thegianpieromennitipolis
thegianpieromennitipolis
La PòLIS di Gianpiero Menniti
2K posts
Cl. '69, giornalista e scrittore, già dirigente d'azienda, 2 Master e 3 lauree da 110 e Lode: 1 in Comunicazione e 2 in Beni Culturali. "Sapere Aude": basterà una vita?
Don't wanna be here? Send us removal request.
thegianpieromennitipolis · 1 month ago
Text
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
CONFERENZE - POLIS di Gianpiero Menniti racconta la Comunicazione l'Arte e la Politica
L'AMMINISTRAZIONE PUBBLICA E LE SUE DINAMICHE
Mi ha fatto molto piacere presentare il saggio davvero pregevole di Michele Furci, storico e sindacalista di rango: "Unità d'Italia" ripercorre un arco storico vastissimo e intenso, conducendo il lettore, con leggerezza e fluidità di scrittura degne di una narrazione appassionante, sulle tracce di temi ostici e di carattere specialistico che Furci riesce a sciogliere in una straordinaria sintesi.
Assieme a me e all'autore, due figure da parterre d'eccezione: Domenico Primerano e Domenico Libero Scuglia, segretari generali di notevole esperienza e dottrina.
E il privilegio di avere con noi anche il Sindaco di Vibo Valentia, Enzo Romeo.
Il pubblico, numeroso, ha apprezzato l'animato e qualificato dibattito.
La "Politica" è arte complessa.
Scriveva Emmanuel Mounier nel suo "Carnets de route. Tome II. Les certitudes difficiles":
«La più grande virtù politica è non perdere il senso dell'insieme».
8 notes · View notes
thegianpieromennitipolis · 1 month ago
Text
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
SENSI DELL'ARTE - di Gianpiero Menniti
LA FEMMINILITÀ RAREFATTA
Cinque tele che narrano altrettanti paradigmi dell'esserci femminile: silenziosa appartenenza a oscuri, segreti recessi di anime raccolte.
Sguardi, gesti, ritratti di presenze leggere che tuttavia interrogano la vastità di memorie, tracce di passione riassorbite dalla patina del tempo, polvere di lacrime spente, immoto sacrificio di lunghe stagioni consumate dall'implacabile, triste grigiore di sepolcri imposti contro ogni naturale slancio vitale.
L'immagine si stempera, diviene simbolica materia dell'inafferrabile, tediosa scomposizione, atmosfera sfuggente, stracciata nitidezza.
Suscitano pena e rabbia, tenerezza palpitante, solida vulnerabilità.
E il profumo della mancanza.
Di quanto è ormai avvenuto.
Di quanto è residuo imbelle e stanco.
Rimane la solitudine, come una stanza senza rumori.
Atteso ripetersi di parole.
Mentre l'eco di cieli limpidi e mattini madidi di brezza pungente ritornano negli occhi come istanti che abbagliano, come pelle attraversata da un fremito.
Il respiro cerca la vita.
E gonfia l'urlo verso il tramonto.
- Opere: "Girl Holding a Blue Nightdress", 1972; "Bedtime Story", 1955; "Girl Sewing", 1950; "The Zip Fastener", 1961; "The Cottage Bedroom", 1953 - 1955. - Bernard Dunstan (1920 – 2017) è stato un artista, insegnante e scrittore britannico, noto soprattutto per i suoi studi di figure in interni e paesaggi. Fu Royal Academician e presidente della Royal West of England Academy dal 1979 al 1984. Le sue opere sono presenti alla National Portrait Gallery, alla Royal Collection di Windsor e al Museum of London. Scrisse anche diversi libri sulla pittura, tra cui "Painting Methods of the Impressionists" (1976).
8 notes · View notes
thegianpieromennitipolis · 4 months ago
Text
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
SENSI DELL'ARTE - di Gianpiero Menniti
L'INUTILITÀ EFFICACE
La critica s'è sempre soffermata sul riflesso "esistenzialista" dell'opera artistica di Edvard Munch (1863 - 1944) e su un'interpretazione "espressionista" di stati d'animo.
Una sorta di rappresentazione lirica dell'atto pittorico.
Di certo c'è l'esperienza di un uomo malinconico, segnato dalla sua storia, avvinto dalla marginalità di sguardi raccolti, rintanati, astratti.
Inutile cercarne un contraltare in nascoste tracce di speranza.
No.
La differenza alligna in qualcosa che possiede ben altri orizzonti.
Non è nel racconto.
Non giace nell'apparire dell'immagine incancrenita dal sospetto radicale del nichilismo.
La differenza consiste in un'attribuzione di valore: l'arte come esperienza vana, senza scopo, superflua.
Eppure, per questa via, essa si rivela tra le più convincenti manifestazioni dell'essenzialità: la sua inutilità è il cardine sul quale ruota la sua efficace distinzione dal resto delle "cose".
La lunga scia del "romanticismo", movimento complesso, variegato, reazionario mallevadore di illusori progressismi, ha contribuito non poco all'affermarsi di un sintetismo pittorico tagliente: chi non rammenti "Monaco in riva al mare" (1808 - 1810) di Caspar David Friedrich (1774 - 1840) e non veda le analogie con le solitudini pietrificate di Munch?
Perchè appare questa forma pittorica?
Per suggellare la sostanza ingannevole dell'inafferrabile umano.
Come tale, nulla è più effimero: non è neanche un tentativo naufragato ma uno straccio bagnato sotto la pioggia.
Eppure è lì, a suggello.
Scriveva Fernando Pessoa nel suo "Il libro dell'inquietudine":
«Perché è bella l'arte? Perché è inutile. Perché è brutta la vita? Perché è tutta fini e propositi e intenzioni.»
Se restiamo alla formula, direi che si possa convenire su questo: l'esistenza non è altro che una "biografia senza avvenimenti" nella quale l'inutile atto artistico permane come duraturo esempio di una paradossale efficacia.
Nelle immagini: - Caspar David Friedrich (1774 - 1840), "Monaco in riva al mare", 1808 - 1810, Alte Nationalgalerie, Berlino. - Edvard Munch, "Autoritratto con le mani in tasca", 1926, Museo Munch, Oslo; "Sera sul viale Karl Johan", 1892, Museo d'Arte, Bergen; "Inger sulla spiaggia", 1889, Museo d'Arte, Bergen.
20 notes · View notes
thegianpieromennitipolis · 4 months ago
Text
Tumblr media Tumblr media Tumblr media
IL MESTIERE DELL'EDITOR - di Gianpiero Menniti
SPARTITO SCOMPOSTO
Ecco un'altra raccolta poetica di Angela Ada Mantella, scrittrice che seguo ormai da tempo e che ogni volta riesce a sorprendermi per l'originalità dello stile e dei contenuti lirici.
Il piacere di occuparmi dell'editing si somma alla lettura dei testi.
E questi, nella loro singolarità, mi hanno indotto a una personale ricerca nell'elaborazione della prefazione, della quale riporto qualche passo:
[...]
Questo è il carattere che emerge da “Spartito scomposto”: il rifiuto del necessario per il possibile, l’abbandono del canonico per l’irregolare, l’anomalo, l’impreciso.
Ma non è scelta di deriva, caduta, rinuncia: tutt’altro.
Si tratta di una disperata volontà di conoscenza, del protendersi verso l’ignoto lasciando ogni fardello di consolazione e di placida speranza in un segno: è coscienza del pericolo di un lungo passaggio a vuoto, dell’esistenza come rassegnazione.
Si percepisce il coraggio nietzschiano di accettare la tremenda assenza, come in questi nudi passaggi, tratti dalla lirica “Verità”
[…] Beato il funambolo in equilibrio instabile fa dell'incertezza una dote acrobatica ecco, forse è questo il senso! Siamo tutti provvisori una sola verità: ubicata chissà dove su una corda tesa la morte ci attende! Guai al funambolo fermo e appeso alla corda che implora braccia sicure come riparo alla caduta!
«Was bleibet aber, stiften die Dichter», «Ma ciò che resta, fondano i poeti», scrive in un bel saggio Franco Toscani, Poesia e pensiero nel «tempo di privazione». In cammino con Hölderlin e Heidegger, [...] che così commenta la citazione:
“[…] Che significa qui was bleibet? Esso è o può apparire alquanto enigmatico. In ogni caso, dà molto da pensare. Per noi, «ciò che resta» va senz’altro riferito all’abitare nel «tempo di privazione», in cui i poeti – questi temerari, i più arrischianti fra i mortali, li chiama Heidegger, in quanto pongono in questione alla radice il senso dell’uomo e del mondo – fondano quel che è da fondare.”
Mi pare la migliore delle citazioni alle quali ricorrere per indicare la struttura del pensiero creativo di Angela Ada Mantella.
Eppure, mentre lo scrivo, quasi attratto nel potente risveglio di coscienza che la poesia dell’autrice suscita, ecco che un altro cenno mi sovviene, più antico, più forte nel togliere ogni ulteriore parola, lasciando che ad aleggiare sia la tensione d’un arco impedito a scoccare:
"Chi non spera l’insperabile non lo scoprirà, poiché è chiuso alla ricerca, e a esso non porta nessuna strada." - Eraclito, fr.22b18 Diels-Kranz -
17 notes · View notes
thegianpieromennitipolis · 4 months ago
Text
Tumblr media
IL RACCONTO DELL'IMMAGINE - di Gianpiero Menniti
FORZA SOTTILE
L'opera più coraggiosa dell'essere umano: varcare la soglia della terra.
Fascino antico, si perde negli abissi del tempo.
E quei teli, enormi sudari di invisibili spettri benevoli.
Come innanzi a una luce imponente che improvvisa sferza l'oscurità, catturano lo sguardo e infiammano l'animo di ardore inatteso e di speranza temuta.
Vele, sottili giganti s'ergono sorprendenti di silenziosa forza.
Condussero lontano, oltre un limite solo immaginato.
Fino al giorno del fumo denso di caldaie infernali.
Eppure, restarono, nobiltà decaduta ma imperiosa.
E attendono sempre mani sapienti e volti accesi dalla vampa del sole o dal gelo tagliente.
E occhi che parlino al muto scivolare sopra l'immenso baratro d'acqua.
- Il "Vanitie" era un J-Class America's Cup racer lungo 118 piedi costruito nel 1914. Acquistò fama durante le International Yacht Races a Newport, Rhode Island, nel 1934. In quell'occasione, lo yacht fu immortalato in una straordinaria fotografia da Margaret Bourke-White (1904 - 1971).
14 notes · View notes
thegianpieromennitipolis · 4 months ago
Text
Tumblr media
COME UN VECCHIO CAVALIERE - di Gianpiero Menniti
Un amico ti osserva.
Quando è amico vero, sa vedere.
Così, se si possiede, come accade a me, la fortuna di annoverare un Amico come Corradino Corrado, peraltro particolarmente esperto nell'arte del "ritratto", il risultato è un'opera pittorica come questa.
Nella quale l'artista originario di Dasà è riuscito a proiettare una figura modesta come la mia in uno scenario metaforico: quasi fossi, dismessa l'armatura e indossata una casacca colorata di vecchia manifattura, un personaggio scaturito dal mondo "tardo antico" o dal primo medioevo.
Marginale "cavaliere" d'una immaginaria "tavola rotonda", l'aria stanca, provato dal tempo e dalle illusioni ma ancora curioso, riflessivo, consapevole, lo sguardo assente rivolto altrove: è la rappresentazione di un'esistenza ingrigita da incolmabili, lontane e ataviche solitudini nelle quali la memoria è malinconica "magistra vitae".
E l'attitudine al racconto, cadenzato in lunghi silenzi, rimane unico dono concessomi da un immeritato talento che, forse, m'ha guadagnato profondi affetti.
Penso ai versi di Quasimodo:
«Ognuno sta solo sul cuor della terra / trafitto da un raggio di sole: / ed è subito sera.»
8 notes · View notes
thegianpieromennitipolis · 4 months ago
Text
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
ARTISTI CONTEMPORANEI - di Gianpiero Menniti
L'ALTRA REALTÀ
Artista potente, Nicola Scarato: originario di Montecchio Maggiore, in provincia di Vicenza, ingaggia con la tela racconti densissimi e inquieti, autentici viaggi che corrono lungo profonde cavità della terra, senza meta se non la volontà di esplorare il lato nascosto della realtà.
Come un sipario che, aprendosi, graffi la pelle di luoghi angusti, tenebrosi, tragici, strappati e intrisi di delle tracce nere di fuliggine, effetto di un fuoco capace di decomporre la materia in residui catramosi.
Le sue opere colpiscono l'osservatore, lo gettano in un inconsueto turbamento, spingendolo verso un "oltre" solo intuito, temuto, annichilito dalla volontà ancestrale di respingerlo.
Così, Scarato, sembra cogliere i fermenti mai definiti dell'arte informale ma senza farsene epigono: egli è piuttosto una straordinaria "spugna" abile a rielaborare antiche tracce del primo Novecento con le espressioni che si sono addensate nel corso di tutto il tragico secolo delle devastanti guerre mondiali, fino a giungere a una originale forma artistica connotata da un tratto epico molto marcato.
Nell'osservare le sue opere mi è sovvenuta una frase di Leo Longanesi:
«L’arte è in incidente dal quale non si esce mai illesi».
Si può dire che l'incontro con le tele di Nicola Scarato sia un impatto che lascia il segno.
- L'immagine principale raffigura l'opera “La passione di Cristo”, oggi stabilmente conservata nella chiesa di Borgotrebbia a Piacenza.
11 notes · View notes
thegianpieromennitipolis · 4 months ago
Text
Tumblr media Tumblr media Tumblr media
IL MESTIERE DELL'EDITOR - di Gianpiero Menniti
IL CANTO DEGLI DEI
Mi ha stimolato piacevolmente occuparmi di un testo come "Il Canto degli Dei" di Luigi Pullia, già candidato al Premio Nobel per la Letteratura 2024, un calabrese illustre che ha dedicato la sua esistenza alla professione (psicologo) e alla produzione poetica.
Come consuetudine, ho curato l'editing dell'opera ma anche la prefazione della raccolta di poesie, un piccolo scrigno, molto denso e suggestivo, caratterizzato da un linguaggio lineare e profondo.
Ricordo qui un passo della prefazione:
[...]
... poeta capace di un’espressione laconica, stringata, come lama, come bagliore di luce che penetri lieve nel buio di una stanza, come fosse poesia silenziosa. Un ossimoro, una stridente contraddizione? Non proprio. La musica vive nell’equilibrio delle pause, nella sapiente collocazione dei silenzi. Analogamente accade per la parola poetica: anche questa prende corpo nella ritmica alternanza tra silenzi e voci, in sorprendenti lacune nelle quali s’annida un tempo sospeso, rammentando come la parola manchi sempre all’appello, come la parola contempli in sé la fatica di cogliere bagliori dell’ineffabile. Parola che scava alla ricerca dell’immagine: traccia narrativa posata sull’antico e ovidiano “Ut pictura poesis”. Parola che evoca aporie, strade interrotte in un cammino metafisico destinato a smarrirsi. Infine, parola leggera che si fa pietra. Pietra gettata nel silenzio. Come in questa lirica tratta da “Il Canto degli Dei” - intitolata: “Istante” - dalla quale scelgo un frammento: […] L’istante in me era presenza nei gesti di quotidiana memoria, immortale momento nel tempo, quando per te l’istante era nel vento! Esemplare rappresentazione di un vissuto che si trascende in distacco lirico e dunque nell’afflato con un sentimento diffuso, con un “noto” rimasto invisibile poiché inespresso nella sua lacerante e muta stratificazione. Così la poesia silenziosa di Luigi Pullia rivela il sottofondo originario della tempesta emotiva, spesso irrisolta, che ci abita: gli è sufficiente la frase o solamente la parola finale, epilogo non scontato di un dialogo serrato con il verso.
[...]
9 notes · View notes
thegianpieromennitipolis · 4 months ago
Text
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
ARTISTI CONTEMPORANEI - di Gianpiero Menniti
LA PITTRICE DEL MARE
Ha ricevuto in dono i colori del mare, il profumo della salsedine, il vento che accarezza l'acqua e rende tersa la linea impossibile dell'orizzonte in attesa.
E il suono dell'onda, antico richiamo, perenne invocazione.
Si tratta di Vittoria Suriano, vibonese, artista nascosta, pittrice rimasta fin qui nell'ombra, portatrice di queste qualità dello spirito.
Le sue opere, dipinte su ogni supporto come a dichiarare l'esigenza di fissare in immagine la grazia di sentimenti limpidi, sono grida che squarciano l'inebriante solitudine del "grande mare" vissuto dalla riva di una baia, tra i sassi e la sabbia che offrono un saldo confine, mentre il blu dilaga stemperando ogni altro colore.
È il mare vissuto come espressione di sé: non un rapporto tra soggetto e oggetto ma "relazione" inscindibile che plasma l'osservatore in un'incessante mutevolezza.
Così, i dipinti di Vittoria Suriano sono riflessi lirici che transitano oltre la sua percezione per divenire il suo modo d'essere, il suo carattere, il suo interpretare il mondo: l'anima riesce in lei a diventare rifugio.
Anima che, nella sua unicità, possiede il mare.
Poichè solo chi lo senta nel baratro dei propri sensi può raccontarlo nel linguaggio speciale dell'arte, lasciandone traccia tra strati di pennellate intense, intrise di autentica passione.
Sovviene un'espressione di Jorge Luis Borges:
«Il mare è un antico idioma che non riesco a decifrare».
16 notes · View notes
thegianpieromennitipolis · 4 months ago
Text
Tumblr media Tumblr media Tumblr media
RECENSIONI - POLIS di Gianpiero Menniti racconta la Comunicazione l'Arte e la Politica
PUREZZA IDEALE - di Gianpiero MennitI
Antonella Daffinoti, poetessa e scrittrice, proveniente da Rombiolo, un paesino incastonato nell'altopiano del Monte Poro in provincia di Vibo Valentia, possiede una particolare vocazione: la sua scrittura tende a dire l'impossibile, a superare i limiti della parola per proiettarsi, e così trascinare con sé il lettore, in un altrove che non appartiene alla materia comune.
Con il suo "Connessione mentale", appena uscito per la collana "Athena" di Protos Edizioni, segue questa personale linea ispirativa e costruisce un dialogo tra poesia e prosa che in nulla tende a piegare la prima alla seconda, quasi a fornirle una presa con il reale: al contrario, dimostra come il sogno e dunque un linguaggio onirico, possa rappresentare non solo un atto di stile ma l'espressione necessaria di una sensibilità gettata in un luogo ideale, un irraggiungibile orizzonte di purezza.
In questo caso, la purezza del sentimento amoroso, del suo costituirsi come traccia che istituisce un linguaggio originale, unico, appartenente in modo esclusivo a chi se ne senta parte e possa interpretarlo.
10 notes · View notes
thegianpieromennitipolis · 5 months ago
Text
LEGGERE PRIMO LEVI NEL GIORNO DELLA MEMORIA - di Gianpiero Menniti
youtube
È divenuta una consuetudine, per me, onorare questo giorno di mesta riflessione con un articolo scritto tempo fa: si tratta di una lettura critica del celebre testo di Primo Levi "Se questo è un uomo", intensa e toccante autobiografia della prigionia dello scrittore torinese nel lager di Auschwitz.
Lo ripropongo anche nella versione "audio" per chi non avesse il tempo di leggere.
29 notes · View notes
thegianpieromennitipolis · 5 months ago
Text
IL RACCONTO DELL'IMMAGINE - di Gianpiero Menniti
Tumblr media
LA MENTE SENZA TEMPO
Essere stati bambini è come aver lasciato un'antica stazione ormai dimenticata. Nulla passa più di lì. Eppure nessuno l'ha demolita. I binari ci sono ancora. E anche l'orologio ingessato su un tempo infinito. E la campana pronta ad annunciare il treno. Si tratta di una stazione nella quale vivere una nuova attesa. È sufficiente sedersi e ricominciare a giocare.
35 notes · View notes
thegianpieromennitipolis · 5 months ago
Text
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
CONFERENZE - POLIS di Gianpiero Menniti racconta la Comunicazione l'Arte e la Politica
IL SAN SEBASTIANO DI VIBO - di Gianpiero Menniti
Una conferenza insolita: organizzata sull'istante per una "scoperta" particolarmente importante e che nei prossimi tempi meriterà di essere valorizzata in maniera organica: ho avuto il piacere di presentare al pubblico una tela di notevole pregio, fin qui rimasta misconosciuta, il San Sebastiano conservato a Vibo Valentia, dipinto da Gian Simone Comandé in un periodo databile tra il 1595 e i primi anni del '600.
Ne ho ricostruita la breve storia, su impulso del Sindaco di Vibo, Enzo Romeo e per iniziativa del Parroco del Duomo di San Leoluca, Don Pasquale Rosano, grazie all'autorevole attribuzione del valente storico dell'arte e ricercatore Mario Panarello che un paio di decenni fa si occupò di questa tela.
Un excursus che mi ha permesso anche d'inquadrarne la caratura iconologica e il rapporto storico-iconografico con il più celebre San Sebastiano del "Sodoma", risalente agli anni 1525 - 1527 e conservato a Palazzo Pitti a Firenze.
Questo di Vibo risulta, senza dubbio, un dipinto molto più intenso di quello che lo precedette di settant'anni o poco più.
Tanto da suscitare, nella conclusione della breve disamina, la citazione di versi a me assai cari, di Montale (da "Ossi di Seppia", 1925):
[...] Se un'ombra scorgete, non è un'ombra - ma quella io sono. Potessi spiccarla da me, offrirvela in dono.
11 notes · View notes
thegianpieromennitipolis · 5 months ago
Text
Tumblr media Tumblr media Tumblr media
SENSI DELL'ARTE - di Gianpiero Menniti
LA POTENZA DELL'IMMAGINE
Forse in pochi ne sono al corrente: a Vibo Valentia è custodita, nella casa comunale e precisamente nella stanza di rappresentanza del Sindaco, un dipinto di pregevole fattura e di notevole rilevanza storico-artistica.
Si tratta del "San Sebastiano" ascritto al pittore messinese Gian Simone Comandé (1558 - 1630) per attribuzione dello storico dell’arte calabrese e ricercatore insigne, Mario Panarello, nel suo corposo contributo al saggio “I dipinti e gli inventari di Francia e altri inediti documenti per il collezionismo nella Calabria del Settecento e dell’Ottocento: Cosenza e Vibo Valentia”.
Come rammentato dallo studioso, il quadro si rivela analogo a “una nota iconografia del Sodoma (Antonio Bazzi, 1477 - 1549), oggi nella Galleria Palatina di Firenze” meglio conosciuta come Palazzo Pitti.
Il raffronto della tela "vibonese" con l'opera assai celebre del "Sodoma" è impressionante: non si tratta di mimesi ma di una comparazione interpretativa "a distanza".
Il "Martirio di San Sebastiano" (risalente al 1525 - 1527) è, in realtà, un gonfalone per le processioni, richiesto al famoso artista di origine vercellese naturalizzato senese (ritratto nella Scuola di Atene accanto allo stesso Raffaello) dalla Compagnia di San Sebastiano in Camollia della città toscana.
Il potere salvifico della rappresentazione era dunque molto sentito: un'icona, una sorta di talismano, un'immagine dalla potenza guaritrice.
L'opera del Comandé apparteneva invece alla Chiesa del Carmine a Vibo Valentia, dove prima insisteva, appunto, la Chiesa di San Sebastiano e la confraternita del santo: “In essa chiesa antichissima - scrive Bisogni - c’era dipinta l’immagine di S. Sebastiano di Simone Comandia siciliano”.
Probabilmente anche quest'immagine doveva rivestire un valore di fede intenso e diffuso: non a caso, nei pressi della chiesa sorgeva (esistente tuttora) il caratteristico borgo denominato San Sebastiano nel centro storico della città.
Premesse fatte a richiamo sommario del significato che accomuna le due immagini.
Ora si tratta adesso di confrontarne la "potenza" nell'impatto sull'osservatore.
E qui l'allievo, a mio parere, supera il maestro: non ho dubbi che la tela del Comandé (fotografata magistralmente dal Maestro Tonio Verilio) s'innalzi a un livello di pathos molto più profondo, vissuto nella consapevolezza del martirio e in un'angosciata fede ormai piena e intensa.
Possiede già il nimbo, al contrario ancora tra le mani dell'angelo nel dipinto del Sodoma.
Ma quel che più conta è lo sfondo: il San Sebastiano di Vibo è opera che risente più marcatamente della lezione vinciana, delle apocalissi che sorgono alla vista per consumare il tempo delle cose create, dell'invisibile che cela l'archè, la forza primigenia, la terra strappata al suo manto di luce per essere gettata nella desolazione della materia.
Nella tela del Sodoma, la natura benigna e il mondo degli esseri umani proseguono il loro corso immemori del sacrificio.
Qui l'evento assume connotazione epocale.
Lì il corpo attende lo spirito.
Qui il corpo è già spirito.
È già Chiesa.
La matrice, nonostante la vicinanza mimetica, è divergente: l'opera del Sodoma appartiene a una storia ancora ingenua dei catastrofici mutamenti che devasteranno l'Europa delle guerre di religione, pur trovandosi sulla soglia del "Sacco di Roma", non può prevederne le conseguenze; il dipinto del Comandé, allievo del "Veronese" che dipinse una strepitosa "Ultima cena", risale alla fine del '500 inizi del '600, in piena controriforma tridentina (1545-1563) mentre già agisce il Caravaggio e il Barocco sta per avvitarsi sulle spoglie di un confuso Manierismo.
Immagine potente, evocativa, consapevole.
Non è la morte il destino immediato del martire trafitto dalle frecce: egli patirà la violenza brutale che l'ucciderà proprio per essere sopravvissuto al primo atto crudele.
Ma quella guarigione imprevista rimane il segno dell'impossibile, la rinascita oltre ogni drammatica condizione, la forza che respinse il motto rinascimentale albertiano, vinciano e infine machiavelliano del "tamquam Christus non esset", "come se Cristo non fosse mai stato".
No, il cristianesimo riemerge dalle sue paludi cinquecentesche per confermare la regola benedettina: "Omnes supervenientes hospites tamquam Christus suscipiantur", "Lasciamo che tutti gli ospiti che vengono siano ricevuti come Cristo".
Questo, forse, è il significato più autentico del San Sebastiano di Vibo Valentia.
14 notes · View notes
thegianpieromennitipolis · 6 months ago
Text
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
ARTISTI CONTEMPORANEI - di Gianpiero Menniti
LA MISTERIOSA VITA DELLE COSE
"Nulla esiste se non attraverso il linguaggio."
E ancora:
"Il focus della soggettività è uno specchio deformante".
Sono frasi pronunciate da Hans Georg Gadamer, il maestro di Marburgo, padre dell'ermeneutica contemporanea, arte e teoria dell'interpretazione dell'esistenza.
Davvero singolare la figura di Gadamer, nato esattamente nell'anno 1900 e scomparso nel 2002: si può affermare che nessuno meglio di lui sia stato un uomo del Novecento.
Eppure, raggiunse la notorietà solo negli anni '60 dopo la pubblicazione del suo capolavoro "Verità e Metodo".
Lo cito per raccontare un artista altrettanto singolare, calabrese, vibonese: Silvestro Bonaventura.
E per metterne in connessione le opere con il riferimento alla metafora dello "specchio deformante": la percezione soggettiva è influenzata da vari fattori culturali, sociali e storici che distorcono la visione della realtà.
In altre parole, ciò che vediamo e come ci vediamo è sempre mediato da questi "specchi" che non riflettono mai una verità pura e incontaminata.
Estrema espressione della soggettività: cosa c'è di più intensamente creativo di questo?
E di più profondamente reale?
Gli oggetti, la scena che li contiene e si costituisce innanzi agli occhi dell'osservatore, non è che l'effetto di un'interpretazione.
Non a caso Maurice Merleau-Ponty (filosofo francese dal pensiero raffinato, morì prematuramente nel 1961, quando Gadamer iniziava ad essere conosciuto) se ne fece carico per spiegare la controversa e resistente ricerca pittorica di Paul Cézanne: quella visione "im-mediata" che condusse alla mutazione dell'arte tra '800 e '900 e alla nascita dell'espressione artistica contemporanea.
Nelle sue tele, Silvestro Bonaventura racconta l'impossibilità dell'immagine ipostatizzata in una illusoria oggettività rivelandone, al contrario, l'incarnazione materiale, personificata, soggettiva.
Ed ecco che l'ermeneutica di Gadamer torna in campo.
E con lui l'idea che il linguaggio artistico formi l'esistenza delle cose.
Dopotutto, svelandone la natura: nulla di quanto appaia può essere astratto dalla relazione con l'osservatore, muta di sguardo in sguardo fino a quando il miraggio dell'oggettività non tracolli nell'utopia, in una fragilissima costruzione dalla consistenza chimerica.
La radicalità di quest'esperienza conduce, necessariamente, verso una pittura che stressa la concezione fino al limite possibile: non sfocia nell'astrazione ma riflette un modello di mondo nel quale le "cose" possiedono l'anima degli stessi occhi che le osservano.
Gli oggetti prendono vita e varcano la scena loro assegnata con la vividezza cromatica e l'impeto impedito alle "burrose" nature morte di Giorgio Morandi.
Dunque, da annullare in partenza ogni suggestione verso Derrida, nessuna "decostruzione", nessuna contraddizione con la "realtà" mentre è vivida la sensazione del "reale": l'irrappresentabile plasmato nella forma simbolica della deformazione, del dinamismo, del movimento.
Così, con Silvestro Bonaventura, il muro invalicabile della percezione viene saltato di slancio per approdare a un testo pittorico che si anima in una narrazione piacevolmente caotica e coinvolgente, imprevedibile, ricca di colpi di scena.
Come a teatro.
Il teatro come la vita.
La vita che si fa arte.
12 notes · View notes
thegianpieromennitipolis · 6 months ago
Text
Tumblr media
ARTISTI CONTEMPORANEI - di Gianpiero Menniti
ANCHISE AL CONTRARIO
Seguo da un po' di tempo le espressioni artistiche di Corradino Corrado, architetto, poeta e pittore di Dasà, suggestivo paese arroccato sulle colline delle Serre nella provincia di Vibo Valentia.
Pittore di paesaggi naturali e urbani, caratterizzato da uno stile rarefatto e nostalgico, dal colore pastoso e da figure intrise in una solida apparizione, è uno degli ultimi epigoni di una marcata visione antropologica dell'arte: le sue opere sono racconti dai quali echeggiano tracce di storia ormai perdute e che lasciano il segno di un'umanità mediterranea rimasta ai margini della contemporaneità.
Giunto tardi alla rivelazione del suo talento, ha tuttavia bruciato le tappe ottenendo immediatamente premi e riconoscimenti in Calabria e in Italia, affacciandosi anche all'estero.
Ultimamente sta crescendo in lui la riflessione sul ritratto: tra i numerosi l'ultimo, recentissimo, presenta il volto del figlio.
Un volto sorridente, vitale, accogliente, bonario, arguto.
Riverbera lo sguardo di un padre verso un figlio: colmo di tenerezza, assorto nella contemplazione del mistero sulla vita, ancora protettivo e sensibile di muti sentimenti.
Non più Enea che porta sulle spalle il vecchio Anchise ma quest'ultimo, vigoroso e solido, ad essere guida e compagno e di viaggio.
Eppure non basta.
Non è sufficiente indicare la vissuta attenzione espressionista della quale l'opera si giova.
Lo sguardo dell'osservatore deve cogliere qualcosa di più e di più intenso: lo sfondo.
Una scena che si astrae dalla "realtà" per introdurre il tema del "reale", la fondamentale distinzione lacaniana : "realtà" si riferisce a quanto si percepisce e s'interpreta attraverso i sensi e la mente, il mondo come lo conosciamo e lo comprendiamo, influenzato dalle nostre esperienze, cultura e linguaggio; "reale", invece, è quello che esiste al di là della nostra capacità di comprensione, ciò che resiste alla simbolizzazione e dunque all'interpretazione.
Lacan descrive il "reale" come "inemendabile", che non può essere completamente compreso o spiegato attraverso il linguaggio o la percezione.
Ecco, lo sfondo nell'opera di Corradino Corrado possiede questo modello esegetico: sottolinea i limiti della comprensione e l'importanza di riconoscere che esista qualcosa di più profondo e inaccessibile nell'esperienza del mondo.
E qui si svela il focus drammatico, il tono elegiaco e sommesso che il dipinto propone in un singolare, tragico, radicale contrasto.
3 notes · View notes
thegianpieromennitipolis · 6 months ago
Text
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
SENSI DELL'ARTE - di Gianpiero Menniti
LA PUREZZA DELL'IMPOSSIBILE
Helen Frankenthaler (1928 - 2011) è stata un'artista peculiare nella New York del secondo dopoguerra, la "grande mela" divenuta centro vitale della produzione artistica occidentale.
Nella congerie dell'espressionismo astratto, da Pollock a Rothko, da De Kooning a Sterne, da Newmann a Motherwell (con il quale fu sposata dal 1958 al 1971), la pittrice trovò ispirazione ma aprì un varco diretto verso una strada ulteriore e feconda: il "Color Field", la campitura vasta di campi di colore dotati di una dimensione segnica limitata al significante e dunque lacunosa di significato.
Dal "dripping" di Pollock al “soak-stain” che conferiva alle sue espressioni pittoriche la consistenza visiva dell'acquerello.
In sostanza, l'artista s'immerse nella corrente di ricerca sul colore che dagli anni '50 corse lungo due filoni: come contrasto e armonia o nella direzione della monocromia ispirata dal suprematista russo Malevič e proseguita dal francese Kline.
Ma Frankenthaler rimase coerente con l'intuizione iniziale, esplorandola fino alle sue vaste possibilità, nel tentativo di trarre dall'astrazione un'impressione di natura: "Montagne e mare" del 1952, conservato nella Galleria nazionale d'arte a Washington, è considerato una pietra miliare nella storia dell'arte contemporanea, paesaggio strappato da una potente sensibilità visiva all'atto di coscienza.
Infine sublimato in fenomeno creativo capace d'imprimere sulla tela la suggestione organica e fluttuante del vivente.
Se nel commento all'opera Morris Louis la descrisse come «un ponte tra Pollock e ciò che era possibile», in realtà ad emergere è l'avventurosa ricerca di purezza nell'immagine impossibile.
L'immagine di emozioni sedimentate nell'abisso delle percezioni.
Che delle emozioni fa muto linguaggio lirico.
16 notes · View notes