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#rilfessione
sisif-o · 11 months
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rilfessione onirica veicolata dai dolori di un dente che mi sta facendo impazzire
se i nordafricani invece di diventare maranza iniziassero a vestirsi come prof di filosofia avrebbero un botto di figa
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mccek · 5 years
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Quali speranza può avere l’umanità se i ragazzi sognano un cellulare, invece che di girare il mondo.
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afantini · 4 years
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SULLA SINDROME DEL GENIO RELATIVO
SULLA SINDROME DEL GENIO RELATIVO
SULLA SINDROME DEL GENIO RELATIVO (e su come guarirne) Nel corso degli anni la mia attività creativa mi ha permesso d’incontrare personaggi e di vivere situazioni che non avrebbero sfigurato in una stagione di “The Twilight Zone” o, per essere più al passo coi tempi, di “Black Mirror” e “Stranger Things”. Dal viaggio imprevisto compiuto tra filoni di pane sul furgoncino diretto al castello di…
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vele-e-vento · 4 years
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@efestionemus   in  realtà mi sembrava un frase azzeccata la tua, e molto precisa e provocatoriamente stimolante. mi piace  chi ha pensieri autonomi,  e non mi fa paura un opinione contrapposta in generale.
“La società contemporanea è convinta di essere il centro della storia “
il verbo “è convinta” è la chiave di volta di un pensiero che non è nato dal nulla, e ha dietro una rilfessione articolata.
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itstongo · 7 years
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Rilfessione sul Vangelo di domenica 29 ottobre 2017
XXX Domenica del Tempo Ordinario 29 ottobre 2017 Il Vangelo odierno è una sintesi sorprendente che indica le direttrici fondamentali dell’esperienza cristiana, innestata nella radice santa di Israele. Da un fervido rappresentante dei credenti osservatori della Torah, quali erano i farisei, viene la domanda legittima, ma anche ingannevole sul comandamento più importante. E Gesù, nella sua furbizia, propone una risposta ben articolata in due momenti, non separati o autonomi tra loro, ma complementari. Gesù rispondendo fa riferimento a quei brani biblici che sono il fondamento della fede di Israele: il primo è la preghiera dello Shemà Israel, recitata ancor oggi più volte dal pio ebreo e che si trova al cap. 6 del Libro del Deuteronomio. Essa afferma il fondamento della relazione con il Dio di Israele, l’unico Dio, e su una triplice condizione di amore: amerai il Signore con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze. Il credo di Israele comprende così l’intera persona nelle sue diverse dimensioni: il cuore , sede delle scelte e della sintesi della vita, il corpo e le forze che riguardano l’azione dell’uomo. L’amore è adesione totale e incondizionata a Dio. Il secondo momento invece riguarda l’amore per il prossimo, altro aspetto fondamentale, secondo il brano del testo del Libro del Levitico 19,18: “ama il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore.” E’ un invito a riconoscere prima di tutto se stessi come dono di Dio e , di conseguenza, anche il prossimo come tale e non come ostacolo o limite alla propria libertà o realizzazione. Anche questo aspetto diventa fondamentale nell’esperienza relazionale che costituisce l’essere umano. Gesù nella risposta che dà al fariseo lega indissolubilmente i due momenti, per cui le due dimensioni dell’amore, quello verticale per Dio e quello orizzontale per il prossimo, non sono separabili, ma complementari. Non sono due amori, ma lo stesso amore che naturalmente uno sfocia nell’altro, uno si esprime nell’altro, uno si realizza nell’altro. E una cosa da notare: l’unità tra la dimensione verticale e quella orizzontale forma graficamente una croce: questo è il punto di convergenza,……. l’unità inscindibile del comandamento dell’amore è data dalla croce di Cristo! Del resto Gesù ci ha lasciato il nuovo comandamento, che è la sintesi di questi due: “Amatevi gli uni gli altri COME io ho amato voi”. La persona di Gesù diventa il criterio dell’amore fraterno: lui ha amato il prossimo ed i nemici, lui ha insegnato ad amare il Padre. Noi siamo chiamati ad mare COME LUI. E la Sacra Scrittura ci ricorda che “chi non ama il fratello che vede, non può amare Dio che non vede” (1Gv 4,20). Qui emerge tutta la concretezza dell’amore cristiano, che non è una teoria o un idea, ma una pratica di vita, uno stile di vita e di servizio, per cui l’amore per il prossimo è la via per amare Dio. Allo stesso tempo non posso amare il prossimo in modo autentico se non nella relazione d’amore con Dio.
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animacritica · 9 years
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Sento che mi manchi, e vorrei tanto dirtelo. Mi manchi anche se sbagli, mi manchi anche se stai attraversando la rabbia, la frustrazione, l’abbandono. Tutto quello che mi ferma dal dirti che mi manchi è la semplice sensazione di non mancare a te: chiara, evidente, un qualcosa che ancora mi frena. Non ti dico che mi manchi perché sono un’egoista, se lo facessi una parte di me vorrebbe sentirsi dire la stessa cosa. Mi metto un attimo in stand-by, nel disperato tentativo di proteggermi da tutto lo sporco che involontariamente hai lasciato con la tua assenza.
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adunpassodalniente · 10 years
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Non ho mai capito le persone con gli ultimi accessi su whatsapp tipo di ore ed ore fa...  O sono soli che non li cerca nessuno e non cercano nessuno... o hanno una ragazza e stanno vivendo la storia più bella della loro vita.
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dissidioapodittico · 10 years
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Sono in quel particolare periodo della mia esistenza che esattamente va da quando ho iniziato a parlare fino a quando non avrò più possibilità di ragionare, in cui è tutto un immenso casino. Casino, non tanto per le cose. Casino quanto per ciò che sono. Cosa sono? Non mi capisco io, come posso pretendere che mi capiscano gli altri? Però non mi dispiace essere questo casino. Non dico di non starci male. A volte è davvero doloroso, peggio di un colpo dritto allo stomaco. Fa male, volersi cambiare e non riuscirci. Quando le cose sono nella loro relativa quiete però, mi basto. Sto OK. Bene no, non credo di poter star bene con me stessa. Perlomeno non ora. Ma devo solo imparare a convivere col danno che sono. Poi almeno punterò ad una serenità stabile. Prima credevo di conoscermi in ogni sfumatura, ed ora invece ho capito di me stessa che non so proprio nulla. Pensavo a tutto, addirittura ho capito che sto buttando via la mia vita. Non sto vivendo, io esisto e basta. Voglio lottare per ciò che sono. E' presto, ancora. Lo so. Mancano i mezzi, ma appena avrò le ali spiccherò il volo, fregandomene dei pensieri di tutti gli altri, uno per uno buttati nel cesso. Ascolterò solo i miei. Come ora, come sempre.
  Pensavo al mio cambiamento. Niente, non sentivo niente. Notavo questa differenza, abissale. Mi incuriosiva. Di certo, il tempo ne sa qualcosa. Sarà stato lui, sarà stata la gente che mi ha voltato le spalle in un momento di assoluta fiducia. Sarà che è arrivato un momento nella mia vita in cui ho sentito più vera che mai la frase "mi sarei presa una pallottola per loro, e furono i primi a spararmi.". Ora non credo più a niente. Osservo il comportamento delle persone e rido. Ascolto e basta, non mi fido. E questo è un bel casino: non mi fido della gente, ma preferisco sentirle parlare lo stesso, nonostante il mio cinismo ho bisogno di rassicurazioni. Bella merda sapere di non meritarsele, comportarsi come se non le si volesse, ma aspettare che qualcuno le tiri fuori. E SBAM!, se non le sento dire dalla persona che per me ha una forte rilevanza sto male. Non so se questo star male sia dovuto alla paura scatenata da una frase o azione in precedenza fastidiosa seppur cose da poco, se per la frase rassicurante non sentita e che aspettavo, o se per il mio comportamento che fa capire tutt'altro di ciò che voglio. Mi stupisce che non mi vada di cambiare. In realtà non mi piace la mia freddezza e quest'essere stronza, ma quando tutto va ok (e non bene, perché mai va bene.) sembra quasi una convivenza pacifica tra quel che sono e il ricordo di ciò che ero e ciò che non posso avere.
E fa male. Fa male perché odio dover dire come sono alle persone. Non vado dalla gente a dire: -ehy, sono fredda perché sto male.-
Ci ho provato, ci provo tutt'ora. Ma è raro. Non so neanche io il perché. Io so solo quello che sono, ma non so dare una spiegazione. Ed è difficile avere un carattere di merda, figuriamoci quanto possa esser difficile avere una carattere di merda,e in più, come se non bastasse, tapparsi la bocca quando si è sul punto di spingersi oltre, e apparire fredda e acida a causa di un dolore.
  Non sono una che racconta balle, ma fino a qualche tempo fa provavo a raccontarle a me. Mi fingevo forte, e poi alla sera crollavo insieme alle mie paure che mi facevano apparire impassibile davanti a tutto. E in quei momenti di liberazione notturna capivo di non essere forte, e non avevo problemi a vedere la mia debolezza strabordare dagli occhi. Adesso no. Adesso le lacrime non devono uscire. Odio sentirle scivolarmi sul viso. Perché io sono forte. Io sono cinica, diffidente. Stanca. E quelle lacrime io non le accetto, stringo i pugni con forza e le asciugo via. Con violenza, quasi. Con rancore nei miei confronti. Con rabbia. Se quello stupido dolore l'ho provocato io che senso ha piangere?
  Bella merda, il pianto. Che poi la notte butti fuori d'impeto, tutto d'un tratto. Quando le cose vanno peggio rispetto al peggio della normalità. SBAM, pianto irruento che fai passare in un modo o nell'altro costringendoti, con palese odio, a non farlo uscire più.
Odio il controsenso. Eppure sono la prima ad esserlo. Non sarà una coincidenza, quest'odio. Sono la prima donna che amo e la prima donna che odio. Allontano le uniche persone che mi dimostrano amore vero. Le allontano in ogni modo possibile. Voglio sentire quello che provo per loro, e vedendo come sto quando loro sono stronzi con me, come merito, mi fa capire quanto realmente io tenga a loro. E' proprio vero quella frase del libro Noi siamo infinito. "Accettiamo l'amore che crediamo di meritare." Io so di meritare qualcuno che mi faccia star male quando lo merito. E per questo respingo chi c'è nonostante la mia esagerazione o, alle volte, stupidità. E poi sono troppo gelosa. E forse, un altro mio difetto è quello di vedere in me solo difetti.
  Poi sono lì, tra le sue braccia. E so di averle fatto del male. So che non lo merita, so che sono una stupida. So che non c'è un motivo per il dolore che le ho causato e che non volevo assolutamente che provasse. Lei lotta per stare al mio fianco ogni giorno e quello che riceve è, oltre alle ormai rare volte in cui le dico ciò che sento, la mia freddezza. Sono lì. Tra le sue braccia. Su quello scoglio mentre tutto intorno a noi è buio e nel cielo brillano luminose le stelle. E c'è quella canzoncina, e so di essere spacciata.- No, non piango. - penso. - sono forte, porca merda. Io non piango. Basta apparire pagliacci che si rovinano la vita e fanno le sceneggiate. - e poi ecco.. piango. Cazzo, quanto odio le lacrime. Io sono forte. Devo convincerli, sono quasi riuscita a convincere tutti, ho quasi convinto pure me stessa. Chissà se ho convinto anche Lei. Però ero lì, ero a metà canzone. -Ehy, mi sto trattenendo!- pensavo. Ed ero così orgogliosa di me. Ero così orgogliosa di essere quasi riuscita a fingermi ciò che voglio che la gente creda che io sia. E poi, quella maledetta canzone, con una parola, un respiro in più, o chissà che cos'altro, mi fece crollare. Diamine. Io non dovevo piangere. Però, in quel pianto c'era un blocco. Quella notte non piansi quanto sentivo. Eppure forse, è l'unica cose che dovrei fare finché non avrò più forza. Finché la stanchezza non mi faccia crollare nelle sue braccia col viso inumidito. Forse dovrei fare proprio questo.
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oppureno · 10 years
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A Song of Ice and Fire: breve riflessione (no spoilers).
Quando ho letto A Game of Thrones e A Clash of Kings ero troppo ignorantello per capire certe cose, e la sola passione non aiuta. Tuttavia, leggendo A Storm of Swords mi rendo conto di tantissime cose belle.
Martin è bravissimo sia nello stile che nella struttura narrativa. L'altro giorno leggevo come c'è chi l'ha paragonato alla minuziosità di Dickens e, a tratti, di un naturalista. Ed è fottutamente vero. Ogni capitolo si svolge allo stesso modo: inizia lento, ti porta alla curiosità, ti sgancia un evento wtf (che sia inutile o pesante) e poi ti porta ad un altro capitolo con un altro personaggio;
Credo sia meglio leggerli, i libri, dopo aver visto la serie, ma solo per chi è un fanatico letterario come me. Questo perché, conoscendo cosa sta per succedere, si riesce ad apprezzare maggiormente il talento martiniano. Per citare una scena a random che ormai tutti conoscono: il Red Wedding. Il terzo capitolo della saga è pieno di prolessi e di hints a questo evento che è quasi parossistico;
La caratterizzazione dei personaggi è degna di un autore più classico che di fantasy, a mio parere. Noto come i personaggi maschili siano così negativi o, comunque, mai padroni della propria persona. Nonostante le donne appaiono sotto questa veste, sono sempre le più cazzute, per dirla banalmente. Ma il concetto si estende maggiormente. A meno che non siano affette da problemi psicologici, o cosa, tipo Lysa Arryn, le donne sono sempre più immesse nel gioco dell'esistenza rispetto agli uomini che lo architettano. Certo c'è Catelyn che magari potrebbe confutare questo mio pensiero, ma non credo sia necessariamente così. Basta vedere la forza interiore che ha nonostante il suo dolore lancinante che trasuda dalle pagine dei suoi capitoli e fare un confronto con il più cazzuto, again, della saga, per esempio Jaime o Tywin. Maneggiano un potere scivoloso, eppure le donne sono vere figure, gli uomini dei burattini. Ho spesso pensato che Martin avesse avuto problemi con il padre;
Socialismo, anarchia e cristianesimo: vabbe' che non ci vuole tanto per prendere spunto da questi concetti e riadattarli in un fantasy, ok. La difficoltà sta nel come adattarli però, e lui lo fa di nuovo in maniera eccezionale. Daenerys e il suo comunismo da moti egualitari; la compagnia di Beric Dondarrion e l'anarchia filocristiana; Dragonstone, Melisandre e Stannis e la monarchia cristiana. Tutto calza a pennello sotto metafore tanto fantasy quanto simboliche;
I tabù del gender e l'occidentalizzazione del mondo: Nelle Free Cities Daenerys regna ed è una donna, va bene (inutile rifare questo discorso). Tuttavia, leggendo i libri, ho notato come la libertà nelle Città Libere sia diversa e spesso priva di costrutti sociali contemporanei. Come Daenerys che indossa vestiti di Mereen, se ricordo bene, con il seno scoperto, senza destare critiche; il lesbismo occasionale delle serve; la venerazione della temibile arpia di Ghis, in queste città.
Brevi riflessioni, ma che veramente mi fanno apprezzare la capacità letteraria di un autore che potrebbe essere definito "commerciale" anche in senso negativo. Per non parlare, poi, del suo riuscire a incastrare in tutto l'intreccio registri diversi per ogni protagonista, insieme a descrizioni pittoresche evocative e, spesso, da primo romanticismo. 
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humanpignata · 10 years
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oggi
sono triste e preoccupata.
E lo dirò solo a voi, solo qui lo confesserò.
Come al solito, mi vestirò il viso di un'espressione sorridente:
con gli sconosciuti per evitar domande inopportune
con gli amici affinchè non si preoccupino.
Dite che faccio male?
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