Tumgik
#pietra cappa
calabria-mediterranea · 2 months
Text
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
Shepherds in Aspromonte, Calabria, Italy
Follow us on Instagram, @calabria_mediterranea
39 notes · View notes
dettaglihomedecor · 5 months
Text
Suite 201: un pied-à-terre ricco di fascino nella vecchia Montreal
Tumblr media
Suite 201 di MU Architecture è un pied-à-terre situato nel centro storico della vecchia Montreal. Di fronte al fiume San Lorenzo, gli antichi edifici di questa strada testimoniano la nascita della città quasi 400 anni fa. Questa affascinante "suite residenziale", immaginata da MU Architecture, trae ispirazione proprio dal passato storico della sua posizione. Durante la metà del XIX secolo, lo spazio era occupato da Joe Beef, ex locanda che accoglieva lavoratori e marittimi dal vivace porto di Montreal. Venerato come il "Figlio del popolo", il locandiere trasformò la sua taverna in un rifugio di conforto e vibrante cameratismo. Il pied-à-terre, costruito su queste fondamenta storiche, cerca di incarnare un'atmosfera accogliente e conviviale.
Tumblr media
Entrando all'interno, un atrio offre una vista dell'ampia zona giorno attraverso un pannello di vetro leggermente fumé. In questo ambiente si respira un'atmosfera tranquilla. Gli elementi in legno e le pareti in pietra fungono da capsule del tempo, trasportando i visitatori in un’epoca passata.
Il soggiorno progettato come una taverna privata
Incentrato sul concetto di taverna, il soggiorno è diviso in tre zone distinte, ciascuna meticolosamente curata con la sua atmosfera e tavolozza di colori unici. Il soggiorno si integra perfettamente con la cucina, che presenta un grande e funzionale bancone bar. Questa fusione architettonica crea un'esperienza coinvolgente che trascende senza sforzo l'essenza residenziale della Suite. Per elevare ulteriormente questo concetto, la classica sala da pranzo viene abilmente omessa.
Tumblr media Tumblr media Tumblr media
L'ampio spazio aperto è invaso dalla luce naturale che filtra attraverso le grandi finestre con vista sullo storico porto vecchio di Montreal. Con un semplice interruttore, una pellicola polarizzante rende i vetri delle finestre, garantendo la massima privacy. Gli autentici muri di pietra, che riecheggiano il ricco patrimonio della zona, evocano un senso di storia. Il soffitto in legno, invece, emana un'atmosfera raffinata e discreta, che ricorda lo stile architettonico prevalente in quell'epoca. La qualità delle lavorazioni è evidente nei dettagli, in particolare nella composizione dei cassettoni che integrano perfettamente due distinte finiture in rovere nero. Questi elementi ancorano i ripiani sospesi, dimostrando la meticolosa attenzione alla finezza architettonica e all'ingegnosità del design.
Tumblr media
La cucina nero ebano del pied-à-terre
Continuando l'atmosfera sobria, la cucina e il bar incorporano elementi in legno più scuro, questa volta in una tonalità più profonda. Il legno tinto di nero, invece, lascia emergere sottilmente le venature, conferendo calore e profondità alla materia. Per un effetto assolutamente drammatico, ripiani in quarzo nero e pannelli metallici, abbinati alla combinazione di colori della cappa e dei ripiani, completano l'insieme.
Tumblr media
I ripiani in metallo integrano con discrezione l'illuminazione ambientale, la cui fonte rimane impercettibile. Per controbilanciare l'aspetto scuro e minimalista della cucina, curve sottili e angoli arrotondati aggiungono morbidezza ai volumi e facilitano i passaggi. Un poggiapiedi e un rubinetto in ottone scandiscono lo spazio con un bagliore storico ma chic.
La zona benessere nascosta
Oltre a nascondere la lavanderia dietro una delle porte, una seconda porta segreta svela un'intera zona relax. Le strutture termali, il bagno turco, la doccia e le piattaforme relax creano un rifugio perfetto per rilassarsi.
Tumblr media
L'illuminazione indiretta e le superfici ceramiche, che ricordano la pietra scura, ci trasportano in uno spazio tranquillo che sembra quasi scolpito nella roccia. I pannelli in vetro fumé insieme ai dettagli in legno iroko contribuiscono ulteriormente a creare un ambiente rilassante.
Le stanze private del pied-à-terre
Attraversando un altro ingresso nascosto, una porta si apre nella zona spogliatoio adiacente alla camera da letto principale. Ingegnosamente nascosto dietro uno specchio, questo portale conduce ad ampie pareti decorate da pannelli in legno meticolosamente lavorati. Dietro si celano ampi spazi di stoccaggio e un’uscita di emergenza.
Tumblr media Tumblr media
Il fascino delle pareti divisorie in vetro fumé ci guida verso un bagno intimo. Qui, le finiture naturali evocano un'atmosfera piacevole e rilassante. La zona notte, oltre ad ospitare una seconda camera da letto, dispone anche di un ulteriore bagno in comune. Lasciando la zona privata del pied-à-terre, si raggiunge nuovamente il soggiorno attraverso un layout labirintico ma affascinante. Questo progetto architettonico fatto di segretezza e funzionalità ha un fascino estetico che appaga i sensi.
La ricercatezza dei dettagli
Realizzato con meticolosa precisione, questo pied-à-terre si integra armoniosamente all'interno di un antico edificio storico, ponendo al centro una serie di dettagli ricercati. Ogni disposizione e collegamento sono stati meticolosamente studiati per rendere lo spazio elegante e raffinato. La selezione di mobili, l'integrazione di opere d'arte ed elementi decorativi danno vita all'ambiente, evocando ricordi delle serate leggendarie e indimenticabili dell'era dell'iconico Joe Beef. Progetto: MU Architecture (Team: Charles Côté, Jean-Sebastien Herr, Tommy Chouinard, Céleste Main, Baptiste Balbrick, Rebecca Dubé, Thelma Lavieille) Foto: Ulysse Lemerise-Bouchard   Read the full article
0 notes
silviascorcella · 5 months
Text
Plan C a/i 20-21: sembra stravaganza, invece è sofisticatezza giocosa
Tumblr media
Potremmo iniziare a deliziarci con il gioco delle ipotesi divertite già dal nome: Plan C, come Carolina?  Uhm, può darsi. Allora Plan C, come Castiglioni? Ehm, potrebbe essere. Oppure Plan C, come piano c, quello che giunge dopo aver attraversato il piano a e b? Fuochino! Ebbene, la risposta più assennata risiede in un giusto mix delle tre: dopotutto, ottenere ottimi risultati inaspettati mixando e stratificando ingredienti che per natura, lì per lì, appaiono incompatibili è un’arte che la famiglia Castiglioni padroneggia con profondo talento naturale.
Tumblr media
Plan C, infatti, è il marchio che porta la firma di stile e di filosofia personalissima di Carolina Castiglioni: che a sua volta, in qualità di terza generazione, raccoglie in sé l’eredità pregiata iniziata nella metà del secolo scorso dai nonni con un atelier di pellicceria, ovvero il piano a, a sua volta proseguito nel celebre piano b di Marni, che dal 1994 per oltre vent’anni ha indossato l’inconfondibile firma estetica della sua altrettanto celebre madre, Consuelo Castiglioni. Voilà!
Un chiarimento va fatto subito, però: Plan C non è Marni. Bensì, è il mondo di Carolina Castiglioni: che da quell’universo caleidoscopico, in cui è nata e cresciuta, ha acquisito per natura e amore la gioia della spregiudicatezza estetica, la fiducia lucida e generosa nel seguire l’istinto abbracciato al gusto, la libertà di sperimentare con tutti gli ingredienti che la moda le offre, di stratificare le forme alle lavorazioni e ai tessuti, combinare le fantasie, creare ossimori con i volumi e i colori come fossero versi di poesie futuriste, di smontare i rigorismi estetici per inventare nuovi giochi di stile spontaneamente personali. Eppur perfettamente indossabili: perché nonostante l’apparenza eccentrica, ogni collezione custodisce un senso piacevolissimo di sensibilità elegante.
Tumblr media
Così accade anche per l’a/i 2020-21: che conferma e rinnova la coerenza appassionata del gusto di Carolina, mentre la infonde di una sorta di rilassatezza ritrovata. Una quiete aggraziata costituita da tanti piccoli gesti di raffinatezza sartoriale che orchestrano quei suoi tipici guizzi creativi nati come contrasti, poi armonizzati in capi e accessori di fresca sofisticatezza: come le sfumature di stile da “tomboy”, ovvero i capi con quel fascino acerbo e giocoso da ragazzino che indossa calzoni al ginocchio o completi sartoriali che sì sono un po’ oversize, ma proprio per questo gli stanno a pennello, che in un crescendo s’intensificano in veri richiami di stile al maschile, come nei cappotti che piombano a terra, bilanciati con accortezza dal contro-canto femminile degli abiti fioriti custoditi al loro interno.
Tumblr media
Stratificazioni d’idee e di forme che creano una sinfonia amabilissima di contrappunti: la collezione a/i 20-21 di Plan C sfoggia le amate asimmetrie in particolare delle gonne dritte, le combinazioni dei pannelli plissé che si appaiano ai pantaloni asciutti, elementi  piuttosto geometrici da sovrapporre alle camicie che nell’insieme richiamano le uniformi da lavoro, e ne hanno anche le stesse soluzioni pratiche.
Ci sono interi completi di scacchi scozzesi, ci sono le righe e i pois, c’è il piumino che dichiara un’intenzione sportiva, ma c’è anche la cappa nera e affilata. E poi c’è il colore, anzi, la tavolozza dei colori: dalle tonalità scure e intense, alle tinte vive e vibranti, come il giallo solare sul blu elettrico, il rosso sensuale, il verde prezioso come la sua pietra.
Tumblr media
Infine c’è il gioco, quello sincero, gustoso, salvifico, che Carolina prende in prestito direttamente dai suoi bambini: il gioco delle tasche colorate che spuntano sui cappotti, il gioco dei disegnini del personaggio Bianca, tracciato dalla figlia ad una manciata d’anni  ed ora campeggiante con tutto il suo carico di divertimento sulle borse e su piccoli patch che spuntano curiosi dai capi.
Ma c’è anche la piccola Margherita, colta in una foto fatta da Carolina al cinema con indosso gli occhiali 3D e diventata ora una versione grafica che come una stampa naif e messa a decoro di T-shirt, felpe, borse e sul retro di impermeabili sartoriali. Dopotutto, Plan C è comunque un affezionato e pregevole affare di famiglia.
Silvia Scorcella
{ pubblicato su Webelieveinstyle }
0 notes
enkeynetwork · 1 year
Link
0 notes
kalabriatv · 2 years
Text
La valle delle grandi pietre
La valle delle grandi pietre
La valle delle grandi pietre è uno dei siti più affascinanti e suggestivi dell’Aspromonte.Si trova a pochi chilometri da San Luca (RC).Questa valle è caratterizzata dalla presenza di imponenti monoliti: Pietra Cappa, Pietra Lunga, Pietra Castello e le Pietre di Febo, che si trovano nel comune di San Luca (RC), e le Rocche di San Pietro che si trovano nel comune di Careri (RC). La Valle delle…
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
Photo
Tumblr media Tumblr media Tumblr media
Pietra  Cappa e la pesantezza dei peperoni
Qualche giorno fa è finita l’estate. Ed io c’ho messo una pietra sopra con la visita al monolite più alto d’Europa, Pietra Cappa.
Il circuito ad anello nella “Vallata delle grandi pietre” parte da Natile Vecchio. Inizio a stancarmi con tutti questi paesi sdoppiati fra il vecchio e il nuovo. Già dalla strada che porta a Natile si vede questo sasso abnorme piombato dal cielo in mezzo al bosco aspromontano.
Prima di raggiungerlo panino alle rocce di San Pietro, una montagnetta con tre grotticelle che formano una specie di volto spaventato. Un luogo panoramico, probabilmente scavato dai monaci basiliani.
Continuo. Ecco una famiglia molto numerosa che, con spirito diverso dal mio, si sta godendo quello scorcio di natura. “Favorite?”. Inutile la scusa di aver già pranzato, non ho potuto rifiutare pane e pipi (peperoni arrosto) e poi il capocollo: “questo devi assaggiarlo, lo facciamo noi”.
Pietra Cappa è là che mi fissa severa. Sembra quasi ammonirmi per la piega da tarallucci e vino che il pomeriggio sta prendendo. È il caso di proseguire, nonostante le salsicce di zi' Micu siano quasi pronte.
Ora riesco a scorgere anche delle capre proprio sulla sommità del monolite. Eppure il figlio di zi’ Micu mi aveva avvertito che è difficilissimo, eroico salire in cima. Lo aveva fatto solo suo zio. Mi chiedo quindi come è possibile che le caprette bruchino lassù in tutta serenità.
Pietra Cappa vista da qui sfama gli occhi. La sua superficie e le sue forme invitano a vederci qualsiasi cosa: un volto indiano, una sfinge, un panettone.
Arrivo ai piedi del masso, lo circumnavigo, lo attraverso anche tramite un piccolo passaggio laterale.
Poggiare le mani su questa roccia e alzare lo sguardo è la ricarica energetica necessaria per poi tornare indietro nella civiltà. Più che trekking questo è un pellegrinaggio. Mi sento uno di quegli antichi che veneravano una pietra.
Che sia un monolite come questo o un granello di sabbia, la roccia pare non rispondere alle leggi del tempo che passa, non possiamo vedere la sua formazione né la sua distruzione. E mentre penso queste ovvietà i peperoni si muovono pesanti dentro me. Buoni da morire, duri a digerire, pesanti come un macigno. (presso Pietra Cappa) https://www.instagram.com/p/CFefVxIIWYx/?igshid=1nwel6a8a7po1
5 notes · View notes
libriaco · 2 years
Text
Pulizie di Pasqua
[155] [...] Quando una volta si era verso Pasqua si facevano le pulizzie anche sotto la cappa del camino: quello che durante l’anno era difficile fare: all’ora si prendeva la catena del fuoco: quella con gli anelli cosi, poi si legava con un filo di ferro poi si faceva tirare per i bambini per la strada che erano polverose: di tanto in tanto la bagnavano [156] con l’acqua e diventava lucida come nuova: che pure per i bambini era un giocattolo, intanto le mamme facevano le pulizzie al rame; portavano fuori il rame che avevano: poi con aceto, sale, farina gialla, si mescolava: e si chiamava al blet: si puliva così il rame: poi si asiugava è diventava più bello che nuovo: pure pulire il focolaio con una pietra rossa; [157] ma c è nerano poco di rame da pulire: si puliva la forbice degli uomini quelli per le viti: la falce: detto falson: poi li attaccavamo al muro: pure li guardavamo come cose preziose: che pure erano preziose: perchè erano per il nostro lavoro; e le volevamo anche bene; che dirlo ai giovani ci farebbero una risata che non finirebbero mai!! Ma quanti ricordi noi anziani;
C. Marchi, Il tuo nome sulla neve. Gnanca na busìa. Il romanzo di una vita scritta su un lenzuolo [1992], Milano, Il Saggiatore, 2012
Nota: Il lenzuolo di Clelia Marchi è conservato presso l’Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano (AR). La trascrizione del testo è stata eseguita da Rosanna Mai.
28 notes · View notes
allecram-me · 2 years
Text
Prospettiva di oggi, #124
È il compleanno di mio padre. Oggi. Ha preso un giorno libero a lavoro - lui che si è vantato per anni di essere intoccabile perché non ne ha presi praticamente mai - ed ha cercato un modo per procurarsi delle catene da neve. Le stagioni sono un fatto decisamente più relativo, qui al mio sud, e non esiste quel mondo di cambio semestrale di pneumatici, o controlli in autostrada. Che poi questa storia delle ferie è un mistero strano, perché non penso proprio che mio padre menta, eppure ad ogni mal di pancia era lui a presentarsi all’ingresso di scuola, mi infilava in macchina e mi riportava a casa. Mi preparava anche il thé, pieno zeppo di zucchero. Mi dava delle pacche sulla spalla quando stavo male, ed erano le stesse che ricevevo quando era il caso di complimentarsi.
Le catene, comunque, servono perché stanotte ci infileremo in auto e scivoleremo inesorabili fino ad un’alba di tenerezza, almeno per me: arriveremo in ospedale, io indosserò il camice in cui ormai mi sento quasi a mio agio, e ci saranno mani sfiorate, piccole testate, e gli occhi di Vale nei miei. Questo è il programma di mio padre, non il mio. È il suo solito sacrificio, che si è fatto da tempo scontato. Io lo so bene che, seppure dalla stessa casa per quasi tutti i miei anni, noi abbiamo vissuto su pianeti diversi, e che quello che oggi riesco a giustificare in lui è completamente altro da ciò che chiedo a me stessa e alla mia gente, ma mentre lo raccontavo poco fa a Vale mi è venuto violentemente in mente che mio padre non sa fare carezze, nonostante tutto, non ha una memoria muscolare cui affidarsi per la delicatezza di un abbraccio. Le sue pacche sulla spalla sono l’unico strumento di cui dispone, tant’è che ne ha riservata una anche a Valerio l’ultima volta che lo ha visto invalido, costretto nel suo letto meccanico. Valerio oggi ne parla con gli occhi lucidi, incredulo.
E allora mia madre, da cui credo non si separerà mai, che pianeta ha vissuto da quella nostra stessa casa?
Seguendo questo filo ho pensato ancora alla mia storia, ai progressi che io vedevo e che loro non mi legittimavano, e a loro due che più volte mi hanno schernita con leggerezza per le mie scelte e i miei amori, tutti così distanti da loro, così fisiologicamente votati alle carezze e addirittura a proprio agio nel dire in silenzio “sono qui, ti amo come si ama un ordigno che maneggiato male potrebbe esplodere, o l’innesto ancora fresco di una pianta che va tenuta insieme perché non vada in pezzi”. Ho sbraitato per anni nel tentativo di essere compresa, ho proposto un universo ed ho chiesto alla scienza un linguaggio che mi permettesse di spiegarlo ad altri, e sempre senza forza mi sono percepita come la minoranza politica di un sistema corrotto dall’indisponibilità colpevole e costante dei suoi potenti, eppure da brava pietra di inciampo non capivo un cazzo della cappa di dolore che mi calpestava forte: quella sensazione di protezione che avevo in bocca, prima delle carezze di chi sceglievo e oltre l’amaro di mio padre, quella roba lì era il privilegio per cui m’attaccavano, e per cui comunque si prendevano giorni di ferie da lavoro, e si sacrificavano compleanni. Non lo consiglierei alla mia gente, d’accordo, ma noi non ne saremmo nemmeno capaci. Io salto il lavoro ogni volta che posso, e ho ancora quegli stessi mal di pancia. Chissà se inciampano ancora su di me, ora che mi sono fatta grande e ancora più ingombrante. Penso di sì: forse il problema non è mai stato il fatto che passassi inosservata, piuttosto è difficile aggirarmi. È difficile tenersi insieme ed evitare che io esploda, e che tutti noi si vada in pezzi.
7 notes · View notes
corallorosso · 3 years
Text
La destra si è incarognita: vedi Voghera, e poi muori
di Gad Lerner Suggerisco di tenere d’occhio cosa succederà a Voghera dopo che il suo assessore alla sicurezza, Massimo Adriatici, ha spedito all’altro mondo con un colpo di pistola il molestatore della quiete pubblica Youns El Boussettaoui, per prevedere l’Italia di destra che ci aspetta. Quanto può incarognirsi, nell’indifferenza, una paciosa cittadina lombarda nostalgica del boom economico, porta d’accesso alle colline dell’Oltrepò pavese? Nella canicola pomeridiana di sabato scorso, ad accogliere in piazza Meardi, il luogo del delitto, alcune centinaia di manifestanti, quasi tutti immigrati stranieri chiamati alla protesta dalla combattiva sorella di Youns, c’erano solo una fila di saracinesche abbassate e i cordoni di polizia in tenuta antisommossa. La sindaca Paola Garlaschelli, dopo aver invitato i negozianti alla serrata, ha diffuso un videomessaggio che merita di essere riascoltato parola per parola. Ribadisce la sua stima personale all’assessore-giustiziere, lamenta la “strumentalizzazione mediatica” dell’episodio, non si lascia sfuggire un cenno di cordoglio per la vittima né tantomeno si occupa della sorte di due bambini rimasti orfani. Suppongo gliene sarebbero derivate critiche da parte dei benpensanti che da sempre mal sopportano il disturbo recato da un malato di mente, per giunta marocchino. È storia antica l’ostilità diffusa nei confronti dello “scemo del villaggio”, rinfocolata dalla propaganda politica sull’invasione straniera. Vogliamo o non vogliamo restare padroni a casa nostra? E allora potranno anche essere considerate inopportune le minacce sfuggite alla collega leghista di Adriatici, Francesca Miracca, assessore al Commercio, il giorno prima della manifestazione di solidarietà per Youns: “Domani spariamo davvero. Assoldo i miei operai e scendiamo noi, in piazza”. Figuriamoci se la sindaca ne pretenderà le dimissioni: non ha espresso forse un comune sentire? Basta e avanza l’autosospensione di Adriatici, la cui pratica armata di giustizia fai da te era pur sempre considerata un fiore all’occhiello della giunta cittadina. Peccato che i vogheresi, impauriti da quegli estranei venuti a gridare la loro richiesta di giustizia, non siano venuti a riconoscerli. Ne avrebbero incontrati parecchi che lavorano alle loro dipendenze e fanno marciare l’economia di una provincia tranquilla. La sorella di Youns, man mano che presentava al microfono i parenti del morto ammazzato, a cominciare dal papà e dalla mamma, elencava da quanti anni vivono qui intorno. Molti di loro sono già diventati cittadini italiani, benché abituati a sentirsi di serie B, mutilati anche nell’aspettativa di giustizia. Fin troppo facile è constatare a quale modello si rifacciano i leghisti vogheresi: lo ha impersonato Matteo Salvini nei quindici mesi in cui rivestiva la funzione di ministro degli Interni. Lui stesso ne ha rivendicato l’azione invocando a sproposito il principio della legittima difesa, condito dalla tipica dose di sarcasmo: “Se fosse stato eseguito l’ordine di espulsione, sarebbe ancora vivo”. Un riflesso automatico tipicamente razzista. Questa involuzione della coscienza collettiva, giunta a vietarsi espressioni di umana pietà da parte dei rappresentanti delle istituzioni, merita di essere studiata. Magari riprendendo in mano le preziose memorie racchiuse nel libro di Vittorio Emiliani, Vitelloni e giacobini. Voghera-Milano fra dopoguerra e boom (Donzelli), che proprio qui esordì con Alberto Arbasino e Peppino Turani nella sua carriera giornalistica, dando vita al settimanale Il Cittadino, seguendo le orme del direttore-partigiano Italo Pietra. Quei “vitelloni” esprimevano il fervore culturale che nobilitava una terra di provincia protesa nella modernità, dove il riformismo socialista già nel 1956 aveva dato vita a una giunta di sinistra con l’appoggio esterno dei comunisti. Potrà infrangersi la cappa di cinismo in cui oggi pare imprigionata la società vogherese, o invece resterà aggrappata all’ostentazione di cattiveria dei suoi attuali amministratori? È uno dei dilemmi della futura Italia di destra.
14 notes · View notes
Text
Raggiunto il presbiterio osserviamo il ciclo pittorico di affreschi raffigurante le storie di Gioacchino ed Anna fino all'incoronazione di Maria al cielo nelle cui scene Andrea De Litio racconta, attraverso lo stile gotico, allo stesso tempo sia il Vangelo che la vita quotidiana e i costumi abruzzesi del 1400
Gotico internazionale: l'amore per i più piccoli dettagli.
Tumblr media
Le scene sono state illustrate come fossero una moderna composizione cinematografica, infatti i pilastri non dividono in maniera netta tali scene ma sono in armonia con le stesse, sotto alcune raffigurazioni si possono ancora leggere le didascalie scritte nell'abruzzese del 1400
Lo stile del rinascimento si intravede mediante l'utilizzo del colore, ad esempio per raffigurare la cappa del camino e le anfore usando solamente le sfumature del bianco e del grigio senza disegnare i contorni si può comprendere chiaramente il volume delle stesse.
I registri del ciclo pittorico:
I
Le storie di Gioacchino ed Anna dalla cacciata dal Tempio fino all'incontro alla porta Aurea
II
Il primo periodo della vita della Vergine:
- Nascita;
- Presentazione al Tempio;
- Lavori nel Tempio;
- Matrimonio;
- Annunciazione;
- Visitazione;
- Natività e adorazione dei Magi
III
- Fuga in Egitto;
- Strage degli Innocenti;
- Gesù tra i dottori;
- Nozze di Cana;
- Battesimo di Gesù
IV
- Annuncio della morte a Maria;
- Commiato dagli Apostoli;
- Dormitio Virginis;
- Cristo risorto con le specie eucaristiche;
- Incoronazione della Vergine
Tumblr media
Particolarità:
- l'Annunciazione arriva con l'ascolto della parola (verbo): l'acqua viene rappresentato come una rondine che parla a Maria all'orecchio
- ci sono oltre alle classiche aureole dorate anche aureole nere, ma non sono volute così dal pittore, sono nere perché venne utilizzato il biossido di piombo che in origine dava un colore argentato
- Nascita di Gesù: San Giuseppe dorme perché non doveva avere troppo significato, il vero e unico padre è Dio
- Strage degli Innocenti: vengono messe insieme scene di folla come in Guernica in questa straziante scena della strage dei bambini uccisi dai soldati di Erode, dove si enfatizzano gli sguardi di dolore
- Nozze di Cana: viene raffigurato il tavolo sospeso nel momento del miracolo di Gesù che trasforma acqua in vino per enfatizzare la magia come intervento sullo spazio e tempo
- NON vengono rappresentate né la Crocifissione né la Resurrezione di Cristo
- scena strutturata come un fumetto: la Madonna che si sposta nel tragitto verso il monastero
- Commiato dagli Apostoli: la scena dell'ultimo saluto a Maria da parte degli Apostoli è malinconica, infatti si osserva l'aria di tristezza dai volti perché sanno di morire a breve.
- sotto agli affreschi attualmente visibili ci sono altri affreschi probabilmente risalenti al 1300
- Incoronazione della Vergine: Maria viene incoronata Regina degli Angeli dei Cieli e della Terra e si ricongiunge con Gesù
I quattro registri sono sormontati da una volta a quattro vele raffiguranti gli Evangelisti e i Padri della Chiesa occidentale.
Entro le cornici dei pennacchi sono raffigurate le Virtù.
Tumblr media
Particolarità che accomuna queste chiese è l'utilizzo di piatti di ceramica colorati come decorazioni
Tumblr media
Il teatro comunale è uno degli aspetti di monumentalizzazione realizzati insieme alle terme.
Tumblr media
Il portale della Chiesa di S. Agostino è in stile gotico.
Tumblr media
Chiesa s. Francesco era originariamente in stile gotico, ma un terremoto la distrusse così venne ricostruita in stile barocco.
La base è fatta da blocchi di conglomerato risalenti all'età romana.
Il ripetersi delle forme concave e convesse simula un'onda che arriva fino alla facciata della chiesa barocca.
Curiosità: "lu mammocc" dei bambini cattivi di Atri non è altro che la pietra tombale del medico personale del re del regno.
Tumblr media
Piazza del Palazzo Ducale degli Acquaviva in cui era situato il Palazzo del Capitano Regio.
Curiosità: uno degli Acquaviva è l'ispiratore del personaggio Don Chisciotte e la sua bella Dulcinea è ispirata ad una ragazza di cui lo scrittore probabilmente si è innamorato ad Atri.
Tumblr media
Nel cuore di Atri troviamo la Chiesa più antica quella di S. Nicola.
Curiosità: San Nicola è il patrono dei pecorari d'Abruzzo.
Dove si trovava il borgo medievale si possono notare tante case piccole tutte vicine nelle varie viuzze che avevano la loro piccola parrocchia.
Tumblr media
Attualmente possiamo vedere solamente un Bastione che rimane della immensa Fortezza di Capo d'Atri.
Possiamo ammirare il panorama delle montagne abruzzesi, dei calanchi e del mare:
"troppo alta la montagna, troppo lunga la linea del mare.
Da lontano possiamo avvistare il Convento dei Francescani il cui chiostro è stato trasformato nella prima fabbrica della Saila (liquirizia)
Infatti i prodotti tipici di Atri sono il Pan Ducale e la liquirizia.
Tumblr media
2 notes · View notes
calabria-mediterranea · 2 months
Text
Tumblr media Tumblr media Tumblr media
Pietra Cappa: The most famous monolith in Calabria, Italy and the highest in Europe
Pietra Cappa (its name apparently derives from the idea of “inverted cup”, referring to the cavity inside the stone) is a huge boulder, 140 metres high, that stands out as one of the highest monoliths in Europe.
According to recent studies, many geologists believe that its rounded shape was molded by the action of the last ice age which made it very similar to a panettone (Italian Christmas Bread)! The huge rock became the symbol of the Aspromonte Geopark, carrying the charm of an unspoilt landscape and the mystery of the legends about its origins.
Tumblr media
Stories aside, the fascination of this place is indisputable. You find yourself surrounded by dense vegetation, characterized by heather, mastic, myrtle, strawberry tree, chestnut, holm oak, mint and oregano. A dream panorama that frames the monolith, which overlooks the Ionian sea. As if all this were not enough to give an idea of the beauty of the place, you can also admire the centuries-old chestnut trees known as Giants of San Giorgio. No sign of human passage or almost. Only the Byzantine columns and walls of what remains of the Church of San Giorgio located on the path are found.
Tumblr media
"I first met Pietra Cappa by chance in the very early 80s. I must have been 25 or so. As regional manager of the WWF, I was in Gerace.
One morning we reached the road that leads from Montalto to the town of San Luca. We began the long descent towards the town. That's how I saw her in the distance, on the left. An enormous rock head buried on a buttress cloaked in oak woods. We passed by the Rocks of St. Peter, where there is the famous skull-shaped asceterium, now very photographed, which must have been the chapel of a laura or a community of Byzantine hermits.
Tumblr media
There we met Sebastiano Codispoti, the shepherd who owned a flock of goats in a stable under the Rocks. He lived there alone. From time to time he went down to the village of Natile where he had his family, whose friendship I would later be honored by. Sebastiano played a double reed flute that he built himself, carved wood, made cheese, was gentle, hospitable, generous with anyone who passed by. He removed a handkerchief from inside his shirt in which he jealously kept an ancient coin. Looking at her moved, he told a story of kings and queens who lived in Pietra Cappa as if it had happened a few years earlier. And then we climbed along paths on the other side where the stone appeared to us in all its majesty: 829 meters above sea level, according to the maps, on a circular base that runs around 700 metres, for a circumnavigation of just under a kilometre." @Francesco Bevilacqua
Vintage photos by Francesco Bevilacqua
Follow us on Instagram, @calabria_mediterranea
Tumblr media
28 notes · View notes
noemi10s · 3 years
Photo
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
Casa-vacanze Capodanno-Liguria- Grimaldi- 3 notti🏡 Ponte di Capodanno ❄☃🎅🥂 date disponibili➡30-12-2020 - 02-01-2021 - € 720.00✅ ✅Max 4 Ospiti 
🟢🎄 👀 DESCRIZIONE👀 Affascinante e suggestiva casa per vacanze con piscina in comune ricavata in un' antica torre saracena all'interno di una delle location più esclusive di tutta la costa. Ci troviamo infatti nel complesso dei Grimaldi, in un parco di oltre 20.000 mq, a meno di 400 metri a piedi dalla spiaggia de I Balzi Rossi, a 1 km dal centro Mentone e a 10 km dal Principato di Monaco. Un luogo incantato, ideale per coloro che vogliono vivere terra cielo e mare lontani e al di fuori del caos quotidiano. Una dimora storica unica nel suo genere non solo per la raffinatezza degli ambienti, ma anche per il contesto davvero unico. Un angolo di paradiso che saprà incantare anche l'osservatore più esigente e che saprà regalarvi emozioni indimenticabili. La splendida terrazza belvedere darà la possibilità di godere del silenzio del mare di ritorno dal clamore del giorno e l'abbaglio del sole. Per gli amanti del bike ricordiamo due piste ciclabili splendidamente collocate: una lungo il mare che giunge sino a Bordighera passando per Camporosso e Vallecrosia e l'altra lungo la Val Nervia per raggiungere Dolceacqua e il Castello dei Doria. Per gli amanti del golf un bellissimo campo a 18 buche nella vicinissima Sanremo (28 km). Sempre da qui, per gli amanti del trekking, "Sentiero Liguria" un itinerario turistico-escursionistico che collega la provincia di La Spezia con Grimaldi: oltre 600 km all'insegna dell'armonia e dei contrasti, tra uliveti, vigneti e boschi di leccio, lidi e scogliere e che si collega sia con l'Alta Via dei Monti Liguri che con la Via Francicega e i "Cammini di Santiago". Posto auto riservato all'ingresso della casa. La proprietà si raggiunge in parte con ascensore (dal parcheggio ai primi vialetti) e poi con una scalinata esterna immersa nel verde.
 ⛔Animali domestici NON ammessi⛔ 
🌐No Internet🌐 
 ℹ Informazioni sull´alloggio 
Bifamiliare - Piani diversi65 m2 Vani/camere da letto2 (1) Persone4 Anno di costruzione1200 Anno di restauro2019 Terreno in comune20000 m2 Materiale di costruzioneCostruito con: Pietra ------------- 
🌊Distanza/vista
 Spiaggia di sabbia400 m Spiaggia a pagamento400 m Negozi1,0 km Ristorante1,0 km Vista panoramica mare ------------ 
🏙Energia/riscaldamento idonea anche per l'inverno Riscaldamento a gas Camino Riscaldamento escl. Energia elettrica incl -------------- 
🏙Città più vicina🌆 Mentone 1,0 km -----------------
 ℹDotazioni➡ Cucina: acqua calda e fredda Forno elett. e fornelli a gas Lavastoviglie Frigorifero e cappa aspirante Congelatore Aspirapolvere Aiuto domestico Soggiorno 1 TV TV satellitare Radio Dintorni Parcheggio in loco/gratuito (1 Posto auto) Mobili da giardino Varie Piscina esterna in comune 200 m2 Lavatrice 3 Lettini da sole Gruppi giovani non ammessi Piscina metà Giu - metà Set GOA 163,0 km 
 RICHIEDI PRENOTAZIONE
3 notes · View notes
gregor-samsung · 4 years
Quote
Sono donne dall'abito domenicale, alcune ancora giovani, altre più in là negli anni, ma sono donne, solo donne. Alcune di loro sono belle e le guardo con il cuore pieno di desiderio, vorrei scavare nelle loro teste, frugare nei loro cuori e chiedere perché stanno andando lì. È l'autobus delle vedove di San Brunone, il cimitero a pochi passi dall'Ilva e che si stende al suo fianco. C'è un immenso pianoro di cipressi, terra smossa dalla rigovernatura delle salme, poi sorgono piccoli tempietti votivi e i sepolcri di pietra e marmo di tanti tarantini che sono seppelliti a pochi metri da quella poltiglia di acciaio fumante, pennacchi di carbone bruciato e palazzi a laminatoio a freddo. Il destino beffardo vuole che ci siano sepolti molti di coloro che hanno lavorato nella grande acciaieria. Poco più dietro ci sono piccole collinette di calcare e quarzite, residui di lavorazione. Ma soprattutto un orizzonte cilestre, riflesso da una cappa di fumo nero che cambia i venti; ma soprattutto la luce del giorno. Secondo gli ultimi rilevamenti è proprio il cimitero di San Brunone la zona più inquinata dell'area metropolitana, e il destino beffardo si ripete una seconda volta perché chissà quanti tra i morti sepolti in quel cimitero sono morti avvelenati dalla grande fabbrica, chissà se fra loro non c'è qualche vittima di quelle tragiche morti bianche che hanno costellato per anni la storia dell'Ilva. La temperatura è più alta di un grado centigrado, quando piove l'acqua che scende lascia addosso una patina oleosa, la stessa che ti senti quando ti bagni nelle acque di Lido Azzurro. Un mantello sottile, che sembra stringerti la gola come una pellicola. Alcuni anni fa chiesero addirittura di spostare il cimitero. Come se fosse possibile portar via tutti quei morti. «Se non lo faranno presto, i loro cari li raggiungeranno» si disse. Come se a quei morti non bastasse già essere lì sotto, a pochi metri dal grande Siderurgico, abbagliante e mortale, affascinante nelle sue caleidoscopiche luci notturne, ma pieno di enigmi, pieno di storie lacerate, di interruzioni di destino. Il cimitero è rimasto così, di fronte all'Ilva, fronteggiandosi in un prodigioso riflesso di paesaggio urbano: morte-lavoro, morte-sviluppo, morte-industrializzazione.
Mario Desiati, Foto di classe, Laterza (collana Contromano), 2009¹; pp. 25-26.
3 notes · View notes
whileiamdying · 4 years
Text
LA DIVINA COMMEDIA
Inferno • Canto XXIV
In quella parte del giovanetto anno che ’l sole i crin sotto l’Aquario tempra e già le notti al mezzo dì sen vanno,
quando la brina in su la terra assempra l’imagine di sua sorella bianca, ma poco dura a la sua penna tempra,
lo villanello a cui la roba manca, si leva, e guarda, e vede la campagna biancheggiar tutta; ond’ ei si batte l’anca,
ritorna in casa, e qua e là si lagna, come ’l tapin che non sa che si faccia; poi riede, e la speranza ringavagna,
veggendo ’l mondo aver cangiata faccia in poco d’ora, e prende suo vincastro e fuor le pecorelle a pascer caccia.
Così mi fece sbigottir lo mastro quand’ io li vidi sì turbar la fronte, e così tosto al mal giunse lo ’mpiastro;
ché, come noi venimmo al guasto ponte, lo duca a me si volse con quel piglio dolce ch’io vidi prima a piè del monte.
Le braccia aperse, dopo alcun consiglio eletto seco riguardando prima ben la ruina, e diedemi di piglio.
E come quei ch’adopera ed estima, che sempre par che ’nnanzi si proveggia, così, levando me sù ver’ la cima
d’un ronchione, avvisava un’altra scheggia dicendo: «Sovra quella poi t’aggrappa; ma tenta pria s’è tal ch’ella ti reggia».
Non era via da vestito di cappa, ché noi a pena, ei lieve e io sospinto, potavam sù montar di chiappa in chiappa.
E se non fosse che da quel precinto più che da l’altro era la costa corta, non so di lui, ma io sarei ben vinto.
Ma perché Malebolge inver’ la porta del bassissimo pozzo tutta pende, lo sito di ciascuna valle porta
che l’una costa surge e l’altra scende; noi pur venimmo al fine in su la punta onde l’ultima pietra si scoscende.
La lena m’era del polmon sì munta quand’ io fui sù, ch’i’ non potea più oltre, anzi m’assisi ne la prima giunta.
«Omai convien che tu così ti spoltre», disse ’l maestro; «ché, seggendo in piuma, in fama non si vien, né sotto coltre;
sanza la qual chi sua vita consuma, cotal vestigio in terra di sé lascia, qual fummo in aere e in acqua la schiuma.
E però leva sù; vinci l’ambascia con l’animo che vince ogne battaglia, se col suo grave corpo non s’accascia.
Più lunga scala convien che si saglia; non basta da costoro esser partito. Se tu mi ’ntendi, or fa sì che ti vaglia».
Leva’mi allor, mostrandomi fornito meglio di lena ch’i’ non mi sentia, e dissi: «Va, ch’i’ son forte e ardito».
Su per lo scoglio prendemmo la via, ch’era ronchioso, stretto e malagevole, ed erto più assai che quel di pria.
Parlando andava per non parer fievole; onde una voce uscì de l’altro fosso, a parole formar disconvenevole.
Non so che disse, ancor che sovra ’l dosso fossi de l’arco già che varca quivi; ma chi parlava ad ire parea mosso.
Io era vòlto in giù, ma li occhi vivi non poteano ire al fondo per lo scuro; per ch’io: «Maestro, fa che tu arrivi
da l’altro cinghio e dismontiam lo muro; ché, com’ i’ odo quinci e non intendo, così giù veggio e neente affiguro».
«Altra risposta», disse, «non ti rendo se non lo far; ché la dimanda onesta si de’ seguir con l’opera tacendo».
Noi discendemmo il ponte da la testa dove s’aggiugne con l’ottava ripa, e poi mi fu la bolgia manifesta:
e vidivi entro terribile stipa di serpenti, e di sì diversa mena che la memoria il sangue ancor mi scipa.
Più non si vanti Libia con sua rena; ché se chelidri, iaculi e faree produce, e cencri con anfisibena,
né tante pestilenzie né sì ree mostrò già mai con tutta l’Etïopia né con ciò che di sopra al Mar Rosso èe.
Tra questa cruda e tristissima copia corrëan genti nude e spaventate, sanza sperar pertugio o elitropia:
con serpi le man dietro avean legate; quelle ficcavan per le ren la coda e ’l capo, ed eran dinanzi aggroppate.
Ed ecco a un ch’era da nostra proda, s’avventò un serpente che ’l trafisse là dove ’l collo a le spalle s’annoda.
Né O sì tosto mai né I si scrisse, com’ el s’accese e arse, e cener tutto convenne che cascando divenisse;
e poi che fu a terra sì distrutto, la polver si raccolse per sé stessa e ’n quel medesmo ritornò di butto.
Così per li gran savi si confessa che la fenice more e poi rinasce, quando al cinquecentesimo anno appressa;
erba né biado in sua vita non pasce, ma sol d’incenso lagrime e d’amomo, e nardo e mirra son l’ultime fasce.
E qual è quel che cade, e non sa como, per forza di demon ch’a terra il tira, o d’altra oppilazion che lega l’omo,
quando si leva, che ’ntorno si mira tutto smarrito de la grande angoscia ch’elli ha sofferta, e guardando sospira:
tal era ’l peccator levato poscia. Oh potenza di Dio, quant’ è severa, che cotai colpi per vendetta croscia!
Lo duca il domandò poi chi ello era; per ch’ei rispuose: «Io piovvi di Toscana, poco tempo è, in questa gola fiera.
Vita bestial mi piacque e non umana, sì come a mul ch’i’ fui; son Vanni Fucci bestia, e Pistoia mi fu degna tana».
E ïo al duca: «Dilli che non mucci, e domanda che colpa qua giù ’l pinse; ch’io ’l vidi uomo di sangue e di crucci».
E ’l peccator, che ’ntese, non s’infinse, ma drizzò verso me l’animo e ’l volto, e di trista vergogna si dipinse;
poi disse: «Più mi duol che tu m’hai colto ne la miseria dove tu mi vedi, che quando fui de l’altra vita tolto.
Io non posso negar quel che tu chiedi; in giù son messo tanto perch’ io fui ladro a la sagrestia d’i belli arredi,
e falsamente già fu apposto altrui. Ma perché di tal vista tu non godi, se mai sarai di fuor da’ luoghi bui,
apri li orecchi al mio annunzio, e odi. Pistoia in pria d’i Neri si dimagra; poi Fiorenza rinova gente e modi.
Tragge Marte vapor di Val di Magra ch’è di torbidi nuvoli involuto; e con tempesta impetüosa e agra
sovra Campo Picen fia combattuto; ond’ ei repente spezzerà la nebbia, sì ch’ogne Bianco ne sarà feruto.
E detto l’ho perché doler ti debbia!».
2 notes · View notes
Quote
Ho visto spiagge di zucchero e un’acqua di un blu limpidissimo. Ho visto un completo casual da uomo tutto rosso col bavero svasato. Ho sentito il profumo che ha l’olio abbronzante quando è spalmato su oltre dieci tonnellate di carne umana bollente. Sono stato chiamato “Mister” in tre diverse nazioni. Ho guardato cinquecento americani benestanti muoversi a scatti ballando l’Electric Slide. Ho visto tramonti che sembravano disegnati al computer e una luna tropicale che assomigliava più a una specie di limone dalle dimensioni gigantesche sospeso in aria che alla cara vecchia luna di pietra degli Stati Uniti d’America che ero abituato a vedere. Ho partecipato (molto brevemente) a un trenino a ritmo di conga. Devo dire che ho vissuto il reportage commissionatomi con una sorta di fobia della prestazione. L’anno scorso una certa rivista patinata dell’East Coast aveva deciso di mandarmi a una di quelle vecchie e tranquille fiere locali, a farmi fare una specie di reportage, senza darmi nessuna indicazione precisa, ed è rimasta soddisfatta dei risultati. Così adesso mi è stata offerta quest’altra ciliegina tropicale, anche qui senza nessuna indicazione o richiesta specifica. Ma questa volta mi sento più a disagio: il rimborso spese della fiera locale era di 27 dollari esclusi i giochi a premi. Questa volta «Harper’s» ha sganciato più di 3000 dollari senza aver letto neanche una delle mie succose descrizioni ipnotico-sensoriali. Mi continuano a dire – con grande pazienza, al radiotelefono della nave – di non affliggermi per questioni del genere. Credo davvero che questa gente che lavora nei giornali sia in malafede. Dicono che tutto quello che vogliono è una specie di cartolina turistica gigante scritta da uno che ci è stato – vai, ti fai i Caraibi alla grande, torni e racconti quello che hai visto. Ho visto un sacco di navi bianche veramente enormi. Ho visto frotte di pesciolini con le pinne luccicanti. Ho visto un parrucchino in testa a un ragazzo di tredici anni. (Ai pesci luccicanti piaceva ammucchiarsi tra la carena e il cemento delle banchine ogni volta che attraccavamo.) Ho visto la costa settentrionale della Giamaica. Ho visto e ho sentito la puzza di tutti i 145 gatti che vivono nella villa di Ernest Hemingway a Key West in Florida. Ora conosco la differenza tra Bingo e Superbingo, e cosa significa quando il jackpot del Bingo va “a palla di neve”. Ho visto videocamere che praticamente richiedevano un carrello; ho visto valigie fosforescenti e occhiali da sole fosforescenti con cordicelle fosforescenti e più di venti tipi diversi di ciabatte infradito. Ho sentito tamburi da banda di paese e ho mangiato frittelle di sgombro e ho visto una donna in lamé argentato che vomitava a getto dentro un ascensore di vetro. Ho tenuto il ritmo di due quarti puntando il dito verso il cielo esattamente sulla stessa disco music sulla quale odiavo puntare il dito verso il cielo nel 1977. Ho imparato che in realtà ci sono intensità di blu anche oltre il blu più limpido che si possa immaginare. Ho mangiato più che mai e piatti più sofisticati che mai, per di più nella stessa settimana in cui ho imparato anche la differenza tra beccheggiare nel mare agitato e rollare nel mare agitato. Ho sentito un comico professionista dire seriamente al pubblico: “A parte gli scherzi”. Ho visto completi fucsia e giacche rosa mestruo e scaldamuscoli viola e marrone e mocassini bianchi senza calzini. Ho visto croupier professioniste così carine che ti facevano venire voglia di fiondarti al loro tavolo e perdere fino all’ultimo centesimo a blackjack. Ho sentito cittadini americani maggiorenni e benestanti che chiedevano all’Ufficio Relazioni con gli Ospiti se per fare snorkeling c’è bisogno di bagnarsi, se il tiro al piattello si fa all’aperto, se l’equipaggio dorme a bordo e a che ora è previsto il Buffet di Mezzanotte. Ora conosco l’esatta differenza mixologica fra uno Slippery Nipple e un Fuzzy Navel. So cos’è un Coco Loco. Sono stato oggetto in una sola settimana di oltre 1500 sorrisi professionali. Mi sono scottato e spellato due volte. Ho fatto tiro al piattello sul mare. È abbastanza? In quei momenti non sembrava mai abbastanza. Ho sentito quanto pesa la cappa del cielo subtropicale. Almeno una dozzina di volte il suono della sirena della nave, un’assordante flatulenza degli dei, mi ha fatto prendere un colpo. Ho assimilato i fondamenti del mah-jong, mi sono visto a stralci una due giorni di bridge contratto, ho imparato come si allaccia il giubbotto salvagente sopra lo smoking e ho perso a scacchi con una bambina di nove anni. (Per la verità, ho fatto tiro verso il piattello, sul mare.) Ho mercanteggiato per dei gioielli senza valore con ragazzini malnutriti. Ora conosco ogni possibile giustificazione o scusa per chi spenda 3000 dollari per andarsi a fare una crociera ai Caraibi. Mi sono mangiato le mani per aver rifiutato autentica marijuana giamaicana da un giamaicano autentico. Una volta ho visto dalla balaustra del ponte scoperto, molto più in basso e a destra della coda della carena, una cosa che mi è sembrata essere la pinna di uno squalo, mimetizzata nella scia del motore di dritta, violenta come le cascate del Niagara. Ho sentito – e non ho parole per descriverla – una musichetta da ascensore in versione reggae. Ho capito cosa significa avere paura del proprio water. Ho imparato ad avere il “piede marino” e ora mi piacerebbe perderlo. Ho assaggiato il caviale e mi sono trovato d’accordo con il giudizio del bambino che mi sedeva accanto: fa schifo. Ora ho capito bene cosa significa duty free. Ora conosco la velocità massima in nodi di una nave da crociera. Ho mangiato escargot, anatra, salmone affumicato dell’Alaska, salmone con finocchi, pellicano al marzapane e un’omelette fatta con quelle che venivano definite “tracce di tartufo etrusco”. Ho sentito persone sedute sulle sdraio sul ponte dire che non è tanto il caldo, ma l’umidità. Sono stato – completamente, professionalmente e come mi era stato promesso – viziato. Ho osservato e catalogato, con ribrezzo, ogni tipo di eritemi, cheratinosi, lesioni pre-melanoma, macchie da mal di fegato, eczemi, verruche, cisti papulari, pancioni, celluliti femorali, vene varicose, trattamenti al collagene e al silicone, tinture orribili, trapianti di capelli malriusciti – insomma, ho visto un sacco di gente seminuda che avrei preferito non vedere seminuda. Mi sono sentito depresso come non mi sentivo dalla pubertà e ho riempito quasi tre taccuini per capire se era un Problema Mio o un Problema Loro. Ho acquisito e nutrito un rancore che potrebbe anche durare tutta la vita verso il direttore d’hotel della nave – il cui nome era signor Dermatis e che io da allora in poi ho battezzato signor Dermatitis –, un rispetto quasi ossequioso per il mio cameriere e un’ardente passione per la cameriera della mia cabina del corridoio sul ponte 10, Petra, Petra dalle fossette e dalle sopracciglia ampie e candide, che indossava divise sempre bianche inamidate e fruscianti e profumava del disinfettante al cedro norvegese che passava nei bagni; e che puliva ogni centimetro praticabile della mia cabina almeno dieci volte al giorno, ma che non si è mai fatta sorprendere nell’atto di pulire – una figura di eleganza magica e duratura, meritevole di una cartolina tutta dedicata a lei
David Foster Wallace-  Una cosa divertente che non farò mai più
6 notes · View notes
enricaleone91 · 3 years
Text
Giovedì 12 novembre. Stasera in Tv
Giovedì 12 novembre. Stasera in Tv
Tumblr media Tumblr media
Questa sera in Tv troveremo:
Rai Uno: Doc
Rai Due: FBI
Rai Tre: Stronger-Io sono più forte
Rete 4: Dritto e rovescio
Canale 5: Harry Potter e la pietra filosofale
Italia 1: Le iene show
La7: Piazza Pulita
Tv8: Innocenti bugie
Nove: Cambio moglie
Rai 4: Elementary
Iris: Nassiriya
Rai 5: Muti e Mcgill provano Cappa e Verdi
Rai Movie: Attacco al potere
Rai Premium: La donna al suo fianco
Cielo: La spada…
View On WordPress
0 notes