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#triregno
isoleminori · 3 months
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Ponza, autore ignoto , anni '30/'40
Processione di San Silverio negli anni '30/'40.
La festa di San Silverio si celebra ogni 20 giugno. La statua del Santo è portata in processione anche per mare. In questa foto, si nota che il Santo è ancora portato su un trono, non su una barca come oggi.
Un dettaglio della scena, descritto dalla penna della confinata Cesira Fiori: "Sotto il baldacchino di broccato cremisi, ritta su una sedia gestatoria, sulla grande "macchina" portata a spalla da otto pescatori la ingenua statua, dipinta in rosso scarlatto; turchino cielo, con un grande manto di broccato ricamato a palme d'oro, la testa sormontata dal triregno.
Su una mano a conchiglia, un globo d'oro e il braccio destro teso a benedire. La cosa strabiliante di questa simbolica, severa personificazione del confino, era una cascata di dollari." Dal suo libro "Una donna nelle carceri fasciste".
Fonte blog "Frammenti di Ponza".
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bergoglionate · 2 years
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Deposta la Tiara, cosa resta al Papa? Solo se stesso?
Deposta la Tiara, cosa resta al Papa? Solo se stesso?
Con la Desiderio desideravi papa Francesco ha esposto il suo progetto di “riforma” che vuole imporre, frettolosamente, alla Chiesa di cui è temporaneo vicario e non “il Signore“. Ma come è possibile che un papa pretenda che il suo pensiero diventi magistero? Ciò è possibile perché Paolo VI, il vero modello papale di Francesco, depose sull'”altare del Vaticano II” qualcosa che non apparteneva ai…
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charlievigorous · 2 years
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🚨 VATICANO - Diadema
(Corona del triplice stupro completo dell'uomo - della proprietà, del corpo e dell'anima)
La tripla corona di Baal, nota anche come tiara papale e triregno.
Nel 1302, papa Bonifacio VIII emette la sua famigerata bolla Unam Sanctam - The First Testamentary Trust Company. In esso, ha rivendicato il controllo del mondo intero.
Con questo decreto si fece 'Re del Mondo'.
Per celebrare questa bolla papale, indossava un copricapo dorato a forma di pigna, con un'elaborata corona alla base. La pigna è un antico simbolo di fertilità presente sia nel culto di Baal che nel culto di Cibele. Rappresenta anche la ghiandola pineale al centro del nostro cervello, questo è il 'terzo occhio' da cui accediamo a quella che può essere definita 'la sorgente'.
Tre Trust (corone) sono stabilite alla nascita di ogni persona a favore del sovrano della Chiesa cattolica romana, principalmente gesuita.
La prima corona, decretata da papa Niccolò V nel 1455 con la bolla pontificia “Romanus Pontifex”.
La prima società fiduciaria temporanea, legalmente decretata.
Il diritto commerciale - arbitro è il giudice - in relazione a: tribunale arbitrale, separa il neonato da ogni diritto di proprietà, in quanto tutti i beni sono di proprietà della 'corona pontificia'. Ciò avviene inserendo un'iscrizione in un registro ed emettendo un numero di registro, nonché inserendo il nome e creando cosi anche la persona giuridica. (anagrafica, certificato di nascita)
La seconda corona fu creata da papa Sisto IV nel 1481 con la bolla "Aeterni Regis", che significa "Eterno Possesso del Sovrano".
Il secondo trust temporaneo legalmente decretato è costituito dalla vendita del certificato di nascita in prestito alla banca centrale privata di ciascuna nazione.
Diritto Canonico Marittimo - Il giudice è il banchiere.
Questo priva il bambino dei diritti sul suo corpo, condannandolo alla servitù eterna come uno schiavo.
La terza corona fu decretata da papa Paolo III nel 1540 con bolla pontificia. La terza società fiduciaria a tempo determinato, legalmente decretata, è costituita dalla creazione di un certificato di battesimo - diritto talmudico - giudice è il sacerdote. La corona romana rivendica l'anima del bambino.
Ciascuna corona - un trust temporaneo, legalmente costituito - corrisponde esattamente alle tre forme di diritto a disposizione delle camere dei tribunali:
diritto commerciale (il giudice è l'arbitro), diritto canonico marittimo (il giudice è il banchiere) e diritto talmudico (il giudice è il prete).
Quindi prendi nota di OGNI persona animata:
la registrazione, la creazione di un numero di registro, così come l'inserimento di un nome comportano la perdita del diritto di proprietà per la persona appena nata.
Quindi il nome è un trust temporaneo, legalmente decretato, di proprietà del sovrano della Chiesa cattolica romana.
L' uso del nome è quindi l'esercizio dell'attività di fiduciario con tutte le conseguenze di responsabilità.
La creazione di un certificato di nascita (certificato di nascita) viene utilizzata per costituire un trust temporaneo legalmente costituito vendendo questo certificato come vincolo alla banca centrale dello stato/dipartimento.
Ciò significa vendere il corpo della vittima al sovrano della Chiesa cattolica romana.
Così si realizza la schiavitù.
L' uso dell'atto di nascita costituisce quindi l'esercizio dell'attività di fiduciario con ogni conseguenza di responsabilità.
La creazione di un certificato di battesimo viene utilizzata per stabilire un trust temporaneo legalmente costituito vendendo questo certificato come vincolo alla CITY di Londra.
Ciò significa vendere l' Anima della persona interessata al sovrano della Chiesa cattolica romana.
Di Uwe Hahn
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Surbo e la sua “Madonna vestita d’Oro”
Surbo e la sua “Madonna vestita d’Oro”: un patrimonio di fede e tradizioni
Il Martedì dell’Ottava di Pasqua, Surbo festeggia la Madonna di Loreto, sua celeste Patrona
di Vincenza Musardo Talò
  La Puglia, da sempre terra di incontro di luminose civiltà e naturale avanporta dell’Oriente, fin dal sec. XV vanta una consolidata tradizione del culto della Madonna di Loreto e dell’insigne reliquia della Santa Casa. In aggiunta, per il suo essere fin dall’alto medioevo meta di pellegrinaggio verso i numerosi santuari regionali (quello micaelico in primis) e luogo di raduno dei crociati in partenza per la Terra Santa, questa regione ha veicolato in numerosi centri demici del suo esteso territorio il suggestivo narrato della traslazione lauretana e dato testimonianza degli eventi prodigiosi ad essa afferenti. E così, più insistentemente lungo la costa adriatica (divenuta una sorta di baluardo contro i turchi frontalieri, soprattutto a partire dai fatti di Otranto del 1480), dalla Terra di Capitanata all’estremo lembo della Terra d’Otranto, da subito essa ha documentato momenti altissimi di devozione. Numerosi sono i santuari, gli altari di parrocchie o le cappelle urbane e rurali che riferiscono della dedicatio alla Vergine di Loreto, la cui diffusione non appare condizionata da mirate scelte insediative, tanto la rete di simili luoghi di culto mostra una sorta di omogeneità sull’intero territorio regionale, sia pure con una insistenza lungo i litorali dell’Adriatico, da Manfredonia a Santa Maria di Leuca. Il fenomeno cultuale tra i secoli XV e XVII si lega anche a una fioritura dei rituali del pellegrinaggio da parte dei devoti pugliesi.
Di tanto è dato sapere dai Registri dei Doni, conservati presso l’Archivio storico del Santuario lauretano, in cui si attesta un nutrito elenco di doni votivi, offerti dai pellegrini di Puglia o inviati da noti membri delle famiglie feudatarie del tempo, non escluse le commende dei cavalieri di Malta o le Domus dei templari, sommamente devoti alla Madonna di Loreto.
Tralasciando, per ovvi motivi, un più esteso e puntuale tracciato storico delle vicende pugliesi legate a tale indirizzo devozionale, ecco che nel primo Seicento, nei pressi dell’attigua cinta muraria a borea di Lecce, si origina il culto della Vergine di Loreto, praticato da quanti vivevano nel minuscolo casale di Surbo (suburbum), per secoli casale de corpore della città di Lecce.
Un culto che poi si è radicato e alimentato nel tempo; già nel 1724, è attestato che fosse il clero di Surbo e non quello di Lecce a festeggiare, il Martedì dopo Pasqua, presso il vicino santuario di S. Maria di Arurìo, la Gran Madre di Dio venerata non più sotto l’antico titolo di S. Maria di Aurìo ma come S. Maria di Loreto.
  Invece, per quel che attiene il titolo di patrona, pare che la comunità di Surbo abbia preso a invocare il suo patrocinio a partire dal 1838. Non a caso la sua prima solenne celebrazione nel casale di Surbo, si tenne all’indomani della ricomposizione di una contesa, sorta nel 1837 tra il clero della parrocchia di S. Maria del Popolo di Surbo e quello della Chiesa di S. Maria della Porta di Lecce (per inciso, proprio quest’anno ricorre il 180.mo anniversario di quella storica, prima festa della Vergine lauretana a Surbo).
Tuttavia, per trovare l’incipit di tale devozione dei surbini, bisogna rifarsi alla tradizione locale, la quale riferisce di un prodigioso rinvenimento in un fondo vicino alla chiesa di Santa Maria (sec. XI), ubicata nel diruto casale medievale di Aurìo, nato dopo l’arrivo di una comunità di monaci basiliani e spopolatosi intorno al sec. XVI. Il toponimo Aurìo rimanda al termine greco layrion, laura (proprio dei tanti minuscoli cenobi bizantini del Salento greco) e compare per la prima volta in un diploma di epoca normanna, quando nel 1180, Tancredi d’Altavilla ne fa donazione al monastero benedettino dei Santi Niccolò e Cataldo di Lecce.
Stando alla tradizione, ai primi del ‘600, proprio in un fondo limitrofo alla chiesa di S. Maria di Aurìo, un contadino di Surbo rinvenne, in un tronco cavo d’ulivo, una piccola statua in legno scuro, che effigiava una Madonna in apparenza priva delle braccia, col divino Infante. Senza indugio, l’uomo lasciò la campagna e tornò in paese, portando la statua nella chiesa matrice di S. Maria del Popolo, dove accorsero i fedeli, toccati da quell’evento straordinario. Ma con grande sconcerto del popolo, il giorno seguente il prezioso simulacro era scomparso, per poi essere ritrovato nel medesimo luogo, da cui era stato asportato il giorno precedente.
Da subito, le fattezze di quel simulacro richiamarono nei fedeli surbini una certa somiglianza con la Vergine lauretana, giù venerata in tutto il Salento. Ma a Surbo, il culto della Madonna di Loreto nasce – a dire di alcuni studiosi – dalla somiglianza e dalla commistione fonetica tra layrion e Loreto, generando così la successiva assimilazione del culto della Madonna di Aurìo a favore di quello della Madonna lauretana, pur mantenendone la festa nella data antica, il Martedì dopo Pasqua. Tanto, in considerazione del fatto che nel casale basiliano di Aurìo, secondo il Sinassario bizantino, la festa della Madonna cadeva il Martedì dell’Ottava di Pasqua. E parimenti i devoti di Surbo vollero mantenere – e mantengono – in quella data la festa della Madonna di Loreto, che nel tempo si è denominata “Madonna vestita d’Oro”.
Pur tenendo in debito conto queste ipotesi, da parte mia, invece, depongo a favore di un dato più probante, afferente al già consolidato culto lauretano nella cristianissima Lecce del primo ‘600, sotto la cui amministrazione municipale cadeva pure il casale di Surbo. Tra i suoi trenta conventi, erano attivi due monasteri di donne claustrali, che andavano sotto il titolo di Santa Maria di Loreto: quello delle Carmelitane scalze, fondato sul finire del ‘500, e l’altro più tardo delle Cappuccine francescane. In aggiunta, l’influenza devozionale che arrivava da Lecce e l’opera di un qualche zelante predicatore venuto a Surbo, potrebbero aver concorso più verosimilmente a mutare l’antico indirizzo del culto mariano di Aurìo in quello della Vergine di Loreto, di cui vi è traccia materiale anche nei seicenteschi Registri dei Battezzati della Matrice, col dato certo dell’imposizione alle nuove nate del nome Auritana, Auretana, Lauretana e Lauria.
E sempre intorno alla metà del ‘600 o appena dopo è da datarsi una anonima tela, conservata presso la chiesa della Madonna di Loreto in Surbo, il cui tema iconografico tratta del miracolo della traslazione della Santa Casa. Il dipinto, visionato da P. Giuseppe Santarelli – come riferisce O. Scalinci – è da ritenersi posteriore al 1638, anno in cui il re di Francia Luigi XIII donò alla Vergine del Santuario di Loreto una preziosa corona, simile a quella effigiata nella tela di Surbo; mentre in precedenza, la Vergine esibiva una corona a forma di triregno, donata nel 1498 dai devoti di Recanati e che compare sulle teste della Vergine e del Bambino di Loreto fino al 1642.
Ma è dal 1838, che a Surbo partono i primi festeggiamenti della Madonna di Loreto, curati dalla erigenda Confraternita della Beata Maria Vergine Lauretana, che fin dal ‘700 si era embrionalmente costituita con un gruppo di devoti, un Corpo morale. Questa viene giuridicamente istituita nel 1858, con il Regio placet di Ferdinando II, re di Napoli e approvata con la bolla dell’ordinario di Lecce, mons. Nicola Caputo, in data 22 maggio del 1858. Primo priore fu Pietro P. Paladini. In aggiunta, nel 1860, sempre con decreto di Francesco II, viene ordinato al Comune di Surbo di concedere gratuitamente alla Congrega della SS. Vergine di Loreto, un suolo pubblico, destinato all’ampliamento della chiesa-oratorio, che portava il medesimo titolo. Questo periferico edificio di culto, già dedicato a S. Stefano, è attestato fin dal 1610 nei verbali di Santa Visita di mons. Scipione Spina, vescovo di Lecce. Più volte chiusa e poi riaperta al culto, nell’Ottocento perde l’antica intitolatio e prende il titolo mariano. Tanto è certificato nel 1882, quando l’ordinario diocesano, mons. Luigi Zola, visita la chiesa, che si presenta con due altari: quello centrale dedicata alla Madonna di Loreto e l’altro, in cornu Epistulae, dedicato a S. Stefano, primo titolare della chiesa. Al suo interno si custodiva l’antica statua della Madonna bruna e la tela del ‘600, raffigurante il viaggio – da Nazareth a Loreto – della Santa Casa. La Vergine e il Bambino, incoronati, mostrano fattezze celestiali; la Madre appare vestita di un abito rosso con decori dorati e preziosi ricami floreali. Dopo la reale approvazione giuridica del 1858, la locale Confraternita mariana prenderà in custodia detta chiesa, in cui fissa anche il suo oratorio.
In questo luogo sacro abita la statua della bella Madonna vestita d’Oro. E a tal proposito va detto che questa è una riproduzione della statua storica del ‘600, che ebbe in sorte quella di bruciare, quasi un comune destino con quella lauretana, la quale venne pure distrutta nel 1921 da un incendio. Si era negli anni dolorosi della prima guerra mondiale e per l’insistenza di tante famiglie, che avevano i loro cari al fronte, la statua venne tolta dalla teca dell’altare ed esposta alla devozione dei fedeli. La presenza abnorme di candele e lumi votivi fu la causa dell’incendio che distrusse la venerata icona. La riproduzione di un primo manufatto non simigliante a quello distrutto, portò a una seconda statua, bella come l’antica ma di colore chiaro, come oggi è dato osservare. Non una foto rimane a ricordare le fattezze della statua delle origini; pare che una devota avesse messo in salvo sola una manina del Bambinello, che poi custodì sotto campana, ma di cui oggi non vi è traccia.
Venendo all’oggi, caleidoscopica e ricca di rituali segnici è la festa della Madonna vestita d’Oro, che si tiene, ab antiquo il Martedì dell’Ottava di Pasqua, una data simbolica, ricca di riferimenti storici, di fede e di consolidate tradizioni.
I festeggiamenti si aprono il Lunedì dell’Angelo con la spettacolare fòcara serotina, un rito che mi ricorda i falò lauretani della notte del 10 dicembre, accesi a memoria della Venuta della Vergine a Loreto. Nel passato, erano i confratelli che andavano alla questua della legna e accendevano il falò sullo spazio antistante la chiesa, ancora fuori dal centro urbano. Poi, prima dell’alba del Martedì (alle ore tre), i confratelli e alcune pie donne o delle religiose (perché mai avrebbero potuto farlo le mani di uomini), compiono il devoto rito della vestizione della Vergine e del Bambino, che si mostrano integralmente coperti del corredo di monili, mentre la presenza di alcuni carabinieri vigila il prezioso cofanetto degli ori votivi, ogni anno più ricco, perché segno di una consolidata e continua donazione dei devoti.
Dopo il rito quasi privato della vestizione, all’Angelus mattutino, la chiesa della Madonna di Loreto si apre dinanzi a una folla di fedeli in attesa di entrare e rivedere, dopo un anno, la Madonna vestita d’Oro. Con l’arrivo del vescovo, salutata da spari di mortaretti, inni e ovazioni corali e la musica delle bande, ha inizio la processione. Alla folla, alle autorità cittadine e alla Congrega, si uniscono i bambini “vestiti”, le donne devote – scalze e con un cero – che pubblicamente esprimono alla Vergine il loro bisogno di una grazia o di una intercessione; e non mancano segni o gesti di commossa pietà popolare. In questo particolare momento della giornata (bello o brutto che sia il tempo prima e dopo la processione), da sempre, quasi un prodigio, i surbini hanno testimoniato la presenza del sole, che mostra la straordinaria bellezza della Gran Madre di Dio, adorna di una sorta di dalmatica luccicante, fatta di ori, perle e pietre preziose di vario colore. Portata poi nella Chiesa parrocchiale, prima e dopo la celebrazione eucaristica, la Vergine riceve il filiale omaggio del popolo tutto; quindi, la sera del Mercoledì, giorno riservato ai festeggiamenti civili, la statua viene riportata nella sua Chiesa, dove si ripete il rito inverso a quello della vestizione. I confratelli, deposti in luogo sicuro gli ori della loro Madonna, pensano già alla festa dell’anno dopo.
Un ultima riflessione ci viene dal considerare il caso raro, se non unico, della spettacolare dote di gioielli votivi posseduta dalla Madonna lauretana di Surbo. Per noi resta un esempio il Gesù Bambino dell’Aracoeli a Roma (miseramente trafugato) o l’esempio di altre madonne dotate, ma mai in maniera tale da ricoprirle integramente e tanto riccamente di preziosi come la Madonna surbina.
E’ da credere che tali donativi debbano riferirsi a simbolismi profondamente stratificati nell’immaginario collettivo. Oltre che tributi di ringraziamento, questi – e a me sembra essere il caso di Surbo – sono fondamentalmente chiara manifestazione di una forma di preghiera materializzata, quasi il desiderio di ognuno e di tutti di accorciare le distanze col sacro, calandosi in un rapporto ravvicinato, di devozione diretta con la divinità stessa, tanto è forte il senso di intima appartenenza, a cui pure non è estraneo, ma non preminente, il rito dell’ex voto. Dunque, per il popolo di Surbo, simile corredo di preziosi donativi sarebbe il segno di un (conscio o inconscio) desiderio individuale e corale di stretta e materiale vicinanza con la sua Madonna.
Un atteggiamento collettivo che trova la sua legittima e più alta espressione nella continuità del suo prezioso e delicato omaggio alla Patrona, che si rende visibile nella plurisecolare devozione e soprattutto nella festa più attesa e più bella dell’anno. Ed è questo il momento in cui la devota Surbo condivide, rafforza e rivive i miti antichi delle sue radici, della sua storia e della sua granitica identità comunitaria civile e religiosa insieme.
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floweredalmond · 3 years
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Madonna Sistina, Raffaello Sanzio, 1513-1514, olio su tela. Una tenda verde scostata (di cui si vedono in alto i passanti su un'asta leggermente inclinata) rivela una stupefacente epifania mariana, tra i santi papa Sisto II e Barbara (riconoscibile per la torre). Maria infatti, a tutta figura, appare discendente da un letto di nubi (composte da una miriade di teste di cherubini) e, col Bambino in braccio, mentre guarda direttamente verso lo spettatore. Il moto, più che dalla disposizione delle membra, è suggerito dalla caduta delle pieghe della veste, mosse come da un venticello. Anche i due santi accentuano, coi loro gesti, il momento teatrale indicando e guardando verso l'esterno, come se fosse presente un'invisibile folla di fedeli. In basso, il bordo inferiore è trattato come un vero parapetto, dove san Sisto ha appoggiato il triregno e, al centro, si affacciano due squisiti angioletti pensosi, tra le realizzazioni più popolari del Sanzio e della cultura figurativa del Rinascimento in generale, spesso riprodotti come soggetto indipendente. Non ha precedenti il rapporto così diretto e teatrale tra la divinità e il fedele, che diviene a pieno diritto un elemento fondamentale della rappresentazione, alla cui presenza alludono in maniera esplicita i santi. Tutt'al più gli artisti si erano limitati a rappresentare una o più figure riguardanti lo spettatore, che richiamassero la sua attenzione indicando magari il centro della scena. Maria diventa quindi l'intercessora, con i santi che fanno da mediatori, attraverso una catena di sguardi circolare. Non si tratta quindi di una visione del divino da parte dei devoti, ma del divino che appare e va verso i devoti. Il Bambino è come offerto alla devozione, prefigurando anche il suo sacrificio per la salvezza dell'umanità. Il taglio moderno è sottolineato dalla veste semplice, priva di ornamenti, di Maria, che incede scalza, ma circondata dalla luce. L'umanizzazione della divinità è riscattata dalla bellezza sovrannaturale di rara perfezione e dai sentimenti adulatori che circondano la sua apparizione. I colori dominanti sono intonati a una tavolozza fredda, ravvivata qua e là zone di giallo e di rosso. Il dipinto è conservato al Gemäldegalerie (Dresda).
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giacomoelegante · 5 years
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La (probabilmente) vera storia di Giacomo Elegante.
                             PROLOGO.   III PARTE
Schermo nero sfondo ad imitazione di vecchia pellicola con i riquadri bucati per i denti della macchina da presa.
Carattere: Courier                     Silenzio assoluto
                                      Fotografia
Arte del produrre, mediante la luce solare, immagini su preparati chimici. (Vocabolario della Lingua Italiana N. Zingarelli, VIII Edizione Lusso, 1959)
                                  La Fotografia
Si trattava di un plico vecchissimo, contenuto in una delicata cartella in pelle di daino di colore marrone scuro con un fermaglio in oro. Per preservarlo meglio si era successivamente deciso di inserirlo in una pesante busta in cartone chiusa con un sigillo in ceralacca raffigurante le due chiavi incrociate, il cappello triregno e la data, 11 febbraio 1945. Pochi erano a conoscenza del suo contenuto, nessuno poteva aprire la busta. Coloro che erano addetti alla sua custodia lo chiamavano brevemente “La fotografia”.
Ogni dieci anni la busta in cartone veniva sostituita da una busta nuova. Prima si dava corso alla rottura del sigillo, poi si estraeva il plico che veniva  subito inserito in una nuova busta perfettamente uguale alla precedente e quindi si apponeva nuovamente il sigillo, che recava sempre, ovviamente, la stessa data. Subito dopo si provvedeva ad incenerire i resti della vecchia busta e del vecchio sigillo in un apposito forno, poi si dava conferma dell'avvenuta operazione a tutte le parti interessate.
                                                   Jalta
Jalta, anche Yalta secondo la traslitterazione anglossassone (in russo ed ucraino: Ялта, tataro di Crimea: Jalta), è una città della Crimea di circa 135.000 abitanti.
La città è attraversata dai fiumi Derekoy ed Ucian-su ed è attorno alle sue sponde che si sviluppa il centro abitato. La baia di Jalta offre diverse spiagge di elevato interesse turistico.
(da WikipediA, l'enciclopedia libera, 2014)
                                 Jalta (conferenza di)
Jalta, (già Krasnoarmejsk) Fu tenuta dal 4 al 12 febbraio 1945 tra Churchill, Roosvelt e Stalin, In essa si decise lo smembramento della Germania, si discusse sull'avvenire della Polonia, sia riguardo ai confini orientali, definiti di massima sulla linea Curzon, sia alla formazione di un governo provvisorio, risultante dall'unione di elementi del comitato di Lublino con altri del governo polacco in esilio a Londra. Vi si affrontarono anche i problemi delle frontiere orientali italiane e della revisione della convenzione di Montreux per gli stretti. Inoltre l'U.R.S.S. si impegnò a entrare in guerra contro il Giappone.
(GRANDE ENCICLOPEDIA UNIVERSALE CURCIO, gennaio 1977)
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noticiaspace · 6 years
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Do Triregno ao Tribóstio
“País Canalha é o que não paga precatórios”
Artigo no Alerta Total – www.alertatotal.net
Por Carlos Maurício Mantiqueira
Em minha modesta e despicienda opinião, Deus tem um grande senso de humor.
Para combater o tédio de sua eternidade, onisciência e onipotência, volta e meia prega-nos uma peça e ficamos chupando meia.
A tal da Igreja Católica Apostólica Romana é um bom exemplo.
Fundada há mais de dois mil anos pelo filho do “dono” e administrada desde sua partida por um tal de Pedro (Simão, para os íntimos) e seus sucessores, segue impávida, não obstante as qualidades (ou deméritos) pessoais dos “pescadores” de almas.
Conta-se que um jovem casal estadunidense, em sua primeira viagem ao exterior, chegou ao Vaticano e se deslumbrou com a grandeza da obra.
A “patroa” não se conteve e disse: “para quem começou com um burro velho numa manjedoura, até que eles foram longe...!”
Tivemos Papas de todo jaez; santos e devassos.
Assim, não me preocupo quando dizem que o atual é comunista.
Amáveis leitores e público em geral: Ele é ARGENTINO !
Seu povo, de inteligência e cultura invejáveis tem uma característica ainda pouco estudada: a caixa craneana é pequena para o tamanho do cérebro. Isso causa uma permanente angústia e desconforto. Para entender melhor o fenômeno, sugiro a leitura do livro “Joana Tabor 666” . Há uma tradução para o português de 1.952, Editora Vozes, sem ISBN.
A obra foi escrita em 1.942, por Hugo Wast (pseudônimo de Gustavo Adolfo Zuviria, então ministro da Cultura, antes de Perón.
Carlos Maurício Mantiqueira é um livre pensador.
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isoleminori · 1 year
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Ponza, autore ignoto , anni '30
"Processione di San Silverio negli anni '30. Al molo, per l'occasione, sono ormeggiati, oltre al postale, due piroscafi di armatori Ponzesi: il "Richard dei f.lli Mattera e il "Vincenzo Onorato" di Vincenzo Onorato"."
Dal libro "Ponza. Il Tempo della Storia e Quello del Silenzio" di Ernesto Prudente.
La festa di San Silverio si celebra ogni 20 giugno. La statua del Santo è portata in processione anche per mare. In questa foto, si nota che il Santo è ancora portato su un trono, non su una barca come oggi.
Un dettaglio della scena, descritto dalla penna della confinata Cesira Fiori: "Sotto il baldacchino di broccato cremisi, ritta su una sedia gestatoria, sulla grande "macchina" portata a spalla da otto pescatori la ingenua statua, dipinta in rosso scarlatto; turchino cielo, con un grande manto di broccato ricamato a palme d'oro, la testa sormontata dal triregno.
Su una mano a conchiglia, un globo d'oro e il braccio destro teso a benedire. La cosa strabiliante di questa simbolica, severa personificazione del confino, era una cascata di dollari." Dal suo libro "Una donna nelle carceri fasciste".
Fonte blog "Frammenti di Ponza".
#ponza #ponzaisland #sansilverio #isoleminori #isoleitaliane #mare #isole #island #sea #isola #tirreno #mediterraneo #photography #vintagephoto #vintagephotography #oldphoto #foundphoto #lostmemories #antiquephoto #oldphotos #oldphotograph #isoleminorifoto #ponzagram #isoladiponza #pontinesia #pontine #isoleponziane
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bergoglionate · 8 years
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Sic transit gloria mundi!
Sic transit gloria mundi!
Cliccare per ingrandire FONTE: fb.com/vestipapali
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