automatic-dromancer

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My soul is not waterproof

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A survivor

Perhaps it hurts to speak, When words are too heavy, And thoughts no longer serve Not even the body would.

If souls could meet, I’d strip my skin with my own hands, Shed the shell, dissolve the form�� Would you see me then?

I will not bow to silence’s lie, Though it cuts, Though I’m branded deep by pain, Though my bones must burn to ash

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A name, yours Some would say one should resolve oneself, like a riddle.

I know where that worth comes from, but it loses meaning when it finds no reflection in recognition. Does it even make sense to have wings if you can’t fly in flocks?

“CLOSE YOUR EYES, THE LOVE YOU SEEK IS ALREADY INSIDE YOU!” Spare me your anarcho-egoistic rhetoric and stop dressing up loneliness as enlightenment. The gaze I see and seek again, I cannot give it to myself, not even if a giant mirror covered the sky and the clouds were countless ghostly, smoky versions of me.

Besides, strength without resonance implodes. And I, I want explosive, overwhelming sounds.

A few springs ago, I was waiting for the sun. It was a May day and swallows were flying under the rain, when I met someone who would become a dear old friend. He liked to dress, on even days, as a sage. On odd days, as a madman (so he wore the same clothes every day).

Just as I complain to “you,” I used to complain to him too:  crying here, laughing there. He always said that by doing so, I’d only attract the negative. “That positive attracts positive, and so on.” Clearly, he didn’t hold himself in very high regard either.

But in the end, he never asked the right question: Have I ever really cared for that pole of reality?

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Al me del futuro alla te del presente…

Giardini di plastica

Soltanto questo merita chi distrugge la bellezza per farne reliquia di un’estetica sterile

Troppe persone hanno calpestato i tuoi fiori, potato con disegni e artificio la tua erba incolta.

Nessuno più ci renderà decorativi, morti

nella solitudine,

adesso respiro

Ho capito che non sarò mai

Un fiore di plastica

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The mirror isn't wide enough To hold you in ...

Unbridgeable distances Parallel threads, the binary space of Fleeting thoughts Gods In fragments Ethereal Minds Pretending to grasp The accents

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In una terra di confine

Tra l’essere e il nulla

Tra chi sono e chi sarei potuto essere

Mille sono i volti di mia madre

Generato in mille travagli, il dolore è stato solo il mio

Gettato al mondo con uno schiaffo

Tra i rifiuti più che speciali, soffocato dalle luci al neon dei negozi

Il pianto abortito dalla nascita

Ridevo, cadendo dalle scale del cielo

Un bambino più che speciale

Affoghiamo nell’attesa del pianto che non arriverà mai

Che non placherà questa sete di lacrime, è davvero questa l’unica verità?

Ombre lontane mi ricordano chi sono

“Da-…-…” il primo vagito e lo sguardo rivolto ad un cielo di cemento

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Incomprensioni

Uno per volta scivolano nel cielo pezzi di me,

Frammenti di stella, scie troppo luminose da poter osservare ad occhio nudo

Filtrate da ottiche di vergogna e dolore

Eco di una violenza dimenticata

Distanti milioni di anni luce, ci sfioriamo nell'assenza di gravità nelle nostre ermetiche tute spaziali

Nessuna speranza nelle nostre lingue

aliene

Prima sono io, poi siamo noi, poi ancora io

Collisioni nello spazio, rumori bianchi nell'eternità, risonanze impercettibili,

immagini fuori fuoco

Bruciano nel ventre che non mi appartiene più