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Il Toscanofilo
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Il sigaro Toscano, lo stortignaccolo, da due secoli racchiude la magia, i segreti, l'orgoglio della grande tradizione artigianale del Centro Italia. Su questo blog ve ne raccontiamo aneddoti e curiosità.
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toscanofilo · 7 years ago
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Una lenta fumata tra passato e futuro
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Il 2018 è l’anno in cui il Sigaro Toscano celebra i suoi 200 anni di storia: un percorso lungo fatto di casualità, aneddoti e successi… ma com’è cambiata l’immagine del Toscano nel corso della sua lunga vita?
Da quel famoso acquazzone del 1815 sono cambiate molte cose, eppure quel sigaro chiamato affettuosamente “stortignaccolo” ha lasciato una traccia profonda nell’immaginario collettivo italiano e non solo. Ma a chi è rivolto oggi il Sigaro Toscano e cosa rappresenta a duecento anni di distanza?
Come tutti sanno, il Toscano non nacque da un progetto definito, ma da un imprevisto rovescio a dir poco provvidenziale. Quei piccoli sigari di “scarto”, forti e intriganti, presto divennero un simbolo di svago quotidiano, una rituale piacevolezza intima e personale. Oltre al suo sapore, quale fu la vera forza del Toscano? Da semplice prodotto destinato ai quartieri poveri di Firenze, il Sigaro Toscano si diffuse rapidamente in tutte le case, nei bar e nei luoghi pubblici, senza alcun tipo di connotazione sociale. Fu questo il segreto vincente.
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Il gusto del Toscano s’insinuò come abitudine quotidiana tra aristocratici, commercianti, operai e contadini, senza distinzioni sociali. Il basso costo dei sigari e il loro gusto peculiare ne fecero un prodotto di assoluto successo. Giuseppe Garibaldi, combattente mercenario ed eroe dei due mondi, amava fumare il Toscano così come Vittorio Emanuele II, discendente della famiglia nobile dei Savoia e primo Re d’Italia.
Se per il poeta Giuseppe Ungaretti il Toscano rappresentava la vicinanza al mondo del proletariato, il regista Sergio Leone “invitava” la star hollywoodiana Clint Eastwood a tenere un toscanello tra le labbra! Nel corso di duecento anni, artisti, pittori, musicisti, politici e gente comune hanno vissuto avvolte dalla stessa nuvola densa e corposa… del sigaro Toscano.
Oggi, invece, chi sono i fumatori dell’erede dello “stortignaccolo”? I tempi cambiano velocemente e il Toscano, eccellenza del made in Italy anche all’estero, ha cambiato nuovamente volto.
Continua certamente ad essere un sigaro amato dagli esperti, da chi se ne intende, da chi lo assapora lentamente e più volte per carpirne la paletta aromatica, la sapidità, il grado di piccantezza oppure l’umidità. Eppure, parallelamente alla categoria degli “aficionado”, il sigaro Toscano si è affermato in modo evidente tra giovani, donne e hipster, diventando un simbolo di stile, eleganza e moda.
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Certo, per chi guarda al Toscano con un occhio nostalgico sarà un po’ difficile accettare questa realtà, ma la storia di questo sigaro dimostra di non aver mai posto barriere, né di classe né di genere. Il sigaro Toscano del nuovo millennio si è scrollato di dosso quell’immaginario comune che lo associava ad un target composto necessariamente da fumatori esperti con parecchi anni di fumo lento alle spalle.
Oggi il Toscano, difficile negarlo, è trendy, di largo consumo e, ancora una volta, ha abbattuto ogni barriera conquistando un pubblico sempre più vasto e giovane di consumatori. Non è un caso che, negli ultimi anni, alcuni prodotti siano stati pensati proprio per nuovi appassionati che vogliono scoprire con curiosità ed entusiasmo questo mondo affascinante. Sigari leggeri o aromatizzati non tentano di escludere il pubblico esperto, ma hanno l’obiettivo di rivolgersi anche alle nuove generazioni.
I tempi corrono, cambiano velocemente e con loro è giusto che cambi anche il nostro amato Toscano, legato alla tradizione ma adeguato al mondo che gli ruota attorno! Il Toscano è una passione per tutti e non esclusiva: appartiene a chi scrive recensioni, a chi lo gusta abbinandolo ad un bicchiere da bere, a chi ama tenerlo spento e a chi lo considera un accessorio da abbigliamento o simbolo di stile.
“Un mezzo sigaro toscano e una croce da cavaliere non si negano a nessuno”, Vittorio Emanuele II
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toscanofilo · 7 years ago
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Fumate lounge
Sere fa mi sono tuffato nella notte, in compagnia del mio pacchetto di Toscanelli, per un giro nei club dove si fa buona musica indipendente. E’ stato piacevole scoprire i Nu Smooth Affair, una neo formazione nata dal sodalizio artistico tra il trombettista Cesare Vincenti e il chitarrista Luca Burocchi, entrambi provenienti da studi accademici, ma diversi per generazione e con esperienze musicali che affondano soprattutto nel jazz per Vincenti e nel blues rock per  Burocchi.
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Durante la serata hanno presentato il loro primo album, Jazzy Instinct. Dieci brani strumentali godibilissimi, interamente scritti e arrangiati dai due leader del gruppo, che si inscrivono nel genere nu jazz, con la particolarità di accogliere elementi e suggestioni che vanno dal latin al rock, passando per il funk, la bossa nova e i ritmi afro. A fare da trait d’union il talento di Vincenti, musicista maturo ed elegante, che con i suoi fiati (tromba e flicorno) riesce davvero a toccare e unire gusti e generazioni diversi.
Inevitabile seguirli, a pochi giorni di distanza, nel loro secondo live dove la vocalist Selene Capitanucci - salita due anni fa agli onori di critica e pubblico a X-Factor interpretando Giudizi Universali di Samuele Bersani - ha dato voce a Jazzy Instinct. Alla domanda perché questo particolare connubio, vista l’ampiezza di suggestioni che il disco offre, Cesare Vincenti mi dice di essere stato «subito colpito dalla voce di Selene, dalla sua freschezza timbrica e versatilità di stili che le consentono, già alla sua giovane età, di esprimere una spiccata personalità interpretativa».
Penso proprio che Jazzy Instinct sarà la colonna sonora di una delle imminenti mie serate di festa. Intanto, mi sono procurato la mia copia su Amazon. Con i Nu Smooth Affair, fumate “lounge” assicurate.
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toscanofilo · 8 years ago
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“Ciascun sigaro Toscano ha la sua individualità, né più né meno di qualsiasi altra creatura”, Mario Soldati.
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toscanofilo · 8 years ago
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La Maremma in un calice
Stavolta il Toscanello Grand Tour muove i suoi passi da un doppio anniversario che cade proprio nell’anno che si sta per concludere: i quarant’anni del Centre Pompidou a Parigi e i dieci della cantina Rocca di Frassinello, entrambi progettati da Renzo Piano.
E’ di quest’ultima che vi racconterò perché tappa ad alta concentrazione di gusto, storia e arte. Sorge su un poggio tra le colline di Giuncarico (Grosseto), concepita come una terrazza per valorizzare lo straordinario paesaggio che la circonda, dove lo sguardo si perde indisturbato all’orizzonte. L’uva, appena colta, viene portata qui per essere poi passata nei tini e il vino nelle botti in rovere.
Scavata nella roccia per garantirne condizioni di temperatura ideali, si trova il cuore della fabbrica, la cantina. A forma di anfiteatro, può contenere fino a cinquemila barrique che eseguono tranquille il loro lavoro, disposte su gradoni come spettatori silenziosi.
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I vini prodotti a Rocca di Frassinello sono per la maggior parte blend, costituiti cioè da una miscela di uve italiane (Sangiovese e Vermentino) e francesi (Merlot, Carbenet Sauvignon, Petit Verdot e Shiraz) qui coltivate.
Nella tenuta si trova anche la necropoli etrusca di San Germano, una delle più importanti realtà archeologiche facenti parte dell’antica città etrusca di Vetulonia, costituita da tombe a tumulo.
Tutto questo è raccontato anche in una mostra, il cui allestimento è curato da un'altra archistar, Italo Rota, che si terrà fino a tutto dicembre negli spazi della Rocca, dedicata in particolare all’uso del vino in età etrusca con esposti i reperti ritrovati nella necropoli. E’ noto, infatti, come gli etruschi fossero produttori di vino e, secondo alcune ricerche, dediti alla coltivazione del Sangiovese, il vitigno toscano per eccellenza.
Tornati a casa con una importante etichetta di rosso, l’abbinamento suggerito è con l’edizione 2017 de Il Moro.
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toscanofilo · 8 years ago
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Segnali di fumo… creativi
Il Toscanello Grand Tour ha fatto tappa a Segnali di fumo, la mostra svoltasi a Roma al MACRO Testaccio dedicata al fumo inteso come “stato alternativo di percezione della realtà”, promossa da Fondazione Maccaferri insieme a Roma Capitale, Assessorato alla Crescita Culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e la collaborazione di Fondazione Giuliani.
Nove artisti hanno utilizzato il fumo esplorandone tutta la duttilità creativa. E così Gavin Turk gioca con le volute di fumo, captandone entità, volti, figure e fiori. Giovanni Ozzola , il più giovane, esplora il rapporto psicologico con i paesaggi e gli elementi della natura. In questo caso una nuvola di fumo, stressandone l’aspetto drammatico con il bianco e nero.
C’è poi la nuvola di fumo che attraversa lo spazio urbano “vista” da un oggetto meccanico, la cinepresa, visione non umana di Laurent Grasso. Pae White lavora sulle eleganti e sensuali volute di fumo che sembrano uscire dalla tela.
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Con Claudio Parmiggiani il fumo diventa lessico artistico, creando un dialogo simbolico con la scrittura fino a sfociare in un idioma astratto. Reynold Reynolds cala nelle fiamme una famiglia che non sembra esserne turbata nello svolgimento della vita domestica. Cyprien Gaillard ci induce in una attesa beckettiana, verso un treno che non arriverà mai. E’ invece la luce il campo di sperimentazione di Ann Veronica Janssens dove il vuoto acquista fisicità.
Infine, Paolo Icaro, il più toscanofilo, con un’opera volta a conservare la memoria di un gesto privato, fugace, a volte nascosto e proibito, e il profumo indimenticabile del sigaro Toscano, tanto amato dal nonno dell’artista.
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toscanofilo · 8 years ago
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Joe Bastianich e il Toscano Del Presidente
Dedichiamo questo post a un “eroe moderno” che si sta distinguendo sui social e ha un legame forte ma “laico” con i sigari Toscano. Parliamo di Joe Bastianich, italiano globale, mito culinario e televisivo, influencer Instagram. Come sommare insieme tutte queste competenze e trasformarle in una “bomba digitale”? Di analisi possibili sulla sua propensione a postare foto ironiche e particolari ve ne sono diverse ma a nostro avviso, talvolta, è troppo semplificativo ridurre il comportamento di una persona sul web, ancorché di una certa fama, a un modello prestampato. 
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Che tipo di engagement fa Bastianich con i suoi follower? A quali logiche e strategie di marketing dobbiamo il suo stile inedito, irriverente, che non ha paura di lanciare “sfottò” ai suoi più vicini colleghi dello show-biz? Secondo noi, una volta tanto, vale la pena parlare di “spontaneità”. Non ci sembra così ovvio che ci sia un guru dei social dietro a Joe, non ci pare che la sua attività su Instagram risponda a chissà quali profilazioni del pubblico, non crediamo onestamente che ci sia del marketing dietro ai selfie e alle immagini che Bastianic lancia sul social. Così come il suo legame con i sigari Toscano -  diventati ormai un compagno inseparabile dello chef - la trasposizione digitale del personaggio non lascia spazio alla ricercatezza e raffinatezza che, al contrario, è parte integrante di qualsiasi architettura digitale studiata dai professionisti del settore.
Non ci sono filtri o inquadrature particolari, niente pose studiate o angolature frutto di attente valutazioni. Insomma, niente di paragonabile alle strategie che altri “vip” utilizzano su Instagram, ma per fare cassa: pensate alla top-3 mondiale di Instagram in termini di guadagno: Selena Gomez, Kim Kardashian e Cristiano Ronaldo. Quest’ultimo guadagna “solo” la medaglia di bronzo con oltre 300mila dollari messi nel taschino per ogni post! Cifre incredibili, niente a che vedere con la “verità vera”, umana e genuina del nostro Joe. Che spesso pubblica degli scatti con il suo amato Toscano fumante. E finalmente abbiamo anche scoperto quale dei Toscano è solito estrarre dal portasigari: si tratta del Presidente, uno dei prodotti più apprezzati, soprattutto nell’ultimo periodo, della Manifattura di Lucca. Un sigaro sincero che si adatta benissimo alla personalità di quell’italiano internazionale nato e cresciuto nel Queens. Un sigaro “vero” per persone autentiche che, anche nella notorietà, riescono a lasciare aperti i rubinetti della spontaneità.
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toscanofilo · 8 years ago
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Riflessioni sul Festival di San Giustino: un evento dall’elevato potenziale
Durante una due giorni di clima tutto sommato mite è andato in scena, a inizio giugno, l’attesissimo Cigar & Tobacco Festival di San Giustino. La location, forse, non poteva essere migliore: la meravigliosa cornice di Villa Magherini Graziani ha conferito all’evento quel tanto di “solenne” che molti aficionados desideravano. Ma non pensate che l’aspetto formale abbia prevalso sul resto: sono stati due giorni di divertimento durante i quali abbiamo conosciuto molte persone in gamba, preparate e appassionate di tabacco.
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Il nostro auspicio è che il debutto del Festival si tramuti in un appuntamento fisso nel panorama del fumo lento italiano. Sicuramente una programmazione annuale come questa mancava e non può che giovare alla cultura del tabacco tricolore. Il fumo lento sta prendendo piede in ampi settori della società italiana (ma non solo!) e il mormorio delle reti social lo testimonia. Si tratta di una evoluzione culturale e allo stesso tempo estetica. Il sigaro Toscano è contraddistinto, lo abbiamo detto fin troppe volte, da un “set valoriale” che tange tantissimi settori della cultura italiana contemporanea: dalla moda Made in Italy al vastissimo mondo dei distillati e vini di pregio.
Insomma il fumo lento è sempre più “collante” sociale, culturale e, perché no, economico. E’ il trait d’union di mondi che si attraggono anche senza esplicite strategie di marketing. Mondi affini per un presente in cui, nonostante la crisi, anzi forse proprio grazie alla crisi, nascono e "gemmano" sui territori esperienze, boutique artigiane, piccole manifatture che trasformano la tradizione locale e l'esperienza tramandata di generazione in generazione in prodotto commercializzabile, apprezzato e conosciuto non solo in Italia ma anche all'estero.
Insomma, il Festival non dovrebbe essere solo un raduno autoreferenziale di amanti del tabacco ma potrebbe diventare molto di più. Già quest'anno le numerose degustazioni hanno "illuminato" i non esperti sugli innumerevoli abbinamenti fra sigaro, pipa e alcolici di pregio. Ma perché non immaginare, per il futuro, più angoli dedicati alla barberia, alla moda artigianale? Abbiamo già scritto quanto la filosofia del nuovo "Maker 4.0" sia affine, nella sua modernità radicata nella storia, al mondo del fumo lento: un motivo in più per fare del Festival, nei prossimi anni, anche un testimonial della tradizione manifatturiera italiana in senso lato. Le sinergie, ne siamo certi, anche a vantaggio del mondo del sigaro, sarebbero numerose e interessanti le partnership di vario genere che possono nascere.    
La cornice tardo rinascimentale di Villa Magherini Graziani con il suo sobrio ma elegantissimo giardino è una location perfetta che ben si presterebbe a "estendere" la ragion d'essere di un evento che sicuramente è nato bene, ma proprio essendo al debutto può ancora trovare la formula ideale. Dal canto nostro, l'esperienza di rollare il nostro primo Sigaro Toscano grazie alla guida della sapiente (e paziente) sigaraia è stata impagabile e ci ha fatto tastare con mano la complessità di una professione di grande pregio.
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toscanofilo · 8 years ago
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Stilnovo Banfi e Sigaro Toscano Stilnovo MST: un vino speciale per un sigaro speciale.
Oramai il Vinitaly è un evento imperdibile per ogni amante del buon vino, della cucina e della tradizione italiana, di tutto ciò che il favoloso mondo dell'artigianato tricolore sa produrre, esportare, pubblicizzare nel mondo. Vinitaly non è più solamente un'esposizione di calici e un evento di degustazione, è una vera e propria fiera del saper fare. Di quel Made in Italy che in tutto il mondo viene invidiato. Quel Made in Italy che, troppo spesso, noi per primi sottovalutiamo: è un'autentica leva di sviluppo economico, di incremento occupazionale, di crescita culturale, estetica e, aggiungiamo, di piacere puro dell'olfatto e del gusto!
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All'ultima edizione noi ci siamo stati, e mai come quest'anno abbiamo toccato con mano (abbiamo avuto, fortunatamente, più tempo a disposizione!) l'impressionante varietà che l'evento presenta. E abbiamo autenticamente brindato a una combine che non pensavamo potesse verificarsi. Parliamo di Stilnovo: il sigaro innovativo che le Manifatture hanno lanciato nel 2016 e l'omonimo vino della cantina Banfi, cantina che per inciso è in cima alla speciale classifica "5Star Wines" presentata durante l'evento.
Non potevamo non cedere alla tentazione del doppio Stilnovo: quello da calice e quello da inspirare. Quest'ultimo, prodotto delle Manifatture Sigaro Toscano, è un sigaro che ha spiazzato non pochi fumatori e aficionados del Kentucky. Un sigaro particolare, innovativo nella costruzione e anche nel packaging. Se alcuni hanno storto il naso, notiamo però che altri hanno dato allo Stilnovo MST il tempo di maturare e con qualche mese passato in humidor i giudizi sono, talvolta, radicalmente mutati.
L'abbinamento con lo Stilnovo Banfi ci ha entusiasmato non solo per il calibro visuale ma anche per la delicatezza morbida e fruttata di questo vino, curato con pratiche enologiche risalenti al quindicesimo secolo. Caratteristiche le quali, secondo noi, ben si accompagnano ad un sigaro dal gusto "diverso".
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E non deve essere un caso che, sempre al Vinitaly, Stilnovo Banfi abbia saputo battersi (medaglia di bronzo) anche nella competizione, lanciata quest'anno per la prima volta, sul design del packaging, oggi sempre più leva fondamentale troppo spesso considerata una mera mossa di marketing ma che invece nasconde tecnologie e innovazione che nei distretti produttivi emiliani (ci riferiamo alla "packaging valley") tanto sviluppo e talento attirano nei territori.
Stilnovo MST + Stilnovo Banfi? Se volete regalarvi qualche quarto d'ora di piacere estetico, di pura eleganza, se volete stupire un amico per un aperitivo da ricordare, possiamo garantirvi che non ve ne pentirete.
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toscanofilo · 8 years ago
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A Lucca splende la Chiesa delle Sigaraie. Tappa imperdibile per gli amanti del Toscano.
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Una tappa imperdibile per coloro che volessero “perdersi” nelle terre toscane è la chiesa di Santa Caterina di Lucca, conosciuta anche come Chiesa delle Sigaraie. Un angolo remoto per troppo tempo dimenticato, recentemente riaperta dopo oltre quarant’anni di chiusura grazie all’ingente opera di restauro finanziata dal Ministero dei beni culturali.
La struttura non è più pericolante e grazie ai lavori di consolidamento è oggi possibile ammirare quelli che potremmo definire gli “effetti speciali” dell’epoca, certo non frequenti nel Barocco Romano (la chiesa risale alla metà del 1700). Ad esempio la curiosa soluzione che permette, dal basso, di osservare un affresco “in sospensione” attraverso un’apertura sul centro della cupola. L’affresco è fissato su travi di legno all’interno di un’intercapedine fra cupola e soffitto dell’edificio.
La facciata esterna è invece sobria e non desta particolarmente l’attenzione. Ciò non vuol dire che la chiesa non fosse un luogo importante nella società lucchese dell’epoca: tra diciottesimo e diciannovesimo secolo Santa Caterina è stata un ritrovo di grande prestigio perché offriva alle sigaraie della vicina manifattura la possibilità di osservare il proprio rituale durante la pausa pranzo. E proprio per onorare la memoria delle antiche sigaraie lucchesi, le moderne colleghe della Manifattura Tabacchi hanno spinto affinché lo Stato mettesse a disposizione le risorse necessarie a riportare alla luce questo gioiello dimenticato.
Ci sembra un fatto positivo, inoltre, che il ripristino non abbia tentato di celare eccessivamente gli ingenti lavori di restauro. Benché si siano utilizzati prevalentemente materiali “originari”, la messa in sicurezza sismica dell’edificio ha comportato interventi sulle murature, sui solai, sulle capriate lignee e sulla cupola che hanno previsto l’impiego di elementi anche in acciaio inossidabile.
La filosofia degli interventi è stata non “sostitutiva”, ovvero di rimpiazzamento delle strutture originarie con nuovi assetti, bensì “di sostegno”, affiancando materiali innovativi a quelli antichi e logori per affiancarli e supportarli, mantenendo inalterato il valore storico dell’edificio. Così come l’innovazione tecnologica ha fatto breccia nel mondo della produzione dei sigari toscani i quali, però, con le preziose mani delle sigaraie lucchesi tramandano di generazione in generazione una storia ormai secolare.
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toscanofilo · 8 years ago
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L’i(n)spirazione del Toscano: intervista a Marco Sonzini dal cuore dell’industria discografica U.S.A.
Marco è un giovane ingegnere del suono. Originario di Piacenza, oggi vive a cavallo tra l’Italia e Los Angeles, dove trascorre gran parte del suo tempo lavorando al cuore dell’industria della musica. Lo abbiamo scoperto grazie ad una brillante puntata di US Generation, che potete guardare cliccando qui. Eccolo per voi intervistato dal Toscanofilo!
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Sui tuoi profili social campeggiano molte foto che ti ritraggono mentre fumi un Toscano Originale e nell’intervista che hai rilasciato a Rai News il Toscano sembra quasi un oggetto di culto, una liturgia. Da dove viene questa passione e cosa significa per te?
La mia passione per i sigari toscani risale a diversi anni fa. Nemmeno mi ricordo esattamente quando è cominciata. All’inizio, (almeno 15 anni fa) più che per un rituale quotidiano, ero solito fumare un Extravecchio il giorno del mio compleanno, a Natale o a Capodanno. Oggi il Toscano è simbolo del mio legame con la mia amata Italia, un ricordo quotidiano della mia esperienza qui negli Stati Uniti, ma anche il mio particolare escamotage per “disconnettermi” dal resto del mondo.
Sappiamo che anche nell’area di Los Angeles ci sono alcune tabaccherie che vendono Toscani. Ti è mai capitato di comprarli in loco o te li porti solo dall’Italia?
Metto sempre parecchie scatole di Toscani in valigia quando sono in Italia. Non ne ho mai comprati a Los Angeles per due ragioni principali: sono praticamente impossibili da trovare (in particolar modo l’Originale), ma soprattutto ho una mia routine quando, nella mia città natale, vado sempre nella stessa tabaccheria un giorno prima di ripartire per gli Usa. Inoltre a Los Angeles il clima è molto secco rispetto al Nord Italia, quindi è fondamentale che i sigari siano stati conservati in modo adeguato, al giusto grado di umidità. Altrimenti, da queste parti non durerebbero a lungo.
Giri sempre con un Toscano in tasca o dedichi un momento particolare della giornata?
Ho sempre due Toscani ammezzati nella mia custodia in pelle che un caro amico mi regalò diversi anni fa. A seconda del tempo a disposizione posso fumare mezzo Garibaldi (o magari qualcosa di più veloce, come un Toscanello Speciale) fra due sessioni in studio, ma è raro che abbia tempo a disposizione, quindi di solito tengo un Originale per il dopo cena nel mio giardino. Fra l’altro, a Los Angeles spesso è proibito fumare anche per strada, quindi trovare un luogo adatto per godersi un sigaro in pace non è così facile come può sembrare.
Negli Stati Uniti quando si parla di sigari il pensiero va ai caraibici. Quali sono, per i tuoi gusti, le principali differenze con gli stortignaccoli?
Occasionalmente mi capita di fumare sigari toscani, magari in occasione di eventi particolari anche perché richiedono molto tempo a disposizione. Non li conosco benissimo e quello che posso dire è che hanno un sapore molto meno forte e molto più dolce rispetto al tabacco Kentucky stagionato. A volte me li regalano degli amici che sanno della mia passione per i sigari: recentemente Kevin Bacon è stato così gentile da donarmene uno dopo una sessione di registrazione!
Ti è mai capitato di imbatterti in un fumatore di Toscano negli States o sei un caso più unico che raro?
Non capita mai, soprattutto sulla West coast. Ogni volta che tiro fuori un toscano la reazione di chiunque sia nei paraggi è la stessa: “cosa diavolo è quello?”. Mi guardano come se fossi un alieno. Devo però dire che è ogni volta un modo carino per iniziare una conversazione con chiunque.
Da “twittatore” nonché “instagramer” seriale, cosa ti piace comunicare attraverso i social? Abbiamo curiosato e scoperto che sei amico di Joe Bastianich. E’ vero che anche lui è un appassionato del Toscano?
Di solito i miei post sono relativi a temi vicini al mio lavoro: la vita in studio, strumenti per registrare, mixare...insomma il mondo della musica. Dal momento che passo gran parte della mia vita in studio mi piace condividere i momenti che portano alla produzione dei dischi. Penso che possa interessare alle persone, specialmente oggi che tutto è così digitalizzato. Parlando di musica, ho incontrato Joe pochi mesi fa agli Speakeasy Studios di Los Angeles mentre lavoravo al suo progetto. Lui è l’unica eccezione alla domanda precedente: è il primo e anche l’unico americano che io abbia incontrato che davvero conosce ed ama i sigari Toscani!
Ti ringraziamo per il tempo che ci hai dedicato e dato che la tua Mustang blu elettrico sembrerebbe purtroppo al capolinea, ci permettiamo di segnalarti che una Shelby Cabriolet con il Toscano ci andrebbe a pennello!
Certamente inoltrerò l’idea a mia moglie ;) Grazie a voi, è stato un piacere!
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toscanofilo · 8 years ago
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Ecco perché i Maker 4.0 fumano Toscano
Che il sigaro toscano fosse trait d’union fra stili, mode, generazioni ed epoche storiche distanti lo dicevamo già un anno fa, quando l’89° edizione di Pitti Uomo ci offriva numerosi spunti per notare la crescente attenzione delle nuove generazioni per il manufatto di Kentucky che inorgoglisce la Toscana. Un anno dopo, vogliamo tornare a parlare di sigari toscani e nuove tendenze, ma da una prospettiva differente: quella dei “maker”, a cui il sito di Pitti dedica ampio spazio.
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C’è chi storce il naso di fronte alla pretesa di classificare i nuovi artigiani con “tag” che forzosamente modernizzano professioni e ruoli sociali strappandoli al loro passato, alla loro storia, a una tradizione che non ci si dovrebbe vergognare a chiamare “artigianale”. Molti maker infatti si considerano artigiani a tutto tondo, anche se innovatori. Quello che cambia è, spesso, il modello di produzione, la revisione profonda dei processi, il crescente utilizzo di strumenti informatici in un connubio perfetto fra dimensione digitale e maestria manuale. In questi anni di crisi, ce lo siamo detti fin troppe volte, l’artigianato che ha contribuito a saldare il tessuto sociale italiano negli anni del boom economico ha subìto una profonda crisi. Ma anche una profonda trasformazione, e i maker sono figli dei tempi moderni.
La cosiddetta “manifattura 4.0”, ovvero l’artigianato potenziato dalle nuove tecnologie, dai big data, dalle moderne tecniche di stampa 3D, dalla robotica e da una sinergia sempre più stretta fra uomo e macchina, altro non è che l’evoluzione che ha accompagnato, inesorabilmente, il mondo artigianale. Ci sarebbe molto da dire anche sull’atteggiamento che il sistema-paese (politica compresa) ha nei confronti delle cosiddette “startup”, che nel mondo dell’artigianato altro non sono che le tradizionali botteghe. Ma non è questo il posto giusto per parlarne e, soprattutto, cosa c’entra con i sigari toscani?
C’entra perchè moltissimi “maker” sono abituali (benchè misurati e attenti) consumatori di stortignaccoli. C’entra perchè le nuove mode guardano al passato per sperimentare il futuro e attingono a piene mani da quei modelli estetici che, negli anni ’80 e ’90, nessuno si sarebbe mai sognato di emulare. Modelli ai quali il bouquet cromatico e visivo del sigaro toscano si rifà, portando fieramente alla luce una tradizione culturale e, perché no, artistica, che riesce ad essere al contempo innovativa e radicata nella tradizione. Il rifiuto di uno slancio modernizzatore troppo spesso forzoso, sfrontato e spericolato riconduce alle radici storiche e sociali. E’ così che la manifattura riacquista la propria dignità, non più in second’ordine rispetto al mito del colletto bianco. E’ così che lo startupper, animatore della quarta rivoluzione industriale, si sente “maker” nella sfida quotiana dell’innovazione, ma inesorabilmente artigiano quando estrae un manufatto di Kentucky.
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toscanofilo · 8 years ago
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Le quattro stagioni del sigaro Toscano: da Terry Nesti un inno al Made in Italy 
Quattro abbinamenti scelti e tante suggestioni da un esperto d’eccezione
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Terry Nesti ama definirsi “fumoso divulgatore” e “degustatore curioso”. Così è conosciuto tra gli appassionati di sigari, Toscano in particolare, sebbene di mestiere faccia il formatore aziendale. Sul suo profilo Instagram dispensa immagini cariche di suggestioni visive, olfattive e gustative riguardo a ricercate specialità enogastronomiche, come il panettone con crema di Balsamico (sì, proprio lui, l’aceto di Modena). E così abbiamo pensato che Terry fosse la persona giusta a cui chiedere quattro abbinamenti per quattro stagioni. Con il sigaro Toscano, ovviamente!
1) Inverno. E’ la stagione delle grandi feste della tradizione ed evocativa di atmosfere meditative. La stagione più tradizionale, quelloa in cui c'immaginiamo seduti davanti al fuoco di un caminetto sulla nostra bella poltrona di pelle rossa con in mano il nostro Toscano Originale. E nell'altra un bicchiere di brandy naturalmente! Essendo la stagione delle feste inizieremo anche davanti ad una fetta di panettone. Il mio brandy preferito è senza ombra di dubbio il Villa Zarri 21 anni, mentre il panettone è quello classico della Pasticceria Pepe di Salerno. Tre grandi prodotti simbolo dell'artigianalità italiana, del lavoro e dell'attenzione per la tradizione che si sposano in un voluttuoso connubio.
2) Primavera. E’ l’epoca del risveglio, dei colori, in cui l’aria è sempre profumata. Il mio sigaro di primavera è il Toscano Soldati, una selezione dei migliori tabacchi campani per avere un prodotto morbido e piacevole da fumare. In quelle sere tiepide, abbinato ad un bicchiere di Franciacorta, che in questo caso è il Millè dell'azienda Muratori. Il tabacco Kentucky ben si sposa con la bolla fresca e piena. I due attori si uniscono e vanno a creare un ensemble fra i sentori di cuoio nobile del nostro sigaro e le note di crosta di pane del metodo Classico.
3) Estate. Giovane, solare, tutta energia. E’ giunto il momento di lasciarsi andare e di liberarsi dalle costrizioni dello studio e del lavoro. Ed è bello passeggiare per la città semivuota all'imbrunire con un sigaro in mano. Per comodità la mia scelta va certamente ad un ammezzato, in questo caso mi piace il Toscanello XXL, un'edizione limitata, ma un sigaro di ampio respiro. Camminando con il caldo della sera il sigaro si fa importante, c'è bisogno di stemperarlo e possiamo fermarci al bar e bere un'aperitivo, il mio consiglio va su un Tom Collins, cocktail semplice ma molto dissetante.
4) Autunno. Per i poeti e i letterati è da sempre la stagione della melanconia. In tempi più recenti, è vivacizzata dai tanti eventi enogastronomici. Perfetta per le passeggiate nei boschi e nei borghi storici più belli d’Italia. O per meditare in un boschetto dove gli odori complessi dell'autunno si fanno sempre più presenti. Per me è il momento del Toscano Extravecchio, un sigaro che profuma di Toscana, un sigaro non eccessivamente intenso, ma molto caratteristico, io lo definisco il peperoncino della gamma a marchio Toscano, perché è quello più piacevolmente spigoloso. È il sigaro giusto per aprire una bottiglia di vino rosso, meglio se un supertuscany come Solaia, con qualche anno di età (direi almeno dieci).
Ringraziamo Terry Nesti per le preziosissime suggestioni che ci ha regalato in questa breve ma intensa lista di combinazioni! Un autentico inno alle note gastronomiche nonché estetiche tipiche del Toscano e, più in generale, del Made in Italy. 
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toscanofilo · 9 years ago
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Un augurio speciale di Buon Natale alle sigaraie che da oltre 200 anni, con una tecnica rimasta praticamente inalterata nel tempo, ci regalano i prelibati sigari Toscano.
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toscanofilo · 9 years ago
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“Allo spuntar dell’alba fredda dell’inverno un sigaro Toscano fortifica l’anima”, Stendhal
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toscanofilo · 9 years ago
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I 300 anni del Chianti Classico
Occuparsi della storia del Chianti Classico, il famoso vino DOCG prodotto in alcune aree della Toscana, comprese tra Firenze e Siena, è un po’ come entrare in una favola, in un mondo antico fatto di nobili casati.
La sua nascita viene fatta risalire al 1716, al tempo in cui il Granduca Cosimo III de’ Medici definì con il bando “Sopra la Dichiarazione de’ Confini delle quattro regioni Chianti, Pomino, Carmignano e Val d’Arno di Sopra”, unico nel suo genere, i territori adatti per la produzione di vini alta qualità.
Da allora sono trascorsi “300 anni e nemmeno una penna bianca”, come recita l’efficace slogan scelto dal Consorzio di tutala di questo pregiato vino.
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Il Chianti Classico (da non confondere con l’altro DOCG, il Chianti) è composto con Sangiovese (80-100%) e da altri vitigni, purché a bacca rossa (20%), come gli autoctoni Canaiolo Nero e Colorino, oppure gli stranieri Merlot e Cabernet Sauvignon.
Tra i 100 migliori vini d’Italia, scelti dalla prestigiosa rivista americana Wine Spectator, nemmeno quest’anno potevano mancare etichette blasonate: il Castello di Brolio 2006 della Ricasoli (il barone Bettino Ricasoli viene ancora oggi considerato il principale sostenitore del Chianti Classico), il Castello d’Albola 2011, etichetta che prende il nome da un castello appartenuto alle più nobili famiglie toscane (gli Acciaioli, i Samminiati, i Pazzi, i Ginori Conti, ecc.) e il Bellavista 2007 della cantina Cantina di Ama sulle cui vigne Pietro Leopoldo d’Asburgo Lorena nel Settecento scrisse: “sono ben esposte, assolative, tutte tenute ottimamente e come giardini: questa parte è la più fertile e la più rinomata del Chianti.” Così si può ancora oggi dire di questa come delle altre vigne della zona.
E il sigaro Toscano? Un calice di Chianti Rosso (in commercio ce ne sono anche di più abbordabili rispetto a quelli citati) e Stilnovo. Un long-filler dall’aroma tra il cuoio e il legno, realizzato a mano dalle sigaraie di Lucca per festeggiare i dieci anni di Manifatture e invecchiato quattro anni con una particolarità tutta nuova, caraibica: la doppia fascia, una interna di Kentucky italiano e una foglia selezionata esterna di Kentucky americano che gli conferisce un gusto amaro e intenso.
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toscanofilo · 9 years ago
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Toscano in noir. Intervista ad Alberto Minnella
Il Toscano è il sigaro degli uomini con il senso del giusto e della verità. Lo è stato per Il Biondo impersonato da Clint Eastwood in “Il buono, il brutto, il cattivo” di Sergio Leone; per il tenente Colombo, nella riuscita interpretazione di Peter Falk. Personaggi di fantasia del grande e del piccolo schermo. Altri se ne possono trovare tra le pagine di un libro. Uno dei casi più recenti è quello del commissario di polizia Paolo Portanova, scaturito dalla penna del giovane autore Alberto Minnella, di cui è in uscita, proprio in questi giorni, la terza storia: Portanova e il cadavere del prete, per i tipi della Fratelli Frilli Editori. Un personaggio nel quale Minnella mette una certa dose di se stesso, come la passione per il jazz e per il sigaro Toscano, tra cui una appassionata degustazione di Extravecchio, tutta da scoprire.
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Nella conversazione che segue, Alberto ci racconta della sua opera, dell’amore per Siracusa, in particolare per Ortigia, l’isola che costituisce la parte più antica della città, del rapporto che lo lega al personaggio del commissario Portanova, rivelandosi un ottimo compagno di puffate.
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Le inchieste del commissario Portanova sono ambientate negli anni Sessanta. Perché questa scelta e come immagini la Sicilia di allora?
«Ho iniziato a scrivere il primo romanzo su una Olivetti Lettera 32, datata ’63-’64. Da qui l’illuminazione: la curiosità di conoscere la Siracusa (e Ortigia) di quegli anni e di scoprire quanta distanza c’è con la città che è oggi. È stato un vero e proprio viaggio nel tempo. Ho poi cercato di creare un universo parallelo, ricostruendo la vita del commissario Portanova in una Ortigia che fosse mia, un vero e proprio labirinto malinconico in cui perdersi».
Già nel titolo del penultimo romanzo, Una mala jurnata per Portanova, introduci in narrativa l’uso del dialetto siciliano. Perché questa scelta?
«Il mio primo romanzo l’ho scritto usando la terza persona. Forse per avere una distanza di sicurezza dalla materia romanzo che mi scivolava di mano tutte le sante volte (capita ancora, devo dire). Da Mala jurnata in poi ho scelto di correre qualche rischio in più, lasciare che il lettore ascoltasse la storia gialla direttamente dalla bocca del protagonista, cioè un poliziotto siciliano degli anni sessanta. Immediata, dunque, la scelta del siciliano, che non è dialetto, ma carta d’identità. Per ovvi motivi ho dovuto sporcare il tutto con dell’italiano».
Nelle tue storie il sigaro Toscano è una presenza ricorrente. Come nasce la passione per questa eccellenza italiana?
«La mia passione per il Toscano è nata poco più di sei anni fa, per caso e per gioco. Fino ad allora ero un semplice fumatore di sigarette. Qualcosa, poi, deve essere scattata nella mia testa e l’amore per lo stortignaccolo non mi ha più abbandonato e ho condiviso quest’esperienza con mio padre, fedelissimo fumatore di Antico. Una cosa che ci unisce e non poco.
Ho abbandonato le sigarette (non mi piaceva più il gusto) e non ho fumato altro che sigari toscani. Negli anni ho scoperto che un mezzo Toscano è, inoltre, un compagno fedele, silenzioso e anche un grande amico: grazie al suo aroma pungente e al piacere di ritagliarmi del tempo per fumarlo lentamente, mi costringe a un piacevole isolamento dalla rabbia e dalle persone che in quel momento non ho assolutamente voglia di vedere. E di solito sono moltissime».
Il commissario Portanova sembra quasi che non riesca a concentrarsi senza un Toscano. Che tipo di rapporto esiste tra te, il personaggio e questo sigaro? E qual è il tuo preferito?
«Fra me e Portanova c’è un rapporto di amore e odio e non è un personaggio che ho creato a mia immagine e somiglianza, anche se in lui c’è più di qualcosa che mi appartiene. Ho, per esempio, regalatogli il mio caratteraccio, esasperando pregi e difetti e prestatogli il vizio del fumo. Ho scoperto, man mano che scrivevo, che fargli fumare ossessivamente un sigaro era un buon modo per farlo cincischiare con qualcosa mentre la sua mente elaborava e metteva insieme fatti e indiziati. Maigret ha la sua pipa e il suo gris; Portanova ha il suo brontolare e il suo mezzo Extravecchio».
Quali sono gli  abbinamenti che preferisci? Ce n’è uno in particolare che dedicheresti ai lettori de Il Toscanofilo?
«Fumo spesso Extravecchio e Antico. Ho trovato due abbinamenti che mi fanno letteralmente godere: Extravecchio e American Pale Ale del Birrificio Alveria (una birra straordinaria prodotta a Siracusa), e Antico e Talisker Storm. Provare per credere».
Il commissario Portanova non si fa mai mancare un Biancosarti. C’è qualche bevanda o cocktail “vintage” che ti piace in particolare?
«Adoro la birra amara e il whisky. Più vintage di così?»
Di Siracusa hai scritto: “è l'onestà travestita da brigante”. E’ un’immagine forte e intrigante. Puoi raccontarci qualcosa di questa affascinante località della Sicilia?
«Dietro la facciata c’è sempre qualcos’altro. La natura nascosta delle cose difficile da disvelare. Siracusa, e quando parlo di questa città non intendo, appunto, il gioiellino freddo per turisti che si è abituati a vedere, è una città difficile e a volte asfissiante, ma che sotto la gonna nasconde tanta dolcezza. Nello sguardo duro di un ortigiano scorgo tutta la malinconia delle buone cose passate».
In città ci sono fumoir dedicati o angoli particolarmente suggestivi per gustare il sigaro? Qual è il tuo luogo del cuore?
«Quando mi trovo a Siracusa non posso fare a meno di passeggiare fra vicoli e viuzze di Ortigia, scoprendone a volte dei nuovi dove non ero mai stato, con un buon Toscano acceso fra le labbra. È una di quelle cose che mi rimette al mondo».
All’aficionados che viene in viaggio a Siracusa dove consigli di andare per fare scorta di stortignaccoli?
«Consiglio di andare alla tabaccheria Zuccaro, in via Adda 11. Il posto ideale per chi vuole qualità e competenza».
Ora, Amici, non rimane che tuffarsi nelle pagine del nuovo romanzo. Una lettura carica di suspense. Perché proprio quando il caso sembra risolto, ecco che se si apre un altro filone d’inchiesta, che farà dire a Portanova “La mia giornata finì esattamente com’era iniziata: male”, aggiungendo malinconia a un tormentato autunno.
Grazie Alberto, per la disponibilità e la piacevole chiacchierata che hai regalato ai lettori de Il Toscanofilo.
Portanova e il cadavere del prete è disponibile in libreria e su Amazon.
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toscanofilo · 9 years ago
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Istanbul, Smirne ed Ankara sulle note del sigaro Toscano
Passeggiare lungo le rive del Bosforo, nella Kalesi (cittadella) di Ankara, o immergersi nel riverbero dei raggi solari nel golfo di Smirne, che attraversiamo su un vecchio ma agile battello che fende, come un rasoio, l’acqua vitrea increspata da quello che sembra in tutto e per tutto un meltemi fuori stagione. Brevi ma intensi ricordi di un viaggio in Turchia.
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Non voglio annoiarvi con i “corsi e ricorsi” che mi hanno portato a tornare in questo angolo d’Europa. Mi soffermerò quindi su alcuni dettagli che ci interessano molto, dettagli di costume e ovviamente… fumosi!
Mi ha colpito infatti la penetrazione della moda, dell’estetica, del gusto italiani in alcune nicchie del triangolo metropolitano che abbiamo fugacemente toccato. In particolare, nelle province più dinamiche del paese non è raro imbattersi in boutique, botteghe e tabaccherie di alto livello. E non mancano certo i sigari. Che tuttavia, a quanto mi dicono, non fanno parte propriamente della tradizione del fumo in Turchia.
A Sud del Bosforo, quindi, davvero si fuma “come turchi”? L’espressione risale al sedicesimo secolo quando – morto un Pascià proibizionista – venne dato fuoco ai tabacchi di tutto il Paese in segno di festa. La Turchia è un paese demograficamente giovane e le mode occidentali prendono piede, nonostante l’aria da regime. Dalla sigaretta, che ormai fa tanto anni Novanta, i nuovi standard della moda hipster e un gusto estetico un po’ retro non fanno fatica a diffondersi fra trentenni e quarantenni. Soprattutto nel weekend, quando sigari e sigarelli – li chiamano “puro” - scandiscono lente passeggiate in scenari mediorientali.
Abbiamo provato a fumare qualcosa di locale, ma ci sono sembrati tutti prodotti piuttosto leggeri. Mi ha inorgoglito invece l’aver trovato i Toscanelli delle nostrane Manifatture, che si stanno diffondendo, sembrerebbe, a macchia d’olio. Proprio come quell’artigianato della moda italiana che, in quanto a valori, tradizione ed estetica tanto hanno in comune con i sigari Toscano. Chissà quando ricapiteremo da queste parti, ma non mi stupirei se – oltre ai Toscanelli – anche altri sigari più “importanti” trovassero in Turchia lo spazio che meritano.
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