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#retinopatia diabetica cause
wdonnait · 4 years
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Retinopatia diabetica : tutto sulla complicazione del diabete che colpisce gli occhi
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Retinopatia diabetica : tutto sulla complicazione del diabete che colpisce gli occhi
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Retinopatia diabetica: diagnosi e cura
Il termine retinopatia diabetica indica una patologia che colpisce gli occhi dei pazienti affetti da diabete di tipo 1 e 2, in particolare in coloro che soffrono di tale malattia da molto tempo o non hanno controllato bene il livello di zucchero nel sangue. Rappresenta la più grave complicanza oculare legata al diabete mellito e la principale causa di cecità legale nei soggetti in età lavorativa. Si stima che circa il 30% dei diabetici italiani sia affetto da tale patologia e che annualmente l’1% sia colpito dalle sue forme più gravi.
Cos’è la retinopatia diabetica
È possibile distinguere tra  due tipologie di retinopatia:
Precoce o non proliferante: può essere lieve, moderata o severa. Se non trattata adeguatamente può infatti evolvere verso la forma altamente invalidante. L’iperglicemia causa il danneggiamento dei vasi sanguigni e li predispone alla formazione di microaneurismi, microemorragie e anomalie del calibro vascolare retinico. Successivamente possono crearsi edema e/o ischemia.
Avanzata o proliferante: caratterizzata dalla formazione di neovasi retinici, che essendo anomali e avendo una parete molto fragile, si rompono facilmente, con il rischio di emorragie pre-retiniche ed endovitreali, e raggrinzimento e/o il distacco della retina.
Sintomi e Cause
I pazienti affetti da tale malattie avvertono: macchie o fili scuri davanti agli occhi, ipovisione, difficoltà nella percezione dei colori, vista  offuscata, aree scure e perdita dell’acutezza visiva, cecità.
Non tutte le persone diabetiche vanno incontro a lesioni oculari; esse si verificano soprattutto nei pazienti che non hanno curato bene la malattia o non hanno tenuto sotto controllo la glicemia. I principali fattori di rischio associati a una comparsa precoce della patologia e a una sua evoluzione più rapida sono: la durata del diabete (solitamente si manifesta dopo 8/10 anni), il cattivo controllo glicemico e l’eventuale ipertensione arteriosa concomitante.
Diagnosi : come si cura
Data la pressoché assenza di sintomi nelle sue fasi iniziali, individuare in tempo la malattia non è così semplice. Per questo motivo sarebbe opportuno effettuare periodiche visite oculistiche da parte dei soggetti diabetici e fornire loro informazioni dettagliate sulle possibili complicanze oculari legate al diabete, in modo tale che essi si preoccupino di tenere costantemente sotto controllo la glicemia e la pressione arteriosa sistemica.
Uno degli esami più importanti è la Fluorangiografia retininica: permette di analizzare in maniera dettagliata le alterazioni morfologiche e funzionali dei vasi retinici; in questo modo si è in grado di valutare l’eventuale necessità di un trattamento laser. La diagnosi può essere effettuata anche attraverso: la tomografia assiale computerizzata (OCT), che permette di studiare dettagliatamente la macula e il nervo ottico; l’ecografia oculare, soprattutto nelle forme avanzate complicate; la microperimetria.
Per quanto riguarda la forma non proliferante, si è soliti intervenire con la fotocoagulazione laser: l’obbiettivo è quello di ridurre l’edema, contenere l’andamento della malattia e ripristinare la funzione visiva. Se l’edema è significativo, si può procedere con iniezioni intravitreali di farmaci utili a bloccare lo sviluppo anomalo dei vasi sanguigni. Nei casi più gravi, come sanguinamenti intraoculari o distacco della retina, il trattamento utilizzato è la vitrectomia.
La miglior cura rimane comunque la prevenzione: una gestione corretta del diabete e visite oculistiche regolari rappresentano il miglior alleato contro questa malattia; ma solo 1 paziente diabetico su 2 si sottopone a visite periodiche che potrebbero scongiurare l’avanzare della malattia e il rischio di perdere la vista.
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medicomunicare · 3 years
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Diabete e problemi alla tiroide: è vero che prima o poi uno porta all'altro?
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Il diabete mellito è un disordine metabolico con una prevalenza progressivamente crescente, che nel 2019 conta almeno 480 milioni di persone in tutto il mondo e si prevede che questa prevalenza aumenterà a 550 milioni entro il 2030. Quasi la metà degli individui (49%) con diabete potrebbe non essere diagnosticata. I pazienti diabetici sono ad aumentato rischio di diverse gravi condizioni potenzialmente letali, con conseguenti costi di cure mediche elevate, scarsa qualità della vita e alto rischio di mortalità. I pazienti con ipotiroidismo (bassa attività tiroidea) hanno alti livelli di ormone stimolante la tiroide (TSH) e livelli T4 liberi normali, che rappresentano quasi il 9% degli adulti e il 17% dei pazienti diabetici. Le differenze nella prevalenza tra pazienti diabetici e la popolazione generale potrebbero essere dovute a razza, età, sesso, indice di massa corporea (BMI), assunzione di iodio nella dieta e valori di cut-off diagnostici del TSH. Sebbene possano esserci pochi segni e sintomi di disfunzione tiroidea nei pazienti con ipotiroidismo, i cambiamenti clinici, endocrini e metabolici potrebbero influenzare la prognosi dei pazienti. Data l'elevata prevalenza di ipotiroidismo tra i pazienti diabetici, la gestione dell'ipotiroidismo è importante per migliorare la prognosi del diabete. Siccome non sono disponibili delle recensioni descrittive o un cumulo di dati organizzati al riguardo, un team congiunto dei Dipartimenti di Endocrinologia dell’Ospedale provinciale di Taiyuan e quello di Linfen hanno steso una recensione di tutti gli studi disponibili per diabete e ipotiroidismo. Di oltre 900 studi trovati riguardanti la connessione, solamente 52 hanno soddisfatto i criteri di significatività, serietà clinica e corposità dei dati. Tuttavia, 44 di questi non erano elegibili per i seguenti motivi: 36 per i pazienti a cui non è stato diagnosticato il diabete, 5 sono stati sottoposti a revisione o meta-analisi e altri 3 non hanno ottenuto i risultati desiderati. Infine, sono stati selezionati otto studi per la meta-analisi. Quattro studi hanno riportato un'associazione tra ipotiroidismo e rischio di eventi cardiovascolari maggiori (MACE) nei pazienti diabetici. I dati finali riepilogativi non indicavano alcuna associazione significativa di ipotiroidismo con il rischio di cardiopatie. Cinque studi hanno riportato un'associazione tra ipotiroidismo e rischio di mortalità per tutte le cause in pazienti diabetici. i risultati non hanno indicato alcuna associazione tra ipotiroidismo e mortalità per qualsiasi causa. Sebbene i risultati dell'analisi di sensibilità indicassero un aumento significativo del rischio di mortalità per tutti i pazienti diabetici con funzionalità tiroidea inferiore, questo aumento significativo potrebbe essere sopravvalutato a causa di due studi che includevano pazienti con diagnosi di ipotiroidismo, ma non ipotiroidismo subclinico. I risultati di sintesi hanno mostrato che i pazienti diabetici con ipotiroidismo erano significativamente a maggior rischio di retinopatia e malattia renale, mentre le associazioni di ipotiroidismo con i rischi di morte cardiaca, ictus e neuropatia non hanno mostrato alcuna associazione significativa. Quindi il rischio cardiovascolare di questi pazienti diabetici potrebbe non dipendere necessariamente dallo stato tiroideo per sé, ma da alterazioni dei trigliceridi, colesterolo ed altri problemi del metabolismo anche indipendenti dalla salute tiroidea. Nel complesso, i ricercatori non ritengono, alla base della corposità dei dati, che la ridotta funzionalità tiroidea nei pazienti diabetici possa essere direttamente responsabile della comparsa di cardiovasculopatie. È più verosimile, invece, che concorra alla mortalità per diverse cause, fra cui l’incidenza di retinopatia diabetica e insufficienza renale cronica. Una indagine su base nazionale è stata pubblicata proprio quest’anno su una coorte di più di 1.382.000 adolescenti israeliani, da parte di un team di ricercatori della Hadassah University di Gerusalemme. L’intento era correlare la diagnosi di malattia tiroidea precoce o adolescenziale alla futura comparsa di diabete tipo 2. Gli adolescenti (età media 17 anni) sono stati esaminati prima del reclutamento militare durante il 1988-2007 e sono stati seguiti fino alla fine del 2016. Durante un follow-up medio di 18,5 anni, l'1,12% (69 su 6.152) degli adolescenti con disturbi della tiroide è stato diagnosticato con diabete di tipo 2 contro lo 0,77% degli adolescenti senza disturbi della tiroide. L'aumento del rischio di diabete è stato osservato in ambo i sessi, presenza o assenza di obesità, in assenza di altre condizioni di salute, ed è stato associato a diversi tipi di disturbi della tiroide. È stato anche simile quando l'esito è stato definito come diabete di tipo 2 diagnosticato all'età di 30 anni o prima. Questo potrebbe avvalorare in parte l’ipotesi che un disturbo tiroideo nelle fasi più giovani della vita possa predisporre alla comparsa di diabete tipo 2. Ma una ricerca parallela pubblicata da ricercatori del Malla Reddy Medical College di Telengana, India, potrebbe indicare che l’opposto è vero quando si analizza una coorte di adulti. Dei 2321 pazienti arruolati, 102 avevano diabete mellito di tipo 1 (T1DM) e 2219 diabete mellito di tipo 2 (T2DM). L'età media era di 48,4 ± 10,7, di cui 1128 femmine e 1193 maschi. Il 79,9% degli individui con diabete era eutiroideo; 13,8% con ipotiroidismo subclinico; il 3,4% con ipotiroidismo clinico e il 2,9% con ipertiroidismo. Il 14,1% con diabete di tipo 2 presentava ipotiroidismo subclinico; al contrario, l'ipotiroidismo clinico era comune nel diabete di tipo 1 (6,9%). Quindi l’asserzione iniziale se il diabete possa condurre a problemi tiroidei e viceversa potrebbe dipendere molto dall’età. Ovvero, problemi tiroidei giovanili potrebbero portare al diabete da adulto, mentre diabetici adulti potrebbero sviluppare disturbi alla tiroide per altri motivi. A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica. Pubblicazioni scientifiche° Yadav A et al. Diab Metab Syndr 2021; 15(3):885-89. Bardugo A et al. J Clin Endocr Metab 2021:dgab382. Zhang S et al. Front Endocrinol 2020; 10(889):1-8. Lin HJ, Lin CC et al. Nephrology 2018; 23:559–64. Zhou JB, Li HB et al. Medicine 2017; 96:e6519-25. Pearce EN. J Clin Endocr Metab 2012; 97:326–33. Read the full article
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theinnovationquest · 4 years
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CROCE ROSSA DIGITALE
“Chi ti ha visitato oggi?”
                                                                                             “Il robot del reparto 2”
Se pensate che queste siano delle battute di un film di fantascienza, vi state sbagliando!
1.ROBOT
Pepper è un robot belga che è capace di leggere le emozioni dei pazienti, rispondere di conseguenza e svolgere attività come accompagnare i pazienti tra le corsie e i piani dell’ospedale fino a raggiungere il reparto cercato. Anche l’umanoide cinese Xiao Yi ha speso un intero anno a studiare testi di medicina, articoli di riviste specializzate e analizzare circa 2 milioni di cartelle cliniche.
Siete ancora scettici? E se vi dicessi che i robot sono solo una piccola parte dell’ applicazione digitale nella sanità?
State calmi, ora basta domande, vi svelerò tutto in questo post!
2.CHATBOT
L’intelligenza artificiale oltre ai robot appena citati ha infatti dato alla luce agli assistenti virtuali o “chatbot”. Uno di questi è Babylon, un bot made in UK che alimentato dall’intelligenza artificiale valuta i sintomi e i fattori di rischio per fornire informazioni mediche aggiornate e delle linee guida da seguire per migliorare il proprio stato di salute e stile di vita. Anche Ada, chatbot tedesca che è in grado di individuare le cause del malessere dell’interlocutore, suggerisce come risolvere il problema e mette in contatto il paziente con un medico specialista.
3.RICONOSCIMENTO DEGLI STIMOLI 
L’intelligenza artificiale annovera anche la capacità di imparare dagli stimoli che le vengono proposti riconoscendo patologie come la tubercolosi, la polmonite o la BPCO. Ne è un esempio Cloud DX, startup canadese, che in base al suono di un colpo di tosse il software è in grado di rilevare la differenza tra tubercolosi, polmonite, infezione delle vie respiratorie superiori o bronchite.
4.DIAGNOSI PREDITTIVE
Nell’ambito della diagnostica, altra importante applicazione dell’intelligenza artificiale è l’uso degli algoritmi di tipo predittivo che sono in grado di prevedere, in base ad alcuni fattori di rischio, il futuro incorrere dei pazienti in particolari patologie. Tra gli studi avviati in questa direzione troviamo quello dell’Università di Nottingham la cui intelligenza artificiale è in grado di analizzare i dati medici dei pazienti e predire quali di loro corrono maggiormente il rischio di essere colpiti da un infarto o da un ictus nell’arco dei 10 anni successivi. Attualmente questa IA è riuscita a predire correttamente il “destino” di 355 pazienti. Anche la Google AI sta lavorando sull’analisi delle immagini retiniche per predire la possibilità di incorrere nella retinopatia diabetica, ma anche per prevedere l’insorgere di patologie cardiovascolari. Riesce a fare questo prendendo in considerazione fattori sia genetici che legati allo stile di vita.
Con la rivoluzione digitale il mondo healthcare non sarà più lo stesso e il tuo medico di base potrà non essere più un umano in carne ed ossa!
-Niccolò Bramante
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pascottoblog · 3 years
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I problemi più comuni che riscontriamo agli occhi sono: • Errori di rifrazione. Gli errori di rifrazione, tra cui miopia, ipermetropia e astigmatismo, sono le cause più comuni di perdita della vista. • Degenerazione maculare legata all'età. • Cataratta. • Retinopatia diabetica. • Glaucoma. www.oculisticapascotto.it C.so Umberto I, Napoli 📲 0815542792 (presso Corso Umberto I) https://www.instagram.com/p/CQBXtSnlOBw/?utm_medium=tumblr
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wdonnait · 10 years
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Retinopatia diabetica
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Retinopatia diabetica
Retinopatia diabetica: diagnosi e cura
Il termine retinopatia diabetica indica una patologia che colpisce gli occhi dei pazienti affetti da diabete di tipo 1 e 2, in particolare in coloro che soffrono di tale malattia da molto tempo o non hanno controllato bene il livello di zucchero nel sangue. Rappresenta la più grave complicanza oculare legata al diabete mellito e la principale causa di cecità legale nei soggetti in età lavorativa. Si stima che circa il 30% dei diabetici italiani sia affetto da tale patologia e che annualmente l’1% sia colpito dalle sue forme più gravi.
Cos’è la retinopatia
È possibile distinguere tra  due tipologie di retinopatia:
Precoce o non proliferante: può essere lieve, moderata o severa. Se non trattata adeguatamente può infatti evolvere verso la forma altamente invalidante. L’iperglicemia causa il danneggiamento dei vasi sanguigni e li predispone alla formazione di microaneurismi, microemorragie e anomalie del calibro vascolare retinico. Successivamente possono crearsi edema e/o ischemia.
Avanzata o proliferante: caratterizzata dalla formazione di neovasi retinici, che essendo anomali e avendo una parete molto fragile, si rompono facilmente, con il rischio di emorragie pre-retiniche ed endovitreali, e raggrinzimento e/o il distacco della retina.
Retinopatia sintomi
I pazienti affetti da tale malattie avvertono: macchie o fili scuri davanti agli occhi, ipovisione, difficoltà nella percezione dei colori, vista  offuscata, aree scure e perdita dell’acutezza visiva, cecità.
Retinopatia cause
Non tutte le persone diabetiche vanno incontro a lesioni oculari; esse si verificano soprattutto nei pazienti che non hanno curato bene la malattia o non hanno tenuto sotto controllo la glicemia. I principali fattori di rischio associati a una comparsa precoce della patologia e a una sua evoluzione più rapida sono: la durata del diabete (solitamente si manifesta dopo 8/10 anni), il cattivo controllo glicemico e l’eventuale ipertensione arteriosa concomitante.
Diagnosi
Data la pressoché assenza di sintomi nelle sue fasi iniziali, individuare in tempo la malattia non è così semplice. Per questo motivo sarebbe opportuno effettuare periodiche visite oculistiche da parte dei soggetti diabetici e fornire loro informazioni dettagliate sulle possibili complicanze oculari legate al diabete, in modo tale che essi si preoccupino di tenere costantemente sotto controllo la glicemia e la pressione arteriosa sistemica.
Uno degli esami più importanti è la Fluorangiografia retininica: permette di analizzare in maniera dettagliata le alterazioni morfologiche e funzionali dei vasi retinici; in questo modo si è in grado di valutare l’eventuale necessità di un trattamento laser. La diagnosi può essere effettuata anche attraverso: la tomografia assiale computerizzata (OCT), che permette di studiare dettagliatamente la macula e il nervo ottico; l’ecografia oculare, soprattutto nelle forme avanzate complicate; la microperimetria.
Come si cura
Per quanto riguarda la forma non proliferante, si è soliti intervenire con la fotocoagulazione laser: l’obbiettivo è quello di ridurre l’edema, contenere l’andamento della malattia e ripristinare la funzione visiva. Se l’edema è significativo, si può procedere con iniezioni intravitreali di farmaci utili a bloccare lo sviluppo anomalo dei vasi sanguigni. Nei casi più gravi, come sanguinamenti intraoculari o distacco della retina, il trattamento utilizzato è la vitrectomia.
La miglior cura rimane comunque la prevenzione: una gestione corretta del diabete e visite oculistiche regolari rappresentano il miglior alleato contro questa malattia; ma solo 1 paziente diabetico su 2 si sottopone a visite periodiche che potrebbero scongiurare l’avanzare della malattia e il rischio di perdere la vista.
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