Tumgik
#sia in sala stampa che sui social questo
Text
per me i peggiori sono quelli che parlano di geolier e la sua canzone come se fossero la peggio merda io ve lo giuro
5 notes · View notes
lamilanomagazine · 7 months
Text
Bolzano: siglato il Protocollo Zeus contro la violenza di genere
Tumblr media
Bolzano: siglato il Protocollo Zeus contro la violenza di genere. Bolzano. Il 23 novembre, alle ore 11.00, presso la Sala Stampa della Questura, il Questore di Bolzano Andrea Valentino ha siglato un protocollo d’intesa, c.d. “Protocollo Zeus”, con il Presidente del CIPM Triveneto (Centro Italiano per la promozione della Mediazione), Dott. Giacomo Pelosato, per il contrasto alla violenza di genere, agli atti persecutori ed al cyberbullismo. Il “protocollo Zeus” è un importante strumento adottato dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza - Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato nell’ambito delle strategie finalizzate alla prevenzione e contrasto della violenza di genere. Attraverso questo protocollo vengono formalizzate le procedure per l’invio, da parte della Divisione Anticrimine della Questura di Bolzano, dei soggetti c.d. “maltrattanti”, autori di atti persecutori e di cyberbullismo, destinatari dell’ammonimento del Questore, a specifici programmi di recupero sociale ed in particolare presso il CIPM Triveneto. Quando il Questore emette un provvedimento di Ammonimento, infatti, sia nel caso di atti persecutori che di violenza domestica, che di cyberbullismo, informa la persona ammonita della possibilità di sottoporsi volontariamente ad un programma di prevenzione organizzato dai servizi del territorio. Anche la vittima viene informata della disponibilità di centri e servizi che possano fornirle supporto. Gli interventi preventivi rivolti all’autore di violenza sono complementari a quelli effettuati a sostegno delle vittime. L’Ammonimento del Questore, previsto dall’art.8 del DL 11/2009 e dall’art. 3 del DL 93/2013, costituisce un importante strumento che ha la finalità di scoraggiare, nel contesto delle relazioni affettive o sentimentali, atteggiamenti persecutori o gravemente minacciosi, i quali – se ancora non integrano condotte un reato – potrebbero degenerare e preludere condotte illecite ben più gravi. Nel 2017 con la legge 71 il legislatore ha esteso la misura dell’Ammonimento, già sperimentata in materia di atti persecutori e violenza domestica, anche a tutela del minore vittima di episodi di cyberbullismo. L’Ammonimento può essere richiesto con istanza della vittima; oppure, solo nel caso di violenza domestica, di iniziativa del Questore o su istanza – anche in forma anonima - di una terza persona che ha assistito ad episodi di maltrattamento. Per presentare istanza di ammonimento occorre recarsi presso un ufficio di Polizia per esporre in modo dettagliato tutti gli episodi di cui si è vittima o ai quali si è assistito: lesioni, percosse, telefonate, appostamenti, messaggi sui social media ecc. L’istanza di Ammonimento, tuttavia, può essere anche inviata al Questore direttamente dall’interessato via posta elettronica all’indirizzo PEC della Divisione Anticrimine ([email protected]). Le informazioni fornite saranno valutate in breve tempo e la persona nei confronti della quale viene richiesto l’Ammonimento verrà invitato a tenere una condotta conforme con la legge nonché a sottoporsi volontariamente ad un percorso di recupero. A seguito dell’Ammonimento, qualora le condotte illecite della persona ammonita non dovessero cessare, si procede d’ufficio (senza denuncia-querela) e la pena per i reati perpetrati sarà aumentata. Il principale vantaggio dell’Ammonimento risiede nella tempestività d’intervento: è un’opportunità di far cessare le condotte illecite più celermente, offrendo percorsi di recupero per il maltrattante. Il “Protocollo Zeus” siglato oggi 23 novembre 2023 dal Questore di Bolzano con il CIPM Triveneto segue un altro protocollo sottoscritto con la Caritas di Bolzano il 4 aprile 2023. Aumentano pertanto i servizi sul territorio dell’Alto Adige a disposizione di chi intenda volontariamente intraprendere un percorso di recupero successivamente al provvedimento di Ammonimento emanato nei suoi confronti. Il “Protocollo Zeus” è una delle tante iniziative della campagna permanente della Polizia di Stato “Questo non è amore”, disponibile sul sito istituzionale della Polizia di Stato a questo link.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
0 notes
lf-celine · 4 years
Photo
Tumblr media
Louis-Ferdinand Céline compare in due rapporti di polizia presso la Questura di Parigi, redatti in due periodi diametralmente diversi: il primo, infatti, è del 1928, e riguarda il dottor Destouches non ancora diventato Céline. La Questura si interessa all’allora trentaseienne medico, domiciliato al 36 di Rue d’Alsace a Clichy, banlieue rossa di Parigi, arrivatovi quell’anno con la ballerina americana Elizabeth Craig, la sua “Imperatrice”. Louis Destouches vi risiederà per una decina d’anni sino al 1937, praticandovi la professione medica prima privatamente e poi presso un dispensario, perché membro dell’Associazione d’Igiene sociale e di prevenzione anti tubercolosi di Clichy. Tra i suoi fondatori vi è Gaston Paymal (1898-1943), funzionario amministrativo dell’ufficio pubblico d’igiene e in seguito sindacalista confederale e strenuo attivista: il rapporto della Questura nota infatti come il nobile scopo dell’associazione possa “senza dubbio servire presto o tardi quale paravento alla propaganda comunista e come la municipalità non mancherà di far leva sulla sua creazione per influenzare il corpo elettorale al momento opportuno”. Il dottor Destouches è indicato come segretario, e oltre le sue generalità anagrafiche e professionali è notato come “non è oggetto di alcuna osservazione dal punto di vista politico” e come “sia ben rappresentato in tutti i rapporti”. Fu proprio a Clichy che scriverà Viaggio al termine della notte, prendendo il nome d’arte di Céline, e trasferendosi prima in Rue Lepic e poi in Rue Girardon, a Montmartre, con la nuova compagna Lucette Almansor. Questi cambi di residenza sono diligentemente appuntati nel secondo documento, redatto in circostanze drammatiche: è infatti datato 11 giugno 1945, quando la coppia, fuggita in Germania prima e in Danimarca poi dopo lo sbarco Alleato in Francia, è tuttora in clandestinità, essendo Céline ricercato per collaborazionismo. Riproduciamo il documento di seguito dato il suo interesse céliniano, visto che mette nero su bianco le debolissime accuse della Giustizia francese a Céline, accuse che gli valsero comunque il rischio della pena di morte per “alto tradimento”, e anche per il quadro generale che dà della Parigi occupata e dei complessi rapporti tra francesi e tedeschi in quel periodo, che trovano secondo noi una immagine certamente tragicomica nell’informazione riferitavi di un “posto radio trasmittente, in collegamento con Londra” della Resistenza francese “operativo nel sottotetto del Moulin de la Galette” frequentato dagli alti Ufficiali tedeschi della Kommandantur di Parigi, con il probabile tacito assenso del suo proprietario, peraltro occupato a procacciare avvenenti “donne russe” agli Occupanti! (Andrea Lombardi) *** Parigi, l’11 giugno 1945 Questura Ufficio del Questore Dipartimento Amministrativo N° 419597 Estratto di un rapporto 5 giugno 1945 Firmato Informazioni Generali, allegato al dossier N° 125815 Destouches Louis Ferdinand nato il 27/5/1894 a Courbevoie Dottore alla facoltà di medicina residente al 36 Rue d’Alsace a Clichy è stato oggetto di un rapporto come collaboratore tedesco. 5 giugno 1945 [timbrato] a/c di Chayrou Pierre segnalato come “collaboratore dei tedeschi” A seguito di una informativa in data 14 dicembre 1944, segnalante il proprietario del “Moulin de la Galette” quale amico di Louis Ferdinand Céline e noto per aver ricevuto nei suoi locali, durante l’occupazione, dei membri dello stato maggiore tedesco; avendo inoltre egli praticato la borsa nera “in grande”, in compagnia di due donne russe delle quali una si era ritrovata incinta di un ufficiale dello stato maggiore tedesco si è proceduto ad una inchiesta che ha permesso di raccogliere le seguenti informazioni: CHAYROU Pierre, André, Jules, nato il 12 aprile 1899 a Parigi, 10°, […] Dal 1936 dirige gli esercizi “Le Moulin de la Galette e i Jardins de Montmartre” […] L’esercizio “Le Moulin de la Galette” è noto ai Servizi della Direzione Informazioni Generali e del Gioco per essere stata oggetto di una informativa il 1° aprile 1944. A quella data, la direzione di questo esercizio ha lanciato un certo numero d’inviti a diverse personalità francesi e tedesche in occasione della prima rappresentazione della rivista “Album d’Images” di Géo Bury [cantante d’operetta e attore]. Si notano in particolare i nomi di: Georges Hilaire, Segretario generale alle Belle Arti, Otto Abetz, ambasciatore della Germania, Knothe Console della Germania, il Generale Boineburg-Lengsfeld, comandante della Grand-Paris [Il Generale Hans Boineburg-Lengsfeld, decorato comandante di unità corazzate, fu coinvolto nell’attentato a Hitler del 20 luglio 1944 come molti altri Ufficiali del comando di Parigi, ma per sua fortuna non fu scoperto evitando l’epurazione all’interno del corpo ufficiali tedesco seguente], oltre che una ventina di ufficiali superiori delle truppe d’occupazione e di funzionari dell’Ambasciata di Germania. I Sigg. de BRINON, BUSSIERE e BOUFFET [Fernand de Brinon, segretario di stato a Vichy e poi presidente del governo in esilio a Sigmaringen; Amédée Bussière, capo della Polizia di Parigi, e René Bouffet, prefetto del Dipartimento della Senna] che erano stati egualmente invitati hanno fatto sapere che assisteranno in altra occasione al nuovo spettacolo del “Moulin de la Galette”. Per quanto concerne l’informazione secondo la quale degli Ufficiali dello Stato Maggiore tedesco si riunissero in un locale dipendente da questo esercizio, sono stati raccolte le seguenti notizie: Il Moulin de la Galette si compone di una sala da ballo (ingresso al 77, Rue Lepic) di uno studio di danza (entrata Rue Girardon e 1 avenue Junot) e da un cabaret “Sur les toits de Paris” (entrata 81, Rue Lepic). Dal 1941 al 1943, una sala da cabaret situata a quest’ultimo indirizzo era riservata con il nome di “Bierpausen” ai membri dell’esercito d’occupazione che giungevano a visitare Montmartre e lì vi consumavano. L’arredo di questa sala rappresenta un grande atelier di pittura. Degli ufficiali tedeschi di tutti i gradi vi facevano frequenti visite e questo va e vieni ha presto attirato l’attenzione del vicinato. […] La direzione del “Moulin de la Galette” aveva parimenti fatto distribuire tra i membri dell’esercito occupante dei volantini redatti in francese e tedesco concernenti il cabaret “Sur les toits de Paris”, dei quali alleghiamo un esemplare. Secondo le notizie raccolte nel suo ambiente, CHAYROU avrebbe guadagnato cifre considerevoli con i tedeschi che erano la principale clientela. Per contro non è stato raccolta nessuna notizia per quel che concerne il mercato nero che si sarebbe operato e che è segnalato nella stessa informativa, oltre che sul soggetto delle due donne russe, che sono sconosciute al personale come al vicinato. Nono si è potuta identificare nessuna delle due. È da notare come, durante l’occupazione, un posto radio trasmittente, in collegamento con Londra, era operativo nel sottotetto del Moulin de la Galette, fatto che il Chayrou sembrasse ignorare. Quest’ultimo era stato in relazioni amichevoli con Destouches detto “Céline” del quale si parla in altra parte. In privato, Chayrou non è stato oggetto di alcuna osservazione particolare. Non ha mai attirato l’attenzione dal punto di vista politico. Non ha precedenti giudiziari. *** DESTOUCHES detto Céline, Louis Ferdinand, nato il 27 maggio 1894 a Courbevoie (Senna) di nazionalità francese, è sposato e padre di famiglia. Dall’aprile 1941, egli è domiciliato al 4, rue Girardon (18°) ma non è più stato visto a questo indirizzo dal giugno 1944. Si suppone che a quella data si sia recato a Sigmaringen (Germania) ma si ignora dove si trova attualmente [Céline e Lucette a quest’epoca erano a Copenhagen, ove erano giunti ad aprile del 1945. Céline fu arrestato a dicembre nello stesso anno, e rinchiuso in carcere in Danimarca per 14 mesi]. È stato vanamente ricercato nella circoscrizione della Questura. In precedenza, DESTOUCHES aveva abitato successivamente al 36, Rue d’Alsace a Clichy e al 98, Rue Lepic (18°). Dottore in medicina della facoltà di Parigi, la sua laurea è stata registrata il 17 ottobre 1927 alla Questura, ma non ha mai esercitato [Probabilmente si riferiscono alla professione medica ospedaliera strettamente intesa; come noto, Céline lavorò come medico sia presso la Società delle Nazioni (SdN) che in diversi ambulatori e dispensari]. DESTOUCHES è conosciuto negli ambienti letterari per aver scritto, con lo pseudonimo di Céline numerosi romanzi tra i quali “Viaggio al termine della notte”, “La Chiesa”, “Morte a credito”, “La scuola dei cadaveri”, per i quali ha ottenuto nel 1932 il premio Théophraste Renaudot. Durante l’occupazione, ha anche collaborato a numerosi giornali di tendenza collaborazionista, tra i quali “Le Pilori” nel 1945 e “Germinal” nel 1944. In un articolo apparso sul giornale “Le Cri du Peuple” del 31 marzo 1943, egli dichiarava: “Bisogna lavorare, militare con Doriot” [L’articolo citato era stato inizialmente pubblicato il 21 novembre 1941 su “L’émancipation nationale”. Tuttavia, Céline negò di esserne stato l’autore, come cercò di dissimulare le diverse altre lettere scritte sulla stampa collaborazionista francese tra il 1940 e il 1944, tra le quali proprio una lettera-appello a Jacques Doriot, creatore del Partito Popolare Francese, apparsa sui “Cahiers de l’émancipation nationale” del marzo 1942]. Destouches è noto agli Archivi dei Servizi di informazione della Polizia come membro del Comitato d’Onore del “Cercle Européen” [Un’ordinanza del 26 dicembre 1944 stabiliva che tutti i membri del “Cercle Européen”, “circolo francese di collaborazione economica e culturale europeo”, ritenuto collaborazionista, sarebbero stati colpiti dall’indegnità nazionale. Questo fu uno dei capi di accusa al processo a Céline del 1950; quest’ultimo contestò l’accusa confermando solo di essersi recato tre volte al “Cercle Européen” quale invitato, ma di non esser mai stato nel suo comitato d’onore, come invece millantato dal suo direttivo per questioni di prestigio], dove era stato inscritto sotto il 26 bis, e da dove era stato radiato il 15 maggio 1943. È anche noto agli Archivi della Polizia Giudiziaria, dove è depositato il fascicolo n° 222.258, concernente una querela depositata nel 1939 da un certo FROT residente in 11, bis Rue Jean Leclaire (17°) che accusa Céline di attentare al pubblico pudore per la pubblicazione del libro “La scuola dei cadaveri”. Questa faccenda non ha in ogni caso avuto un seguito legale. Al Casellario Giudiziario Destouches è annotato come segue: 200 Franchi (12° Camera) 21/6/39 – Diffamazione [Céline era stato querelato dal dottor Pierre Rouquès da lui definito come “ebreo comunista” in La scuola dei cadaveri. Rouquès, che era effettivamente un militante comunista, miliziano repubblicano in Spagna e resistente, divenne nel dopoguerra ministro della Sanità francese. Pubblicato nel 1938, il libro fu ritirato dal commercio dopo la legge Marchandeau contro l’antisemitismo nel 1939, e quindi ristampato nel 1941-1942. Un’altra querela contro Céline per lo stesso motivo era stata depositata dal giornalista Léon Treich, ma stavolta senza esito] Ad ogni buon fine, il suo nome è stato posto all’attenzione del servizio alloggiati della polizia. Grazie/Merci a Émeric Cian-Grangé per la segnalazione!
2 notes · View notes
darthreset-blog · 5 years
Text
Sanremo 2019, serata 1
Non ho intenzione di commentare la trasmissione in generale o la conduzione, ma solo le canzoni in gara. Le vedremo divise in tre zone in base alla classifica provvisoria: rossa per quelle più in basso, gialla per quelle a metà e blu per quelle più in alto. All’interno di ogni zona presenterò gli artisti in ordine alfabetico. Iniziamo.
ZONA ROSSA
Achille Lauro: ha ricevuto un sacco di complimenti al Dopofestival, mentre sui social la gente si chiedeva confusa se avesse ascoltato la canzone sbagliata. No, la canzone è quella, “Rolls Royce”, ed è una canzone valida, sufficientemente lontana dai noiosi canoni sanremesi e allo stesso tempo non eccessivamente sovversiva: carica di energia, moderna, non capisco lo sdegno di gran parte del pubblico. Non sarà un pezzo memorabile e destinato a rimanere negli annali, ma non ha nulla di brutto.
Einar: arrivato da Sanremo Giovani, c’era curiosità intorno a lui e al suo brano che, ahimè, non basta. Aveva una grande occasione per cavalcare il suo successo dopo la vittoria tra i giovani, ma non ha mantenuto le aspettative: pezzo insufficiente, poco incisivo, senza momenti degni di nota. Concordo con il suo posizionamento nella zona rossa.
Ex-Otago: classificati come gruppo indie anche se poi loro stessi durante il Dopofestival chiedono ironicamente “che cazzo è l’indie”, presentano “Solo una canzone”, brano dotato di una buona ritmica ma senza particolare rilevanza sotto altri aspetti. Non il brano peggiore della manifestazione, avrebbero meritato la zona gialla.
Ghemon: si comincia a notare uno schema: tutti gli artisti nominati finora si sono esibiti nella seconda metà della serata. E’ chiaro che il momento dell’esibizione ha fatto la sua parte. Trovare Ghemon nella zona rossa è stata una grande sorpresa: a me il suo brano è piaciuto molto. Si è discusso su internet riguardo alcune sue imperfezioni vocali, e posso anche essere d’accordo, ma questo non toglie che l’impressione generale che ho ricavato dalla sua esibizione è molto positiva. Lui per me è una sorpresa, mi dispiace vederlo così in basso. Spero che la sala stampa e il pubblico da casa abbiano riconosciuto il suo potenziale, e che le prossime serate con un diverso ordine di esibizione possano rendergli giustizia.
Mahmood: la sua è stata l’ultima esibizione ed una delle migliori. Anche lui penalizzatissimo dalla scaletta, fa molto meglio del suo collega Einar, entrambi vincitori di Sanremo Giovani. La canzone di Mahmood coinvolge e trascina, con un ritornello che entra in testa grazie ai clap e alla sua voce unica. Arrangiamento efficace, non esagerato e non banale, testo intelligente, esattamente come Ghemon meritava di più.
Motta: questo Sanremo non parla ai giovani finora: l’elenco degli artisti etichettati prima della manifestazione con un “e questi chi sono?” sono in fondo, anche se in questo caso forse è una scelta giusta. La canzone di Motta non è brutta, ma è intangibile, senza un’identità precisa, incapace di incastrarsi nelle menti degli spettatori. Non si nota, ma si sente che è una canzone che con un paio di accorgimenti può emergere. Non un granché finora, penalizzata anche da un testo non eccellente.
Nino D’Angelo e Livio Cori: anche qui sono d’accordo con la zona rossa. Il loro brano è più vicino ai canoni classici di Sanremo, con l’aggravante che ormai la canzone napoletana non suscita più l’effetto di prima, anche se sperimentata con un confronto tra generazioni come questo. Mediocre, tollerabile, ma giustamente tra le peggiori.
The Zen Circus: nella schiera dei “e questi chi sono?”, provano a portare sonorità inusuali per il Festival, che funzionano a metà. Interessante come il pezzo cresce e aumenta d’intensità, questo potrebbe essere anche ciò che per ora li sta condannando: l’assenza di un vero e proprio ritornello gli impedisce di entrare in testa all’ascoltatore, e si sa che una canzone che richieda un po’ più di attenzione per essere apprezzata e non si basi sulla ripetizione del titolo di tanto in tanto, a Sanremo non fa strada. E’ un peccato perché è un pezzo valido ed energico, che non merita di stare in fondo alla classifica.
ZONA GIALLA
Arisa: ecco la solita Arisa, con la sua canzone lenta di archi e pianofo… No, aspettate, cosa? Il pezzo fa un’inversione completa e diventa una hit pop orecchiabilissima e movimentatissima. Incredibilmente sorprendente. Testo non eccelso, canzone in generale non stellare ma guadagna moltissimi punti per l’effetto sorpresa. Non avrei scommesso un Euro su una canzone di questo tipo, e sicuramente non da Arisa. Mi piace, mi piace tantissimo, mette allegria e ti fa muov… Ehi, perché è tornata alla classica canzone “alla Arisa”?
Boomdabash: premessa: non mi piace il reggae, quindi nella mia graduatoria personale non sono piazzati tra i primi. La loro canzone comunque è ok, simpatica, sembra pronta e confezionata per essere cantata con gli amici. Mette il buonumore, ma non splende. Di certo non tra le peggiori, ma, anche a causa dei miei gusti, non riesco ad apprezzarla fino in fondo.
Federica Carta e Shade: in un certo senso anche loro penalizzati dal piazzamento (hanno cantato subito dopo una delle mie esibizioni preferite), riascoltandoli ora il loro brano forse non è così negativo come mi era parso inizialmente, tuttavia non è abbastanza per scalare nella mia classifica personale. Testo non memorabile, arrangiamento decente, voci ok. Nella media, direi. Nei prossimi giorni la mia opinione di loro potrebbe cambiare. Vedremo, per il momento non hanno lasciato il segno (eccezion fatta per il freestyle di Shade al Dopofestival, piacevolissimo).
Negrita: l’avvio della canzone mi ha fatto drizzare le antenne, ma poi una parte vocale poco interessante e un brutto sviluppo della parte strumentale le hanno fatto perdere punti. Ottimo anche il finale che richiama l’intro, cercherò una versione da venti secondi (i primi dieci e gli ultimi dieci). Posso dire che mi aspettavo qualcosa in più da loro, ma purtroppo l’ambiente sanremese li ha un po’ spenti. Punti bonus per le movenze di Pau.
Enrico Nigiotti: unico membro della truppa di XFactor in questo Festival, non tiene alto il nome del suo talent di provenienza: è la classica canzone alla Nigiotti, con l’aggiunta del tocco sanremese che peggiora qualcosa di già brutto in partenza. Non mi è mai piaciuto, e non è questa canzone a farmi cambiare idea. Sarebbe potuto andare benissimo in zona rossa. Specifico però una cosa: il suo brano non è il peggiore.
Patty Pravo con Briga: il loro potrebbe esserlo: Patty Pravo sempre meno capace di articolare le parole (ed è un peccato, perché si sente che la voce c’è) e Briga inconsistente. Tipica canzone sanremese, non ho altri commenti da fare.
Anna Tatangelo: anche la sua è una canzone che potrebbe trovarsi in zona rossa senza scandali. Il discorso è simile a quello di sopra: è esattamente ciò che ci si aspetterebbe da una canzone di Anna Tatangelo a Sanremo: se vi piace il genere, questa sarà di vostro gradimento; altrimenti la ignorerete senza rimpianti. Nota: diversi giornalisti hanno detto che quella di stasera è stata la migliore esibizione della Tatangelo. Non so se sono riuscito a incuriosirvi, ma sappiate che se non l’ascoltate non vi perdete niente.
Paola Turci: la sua canzone rimane in testa: riascoltandola ora mentre scrivo, mi sono reso conto che la sola intro mi fa tornare in mente il ritornello che si è insediato nella mia mente dal primo momento. Non è un brano all’altezza di quello presentato alla sua ultima apparizione a Sanremo, due anni fa, ma è comunque un pezzo valido. Si sente che potrebbe diventare una costante per radio nei prossimi giorni. Il giudizio su questa canzone tuttavia è influenzato da una performance vocale insufficiente. Evidentemente per il momento questo problemino è passato inosservato e ha permesso al brano di mostrare dove può arrivare. Se la voce di Paola Turci migliorerà nelle prossime serate, il pezzo potrebbe guadagnare nuovi consensi, probabilmente meritati. Giudizio sospeso, intanto si piazza nel limbo della zona gialla.
ZONA BLU
Loredana Bertè: non me l’aspettavo. Nel senso che non mi aspettavo di trovarla nella zona blu e non mi aspettavo di non avere nulla in contrario: energia, forza, potenza, la Loredana che volevamo. Non c’è tanto altro da dire: testo nella media, arrangiamento piacevolmente rock, e voce urlata come si deve. In molti temevano che si sarebbe sfociati in un momento trash sia musicalmente che televisivamente, e invece ci siamo trovati ad ascoltare una bella canzone che ha ricevuto il riconoscimento che merita.
Simone Cristicchi: ha fatto piangere mezza Italia. Non è la sua canzone migliore, ma è sentitissima. Semplice, leggera, efficace, con un testo che è un gioiello. C’è poco da commentare, tale è l’essenzialità di questo brano. Va ascoltato e basta, bisogna sentirsi partecipi di quelle emozioni. Non è una canzone che posso descrivervi, scusate. Ha ricevuto un sacco di complimenti sui social, potrebbe essere tra i tre più votati dal pubblico a casa.
Il Volo: perché? Io voglio sapere perché. Dopo aver ascoltato la loro canzone vincente nel 2015 avete ascoltato il 95% della loro discografia e delle loro capacità vocali. Che altro c’è da ascoltare? Cosa portano di nuovo a questo Festival? Che abbiano delle belle voci lo sappiamo, ma non c’è diversificazione, sono sempre uguali a se stessi: sempre banali nei testi, sempre accompagnati da strumentazione che invita alla tragedia, sempre mediocri. Mai terribili, mai ottimi, la zona gialla sarebbe stata più adatta. Sembrano ricevere tantissimi complimenti all’estero da chi li vorrebbe all’Eurovision. Non facciamoci ingannare, non vincerebbero.
Irama: la parte migliore della sua canzone è il testo, con cui racconta una toccante storia che tiene sospeso l’ascoltatore nell’attesa del finale e nella speranza che tutto vada a finire bene. Strumentalmente segue gli standard sanremesi adattandoli al rap. Punti bonus per il coro gospel che lo ha accompagnato. Veramente bravo, meritatamente tra i migliori.
Nek: probabilmente aiutato dal piazzamento tra i primi in scaletta, ha avuto il merito di dare la scossa ad un Festival fino a quel momento troppo classico. Nek ha portato il rock e l’energia con quel suo essere sempre giovanissimo da oltre vent’anni. Assicurati i passaggi in radio, testo “alla Nek”, riff di chitarra in primo piano, brano orecchiabilissimo, sono felice che sia in zona blu. Bene, molto bene.
Francesco Renga: ha aperto il Festival, e ci ha fatto subito sentire a casa con la canzone più sanremese possibile, sia nei testi che nelle musiche. Sufficiente ma niente di più: rispetta il contesto in cui si trova e si regola di conseguenza, e questo lo tiene a galla, ma non osa e questo non lo premia. Banale, zona blu immeritata.
Daniele Silvestri: tempo di esporsi: il brano migliore di tutti, con grande distacco. Testo intelligentissimo, attualissimo, che parla ai giovani, arrangiamento che lo sposa perfettamente nella sua rabbia adolescenziale. Silvestri si presenta sul palco accompagnato da Rancore, e l’intesa è perfetta. Il rapper incastra perfettamente i suoi versi nel testo del cantante romano, e tutto funziona fin troppo bene. E’ la classica canzone che ti assorbe e che vorresti cantare, vorresti addirittura aver scritto perché è esattamente quello che anche tu vorresti dire. Ritmo serrato, tensione continua, nulla che non vada. Se non siamo alla perfezione non ci siamo lontani, uno dei migliori lavori di Silvestri senza dubbio, nonostante tante altre sue canzoni che potrebbero fargli concorrenza. Numero 1.
Ultimo: ed ora è arrivato il momento di attirarsi un po’ di odio: per me è da zona rossa ma quasi sicuramente dominerà il televoto. La sua canzone si riassume in una frase del testo: “se solamente Dio inventasse delle nuove parole potrei scrivere per te nuove canzoni d’amore e cantartele qui”. Se per voi questa frase è poesia e meriterebbe di entrare nei libri scolastici allora adorerete anche il resto della canzone, altrimenti la troverete di un piattume infinito. Non è la canzone più inascoltabile di Sanremo, ma è chiaro che Ultimo ha una sua demografica molto precisa, ed io non ne faccio parte. Coerentemente, non ritengo i suoi brani dei lavori di qualità. Amen.
2 notes · View notes
paoloxl · 6 years
Text
Quella del rapporto tra istituzioni scolastiche e forze militari è una storia complessa. Cardine di questo rapporto è l’articolazione di un progetto comune: l’educazione. Partendo da quella militare, questa è volta alla costruzione di un cittadino-modello fortemente dipendente dai rapporti gerarchici, che modula la propria azione sulla base di un rigido principio di obbedienza e che fa dell’abnegazione e dello spirito di sacrificio valori morali irrinunciabili. «Le leggi si rispettano, senza se e senza ma» recitava alcuni giorni fa il commento di un militare (da profilo Facebook) alla foto di un ragazzo di 15 anni manganellato a Napoli nel corso di una manifestazione contro Matteo Salvini. 
A guidare invece l’insegnamento scolastico sono valori diversi, cui le prerogative concesse dalla carta costituzionale implicitamente tendono: il superamento delle disparità economiche, l’assenza (almeno nominale) di discriminazioni di genere o provenienza, l’accessibilità degli spazi, la gratuità delle scuole dell’obbligo e via discorrendo sono tutti provvedimenti che mirano alla libertà di fruizione e, di converso, di scelta. Il concetto di diritto allo studio, intrinsecamente, riguarda il diritto al libero pensiero, alla libera rielaborazione dei contenuti offerti. Il pomposo “compito educativo” delle scuole si deve quindi necessariamente risolvere nella creazione di un modello di cittadino che abbia adeguate competenze per la lettura e interpretazione critica dei processi sociali, politici ed economici che attraversa. All’obbedienza fa quindi da contraltare la cooperazione, all’abnegazione la solidarietà, all’automazione lo spirito critico. 
Mettere in contatto questi due moduli, oggettivamente paralleli per metodi e contenuti, ha una valenza ideologica non indifferente, ed è contro questa che come collettivo Li.S.C. abbiamo voluto agire martedì 20 novembre, quando con un blitz abbiamo bloccato, ritardato ed infine annullato la seconda lectio magistralis del ciclo «Militaria. Al servizio dello Stato» organizzato a Ca’ Foscari nel quadro del Master «Studi strategici e sicurezza internazionale». Fabrizio Marrella, docente di Diritto Internazionale e direttore del master, aveva già invitato il generale Claudio Graziano, Capo di Stato Maggiore della Difesa, per una lectio su «La politica europea di sicurezza e difesa» nella quale – citando la brochure di presentazione – si intendevano analizzare le criticità del “Fianco sud”, vale a dire le frontiere con il Medio Oriente e la sponda nord-africana, dove «migrazioni incontrollate […], di massa» rappresentano una seria sfida per l’Occidente, impegnata a respingere i «flussi di profughi e migranti economici che “bussano alla porta”». Nel corso del primo incontro l’obiettivo era di dimostrare il ruolo determinante delle Forze Armate tutte nella definizione del “Sistema Paese”, mentre in questo secondo l’attenzione era focalizzata sulla Marina Militare, invocata come panacea per lo spirito infiacchito dei cittadini italiani, ormai dimentichi dei veri valori di Patria. La Marina viene definita un propulsore del “Sistema Paese” anche dal punto di vista sociale «quale latrice di valori fermi ed immutabili che, anche nel momento storico della sconfitta, hanno reso possibile evitare sia una definitiva debellatio e sia quella che, da molti, è stata definita come la morte della Patria». Posti l’anacronismo dello spirito nostalgico con cui si guarda ai conflitti mondiali in ottica di vittoria/sconfitta e la criticità di un’espressione, morte della patria, che nelle circostanze storiche in cui avvenne è da assimilare al disfacimento di una patria la cui nazione era stata coercitivamente identificata come fascista (e di cui era quindi auspicabile una morte), la nostra critica era, ancor prima che ai contenuti, alla scelta in sé di creare un’apertura, un varco nella rete, che consentisse allo spirito militare di insinuarsi nelle aule di un’università pubblica.
L’obiettivo, dichiarato fin dal principio, non era di aprire a un dibattito, ma di riappropriarci di uno spazio che, fino a prova contraria, spetta alla collettività studentesca attraversare. La sala di rappresentanza che Ca’ Foscari aveva messo a disposizione dell’evento non avrebbe dovuto ospitare una conferenza del genere. L’unica incognita che avrebbe potuto sollevare delle criticità sarebbe stata la presenza numericamente consistente di altri studenti tra gli uditori. Nonostante quanto dichiarato dal rettore Bugliesi, che ex post ha parlato di decine di studenti, questi si contavano sulle dita di due mani, seduti accanto a una quarantina di militari in uniforme. La pratica di interruzione che abbiamo agito non ha leso gli interessi di una platea che in università ha la sua sede naturale, ma è valsa come riprova del fatto che l’esercito non trova spontaneamente spazio nelle strutture educative e che il portarcelo rappresenta evidentemente una forzatura.
Andando oltre la narrazione della riuscita dell’iniziativa, quel che preme davvero porre sotto i riflettori è la nebulosa di reazioni che hanno accompagnato e seguito il nostro blitz. A cominciare dai militari presenti in sala che, avendo ricevuto indicazione di rimanere nell’aula e ascoltare quanto detto in cattedra, sono rimasti composti fino a nuovi ordini, zittendo l’unico ragazzo (peraltro di formazione militare) in sala che abbia espresso rammarico per la sospensione della conferenza. Un aplomb mantenuto anche dall’ospite Dario Giacomin, che si è detto desideroso di «imparare» da quelli che si sono seduti in cattedra, cui non ha fatto da cornice l’atteggiamento di Michele Bugliesi. Nello stesso pomeriggio del 20 novembre, il rettore ha rilasciato alla stampa un’unica dichiarazione, nella quale si dichiarava deciso a sporgere denuncia per interruzione di pubblico servizio nei confronti di quelli che ha definito una sparuta manciata di «incivili», la cui azione risultava evidentemente «violenta». Non si è arrischiato a entrare nel merito dell’episodio e a difendere le scelte di Ca’ Foscari: scelte razionalmente ingiustificabili, perché volendo spigare le motivazioni che hanno condotto un’università pubblica ad avviare un master in co-tutela con le forze armate e a ospitare un ciclo di lectio magistralis sotto il titolo di «Militaria» il rettore sarebbe incorso in giustificazioni assai poco sostenibili. 
Quale sia l’obiettivo di queste iniziative è infatti l’interrogativo che sta alla base della nostra azione, che ci ha portato a contestare non solo l’appuntamento di alcuni giorni fa, ma il clima generale in cui questo è avvenuto: un contesto che ha visto il progetto di reintroduzione della naja obbligatoria, la proposta di garantire agli universitari un certo numero di CFU in cambio di sei mesi di leva, la propaganda militarista e securitaria propugnata dal Ministro degli interni Matteo Salvini. La critica è a un sistema dell’istruzione che si sta facendo sedurre dalle strategie comunicative dell’Esercito Italiano, che ha creato un format adatto a ogni età: dal Lupetto Vittorio, un personaggio illustrato che insegna ai più piccini che essere soldato è il modo migliore per servire ed essere utile ai propri concittadini, ai programmi di Alternanza Scuola/Lavoro che permettono agli studenti medi di entrare in contatto con le attività e gli ambienti militari, fino a progetti formativi come quello oggetto di discussione che hanno «l’obiettivo di fornire loro [scil. agli studenti] una conoscenza degli aspetti militari, giuridici ed economici, legati alle attività del comparto Sicurezza e Difesa».
L’unico corpo studentesco ad essere rappresentato in quell’aula di Ca’ Dolfin è stato quello oppositivo, il che ha messo in luce l’inadeguatezza di questi contenuti, pure strenuamente difesi dal Rettore e, ancor più, dalle dichiarazioni pubbliche di sostegno che hanno seguito il suo comunicato stampa. Il rettore, che sembra comparire tra i papabili da candidare per il PD alle comunali del 2020 contro la coalizione di Brugnaro, ha ottenuto infatti l’appoggio di Alex Bazzaro, classe 1987, deputato della Lega e membro del team di comunicazione di Matteo Salvini: dettaglio non irrilevante, dal momento che all’indomani della condanna alla pubblica gogna da parte del vicepremier di tre ragazze minorenni, ree di avere un cartello in cui, con un certo colore, gli auguravano la stessa fine di Mussolini, la strategia adottata da Bazzaro è (mutatis mutandis) la stessa. Una fotografia pubblicata sui propri canali social accompagnata da una didascalia che rifacendosi ai più beceri stereotipi ci relega allo status di studenti nullafacenti la cui media è probabilmente inferiore al 20 e di 4 gatti dei centri sociali, scatenando la reazione dell’agguerritissimo “popolo di Facebook”, che come da scaletta ha espresso la speranza che venissimo cacciati «a calci in culo», manganellati, trattati come Stefano Cucchi etc. etc. Il riferimento alle vicende del geometra romano non è casuale, ma dipende dalle dichiarazioni di un’altra ospite seduta in sala il 20 novembre: Luciana Colle, vice sindaca leghista (seppur non nota ai vertici del partito) della giunta Brugnaro, che non più tardi di un mese fa si era lasciata andare con accuse infamanti e offensive nei confronti di Ilaria Cucchi, la cui tenacia aveva da poco “regalato” la verità sulla morte di suo fratello, ucciso da uomini in divisa. 
L’ultima dichiarazione di solidarietà al rettore, cui viene suggerito di continuare a testa alta nella denuncia, viene dall’esperienza di Elena Donazzan, assessore all’istruzione della regione Veneto, nella cui autobiografia vengono rievocati, con una certa nostalgia, la militanza nell’MSI e l’affetto nei confronti del camerata Nicola Pasetto, il “deputato picchiatore”, venuto fortunatamente a mancare nel 1997 dopo un passato di squadrismo, aggressioni con spranghe e crick. La stessa Donazzan che nel 2015, all’indomani dell’attentato a Charlie Hebdo, divulgò in tutte le scuole del Veneto una circolare islamofobica incitando a una presa di posizione anti-musulmana e all’adozione di precauzioni nei confronti dei fedeli di Allah. Stando a quando dice, l’assessora si sarebbe «assicurata che si proceda a identificazione e denunce conseguenti».
Questo appoggio da solo dovrebbe far riflettere il rettore Bugliesi sull’assurdità delle proprie posizioni: la difesa del militarismo, la convinzione dell’opportunità di una collaborazione università/esercito, l’assunzione di provvedimenti repressivi e lesivi del nostro diritto allo studio. Ma la criminalizzazione di qualsiasi forma di dissenso, anche argomentata e assennata come quella praticata da Li.S.C. (che è un collettivo studentesco, non un centro sociale) appartiene a qualsiasi forza politica istituzionale, prona nella difesa del monopolio statale della Gewalt. Non nutriamo nessuna aspettativa su un uomo che agisce binariamente nella tutela di un’identitarismo e di un sistema di valori che, come uomo di scienza, dovrebbe aberrare: propaganda in pompa magna nelle aule della nostra università e ricorso ad espedienti repressivi tipici delle stesse forze propagandate nei confronti di ogni legittima manifestazione di disapprovazione. Nel replicare al suo comunicato stampa abbiamo ribadito che non vogliamo che le nostre rette, tra le più alte d’Italia, siano usate per un indottrinamento securitario e militarista. Abbiamo rivendicato il diritto all’occupazione e al dissenso come unico mezzo a nostra disposizione per contrastare l’iper-visibilità che l’università dona a contenuti inammissibili. Contenuti che vorremmo critici, analitici, e non cattedratici, presentati senza alcun moderatore. Contenuti come quelli che abbiamo portato in aula noi studenti, sia martedì che in occasione di altri due appuntamenti che abbiamo organizzato, uno sulle pratiche di lotta di un movimento come Black Lives Matter e l’altro sui contenuti del DL Salvini. Appuntamenti cui la componente studentesca ha reagito con entusiasmo e grande partecipazione, a testimonianza del fatto che le narrazioni che trovano approvazione e suscitano interesse tra gli studenti non sono i fantocci di retoriche patriottiche o i tentativi a destra di insegnare obbedienza e abnegazione, ma stimoli costruttivi e radicali, che puntano a una critica complessiva e produttiva del “Sistema mondo”.
Se il magnifico intende davvero procedere con denunce e limitare la nostra libertà di attraversare uno spazio che siamo regolarmente autorizzati a vivere, ci troverà preparati. La tattica del divide et impera che ha messo in campo contrapponendo gli «incivili» di Li.S.C. agli studenti di un altro collettivo che hanno recentemente occupato la sede di San Sebastiano non ci coglie impreparati. Il tentativo di distinguere tra contestatori “buoni” e “cattivi”, in una logica da amico/nemico, non rappresenta un inedito. Tuttavia, provare a mettere gli studenti gli uni contro gli altri quando si tratta di questioni basilari come il rifiuto dell’interazione esercito/università o la rivendicazione di spazi per gli studenti è una mossa stolta, che odora di disperazione. E se il rettore avrà dalla sua il plauso della Lega (e fa già ridere così), dalla nostra troverà l’intelligenza di una comunità studentesca pronta a schierarsi contro qualsiasi dimostrazione machista di forza.
2 notes · View notes
circusfans-italia · 3 years
Text
IL GRANDE CIRCO DI MOSCA HA CELEBRATO IL SUO 50° COMPLEANNO
Tumblr media
IL GRANDE CIRCO DI MOSCA HA CELEBRATO IL SUO 50° COMPLEANNO IL VIDEO DEI MOMENTI SALIENTI DELLA CERIMONIA Il 28 aprile di esattamente 50 anni fa si aprivano per la primissima volta le porte del più grande e tecnicamente avanzato circo stabile in Europa, il Circo Bolshoi di Mosca.
Tumblr media
Commissionato da Leonid Brezhnev, come fiore all'occhiello del Circo Sovietico, l'edificio su Vernadsky Avenue, comprende una grande sala prove atta ad ospitare grandi numeri aerei; un grande palco sopra ognuno dei due ingressi degli artisti, oltre a diversi altri piccoli stage sparsi tra gli oltre tremila posti a sedere che permettono di creare dei quadri pluridisciplinari immersivi e scuderie differentemente climatizzate per ospitare, confortevolmente, ogni specie di animale.
Tumblr media
Ma la punta di diamante è certamente il sistema di piste intercambiabili composto da ben 5 piste adatte ad ogni esigenza. C'è una pista equestre tradizionale (con un tappeto di gomma, che sostituiva la segatura); un bacino d'acqua profondo tre metri, dotato di fontane e illuminazione subacquea; una pista di ghiaccio; un palco in legno con botole per i maghi; e un palco retro-illuminato. Il sistema non solo consente di adattare rapidamente il circo a qualsiasi esigenza, ma anche di installare scenografie ed attrezzi  ingombranti su una pista, mentre l’ altra è in uso.
Tumblr media
Dal 2012 questo straordinario circo stabile, è sotto la direzione dei fratelli Askold ed Edgar Zapashny, che con le loro straordinarie produzioni sono stati in grado più di altri di valorizzare l’immenso potenziale della struttura.
Tumblr media
A causa della pandemia covid i festeggiamenti  principali sono stati posticipati al mese di settembre. Ma nella giornata di ieri (28/04/21)non sono di certo mancati gli eventi: la giornata si è aperta con una partecipata conferenza stampa (ospite d’onore lo scimpanzé Mickey ) terminata con la presentazione dei francobolli ufficiali creati dalle poste russe per l’occasione.
Tumblr media
Dopo una piccola parata nel foyer del circo, Il celebre clown sovietico Anatoly Marchewsky (già L’onorato artista russo, nonché fondatore e direttore generale del festival dei clown di Ekaterinburg)è stato inserito insieme alle altre leggende della pista russa nella “Walk of fame” presente nella hall del circo.
Tumblr media
La giornata si è conclusa con una speciale replica del programma “Historia”, dedicato a medici e bambini in difficoltà.
Tumblr media
Per l’occasione è arrivato anche un lungo video messaggio di auguri da parte della ministra della cultura Olga Ljubimova (reperibile sul canale you tube del circo) questo sottolinea ancora una volta quanta considerazione sia riservata al circo in Russia.
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
IL GRANDE CIRCO DI MOSCA HA CELEBRATO IL SUO 50° COMPLEANNO Se questo articolo ti è piaciuto condividilo sui tuoi social utilizzando i bottoni che trovi qui sotto Read the full article
0 notes
atomheartmagazine · 3 years
Text
New Post has been published on Atom Heart Magazine
New Post has been published on http://atomheartmagazine.com/sanremo-2021-le-pagelle-della-quarta-serata/24398
Sanremo 2021 - Le pagelle della quarta serata
C’è una premessa che forse non leggete. Si trova QUI. Ed è scritta in italiano.
Annalisa – “Dieci”: 7,5. Esibizione senza sbavature. Ha una voce che molte sognano.
Aiello – “Ora”. 1. Proprio non ce la fa. Dovevate portarci lui. Da qualsiasi parte, ma possibilmente non al Festival.
Direi che #Aiello ha spaccato. Il cazzo. #Sanremo2021
— Adriano Costantino (@A_Costantino) 5 marzo 2021
Maneskin – “Zitti e buoni”. 4. In altre circostanze non li avrei valutati perché non puoi valutare qualcosa che non esiste. Tipo la loro originalità. Non voglio parlare nemmeno del probabile plagio di cui sono accusati sul web, anche perché ‘sto pezzo è simile ad altri mille pezzi della storia e farei fatica a dire hanno plagiato questo o quello. Poi le fangirl di Damiano mi direbbero che è solo ispirazione e non plagio. Poi finiremmo a parlarne per una vita e credo di avere cose ben più importanti da fare in questa vita. Quindi amen. A me non piacciono, o almeno non più. A voi magari sì. Il mondo è bello perché è vario.
Noemi – “Glicine”. 7. Il pezzo che ha portato non è la mia tazza di tè, come direbbero gli inglesi. Però funziona. Lei è brava. Probabilmente una delle migliori.
Orietta Berti – “Quando ti sei innamorato”. 8. Arriva senza scendere le scale. Sorride. Canta come dio comanda. Sorride di nuovo. “Grazie grazie”. I fiori? “Bellissimi bellissimi”. Si volta e va via. Insegnaci la vita.
Colapesce e Dimartino – “Musica leggerissima”. 6,5. Partono Colapesce e Dimartino ed è subito “Se mi lasci non vale” con la voce degli Audio 2. Molto meglio della prima serata, comunque.
Max Gazzè e Trifluoperazina Monstery Band – “Il farmacista”. 7. Non è il suo miglior pezzo, ma più l’ascolti più è figo.
Willie Peyote – “Mai dire mai (La locura)”: 9. Terzo per la sala stampa, secondo in classifica generale. Vai Willie, prenditi tutto.
Malika Ayane – “Ti piaci così”. 6. Oh, è brava. Cazzo se è brava. Solo che per capire cosa dice ho dovuto mettere la pagina 777 di televideo.
La Rappresentante di Lista – “Amare”: 9. Stile, musica, interpretazione. Prendere appunti. Tutti. Senza tante menate: il vero quadro di Sanremo 2021.
Madame – “Voce”: 8,5. Ho già detto quanto stracazzo è forte Madame?
Arisa – “Potevi fare di più”: 7. Arisa è l’unica che riesca farmi piace un pezzo di Gigi D’Alessio. Onore a lei.
Coma_Cose – “Fiamme negli occhi”: 7. Quando cantano ti senti di troppo. Tipo il terzo incomodo. Sereni e scanzonati. Che stile.
Fasma – “Parlami”: 1. Comincio a credere che lui sia nato piangendo con l’autotune.
#Fasma lo preferisco sempre a microfono spento. #Sanremo2021
— Adriano Costantino (@A_Costantino) 5 marzo 2021
Lo Stato Sociale – “Combat Pop”: 7. Casino allo stato puro. Però di quelli fatti bene. Non si smentiscono mai.
Francesca Michielin e Fedez – “Chiamami per nome”: 3,5. Apprezzo la scelta di sottolineare il fatto che facciano cagare legando i microfoni con della carta igienica.
Irama – “La genesi del tuo colore”: 2. E vabbè. La quota Irama ce la dobbiamo sparare perché abbiamo molte colpe da espiare in questa vita. Un giorno tutto questo finirà. Spero.
Extraliscio feat. Davide Toffolo – “Bianca luce nera”: 6. Confesso di averli rivalutati. Confesso anche che rispetto alla prima esibizione sono andati molto meglio. Confesso che poi tanto male non sono.
Ghemon – “Momento perfetto”: 8. Continua a esser fuori luogo ovunque (cit) come solo lui sa fare. Ed è tutto perfetto, come il momento nel titolo.
Francesco Renga – “Quando trovo te”: 0+(0x0)=0. Ce lo sorbiamo due volte perché la vita è lacrime, dolore, sangue e bis di Renga. Purtroppo la prima volta il microfono non andava bene. René Ferretti urlerebbe “Cane, cane senza appello, cane maledetto”. Io non urlo niente. Che già ci pensa Renga a urlare male e verrebbe fuori un casino. L’inferno me lo immagino con lui che urla “SEEEEEEMPRUUUUUEEEHHH” in loop. Che voce, quest’uomo. Un usignolo sparato.
Il bis di #Renga è vietato in 17 stati del mondo. #Sanremo2021
— Adriano Costantino (@A_Costantino) 6 marzo 2021
Gio Evan – “Arnica”: 5. È il suo genere. È la sua canzone. Ed è uguale a tutte le altre che ha già fatto.
Ermal Meta – “Un milione di cose da dirti”: 5. Comunque concordo con la Berti nel chiamarlo Ermal Metal, perché a fine canzone ti senti i maroni di metallo, che pesano e ti arrivano a terra. Avrà anche un milione di cose da dire, ma – appunto – non dice niente.
Bugo – “E invece sì”: 4. E invece no, Cristian. Proprio no. Purtroppo.
Fulminacci – “Santa Marinella”: 7. ‘Sto pezzo è proprio figo, oh.
Gaia – “Cuore amaro”: 6. È una di quelle robe che non riascolterò mai più dopo Sanremo, ma ha ritmo e suona pure figa. E lei è bravina pure senza voce e imbottita di cortisone. Dovessi scegliere con che tormentone massacrarmi gli zebedei in estate, tra lei ed Elettra Lamborghini sceglierei tutta la vita lei. Farsi del male sì, ma il meno possibile.
Random – “Torno a te”: 1. E torna da lei, vai. E non voltarti.
Amadeus: 3. Ho fatto un incubo, ero Amadeus.
Fiorello: 5. Ha portato Avitabile sul palco (certo, poi Amadeus ha distrutto tutto) e solo per questo merita quasi la sufficienza. Però la sufficienza sarebbe troppo. Da quattro serate non azzecca nulla. Quindi no.
Zlatan Ibrahimovic: SV. È apparso pochissimo, ha ridetto le cose che ha già detto e niente. Boh.
Barbara Palombelli: 4. Al monologo di mezzanotte sono uscito a comprare del crack. Che già costa caro di suo, ma se esci dopo le 22 violi il coprifuoco e sono minimo 400 euro in più. Voglio essere risarcito. Ha reso la serata proprio frizzantina, non trovate?
Che monologo brioso e spumeggiante. Esco a comprare del crack. #Palombelli #Sanremo2021
— Adriano Costantino (@A_Costantino) 5 marzo 2021
Davide Shorty – Regina: 8. Di Davide ho già detto, è molto bravo. Non sarebbe stata la vittoria nei giovani a consacrarlo perché, di fatto, già lo è ed è assurdo che non stia tra i big. Premio Lucio Dalla e arriva secondo. Bene così, in fondo.
Folcast – “Scopriti”: 6. Non è nulla di nuovo ed entusiasmante, ma non è nemmeno da buttare. Ha un nome che sembra un gioco per la Playstation, tipo un survival horror. Finisce terzo e il podio forse un po’ se lo merita.
Gaudiano – “Polvere da sparo”: 6. Vince, come forse era prevedibile. Il prossimo anno però non ce ne ricorderemo più. E forse non è un male.
Wrongonyou – “Lezioni di volo”: 6,5. Vince il premio della critica e finisce quarto. Forse, ma dico fose, qualcosa in più di Gaudiano e Folcast la meritava. Però vabbè. Cioè. Insomma.
Sintesi. E anche la quarta serata ci saluta. Sempre meglio di una ginocchiata sui testicoli (doppio Renga a parte).
Quella di #Renga vorrei risentirla. #Sanremo21
— Pierluigi Pardo (@PIERPARDO) 6 marzo 2021
0 notes
giancarlonicoli · 3 years
Link
18 gen 2021 12:47
“LA VERITÀ” CONFERMA LO SCOOP DI DAGOSPIA SUI MEDIA DEL VATICANO CHE HANNO CENSURATO IL PAPA - UNO DEI COORDINATORI DELL'INFORMAZIONE DI OLTRETEVERE (PAOLO RUFFINI? ANDREA TORNIELLI?) HA DATO INDICAZIONI DI IGNORARE L'INTERVISTA DI FRANCESCO A CANALE5 E A SPORTWEEK - TUTTI NE STAVANO PARLANDO, MA A VATICAN NEWS, INVECE, BISOGNAVA “NON SOCIALIZZARE”. ERA UN DISPETTO PERCHÉ IL PAPA SI ERA MOSSO DA SOLO E I CAPI DEI MEDIA VATICANI NAVIGAVANO AL BUIO?
-
Lorenzo Bertocchi per “la Verità”
Lo smarrimento dalle parti dei media vaticani che la Verità aveva segnalato ieri è confermato. Anzi, probabilmente si comprende il perché di quelle antipatiche chiacchiere sul malcontento del Papa rispetto ai vertici del dicastero, con il direttore editoriale, Andrea Tornielli, in testa. Francesco, lo scrivevamo ieri, è scontento della copertura mediatica che Vatican news e tutti i satelliti della comunicazione della Santa sede hanno dato all'intervista che il Pontefice ha concesso a Canale 5 e a Sportweek.
La Verità è venuta in possesso di un messaggio di posta elettronica circolato sabato 9 gennaio tra i redattori, un giorno prima della messa in onda dell'intervista che Francesco ha concesso al vaticanista di Mediaset Fabio Marchese Ragona.Il messaggio nell'oggetto riporta chiaramente che si tratta di «indicazioni» sull'intervista «Papa-Canale 5» e lo invia un coordinatore di Vatican news, Alessandro De Carolis, ai collaboratori.
Il riferimento è per l'«anticipazione» della video intervista del Papa che circolava già da sabato 9 gennaio, e l'indicazione che viene data «su questo argomento» lascia a bocca aperta: queste notizie «non vanno socializzate». In effetti la consegna, che probabilmente il coordinatore ha ricevuto dalla cabina di regia editoriale, è stata rispettata, perché sui social ufficiali di Vatican news non c'è nulla sull'intervista di Francesco a Canale 5 fino a domenica 10 gennaio alle 23:09, 8 minuti dopo che una sintesi, non firmata, dell'intervista era stata pubblicata sul portale della Santa Sede.
Peraltro risulta alla Verità che i media vaticani si fossero trovati l'intervista del Papa un po' tra capo e collo, in zona Cesarini, senza aver ricevuto alcuna informazione precedente, anche perché sembra che il Papa avesse attivato il contatto con Mediaset senza coadiuvarsi con i capi della sua comunicazione.
Appare quindi del tutto evidente che per ragioni a noi oscure qualcuno nei media vaticani, cioè quelli che dovrebbero fare da grancassa alle parole del Papa, giusto per rammentarlo, aveva deciso che alle parole del Papa a Canale 5 era meglio dare poca importanza. Anzi, nella mail di De Carolis si invitano addirittura le redazioni a «continuare a seguire la vicenda del Boing precipitato poco dopo il decollo a Giacarta».
Con tutto il rispetto per la tragedia aerea consumata il 9 gennaio scorso, fa comunque impressione questa «indicazione» che odora ancor più di censura casalinga all'intervista del Papa; tutti ne stavano parlando, ma a Vatican news, invece, bisognava «non socializzare».
A questo punto c'è da scommettere che la convocazione di sabato scorso in udienza dal Papa dei vertici del dicastero della comunicazione deve essere stata un po' antipatica.
Tutto lascia pensare che una bella ramanzina papale, nella prospettiva della parresia, sia andata in onda, e Paolo Ruffini e Andrea Tornielli forse avranno dovuto spiegare scelte editoriali che l'editore sommo potrebbe non aver compreso. Tutte le sedie tremano perché tutti in Vaticano sanno che anche per i fedelissimi Francesco non si fa problemi, qualora lo ritenga, ad accompagnarli verso la porta.Il Papa della «Chiesa in uscita» difficilmente può comprendere le motivazioni per cui una sua intervista, data per una prima serata in Tv, debba essere «non socializzata».
Forse la decisione editoriale di non dare importanza alle parole del Papa a Canale 5 sarà stata dovuta a possibili brutti commenti social che talora appaiono in uscite papali come questa, come peraltro conferma anche la pubblicazione sul Facebook di Vatican news delle 23:09 del 10 gennaio.
Oppure, si è deciso di stare fermi per evitare fraintendimenti, visto che il Papa si era mosso da solo e i capi dei media vaticani navigavano al buio. Comunque la si voglia interpretare la faccenda puzza di bruciato, come minimo evidenzia una fase del papato di Francesco in un crescendo di caos anche tra i suoi uomini più fidati.Quando l'ex direttore della Sala stampa vaticana, l'americano Greg Burke, e la sua vice, la spagnola Paloma Ovejero, se ne andarono sbattendo un po' la porta, il 1° gennaio 2019, molti gettarono acqua sul fuoco. Ma in realtà la motivazione di quel gesto inaspettato era chiara: non ci stavano a lavorare, da seri professionisti quali sono, alle nuove condizioni.
E tra le nuove condizioni c'era proprio la riformata catena di montaggio dell'informazione vaticana in cui il direttore editoriale Andrea Tornielli, allora da poco nominato, veniva ad assumere un ruolo fondamentale e di conseguenza quello del direttore della Sala stampa decisamente minimizzato, quasi al rango di passacarte. Greg Burke e la Ovejero ritenevano probabilmente di non poter svolgere bene il loro lavoro e se ne andarono.
Perché seguire un Papa pirotecnico come Francesco non è facile per un giornalista, a maggior ragione con una struttura riformata come quella attuale che ha sollevato diversi malumori tra le sacre stanze.È probabile che ora di questo si stiano accorgendo anche gli attuali vertici delle comunicazioni vaticane, ma quella di «non socializzare» un'intervista del Papa è davvero una scelta notevole che, per quanto «furba», potrebbe non esserlo abbastanza per la «santa furbizia» di Francesco.
0 notes
Text
e-privacy XXVII @ Firenze - Algoritmi, automatismi e predizioni
New Post has been published on https://www.aneddoticamagazine.com/it/e-privacy-xxvii-firenze-algoritmi-automatismi-e-predizioni/
e-privacy XXVII @ Firenze - Algoritmi, automatismi e predizioni
Tumblr media
Giustizia automatica e predittiva, Social Scoring e Smart Cities; poco e troppo “smart” allo stesso tempo?
Il Progetto Winston Smith e l’Hermes Center for Transparency and Digital Human Rights sono lieti di invitarti come relatore all’edizione primaverile di e-privacy, che si terrà a Firenze il 15 e 16 maggio 2020 nella prestigiosa sede della Sala di Firenze Capitale (Sala della Miniatura) di Palazzo Vecchio, sede del Comune di Firenze che ospita l’iniziativa.
Parleremo di una società nella quale sempre più decisioni ed azioni riguardanti persone e cittadini verranno prese da sistemi non umani.
I sistemi di Intelligenza Artificiale, spesso abbinati agli oggetti smart, già presenti nelle nostre città e nelle nostre case, e che presto dilagheranno in ogni campo, consentono di raccogliere grandi quantità di dati personali, di monitorare il comportamento dei singoli, e per estensione anche delle masse.
Dai dati così ottenuti è possibile ricavare un “profilo di comportamento” per ognuno, ed utilizzarlo per assegnare un “punteggio di adeguatezza sociale”, come già avviene in Cina e come si sta considerando di realizzare in altri Paesi.
Ed è possibile anche tentare la previsione dei comportamenti futuri di singoli individui, mettendoci tutti nella condizione di arrivare ad un colloquio di selezione o ad un processo penale da pre-giudicati, dotati cioè di una profilazione considerata attendibile su questioni quali la “personalità”, il grado di “inserimento” nella società civile o la “pericolosità sociale.”
Queste tecnologie e questi dati sono disponibili per ogni paese od azienda voglia valersene, indipendentemente dal livello democratico od etico dei loro scopi.
I sistemi automatizzati di analisi consentono di delegare alle macchine decisioni ed azioni che sinora erano di competenza esclusivamente umana, sia in campo penale che amministrativo, come dimostrano il tentativo della città di Siena di creare un ufficio anagrafe virtuale, gli articoli di giornale scritti da robot, i tentativi di gestione parzialmente automatica della giustizia che si stanno diffondendo nel mondo.
Ma fino a che punto un algoritmo può aiutare ad assicurare una giustizia veloce ed uniforme e quali sono i rischi di questo approccio?
Quale garanzia di uniformità e di oggettività può offrire un sistema di Intelligenza Artificiale?
Quale valore può avere la testimonianza di un Assistente Virtuale?
Ma soprattutto, dove finisce la responsabilità, che accompagna e deve accompagnare ogni potere ?
Il convegno
Sin dal 2002 ad e-privacy si sono confrontate le tematiche di un mondo sempre più digitale ed interconnesso, nel quale le possibilità di comunicazione ed accesso alla conoscenza crescono continuamente, come pure crescono le possibilità di tecnocontrollo degli individui sin nei più intimi dettagli. L’approccio è interdisciplinare; dagli specialisti in informatica ai legali che si occupano di nuove tecnologie, dagli psicologi agli educatori, dagli operatori privati a quanti operano nel settore pubblico ed istituzionale.
Le proposte d’intervento
Il comitato organizzatore valuterà proposte in ambito tecnologico, legale, istituzionale e giurisprudenziale, delle scienze sociali, della filosofia, dell’informatica e dell’attivismo digitale, della privacy, della non-discriminazione, della sorveglianza e dei diritti civili digitali. Verranno prese in considerazione anche proposte su temi diversi da quello dell’edizione, purché di interesse e di attualità.
Le proposte dovranno contenere:
Nome del relatore
Eventuale associazione rappresentata
Indirizzo di posta di riferimento
Email e Recapito telefonico
Titolo dell’intervento
Durata prevista dell’intervento e dell’eventuale Q&A (15′ o 30′)
Outline dell’intervento (circa 200-300 battute)
Necessità di sussidi particolari oltre la videoproiezione
Abstract con riferimenti (min 500 max 1500 battute)
se disponibile alla pubblicazione del materiale sotto licenza libera
se disponibile alla pubblicazione di registrazioni audio
se disponibile alla pubblicazione di registrazioni video
Le proposte di intervento dovranno essere presentate utilizzando il form disponibile in questa pagina
Le proposte dovranno pervenire al comitato scientifico entro il termine ultimo del 30 marzo 2020.
L’accettazione o meno delle proposte sarà comunicata entro il 10 aprile 2020.
Gli elaborati, slide o relazioni dell’intervento dovranno pervenire in forma elettronica sul form online in seguito comunicato ai relatori. entro il 5 maggio 2020.
Di seguito un elenco – non esaustivo – di argomenti pertinenti:
Servizi digitali di Stato, informatizzazione obbligatoria, processo telematico, giustizia algoritmica.
Diritto alla Conoscenza e democrazie avanzate
Diritti civili e politici dell’individuo: libertà di espressione, riservatezza ed anonimato;
Profilazione, geotagging, biometria, riconoscimento facciale
Tecnologie della liberazione per l’arricchimento della privacy, crittografia e comunicazione sicura.
Impatto delle tecnologie di controllo e dell’anonimato sui diritti dei lavoratori e degli studenti.
Evoluzione dei mercati di dati personali: data retention, analisi big-data, circolazione e rivendita
Dati personali in rete: captatori, intercettazioni lecite e illecite, anonimizzazione, ciclo di vita dei dati raccolti a fini d’investigazione criminale o di sorveglianza di polizia.
Gli interventi
Gli interventi saranno effettuati dal vivo e, con il consenso dei relatori, registrati in audio ed in video.
I relatori potranno utilizzare documenti, slide o filmati, e gli interventi dovranno avere una durata compresa fra 15 e 30 minuti, incluso il tempo per Q&A.
Potranno essere proposti anche interventi in videoconferenza.
È apprezzata la disponibilità del relatore a concedere la pubblicazione del materiale prodotto e delle riprese dell’intervento sotto licenza libera.
L’Organizzazione
Al fine di mantenere la propria indipendenza, il convegno è, come sempre, a budget zero. I relatori ed i partecipanti dovranno provvedere in proprio alle spese di viaggio e soggiorno.
Eventuali sponsorizzazioni di ditte, enti, gruppi o associazioni hanno carattere non economico e sono intese come adesione morale ai temi ed ai principi.
Gli organizzatori
La manifestazione e’ organizzata da:
HERMES – Centro Studi Trasparenza e Diritti Umani Digitali.
Progetto Winston Smith è un’associazione senza fini di lucro che si occupa della difesa del diritto alla privacy in Rete e fuori
e da altre organizzazioni, aziende ed associazioni.
Contatti
Per contatti generali e per la stampa: [email protected], per i relatori [email protected].
Maggiori informazioni saranno pubblicate sul sito del Convegno non appena disponibili, all’indirizzo e-privacy.winstonsmith.org.
Vi aspettiamo.
0 notes
autolesionistra · 7 years
Text
Riceviamo & pubblichiamo missiva assai bella sulle vicende (tutte bolognesi) del giardino del Guasto ma più in generale sul delicato rapporto fra associazionismo dal basso e illuminate amministrazioni comunali dall’alto.
E' arrivata l'estate, il caldo inizia a sentirsi. Ora, chiudete gli occhi e immaginate di trovarvi in un angolino fresco nel cuore della città, con un ruscelletto d'acqua in cui infilare i piedi, un po' di alberi a fare ombra e magari due graffiti di BLU, gli unici sopravvissuti in città, ad allietare la vista. Siete finiti al giardino del Guasto a Bologna, un posto in piena zona universitaria che per 50 anni ha oscillato tra discarica - luogo adibito a canne e buchi e infine, grazie al lavoro appassionato di un gruppo di signore con i controcoglioni, è diventato un bellissimo spazio verde per famiglie e universitari, uno di quei luoghi dove d'estate trovi i cinni in mutande a sguazzare in queste specie di piscine accanto a studenti universitari che studiano (e sì, continuano a farsi le canne che non ha mai fatto male a nessuno) e a un gruppo di nordafricani che chiacchierano a un tavolo mentre altri cinni intrecciano collanine di perline. Ora, se non conoscete la storia del Guasto c'è perfino wikipedia lì per colmare le vostre lacune: lasciatemi solo specificare che è un'associazione che dagli anni 90 si occupa della gestione, manutenzione, animazione, apertura e chiusura dello spazio, che cura i rapporti con spazi analoghi in tutto il mondo, che unisce famiglie, educatrici dell'infanzia, docenti universitari, residenti, migranti. A gratis ovviamente. Una di quelle associazioni di cui hanno sentito parlare anche a Berlino, una delle tessere del mosaico che tra la fine del secolo scorso e l'inizio di questo faceva di Bologna una bomba in termini di tessuto associativo, capitale sociale, reti umane e attivazione civica. Tra le altre tessere luccianti vogliamo ricordare l'Associazione del Parco di Cà Bura, il Ponte della Bionda, la Fascia Boscata in San Donnino, la più recente Oasi dei Saperi, Broccaindosso, il Cerchio Verde.
Arriviamo ai giorni nostri. L'associazione del giardino del Guasto, nell'era della cittadinanza attiva, nella Bologna che prima fra tutti i Comuni italiani si è dotata di un regolamento per facilitare le iniziative di cittadinanza attiva, aggiorna la sua convenzione (cose vecchie le convenzioni) e stringe con il comune un "Patto di Collaborazione", lo strumento creato apposta per unire cittadini (in gruppi formali e non) con l'amministrazione nella gestione di beni comuni, come il giardino. Lo scopo è preservare il bene in oggetto nell'interesse generale, grazie all'impegno dei cittadini e con un'attiva facilitazione da parte del Comune sul fronte autorizzazioni, permessi ecc. Le attività continuano come nella vecchia convezione, ma passa qualche tempo e il patto inizia a scricchiolare: c'è necessità di aggiornarlo con nuove attività ma dal Quartiere nessuno risponde all'associazione, servono alcuni lavori di manutenzione e dopo non aver ricevuto risposta l'associazione li fa pagandoli di tasca propria. Qualcosa non funziona, ed è un gran peccato perché quando le persone si impegnano è un po' brutto lasciarle a se stesse, specialmente dopo anni di collaborazioni proficue con le amministrazioni. Si fatica ad avere udienza dalle istituzioni che dovrebbero gestire il territorio in forte sinergia con questi soggetti così disponibili. E poi, al Guasto il muro che tiene su il giardino sta un po' crollando. Accanto al giardino è nato un altro comitato "Comitato di via del Guasto" che insiste sui temi della strada sottostante, spesso sporca e frequentata da persone un po' balorde che tra le altre cose tentano di introdursi nel giardino di notte. Poi c'è il comitato Bologna Vivibile, che opera sulla zona con tante belle cose tra cui la pulizia quotidiana dai mozziconi e tappi di bottiglia degli alberelli di piazza Verdi o ad esempio animare con 1000 cose piazza Aldrovandi nei week end. Finalmente pare che i lavori sul muro, per il quale il Comune ha già stanziato dei fondi, partano: le associazioni vengono convocate a un grande incontro informativo un lunedì sera. Un incontro in cui si chiarisce lo svolgimento del cantiere (scorporato ahimè in due anni e che quindi farà tenere chiuso il giardino per ben due estati ), ma su cui ci sono cose che non tornano. Non ci sono risposte per i mesi di mancate risposte, ai residenti che lamentano lo stato in cui versa la strada si propone di eliminare la scala che fa accedere al giardino per eliminare il problema, è proprio il caso di dirlo, alla base. Così non ci si arrampicano la notte a giardino chiuso e resta solo l'accesso da largo respighi. Domande inevase su domande inevase, viene comunque anticipato che ci saranno altre novità ma di cui i presenti (alcuni funzionari del Comune e la presidente di Quartiere) "non sanno niente": per saperne di più recarsi a una conferenza stampa il giorno dopo in comune dove verranno svelate importanti sorprese. Et voilà, siamo in comune nella sala Savonuzzi sotto il bellissimo quadro di Wolfango dove viene presentato Il Guasto Village: un bel progetto sul territorio di cui le associazioni che sul territorio vivono e si muovono e i residenti apprendono insieme alla stampa, a seguito di un incontro in cui il Comune li ha convocati senza ritenere di anticipare nulla a riguardo. Nella scena successiva il gruppo di cittadini del Guasto e dintorni si scambiano mail pacate in cui giurano di non rispondere più a nessuna convocazione dell'amministrazione e di votare Lega o Movimento 5 stelle. Si legge  poi sul giornale anche l'ira furibonda di Assopetroni e il Comitato di Piazza Verdi di Otello Ciavatti: entrambi si chiedono come mai per fare una minuscola attività culturale da 15 persone a loro vengano negati permessi su permessi mentre questa versione della Festa dell'Unità edizione recycle design riesca a sbarcare nel cuore del centro con appena 15 gg di preavviso. Anche in questo caso parliamo di associazioni che da anni si rimboccano le maniche per tenere con fatica insieme un tessuto sociale a dir poco traballante, molto diverse dall'immagine di vecchi tromboni che vogliono andare a letto alle 9 che ne dipingono i giornali. L'assessore Lepore sfodera una risposta di grande maestri: "Vivere lì non basta per avere sempre ragione" Ed evidentemente non è nemmeno condizione sufficiente per essere coinvolti con  anticipo, dopo anni di relazioni quotidiane con le istituzioni, nella progettazione di un'iniziativa così impattante. "Chi alza la voce ogni volta che l'amministrazione interviene per cercare visibilità non fa il bene della zona", ma insomma qui si sta facendo il bene supremo della zona universitaria e ci sono i soliti che vogliono usare questo palcoscenico per i loro sordidi fini (tra cui ad esempio fare il bene della zona universitaria). E ad Assopetroni che aveva annunciato di tagliare  i ponti col Comune rinunciando a un'ipocrita Turrita D'Oro che sarebbe stata loro consegnata di qui a poco risponde "Difficile restituire ciò che ancora non è stato dato". 
Questi i fatti. Ora alcune considerazioni, anzi una sola. Infatti tralascerei di sottolineare l'impressione che ho che ci sia qualcuno che ci stia comunicando che della città fa quello che vuole in maniera quasi mafiosa (passatemi il termine forte): sono amministratore, decido io, chi non è d'accordo viene subito messo nel box "vecchio lamentone" perché qui stiamo facendo "innovazione". Tralascerei il fatto che qui si sta sacrificando ogni cosa, incluso il coordinamento già così traballante interno al Comune,  per avere palcoscenici personali, effetti sorpresa da manuale, titoli in prima pagina e slide che viste da Milano o Roma fanno gridare "che figo" e che magari fanno effetto anche su qualcuno in città. Tralascerei infine la constatazione che ancora una volta si gioca tutto solo su una comunicazione e una narrazione ganza (spesso vuota di sostanza), con l'unico obiettivo di amministrare i voti delle prossime elezioni (ma poi anche il Guasto, Assopetroni e gli altri votano) invece delle politiche della città.
Mi preme solo considerare che siamo in un contesto dove si vendono queste attività, effettivamente all'avanguardia e anche per certi aspetti raffinate, per "innovazione", dimenticando una parte fondamentale dell'innovazione, l'inclusione. Sacrificare sull'altare dei progetti "come a Berlino" i bisogni di questi soggetti è un grave atto di cecità, anche considerato che a Berlino, e lo so per certo, le cose non solo solo fiche da fotografare e raccontare ma nascono dalla sostanza, da un lavoro profondo di coinvolgimento (non solo quando fa comodo al Comune), dall'incontro tra generazioni che viene proposto a monte, non alla fine come ambizioso obiettivo finale. Rinunciando al "fare insieme", mentre tutto attorno si costruiscono momenti di inclusione "vuoti" che servono solo a dire "io ti ho coinvolto, poi decido io come procedere", oppure momenti di "coprogettazione" che si traducono nel costringere associazioni e cittadini a unirsi per arrangiarsi meglio chiamandolo "fare rete", svuota non solo l'identità della nostra città ma anche gli ultimi 30 anni di democrazia partecipativa. Lo sbilanciamento a favore di progetti apparentemente nuovi (il community garden di turno, l'asilo ganzo legato al co-working), di fatto rimescola con l'apposizione di nuove etichette da Millennials la narrazione di cose che a Bologna abbiamo da anni, si pensi a Cà Bura (anche su questo vi invito a leggere la storia)  e ai nidi aziendali della GD, per dirne due che fanno il paio con le cose di cui sopra. Questa scelta di aggiungere progetti su progetti, come se li avessimo inventati ieri, trascurando quelli esistenti (il bisogno di risposte del Guasto sulla salvaguardia del giardino e sulla manutenzione, la necessità di cà Bura di trovare insieme col territorio strade per il ricambio generazionale, per dirne solo due) fa solo pensare che ci sia una volontà studiata, politicamente poco lungimirante, che le vecchie iniziative vadano in malora.
Così alla fine, tra non molto tempo, resteremo con in mano solo il nuovo. Magari bello, ma un po' vuoto di senso e decisamente autoreferenziale. E resteremo, ancora per qualche anno, con il dubbio di capire se poi alle urne saranno di più quelli che leggono le prime pagine o quelli che sono rimasti bruciati mentre gli amministratori si occupavano delle prime pagine. (Disclaimer: in questo lamentoso borbottio, mi preme specificare che nei quartieri ci sono ancora tante persone, e un paio di presidenti in particolare, che hanno rapporti veri col territorio e modalità vere di coinvolgimento. Mi auguro solo che le politiche del Comune centrale non stronchino anche il loro lavoro)  
21 notes · View notes
pangeanews · 4 years
Text
“Arrestate il collaborazionista Céline!”. Louis-Ferdinand nei documenti della Questura di Parigi, 1928-1945
Louis-Ferdinand Céline compare in due rapporti di polizia presso la Questura di Parigi, redatti in due periodi diametralmente diversi: il primo, infatti, è del 1928, e riguarda il dottor Destouches non ancora diventato Céline. La Questura si interessa all’allora trentaseienne medico, domiciliato al 36 di Rue d’Alsace a Clichy, banlieue rossa di Parigi, arrivatovi quell’anno con la ballerina americana Elizabeth Craig, la sua “Imperatrice”. Louis Destouches vi risiederà per una decina d’anni sino al 1937, praticandovi la professione medica prima privatamente e poi presso un dispensario, perché membro dell’Associazione d’Igiene sociale e di prevenzione anti tubercolosi di Clichy. Tra i suoi fondatori vi è Gaston Paymal (1898-1943), funzionario amministrativo dell’ufficio pubblico d’igiene e in seguito sindacalista confederale e strenuo attivista: il rapporto della Questura nota infatti come il nobile scopo dell’associazione possa “senza dubbio servire presto o tardi quale paravento alla propaganda comunista e come la municipalità non mancherà di far leva sulla sua creazione per influenzare il corpo elettorale al momento opportuno”.  Il dottor Destouches è indicato come segretario, e oltre le sue generalità anagrafiche e professionali è notato come “non è oggetto di alcuna osservazione dal punto di vista politico” e come “sia ben rappresentato in tutti i rapporti”. Fu proprio a Clichy che scriverà Viaggio al termine della notte, prendendo il nome d’arte di Céline, e trasferendosi prima in Rue Lepic e poi in Rue Girardon, a Montmartre, con la nuova compagna Lucette Almansor. Questi cambi di residenza sono diligentemente appuntati nel secondo documento, redatto in circostanze drammatiche: è infatti datato 11 giugno 1945, quando la coppia, fuggita in Germania prima e in Danimarca poi dopo lo sbarco Alleato in Francia, è tuttora in clandestinità, essendo Céline ricercato per collaborazionismo. Riproduciamo il documento di seguito dato il suo interesse céliniano, visto che mette nero su bianco le debolissime accuse della Giustizia francese a Céline, accuse che gli valsero comunque il rischio della pena di morte per “alto tradimento”, e anche per il quadro generale che dà della Parigi occupata e dei complessi rapporti tra francesi e tedeschi in quel periodo, che trovano secondo noi una immagine certamente tragicomica nell’informazione riferitavi di un “posto radio trasmittente, in collegamento con Londra” della Resistenza francese “operativo nel sottotetto del Moulin de la Galette” frequentato dagli alti Ufficiali tedeschi della Kommandantur di Parigi, con il probabile tacito assenso del suo proprietario, peraltro occupato a procacciare avvenenti “donne russe” agli Occupanti! (Andrea Lombardi)
***
Parigi, l’11 giugno 1945
  Questura Ufficio del Questore Dipartimento Amministrativo N° 419597 Estratto di un rapporto 5 giugno 1945 Firmato Informazioni Generali, allegato al dossier N° 125815
  Destouches Louis Ferdinand nato il 27/5/1894 a Courbevoie Dottore alla facoltà di medicina residente al 36 Rue d’Alsace a Clichy è stato oggetto di un rapporto come collaboratore tedesco.
  5 giugno 1945 [timbrato] a/c di Chayrou Pierre segnalato come “collaboratore dei tedeschi”
In seguito a una informativa in data 14 dicembre 1944, segnalante il proprietario del “Moulin de la Galette” quale amico di Louis Ferdinand Céline e noto per aver ricevuto nei suoi locali, durante l’occupazione, dei membri dello stato maggiore tedesco; avendo inoltre egli praticato la borsa nera “in grande”, in compagnia di due donne russe delle quali una si era ritrovata incinta di un ufficiale dello stato maggiore tedesco si è proceduto ad una inchiesta che ha permesso di raccogliere le seguenti informazioni:
  CHAYROU Pierre, André, Jules, nato il 12 aprile 1899 a Parigi, 10°, […] Dal 1936 dirige gli esercizi “Le Moulin de la Galette e i Jardins de Montmartre” […]
L’esercizio “Le Moulin de la Galette” è noto ai Servizi della Direzione Informazioni Generali e del Gioco per essere stata oggetto di una informativa il 1° aprile 1944. A quella data, la direzione di questo esercizio ha lanciato un certo numero d’inviti a diverse personalità francesi e tedesche in occasione della prima rappresentazione della rivista “Album d’Images” di Géo Bury [cantante d’operetta e attore]. Si notano in particolare i nomi di: Georges Hilaire, Segretario generale alle Belle Arti, Otto Abetz, ambasciatore della Germania, Knothe Console della Germania, il Generale Boineburg-Lengsfeld, comandante della Grand-Paris [Il Generale Hans Boineburg-Lengsfeld, decorato comandante di unità corazzate, fu coinvolto nell’attentato a Hitler del 20 luglio 1944 come molti altri Ufficiali del comando di Parigi, ma per sua fortuna non fu scoperto evitando l’epurazione all’interno del corpo ufficiali tedesco seguente], oltre che una ventina di ufficiali superiori delle truppe d’occupazione e di funzionari dell’Ambasciata di Germania.
I Sigg. de BRINON, BUSSIERE e BOUFFET [Fernand de Brinon, segretario di stato a Vichy e poi presidente del governo in esilio a Sigmaringen; Amédée Bussière, capo della Polizia di Parigi, e René Bouffet, prefetto del Dipartimento della Senna] che erano stati egualmente invitati hanno fatto sapere che assisteranno in altra occasione al nuovo spettacolo del “Moulin de la Galette”.
Per quanto concerne l’informazione secondo la quale degli Ufficiali dello Stato Maggiore tedesco si riunissero in un locale dipendente da questo esercizio, sono stati raccolte le seguenti notizie:
  Il Moulin de la Galette si compone di una sala da ballo (ingresso al 77, Rue Lepic) di uno studio di danza (entrata Rue Girardon e 1 avenue Junot) e da un cabaret “Sur les toits de Paris” (entrata 81, Rue Lepic).
Dal 1941 al 1943, una sala da cabaret situata a quest’ultimo indirizzo era riservata con il nome di “Bierpausen” ai membri dell’esercito d’occupazione che giungevano a visitare Montmartre e lì vi consumavano.
L’arredo di questa sala rappresenta un grande atelier di pittura. Degli ufficiali tedeschi di tutti i gradi vi facevano frequenti visite e questo va e vieni ha presto attirato l’attenzione del vicinato. […]
La direzione del “Moulin de la Galette” aveva parimenti fatto distribuire tra i membri dell’esercito occupante dei volantini redatti in francese e tedesco concernenti il cabaret “Sur les toits de Paris”, dei quali alleghiamo un esemplare.
Secondo le notizie raccolte nel suo ambiente, CHAYROU avrebbe guadagnato cifre considerevoli con i tedeschi che erano la principale clientela. Per contro non è stato raccolta nessuna notizia per quel che concerne il mercato nero che si sarebbe operato e che è segnalato nella stessa informativa, oltre che sul soggetto delle due donne russe, che sono sconosciute al personale come al vicinato. Nono si è potuta identificare nessuna delle due.
  È da notare come, durante l’occupazione, un posto radio trasmittente, in collegamento con Londra, era operativo nel sottotetto del Moulin de la Galette, fatto che il Chayrou sembrasse ignorare.
Quest’ultimo era stato in relazioni amichevoli con Destouches detto “Céline” del quale si parla in altra parte.
In privato, Chayrou non è stato oggetto di alcuna osservazione particolare. Non ha mai attirato l’attenzione dal punto di vista politico.
Non ha precedenti giudiziari.
***
DESTOUCHES detto Céline, Louis Ferdinand, nato il 27 maggio 1894 a Courbevoie (Senna) di nazionalità francese, è sposato e padre di famiglia.
Dall’aprile 1941, egli è domiciliato al 4, rue Girardon (18°) ma non è più stato visto a questo indirizzo dal giugno 1944. Si suppone che a quella data si sia recato a Sigmaringen (Germania) ma si ignora dove si trova attualmente [Céline e Lucette a quest’epoca erano a Copenhagen, ove erano giunti ad aprile del 1945. Céline fu arrestato a dicembre nello stesso anno, e rinchiuso in carcere in Danimarca per 14 mesi].
È stato vanamente ricercato nella circoscrizione della Questura.
In precedenza, DESTOUCHES aveva abitato successivamente al 36, Rue d’Alsace a Clichy e al 98, Rue Lepic (18°).
Dottore in medicina della facoltà di Parigi, la sua laurea è stata registrata il 17 ottobre 1927 alla Questura, ma non ha mai esercitato [Probabilmente si riferiscono alla professione medica ospedaliera strettamente intesa; come noto, Céline lavorò come medico sia presso la Società delle Nazioni (SdN) che in diversi ambulatori e dispensari].
DESTOUCHES è conosciuto negli ambienti letterari per aver scritto, con lo pseudonimo di Céline numerosi romanzi tra i quali “Viaggio al termine della notte”, “La Chiesa”, “Morte a credito”, “La scuola dei cadaveri”, per i quali ha ottenuto nel 1932 il premio Théophraste Renaudot.
Durante l’occupazione, ha anche collaborato a numerosi giornali di tendenza collaborazionista, tra i quali “Le Pilori” nel 1945 e “Germinal” nel 1944. In un articolo apparso sul giornale “Le Cri du Peuple” del 31 marzo 1943, egli dichiarava: “Bisogna lavorare, militare con Doriot” [L’articolo citato era stato inizialmente pubblicato il 21 novembre 1941 su “L’émancipation nationale”. Tuttavia, Céline negò di esserne stato l’autore, come cercò di dissimulare le diverse altre lettere scritte sulla stampa collaborazionista francese tra il 1940 e il 1944, tra le quali proprio una lettera-appello a Jacques Doriot, creatore del Partito Popolare Francese, apparsa sui “Cahiers de l’émancipation nationale” del marzo 1942].
Destouches è noto agli Archivi dei Servizi di informazione della Polizia come membro del Comitato d’Onore del “Cercle Européen” [Un’ordinanza del 26 dicembre 1944 stabiliva che tutti i membri del “Cercle Européen”, “circolo francese di collaborazione economica e culturale europeo”, ritenuto collaborazionista, sarebbero stati colpiti dall’indegnità nazionale. Questo fu uno dei capi di accusa al processo a Céline del 1950; quest’ultimo contestò l’accusa confermando solo di essersi recato tre volte al “Cercle Européen” quale invitato, ma di non esser mai stato nel suo comitato d’onore, come invece millantato dal suo direttivo per questioni di prestigio], dove era stato inscritto sotto il 26 bis, e da dove era stato radiato il 15 maggio 1943.
È anche noto agli Archivi della Polizia Giudiziaria, dove è depositato il fascicolo n° 222.258, concernente una querela depositata nel 1939 da un certo FROT residente in 11, bis Rue Jean Leclaire (17°) che accusa Céline di attentare al pubblico pudore per la pubblicazione del libro “La scuola dei cadaveri”. Questa faccenda non ha in ogni caso avuto un seguito legale.
Al Casellario Giudiziario Destouches è annotato come segue:
  200 Franchi (12° Camera) 21/6/39 – Diffamazione [Céline era stato querelato dal dottor Pierre Rouquès da lui definito come “ebreo comunista” in La scuola dei cadaveri. Rouquès, che era effettivamente un militante comunista, miliziano repubblicano in Spagna e resistente, divenne nel dopoguerra ministro della Sanità francese. Pubblicato nel 1938, il libro fu ritirato dal commercio dopo la legge Marchandeau contro l’antisemitismo nel 1939, e quindi ristampato nel 1941-1942. Un’altra querela contro Céline per lo stesso motivo era stata depositata dal giornalista Léon Treich, ma stavolta senza esito]
  Ad ogni buon fine, il suo nome è stato posto all’attenzione del servizio alloggiati della polizia.
  L'articolo “Arrestate il collaborazionista Céline!”. Louis-Ferdinand nei documenti della Questura di Parigi, 1928-1945 proviene da Pangea.
from pangea.news https://ift.tt/2YLkYZd
0 notes
sulpana · 4 years
Text
 A Modena e provincia nel 2019 le ore sono state 5.140.000. Nel 2018 erano 2.106. 000. È un aumento che fa temere il rischio di tornare ai dati 2010, anno nero a Modena per cassa integrazione e vari ammortizzatori. Nella provincia modenese oggi in media cinque persone al giorno ricorrono alla naspi.
Nei giorni scorsi sono stati resi noti i dati Inps sull’utilizzo effettivo delle varie tipologie di cassa integrazione da parte delle aziende modenesi.
I dati sono stati presentati dalla Cgil di Modena in conferenza stampa da Cesare Pizzolla e Daniele Dieci della segreteria Cgil Modena, insieme ai delegati aziendali Leopoldo Puca della Goldoni Arbos di Carpi e Gianmarco Sala della Colorobbia di Fiorano Modenese.
Nel 2019 sono state utilizzate oltre 5 milioni e 100 mila ore di cassa integrazione, di cui circa la metà Cigo e il restante Cigs, contratto di solidarietà e Cigs in deroga.
A Modena pur essendo una situazione produttiva con realtà in crescita e una sostanziale tenuta occupazionale, c’è però stato nel 2019 un utilizzo di ore di Cassa integrazione pari a quelle di Bologna, città con un tessuto industriale più esteso, e le due province sono quelle che hanno il triste primato del più alto uso di ammortizzatori sociali.
Modena nel 2019 però incrementa del 150% le ore di cassa integrazione rispetto al 2018, a fronte di un aumento medio a livello regionale del 35%. Modena nel 2019 è di gran lunga il territorio che incrementa il ricorso alle ore di cassa integrazione per fronteggiare crisi aziendali.
Questo dato evidenza l’inversione di tendenza che aveva visto nel 2017 e 2018 un utilizzo in forte calo degli ammortizzatori sociali a Modena.
Pur non essendo la cassa integrazione ai livelli del 2010-11, dove si erano superati 25 milioni di ore, il dato 2019 desta molta preoccupazione perché il dato della Cig 2019, oltre ad essere un dato in crescita, non è l’unico parametro per misurare la dimensione delle crisi aziendali. Infatti, vanno aggiunte tutte le ore di ferie arretrate che sono state smaltite nell’anno, tutte le ore Fsba, l’ammortizzatore per le aziende artigiane, tutte le cessazioni e/o sospensioni di lavoratori somministrati.
In un quadro generale di tutele minori (meno ammortizzatori sociali e cancellazione dell’art.18), a ciò si deve aggiungere lo stato di salute del mercato del lavoro a Modena, con la crescita del ricorso ai part time, molto spesso involontari, l’utilizzo di contratti a tempo e precari con una riduzione del monte ore individuale, l’uso spregiudicato degli appalti che scarica sui lavoratori i flessi di lavoro.
I dati del 2019 proiettati sul 2020 sono ancora più preoccupanti, sapendo che altri variabili pesano sul 2020, quali gli effetti della Brexit, la frenata dell’economia mondiale e in particolare della Germania e gli effetti sull’economia del coronavirus sia per le aziende che esportano in Cina che per quelle che acquistano componenti dalla Cina.
Visto lo scenario che potrebbe degenerare e portare ad un aumento delle crisi aziendali, l’attuale sistema di ammortizzatori è insufficiente e quindi servirebbe una rimodulazione, a partire dall’azzeramento del contatore di ore di cassa integrazione nel quinquennio, in quanto si rischia di avere aziende ancora in crisi che hanno però terminato gli ammortizzatori conservativi a disposizione.
Inoltre, bisognerebbe intervenire per porre rimedio ai danni creati dal Jobs Act che ha ridotto sia la durata che le casistiche con cui si possono utilizzare gli ammortizzatori conservativi (come ad es. nel caso di cessazioni e/o percorsi concorsuali, salvo le casistiche introdotte dal Decreto Genova, misure temporanee valide sino alla fine del 2020).
Inoltre, sarebbe urgente intervenire per dare una risposta a tutti quei settori che attualmente sono sprovvisti di ammortizzatori di tipo ordinario e rappresentano una fetta consistente del tessuto produttivo modenese, in particolare le realtà che afferiscono al terziario e al mondo dell’artigianato.
In previsione della definizione del nuovo Patto regionale per il Lavoro, che la scorsa settimana il presidente Bonaccini ha annunciato di voler approvare entro luglio, vanno previste misure per la crescita, partendo però dalla salvaguardia degli insediamenti esistenti e dalla tutela dell’occupazione esistente. Così come è stato fatto con il precedente Patto per il Lavoro che ha permesso di evitare che la crisi più pesante dal dopoguerra ad oggi, si trasformasse in una vera e propria macelleria sociale. Ciò è stato possibile partendo dall’assunto: NO ai licenziamenti! che per la Cgil di Modena rimane il punto fermo.
#gallery-0-5 { margin: auto; } #gallery-0-5 .gallery-item { float: left; margin-top: 10px; text-align: center; width: 33%; } #gallery-0-5 img { border: 2px solid #cfcfcf; } #gallery-0-5 .gallery-caption { margin-left: 0; } /* see gallery_shortcode() in wp-includes/media.php */
Boom di ore di cassa integrazione nel modenese, è crisi  A Modena e provincia nel 2019 le ore sono state 5.140.000. Nel 2018 erano 2.106. 000. È un aumento che fa temere il rischio di tornare ai dati 2010, anno nero a Modena per cassa integrazione e vari ammortizzatori.
0 notes
televaltiberina · 4 years
Text
Dopo la presentazione, avvenuta lo scorso 5 dicembre nella sala Convegni dell’Hotel Cenacolo, a Santa Maria degli Angeli, il partito di Matteo Renzi “Italia Viva” inizia a strutturarsi anche nel nostro comprensorio e più specificatamente a San Giustino. Da alcune settimane è infatti  attivo il Comitato “Italia Viva San Giustino”, che al suo interno già vanta numerosi simpatizzanti. Coordinatore pro tempore è Gabrio Ganovelli, che verrà coadiuvato da un esecutivo composto da Cristina Citernesi, Pietro Chiasserini e Maurizio Grilli. Le linee guida del neonato Comitato sono quelle di un riformismo liberal-democratico proiettato verso il futuro, che affianca ai tradizionali valori dell’eguaglianza e della solidarietà, i valori della cultura dei doveri e della meritocrazia, così come scritto a chiare lettere nella Carta dei Valori, resa nota da Renzi al momento della nascita del partito.
Un partito, quello di Renzi, giovane, innovativo, che vuole valorizzare la donna e le sue grandi capacità, e che punta con decisione sulla crescita sostenibile, sull’ambiente, mettendo sempre al centro del proprio progetto la persona, in modo solidale ma non assistenzialista; un partito che rifugge da dinamiche e logiche consociative, tanto care alla vecchia politica. Ascoltare, conoscere, capire ed agire, queste sono le linee guide di Italia Viva e dei sui comitati, affinchè la “casa si costruisca su fondamenta solide”. Italia Viva non vuole parlare alla pancia dei cittadini, e non cerca facili consensi, ma punta a costruire con tono pacato un futuro basato su certezze. “Italia Viva San Giustino” vuole pertanto proporre e sviluppare l’offerta politica e programmatica del nuovo partito, attraverso idee, progetti concreti e risposte innovative, che siano in grado di far fronte alle sfide sociali, economiche, della gestione del territorio e del funzionamento delle istituzioni, che i membri delle nostre comunità in un prossimo futuro saranno chiamati a dover affrontare. Il Comitato è aperto alla partecipazione sia degli iscritti ad Italia Viva che ai semplici simpatizzanti che intendano condividere l’azione riformista di questo progetto, e che vogliano partecipare alla creazione di una nuova classe dirigente, un mix composto da giovani e da figure più esperte, che avranno il compito di guidare le nuove leve in questo affascinante percorso. Molto importante poi l’aspetto della comunicazione. A giorni, infatti, dopo la conferenza stampa di presentazione del Comitato, verranno presentati i canali tematici, all’interno dei quali saranno divulgate le linee programmatiche, ma soprattutto le proposte che intende portare avanti “Italia Viva San Giustino”. Oltre ai classici canali social, già attivi peraltro, è nato anche il Sito internet. “Sangiustino.news”,  questo il suo nome, non sarà un semplice sito, ma uno strumento che darà ampio spazio a temi e proposte che interessano il territorio, dando anche la possibilità a cittadini ed imprese di comunicare eventuali problematiche e disservizi. Sarà inoltre realizzato anche un periodico cartaceo, distribuito in tutti i locali pubblici del comprensorio. Sia nel sito che nel periodico verranno, di volta in volta, rese note date e luoghi dove si terranno le assemblee del Comitato, nonché le tematiche da discutere, in modo da garantire la più ampia partecipazione.
A San Giustino nasce il comitato Italia Viva Dopo la presentazione, avvenuta lo scorso 5 dicembre nella sala Convegni dell’Hotel Cenacolo, a Santa Maria degli Angeli, il partito di Matteo Renzi “Italia Viva” inizia a strutturarsi anche nel nostro comprensorio e più specificatamente a San Giustino.
0 notes
italianaradio · 5 years
Text
Cinema. Giornate professionali a Sorrento, Citrigno annuncia nuova legge e progetti
Nuovo post su italianaradio https://www.italianaradio.it/index.php/cinema-giornate-professionali-a-sorrento-citrigno-annuncia-nuova-legge-e-progetti/
Cinema. Giornate professionali a Sorrento, Citrigno annuncia nuova legge e progetti
Cinema. Giornate professionali a Sorrento, Citrigno annuncia nuova legge e progetti
Il Presidente della Calabria Film Commission, Giuseppe Citrigno è soddisfatto nell’annunciare la nuova legge regionale sul cinema alle Giornate professionali di Sorrento sostenuta dal presidente Oliverio e aggiunge – ‘oggi chiuderemo la terza finestra del bando 2019 annunciando i vincitori e i nuovi progetti che presto gireranno in Calabria’. Illustrata, questa mattina, nella Sala Tritone (Hilton Palace Hotel-Sorrento) la nuova legge cinema regionale e annunciati i vincitori della terza finestra del bando per le produzioni audiovisive 2019. A relazionare: Mario Lorini, Presidente nazionale Anec; Giuseppe Citrigno, Presidente Calabria Film Commission e special guest, il regista e attore Salvatore Ficarra. Una bella sorpresa l’arrivo in conferenza stampa del regista e attore siciliano. Ospite alle Giornate professionali con il suo “Il primo Natale” (in uscita in sala il 12 dicembre), Ficarra ha voluto dare il suo personale in bocca al lupo alla Fondazione Calabria Film Commisson e ai vincitori del bando che presto gireranno in Calabria. Ben 10 milioni di euro da investire nel settore cinema nel triennio 2019/2021. Una legge, dunque, che punta a sostenere e stimolare, con continuità di azione, il progressivo sviluppo qualitativo e quantitativo della cultura e della filiera cinematografica in Calabria fornendo un importante supporto finanziario, strutturale, promuovendo la produzione di opere cinematografiche, televisive, web, audiovisive e pubblicitarie italiane ed estere in Calabria. Tra gli obiettivi della legge: promuovere e sostenere la nascita e lo sviluppo di un distretto dell’industria cinematografica e audiovisiva locale così come ha spiegato tecnicamente l’avvocato Gallo, legale della fondazione. Puntando allo sviluppo e alla produzione di opere cinematografiche e audiovisive realizzate nel territorio regionale e per agevolare lo sviluppo di professionalità nel settore e di sinergie con altri settori produttivi e professionali. Naturalmente, si rafforza la volontà di attrarre produzioni nazionali e internazionali, al fine di favorire la valorizzazione e la promozione della conoscenza del patrimonio paesaggistico, culturale, ambientale, enogastronomico e sociale del territorio regionale e il cineturismo. La legge non dimentica gli esercenti, questa una delle novità interessanti. Puntando a sostenere lo sviluppo di una rete di esercizi cinematografici diffusa, concorrenziale e di qualità, con particolare attenzione per gli esercizi storici e per le sale d’essai. Un plauso, inoltre, proprio su questa voce arriva dal padrone di casa delle Giornate professionali di Cinema, Presidente nazionale dell’Anec (Associazione nazionale esercenti cinematografici). Mario Lorini, a margine dei saluti istituzionali, ha sottolineato l’importanza di sostenere le sale per incentivare la visione del cinema di qualità in un territorio come la Calabria e il valore di uno strumento legislativo che difende concretamente gli esercizi cinematografici. La legge prevede, inoltre, il sostegno e la promozione di manifestazioni di preminente interesse per la vita culturale, sociale, economica e turistica, sia attraverso il sostegno a festival, rassegne e premi che a progetti di catalogazione, digitalizzazione e conservazione del patrimonio cinematografico ed audiovisivo regionale. Inoltre, saranno messi in campo progetti diretti alla crescita dei giovani talenti e delle nuove professionalità, anche attraverso azioni mirate alla formazione e qualificazione tecnica degli operatori del sistema cinematografico ed audiovisivo. Nella legge sono quindi dettagliate le funzioni della Film Commission Regione Calabria, prevedendo in particolare il compito di favorire lo sviluppo del comparto audiovisivo locale e delle infrastrutture materiali e immateriali affidandole le funzioni di organismo con compiti di attuazione, sostegno e coordinamento delle attività e politiche cinematografiche e audiovisive, adeguandone la struttura organizzativa in relazione agli ambiti e agli interventi previsti, al fine di garantire competenza, efficienza e semplificazione. “Siamo lieti dell’esito della terza finestra del nostro bando per le produzioni audiovisive. Un bilancio più che positivo per questo terzo e ultimo step. Si tratta di progetti di qualità proposti da giovani registi – dichiara il Presidente Citrigno a margine della conferenza stampa – in questa ultima fase si riconferma un’attenzione sui nostri autori emergenti. Questa volta con una ricca scuderia di registi che si misurano sui corti. Nella sezione lungometraggi abbiamo finanziato coraggiose opere prime. Ma sul fronte documentari, anche in questa terza finestra, scarseggiano progetti validi – conclude Citrigno – per questo abbiamo intenzione di avviare, nei prossimi mesi, una serie di corsi di formazione”. Annunciati, dunque, i progetti ammessi nella seconda finestra del nuovo bando di incentivi pubblici per l’attrazione di produzioni audiovisive e cinematografiche nazionali e internazionali nel territorio della Regione Calabria. Quattro lungometraggi, sei cortometraggi e un documentario. Questo il bilancio del terzo step del bando. Illustrata, dunque, la graduatoria e annunciati i film che saranno sostenuti nel 2019 dalla Calabria Film Commission. I quattro lungometraggi che saranno sostenuti sono: “Una femmina” di Francesco Costabile prodotto da O Groove; “L’incontro”, di Salvatore Romano e prodotto da Marvaso Production Films srl; “Rocco” di Federico Cruciani e prodotto da Eurofilm srl; “Generazione Neet” di Andrea Biglione e prodotto da Cydia srl (Luca Biglione). Per i cortometraggi: “Grido di libertà – La straordinaria spedizione in Calabria dei fratelli Bandiera” di Angelo Antonucci prodotto dall’associazione Dac; “Del padre e del figlio” di Mauro Lamanna dell’associazione culturale Divina Mania; “Bianco” di Silvia Luzi e Luca Bellino prodotto da Tfilm; “Le rughe” di Maurizio Paparazzo e prodotto da Scarford; “Gneddu” di Andrea di Paola prodotto da Vasco srl; “La figlia di Vlad” di Nicola Ragone prodotto da Power Creative srls; “Il concerto” di Daniel Cotard prodotto da Beta Pictures. Infine, per la sezione documentari: “chi ha ucciso Giovanni Losardo” di Giulia Zanfino e prodotto dall’associazione culturale Con i miei occhi. Entusiasmo e voglia di girare in Calabria questo ciò che emerge dalle parole degli autori che, a margine della conferenza stampa, hanno salutato il pubblico e a cui la Calabria Film Commission ha augurato buon lavoro.
Il Presidente della Calabria Film Commission, Giuseppe Citrigno è soddisfatto nell’annunciare la nuova legge regionale sul cinema alle Giornate professionali di Sorrento sostenuta dal presidente Oliverio e aggiunge – ‘oggi chiuderemo la terza finestra del bando 2019 annunciando i vincitori e i nuovi progetti che presto gireranno in Calabria’. Illustrata, questa mattina, nella Sala Tritone (Hilton Palace Hotel-Sorrento) la nuova legge cinema regionale e annunciati i vincitori della terza finestra del bando per le produzioni audiovisive 2019. A relazionare: Mario Lorini, Presidente nazionale Anec; Giuseppe Citrigno, Presidente Calabria Film Commission e special guest, il regista e attore Salvatore Ficarra. Una bella sorpresa l’arrivo in conferenza stampa del regista e attore siciliano. Ospite alle Giornate professionali con il suo “Il primo Natale” (in uscita in sala il 12 dicembre), Ficarra ha voluto dare il suo personale in bocca al lupo alla Fondazione Calabria Film Commisson e ai vincitori del bando che presto gireranno in Calabria. Ben 10 milioni di euro da investire nel settore cinema nel triennio 2019/2021. Una legge, dunque, che punta a sostenere e stimolare, con continuità di azione, il progressivo sviluppo qualitativo e quantitativo della cultura e della filiera cinematografica in Calabria fornendo un importante supporto finanziario, strutturale, promuovendo la produzione di opere cinematografiche, televisive, web, audiovisive e pubblicitarie italiane ed estere in Calabria. Tra gli obiettivi della legge: promuovere e sostenere la nascita e lo sviluppo di un distretto dell’industria cinematografica e audiovisiva locale così come ha spiegato tecnicamente l’avvocato Gallo, legale della fondazione. Puntando allo sviluppo e alla produzione di opere cinematografiche e audiovisive realizzate nel territorio regionale e per agevolare lo sviluppo di professionalità nel settore e di sinergie con altri settori produttivi e professionali. Naturalmente, si rafforza la volontà di attrarre produzioni nazionali e internazionali, al fine di favorire la valorizzazione e la promozione della conoscenza del patrimonio paesaggistico, culturale, ambientale, enogastronomico e sociale del territorio regionale e il cineturismo. La legge non dimentica gli esercenti, questa una delle novità interessanti. Puntando a sostenere lo sviluppo di una rete di esercizi cinematografici diffusa, concorrenziale e di qualità, con particolare attenzione per gli esercizi storici e per le sale d’essai. Un plauso, inoltre, proprio su questa voce arriva dal padrone di casa delle Giornate professionali di Cinema, Presidente nazionale dell’Anec (Associazione nazionale esercenti cinematografici). Mario Lorini, a margine dei saluti istituzionali, ha sottolineato l’importanza di sostenere le sale per incentivare la visione del cinema di qualità in un territorio come la Calabria e il valore di uno strumento legislativo che difende concretamente gli esercizi cinematografici. La legge prevede, inoltre, il sostegno e la promozione di manifestazioni di preminente interesse per la vita culturale, sociale, economica e turistica, sia attraverso il sostegno a festival, rassegne e premi che a progetti di catalogazione, digitalizzazione e conservazione del patrimonio cinematografico ed audiovisivo regionale. Inoltre, saranno messi in campo progetti diretti alla crescita dei giovani talenti e delle nuove professionalità, anche attraverso azioni mirate alla formazione e qualificazione tecnica degli operatori del sistema cinematografico ed audiovisivo. Nella legge sono quindi dettagliate le funzioni della Film Commission Regione Calabria, prevedendo in particolare il compito di favorire lo sviluppo del comparto audiovisivo locale e delle infrastrutture materiali e immateriali affidandole le funzioni di organismo con compiti di attuazione, sostegno e coordinamento delle attività e politiche cinematografiche e audiovisive, adeguandone la struttura organizzativa in relazione agli ambiti e agli interventi previsti, al fine di garantire competenza, efficienza e semplificazione. “Siamo lieti dell’esito della terza finestra del nostro bando per le produzioni audiovisive. Un bilancio più che positivo per questo terzo e ultimo step. Si tratta di progetti di qualità proposti da giovani registi – dichiara il Presidente Citrigno a margine della conferenza stampa – in questa ultima fase si riconferma un’attenzione sui nostri autori emergenti. Questa volta con una ricca scuderia di registi che si misurano sui corti. Nella sezione lungometraggi abbiamo finanziato coraggiose opere prime. Ma sul fronte documentari, anche in questa terza finestra, scarseggiano progetti validi – conclude Citrigno – per questo abbiamo intenzione di avviare, nei prossimi mesi, una serie di corsi di formazione”. Annunciati, dunque, i progetti ammessi nella seconda finestra del nuovo bando di incentivi pubblici per l’attrazione di produzioni audiovisive e cinematografiche nazionali e internazionali nel territorio della Regione Calabria. Quattro lungometraggi, sei cortometraggi e un documentario. Questo il bilancio del terzo step del bando. Illustrata, dunque, la graduatoria e annunciati i film che saranno sostenuti nel 2019 dalla Calabria Film Commission. I quattro lungometraggi che saranno sostenuti sono: “Una femmina” di Francesco Costabile prodotto da O Groove; “L’incontro”, di Salvatore Romano e prodotto da Marvaso Production Films srl; “Rocco” di Federico Cruciani e prodotto da Eurofilm srl; “Generazione Neet” di Andrea Biglione e prodotto da Cydia srl (Luca Biglione). Per i cortometraggi: “Grido di libertà – La straordinaria spedizione in Calabria dei fratelli Bandiera” di Angelo Antonucci prodotto dall’associazione Dac; “Del padre e del figlio” di Mauro Lamanna dell’associazione culturale Divina Mania; “Bianco” di Silvia Luzi e Luca Bellino prodotto da Tfilm; “Le rughe” di Maurizio Paparazzo e prodotto da Scarford; “Gneddu” di Andrea di Paola prodotto da Vasco srl; “La figlia di Vlad” di Nicola Ragone prodotto da Power Creative srls; “Il concerto” di Daniel Cotard prodotto da Beta Pictures. Infine, per la sezione documentari: “chi ha ucciso Giovanni Losardo” di Giulia Zanfino e prodotto dall’associazione culturale Con i miei occhi. Entusiasmo e voglia di girare in Calabria questo ciò che emerge dalle parole degli autori che, a margine della conferenza stampa, hanno salutato il pubblico e a cui la Calabria Film Commission ha augurato buon lavoro.
0 notes
tmnotizie · 5 years
Link
SAN BENEDETTO – Fino al 70 per cento dei bambini con problemi motori causati da lesioni cerebrali presentano anche un deficit visivo. Nonostante questo, spesso, i controlli della vista avvengono dopo i 3 anni o addirittura in età scolare, mentre sul problema motorio si interviene fin dai primi mesi di vita.
Esistono test specifici che permettono di identificare i problemi visivi fin dai primi giorni dalla nascita ma queste valutazioni sono poco conosciute e solo pochi centri di terzo livello le utilizzano in Italia, prevalentemente al nord. Questo determina viaggi dispendiosi per le famiglie e aumenta l’età in cui si approda alla prima diagnosi.
Nel 2015 la Fondazione Mariani ha sostenuto un progetto nato con l’obiettivo di creare un network italiano per definire e uniformare la metodologia di diagnosi precoce del deficit visivo nei bambini con lesioni cerebrali con l’intento di diffondere queste conoscenze in ogni regione, in modo da ridurre gli spostamenti dei bambini e arrivare a un intervento riabilitativo precoce.
Facendo perno sull’attività del Centro Officina dei Sensi (nato per volontà dell’Unione italiana Ciechi e Ipovedenti – sezione di Ascoli Piceno e Fermo), il progetto approda ora nei reparti di Neonatologia, Pediatria e Neuropsichiatria degli ospedali di Ascoli Piceno e di San Benedetto del Tronto che entrano così nel network nazionale e diventano, primi nelle Marche e tra i primi del centro Italia, punto di riferimento regionale e nuovi centri di collaborazione del Polo Nazionale di Ipovisione che insieme alla Neuropsichiatria Infantile e alla Neonatologia della Fondazione Policlinico Gemelli di Roma ha  creato il network e il protocollo.
Il progetto è stato presentato questa mattina, alla presenza del Direttore dell’Area Vasta 5, Cesare Milani, e del sindaco di Ascoli Piceno, Marco Fioravanti, durante la conferenza stampa che si è tenuta nella sala riunioni della Direzione Generale dell’ospedale Mazzoni di Ascoli Piceno e che ha visto l’intervento di Daniela Ricci, Responsabile CeDiRiVi (Centro Riabitazione Visiva), Polo Nazionale di Ipovisione, IAPB (Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità) Italia onlus, Fondazione Policlinico Gemelli di Roma, Ermanno Ruffini, Direttore Pediatria-Neonatologia Area Vasta 5, Valeria Filippini, Direttore Neuropsichiatria Ospedale Mazzoni, Ascoli Piceno, Luisa Pieragostini, Direttore Pediatria e Neonatologia dell’ospedale di Fermo, Tiziana Capriotti Neopsichiatra Infantile Umee, Mirco Fava, Direttore Centro Officina dei Sensi di Ascoli Piceno e Massimiliamo Brugni, assessore ai Servizi sociali del comune di Ascoli.
“Il protocollo – ha spiegato Mirco Fava – prevede che si svolga, fin dalla terapia intensiva neonatale, la valutazione precoce delle funzioni visive, come già avviene in alcune neonatologie italiane. Creando poi un contatto diretto con i centri di riabilitazione del territorio, i neonati con deficit visivo possono intraprendere un trattamento riabilitativo precoce e mirato che favorisca uno sviluppo armonico delle competenze”.
“L’obiettivo del Polo Nazionale di Ipovisione – ha sottolineato Daniela Ricci – era quello di rendere accessibile a tutti i bambini a rischio, la valutazione precoce delle funzioni visive. I centri italiani che si occupano di funzioni visive hanno lavorato insieme per organizzare protocolli di valutazione che fossero di semplice esecuzione e di breve durata, facilmente utilizzabili in ogni struttura pediatrica.
E’ stato anche organizzato il training specifico che ha reso possibile l’integrazione di tali valutazioni nella routine del follow up del neonato a rischio in centri che non si erano mai occupati prima di funzioni visive. L’identificazione precoce di questi bambini permette di intraprendere rapidamente percorsi riabilitativi specifici e la possibilità di mettere insieme i dati raccolti in tanti centri consente di comprendere meglio e più rapidamente l’origine del deficit visivo e il più efficace trattamento riabilitativo”.
“Abbiamo accolto con favore il protocollo negli ospedali di Ascoli e San Benedetto – ha detto Cesare Milani –. Riuscire a rilevare nei primi mesi di vita un handicap così grave è molto importante. Ringrazio chi ha proposto il progetto e tutti coloro che ci lavoreranno perché grazie a loro riusciremo a rendere migliore la vita di tanti bambini”.
“Questo progetto avvicinerà le famiglie agli attori sociali e sanitari – ha commentato Marco Fioravanti – e segnerà un punto importante in fatto di prevenzione agendo su due livelli: uno direttamente sulla salute del bambino, l’altro sui costi della sanità”.
“Voglio ricordare – ha spiegato Ermanno Ruffini – che dal 2005 ad Ascoli abbiamo un servizio di follow up dei neonati che rischiano di sviluppare una patologia neurologica o debilitante. In Italia i neonati prematuri sono circa il 7 per cento ma quelli che interessano a noi sono l’1 per cento: cioè i bambini sotto le 32 settimane, neonati che vanno controllati perché negli ultimi anni la sopravvivenza è aumentata, si arriva quasi al 90 per cento, ma il 10 per cento di loro registreranno esiti molto gravi nel tempo.
Da qui l’importanza del follow up, che è multidisciplinare. Altro aspetto importante è che tutto deve essere centrato sia sul neonato che sulla famiglia: se non c’è il coinvolgimento della famiglia, il follow up fallisce. Con orgoglio ricordo che dal 2005 a oggi abbiamo seguito più di 200 prematuri e svolto oltre 100 visite all’anno. Questi neonati nascono ad Ancona e poi rientrano nella città di residenza dei genitori e quindi li seguiamo noi.
Ora, con questo protocollo, che è davvero innovativo, con pochi, semplici passaggi si riescono a individuare i primi segnali su cui intervenire: un servizio che rappresenta sicuramente un’eccellenza per il nostro territorio e che, cosa altrettanto importante, spero eviti i ‘viaggi della speranza’ a tante famiglie”.
“Ringrazio per questa opportunità che viene estesa anche all’Area Vasta di Fermo – ha sottolineato Luisa Pieragostini -. L’incontro di oggi si colloca tra due date molto significative per indicare l’importanza di questo tipo di prevenzione: il 13 novembre, quando si è svolta all’Istituto superiore della Sanità la conferenza promossa dalla Società italiana di neonatologia, e il 15, giornata mondiale della prematurità. E’ fondamentale individuare certe problematiche precocemente, altrimenti rischiamo di arrivare tardi”.
Fondazione Pierfranco e Luisa Mariani
Istituita da Luisa Toffoloni Mariani nel 1984 in memoria del marito, noto industriale milanese, la Fondazione Mariani persegue finalità di solidarietà sociale nell’ambito della Neurologia infantile. Opera in appoggio a numerosi istituti scientifici e assistenziali attraverso un’azione complementare con l’obiettivo di: promuovere servizi nel campo dell’Assistenza, favorire e sostenere la Formazione del personale medico e paramedico, sovvenire la Ricerca scientifica.
Lo statuto indica come interlocutore privilegiato la Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta, con il quale nel 2009 è stata stipulata una convenzione che sancisce l’ingresso della Mariani nella Fondazione Carlo Besta quale primo partecipante privato al fianco dei fondatori pubblici (Ministero della Salute, Regione Lombardia e Comune di Milano).
Da più di quindici anni, la Fondazione Mariani è inoltre un riferimento di primo piano nell’ambito del crescente settore delle neuroscienze: ‘The Neurosciences and Music’ sinteticamente denominato ‘Neuromusic’.
0 notes
eventiarmonici · 5 years
Text
Pasquale Di Matteo racconta Anna Maria Brazzò
Abbiamo incontrato il Critico d’Arte, Pasquale Di Matteo, presso la Sala protomoteca del Campidoglio, durante l’evento istituzionale, COLORI DI PACE, scambio interculturale tra Sri Lanka e Italia, con il quale abbiamo parlato anche della curatrice, Anna Maria Brazzò.
di Vincenza Mei
Sono le venti del 29 ottobre 2019, quando incontriamo il Critico d’Arte, Pasquale Di Matteo, reduce da COLORI DI PACE, un sontuoso evento istituzionale organizzato da Anna Maria Brazzò, presso la Sala Protomoteca del Campidoglio, a Roma.
Lo rubiamo dall’attenzione di artisti e delegazioni straniere, che gli chiedono di posare per le foto di rito e gli domandiamo: « Ci dica, Di Matteo, è contento di come si è svolto l’evento? »
Il Dott. Thappawarige Chandana
« Assolutamente! E’ stato un evento grandioso, in cui protagonista indiscussa è risultata l’arte, attraverso i colori delle 9 splendide artiste che ho potuto selezionare da tutta Italia e le danze  che si sono susseguite. Bellissimo l’intervento del Dott. Chandana, che ci ha trasportati tutti in Sri Lanka e ci ha conquistato con la sua storia personale, fatta di sfide, di abnegazione e di integrazione. ».
« Quindi, organizzazione perfetta? ».
« Ma… Perfetto è un termine che non mi piace, perché presuppone che non ci sia la possibilità di migliorarsi, e, da inguaribile perfezionista, faccio fatica a godere dei successi, perché cerco subito i difetti, per limarli, perché non c’è niente di imperfettibile. Tuttavia, devo fare i complimenti ad Anna Maria Brazzò, perché, se mi aveva favorevolmente colpito con LE PORTE D’ORIENTE, lo scambio interculturale tra Iraq e Italia in cui avevo potuto presentare in Mostra Personale la grande pittrice Maralba Focone, lo scorso 12 giugno, devo dire che con COLORI DI PACE, Anna Maria è andata oltre: un evento suggestivo, ricco di performance di livello elevatissimo e ospiti d’eccezione, dall’alta società della capitale, alle delegazioni estere. Grande evento! ».
con Daniela Bussolino
con Liliia Kaluzhyna
con Silvy Favero
« Qualcuno dice che la Brazzò realizza eventi straordinari, ma che i costi non sono certamente alla portata di tutti… ».
Di Matteo sorride, poi sbotta: « E per fortuna! Ho dibattuto sull’argomento anche nel mio ultimo libro… Se entro in panetteria e chiedo del pane, non lo pretendo gratis; se voglio una bella auto, devo pagarla, e così per una prestazione professionale. Gratis si può ottenere ciò che vale zero, così come si può spendere poco per una sottomarca, mentre, in ogni ambito, il meglio costa caro e salato. Organizzare un evento strepitoso, come questo, presuppone ore di lavoro e soldi che si spendono, per la Stampa, la pubblicità, gli inviti, le telefonate, per le performance. Se si invitano solo amici e parenti, si può risparmiare sugli accessori, ma se hai a che fare con aristocrazia e istituzioni, non puoi assolutamente permettertelo! Inoltre, mica ti concedono la Protomoteca senza un grande evento! Chi vuole il meglio, innanzitutto deve meritarlo, perché il Campidoglio non è certamente per chiunque, dopodiché è ovvio che una quota per contribuire a un simile spettacolo sia d’obbligo, altrimenti si può optare per i soliti eventi in cui vengono invitati cani e porci, che saranno buoni per qualche foto su Facebook, ma che non servono a nulla a livello di curriculum, perché quando esponi laddove hanno esposto decine, centinaia di altri, il valore dell’evento è molto riduttivo, dacché se ne possa dire. I pittori si concedono a chiunque, gli artisti, invece, meritano, vogliono e pretendono di distinguersi, facendo solo il meglio.».
« Ma come è nato questo dualismo DI MATTEO – BRAZZO’? ».
« Oddio, definirlo dualismo mi sembra eccessivo… Io faccio il Critico, la Brazzò la Curatrice e ciascuno a mille altri impegni… Ci troviamo piuttosto bene perché Anna Maria è come me: fa ciò che promette. E, come me, fa anche di più! Si tratta di una persona che mette tutta se stessa negli eventi che organizza e… Guardate che è tanta roba! ».
Di Matteo sorride, poi, spiega: « Anna Maria Brazzò è una donna forte, che ha respirato arte fin da piccola grazie al nonno. Ancora oggi, la Brazzò è definita LA PRINCIPESSA VENUTA DAL MARE, per via dei suoi natali sull’Isola delle Femmine, in Sicilia. Da ragazzina, ha vissuto gli anni della Dolce Vita, con le giornate trascorse al Bar Taddei, con un certo Guttuso che scarabocchiava progetti per futuri capolavori sui tovaglioli di carta, o al Fellini, in Piazza del Popolo. Nei suoi eventi, lei cerca di ricreare l’atmosfera vissuta in quegli anni, quando l’arte, in tutte le sue sfaccettature, aveva un ruolo ben più importante rispetto a quello che le attribuiamo oggi. Non a caso, i suoi eventi si caratterizzano per la simbiosi con altre culture, con un’attenzione particolare nei confronti delle diverse forme di culto. Anche oggi, la benedizione affidata al monaco buddista è stata da pelle d’oca! ».
La benedizione del Monaco Buddista
Eva La Certosa, Anna Maria Brazzò, Sergio Tirletti
Anna Maria Brazzò e Pasquale Di Matteo
Taglio del nastro
Erika Incognito, Anna Maria Brazzò e il Monaco buddista.
« Di Matteo, lei, durante il suo lungo intervento, ha parlato proprio di relazioni umane e di culture diverse, argomento azzeccato per l’evento? »
« Certamente! Eventi come questi servono a far capire che il pianeta è di tutti e che possiamo soltanto imparare dalle diverse culture. Ovviamente, quando ci sono il rispetto reciproco e la voglia di tutti di mettersi in discussione e di cercare l’armonia! Tuttavia, come ho detto prima, basta vedere i comportamenti sui Social per comprendere come gran parte degli Italiani pensi di avere la verità assoluta, di saperne di più degli altri, e di non sbagliare mai, perciò le diverse opinioni non sono viste come punto focale da cui trarre insegnamenti, ma sempre e solo motivo di scontro per crearsi dei nemici. E ciò è endemico in maniera trasversale per qualunque colore politico o credo. Eventi come COLORI DI PACE, invece, dimostrano come sia suggestivo e di spessore mescolare ambiti differenti. Prendete a esempio la danza del Lookmaker Sergio Tirletti ed Eva La Certosa, l’Oriental Tango, in cui si sono sapientemente miscelate le movenze di scuola latina con le musiche orientaleggianti, dimostrando come si possa allargare gli spazi della creatività confrontandoci e aprendoci al mondo. ».
Tango Passion
« Farete ancora qualcosa insieme? ».
« Credo proprio di sì! Perché dovremmo smettere, visto che il primo è stato un successo e questo di oggi strepitoso?! Certo, c’è il rischio di non riuscire a fare meglio, ma sono un inguaribile ottimista… Scherzi a parte, sicuramente se Anna Maria avrà bisogno e/o volessi portare qualche artista nella Capitale, non c’è alcun dubbio che l’organizzazione sarà di Anna Maria Brazzò. Perché poi, al di là della professionalità, il mondo dell’arte è un po’ un mondo di squali, dove è difficile non essere presi in giro. Perciò, quando si incontrano persone perbene, che si rispettano reciprocamente, credo che le collaborazioni siano naturali. Poi, vediamo se riusciamo a sfruttare la sua bravura organizzativa anche fuori Roma. Ormai, per me è un po’ una zia acquisita… Ci sentiamo volentieri anche al di fuori dell’ambito lavorativo… ».
Mauro Massimo Calandra, Erika Incognito, Anna Maria Brazzò
Anna Maria Brazzò con Pierfrancesco Campanella
« Perciò, mi pare di intuire che sia molto soddisfatto per oggi; che voto dà ad Anna Maria Brazzò? ».
« I voti sono sempre soggettivi. Direi un bel 9 pieno, altrimenti poi si monta la testa ».
Di Matteo ride, poi mostra le dieci dita delle mani.
« E al critico, che voto dà ».
« Avrei voluto essere un po’ più incisivo nelle presentazioni, ma i tempi limitati non consentono di fare tutto come vuoi, però anch’io mi assegno un bel 9. Il 10 me lo tengo per la prossima volta! ».
« Programmi futuri? »
« Un lavoro con una galleria di Milano, con la quale collaboro e grazie alla quale sono diventato unico referente italiano di Reijinsha Japan, una delle più attive e importanti organizzazioni artistiche al mondo, poi qualcosa a Firenze, qualche inaugurazione, cataloghi… Ma, prima di tutto, penso a cenare stasera,con Anna Maria e gli amici romani, che, quando vengo a Roma, mi fanno sentire sempre a casa. ».
  PASQUALE DI MATTEO RACCONTA ANNA MARIA BRAZZO’ Pasquale Di Matteo racconta Anna Maria Brazzò Abbiamo incontrato il Critico d’Arte, Pasquale Di Matteo, presso la Sala protomoteca del Campidoglio, durante l’evento istituzionale, COLORI DI PACE, scambio interculturale tra Sri Lanka e Italia, con il quale abbiamo parlato anche della curatrice, Anna Maria Brazzò.
0 notes