazione" ( https://www.instagram.com/sheikhcoast/ - https://www.facebook.com/Sheikh.Coast ).
Successivamente, dopo l'immersione, che a volte è doppia, a bordo viene servito il pranzo che viene fornito al dipartimento Food & Beverage di Domina Coral Bay, con un menu, appena rivisto in chiave Italian Style. E non è tutto. Durante il rientro al resort, ecco una ulteriore sessione con il fisioterapista: rilassamento, meditazione o altre attività, a seconda delle esigenze e delle preferenze degli ospiti a bordo.
E così, riassumendo, quello che era un semplice trasferimento in mare da e per i luoghi in cui godere della magia della barriera corallina, diventa un ulteriore momento di relax. Tra l'altro, Domina Coral Bay ha una sua marina privata, l'unica di Sharm, così gli ospiti della grande struttura evitano lunghe trasferte e attese al porto principale.
E dopo un'immersione con massaggio sul mare?  Ecco Elisir, la SPA in stile moresco di Domina Coral Bay, considerata la più esclusiva di tutto l'Egitto  ( https://www.dominacoralbay.com/it/resort-con-centro-benessere-sharm-el-sheikh ).
Chi vuole provare ad ogni vacanza emozioni e relax assoluto di questo tipo, può scegliere D Club, la comproprietà alberghiera di Domina, che regala coccole a chi sceglie di vivere per tutta la vita vacanze senza pensieri e con servizi esclusivi, fin dall'arrivo in aeroporto ( https://domina.it/comproprieta/ ).
Domina Coral Bay su Instagram https://www.instagram.com/dominacoralbay/
Domina Coral Bay – Red Sea, a Sharm El Sheikh, è una destinazione nella destinazione: lusso italiano in uno scenario esotico da "mille e una notte" che offre 365 giorni all'anno infinite possibilità di sole, relax, divertimento e benessere. Il resort è un paradiso incastonato nella meravigliosa barriera corallina del Mar Rosso, ancora perfettamente intatta e protetta.
9 diversi hotel, 1.8 chilometri di spiaggia dorata attrezzata con ombrelloni, lettini e piattaforme galleggianti per tuffarsi in mare da un punto privilegiato, garantendo l'integrità e la conservazione della meravigliosa barriera corallina. Il Domina Diving Center al nostro interno è l'unico in tutta Sharm ad avere un pontile privato riservato agli Yacht Domina per straordinarie escursioni subacquee con i nostri istruttori professionisti.
I 4 ristoranti à la carte e i 3 ristoranti a buffet offrono i sapori tradizionali della cucina italiana, menu internazionali e ricette tipiche della cultura egiziana scegliendo il meglio dei prodotti stagionali. Anche chi ha voglia di bere qualcosa di buono, ha l'imbarazzo della scelta. Sono ben 13 i bar ubicati negli angoli più ricercati del resort, a bordo piscina o sulle spiagge. Il nuovo "The Beach - Luxury Club", ovviamente sulla spiaggia, vizia gli ospiti con gastronomia contemporanea, sushi e thai, da gustare comodamente sui lettoni bianchi a baldacchino. Una vera coccola vacanziera. E la sera? Dinner show con performer internazionali, Aladin Casinò, lo storico Casinò di Sharm El Sheikh situato nel cuore del resort e beach party tutti da vivere al The Beach.
PHOTO HI RES DOMINA CORAL BAY WELLNESS BOAT bit.ly/DominaWellnesBoat
PHOTO HI RES DOMINA CORAL BAY IMMERSIONI SUB bit.ly/DominaCoralBay-sub-foto
Domina Coral Bay - Red Sea, a Sharm El Sheikh
https://www.dominacoralbay.com/
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mezzopieno-news · 6 years
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ROTTERDAM: I  RIFIUTI RACCOLTI DIVENTANO UN PARCO GALLEGGIANTE
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La città olandese di Rotterdam ha avviato nel 2014 un progetto, che si è recentemente concluso, per recuperare i rifiuti plastici presenti nel fiume cittadino e trasformarli in un grande parco galleggiante. Apposite reti galleggianti, posizionate lungo il corso del fiume, hanno “pescato” tonnellate di plastica prima che raggiungessero il Mare del Nord. I rifiuti plastici così recuperati sono stati convertiti in piattaforme esagonali collegabili tra loro in grado di ospitare piante, animali acquatici e panchine a disposizione degli abitanti della città.
Il progetto, che ha inaugurato i primi 140 metri quadrati di piattaforme galleggianti, si propone come una soluzione locale al problema del riscaldamento globale e intende dimostrare che la plastica recuperata nei fiumi e nei mari può ancora essere riciclata e diventare una valida risorsa. Promosso dalla Recycle Island Foundation in collaborazione con la municipalità di Rotterdam, il parco mira ad ampliare la superficie galleggiante nei prossimi anni, favorendo una maggiore consapevolezza nella gestione comunitaria dei rifiuti plastici.
Fonte: Recycled Island Foundation - 18 gennaio 2019
✔ Buone notizie cambiano il mondo. Firma la petizione per avere più informazione positiva in giornali e telegiornali https://www.change.org/p/per-avere-un-informazione-positiva-e-veritiera-in-giornali-e-telegiornali
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latinabiz · 4 years
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Le linee guida dell'Inail e dell'Iss per andare al mare
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Lido L'estate è ormai alle porte e anche sul litorale pontino ci si prepara alla stagione balneare. Una stagione balneare necessariamente diversa, condizionata da quella che è stata definita la “convivenza” con il Covid.  L’Inail in collaborazione con l’Istituto superiore di sanità (Iss), ha realizzato un documento tecnico  sul settore delle attività ricreative di balneazione per fornire al Governo elementi di valutazione sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del nuovo coronavirus nella fase 2. L’obiettivo è quello di garantire la ripresa dell'attività assicurando al tempo stesso la tutela della salute dei lavoratori e dei clienti. Ecco quello che raccomanda il documento: “Il layout complessivo della spiaggia dovrà tenere conto di alcuni criteri quali la determinazione dell’accoglienza massima dello stabilimento balneare in termini di sostenibilità, nell’ottica della prevenzione dell’affollamento, con la finalità di mantenere il distanziamento sociale in tutte le attività balneari sia in acqua che sull’arenile”. Avremo stabilimenti aperti con entrata su prenotazione, ombrelloni distanziati di almeno cinque metri, piscine chiuse e igienizzazione dei lettini. Per consentire un accesso contingentato agli stabilimenti balneari e alle spiagge attrezzate, si legge, viene suggerita “la prenotazione, anche per fasce orarie, preferibilmente obbligatoria. Al fine di evitare code o assembramenti alla cassa, sarà favorire l'utilizzo di sistemi di pagamento veloci con carte contactless o attraverso portali/app web”. Vanno poi differenziati, ove possibile, i percorsi di entrata e uscita, prevedendo una segnaletica chiara.   “La zona ombreggio andrà organizzata garantendo adeguati spazi per la battigia in modo da garantire agevole passaggio e distanziamento fra i bagnanti e i passanti e prevedendo percorsi/corridoi di transito differenziati per direzione e minimizzando gli incontri fra gli utenti”,  si legge ancora nel documento che per garantire il corretto distanziamento sociale in spiaggia suggerisce una distanza minima tra le file degli ombrelloni pari a 5 metrie quella tra gli ombrelloni della stessa fila a 4 metri e mezzo. È opportuno anche privilegiare l'assegnazione dello stesso ombrellone ai medesimi occupanti che soggiornano per più giorni. In ogni caso è necessaria l'igienizzazione delle superfici prima dell'assegnazione della stessa attrezzatura a un altro utente, anche nel corso della stessa giornata. Andrà anche individuata la “modalità di transito da e verso le  postazioni/ombrelloni e stazionamento/movimento sulla battigia”. Per lettini e sdraie non posizionati sotto l'ombrellone dovrà essere garantita la distanza di almeno 2 metri. Per le cabine, c’è scritto ancora nel documento, “va vietato l'uso promiscuo ad eccezione dei membri del medesimo nucleo familiare o per soggetti che condividano la medesima unità abitativa”. E' da vietare, poi, “l'attività ludico sportive che possano dar luogo ad assembramenti e giochi di gruppo, le feste e gli eventi”. Saranno chiuse le piscine e per la fruizione di servizi igienici e docce andrà rispettato il distanziamento sociale di almeno 2 metri, a meno che non siano previste barriere separatorie fra le postazioni. "Deve essere garantita vigilanza sulle norme di distanziamento sociale dei bambini in tutte le circostanze”, si legge ancora nel documento Inail-Iss.  Gli utenti dovrannoindossare la mascherina al momento dell’arrivo, fino al raggiungimento della postazione assegnata, e lo stesso dovranno fare all’uscita. Negli stabilimenti, prosegue il testo, “vanno installati dispenser per l’igiene delle mani a disposizione dei bagnanti in luoghi facilmente accessibili nelle diverse aree dello stabilimento”; deve essere prevista la “pulizia regolare almeno giornaliera, con i comuni detergenti delle varie superfici e arredi di cabine e aree comuni, la sanificazione regolare e frequente di attrezzature  (sedie, sdraio, lettini, incluse attrezzature galleggianti e natanti), materiali, oggetti e servizi igienici, la pulizia dei servizi igienici più volte durante la giornata e disinfezione a fine giornata, dopo la chiusura”. Per quanto concerne le docce devono essere previste all’aperto, con garanzia di una frequente pulizia e disinfezione a fine giornata. Discorso a parte meritano poi le spiagge libere, quelle che comportano maggiori difficoltà in termini di “controllo delle misure di contrasto del contagio, in particolare al fine di evitare assembramenti e rispettare il distanziamento sociale. Tenendo conto delle specifiche caratteristiche delle spiagge, della loro localizzazione, dei flussi dei frequentatori nei diversi periodi della stagione balneare, dovranno essere localmente definite puntualmente le modalità di accesso e di fruizione delle spiagge stesse, individuando quelle più idonee ed efficaci”. Vengono poi fornite delle indicazioni di carattere generalecome l’affissione nei punti di accesso – che dovranno essere puntualmente individuati - alle spiagge libere di cartelli contenenti indicazioni chiare sui comportamenti da tenere: “Al fine di favorire il contingentamento degli spazi, va preliminarmente mappato e tracciato il perimetro di ogni allestimento (ombrellone/sdraio/sedia), – ad esempio con posizionamento di nastri (evitando comunque occasione di pericolo) - che sarà codificato rispettando le regole previste per gli stabilimenti balneari, per permettere agli utenti un corretto posizionamento delle attrezzature proprie nel rispetto del distanziamento ed al fine di evitare l’aggregazione. Tale previsione permetterà di individuare il massimo di capienza della spiaggia anche definendo turnazioni orarie e di prenotare gli spazi codificati, anche attraverso utilizzo di app/piattaforme on line. Dovranno altresì essere valutate disposizioni volte a limitare lo stazionamento dei bagnanti sulla battigia per evitare assembramenti”. Read the full article
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freedomtripitaly · 5 years
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Imbarcazioni centenarie riconvertite a costi ragionevoli, colonnine di ricarica anche su piattaforme galleggianti. Entro il 2025 i "vaporetti" a gasolio si estingueranno. Il programma della sindaca verde Femke Halsema procede spedito Amsterdam, il giro dei canali è climate friendly: 3 battelli turistici su 4 sono elettrici https://ift.tt/2ThTWpx Amsterdam, il giro dei canali è climate friendly: 3 battelli turistici su 4 sono elettrici Imbarcazioni centenarie riconvertite a costi ragionevoli, colonnine di ricarica anche su piattaforme galleggianti. Entro il 2025 i "vaporetti" a gasolio si estingueranno. Il programma della sindaca verde Femke Halsema procede spedito Amsterdam, il giro dei canali è climate friendly: 3 battelli turistici su 4 sono elettrici Imbarcazioni centenarie riconvertite a costi ragionevoli, colonnine di ricarica anche su piattaforme galleggianti. Entro il 2025 i "vaporetti" a
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pillsofmovies · 7 years
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Waterworld
Il mondo è completamente ricoperto d’acqua e alcuni uomini sopravvivono su delle piattaforme galleggianti. Waterworld è stato un film dalle grandi ambizioni, co-prodotto da Kevin Costner nel 1995 fu il film più costoso della storia del cinema, con una spesa di 175 milioni. Le aspettative non furono però ripagate e il film fu un discreto flop. L’idea è in realtà buona, oltre che estremamente…
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No all’esenzione Iva per le cessioni delle piattaforme di perforazione
No all’esenzione Iva per le cessioni delle piattaforme di perforazione
20 Giugno 2019
Gli euroguidici sottolineano che si tratta di opere galleggianti utilizzate in maniera preponderante in posizione immobile, per sfruttare giacimenti di idrocarburi in mare
La Corte Ue esclude l’applicazione dell’esenzione Iva in relazione alla cessione delle piattaforme di perforazione offshore, procedendo a una interpretazione restrittiva dell’articolo 148 lettere a)  e…
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gaetaniu · 6 months
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Il calore di El Niño può riscaldare gli oceani al largo dell'Antartide occidentale e sciogliere dal basso le piattaforme di ghiaccio galleggianti
Quando la neve cade sull’Antartide, gli strati si accumulano e si trasformano in ghiaccio. Nel corso del tempo, questa neve compressa si è trasformata in un ghiacciaio, o strato di ghiaccio, di dimensioni continentali. È enorme: quasi il doppio dell’Australia e molto più grande degli Stati Uniti continentali. Man mano che il peso del ghiaccio si accumula, lo strato di ghiaccio inizia a muoversi…
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fplex · 5 years
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Gli euroguidici sottolineano che si tratta di opere galleggianti utilizzate in maniera preponderante in posizione immobile, per sfruttare giacimenti di idrocarburi in mare
https://www.fiscooggi.it/giurisprudenza/articolo/no-allesenzione-iva-cessioni-delle-piattaforme-perforazione
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tarditardi · 3 years
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Domina Coral Bay - A Sharm una Wellness Boat per relax in mare, prima e dopo le immersioni sulla barriera corallina
Vedere sott'acqua la barriera corallina di Sharm El Sheikh è sempre un'emozione. Ma per gli ospiti di Domina Coral Bay c'è una bella novità.
"Abbiamo da poco messo a punto l'assetto dell'imbarcazione che è diventata la nostra Wellness Boat", racconta Luca Damoli, 34 anni, General Manager di Sheikh Coast, il Diving Center di Domina a Sharm El Sheikh. "Vogiamo regalare ai nostri ospiti, siano essi sub, snornekelisti oppure accompagnatori, un'esperienza multisensoriale di wellness. Ad esempio, il menu del pranzo è firmato dal nostro Executive Chef Gaspare Favarotta. Non mancano smoothies, insalate con ingredienti energetici ma leggeri allo stesso tempo e frutta a disposizione di tutti per favorire la reidratazione" ( https://www.instagram.com/sheikhcoast/ - https://www.facebook.com/Sheikh.Coast ).
Ma in cosa consiste l'esperienza della Wellness Boat? Uno dei fisioterapisti delle SPA di Domina sale a bordo e durante la navigazione verso il punto d'immersione, dà vita ad lezione di ginnastica posturale, tecnica di respirazione o pilates a corpo libero. E' anche possibile effettuare un massaggio sul ponte, godendosi il rumore del mare, senza comunque rinunciare alla privacy, grazie all'uso strategico dei tendalini. Per chi lo preferisce, è anche possibile utilizzare per i massaggi la grande cabina privata della barca.
Successivamente, dopo l'immersione, che a volte è doppia, a bordo viene servito il pranzo che viene fornito al dipartimento Food & Beverage di Domina Coral Bay, con un menu, appena rivisto in chiave Italian Style. E non è tutto. Durante il rientro al resort, ecco una ulteriore sessione con il fisioterapista: rilassamento, meditazione o altre attività, a seconda delle esigenze e delle preferenze degli ospiti a bordo.
Lo staff di Domina, grande gruppo alberghiero che fa della cultura italiana il suo fiore all'occhiello in tutte le sue strutture deluxe sparse per il mondo, da sempre lavora per trasformare anche gli spostamenti e i tempi morti della vacanza in momenti speciali. Anch'essi possono diventare ricordi che durano a lungo.
La bella novità per chi al Domina Coral Bay di Sharm El Sheikh vuol fare immersioni subacquee o semplicemente godersi una gita in barca è che una delle imbarcazioni, una volta la settimana, diventa una vera e propria Wellness Boat, in cui rilassarsi ancor prima di scendere nel blu oppure fare un po' di snorkeling.
E così, quello che era un semplice trasferimento in mare da e per i luoghi in cui godere della magia della barriera corallina, diventa un ulteriore momento di relax. Tra l'altro, Domina Coral Bay ha una sua marina privata, l'unica di Sharm, così gli ospiti della grande struttura evitano lunghe trasferte e attese al porto principale.
E dopo un'immersione con massaggio sul mare?  Ecco Elisir, la SPA in stile moresco di Domina Coral Bay, considerata la più esclusiva di tutto l'Egitto ( https://www.dominacoralbay.com/it/resort-con-centro-benessere-sharm-el-sheikh ).
Chi vuole provare ad ogni vacanza emozioni e relax assoluto di questo tipo, può scegliere D Club, la comproprietà alberghiera di Domina, che regala coccole a chi sceglie di vivere per tutta la vita vacanze senza pensieri e con servizi esclusivi, fin dall'arrivo in aeroporto ( https://domina.it/comproprieta/ ).
Domina Coral Bay - Red Sea, a Sharm El Sheikh https://www.dominacoralbay.com/
Domina Coral Bay – Red Sea, a Sharm El Sheikh, è una destinazione nella destinazione: lusso italiano in uno scenario esotico da "mille e una notte" che offre 365 giorni all'anno infinite possibilità di sole, relax, divertimento e benessere. Il resort è un paradiso incastonato nella meravigliosa barriera corallina del Mar Rosso, ancora perfettamente intatta e protetta.
9 diversi hotel, 1.8 chilometri di spiaggia dorata attrezzata con ombrelloni, lettini e piattaforme galleggianti per tuffarsi in mare da un punto privilegiato, garantendo l'integrità e la conservazione della meravigliosa barriera corallina. Il Domina Diving Center al nostro interno è l'unico in tutta Sharm ad avere un pontile privato riservato agli Yacht Domina per straordinarie escursioni subacquee con i nostri istruttori professionisti.
I 4 ristoranti à la carte e i 3 ristoranti a buffet offrono i sapori tradizionali della cucina italiana, menu internazionali e ricette tipiche della cultura egiziana scegliendo il meglio dei prodotti stagionali. Anche chi ha voglia di bere qualcosa di buono, ha l'imbarazzo della scelta. Sono ben 13 i bar ubicati negli angoli più ricercati del resort, a bordo piscina o sulle spiagge. Il nuovo "The Beach - Luxury Club", ovviamente sulla spiaggia, vizia gli ospiti con gastronomia contemporanea, sushi e thai, da gustare comodamente sui lettoni bianchi a baldacchino. Una vera coccola vacanziera. E la sera? Dinner show con performer internazionali, Aladin Casinò, lo storico Casinò di Sharm El Sheikh situato nel cuore del resort e beach party tutti da vivere al The Beach.
PHOTO HI RES DOMINA CORAL BAY WELLNESS BOAT bit.ly/DominaWellnesBoat
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purpleavenuecupcake · 6 years
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La Mobilità verticale diventa realtà, nel 2025 i primi droni elettrici
La mobilità urbana del futuro va in scena a Torino, alla prima edizione della Convention Internazional Vtm - Vehicle and transportation technology innovation meetings. Nel 2035, spiega lo studio «The Future of Vertical Mobility», presentato da Josef Nierling, amministratore delegato Porsche Consulting Italia, il mercato mondiale della mobilità verticale sarà di circa 23.000 unità e genererà un indotto per 32 miliardi di dollari nel trasporto delle persone. Già nel 2025 saranno lanciati servizi commerciali con droni elettrici. “Vediamo la mobilità verticale come un affascinante e veloce mezzo di trasporto che non risolverà da sola i problemi di traffico urbano ma sarà un'importante soluzione complementare ad un sistema integrato di mobilità urbana che coinvolgerà il trasporto pubblico, le automobili e i mezzi soft come i monopattini elettrici”, spiega Nierling che ipotizza «l'impiego di piattaforme galleggianti in città con specchi d'acqua come Venezia». Si potrà andare dall'aeroporto di Torino alle Officine grandi riparazioni (Ogr) - spiega Nierling - in 4 minuti pagando 44 euro. A Venezia dall'aeroporto Marco Polo sino in zona Piazza San Marco, con un'apposita piattaforma galleggiante di atterraggio, sarà possibile affrontare il viaggio in  3 minuti, a un costo di 25 euro. A Milano un volo da Malpensa all'eliporto di Palazzo Lombardia costerebbe 120 euro ma la durata sarebbe di 12 minuti. A Roma, da Fiumicino al Colosseo ci vorrebbero 7 minuti al costo di 68 euro. Nelle stesse ore, durante l'Amsterdam Drone Week, la società torinese Italdesign effettua il primo volo di test del modello in scala 1:4 di Pop.Up, il sistema modulare e multimodale per la mobilità del futuro, sviluppato in collaborazione con Airbus e Audi. E già nelle scorse settimane Uber, la società specializzata nel trasporto automobilistico tramite l'impiego di un app, ha annunciato che, entro il 2023, arriveranno i taxi volanti a pagamento. I primi saranno nelle città di Los Angeles e Dallas. Intanto, per le strade di Torino due auto a guida autonoma girano nel traffico. E' un esperimento nell'ambito del Vtm. A bordo due passeggeri d'eccezione, la sindaca Chiara Appendino e il presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino che lancia la proposta di un salone a Torino della mobilità del futuro. Un piccolo inconveniente: durante il test, in diretta Facebook, sulla pagina della prima cittadina, l'auto brucia un semaforo rosso e l'infrazione non passa inosservata ai social. Read the full article
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Un mare d’energia
L’eolico offshore, così chiamato quando le turbine sono poste direttamente sulla superficie del mare, è una tecnologia ormai matura, mentre sullo sfruttamento del moto ondoso siamo a uno stadio avanzato sotto al profilo delle tecnologie.
In Europa quella dell’eolico offshore è una tecnologia promettente.
Nel 2015, l’anno dei record per l’eolico offshore nel Vecchio Continente, è stata installata una potenza per oltre 3 GWe, dei quali l’86,1% nel Mare del Nord, il 9.2% nel Mar Baltico e il 4.7% nel Mare di Irlanda, raggiungendo così gli 11 GW elettrici installati grazie a 3.230 turbine in 84 siti che riguardano undici paesi europei. E si tratta di una tecnologia in pieno sviluppo, visto che la potenza media delle turbine offshore è stata, sempre nel 2015, di 4,2 MW ognuna, un aumento di potenza del 13% in più rispetto all’anno precedente.
Si tratta di un aumento che traccia un quadro positivo circa questa tecnologia. Le turbine offshore, infatti, diventano più grandi di quelle a terra (on shore) per due motivi.
Il primo è rappresentato dal fatto che l’impatto visivo e acustico delle turbine offshore è molto meno importante: gli impianti installati nel 2015 si trovano a una distanza media dalla costa di 43,3 km.
Il secondo motivo è legato ai trasporti e alla logistica: a terra, infatti, le dimensioni delle pale sono limitate dalla possibilità di trasporto e oggi siamo giunti al limite: si pensi che in Danimarca – nazione all’avanguardia per quanto riguarda l’energia dal vento, con la quale soddisfa il 37,6% del proprio fabbisogno elettrico – le rotonde stradali sono state modificate per consentire il passaggio delle pale eoliche on shore le cui dimensioni arrivano spesso a oltre cinquanta metri per singolo pezzo.
Si tratta di un limite che sul mare non esiste. Le tecnologie messe a punto per la costruzione delle piattaforme petrolifere, per esempio, sono perfettamente in grado di gestire pale da oltre 6 MW, oggi ormai una misura standard; qualche mese fa, nel tratto di mare tra l’Irlanda e la Gran Bretagna, le pale installate, di potenza da 8 MW ognuna, erano alte 200 metri, con un rotore del diametro di 164 metri, e singole pale da 80 metri, realizzate in un pezzo unico.
Il problema, per quanto riguarda l’eolico offshore, non sta quindi al di sopra del livello del mare ma sotto. E si chiama fondale. La maggior parte delle installazioni realizzate fino ad ora, infatti, ha utilizzato fondali poco profondi, sui quali è possibile piantare le fondazioni delle pale senza grandi problemi, ma è una scelta che limita lo sviluppo di questa fonte.
Prendiamo il caso dell’Italia. Nel Mare Adriatico abbiamo fondali poco profondi, ottimali per fissare le pale, ma c’è poco vento; il Mar Tirreno si caratterizza per essere più ventoso ma anche per una maggiore profondità dei propri fondali. È una situazione problematica che si ripropone, con aspetti diversi, in molte parti del mondo, ma che grazie a nuove tecnologie si sta risolvendo. L’uovo di Colombo, sotto questo profilo, è realizzare le fondazioni delle pale galleggianti. Cosa non semplice ma che sta diventando possibile.
Con il progetto Hywind i norvegesi sono arrivati alla fase commerciale di questo tipo di pale eoliche dopo una fase di test durata sei anni. Al largo delle coste scozzesi, in acque ricche di vento e profonde centinaia di metri, nel sito di Buchan Deep, si sta realizzando un parco eolico da 30 MW nel quale cinque turbine da 6 MW saranno installate grazie a una zavorra cilindrica immersa nell’acqua per 78 metri di profondità che garantirà una grande stabilità alle pale, nonostante gli impetuosi venti del Mare del Nord. Unico impatto verso i fondali è costituito dall’ancoraggio dei cavi d’acciaio. E l’eolico offshore galleggiante, potendo essere posizionato al largo, ha anche una maggiore accettazione da parte della popolazione; i parchi eolici, infatti, anche quelli con turbine di grandi dimensioni, diventano invisibili, non inquinano a livello visivo le attività turistiche, e non ostacolano le attività di pesca nei pressi della costa. Problemi che ben conosciamo in Italia, visto che l’opposizione ai parchi eolici qui si è manifestata anche quando le proposte per tali impianti sono state fatte in zone dove già esistono da decenni grandi strutture industriali.
Le altre fonti, meno mature dell’eolico offshore ma promettenti, sono lo sfruttamento del moto ondoso e delle maree.
Il moto ondoso può essere convertito in energia tramite sistemi a galleggiante nei quali si produce aria compressa che successivamente aziona le turbine per la produzione di elettricità, oppure grazie a boe al cui interno, tramite dei giroscopi, le oscillazioni della boa stessa sulle onde vengono trasformate in moto rotativo azionando così i generatori elettrici.
Si tratta di sistemi che sono a un passo dalla commercializzazione, cosa che ne consentirà la produzione in massa.
Per le maree e le correnti il sistema di generazione è sostanzialmente lo stesso: un generatore a pale immerso al di sotto della superficie marina, ma la resa è diversa. Infatti i generatori immersi nelle correnti, molto promettenti e con un vastissimo potenziale impiego, sono in grado di produrre elettricità in maniera costante, mentre quelli per le maree producono durante le due fasi di afflusso e reflusso delle acque.
Per quanto riguarda queste due fonti l’Unione Europea, nel Piano Strategico per le Tecnologie Energetiche (Set Plan), ha previsto una serie di misure che dovrebbero portare i costi per la produzione di energia elettrica a 15 c€ per kWh entro il 2025 e a 10 c€ per kWh al 2030 per la produzione da correnti di marea, mentre per quanto riguarda l’energia da moto ondoso il percorso dovrebbe essere di 20 c€ per kWh al 2025, 15 c€ per kWh al 2030 e 10 c€ per kWh al 2035. Dopo di che i costi di questi due tipi d’energia saranno competitivi con altre fonti, sia fossili, sia rinnovabili.
Gli impatti ambientali degli impianti eolici posti sul mare sono di due tipi: sopra e sotto il mare. Per limitare i primi, ossia quelli sugli uccelli, è sufficiente non porre impianti sulle linee di migrazione; le specie stanziali, infatti, si abituano ben presto a considerare un “pericolo” le pale eoliche offshore. Sott’acqua, invece, sono più i vantaggi che gli svantaggi, fatto comunque salvo il fatto di preservare, durante la posa, la Posidonia sul fondo marino; ma ciò riguarda per lo più i sistemi eolici offshore ancorati sul fondo e molto meno quelli galleggianti. Per la parte sommersa gli impianti per l’energia dal mare possono diventare delle specie di scogliere artificiali, e risultare in tal modo attrattivi per numerose specie di animali permettendo lo sviluppo della biodiversità. E al loro fine-vita possono essere affondati senza problemi riducendoli in macerie sul fondo: si tratta di una tecnica molto utilizzata nel mondo, che sembra essere positiva per le specie marine a patto che non si intervenga su zone molto sensibili dal punto di vista ecologico. Certo affondare una pala eolica a fine vita nei pressi di una barriera corallina non sembra essere un buon affare… Ma è un problema che deve essere affrontato a monte visto che nelle zone sensibili sotto il profilo ambientale gli impianti energetici non devono essere posizionati.
Sotto il profilo della sicurezza relativamente alla fornitura energetica l’eolico non ha problemi. Il 4 gennaio 2018, infatti, in base ai dati di WindEurope in Germania con 925,3 GWh (833 onshore e 92,3 offshore) è stato soddisfatto il 60,1% del consumo di elettricità di tutta la nazione. E andando oltre alla questione ambientale bisogna considerare anche il fattore occupazionale. Nella Gran Bretagna, che dieci anni fa ha imboccato con decisione la strada dell’eolico offshore, Cambridge Econometrics stima che nel 2032 il settore avrà creato 60 mila posti di lavoro considerando sia quelli diretti sia quelli indiretti.
Fonti: https://windeurope.org/ https://www.statoil.com/en/news/hywindscotland.html https://www.camecon.com/news/cambridge-econometrics-research-shows-uk-offshore-wind-jobs-reach-21000-2032/
 Immagine di copertina: Armando Tondo. Febbraio 2018.
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mhlvnt-blog · 8 years
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The magic of TFP
Visite: 1 200 000 – U N M I L I O N E D U E C E N T O M I L A. Titolo, corpo e conclusione in un’unica cifra. Stop, articolo finito: il solo dato spiega il successo dell’evento dell’anno.
Christo ha permesso a tutto il mondo ciò che lui solo s’era immaginato di fare finora: muoversi a piedi seguendo il movimento fluttuante dell’acqua. L’artista bulgaro, naturalizzato statunitense, ha regalato al mondo l’ennesimo colpo di scena che ha generato sguardi sbalorditi, volti attoniti, bocche spalancate per lo stupore. Così, grandi e piccini, animali volatili e non, tutti abbiamo potuto vivere The Floating Piers; anzi eravamo noi stessi l’opera, a cavallo tra ingegneria e land-art, che Christo e sua moglie Jeanne Claude – scomparsa sei anni fa – iniziano a concepire nel 1970.
Da diversi anni sulla scena artistica mondiale, la coppia conosciutasi ed unitasi a Parigi, dopo aver impacchettato oggetti, monumenti, interi edifici, si dimostra intenzionata a ricercare con l’acqua un rapporto innovativo, cui nessun tipo di arte aveva mai aspirato prima. Si apre così la sezione degli Water Projects, in cui figurano la Wrapped Coast: one million square feet di Little bay, Sydney, Australia (1968-69), l’Ocean front di Newport, Rhode Island, U.S.A. (1974), la Running Fence nelle Contee Sonoma e Marin, California, U.S.A. (1972-76), il Pont Neuf wrapped di Paris, France (1975-85; fig.), le Surrounded islands di Biscayne Bay, Greater Miami, Florida, U.S.A. (1980-83), Over the River, lungo il fiume Arkansas, Colorado, U.S.A. (1992-in corso) e proprio The Floating Piers sul Lago d’Iseo, Italia (2014-16).
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Dapprima la foce del Rio de la Plata a Buenos Aires, Argentina, successivamente la baia di Tokyo, Giappone, sono stati seri candidati come sede per ospitare progetti i quali si sono dimostrati solamente il preludio alla lingua di fuoco che ha collegato Sulzano - Peschiera Maraglio – Isola di San Paolo, sul Lago d’Iseo, nelle ultime settimane. Infatti, l’idea di camminare sull’acqua, premessa per The Floating Piers, nasce con 2000 Meters Wrapped, Inflated Pier (1970), ma trovandosi ancora in uno stato embrionale non riesce a tramutarsi in realtà: per i due chilometri di passerella galleggiante pensati per il Rio de la Plata la coppia di artisti non otterrà mai le necessarie autorizzazioni e dopo alcune accurate indagini accantona temporaneamente l’idea. Anni più tardi la loro attrazione per l’acqua, spinta dalla sfida di riuscire ad offrire al mondo l’opportunità di godere di una passerella galleggiante, torna a farsi viva: il risultato è The Daiba Project (1996), all’Odaiba Park, Tokyo Bay, che purtroppo subisce la stessa sorte dei 2000 metri di Buenos Aires e non riesce a vedere la luce. Per la seconda volta Chisto e Jeanne Claude si vedono costretti a riporre nel cassetto questo loro sogno, i tempi ancora non sono maturi; entrambi i progetti presentano evidenti limiti: i luoghi che li hanno ispirati, prima di tutto, non risultano adatti per la tipologia di progetto – effettivamente le forti correnti presenti in mare aperto minerebbero la stabilità dell’opera – inoltre, le tecnologie che i due, con il loro gruppo di lavoro, sono soliti utilizzare non parrebbero le più adatte per far resistere l’installazione, in quanto trattasi di materiali di costruzione gonfiabili, simili a quelli adottati per altre opere precedenti.
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Il 2009 è un anno che segna particolarmente la vita dell’artista, ormai diventato pilastro mondiale nel campo dell’arte; il dolore dovuto alla perdita di Jeanne Claude gli conferisce indirettamente più determinazione per portare a termine quel progetto che lei stessa avrebbe voluto vedere realizzato. Un Christo visibilmente commosso nel discorso iniziale agli addetti ai lavori nel cantiere di Pilzone d’Iseo la ricorda come «una donna eccezionale; se fosse qui con noi sarebbe capace di contagiarci tutti per l’energia che era in grado di sprigionare, con quel suo modo di fare determinato, instancabile [...]». Abbandonata quindi l’idea iniziale di collocare l’installazione in acque salate, egli parte alla ricerca di un lago, luogo indubbiamente più consono per il montaggio, la gestione e la fruibilità dell’opera d’arte in questione. Complice l’amore per l’Italia, dove la coppia si è già ritrovata a lavorare – Wrapped Fountain and Wrapped Medieval Tower, Spoleto (1968; fig.), Wrapped Monuments, Milano (1970; fig.) e The Wall - Wrapped Roman Wall, Roma (1973-74; fig.) – e la presenza dell’isola lacustre, abitata, più grande d’Europa, il paesaggio alpino del Lago d’Iseo si è rivelato ottimo scenario e, tra la primavera e l’estate 2014, ha convinto il genio bulgaro e tutta la sua troupe a decretarlo sede definitiva per l’ultimo lavoro (in ordine temporale).
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Il terzo tentativo sembra essere quello vincente fin dall’inizio; l’estate dello stesso anno l’amico Germano Celant – storico dell’arte e curatore italiano, che tra i tanti vanta incarichi per il Guggenheim Museum di New York, il Centre George Pompidou di Parigi, la Biennale di Venezia, e attualmente direttore della Fondazione Prada a Milano – divenuto Direttore del Progetto, inizia a gettare le basi per ottenere tutte le concessioni necessarie, riscontrando totale disponibilità da parte delle istituzioni locali – nelle persone di Paola Pezzotti (sindaco di Sulzano), Fiorello Turla (sindaco di Monte Isola) e Giuseppe Faccanoni (presidente dell’Autorità di bacino del Lago d’Iseo) – e della famiglia Gussalli Beretta – per l’esclusivo permesso di includere l’Isola di San Paolo, di cui la nota famiglia bresciana è proprietaria, nell’opera. Inizia quindi tutta la fase artistica di stesura del progetto: Chisto, coadiuvato dall’amico nonché fotografo ufficiale e Direttore Tecnico Wolfgang Volz, si mette all’opera nel suo studio di New York per schizzi, bozzetti, disegni, rappresentazioni, dalla cui vendita ricava il denaro utile a finanziare la realizzazione, in quanto, come tutti i progetti dell’artista, anche The Floating Piers è interamente finanziato dai proventi delle opere originali – non esistono biglietti d’ingresso per le sue installazioni.
Il risultato del lavoro con matite, carboncini, pastelli a cera, smalti si rivela già qualcosa di sensazionale; il progetto raffigura due settori a terra, per un totale di 1,5 km e rispettivamente nel centro storico di Sulzano e sul lungolago che collega Peschiera Maraglio e Sensole su Monte Isola, e quattro settori in acqua della lunghezza complessiva di 3 km: uno che porta dalla terra ferma all’isola, due che partono da Ere e da Sensole – due zone su Monte Isola – e che si incontrano in mezzo al lago, e l’ultimo che circonda l’isoletta di San Paolo.
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Nel frattempo Vladimir Yavachev, nipote dell’artista e Direttore Operativo, e Wolfgang Volz, si preoccupano di effettuare tutti i test necessari per la selezione dei materiali, in base a parametri non solo estetici ed economici, come sarebbe logico pensare, ma anche fisici: per poter garantire la fruibilità seppur limitata a 16 giorni le passerelle devono vantare determinati requisiti statici, di resistenza, ergonomici, igienici. Anche l’aspetto ecologico assume notevole importanza: come per tutte le installazioni di Christo e Jeanne Claude, i pezzi dell’opera verranno rimossi e riciclati industrialmente.
Dopo varie prove svoltesi nel 2015 tra Bulgaria, Germania e Italia, la scelta finale per la struttura ricade su 220000 cubi di polietilene che assemblati tramite dei pioli dello medesimo materiale vanno a formare i pontili galleggianti larghi 16 metri, tenuti in sicurezza da 190 blocchi di ancoraggio di calcestruzzo. La conformazione dei fondali del Lago d’Iseo non rendono affatto semplice il lavoro: la profondità massima in alcuni punti è addirittura di 250 metri, ma, grazie a minuziosi studi, per le squadre al lavoro è stato possibile posizionare i sistemi di ancoraggio ad una profondità massima di 90 metri. La finitura invece prevede, al fine di ammorbidire la superficie, la stesura di uno strato di feltro bianco, il quale rende decisamente confortevole l’esperienza a piedi nudi; sopra di esse viene fissato un tessuto di nylon poliammidico di colore “giallo dalia”, prodotto in Germania dall’azienda tessile Setex, che rappresenta la parte più riconoscibile dell’opera. Le increspature, formate grazie ad un’eccedenza di tessuto del 20%, creano, con colori, ombre e luci (del giorno e della notte), effetti scenici emozionanti: contrariamente alla tendenza – molte persone infatti si presentano alle prime luci del mattino per ammirare l’alba – il momento della giornata più adatto per venire sorpresi dalla meraviglia che il genio di Christo ci ha donato è il tramonto – i fotografi lo sanno bene.
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Ciò che rende quest’opera unica non risiede nei singoli suoi componenti. Il tessuto in sé e per sé è solamente stoffa di un colore apprezzabile: numerosi sono i casi di furto, per i quali ogni notte le squadre di manutenzione si ritrovano a porre rimedio riparando i diversi squarci; le parti mancanti puntualmente si ritrovano in vendita su eBay (o piattaforme simili) a cifre spropositate – lo squallore e la stupidità della società non ha limiti – ed è proprio per questo motivo che la volontà dell’artista sia di riciclare ogni singolo pezzo. Il sistema dei cubi di polietilene separato dal contesto altro non è che una distesa di taniche di plastica, che possono sì ispirare un riutilizzo o riciclo creativo, ma non corrispondono all’opera d’arte. Alcuni illusi lavoratori, tra cui il sottoscritto, vengono smentiti dallo stesso artista quando all’inizio di Giugno – la struttura è già pronta, mancano le operazioni di finitura – in massa si precipitano a fotografare i dettagli: «quelli sono solo cubi di plastica, non hanno nulla di speciale; la vera opera d’arte sarà tra il 18 Giugno e il 3 Luglio, quindi fate pure tutti i “selfie” che volete, ma non conteranno nulla.»
The Floating Piers comprende tutto ciò che è coperto di giallo. Sulzano e l’Isola di San Paolo, i pontili galleggianti e Monte Isola; il tessuto di nylon e il feltro, i cubi di polietilene, le funi e i blocchi di ancoraggio, l’acqua del lago e quella nei cubi laterali che conferisce ai piers un aspetto digradato ai lati; le assi di legno, le graffette, le viti, i chiodi, la colla. Ma non è solamente l’insieme di questi materiali. È il sole e la luna e i fari che vengono posizionati ogni notte e rimossi ogni mattina; il paesaggio; i divieti, i parcheggi, i bus navetta e il servizio ferroviario; le forze dell’ordine; i servizi di ristorazione e i negozianti; le persone che arrivano a tutte le ore incuranti delle condizioni metereologiche e climatiche, gli addetti ai lavori; gli articoli di giornale, gli scatti e le condivisioni sui social network; le contrastanti emozioni di stupore, gioia, felicità, noia, rabbia, insoddisfazione, stanchezza, tranquillità, agitazione, paura, entusiasmo. Quest’ultimo colpo da maestro di Christo risulta essere tutto il fermento che si genera durante questi 16 giorni, nella cui limitata durata risiede molto probabilmente la formula magica; molti lamentano «dovrebbero tenerlo per tutta l’estate ‘sto ponte!», «se avessi saputo di tutta questa coda, non sarei venuto», «avrebbero dovuto far pagare l’ingresso, così molta gente che è qui per pura curiosità se ne sarebbe rimasta a casa»: ciò dimostra che ha fatto breccia nel cuore di tutti, ancora una volta. Sì, perché dal suo visionario punto di vista è ben consapevole che ci sono disguidi, disagi, che nulla è perfetto – non è un pischello alle prime armi – ma bisogna pur ricordare che si tratta di un’opera d’arte e come tale va vissuta: queste condizioni vanno tenute in conto; e che lo facciamo o meno, il milione e passa di persone dimostra quanto egli abbia una mente brillante, geniale, dimostra che ha fatto centro, ha colpito ancora.
Partecipare ad un progetto simile, va al di là del mero impiego, significa molto di più. La candidatura per molti, come per chi scrive, è frutto più di un interesse, un desiderio di prendere parte a qualcosa di unico, che di un bisogno lavorativo; per carità, non si vuole condannare tutti coloro che partecipano in quanto bisognosi di un’occupazione e di uno stipendio – sì, veniamo tutti retribuiti, forse non in maniera adeguata al tipo di lavoro, ma, come Christo e Jeanne Claude hanno sempre fatto e com’è logico, corretto ed etico che sia, non si lavora gratuitamente – anzi, fortunatamente il gruppo di lavoro è il più eterogeneo possibile in termini sia di competenze sia di provenienze sia di genere, dallo studente fresco di maturità alla giovane neolaureata, dalla trentenne appena sposata all’adulto cui mancano pochi anni alla pensione, dal manovale all’architetto, dal medico all’avvocato, dal tipico bresciano alla pugliese, dall’albanese alla canadese. Molte sono le figure coinvolte e questo non genera altro che ricchezza: la diversità e la pluralità delle menti con le quali si condivide l’esperienza può solo innalzare il livello del progetto e quindi dell’opera, fornendo anche occasioni di crescita personale. «... diversità significa forza, e monocoltura debolezza. [...] Le persone vogliono la diversità perché porta loro più piacere e diletto [...], lo scontro furioso di diversità culturali può ampliare la prospettiva e ispirare un cambiamento creativo.»
Il primo giorno, così come ci si comporta al primo appuntamento, abbandoniamo le cattive abitudini e facciamo le persone serie: sveglia ore 6,30 – posponi per 10 minuti – posponi per altri 10 minuti – partenza ore 7,15 e arrivo al cantiere di Montecolino, a Pilzone d’Iseo ore 7,35. Si inizia alle 8,00 ma molti arrivano qualche minuto prima per l’inserimento: non si tratta del primo giorno per tutti, alcuni lavorano già da settimane, occupandosi in cantiere dell’assemblaggio e messa in acqua dei cubi di polietilene, che poi verranno trasportati in nelle posizioni prestabilite. Già si percepisce una confusione generale e una certa mancanza di organizzazione e di comunicazione – per gli italiani purtroppo è assai faticoso comunicare in lingua inglese. Piano piano veniamo sommersi di gadgets e ci viene consegnata una completa dotazione per svolgere il lavoro, espletiamo le necessarie procedure burocratiche e poi si parte. In anteprima attraversiamo il lago sulla struttura che diventerà nel giro di due settimane The Floating Piers, nessuno riesce a trattenere l’emozione. Il nostro compito comporta la stesura del tessuto, ma ancor prima della struttura, a terra, sulle strade e nelle piazze di Peschiera Maraglio e Sulzano; è ovviamente richiesta una modesta dimestichezza nel lavoro manuale, ma il lavoro non presenta nulla di complicato e proibitivo: per prima cosa vengono stesi rotoli di feltro che vengono poi fissati a terra attraverso un sistema di assi avvitate o inchiodate ai bordi delle vie – il tutto necessita di una discreta cura dei dettagli poiché le pavimentazioni sulle quali viene applicato l’intero sistema sono delicate o pregiate (ad esempio lastre di porfido, pietra arenaria di Sarnico, sampietrini, marmo).
In pochi giorni si crea tra le squadre all’opera un affiatamento tale da non essere paragonabile a quello del mondo del lavoro che siamo soliti frequentare, dove avremmo bisogno di diversi mesi. Questo aspetto conferma ancora di più la magia dell’evento. Tuttavia, alcuni disagi, piccoli o meno piccoli, si notano, come la difficoltà nell’organizzazione dei turni di lavoro e nel comunicarli agli interessati: è la società italiana The Floating Piers srl, fondata appositamente per rendere esecutivo l’evento e sussidiaria della CVJ Corporation (società di Christo), che si trova a gestire i grattacapi più impegnativi, talvolta con esiti negativi, in quanto è assai improbabile se non impossibile esaudire le richieste di più di mille persone che pretendono di non fare turni notturni, ma nemmeno stare sotto il sole per sei ore consecutive, che preferiscono fare i “Boat captain” sui gommoni di servizio per le operazioni di emergenza, senza avere la capacità di condurre barche a motore, che appena ricevono una radio ricetrasmittente si sentono subito investiti di un potere immenso, senza capire che un leader svolge un ruolo di responsabilità – non comanda, dà l’esempio. Ecco diciamo pure che per lavorare in un contesto del genere c’è bisogno di un grande spirito di adattamento, che a molti manca; ne conseguono tutte le difficoltà che l’Area Risorse Umane e Project Managing, con Izabelle, Ada, Sana, Clementine, Mery si ritrova a fronteggiare, addossandosi spesso ingiustamente le colpe.
Menzione particolare per due persone che realmente si preoccupano di far funzionare tutta la macchina, di mantenere un buon clima, di portare a compimento l’ennesimo progetto: Vince e Jonita Davenport. La straordinaria coppia collabora con Christo da una trent’anni circa, e si nota quanto tra loro e l’artista (senza dubbio anche con Jeanne Claude in passato) si sia creato un legame solido e un’empatia altrettanto forte: si fidano ciecamente gli uni degli gli altri. L’ingegnere è presente ovunque, quando un dubbio ci attanaglia egli arriva per chiarirlo ed immediatamente si trova già dall’altra parte per risolverne un altro: deve avere il dono dell’ubiquità; è instancabile, non riposa mai, i ricercatori dovranno spiegarci come alla sua età, non più giovanissima, sia ancora così arzillo e “sul pezzo”. Colpisce la sua umanità e la continua ricerca della soluzione adatta: non siamo di fronte a un guru che conosce tutte le risposte, ma a un “hard-worker” che non si dà pace finché non è soddisfatto del lavoro. Jonita invece è adorabile, la mamma di tutti, sempre sorridente e pronta a dare un conforto a chi ne abbia bisogno; al primo incontro si percepisce indistintamente la sua maestria nel gestire gruppi di persone, tra le più disparate. Credo fermamente che The Floating Piers non sarebbe lo stesso senza la coppia di New York.
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Sul finire di questa esperienza tanti sono i piacevoli incontri vissuti, altrettanti quelli che purtroppo non si sono verificati, troppi i ringraziamenti da fare: a chi mi ha spinto a inoltrare la candidatura, a chi mi ha supportato e sopportato nell’ultimo mese, ai colleghi matti (molto più di me) che aiutano a sdrammatizzare ogni situazione critica, agli amici ritrovati, alle persone che regalano sorrisi, a tanti altri ancora. Esperienze come questa vanno vissute tutte d’un fiato, intensamente, senza risparmiare nemmeno un briciolo di se stessi, per essere in grado, poi, di affermare orgogliosamente «è stata una gran ficata!», forse senza nemmeno dirlo perché ce lo si legge in viso anche solo quando sentiamo pronunciare la sigla TFP. Sì, questi pontili fluttuanti ci hanno cambiato la vita, eccome, ci hanno aperto gli occhi verso nuove mete, ci hanno insegnato che i sogni possono diventare realtà. Basta crederci. «Non pianifichiamo mai l’impossibile. Può sembrare irrealizzabile ad alcuni, ma noi siamo molto realisti.» (cit. Jeanne-Claude).
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tarditardi · 3 years
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Al Domina Coral Bay - Sharm El Sheikh un selfie come pass per le foto degli ospiti, grazie a Pica
Domina lancia una innovativa e coinvolgente "guest experience" per i propri ospiti.  Grazie alla partnership con Pica, piattaforma leader a livello internazionale nel mondo della fotografia di eventi, ogni cliente del Domina Coral Bay da oggi riceverà direttamente sul proprio smartphone le foto della propria vacanza.
Tre operatori Pica/Domina fotograferanno gli ospiti durante il soggiorno nei loro momenti più belli, durante una gita nel deserto, una sessione di water sport, una partita di beach volley o in relax alla main beach, senza dimenticare gli indimenticabili venerdì sera al The Beach o gli spettacoli all'Arena.
Grazie ad un evoluto sistema di riconoscimento facciale, ogni ospite riceverà sul proprio telefono le proprie foto, e solo le sue, all'interno di una gallery personale chiamata "Vacanza Domina 2021". Le foto saranno subito disponibili per essere acquistate, condivise sui social o con gli amici. Per accedere alle proprie foto gli ospiti dovranno registrarsi all'app Pica o sul sito getpica.com e inserire un codice personale che gli verrà consegnato dal personale guest relation preposto oppure dai fotografi stessi.
Da oggi quindi: scan your code and get your photos, with Pica your stories are in your hands!  Let's have fun and share your emotions!
Cos'è Domina Coral Bay - Red Sea, a Sharm el Sheikh https://www.dominacoralbay.com/
Domina Coral Bay – Red Sea, a Sharm el Sheikh, è una destinazione nella destinazione: lusso italiano in uno scenario esotico da "mille e una notte" che offre 365 giorni all'anno infinite possibilità di sole, relax, divertimento e benessere. Il resort è un paradiso incastonato nella meravigliosa barriera corallina del Mar Rosso, ancora perfettamente intatta e protetta.
9 diversi hotel, 1.8 chilometri di spiaggia dorata attrezzata con ombrelloni, lettini e piattaforme galleggianti per tuffarsi in mare da un punto privilegiato, garantendo l'integrità e la conservazione della meravigliosa barriera corallina. Il Domina Diving Center al nostro interno è l'unico in tutta Sharm ad avere un pontile privato riservato agli Yacht Domina per straordinarie escursioni subacquee con i nostri istruttori professionisti.
I 4 ristoranti à la carte e i 3 ristoranti a buffet offrono i sapori tradizionali della cucina italiana, menu internazionali e ricette tipiche della cultura egiziana scegliendo il meglio dei prodotti stagionali. Anche chi ha voglia di bere qualcosa di buono, ha l'imbarazzo della scelta. Sono ben 13 i bar ubicati negli angoli più ricercati del resort, a bordo piscina o sulle spiagge. Il nuovo "The Beach - Luxury Club", ovviamente sulla spiaggia, vizia gli ospiti con gastronomia contemporanea & sushi, da gustare comodamente sui lettoni bianchi a baldacchino. Una vera coccola vacanziera. E la sera? Dinner show e beach party con performer internazionali, Aladin Casinò, lo storico Casinò di Sharm El Sheikh situato nel cuore del resort...
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Un mare d’energia
L’eolico offshore, così chiamato quando le turbine sono poste direttamente sulla superficie del mare, è una tecnologia ormai matura, mentre sullo sfruttamento del moto ondoso siamo a uno stadio avanzato sotto al profilo delle tecnologie.
In Europa quella dell’eolico offshore è una tecnologia promettente.
Nel 2015, l’anno dei record per l’eolico offshore nel Vecchio Continente, è stata installata una potenza per oltre 3 GWe, dei quali l’86,1% nel Mare del Nord, il 9.2% nel Mar Baltico e il 4.7% nel Mare di Irlanda, raggiungendo così gli 11 GW elettrici installati grazie a 3.230 turbine in 84 siti che riguardano undici paesi europei. E si tratta di una tecnologia in pieno sviluppo, visto che la potenza media delle turbine offshore è stata, sempre nel 2015, di 4,2 MW ognuna, un aumento di potenza del 13% in più rispetto all’anno precedente.
Si tratta di un aumento che traccia un quadro positivo circa questa tecnologia. Le turbine offshore, infatti, diventano più grandi di quelle a terra (on shore) per due motivi.
Il primo è rappresentato dal fatto che l’impatto visivo e acustico delle turbine offshore è molto meno importante: gli impianti installati nel 2015 si trovano a una distanza media dalla costa di 43,3 km.
Il secondo motivo è legato ai trasporti e alla logistica: a terra, infatti, le dimensioni delle pale sono limitate dalla possibilità di trasporto e oggi siamo giunti al limite: si pensi che in Danimarca – nazione all’avanguardia per quanto riguarda l’energia dal vento, con la quale soddisfa il 37,6% del proprio fabbisogno elettrico – le rotonde stradali sono state modificate per consentire il passaggio delle pale eoliche on shore le cui dimensioni arrivano spesso a oltre cinquanta metri per singolo pezzo.
Si tratta di un limite che sul mare non esiste. Le tecnologie messe a punto per la costruzione delle piattaforme petrolifere, per esempio, sono perfettamente in grado di gestire pale da oltre 6 MW, oggi ormai una misura standard; qualche mese fa, nel tratto di mare tra l’Irlanda e la Gran Bretagna, le pale installate, di potenza da 8 MW ognuna, erano alte 200 metri, con un rotore del diametro di 164 metri, e singole pale da 80 metri, realizzate in un pezzo unico.
Il problema, per quanto riguarda l’eolico offshore, non sta quindi al di sopra del livello del mare ma sotto. E si chiama fondale. La maggior parte delle installazioni realizzate fino ad ora, infatti, ha utilizzato fondali poco profondi, sui quali è possibile piantare le fondazioni delle pale senza grandi problemi, ma è una scelta che limita lo sviluppo di questa fonte.
Prendiamo il caso dell’Italia. Nel Mare Adriatico abbiamo fondali poco profondi, ottimali per fissare le pale, ma c’è poco vento; il Mar Tirreno si caratterizza per essere più ventoso ma anche per una maggiore profondità dei propri fondali. È una situazione problematica che si ripropone, con aspetti diversi, in molte parti del mondo, ma che grazie a nuove tecnologie si sta risolvendo. L’uovo di Colombo, sotto questo profilo, è realizzare le fondazioni delle pale galleggianti. Cosa non semplice ma che sta diventando possibile.
Con il progetto Hywind i norvegesi sono arrivati alla fase commerciale di questo tipo di pale eoliche dopo una fase di test durata sei anni. Al largo delle coste scozzesi, in acque ricche di vento e profonde centinaia di metri, nel sito di Buchan Deep, si sta realizzando un parco eolico da 30 MW nel quale cinque turbine da 6 MW saranno installate grazie a una zavorra cilindrica immersa nell’acqua per 78 metri di profondità che garantirà una grande stabilità alle pale, nonostante gli impetuosi venti del Mare del Nord. Unico impatto verso i fondali è costituito dall’ancoraggio dei cavi d’acciaio. E l’eolico offshore galleggiante, potendo essere posizionato al largo, ha anche una maggiore accettazione da parte della popolazione; i parchi eolici, infatti, anche quelli con turbine di grandi dimensioni, diventano invisibili, non inquinano a livello visivo le attività turistiche, e non ostacolano le attività di pesca nei pressi della costa. Problemi che ben conosciamo in Italia, visto che l’opposizione ai parchi eolici qui si è manifestata anche quando le proposte per tali impianti sono state fatte in zone dove già esistono da decenni grandi strutture industriali.
Le altre fonti, meno mature dell’eolico offshore ma promettenti, sono lo sfruttamento del moto ondoso e delle maree.
Il moto ondoso può essere convertito in energia tramite sistemi a galleggiante nei quali si produce aria compressa che successivamente aziona le turbine per la produzione di elettricità, oppure grazie a boe al cui interno, tramite dei giroscopi, le oscillazioni della boa stessa sulle onde vengono trasformate in moto rotativo azionando così i generatori elettrici.
Si tratta di sistemi che sono a un passo dalla commercializzazione, cosa che ne consentirà la produzione in massa.
Per le maree e le correnti il sistema di generazione è sostanzialmente lo stesso: un generatore a pale immerso al di sotto della superficie marina, ma la resa è diversa. Infatti i generatori immersi nelle correnti, molto promettenti e con un vastissimo potenziale impiego, sono in grado di produrre elettricità in maniera costante, mentre quelli per le maree producono durante le due fasi di afflusso e reflusso delle acque.
Per quanto riguarda queste due fonti l’Unione Europea, nel Piano Strategico per le Tecnologie Energetiche (Set Plan), ha previsto una serie di misure che dovrebbero portare i costi per la produzione di energia elettrica a 15 c€ per kWh entro il 2025 e a 10 c€ per kWh al 2030 per la produzione da correnti di marea, mentre per quanto riguarda l’energia da moto ondoso il percorso dovrebbe essere di 20 c€ per kWh al 2025, 15 c€ per kWh al 2030 e 10 c€ per kWh al 2035. Dopo di che i costi di questi due tipi d’energia saranno competitivi con altre fonti, sia fossili, sia rinnovabili.
Gli impatti ambientali degli impianti eolici posti sul mare sono di due tipi: sopra e sotto il mare. Per limitare i primi, ossia quelli sugli uccelli, è sufficiente non porre impianti sulle linee di migrazione; le specie stanziali, infatti, si abituano ben presto a considerare un “pericolo” le pale eoliche offshore. Sott’acqua, invece, sono più i vantaggi che gli svantaggi, fatto comunque salvo il fatto di preservare, durante la posa, la Posidonia sul fondo marino; ma ciò riguarda per lo più i sistemi eolici offshore ancorati sul fondo e molto meno quelli galleggianti. Per la parte sommersa gli impianti per l’energia dal mare possono diventare delle specie di scogliere artificiali, e risultare in tal modo attrattivi per numerose specie di animali permettendo lo sviluppo della biodiversità. E al loro fine-vita possono essere affondati senza problemi riducendoli in macerie sul fondo: si tratta di una tecnica molto utilizzata nel mondo, che sembra essere positiva per le specie marine a patto che non si intervenga su zone molto sensibili dal punto di vista ecologico. Certo affondare una pala eolica a fine vita nei pressi di una barriera corallina non sembra essere un buon affare… Ma è un problema che deve essere affrontato a monte visto che nelle zone sensibili sotto il profilo ambientale gli impianti energetici non devono essere posizionati.
Sotto il profilo della sicurezza relativamente alla fornitura energetica l’eolico non ha problemi. Il 4 gennaio 2018, infatti, in base ai dati di WindEurope in Germania con 925,3 GWh (833 onshore e 92,3 offshore) è stato soddisfatto il 60,1% del consumo di elettricità di tutta la nazione. E andando oltre alla questione ambientale bisogna considerare anche il fattore occupazionale. Nella Gran Bretagna, che dieci anni fa ha imboccato con decisione la strada dell’eolico offshore, Cambridge Econometrics stima che nel 2032 il settore avrà creato 60 mila posti di lavoro considerando sia quelli diretti sia quelli indiretti.
Fonti: https://windeurope.org/ https://www.statoil.com/en/news/hywindscotland.html https://www.camecon.com/news/cambridge-econometrics-research-shows-uk-offshore-wind-jobs-reach-21000-2032/
 Immagine di copertina: Armando Tondo. Febbraio 2018.
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