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#querula
herpsandbirds · 1 year
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Purple-throated Fruitcrow (Querula purpurata), family Cotingidae, Lion, Costa Rica
photograph by Fernando Burgalin Sequeria
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I made them almost break up so I could get this hugging scene 😂
It's very cute 😍
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Harris’s Sparrow ( Zonotrichia querula)
Grand Forks, ND 5-6-2023
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crazy-so-na-sega · 2 years
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Esco dalla libreria soddisfatto. Ho comprato la “Critica della ragione pura” di Kant, “Diario di un seduttore” di Kierkegaard e “Che cosa ha detto Nietzsche” di Montinari.
Devo aspettare, l’autobus passerà tra circa 20 minuti, piove e cerco riparo nei pressi di un’edicola.
Accanto a me scorgo un uomo, avrà all’incirca la mia età, è aitante, muscoloso, con un’abbronzatura ferragostana. Arrivano due ragazze, non credo siano maggiorenni, hanno addosso due zaini e l’aria di chi è scampato ad un’interrogazione scolastica. Si posizionano tra me e l’aitante.
Per ingannare l’attesa prendo il libro di Kierkegaard tra le mani e comincio a leggere.
Presto, però, noto una certa agitazione nelle due ragazze. Sembra che vogliano attirare l’attenzione su di sé, ma può darsi che mi sbagli. Non mi sbaglio, invece. Le due fanno cadere, apparentemente in maniera accidentale, una moneta a terra. Cominciano un finto battibecco, che si rivela essere un pretesto, neanche tanto dissimulato, che permette ad una delle due di rivolgersi all’aitante: “Dille anche tu qualcosa a questa stupida della mia amica”.
Sto lì, tra Kierkegaard, la pioggia e loro, ad attendere l’autobus e gli eventi.
L’aitante abbozza un sorriso. Parla. La tecnica della moneta ha funzionato, le ragazzine sono riuscite ad attrarre la sua attenzione. I tre cominciano a parlare, del più e del meno. L’aitante s’informa sulla loro condizione di studentesse, loro si vantano d’essere “un po’ ribelli” e di non frequentare troppo spesso le aule. Lui, incoraggiato da questa considerazione, ha modo di ricordare il proprio passato da ribelle, le risse in cui è stato coinvolto. C’è armonia, tra i tre, convengono soprattutto sul fatto che la scuola sia abbastanza noiosa, che sia meglio “spassarsela finché si può”.
Caro Kierkegaard, possiamo noi dar loro torto? Forse sì, forse no, ma per oggi non ci porremo la questione.
I minuti passano, l’autobus non arriva, la pioggia non smette e mi sento un po’ invadente a starmene lì, quasi a disturbare quell’idillio a tre che è scoppiato magicamente, con la mia barba incolta e i pesanti libri sottobraccio. Tuttavia rimango lì, anche perché non vedo dove potrei andare.
Le due ragazzette tirano fuori una rivista dalla borsetta  griffata, nominano personaggi che non conosco, presumo modelle o attori, poi decidono che è il tempo di sottoporre l’aitante ad un’altra prova per saggiarne la tempra morale: l’oroscopo.
L’aitante collabora, sorride, ammicca, ed ascolta dalla querula voce delle due giovani quale sarà il suo prossimo destino, scritto nelle stelle. Poi, a conferma di quanto ha ascoltato, commenta: “E’ vero, il mio segno è così. Io sono un tipo calmo, ma quando mi girano ti voglio veder sdraiato per terra, sennò non sono contento”. Le ragazzette sorridono, ammiccano con l’aria furba di chi la sa lunga su come funzionano certe dinamiche di seduzione. Altro che il tuo “Diario di un seduttore”, caro Soren!
Arriva l’autobus. Devo lasciare le piccole seduttrici e l’aitante al destino che l’oroscopo ha loro prescritto.
Torno a casa soddisfatto. Ho passato 20 minuti, alla fermata di un autobus, in compagnia di Nietzsche, di Kierkegaard, di Kant, di un aitante e di due seduttrici.
-Tra sottosuolo e sole
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“Sdraiata a pancia in giù sulla roccia piatta e calda, lasciai pendere il braccio sul lato e la mia mano accarezzò i contorni arrotondati della pietra calda come il sole, sentendone le morbide ondulazioni. La roccia aveva un tale calore, un calore così robusto e confortevole, che mi sembrava potesse essere un corpo umano. Bruciando attraverso il materiale del mio costume da bagno, il grande calore si irradiava attraverso il mio corpo, e i miei seni soffrivano contro la dura pietra piatta. Un vento, salato e umido, soffiava tra i miei capelli; attraverso una grande massa scintillante potevo vedere lo scintillio blu dell'oceano. Il sole penetrava in ogni poro, saziando ogni mia fibra querula in una grande pace dorata e luminosa. Distesa sulla roccia, con il corpo teso e poi rilassato, sull'altare, sentivo di essere deliziosamente violata dal sole, riempita di calore dall'impersonale e colossale dio della natura. Caldo e perverso era il corpo del mio amore sotto di me, e la sensazione della sua carne scolpita era come nessun'altra - non morbida, non malleabile, non bagnata di sudore, ma secca, dura, liscia, pulita e pura. Alta, bianca come l'osso, ero stata lavata dal mare, pulita, battezzata, purificata, e asciugata e rinvigorita dal sole. Come l'alga, friabile, tagliente, profumata - come la pietra, arrotondata, curva, ovale, pulita - come il vento, pungente, salato - come tutto questo era il corpo del mio amore. Un sacrificio orgiastico sull'altare della roccia e del sole, e io sono risorta splendente dai secoli dell'amore, pulita e saziata dal fuoco divorante del suo desiderio casuale e senza tempo.”
Dai Diari Integrali di Sylvia Plath:
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paroleincroce · 2 years
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«E presso a loro stava la querula Acli odïosa,
pallida, magra, cascante di fame, e gambe stecchite,
e l’unghie lunghe lunghe sporgean dalle dita: colava
dalle narici moccio, cadevano giú dalle guance
stille di sangue; ed essa, con grande stridore di denti,
stava, e sugli òmeri suoi si addensava la polvere fitta,
molle di pianto.»
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cerentari · 2 months
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Domanda querula 700 quinquies
Sono riemersi dalle fogne e hanno conquistato governo e istituzioni. Vorrei fare una semplice domanda: quando gli studenti o gli operai protestano abbiamo modo di vedere la polizia in assetto antisommossa che spesso non lesina cariche; quando invece i riemersi dalle fogne organizzano le loro carnevalate con fumogeni, presente!, e ginnastica col braccio destro, la polizia ‘ndo cazzo sta? Ps.…
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carneirodemercurio · 4 months
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"Then when day’s fourth hour has brought thirst on and the plaintive cicadas trouble the trees with their noise.. let them (goats & sheep) find a shadowy valley, wherever Jupiter’s vast oak with its ancient trunk stretches huge branches, or wherever a grove broods, its sacred shade black with dense elm-trees: then give them trickling water again and graze them again till sunset, when the cool evening tempers the air, and the moon, shedding dew, now feeds the glades, the shores echoing with halcyons, thorn bushes with finches". Virgil
"Inde ubi quarta sitim caeli collegerit hora et cantu querulae rumpent arbusta cicadae… aestibus at mediis umbrosam exquirere vallem, sicubi magna Iovis antiquo robore quercus ingentis tendat ramos, aut sicubi nigrum ilicibus crebris sacra nemus accubet umbra; tum tenuis dare rursus aquas et pascere rursus solis ad occasum, cum frigidus aera Vesper temperat, et saltus reficit iam roscida luna, litoraque alcyonen resonant, acalanthida dumi" Vergilius
"Despois, cando a cuarta hora trae a sede e as cigarras queixosas atronan os arbustos co seu canto…. busca (pra as ovellas e cabras) algún val sombrío, onde o robusto carballo de Xúpiter estende as súas grandes pólas dende o tronco antigo, ou onde abundantes aciñeiras cobren o bosque escuro coa súa sombra sagrada; despois deulles outra vez auga doce e déixaos pacer de novo ata que se poña o sol no momento en que o frío véspero tempera a atmosfera e a lúa, agora velada de vapores, arrefría e refresca os bosques, e as costas fan eco co halcyon, e os arbustos cos xílgaros". Virxilio.
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giancarlonicoli · 4 months
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21 mag 2024 17:26
“LA MORTE DI FALCONE? È STATA STESA UNA COLTRE INACCETTABILE SULLE RESPONSABILITÀ DEI SUOI COLLEGHI MAGISTRATI” – L’EX MINISTRO CLAUDIO MARTELLI RICORDA IL GIUDICE UCCISO DALLA MAFIA (INSIEME AL QUALE HA LAVORATO AL MINISTERO) – “ERA IL MAGISTRATO PIÙ FAMOSO AL MONDO. AVEVA FATTO CONDANNARE LA CUPOLA MAFIOSA. MA IL CSM LO DEGRADÒ, LO DELEGITTIMÒ. LO ESPOSE..." – LA STORIA DEL FALLITO ATTENTATO ALL’ADDAURA E LA STRAGE DI CAPACI: “L’AUTO VOLEVA SEMPRE GUIDARLA LUI, ERA LA SUA MANIA. È MORTO ANCHE PER QUESTO. SE..." -
Francesco Verderami per il Corriere della Sera - Estratti
Quando ne parla lo chiama «Giovanni», «perché passammo dal lei al tu in poco tempo». Claudio Martelli ricorda i giorni trascorsi al ministero di Grazia e Giustizia con Giovanni Falcone. Rammenta la consuetudine che divenne ben presto familiarità. «Succedeva quasi tutte le mattine: veniva nel mio ufficio, si sedeva di fronte a me, prendeva fiato come faceva lui, tirava fuori il suo blocchetto di post-it e li attaccava sulla mia scrivania.
C’erano spunti sugli argomenti più diversi. Da riforme complesse a piccoli grandi problemi di cui veniva a conoscenza: “In questa Procura in Sicilia c’è un giovane sostituto procuratore che lavora da solo con un computer che si porta da casa. E lui dovrebbe fare la lotta alla mafia? E con che cosa? Con un computer e due carabinieri di supporto, mentre Cosa nostra ha centinaia di uomini armati?”».
Di «Giovanni» gli tornano in mente «le mani delicatissime, la voce piana, leggermente querula. E il suo fare sornione. A lui piaceva fare scherzi. Per esempio toglieva la chiave mentre guidava l’auto. L’auto voleva sempre guidarla lui, era la sua mania. È morto anche per questo a Capaci: se si fosse seduto dietro, si sarebbe salvato. A volte la sera uscivamo a Roma. Ci mettevano d’accordo, licenziavamo le scorte e andavamo a cenare in ristoranti fuori mano. Da soli. Mi diceva: “È molto più sicuro così, Claudio. Tranquillo”. Facemmo viaggi in giro per l’Europa e per gli Stati Uniti. Una volta mi fece anche preoccupare».
(...)
Lei chiamò «Giovanni» a Roma il 2 febbraio del 1991, appena diventato Guardasigilli del settimo governo Andreotti.
«Sì, lo nominai direttore degli Affari penali, il ruolo più importante al ministero. Non aveva ancora preso l’incarico quando una sera ci fu una sparatoria davanti alla mia casa sull’Appia. I due fermati dissero di essere dei cacciatori. Si scoprì dopo che erano due mafiosi di Alcamo, che intanto erano stati rilasciati. Comunque, la mattina seguente Giovanni volle venire a vedere. Osservò i proiettili nel muro e commentò: “Non è un attentato, è un ammonimento”. Forse gli sembrai deluso e allora aggiunse sorridendo: “Non si preoccupi, se continua così un attentato prima o poi glielo fanno”».
Ancora vi davate del lei e lui non le ingombrava la scrivania con i post-it.
«Credo non sia mai stato così felice in vita sua come in quell’anno e mezzo a Roma. Era rasserenato, presentava progetti ogni giorno. Poteva fare il lavoro che aveva sempre sognato... (si ferma, si incupisce, smette di parlare di «Giovanni» e inizia a parlare di «Falcone»). È stata stesa una coltre inaccettabile sulla storia di Falcone e sulle responsabilità dei suoi colleghi magistrati per la sua morte.
Nessuno ricorda mai le parole pronunciate da Paolo Borsellino un mese dopo l’assassinio di Falcone e venti giorni prima di essere a sua volta assassinato: “Nel ripercorrere queste vicende della vita professionale di Falcone — disse Borsellino — ci accorgiamo di come il Paese, lo Stato e la magistratura, che forse ha più colpe di ogni altro, cominciarono a far morire Falcone nel gennaio del 1988”».
Cosa accadde nel gennaio dell’88?
«Il Consiglio superiore della magistratura doveva decidere chi sarebbe subentrato ad Antonino Caponnetto come capo dell’Ufficio istruzione di Palermo. Caponnetto era il magistrato che aveva costituito il pool antimafia. E il passaggio di testimone a Falcone era considerato naturale, ampiamente giustificato dal fatto che nel dicembre del 1987 aveva vinto il maxi-processo: il primo grande processo a Cosa nostra, che aveva portato alla condanna di tutti i boss, a partire da Totò Riina e Bernardo Provenzano».
Falcone quindi non sembrava aver rivali per quell’incarico.
«Era il magistrato più famoso al mondo. Aveva fatto condannare la cupola mafiosa. Aveva sviluppato la cooperazione giudiziaria internazionale con l’Fbi, la magistratura francese, quella tedesca. Ma il Csm gli preferì Antonino Meli. Fu una manovra decisa dai magistrati a tavolino per tagliar fuori Falcone, perché Meli puntava a un’altra carica. Fernanda Contri, che era uscita sconfitta dalla battaglia nel Csm, ricevette una telefonata da Falcone: “Avete capito che mi avete consegnato alla mafia?
Ora possono eseguire senza problemi la sentenza di morte già decretata da tempo, perché sanno che non mi vogliono neanche i miei”. Insomma, il Csm lo degradò, lo delegittimò. Lo espose».
E la sua frase fu profetica.
«Ad agosto dello stesso anno subì l’attentato all’Addaura, una zona di mare vicino a Palermo dove in quel weekend era andato insieme alla giudice svizzera Carla Del Ponte. Trentotto candelotti di dinamite vennero trovati dalla sua scorta sul vialetto che dall’abitazione portava alla spiaggia. A vigilare c’erano anche due poliziotti su un canotto. L’indagine non approdò a nulla, anche perché a distanza di pochi mesi i due poliziotti testimoni furono assassinati. Non si seppe mai da chi. Falcone disse che la regia dell’attentato era stata “opera di menti raffinatissime”».
A chi si riferiva?
«Chiaramente non alla mafia, ma a pezzi delle istituzioni. Poi si candidò alla Procura di Palermo ma non venne selezionato. Poi si candidò al Csm e ottenne appena 101 voti su 7.005. Intanto Borsellino era andato a fare il procuratore a Marsala. Lui era solo e isolato».
E lei lo chiamò.
«E lui venne a Roma. Gli dissi che avrei voluto trasformare in leggi dello Stato le esperienze che lui aveva maturato con il pool antimafia. “È quello che voglio fare anch’io”, mi rispose. In realtà abbiamo fatto molto di più».
In che senso?
«Era uno specialista della collaborazione internazionale. Un giorno venne chiamato dal procuratore di Mosca: pare che il suo collega russo avesse un fagotto di carte nelle quali ci sarebbero state le prove di come il Pcus rubava i soldi allo Stato per finanziare i partiti amici in Europa, compreso il Pci. Eravamo nel periodo del crollo verticale del regime, il periodo di Boris Eltsin, e il procuratore di Mosca voleva raccontargli come il flusso di danaro non si fosse fermato. Falcone chiese la mia autorizzazione. Non fece in tempo a usarla».
Ma non doveva fare il direttore degli Affari penali?
«Visitammo tutte le procure più esposte in Calabria e in Sicilia. Ricordo un viaggio a Bonn, dove incontrammo il ministro dell’Interno tedesco. Eravamo nella sede della Volkswagen e il mio collega disse: “In Germania non abbiamo segnali di infiltrazioni mafiose”. Allora Falcone gli chiese: “Quanti siciliani lavorano alla Volkswagen?”. Il ministro s’informò subito: “Cinquemila, sono cinquemila”. “Allora la mafia c’è”, concluse Falcone. In questo commento c’era il giudizio disincantato, quasi disperato sulla sua terra, “dove regna una cultura di morte”».
Con quei post-it cosa faceste?
«Costruimmo l’Fbi all’italiana: da una parte la Direzione nazionale antimafia e dall’altra — insieme al ministro dell’Interno Vincenzo Scotti — la Direzione investigativa antimafia. Strutture nuove, con basi in tutta Italia e il vertice a Roma. Scrivemmo anche la legge antiracket per dare coraggio ai commercianti e indurli a denunciare la mafia che li obbligava al pizzo. E nel gennaio del 1992 istituimmo la Procura nazionale antimafia».
Contro la quale scoppiò un putiferio.
«In Parlamento si scatenarono i fascisti e i comunisti, questi ultimi impegnati a tutelare la loro longa manus nel Csm. I magistrati per la prima volta dichiararono lo sciopero nazionale e lo condirono con attacchi personali a Falcone: “Falcone non dà più garanzie di indipendenza, perché lavora per un ministro”. E ovviamente si misero di traverso per la sua nomina alla Superprocura. Ingaggiai una dura lotta con il Csm perché Falcone ottenesse l’incarico. Ma il 23 maggio del 1992 venne ucciso a Capaci insieme a sua moglie Francesca Morvillo, anche lei magistrato, e agli agenti della scorta Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani. Dopo la sua morte tutti vennero a chiedere scusa».
E Borsellino?
«Lo chiamai il giorno della strage. Non ci facemmo le condoglianze: c’era sgomento e voglia di lottare. Poi parlai con Gianni De Gennaro. Mi disse: “So che siamo animati dallo stesso sentimento...”, “Di odio”, lo interruppi.  “Non solo. Credo ci sia anche un certo rancore personale”.
(resta a lungo in silenzio) .
Questa è la storia di Falcone.
Giudicate voi».
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coldperfection · 9 months
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Che cos'è quest'ovattato rombo negli orecchi? Il sangue o un'eco lontanissima di passi cadenzati? Impercettibile, un'onda di canti vaga sulla mia testa. Più vicino, m'incanta un fruscìo, quasi di pettine in un'immensa elettrica capigliatura: vi serpeggia un suono come di querula cartavelina, su un fremito di foglie; chiocciola, monotona, una goccia in una conca, accordandosi col tonfo di frutti maturi su morbide zolle; e quasi luccica un tintinnìo di bicchieri alzati. Ma plana su tutto, rèmiga, quel canto antico. Anelito, più che canto, o invocazione imperiosa, si mischia davvero al rombo del sangue e ad una cadenza di passi. Così facile, dunque, l'alleanza che i vivi chiedono ai morti? La volta del cielo è talmente capace. E il tempo è nulla. Ma diventa un assedio, una congiura, questo strano e pur naturale concerto di suoni interrotti, di voci strascicate, di eterne cadenze, di sussurri impediti. E battiti, battiti. Che folla, che ressa, per diradare nebbie intorno a un ricordo. Lo sollecitano, lo spremono come il seme dal guscio. Infine ne esce intatto, rimesso a nuovo. Risfolgora. Figure da prima piccolissime, si sciolgono, prendono corpo, raggiungono la loro effettiva misura. Liberate poi dall'iridiscenza che le confinava nella favola, diventano reali, riconoscibili.
Gianna Manzini, Ritratto in piedi
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inviaggiocondante · 1 year
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Inferno III
Quivi sospiri, pianti e alti guai / risonavan per l’aere sanza stelle, / perch’io al cominciar ne lagrimai. // Diverse lingue, orribili favelle, / parole di dolore, accenti d’ira, / voci alte e fioche, e suon di man con elle // facevano un tumulto, il qual s’aggira / sempre in quell’aura sanza tempo tinta, / come la rena quanto turbo spira. (III, vv. 22-30).
***
L’INQUINAMENTO ACUSTICO è forse il più nocivo tra tutti quelli che l’ambiente umano oggi subisce, e non mi riferisco solo all’effetto di troppi decibel sul nostro orecchio. Penso piuttosto all’assenza permanente del silenzio e alla scarsità di musica (di musica non scadente, intendo). La prima cosa pare tanto evidente da sembrare banale, e non lo è: si consideri la sensazione di insostenibilità del silenzo che ci prende quelle rarissime volte in cui ci capita di farne esperienza per un tempo superiore a qualche secondo. La seconda è invece a prima vista contraddetta dal fatto che mai come in questo tempo la musica è stata riproducibile dovunque e all’infinito, ed infatti essa ci assedia da ogni lato (è parte integrante del “rumore di fondo” che ci accompagna in ogni minuto della giornata). Però si consideri appunto la qualità poverissima di gran parte di quella musica, che è brutta musica, e si noti come sia praticamente sparita dalla vita quotidiana, l’esperienza del canto. Chi canta più, al di fuori dei luoghi e dei tempi deputati?
Comunque sia, la mia attenzione è attratta dai versi che descrivono l’aspetto del “discorso pubblico” odierno. «Sospiri, pianti e alti guai»: la continua attitudine al lamento; la protesta querula o rabbiosa contro tutto e contro tutti; lo scontento perenne perché non va bene niente, ma che dimentica di esser grato, almeno, per quel poco che va … «Diverse lingue, orribili favelle»: un doppio inquietante ossimoro, perché lingue e favelle dovrebbero essere – e sono, in realtà – cose belle. Anzi, le più belle: che cos’ha l’uomo di più bello, anzi di più divino della parola? Eppure Dante parla di «orribili favelle» (il modo orribile in cui parliamo oggi, le bestemmie che diciamo, gli “stupri linguistici” che ci escono continuamente di bocca … io ci metterei anche quel finto inglese bastardo che si infiltra dappertutto, senza ragione alcuna, nel parlare di tanti … a me sembra che al giorno d’oggi cercare di parlare bene, con pulizia, senza pretese ma con modestia e decoro, facendo attenzione a quel che si dice e a come lo si dice, sia un piccolo atto di resistenza culturale e di amore per gli altri).
- Leonardo Lugaresi, Andare all'Inferno (e uscirne), pag31
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N.E.W.T.s
A fluffy AU one-shot of Quinn and Merula. No vaults, no R, nothing bad. Just final exams! And a coming out.
Summary: Within no time she had Merula pinned underneath her, arms to her sides. Merula struggled to suppress a smile while Quinn laughed.
‘Admit you’ll miss me.’
‘Maybe if you admit that I’m the best, most powerful witch at Hogwarts.’
‘Never.’
Quinn leaned forward to keep Merula pinned down and became surrounded again by her smell. That flower… Without thinking she leaned closer.
‘You smell nice.’
The words left her mouth before she could stop herself and she froze. Merula froze too, her perfectly pink slim lips slightly parted. Only her eyes moved, as if searching for something.
‘Get off me, you idiot!’
Merula’s snarl made her move again and she did as she was told. ‘I’m sorry, did I hurt you?’
‘No, it’s- Whatever. I’ve got to study.’
https://archiveofourown.org/works/48577408
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perfect-plumage · 3 years
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Purple-throated Fruitcrow (Querula purpurata)
© Alex Luna
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birdstudies · 4 years
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September 17, 2020 - Harris's Sparrow (Zonotrichia querula)
Breeding in parts of northern Canada, these large sparrows winter in the Great Plains of the United States. They feed on seeds, fruits, other plant foods, such as buds and grasses, and insects, foraging mostly while hopping along the ground. Females build cup-shaped nests from mosses, twigs, lichen, dry sedges, and grasses on the ground under shrubs or low trees. They incubate the eggs alone, but both parents feed the chicks.
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elwingflight · 4 years
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Especially in fall, I really love busy backgrounds full of the textures and colors of a bird’s environment.
White-crowned Sparrow Zonotrichia leucophrys, Minnesota, October.
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fullyber · 8 years
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Querula.
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