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Occhio di Utopia
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Casa del bel filosofare di me medesimo.
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thekosmicdweller · 4 months ago
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Ponderazioni (1->114)
1 - La totalità delle cose è formata da unità
2 - Ogni configurazione di oggetti atomici è un'unità
3 - Esistono unità atomiche/elementari e unità complesse
4 - Le unità complesse sono composte dalla configurazione di unità atomiche
5 - Le unità complesse sono composte da unità componenti o configurazioni componenti, a loro volta composte da unità componenti (terminologia relativa)
6 - Le unità complesse soggiaciono alle proprietà configurate delle unità componenti
7 - Ogni unità ha la sua identità
8 - L'identità di un'unità è definita dal suo non essere
9 - Ogni unità è uno spettro
10 - Ogni spettro ha un centro, quel centro è il non essere
11 - Il non essere è ciò che conferisce identità ad un'unità
12 - Il non essere conferisce identità ad un'unità identificandosi nella mancanza relativa alla totalità delle configurazioni
13 - La ragione è limitata dal linguaggio
14 - Il linguaggio corrente non può esprimere ogni concetto della filosofia
15 - Dio è la parola massima creata dall'uomo
16 - Dio è il Tutto
17 - Il Tutto è la totalità delle unità
18 - Ogni spettro ha una parte negativa e una positiva
19 - Le due parti tendono all'infinito rispettivo
20 - Ogni unità ha quindi il suo modulo (0) separato da (+) e (-)
21 - Questo modello è chiamato Arvanitis
22 - Per l'Arvanitis, esistono le cose, le non cose e le incose
23 - Per filosofia del linguaggio, il prefisso in- indica l'inverso modulare d'Arvanitis.
24 - Le incose sono diverse dalle non cose e le cose.
25 - Epistemologicamente parlando, il non essere si colloca al centro della speculabilità
26 - Le non cose sono centrali nella prospettiva epistemologicamente obiettiva
27 - Le incose sono tutte le unità che hanno proprietà inverse ad altre
28 - L'assenza e il contrario sono cose diverse
29 - L'assenza è il non essere, il contrario è l'inessere
30 - Dio è cosa, incosa, non cosa
31 - La speculazione di Dio prevede la speculazione della sua sostanza
32 - La sostanza di Dio risiede nell'inessere in quanto questo si fa immagine del mondo dell'illogico (impossibilità) che, di suo, è un infinito di grado potenzialmente meno limitato rispetto a quello del logico (possibilità)
33 - L'inessere è esperibile dagli enti solo attraverso il fenomeno e questo conferma la sua sostanzialità
34 - L'atto di passare dall'essere al non essere è il non divenire; l'atto di passare dal non essere all'inessere è l'indivenire
35 - Indivenire è la chiave per comprendere Dio
36 - Non si può passare dall'essere direttamente all'inessere
37 - L'inessere influenza e macchia l'essere attraverso il fenomeno
38 - La metà infinitesima dell'essere è accidente dell'inessere
39 - La logica è irremovibile
40 - L'illogica è diversa dalla non logica e può, come da Ponderazione n.37 e Ponderazione n.38, influenzare la forma dell'essere
41 - In quel caso, l'essere è anche immagine dell'inessere
42 - Ogni configurazione è uno schema
43 - Ogni cosa è fatta di schemi
44 - Le unità si configurano in schemi
45 - Gli schemi consentono di individuare corrispondenze tra le immagini del Tutto
46 - È possibile speculare qualcosa studiando la sua immagine se si conoscono tutte le sue unità
47 - È non possibile comprendere l'inessere con la ragion comune (logica)
48 - Per capire come indivenire, occorre capire come non divenire
49 - Per passare al pensiero illogico, bisogna passare per quello non logico
50 - Il pensiero non logico è quello già insito a priori. È nozione non logica l'autocoscienza, lo è la propriocezione fisica astimolata, lo è il cogitare stesso
51 - Comprendere il passaggio (quindi il rapporto) che intercorre tra le unità atomiche del pensiero logico e quello non logico, per Ponderazioni n.42, n.45, n.46, consente di comprendere quello richiesto per il pensiero illogico
52 - Non si può pensare illogicamente se si è, alla stessa maniera in cui una fonte di luce propria non proietta ombra
53 - Il pensiero illogico non è quello della logica sbagliata
54 - Dire
{A = B
{A + B ≠ 2A ≠ 2B
non è illogico ma logico
55 - In questi casi, parliamo di qualità della logica
56 - La logica può avere, tra le varie, qualità "erronea" (vedi Ponderazione n.54) o qualità "non razionale" (gli unicorni sono reali)
57 - Ogni cosa che si può pensare è
58 - Il Tutto/Dio è intessuto dal Tempo
59 - Il Tempo è la consecutio relativa al soggetto che la percepisce, un susseguirsi di configurazioni di unità, chiamate stati
60 - Io posso speculare con certezza e con pensiero non logico solo lo stato attuale
61 - Essere ed esistere sono cose diverse
62 - Esistere è un termine relativo allo stato di percezione
63 - Esistere significa essere tangibilmente reali nello stato di percezione
64 - Essere significa poter venir composto da una o più unità atomiche, configurazioni o stati
65 - Tutto è, ma non tutto esiste nel nostro stato
66 - Ogni stato è solipsista
67 - Il tutto è paragonabile ad un frattale infinito piuttosto che infinitesimale
68 - Dio può creare una roccia insollevabile anche da se stesso ed essere onnipotente allo stesso tempo
69 - La risposta al Paradosso della Ponderazione n.68 è nel mondo illogico, ergo non è possibile concepirlo senza indivenire
70 - Considerando le Ponderazioni n.46 e n.60, concludiamo che si può fare scienza empirica solo dello stato percepito.
71 - Non si può studiare l'illogica con la logica
72 - L'illogica non segue necessariamente gli schemi della logica
73 - Il fenomeno dell'illogica può negare completamente la logica
74 - La struttura frattalica di Dio rappresenta la superposizione degli stati solipsistici
75 - Gli stati solipsistici hanno come sostanza, tal inferibile dalla Ponderazione n.32, l'Arvanitis (con accezione di in-)
76 - Non è non utile Ponderare empiricamente dello stato percepito
77 - Ponderare riconduce a non Ponderare
78 - Tutto ciò che è stato detto fino ad ora è completamente errato
79 - Ogni cosa detta fino ad ora è assoluta verità
80 - L'evoluzione della lingua è necessaria alla tensione verso l'indivenire
81 - La lingua è immagine del conscio
82 - Se il fenomeno dell'Arvanitis macchia anche noi, essendo sostanza, allora un'ipotetica lingua omnicomprensiva, che chiameremo lingua Eidolon o Ingrigita, potrebbe parlare dell'Arvanitis
83 - La lingua Eidolon è attribuibile al non essere
84 - A rinforzar la tesi dell'Arvanitis, l'ammissione con tensione all'ignoto ipotetico della sua esistenza è di per sè una prova della tesi stessa
85 - Se Dio può tutto, allora può anche <<essere>> esso stesso paradosso, come da Ponderazione n.68
86 - Dio può ridursi e/o informarsi a ente o avatar, che chiameremo Prisma
87 - Un Prisma può essere proprio o non proprio; è non noto cosa sia un Prisma improprio
88 - Esempi di Prisma non proprio sono YHWH, Cristo, Allah, gli Dei dell'Olimpo, il Demiurgo, Sophia, il Genio Maligno.
89 - Esempi di Prisma proprio non sono reperibili, ma un Prisma proprio può essere parzialmente descritto attraverso la nostra lingua: un filtro prismatico di Dio, attraverso cui questi agisce con coscienza e autocoscienza sul Tutto come un ente "abbassatosi"
90 - Ogni unità atomica ha lo stesso valore, ma non ogni unità complessa o configurazione di unità lo ha
91 - Nella speculazione complessiva del Tutto, ogni configurazione di unità potrebbe seguirne un'altra in qualunque combinazione di qualunque qualità della logica
92 - Nella speculazione empirica di stato percepito, è <<obiettivamente>> inferibile con certezza quasi assoluta la successione temporale delle cose
93 - Esiste un margine di errore dettato dalla macchia dell'Arvanitis
94 - Solo conoscendo l'Arvanitis si può determinare con certezza l'identità dello stato di percezione
95 - Anche l'identità degli stati è data dal loro non essere
96 - Nel modello dell'Arvanitis, l'infinito preso in considerazione ha valenza diversa da quella del calcolo differenziale
97 - Nel modello dell'Arvanitis, l'infinito è di ordine ancora superiore a quelli matematici
98 - L'infinito dell'Arvanitis prende il nome di Tendenza o [9]
99 - Nel modello dell'Arvanitis, [9] - [9] = 0, in cui 0 coincide con il non essere
100 - L'eterno e l'infinito sono concetti diversi
101 - L'eterno è l'essenza immanente dell'infinito
102 - L'essenza e la quiddità sono la stessa cosa
103 - Possiamo scindere tutto e Tutto (filosofia del linguaggio), in cui tutto è l'essenza del Tutto e Tutto è la Sostanza di Dio
104 - Il Tutto si può descrivere attraverso 10 numeri simbolici, aggettivizzabili
105 - Il Numero 0, il Non Essere, numero spettrale che rappresenta il motore immobile
106 - Il Numero 1, la Sostanza, numero di Dio e del Tutto
107 - Il Numero 2, la Corrispondenza, numero degli schemi
108 - Il Numero 3, la Perfezione Spiralica, numero della ricorrenza e della prospettiva
109 - Il Numero 4, l'Accidentalità, numero dell'inessere, della casualità e del fenomeno
110 - Il Numero 5, l'Essenza, numero del tutto, di ciò "che sta a Dio"
111 - Il Numero 6, il Basso, numero relativo dei piani inferiori (traslabile per discussioni di filosofia morale)
112 - Il Numero 7, l'Alto, numero relativo dei piani superiori (traslabile per discussioni di filosofia morale)
113 - Il Numero 8, l'Idolo, numero dell'immagine e del falso
114 - Il Numero 9, come spiegato prima, la Tendenza, il secondo massimo grado di infinito (il primo è l'1)
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thekosmicdweller · 4 months ago
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Niente catene - Prefazione
Quel che segue è la prefazione al bello scritto di filosofia morale che intendo presentar come manifesto del far de la mente propria un paradiso d'inferno, od un inferno di paradiso.
È insito nella natura di uomo che ci accomuna che il nostro prosperar sia, seppur limitatamente alla potenza, infinito, e che dunque il nostro osar non si soffochi con l'oppressione de le cose che vengon da fuori o da dentro. Qualcosa di evanescente impregna le nostre membra carnose, e questo è non la brama di vivere, ma quella di affermarsi, che differisce dalla volontà di potenza nella misura in cui essa è l'anelito della sopravvivenza dell'identità, della libertà dell'essere della stessa essenza, la guerra all'onnipotenza del fato.
Quel che Milton immortalava co'l verbo di Lucifero era più che vero, nella sua assolutezza, poichè non fa che render manifesta la viltade propria dell'umanità.
Allor io sancisco Pandemonio la nostra Terra, e Inferno lo bello universo che a noi si para.
La giustificazione di Dio non reggerà giammai. Dio è il signore delle catene.
L'argomento che tratterò principalmente in questo saggio è, per l'appunto, quel de le catene. La tensione al rimuoverle, la loro natura, la loro classificazione, e confronterò lo mio bel pensiero a quel che fu di grandi menti a me anteriori.
Se mi fusse dimandato di esser nudo pe le strade del mondo nostro direi di no, poichè quel sarebbe umiliazione et deumanizzazione. Privar dell'umil decoro gli uomini è tremendo e sfrontatamente osceno; questo si suppone. Ma si io vi chiedessi di sollevar motivo per cui questo sia tale, nulla si reggerebbe se non su se stesso. Nello uomo razionale, che si fa diverso dagli animali altri, alla maniera istessa del variar della meccanica novella e quella classica, non è insita catena di genere alcuno, ma meramente indotta da fattori di tipo diverso. Ma definiamo a modo l'essenza de le catene.
Una catena è quel che potremmo dire valore, in termini di filosofia nietzschiana, ma esteso a tutto quel che non è naturale. È d'ausilio mio l'introduzione breve di un dialogo da me scritto, con protagonisti la luce et l'ombre, per dispiegare le valenze delle catene.
Il cielo crepuscolare, laggiù ove si feriva, si dissanguò di uomini eretti e iracondi, sgorgando per le spoglie di Dio onnipotente poiché lo avevano giustiziato.
Che costui fosse morto o in pena eterna e viva è mistero.
Fratelli e sorelle vi ascendevano per natural torri di nude membra, commosse delle passioni più libere di ogni uomo o bestia.
Cosa poteva più trattenerli? Ciò che si può naturalmente è l'unico vero ch'è giusto perchè instabilito.
Lontana, a tender verso l'aspra ferita celeste, era la terra, come minuta collina aguzza.
Vi serpeggiavano attorno radici avvizzite e antiche, gambe di un albero mille volte narrato. Era così secco, vecchio e nel passato stagnante che i rami magri non erano dai suoi piedi distinti.
Lì arrivarono due, alla destra e alla sinistra della pianta moribonda, un seduto e l'altro a toccar la volta con la testa. Uno brillava, e le sue luci esistevano ed erano sul resto; il secondo era, e ciò che splendeva esisteva solo su ciò che era.
Iudex. "L'hai capito, cosa sia davvero Dio, Qadmon?" chiese uno.
Qadmon. "Me lo chiedi perchè vuoi parlarmene tu, Iudex?" rispose l'altro.
Iudex. "Dio è come ciò di cui è stato immagine nella narrativa dei secoli. Sole."
Qadmon. "Concordo."
Iudex. "Tu credi dunque, come me, che Dio rischiari il tutto a tutti?"
Qadmon. "Ciò che credo differisce, in parte. L'operazione del Sole è diversa. L'operazione del Sole consiste nel farsi morsa incandescente della totalità delle cose, che questa sia morsa effettiva o teporoso abbraccio poco importa. È imposizione, anche di bene resta tale."
Iudex. "Può esistere una completa e natural naturalezza, dunque?"
Qadmon. "Quel ch'è scelto è imposto, anche la libertà. Ammettere un creatore è torto a ciò che è generato."
Iudex. "Ma non credi anche tu, Qadmon, che personificar l'atto di generare ti stia ottenebrando come tanto critichi? L'esistenza ammette logicamente un creatore, che esso sia persona o meno, ed è per logica stessa che le cose debbano esser come sono alla radice e in alcun altro modo. Sostieni vi sia differenza?"
Qadmon. "La peccaminosa natura della volontà degli opulenti."
Iudex. "Ripeti uroborici i medesimi errori. È vano discutere su quest'etica, poichè all'accidente, non resta che accettare l'impossibile essenza della vera libertà."
Qadmon. "Lo scurimento delle cose è aberrazione grammaticale. La dispersione dei raggi di luce fa naturalmente essere la naturalezza."
Iudex. "Perché ciò che è naturale è necessariamente migliore?"
Qadmon. "Non parlo di migliore, Iudex, io parlo di vero."
Quel ch'è inteso nelle parole che sovra ho scritto non è che un'analogia di simboli. Le catene non sono che luce, ed è per motivo espresso che si può viver d'ombre, di luce a moltitudine o di mediocritas neutrale.
Il nostro Inferno è irradiato accecatamente da un mondo di brillamenti demiurgici, opera di quel che diremo un malvagio fabbro che si impone su ogne cosa con le veci d'un sole, portandovi il Paradiso.
Il fabbro è sia ente di luce che fautor di catene, poichè le abbiamo capite esser cosa medesima, e altri non è che la mostruosa e aberrante società radiosa.
La società radiosa o lunare, res extensa del fabbro, ha pilastri e costrutti deboletti ma dall'inespugnabil aestetica, brillante e splendente e maravigliosamente lucente, che ne fan parer la solidità invera - e si badi al prefisso in, poichè non si parla di non verità ma del suo inverso perfetto e lunare, come luna si finge ente della notte ma non è che riflesso del malvagio fabbro -.
Per chiudere l'opera magna del demiurgo: la società, pregna di luce e con immagine un maligno fabbro, incatena chi la compone e inonda di Paradiso l'Inferno.
In qual modo ciò definisce una catena?
Una catena è definita dalla negazione dell'attuarsi di una potenza umana che sia logicamente nelle sue facoltà. Una catena è un raggio di luce che s'impone sulla tela buia.
Quel ch'erano prima di me affermavano che vi fosse un superuomo, tal che chi l'era in latenza si trasfigurasse dapprima in un leone dal suo stato di cammello, zavorrato dal bagliore delle catene riflettenti, e infin in un fanciullo libero e buio. Io credo che questo sia un atto di debolezza. Io credo che nè Qadmon nè Iudex abbiamo ragione, ma che il patto dalle loro mani stretto sia la scelta da percorrere. La libertà totale di quel genere non è che un'in-incatenazione, nonchè l'opposto modulare e perfetto dell'incatenazione. Come Nidhogg rosicchiava le radici di Yggdrasil, così il malvagio fabbro irradia l'Inferno e il Pandemonio, in un bilancio necessario per la libertà di discernimento e il libero arbitrio. Quel ch'è giusto è una cartesiana ristrutturazione dell'etica e la morale, un abbattimento di quel che c'è e c'era al fin di ottenerne una faccia novella, che sfugga e affronti luciferina il fabbro e la luna.
Niente catene. Questo è il giusto principio. Ma poi che ve ne siano di nuove, nostre e corrette, con una tensione allo zero.
Tendere alla vetta è imperativo per l'uomo novo, l'uomo libero, l'uomo vero e naturale.
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thekosmicdweller · 7 months ago
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De la scritta maniera
Non fu mai intenzion mia immortalare ciò che segue, ma la sfrontatezza di chi mi è inferiore m'ha portato a cambiar la rotta, a navigar per li mari de la bella parlata. Sarò superbamente destro ne la revelatione dell'ars mea, de la quale ho già fatto sfoggio certo e completo in quanto precede.
In questo breve trattato, come da titolo annunziato, vomiterò atomi de la scritta maniera, affinché chi come me non compete nel fare pulcri versi possa manipolare gli italici dirsi.
Il punto primo della scrittura è quello del peso. Si immagini l'accostarsi di parole - o costruzioni di sintagmi che siano - come materia, di cui ogni singolo elemento detiene, appunto, il proprio peso. Verrà naturale pensare che vi sia differenza tra parola e parola seppur uguali di senso, e certamente vi è. Per esempio, se io fossi ne la situazione di dover scrivere di una divina creatura giunta dai candidi cieli, utilizzerei alti termini tingendoli di passati idiomi. Ne evidenzierei lo splendore dicendola maravigliosa, parlerei della sua pulcritudine piuttosto che della sua bellezza, citerei anzichè l'ale le piumate braccia di bianco sfavillio. Si ricordi che pur sempre di peso si parla e, dicendolo nella logica dei numeri, il valore è assoluto: più chiaramente rivelato, una cosa nefasta egualmente rispetto ad una alta vedrà un pareggiarsi del peso.
Il punto secondo della bella scrittura è il peso non quantitativo, ma qualitativo. Ogni parola o costruzione detiene la propria valenza qualitativa che ne determina il ruolo nel discorso e il discrimine di una rispetto all'altra. Vien a farsi cosa una con le polisemie, che siano di specie regolare o metanarrativa. È opportuno aver parsimonia nella scelta dei vocaboli - o sistemi di vocaboli - da apporre ad un periodo, nei termini delle loro sfaccettature plurime. Ad esempio, sia data la parola "dimonio" e sia richiesto di descriverla in incognito contesto. Dirò del dimonio la sua magrezza al fin che siano messe in risalto ambedue la smuntezza e l'empietà, o ne dirò l'iniquo serpeggiare per evidenziarne il viscidume e la reità primigenia. Si badi che anche qui ho scelto vocaboli pesanti e materiosi per l'assolutezza del peso proprio del dimonio. La qualità è forse la regola più importante, se considerata in funzione delle costruzioni - qui si parlerebbe di peso qualitativo relativo - : l'ordine delle parole e dei sintagmi può essere modificato per potenziare inconsci stati. Metterò un aggettivo prima del suo sostantivo se lo crederò di maggior peso, porrò il verbo in un punto ponderato del periodo se lo vedrò gravar a la giusta maniera lì. La qualità ha infinite strade percorribili, che ci portano al terzo punto.
Il punto terzo è quello di ricordarsi che la lingua non è che schifosa limitazione del magnifico pensiero umano. Noi siamo migliori della lingua. Noi siamo più alti. La lingua è nostra deboletta fabbricazione e noi la dobbiamo dominare. È imperativo che noi uomini giungiamo oltre gli idiomi, ma finchè vi soggiaciamo, che questi si pieghino al nostro volere e non viceversa. Le parole e le costruzioni, che si cambino a favor de la bella parlata, che i verbi si disgreghino in funzion de la movenza delle cose, che i periodi si facciano pazzi e insani. Non v'è licenza che non regga, non v'è eccesso, niuna cosa è errata, e seppur io sia ipocrita a far belli periodi con arcaicheggianti messinscene, che sia maledetta quella puttana della lingua. Che si dica nefando, materioso e mille altre parole che non sono.
Quarto e definitivo pilastro è quello della forma. Dopo aver analizzato l'essenza, era naturale discorrere di questa. Per forma io vo intendendo quel che le persone chiaman suono, ma credo che tal nomea sia eccessivamente restrittiva. Addolcirò una parola o un periodo se dovrò narrar d'angeli, li inasprirò se dovrò narrar di dimoni, mi manterrò su mediane ma alte parole se dovrò narrar di nefilim. Si tratta di forma anche nel bel caso del ritmo delle cose, che marcerà a una maniera o a un'altra in base all'energia detenuta dal soggetto, o nel caso dell'elisione, strumento di ineffabile utilità in analoghi casi.
Che mi si affronti, che mi si facciano appunti insulsi, io credo in modo certo e vero in quanto rivelato in queste brevi righe disperate. Si badi che la componente estetica non è mai messa in discussione.
Se non capisci quello che c'è scritto, non è affatto colpa mia. Poichè io scelgo di scrivere in un certo modo. Ma altrimenti, che gusto ci sarebbe?
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thekosmicdweller · 8 months ago
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Il Negativo di Lucifero
Il bel verbificare m'è sempre caro in ore di tedio. E mi pare doveroso far sì che si manifesti chiara una cosa: io mi vedo dinanzi al foglio come tintor di tele astruse e invere, ebbre di senso e pregne di mistica estetica. Non colgo torto nel giocar con i figmenti di parlato per generare pesati sintagmi. Per esempio, il torto è colto poichè è ambedue scovato e da me raccolto nella misura in cui è strappato dai fasci d'erba. Questo è quanto mi premeva testimoniare in merito al bel verbificare, e si badi che dico testimoniare in quanto mi faccio vicario del mio pensiero ermeneuticamente convoluto: per cui non mi si venga a dire che vi sia sproposito vanitoso. Il bilancio dell'estetica e del suo senso intrinseco è imperativo. Che termini l'odiosa lamentazione.
È doloroso ammetter la ragione del mio fu compagno Lon per una volta ennesima sulle questioni della vita. In questo breve scritto non farò che dichiarare quanto finalmente ho compreso sull'essere microcosmico e terrestriale, quello di noi uomini, e tratterò della struttura che ho deciso di chiamare Negativo di Lucifero.
Non mi considero un uomo di scienze, seppur vi creda indubbiamente, poichè quel che penso danza per paradossali passi eccessivi, ma ho convinzione ferma e irremovibile che il tutto sia nella logica meccanico - mi si potrebbe puntar contro il dito, alla volta dell'incoerenza, ma so che il discorso di Dio non perisce nè fa perire nulla; che sia dato tempo al tempo, e la soluzione del divin enigma sarà parola -, ed il suo essere meccanico è materia dell'episteme della vita umana.
La vita è di per suo orribile e nefasta, dal momento che i meccanismi chimici delle nostre cervella son così intricati da darci parvenza di un'entità superiore del concepire, che in realtà è non vera. Si vive in un mondo intrinsecamente grigio, nella misura in cui tale è reso dai meccanismi terribili autogenerati in noi; una camera riecheggiante.
È quindi sia sbagliato che giusto affermare questa colorazione delle cose.
Conseguenza di questo paradosso è il male di vivere degli umani.
Le due vie percorribili sono, meramente, quella del paradiso infernale e quella dell'inferno paradisiaco.
In una, la prima, si vive secondo il grigio, nell'altra, la seconda, si osserva il Negativo di Lucifero. Procederò ad illustrarle entrambe.
Chi vive la prima vive più felice, poiché soddisfa la meccanica natura delle cose. Sfama i propri bisogni, adempie ai propri dettami, accetta la realtà e la imbraccia sfruttandone il vero.
Chi vive la seconda è invece più affranto. Immola la sua percezione al Dio Esteta, vive di un maligno mascherato da agnello che si ribalta nel suo realizzarsi, vive la vita falsa ma fa qualcosa che chi vive alla giusta maniera non può fare: le assegna un senso, seppur falso. Ma la sua falsità differisce dal grigio solo qualitativamente.
Ho intensamente ponderato su cosa sia meglio, a livello soggettivo, ed ho trovato la seconda vita migliore. L'unico senso di vivere è trovare un proprio falso senso, falso quanto il suo colore originale poichè mera percezione.
Personalmente ritengo che non vi sia realizzazione o senso migliore della Passione, esplicata nel mio flusso di coscienza precedente.
Chi osa solo proferir parola contro i venti di questa è uno schifoso schiavo del paradiso infernale, vincolato a catene sovrastrutturali che bramo spezzare come se le mie mani fossero tenaglie.
Covo ineffabile odio per coloro che mal interpretano quanto detto.
Se ogni colore fosse unito, non ne verrebbe che grigio. E quel grigio è unto di maligno più di quello naturale.
È il peggiore di ogni colore.
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thekosmicdweller · 8 months ago
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Legge di Conservazione dell'Umanità
Non ho dimistichezza nel poetare, sarà per questo che discuterò come in un saggio di bel sapere le considerazioni su cui ho ponderato con astio e passione, piuttosto che enunciarle in gracili versi dal sottotesto sublime.
In questa breve dichiarazione enuncerò cosa ho tratto, nel corso della mia breve vita ed esperienza, dall'animo umano e la sua natura, e lascerò librarsi il mio odio inenarrabile al volgere del sipario finale.
Lasciate che io incominci parlando della legge di conservazione dell'umanità, qualcosa su cui aveva centrata ragione il mio caro compagno Lon, seppur non in maniera completa.
Io credo con fermezza che ogni umana emozione sia in ognuno di noi in natural maniera, che esse si esprimano o che restino meramente potenza, e che posseggano un'unica ancora o sostanza, che chiameremo Passione. La Passione è una dicotomica entità, che fonde in sè le due verità primigenie, l'odio e l'amore, da cui dipendono alchemicamente e accidentalmente le minori emozioni. Per esempio, la paura è così forte perchè è amor di vivere.
Nel nostro disquisire ci concentreremo sulle prime due.
È certo e vero che la sostanza sia eterna nell'uomo, e che dunque i suoi volti la seguano nell'infinitudine. L'odio è eterno, l'amore è eterno, e per ambedue le ragioni di dicotomia di principio e comun divisore, individuiamo l'uguaglianza tra essi.
Se si ama, si è potenzialmente dannati poichè si è accidentalizzato l'infinitesimo, il punto più vicino all'eternità, e mettere a tacere l'atto è di erculea difficoltà.
Per questa ragione, poichè deboli perfino all'infinitesimo, noi uomini ameremo all'infinito. E se così non sarà, allora ci saremo confusi e quello amore non era. Per smettere di amare, cosa possibile, bisogna ricorrere alla legge originale. L'amore è eterno, l'odio è eterno, l'amore può divenir odio permanendo nella sua eternità, quasi come un'alchemica trasmutazione.
Io ho avuto modo di provar l'infinitesimo in atto, nel mio passato, e ho compreso i mille versi e le cento liriche che cantano e cantavano gli uomini, e ho anche compreso il motivo, come dichiarato sopra: l'odio e l'amore non sono che l'infinitesimo atto accidentale della Passione.
L'amore mi ha travolto in maniera inenarrabile, una valanga ossimora che esce dallo spirito ma al contempo ti spinge via e ti sballotta. Quando ho dovuto trasmutare, ho esperito in transizione la tempesta più tremenda di ogni stagione, monsone, uragano o apocalisse che sia, e poi ho odiato, conservando la stessa incommensurabile Passione.
Quest'ultima egra sezione delle mie parole è dichiarata ai vili e nefasti che stoltamente confondono l'infinitesimo con il grande.
O' voi vili maledizioni, il potere in vostra mano è quello di un dio malvagio, e le vostre schifose nefandezze quelle di un sole mangia-terre.
Odio, l'odio che si prova, l'odio che provo non è mesto disprezzo ma Passione malata e incancrenita, un tempestar di tamburi infernali e di marce diaboliche che bestemmiano e lacerano l'aria ad ogni verbo, tra catrami e carbone e peci e braci dispente che fan fumo, tra venti soffocati e folgori nere, tra l'acredine di feci e smunto sangue.
Possano morire coloro che mentono l'identità della Passione. Possano esser traditi dalla stoltezza uroborica d'altri.
Io odio eternamente. Non smetterò di odiare se non amerò.
A uno di voi, se mai leggerà queste parole, non auguro che ripugnanza.
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