Tumgik
zsjournal · 5 years
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Dream Journal #1
- The beginning - 110325 -
Ero lì. Ricordo, che ero molto piccola. Dieci, undici anni al massimo. Mi trovavo nelle zone più alte della montagna che sovrastava il mio villaggio. Raccoglievo fiori, e sassolini colorati, ero seduta sotto una rientranza creata da delle rocce rotolate giù da una vecchia frana. Andavo spesso in quel posto, si stava bene ed era divertente giocare su quei prati. Poco più in basso c'era la foresta, e ancora più giù il dirupo che tagliava a metà la valle. Lassù la primavera si poteva sentire in ogni molecola dell'aria che si respirava. C'era vento, era leggero, e frizzante, mi pungeva il naso. Indossavo una tunica di cotone azzurro, ricamato sullo scollo e sui bordi delle maniche e della gonna con fili color sole, e al polso avevo un nastrino azzurro. Dalla schiena spuntavano le mie vecchie ali. Erano così piccole all'epoca, avevano ancora un po’ del piumaggio da cucciolo, erano marroni sulle punte con piume lucide e precise, e color sabbia sulle basi, dove le piume erano morbide, e più simili ad una peluria scompigliata. Era da poco che iniziavo a fare prove di volo, magari lanciandomi da piccole altezze, per vedere quanto riuscivo a trattenermi in aria, e quanto potevo arrivare in alto. Quello mi sembrò il momento perfetto per effettuare una prova di lancio. Misi addosso la tracolla, mi ravviai una ciocca dei capelli color menta, bloccandone la frangia con un piccolo fermaglio. Iniziai a sbattere le ali, stiracchiandole e preparandomi per spiccare il volo. Mi alzai da terra a fatica, ma dopo poco riuscivo già ad essere abbastanza in alto da poter vedere le pianure che si estendevano oltre il dirupo. Iniziai a volare goffamente, mantenendomi a poca distanza da terra, per evitare che magari cadendo, potessi farmi troppo male. Dopo una manciata di minuti che zigzagavo fra gli alberi, decisi di alzarmi di quota, giusto di qualche metro, tanto per vedere oltre gli alberi, e capire dove stessi andando. Era bello guardare tutto da lassù, vedevo le fronde verde scuro delle querce , vedevo come la foresta proseguiva in discesa, verso il dirupo, e fu allora che lo notai.
Un sentiero, al quale non avevo mai fatto caso, che conduceva dalla foresta proprio sul picco più sporgente del crepaccio. Lì c'era una strana costruzione, sembrava un qualche tipo di fortificazione, era grigia e scura rispetto a tutto il resto dell'ambiente intorno. Scesi a terra, decidendo di continuare a piedi, più per stanchezza che per altri motivi. Ero piena di curiosità, chissà cosa era, magari avrei trovato un tesoro come uno di quei grandi esploratori della città. Presi dalla tracolla una delle mele che mi ero portata, ci soffiai sopra per spolverarla, e ne strofinai un lato sulla stoffa della tunica, era bello vedere come il suo rosso diventasse più vivo e lucido. La addentai, saltellando di roccia in roccia, su quel sentiero. Sfido che io non lo avessi notato, l'effettivo segno del camminamento si poteva vedere solo dall'alto, e tutto attorno era stata lasciata l'erba alta, le rocce, le radici sporgenti, tutto lasciato come se dovesse effettivamente rimanere nascosto.  Chi sa perché.
Continuando a camminare notai che la viottola era segnata di tanto in tanto da due rocce perfettamente levigate poste ai lati.  Seguii le pietre, mentre il bosco iniziava pian piano a sfoltirsi, tutto diventava pian piano secco, grigio, smorto. Il sentiero ora era fuori dal bosco, il terreno era duro, come se fosse pietra, ed era coperto solo di rocce e arbusti di rovi secchi. Ormai ero quasi vicina alla costruzione, e con mia grande sorpresa mi resi conto che non erano rovine di una qualche fortezza come avevo pensato inizialmente, ma era un enorme e vecchissimo albero. I rami erano quasi tutti spezzati, formavano qualcosa simile ad una corona, che effettivamente dall'alto poteva essere scambiata per la cinta di merli che solitamente ha una torre. Più mi avvicinavo più i particolari si facevano nitidi. La corteccia era aggrovigliata, di un colore pallido, e vi erano avvolti attorno dei fili, con dei pendenti di pietra nera. Poggiai una mano sulla corteccia, accarezzandola con la punta delle dita, sembrava come di toccare un blocco di arenaria. Girai attorno all'albero guardando i pendenti. Erano sigilli, con su incise delle rune di protezione. Ero curiosa, ed entusiasta di quella scoperta, non vedevo l'ora di farlo vedere ai miei amici! Nel lato dell'albero più esposto verso il dirupo, trovai una strana apertura, non come i classici fori dove vivono allegri scoiattolini, una specie di grata composta da rami intrecciati, come se fosse...una prigione.  Mi allontanai di qualche passo guardando l'albero nella sua interezza, c'erano punte di frecce un po' ovunque, bruciature grigiastre e segni di graffi. Non li avevo notati prima...credo si fossero confusi con i motivi della corteccia. Mi avvicinai nuovamente alle sbarre, avvolgendovi le mani per vedere cosa ci fosse all'interno. Magari era un nascondiglio segreto per qualche tesoro. La mia mente di bambina viaggiava ben più alta della realtà che di lì a poco mi si sarebbe presentata davanti. Stringendo gli occhi per poter guardare con più accuratezza ciò che era all'interno quasi non mi venne un colpo quando sentii qualcosa muoversi, e vidi due enormi occhi azzurri puntarsi verso di me, avvolti dalla più totale oscurità. Strinsi le mani attorno alle sbarre con timore, ero spaventata, non sapevo cosa fare. Rimasi lì a fissare quegli enormi occhi, quando un movimento di quella Cosa non mi fece destare da quell'impietrimento. Si stava avvicinando all'apertura, però non venne sotto la luce diretta, si fermò poco più vicino. Riuscivo a vedere molto poco della sua figura, riuscii a riconoscere la forma di due grandi ali, rosse a giudicare dai riflessi delle piume.  Non riuscivo ancora a identificare cosa fosse, aveva i capelli lunghi, neri come la pece. Iniziò a parlare, con un filo di voce, mentre continuava a guardarmi, sembrava essere impaurito quanto me, se non di più.
<<Hai... Qualcosa da mangiare...?>> Riuscii a sentire, sforzandomi non poco. Rimasi per un attimo ferma, a pensare su cosa fare effettivamente, per poi prendere coraggio, e iniziare a parlare.
<<Cosa ci fai qui? Dov'è la tua mamma? E il tuo papà?>>
Attesi una risposta, che però non arrivò, ricevetti solo altre occhiate spaventate e confuse. In silenzio presi dalla tracolla l'ultima mela che mi era rimasta, e la spolverai sulla tunica, per poi porgerla all'oscurità fra le sbarre.
<<Tieni. Ho solo questa.>> Dissi, quasi giustificandomi.
La mela era colpita da un singolo raggio di luce che la faceva brillare ancor di più nell'ombra, vidi le sue mani, piccole, tremanti, dalla pelle nera, afferrare timide la mela, che poi scomparve nell'oscurità. Doveva avere davvero fame, perché per una buona manciata di minuti non parlò più. Mi guardai intorno, cercando di capire perché fosse lì dentro.
<<Tu, sei un maschio, o una femmina?>>  Chiesi ancora, presa dalla curiosità.
<<Sono un maschio. Non ho una mamma ne un papà, loro non mi volevano. Sono solo.>> 
La sua voce era così triste che mi si strinse il cuore.
<<Beh non sei più solo! Ci sono io ora! Mi chiamo Gwen, e tu?>> 
Ero una bambina dopotutto, il detto "non dare confidenza agli sconosciuti" era ancora solo una regola stupida degli adulti. Lui non rispose alla mia domanda, ma emise una specie di ringhio, iniziando poi ad urlarmi contro. <<Vattene via!! Non lo sai che sono pericoloso? Secondo te perché sono chiuso qui?? Tanto nessuno mi vuole. VATTENE VIA!>>
Lo vidi rintanarsi nell'angolo dal quale era uscito, la sua voce era spezzata, come se stesse per piangere. Mi alzai, iniziando ad allontanarmi, offesa da quel suo comportamento. Volevo solo essere gentile. Mi bloccai poco prima di entrare nel bosco, e lanciai un occhio all'albero. Sbuffando misi le mani attorno alla bocca e urlai. <<Guarda che non mi arrendo!! Tornerò presto!!>>
Speravo con tutto il cuore che mi avesse sentito, sorrisi tra me e me, fiera di ciò che stavo facendo e gongolando corsi verso casa. Non sapevo che oltre a lui, anche qualcun altro mi aveva sentito, lo avrei scoperto solo il giorno dopo.  
La mattina dopo mi svegliai presto, misi degli abiti più comodi e riempii la borsa di mele e qualche vestito per poi uscire di casa e correre di nuovo in alta montagna con la scusa di raccogliere dei fiori. Non appena arrivata lassù, mi alzai in volo, ancora goffamente, e cercai dall'alto il sentiero, mi avvicinai, sbattendo le ali più veloce che potevo per avvicinarmi il più possibile al crepaccio. Atterrai malamente sul limitare del bosco, e cadendo mi sbucciai un ginocchio. Mi morsi le labbra mentre gli occhi mi si gonfiavano di lacrime, ma dovevo fare una cosa più importante. Dovevo essere una bimba grande. E le bimbe grandi non piangono per un ginocchio sbucciato. Trattenni le lacrime come meglio potevo e stringendo la tracolla fra le mani  zoppicai verso l'albero. Mi avvicinai alle sbarre e mi sedetti lì in basso, erano abbastanza basse da poter stare seduti, e poter guardare dentro senza impedimenti. Tirai fuori dalla borsa una mela e la lucidai soffiandoci sopra poi guardai dentro, cercando con lo sguardo quegli occhi azzurri.
<<Hey? Ci sei? Ti ho portato altre mele, non sono riuscita a trovare altro.>> 
Risi giustificandomi imbarazzata mentre tendevo la mano nell'oscurità, aspettando. Sentii la mela alleggerirsi, e la vidi sparire nel buio, esattamente come il giorno prima, poi li vidi. I suoi occhi, azzurri come degli zaffiri giganteschi, e luminosi come piccole lune. Sorrisi stringendo le mani attorno alle sbarre  mentre le lacrime mi rigavano ancora le guance.
<<Mi piacciono le mele. Sono dolci>> lo sentii sussurrare, sorrisi ancora i più, ero felice gli piacessero. Mi asciugai le lacrime con un manicotto della camicia mordendomi ancora le labbra."Le bimbe grandi non piangono"  pensavo fra me e me, cercando di auto convincermi che il dolore sarebbe presto passato, e che non dovevo piangere.
<<Perché piangi?>> Con sorpresa alzai lo sguardo verso l'interno, e lui mi guardava, con curiosità e preoccupazione, sorrisi facendo spallucce e mi asciugai il viso.
<<Io non sto piangendo! Sono grande! Mi sono fatta male, ma non sto piangendo! E' solo un pò di polvere negli occhi.>>
Lo vidi fare spallucce, per poi continuare a mangiare la mela, con un leggero sorriso stampato in volto.<<Lo sai che io so quando qualcuno dice le bugie?>> Arrossii imbarazzata, e arrabbiata, non mi piaceva che mi desse della bugiarda.
<<Non è vero, sei un bugiardo!>>rise. La sua risata, non la avevo mai sentita, era dolce. Presi dalla borsa una scatolina, dentro la quale avevo messo altre due mele e la calai nell'albero con il mio nastrino azzurro.
<<Lì ci sono altre mele. Ti ho portato anche dei vestiti. Li ho rubati a mio fratello, a lui non servono più.>> Lo vidi prendere la scatola e tornare nell'ombra, a quell'ora la luce che entrava dalle sbarre era forte e calda, riuscivo a vedere meglio la sua figura ed ebbi la conferma del colore delle sue ali, rosse come il fuoco, erano molto grandi rispetto alle mie.
<<Le tue ali sono bellissime!! Non le ho mai viste rosse!>> Sorrisi, poggiandomi al tronco dell'albero mentre di fretta tiravo fuori dalla borsa i vestiti di mio fratello, li feci entrare fra le sbarre e li lasciai cadere.
<<Anche io ho dei fratelli, ma non so dove sono. Mi mancano molto. Ma tanto è inutile che spero di vederli, non uscirò mai da qui.>> La sua voce si era fatta più cupa e triste. Lo vidi rintanarsi di nuovo in un angolo, e rimase in silenzio. Sospirai tristemente, pensando a cosa potessi fare. Il mio sguardo si posò sulle corde attorno all'albero, e ai sigilli legate ad essi. Presi dalla borsa un coltello ed iniziai a tagliare una corda. Non appena la toccai questa iniziò a bruciare, ma senza consumarsi. Mi staccai subito guardando la mano, dove si stava formando una scottatura sulle dita e parte del palmo. Mi morsi le labbra, faceva male, ma non quanto mi sarei aspettata. Presi coraggio e trattenendo il fiato ripresi a tagliare le corde. Faceva ancora più male, caddi a terra stringendomi la mano mentre piangevo in silenzio. Lui mi accarezzò il viso, facendo passare la mano fra le sbarre. Con sorpresa lo guardai, mentre le sue mani prendevano le mie. La sua pelle era totalmente nera, aveva le dita affusolate e piccole, ancora da bambino, mi accarezzò la bruciatura, che piano iniziò a guarire, lasciando il posto solo ad una cicatrice rossiccia. Mi sorrise e tornò subito nell'ombra.
<<Grazie per averci provato, ma ti faresti troppo male se continuassi. Ti prego ora, vattene via, e non tornare più, non voglio che altri si facciano male a causa mia.>> Guardavo la mia mano guarita come incantata, con un sorriso ebete e incredulo stampato in faccia, poi realizzai cosa aveva detto e mi bloccai, cambiando repentinamente espressione. Lo guardai con tristezza, tornando a stringere le sbarre.<<Non voglio tu rimanga solo... >>
<<TI HO DETTO DI ANDARTENE!>> Mi urlò contro, ringhiando e mostrando le zanne, come un animale in gabbia. Indietreggiai di poco spaventata. Avevo paura certo, ma ero tanto timorosa, quanto testarda, e non mi sarei arresa tanto facilmente. Ormai era una questione personale. Presi di nuovo il coltello, ed iniziai a incidere le sbarre, sperando che queste si tagliassero. La lama era già a metà della prima sbarra quando una freccia si conficcò nel legno accanto a me. Mi girai lasciando il coltello conficcato nel legno, e mi alzai timidamente, timorosa. Degli uomini in armatura mi puntavano le armi contro. Uno di loro mi si avvicinò con passo veloce, e mi prese per il collo alzandomi e spingendomi addosso al tronco, sentivo la gola stringersi, sentivo l'aria diventare sempre di meno. Avvicinai le mani a quella dell'uomo, piangendo. non riuscendo quasi a parlare.
<<Questo luogo è proibito, non lo sai ragazzina? Cos'è vuoi liberare questo mostro? Sei forse una strega? Rispondimi piccola bastarda!>> Mi urlava contro, stringendo ancora la presa attorno al mio collo. Singhiozzavo, dimenandomi cercando in ogni modo di liberarmi.
<<N-on è giusto lui sia qui da solo... è solo un bambino.>> Sussurrai strozzata mentre gli occhi mi si chiudevano. Sentii l'uomo urlare ancora, ma stavolta era un urlo più acuto, di dolore, la sua presa attorno al mio collo si fece più stretta per qualche secondo, e poi mi scaraventò a terra. Sbattei la testa. Perdevo sangue dal naso, vedevo solo piccole parti di ciò che accadeva. L'uomo aveva il mio coltello conficcato nella gamba. Iniziò ad urlare contro l'apertura dell'albero, imprecando contro il ragazzino, poi si avvicinò di nuovo a me, e iniziò a prendermi a calci.
 <<Vedi? Questo, è quello che succede a quelli che si avvicinano a Te.>> Ogni sua parola era scandita da un calcio, e da un colpo e mentre parlava guardava l'albero. Sentivo le ossa spezzarsi, faceva male... piangevo, chiedevo pietà. Pian piano ci stavamo avvicinando al bordo del precipizio, sentivo il ragazzino urlare, pregandolo di non farmi precipitare. Sarebbe bastata una spinta, e sarei caduta.
<<Vedo che hai le ali mocciosa. Vediamo se sai volare.>> Rise, per poi spingermi un piede contro, e farmi cadere nel vuoto.Tutto sembrava rallentato, mi sentivo cadere, ma ero troppo debole per poter fare anche la minima azione. Chiusi gli occhi, ero stanca, perfino respirare era faticoso. Pochi secondi dopo persi i sensi, ma non del tutto,era come se fossi in una sorta di dormiveglia. Riuscivo a sentire cosa succedeva attorno a me, ma non capivo appieno la situazione. Sentivo delle urla, sentivo il legno spaccarsi, sentivo dei suoni raccapriccianti, di qualcosa che si rompeva, di qualcos'altro che veniva strappato.
<<Hey. Gwen...Svegliati>> Aprii gli occhi debolmente. Il ragazzino era sopra di me, mi teneva fra le braccia, sorrideva. <<Ah meno male, stai bene. Credevo fossi morta.>> Rise appena aiutandomi a mettermi seduta, ero piena di lividi e graffi, e lui era sporco un po' ovunque di macchie scarlatte. Aveva indosso gli abiti di mio fratello, non gli stavano troppo larghi. Mi poggiai a lui iniziando a piangere, e a singhiozzare, lo abbracciai e sprofondai con la testa nel suo petto.
<<Ho avuto tanta paura...>>Poi realizzai. Lo guardai negli occhi e gli toccai il viso, come incredula. <<Sei fuori...>> Sorrisi abbracciandolo forte, ero riuscita a farlo uscire, ero fiera di me! Lui sorrise, avvolgendomi con le sue ali, mentre guardava tutto attorno il flagello di corpi che lui stesso aveva causato, mi accarezzò la testa e sussurrò <<Devi essere stanca. Chiudi gli occhi, e riposa un po', starai meglio. Ora ci sono io a proteggerti.>>Come ipnotizzata obbedii chiudendo gli occhi, e stringendomi a lui.
<<Non mi hai detto ancora come ti chiami...>> Sussurrai a mia volta, ormai strascicando le parole, avevo così tanto sonno. Lui si avvicinò al mio orecchio, e bisbigliò il suo nome. <<Mi piace il tuo nome...>>Sorrisi, e mi addormentai. 
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zsjournal · 5 years
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Salve a tutti! ...Beh, non so a quanto questo "tutti" corrisponda, ma comunque, benvenuti! Ora che ci penso questo è il mio primo post qui... se devo essere sincero sono un pochino emozionato. Ma lasciate che mi presenti, io sono Zachary, e questo è il mio Dream Journal.
In questo blog andrò a scrivere tutti i sogni che ho fatto in passato e tutti quelli che farò in futuro di cui avrò memoria. Ho sempre tenuto un diario dei sogni sin da quando ero molto piccolo, quindi per molti di essi sono avvantaggiato nella scrittura. Crescendo e migliorando le skills di disegno ho iniziato ad aggiungere anche piccole illustrazioni a questi racconti, che mano a mano sono diventati parte di una grande storia che un giorno, spero possa diventare un vero e proprio romanzo. Ah! A proposito di questo volevo dirvi che, quella che nei racconti è definita come "Gwen" è la protagonista EFFETTIVA di tutti i racconti che andrò a narrarvi.
Detto ciò, spero che questo blog possa piacervi, vi auguro una buona permanenza ed una buona lettura!
-Zachary
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