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Video di presentazione del blog “Il Nuovo Cinema Digitale”, creato per il corso di Rivoluzione Digitale del Politecnico di Torino, e tenuto dal prof. De Martin.
Lorenzo Cifolelli
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Quale sarà il futuro del cinema?
Come sarà il cinema del futuro? Come vedremo i film: seduti su una poltrona in sala o in piedi circondati da un mondo virtuale? Quali esperienze sarà in grado di regalarci la visione di un lungometraggio?
Rispondere a queste domande non è facile. E forse le risposte non saranno neanche corrette. Un fatto significativo che può farci riflettere è la rapida scomparsa del cinema 3D. Inizialmente vi era una generale euforia riguardo a questo nuovo modo di vedere un film, basti pensare all’ enorme incasso (il più cospicuo del mondo fino ad oggi) prodotto dal film “Avatar” di James Cameron, pensato proprio per essere visto in 3D. In molti, tra cui lo stesso Cameron, pensavano che il 3D sarebbe stato il futuro del cinema. Ma così non è stato. Una causa potrebbe essere il costo di proiezione di un film in 3D, che grava sulle singole sale cinematografiche, le quali devono possedere specifici proiettori per renderne possibile la visione. Inoltre lo spettatore deve munirsi degli appositi occhiali 3D, con il conseguente aumento del costo del biglietto.
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Barack e Michelle Obama con occhiali 3D          Fonte: Wikipedia
Oggi si pensa che il futuro del cinema sia una visione che coinvolga tutti i sensi dell’essere umano, e le nuove tecnologie lo rendono possibile. Quindi dal 3D si è passati al 4D ,grazie al quale, oltre agli effetti 3D, la sala dispone di poltrone mobili per simulare, ad esempio, delle cadute. Un’evoluzione del 4D è il 5D, che, oltre alle poltrone mobili rende possibile sentire odori o essere investiti da spruzzi d’acqua. Tuttavia le sale 5D hanno bisogno di mesi per essere preparate, quindi sono usate per lo più nei parchi divertimento.
Una nuova esperienza cinematografica può poi essere quella in cui il soggetto entra nel film stesso tramite degli appositi sensori e occhiali per una visione a 360°. In questo modo si può anche intervenire nella trama di un film, per esempio sparando con una pistola virtuale. Questa tecnologia è e sarà sicuramente applicata in modo maggiore nel campo dei videogiochi.
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Tecnologia per la realtà virtuale                             Fonte: Wikipedia
Dal mio punto di vista vedere un film deve essere sì un’esperienza coinvolgente, ma anche rilassante. Quindi preferirei entrare in una sala, sedermi su poltrone ben fisse al suolo  e godermi la visione di un film con una trama interessante e con degli attori che mi piacciono; e magari, una volta nella vita, provare anche il cinema sensoriale, così, per curiosità.
Lorenzo Cifolelli
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"IL NUOVO CINEMA DIGITALE", video presentazione 
Andrea Girardi
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Presentazione blog - Il Nuovo Cinema Digitale  A cura di Davide Scovazzo
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Si scrive cinema si legge Comunicazione
Quante volte ci sarà capitato di guardare un film in televisione solo per distrarci un po' da tutta la giornata, distendere le gambe sul nostro comodo divano davanti a un bel quarantadue pollici full HD. Non so a voi ma a me tante.
Il problema, è che sempre più spesso quando andiamo al cinema o guardiamo un film ci dimentichiamo del suo intento principale. L'attività cinematografica non nasce come puro intrattenimento o come fonte di svago ma come comunicazione. 
Ovviamente nel tempo si è persa un po' questa concezione del cinema, per comprenderla al meglio dovremo  fare un salto nel passato. Quindi, allacciatevi bene le cinture della Delorean di Doc e Marty e partiamo.
Uno dei primissimi casi nella storia di cinema usato come comunicazione si è verificato con l'avvento di Mussolini negli anni trenta. Egli dava molta importanza all'attività cinematografica, facendola così diventare funzionale al suo regime. Non a caso statalizzò l'istituto LUCE (l'unione cinematografica educativa) utilizzandolo esclusivamente per i cinegiornali fascisti e per la messa in onda di documentari sulle imprese e i successi dell'Italia del Duce.
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Ingresso di un cinema dell’epoca                                                        fonte:Flickr
Divenne così il più potente mezzo di comunicazione, più della radio e della stampa. Pensandoci, il cinema e la televisione sono la combinazione dei due mezzi precedenti; movimento dell'immagine e suono. Questa è la sua arma principale, adotta più effetti cinestetici possibili rendendoli un'unico elemento. In questo modo la nostra attenzione sarà catturata molto più facilmente rispetto che a delle immagini statiche o dal suono.
Però con il passare del tempo ha fatto ancora di meglio, non si è limitato ai movimenti combinati con il suono, è andato decisamente oltre, oltre i cinque sensi. E' andato a toccare con mano pure la sfera emotiva e psicologica dello spettatore, e il fatto assurdo è che nemmeno ce ne accorgiamo.
I registi e gli sceneggiatori danno sempre più importanza a questo aspetto, trasformandosi in veri e propri analisti. L'impatto rilevato dal nostro cervello a prima vista è quasi impercettibile, proprio perché questi tratti psicologici sono racchiusi in piccoli dettagli che fanno la differenza. Non viene siete mai accorti ? Facciamo un esempio. Prendiamo il famoso film di quel genio di Martin Scorsese The Wolf of Wall Street. In una scena all'inizio del film Leonardo DiCaprio intrattiene una conversazione con il suo futuro socio in affari in una tavola calda. In seguito a una domanda l'attore si tocca il naso con la mano destra, un gesto banale avremo pensato. Assolutamente no, secondo gli esperti del linguaggio del corpo questo movimento indica scetticismo, dubbio e mancanza di agio. Un gesto apparentemente insignificante all'interno di due ore mezza di pellicola quasi da non essere percepito. Esatto, quasi. La nostra sfera  emotiva inconsciamente lo introduce all'interno della caratterizzazione del personaggio e assieme a molti altri dettagli alla fine del film avremo una chiara idea psicologica del protagonista.
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Leonardo Dicaprio durante le riprese di The Wolf of Wall Street        fonte:Flickr
Questi riferimenti emotivi dei personaggi hanno un impatto fortissimo sullo spettatore. I più grandi esperti di PNL (programmazione neurolinguistica) hanno dimostrato che per attirare l'attenzione di un individuo non bastano le parole e il loro significato. Un peso maggiore viene attribuito alla comunicazione inconscia, proprio come il linguaggio del corpo. Molti attori e registi infatti vengono affiancati sul set da questo tipo di professionisti per caratterizzare ancora di più l'immagine del personaggio.
In poche parole: Più è chiaro il messaggio agli occhi dello spettatore più difficile è stato il compito del regista e del suo staff nel realizzarlo.
Davide Scovazzo
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Schermo rettangolare o quadrato ?
Avete presente la mancanza di attenzione e pazienza riscontrata dalle persone e soprattutto dai giovani negli ultimi anni in tutti gli ambiti della vita quotidiana ? Bene, se la vostra risposta è Sì vi esorto di continuare a leggere l'articolo altrimenti fatelo lo stesso visto che siete delle persone tanto pazienti e piene di curiosità. 
Essendo il carattere del blog a scopo puramente cinematografico ho deciso di analizzare in questo articolo il fenomeno precedentemente accennato rivolto al mondo del cinema.
Più volte ho notato che le persone durante la visione un film non possono stare senza telefono in mano. Al che mi sono sorti tanti dubbi. Il film non ti piace ? La ragazza o il ragazzo ti sta ammazzando di messaggi affinché tu gli/le risponda ? Stai controllando i titoli in borsa ? In realtà nel novanta per cento dei casi non è nessuna delle opzioni precedenti. Soprattutto la terza. Ma quello che fanno i "finti cinefili" mentre guardano un film con il cellulare in mano è molto più semplice: svago, specialmente sui social.
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Loghi dei più famosi social network                                             fonte:Flickr
Io capisco che un film possa non piacerti o addirittura possa farti letteralmente schifo ma la cosa assurda è che queste persone partono prevenute; prima ancora che il film inizi, ancora prima prima che il famoso leone della Metro-Goldwyn-Mayer emetta il suo famoso ruggito hanno già il cellulare in mano aperto sulla home di Instagram o di qualsiasi altro social network.
Inevitabilmente la mancanza di attenzione e di contenuti dell'uomo moderno ha colpito la sfera cinematografica. Lo schermo quadrato ha avuto il sopravvento su quello rettangolare. In un futuro non troppo lontano potremmo sentire le nuove generazioni che si chiederanno perché i loro genitori guardino i film su uno schermo orizzontale.
Un'altra conseguenza visibile al giorno d'oggi è il rifiuto di film aventi contenuti troppo "impegnativi" per poterci dedicare sufficiente attenzione. Lo possiamo notare dalla moda delle serie tv degli ultimi anni. Persone che non guardano un film cult di due ore e mezza perché ritenuto troppo "lungo" e intanto sono alla settima stagione di una serie di cinquanta minuti a puntata.
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Alcune locandine di Serie TV                                                      fonte: Flickr
Una soluzione per riavvicinare i giovani al grande schermo potrebbe esserci, e potrebbe partire proprio dal mondo che ha sottratto le nuove generazioni al mondo del cinema. Pagine sui social dedicate ai grandi film e magari incentivate da attori famosi. Il passo successivo sarebbe la nascita di cortometraggi indipendenti realizzati da ragazzi e ragazze. Avete presente chi ha un canale di musica su YouTube e covera le nuove hit o pubblica i propri inediti ? Bene, questi canali potrebbero essere riadattati al mondo cinematografico. Così facendo ci sarebbe un avvicinamento di tipo pratico delle nuove generazioni alla sfera cinematografica. In questo modo non si tratterebbe più solamente di guardare un film ma di essere i diretti protagonisti.
Davide Scovazzo
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Video di presentazione del blog ‘Il Nuovo Cinema Digitale’ a cura di Andrea D’eredità. 
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Cinema e televisione: un confine sempre più labile
Quest’anno c’è stata la più grande (fino ad ora) vittoria per un servizio streaming digitale. Ovviamente parliamo della piattaforma per antonomasia, Netflix, che nell’autunno del 2018 presenta al Festival del Cinema di Venezia il suo nuovo film: Roma, di Alfonso Cuaròn. Film accolto a dir poco calorosamente dalla critica del Festival (arrivando a vincere il Leone d’Oro), e anche dal pubblico una volta che la pellicola è stata distribuita da Netflix, prima in sala e qualche giorno dopo sulla propria piattaforma. Roma è riuscito a conquistare il cuore di tutto il mondo, arrivando ad un traguardo che nessun film, prodotto e distribuito da qualsiasi piattaforma streaming digitale, potesse mai sperar di raggiungere: l’Oscar.
Con ben 10 nomination alla 91esima edizione degli Academy Awards, Roma se ne porta a casa ben tre di un certo peso (miglio film straniero, miglior regia e miglior fotografia), segnando un punto di svolta per il cinema stesso. Di certo non è il primo film Netflix ad aver ricevuto delle nomination importanti, ma è il primo film in assoluto che urla chiaramente a tutto il mondo che il grande e piccolo schermo si stanno fondendo.
Ma a questo punto che cos’è il cinema? Che cosa contraddistingue un film per la televisione da un film per la sala?
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Alfonso Cuaròn annuncia l’inizio delle riprese di Roma in Città del Messico.
Fonte: Flickr
Steven Spielberg (che di certo non necessita di presentazioni) ha preso posizione riguardo queste questioni. Infatti, dopo gli Oscar di quest’anno, il celebre regista ha chiesto alla stessa Academy di considerare più attentamente l’inclusione di pellicole prodotte da Netflix & co., che giovano di una distribuzione decisamente più agevolata (essendo disponibili su di un sito 24 ore su 24, 7 giorni su 7), rispetto a film pensati esclusivamente per la sala e che, il più delle volte, faticano nell’esser proiettati il tempo minimo per esser considerati per grandi premiazioni, come gli Oscar.
Pochi giorni dopo, Netflix ha risposto affermando che il cinema sta cambiando, si sta evolvendo, e, di conseguenza, anche le tecniche di distribuzione. Tecniche che ora permettono a determinati artisti di esprimersi in piena libertà, esattamente come ha potuto fare Cuaròn con Roma, e di far arrivare le proprie opere a più persone possibili, oppure dando modo a chi non riesce ad andare in sala di potersi godere pellicola di un certo livello.
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Steven Spielberg al Comi-Con di San Diego del 2017.
Fonte: Flickr
Se, però, da una parte abbiamo il dubbio della distribuzione agevolata, dall’altra abbiamo quello della qualità tecnica e del linguaggio usato dai cineasti. Prendendo un film girato e prodotto esclusivamente per il piccolo schermo, e mettendolo a confronto con uno pensato per la sala, notiamo che sono stati adottati due tipi diversi di messa in scena, di regia, di fotografia, di profondità di campo, di montaggio. Insomma, si parla di un mondo completamente diverso, ma va anche detto che diversi film per la televisione sono divenuti più “cinematografici”.
Possiamo trovare film come Mute che si presenta con un impianto molto più televisivo e meno d’impatto rispetto ad un film per la sala, ma al tempo stesso, nel nostro zapping netflixiano, possiamo imbatterci in Roma di Cuaròn, che presenta una regia ed una fotografia di altissima qualità, degne di un film da sala.
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Roma proiettato in un cinema.
Fonte: Flickr
A questo punto risulta chiaro che ci si è allontanati di gran lunga dal campo dei film per la televisione e si è entrati in quello del cinema. Perciò risulta lecito permettere a film come Roma di esser presi in considerazione per premiazioni come gli Oscar. Difatti l’Academy, nonostante la riunione richiesta da Spielberg per esaminare attentamente la questione, alla fine ha deciso di non cambiare il suo regolamento d’ammissione.
Pertanto ancora oggi possiamo dire che la televisione è una cosa, e il cinema un’altra, anche se il mondo che li circonda sta cambiando, ma non così radicalmente come si può erroneamente pensare. L’unica cosa che possiamo fare è continuare a celebrare il buon cinema, in ogni sua forma.
  Andrea D’eredità
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La cultura di Netflix
La rivoluzione che ha portato Netflix prende origine dalla sua stessa struttura: dal modo in cui si presenta ed interagisce con lo spettatore. Sta tutto nella configurazione dell’homepage: una volta effettuato l’accesso, l’utente viene direttamente immerso all’interno di una enorme videoteca online dove è possibile spaziare fra titoli di ogni genere e contenuto in tutta la loro completezza.
La disposizione dei titoli sulla Homepage non è casuale. Infatti in base alle preferenze espresse inizialmente dall’utente; e in base ai film e alle serie tv che lo spettatore ha “streammato”, uno speciale algoritmo si occupa di tracciare un identikit del gusto cinematografico dell’utente. Quindi inserisce i vari titoli, per la somiglianza con titoli già visti o perché piaciuti da persone con gusti cinematografici simili, all’interno di un unico “scaffale”. La forza di tutto questo sta nel fatto che la schermata di Home viene “fatta in casa” ed entra prepotentemente in intimità con lo spettatore.
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La Homepage di Netflix                                                     fonte: Vimeo
Cosa spinge un utente a scegliere di vedere un nuovo titolo?    
L’utente di Netflix prima di cominciare a streammare un nuovo titolo guarda il trailer che Netflix ha preparato su di esso. Per preparare i trailer, Netflix si avvale di uno speciale algoritmo: AVA. AVA si occupa di andare ad analizzare ogni frame ed ogni sequenza di immagini secondo vari parametri come colore, luminosità, proporzioni, espressione facciale e corporea dei personaggi ed altri. Si focalizza poi nello scegliere le sequenze di immagini più accattivanti che vengono quindi proposte in un piccolo trailer di pochi secondi.
Ogni cosa su Netflix viene fatta al fine di favorire uno streaming sempre più accanito e globale: l’obbiettivo di Netflix è creare ed alimentare una nuova cultura in modo da tenersi stretti i propri utenti e continuare a macinarne di nuovi. I proventi arrivano dagli abbonamenti mensili, al contrario della televisione tradizionale che essendo pubblica trae profitto dalle pubblicità. Anche la stessa scelta della free-pubblicity mira a favorire lo streaming compulsivo.
La nuova cultura promossa da Netflix è quella del Binge-Watching, la cosiddetta “maratona televisiva”, fenomeno per cui si è portati a guardare film o serie tv per un periodo prolungato. Oltre ad essere un aspetto integrante dell’esperienza televisiva, permette a Netflix di entrare a far parte della vita sociale delle persone diventando un punto di incontro nei discorsi e nelle abitudini sociali.
La nuova cultura è entrata nelle case di tutto il mondo, per quanto tempo ancora la società sarà influenzata da “latte, biscotti e Netflix”?
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immagine che descrive una delle abitudini sociali portate da Netflix.            Fonte: Maxpixel
Lorenzo Ferrero
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Streaming vs Cinema: solo uno ne uscirà vincitore?
Da circa 5 anni, Netflix ha fatto il suo prepotente ingresso all’interno dell’industria cinematografica, inizialmente solo come “distributore” di film, per poi arrivare a produrre film e serie tv inediti uno dietro l’altro, dando vita al fenomeno del cinema digitale online, che ha portato poi altri colossi a lanciare le proprie piattaforme streaming.
Una vera e propria rivoluzione che sta cambiando il mondo del cinema, che lo rende più a portata di mano per il pubblico. Siamo, però, sicuri che ciò sia un bene per la Settima Arte e per lo stesso spettatore?
La quantità di film, inediti e non, disponibili su queste piattaforme è incredibile, impensabile rispetto a qualche anno fa, e la cui qualità sta migliorando di anno in anno. Questo livello di produzione, però, porta lo spettatore medio, il cosiddetto “casual watcher”, a preferire il film visto a casa, magari nemmeno sul televisore, ma sul pc o addirittura sul cellulare, perché è la via più comoda. Ma ciò che cosa comporta realmente nel mercato cinematografico? Iniziamo a scavare un po’ più a fondo.
Nella comunità cinefile quando si arriva a parlare di queste piattaforme si tende sempre a capire se possono costituire la “morte del cinema”, in quanto, producendo così tante pellicole solo per gli abbonati, rischiano di uccidere letteralmente la sala cinematografica. Un pericolo non così da poco, dato che anno dopo anno sempre più grandi autori si stanno avvicinando a Netflix per produrre le proprie pellicole. Quest’anno, infatti, sulla piattaforma arriverà The Irishman di Martin Scorsese, e il fatto che Netflix supporti e produca un progetto simile dimostra che non sta uccidendo il cinema, anzi, così facendo permette a questi registi di dar vita a film che probabilmente nessuno gli avrebbe prodotto. Il problema sorge quando Netflix non fa uno sforzo in più per portare queste pellicole in sala.
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Il logo di The Irishman                                        
Fonte: Wikimedia Commons
Ci sono stati diversi casi, soprattutto negli Stati Uniti, di Netflix che ha portato nelle sale, per una/due settimane, film inediti. In particolare, qui in Italia abbiamo avuto il caso del film Sulla mia Pelle di Alessio Cremonini. Il fenomeno è stato a dir poco impressionante e ben promettente: nonostante la pellicola fosse uscita contemporaneamente sia su Netflix che nei cinema, migliaia e migliaia di persone hanno preferito vedere il film in sala anziché a casa su Netflix, facendo fare al film un rispettoso incasso al botteghino.
Quindi tra streaming e sala: chi ne uscirà vincitore? Paradossalmente, secondo varie stime, al momento una vera e propria guerra non c’è. Secondo una ricerca condotta dal gruppo Quantitative Economics and Statistics dell'agenzia di Washington EY, chi ama il cinema lo vede in ogni sua forma, sia in sala che in streaming. Basti guardare film come Avengers: Endgame, che con i suoi 2,700 miliardi di dollari d’incasso, aldilà della sua natura commerciale e popolare, dimostra che la gente vuole ancora andare al cinema, godersi i film in una sala anziché aspettare di poterselo vedere comodamente sul divano a casa propria. 
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Il poster di Roma (film prodotto da Netflix) all’ingresso di un cinema
Fonte: Flickr
Sicuramente si staccano meno biglietti, come riporta un rapporto Cinetel, secondo cui il numero di biglietti staccati in Italia nel 2018 è calato di qualche milione, ma finché Netflix, Amazon, e tutto il resto della banda, si impegneranno nel portare le loro pellicole in sala, non ci sarà bisogno di nessuna guerra. Se queste piattaforme avranno il buon senso di mandare i loro prodotti nelle sale (soprattutto se firmate da grandi registi), allora potremo gustare appieno un film in tutta la sua bellezza. 
D’altronde, come afferma Gianluca Farinelli, direttore della Cineteca di Bologna, in un articolo del L’Espresso: “Se ‘La dolce vita’ o ‘Il gattopardo’ li avessimo visti in tv o su un pc, forse non avremmo capito che erano capolavori”.    
Andrea D’eredità
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Dal cinema muto al 3D
Il cinema è ormai da più di 100 anni tra le espressioni della cultura di un popolo. Ma non solo: la tecnica cinematografica è anche uno specchio dell’evoluzione tecnologica: nato come metodo fotografico infatti, il cinema si è negli anni servito di strumenti digitali e informatici in maniera sempre più evidente.
La tecnologia rivestiva la sua importanza dietro il ciak già dai tempi del cinema muto. Le cineprese utilizzavano motori elettrici per mantenere costante la velocità della pellicola.
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Cinepresa                                                                   Fonte: Pixabay
Successivamente divenne fondamentale il ruolo della luce: le lampadine al tungsteno divennero comuni nei primi anni ’20 e sostituirono le luci alogene (criticate perché emettevano un ronzio fastidioso, sebbene questo non fosse un problema nei film muti).
La prima ditta ad investire nella tecnica del sonoro sincronizzato fu la Warner Bros, che nei primi anni del 1900 acquistò dalla Western Electric il Vitaphone, ovvero un sistema ideato per il sonoro sincronizzato inciso su disco fonografico con le immagini cinematografiche.
Il primo film non completamente muto, realizzato nel 1926 appunto dalla Warner Bros, fu Don Juan; non c’erano in realtà veri e propri dialoghi, ma si iniziarono a sentire rumori e piccoli estratti di musica.
Il primo film con dialoghi è stato, invece, The jazz Singer. È chiaro che con l’introduzione dei dialoghi, la tecnologia ha assunto un ruolo sempre più importante: i microfoni servivano a convertire il suono in un segnale elettrico che poteva poi essere amplificato e modificato elettronicamente. I primi film in sonoro utilizzavano la tecnica del vinile, poi si passò al sonoro ottico ad area variabile e a densità variabile.
L’intervento decisivo nel campo del suono si deve a Ray Dolby che riuscì a far confluire in un supporto unico la traccia sonora e il video (che fino a quel momento erano separate).
I film attuali si basano molto sugli effetti speciali, ma in realtà già in passato si puntava molto sulle illusioni ottiche ottenute attraverso “trucchetti” tecnologici. In molti casi si trattava semplicemente di sovrapposizione di montaggi: ad esempio riprendendo una stanza con una persona e poi lo stesso ambiente vuoto, si creava l’effetto sparizione. Il primo perfezionamento di questa tecnica si ha con la “stop-motion” (utilizzato ad esempio in King Kong).
Il vero punto di svolta si ebbe negli anni ’70, con l’utilizzo degli animatronic, ovvero sistemi rivestiti con veri materiali, truccati e controllati da remoto in grado di compiere spostamenti. Questo sistema è stato utilizzato per veri e propri capolavori del cinema, da Et ad Alien, passando da Robocop a Terminator.
La grafica computerizzata rivoluzionò ancora una volta la tecnica degli effetti speciali. Il primo film sperimentale da questo punto di vista fu Tron nel 1982.
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Occhiali per film in 3D                                          Fonte: Pixabay
Non si può parlare di evoluzione del cinema senza fare riferimento al 3D. Quando ci riferiamo ad Avatar come al primo colossal interamente in 3D in Italia, parliamo di un film all’avanguardia dal punto di vista tecnologico anche per l’utilizzo della Performance Capture: si creano, cioè personaggi di sintesi che ricreeranno i movimenti degli attori. La telecamera sul volto degli attori permette di capire ogni espressione rendendo il personaggio impressionantemente realistico.
Andrea Girardi
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Come il digitale ha cambiato il cinema
Ormai da qualche anno la Rivoluzione digitale è entrata a far parte del mondo cinematografico, modificandolo profondamente. Inizialmente il digitale era usato solamente in ambito di post-produzione, per aggiungere ad esempio gli effetti speciali. Oggi il digitale coinvolge non solo la produzione e la post- produzione, ma anche la distribuzione.
 Vi sono diversi esempi di film dove il digitale ha avuto un’importanza predominante, per esempio ne “La leggenda di Beowulf ” di Robert Zemeckis e in “300” di Zack Snyder. In quest’ ultimo, in particolare, la tecnologia digitale ha permesso al regista di modificare la corporatura del protagonista del film, re Leonida, rendendolo più “classico”. Gli addominali dell’attore che impersona Leonida, Gerard Butler, sembrano come scolpiti nel marmo, quasi ad assomigliare ad una statua greca.
Il vantaggio del digitale in produzione è soprattutto il fatto che, mentre sono in corso le riprese, è possibile visionare la scena “in diretta”. Inoltre le telecamere digitali sono più leggere ed economiche rispetto alle macchine da presa. Attraverso sensori posizionati sui corpi degli attori è anche possibile, grazie a specifici software e componenti hardware, catturarne movimenti ed espressioni facciali, per poi apportare delle modifiche in post-produzione (motion capture). 
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Motion capture                                                       Fonte: Wikipedia
Per quanto riguarda quest'ultima, si possono ricreare paesaggi e ambientazioni tramite il “green o il blue screen”, oppure adoperare un “copia e incolla” quando bisogna riprendere delle scene affollate. Quindi è possibile girare interi film senza uscire da un edificio, ricreando qualsiasi tipo di scena al computer.
Un settore dell’industria cinematografica cambiato radicalmente con l’avvento del digitale è quello della distribuzione. Infatti un film in formato digitale può essere trasferito alle sale tramite semplici hard disk o utilizzando una connessione a banda larga satellitare. In quest’ultimo caso le sale devono essere attrezzate per la ricezione dei file criptati, munendosi di una connessione Internet e di un’antenna satellitare. Quando ciò si verifica i costi di distribuzione si abbassano notevolmente e la pirateria viene combattuta criptando i file, che verranno poi decriptati tramite un’apposita chiave. Tuttavia questa modalità non procede a ritmi elevati, in quanto i proprietari delle sale devono compiere un importante investimento economico per adeguarsi.
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 Proiettore cinematografico                                      Fonte: Wikipedia
Concludendo con un riferimento cinematografico, le pellicole sono molto più delicate del formato digitale, e soprattutto sono molto più infiammabili, come ci insegna Quentin Tarantino nel suo “Bastardi senza gloria”.
Lorenzo Cifolelli
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Internet: la prima volta.
Chiedere di raccontare la prima esperienza con Internet è un po' come chiedere di descrivere il primo giorno di scuola: ci vuole un po' di tempo per pensarci , e spesso sono i particolari a rimandarci a quella esperienza. Io non sono mai stato un grande utilizzatore del computer, infatti l’ho usato e lo uso solamente per fini di studio o per scrivere documenti: insomma, un utilizzo base.
Da piccolo, le ricerche su Internet spesso me le faceva mio padre mentre era a lavoro, visto che a casa non avevamo il Wi-Fi. Successivamente mio padre, comprò una "chiavetta" per navigare, ma io non la usavo in quanto era collegata al suo computer, e io fino alla seconda media non avevo un mezzo per interconnettermi tutto mio. Fu proprio durante la seconda media che io comprai il mio primo smartphone: il Samsung Galaxy Next Turbo. La mia prima esperienza con Internet la feci dunque con questo telefono, a casa di un mio amico. Questo mio amico aveva, infatti, il Wi-Fi, e io, col suo permesso ovviamente, mi ci collegai, creai il mio primo account Gmail, e scaricai il primo giochino dal Play Store.
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Samsung Galaxy Next    Fonte: Wikipedia
Poi è arrivato il primo abbonamento (all inclusive) ad un provider, e quindi avevo finalmente la possibilità di navigare in Internet liberamente. Le applicazioni che usavo di più erano: YouTube, il Play Store, Google e Whatsapp. Facebook lo avrei scaricato molto più avanti. Ricordo che, avendo i "Giga" limitati, sapevo, più o meno, quanti video su Youtube potevo guardare ogni mese, e mi organizzavo di conseguenza. Mio fratello, invece, consumava Internet in una settimana o due (al massimo!).
Whatsapp, all'inizio, lo usavo poco, perchè non sempre le persone che volevo contattare avevano Internet acceso, quindi preferivo usare gli SMS per avere una risposta immediata. Ovviamente col passare degli anni le cose sono cambiate, e oggi Whatsapp mi è indispensabile per rimanere in contatto con gli amici, o, per esempio, con le agenzie immobiliari per cercare un appartamento vicino al Politecnico.
In terza media comprai il mio primo personal computer, perciò cominciai a utilizzare Internet tramite il pc. Per quanto riguarda le ricerche su Google, Wikipedia era spesso la mia scelta, ma a volte cliccavo su siti più specifici, in quanto i miei professori erano sempre un po' diffidenti nei confronti del sito sopra citato.
La differenza tra ieri e oggi è palpabile : siamo sempre più proiettati nel futuro, dove tutto il mondo sarà interconnesso e la "velocità" di Internet sarà sempre maggiore. Per me tutto questo sarà positivo, a patto che nella rete non si faccia la fine dei pesci.
Lorenzo Cifolelli
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Il cinema si fa digitale, addio pellicola
Erano gli ultimi giorni di Dicembre 2013 quando, anche in Italia, si sarebbe realizzato il passaggio definitivo dal cinema analogico a quello digitale. Nella realtà le cose, poi, sono andate diversamente; nonostante il diktat arrivato per tempo dal Governo, ancora oggi (in numero assai ridotto) sono presenti sale cinematografiche italiane ancorate ai vecchi proiettori con pellicola da 35 mm. Questi ritardi sono dovuti a volte al fatto che molte sale cinematografiche sono ancora gestite a livello familiare e non tutti hanno risorse a sufficienza per aggiornare la dotazione tecnologica del cinema.
La domanda è: perché questo passaggio?
A spingere verso questa direzione ci sono principalmente due ragioni, una d’ordine tecnologico, l’altra di ordine economico. Prima di tutto Kodak (nota azienda statunitense) ha sospeso la produzione di pellicole, costringendo troupe cinematografiche a girare con i fondi di magazzino che riuscivano a reperire.
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Ciak                                                                             Fonte: Pixabay
La pellicola, in più, crea problemi dal punto di vista conservativo: essa infatti dopo un paio di settimane di proiezione presenta gravi segni d’usura, mentre la proiezione in formato digitale causa molti meno danni.
Ci sono poi da tenere in conto le motivazioni economiche; una copia di un film realizzato in pellicola da 35 mm può arrivare a costare fino a 2000 euro, mentre nove copie in formato digitale dello stesso film costano poco più di 300 euro. Allo stesso modo le attrezzature per realizzare un film in digitale costano ormai molto meno rispetto ai macchinari per un film analogico.
La produzione digitale, comporta notevoli vantaggi anche in fase di produzione: la registrazione su supporto digitale anziché su pellicola necessita di molta meno luce e permette di posizionare più telecamere all’interno del set. In questo modo le riprese possono avvenire da più punti di vista, permettendo di accorciare i tempi necessari per la registrazione del film.
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Pellicole                                                                Fonte: Pixabay
Se con la tecnologia analogica la pellicola era il “sole” al centro dell’universo cinematografico, oggi la nuova luce è rappresentata dal Digital Cinema Package (DCP), una collezione di file digitali contenenti i flussi dati audio e video del film.
Ogni file viene sottoposto ad un processo di codifica e compressione così che non occupi troppo spazio sui dischi rigidi; infine i file vengono criptati così da evitare che possano essere “recuperati” e utilizzati per scopi illegali.
Queste operazioni sono necessarie anche per facilitare il trasporto del film in formato digitale. Una volta finito questo trattamento, i film digitali sono salvati all’interno di particolari hard disk noti per la loro affidabilità e resistenza; questi vengono infine recapitati direttamente alla sala di proiezione, dove verranno utilizzati per caricare il film all’interno del server che gestisce l’impianto di produzione.
Dunque, con il passare degli anni, anche per quanto riguarda il “dietro le quinte” di un film si è raggiunto ormai un livello di evoluzione strabiliante, che nessuno avrebbe mai immaginato 30 anni fa.
Andrea Girardi 
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Netflix, la scalata al successo
Il nuovo colosso che si appresta a dominare il mercato di produzione cinematografica è Netflix. Nasce da un’intuizione di Reed Hastings e Marc Randolph nel 1997, l’idea è semplice: creare una piattaforma online che rifornisce di contenuti l’abbonato come se fosse una vera e propria consegna a casa. L’obiettivo è creare una rete di abbonati globale e una catena di produzioni originali.
La caratteristica principale di Netflix è che viene concepita per nascere e crescere sul web. Dal momento in cui viene fondata, entra in competizione con Blockbuster, una grossa catena di negozi in cui era possibile noleggiare videocassette. Netflix decide di irrompere sul mercato consegnando fisicamente videocassette a domicilio. Queste venivano acquistate online dagli utenti secondo un sistema pensato in analogia con l’allora nascente Amazon. Affianca a questa attività una piccola piattaforma di streaming che inizia ad avere successo nel 2008.
In realtà, fin dal principio, il focus di Netflix è sullo streaming online. Lo scoglio più grande per Netflix è che presentandosi come una nuova tecnologia, una nuova televisione digitale, è difficile per il mondo vedere i benefici, l’utilità o semplicemente il posto che deve occupare all’interno del set delle tecnologie. Occorre prima creare una cultura che possa supportare l’avanzata della suddetta tecnologia per poi facilitarne l’inserimento e in seguito l’ascesa. Tutto ciò richiede del tempo che può essere ridotto se il lavoro di costruzione viene fatto da un team di eccellenze come spiega Reed Hastings intervistato da Rayd Hoffman nel 2017. Quello necessario per Netflix è stato di 12-15 anni.
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Reed Hastings nel 2017                            fonte: Flickr
Netflix si rende conto che il modo migliore per crescere sul mercato è concentrarsi sui contenuti. Il primo titolo che inizia a produrre è la celebre serie fanta-politica House of Cards nel 2013. Aumenta così gli investimenti rivolti alle proprie produzioni migliorando la quantità e la qualità dei titoli di anno in anno. Nel 2018 investe 10 miliardi nelle proprie produzioni e nello stesso anno produce Roma diretto da Alfonso Cùaron che vince l’oscar come miglior regista e come miglior film straniero. Netflix entra quindi ufficialmente tra le principali produzioni cinematografiche mondiali.
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Locandina di House of Cards                                       fonte: Flickr
La prepotenza con la quale Netflix in pochi anni si è creata e presa un mercato ancora sconosciuto e ha deciso di espandersi iniziando a produrre film e serie, fa paura alle grandi Majors di Hollywood. Tant’è che Disney ha deciso di aprire la propria piattaforma, Dinsney plus, con i propri contenuti buttandosi sulla difensiva nei confronti dell’atro nascente. Amazon ha aperto il proprio canale di streaming incluso nell’abbonamento ad Amazon Prime e così altri cercano di accaparrarsi una fetta di torta.                                                                   
Riuscirà Netflix ad incassare i colpi che arrivano dall’esterno e a tirarne qualcuno indietro?
Lorenzo Ferrero
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‘Qual è il tuo primo ricordo?’ 2.0
‘Qual è stata la tua prima esperienza con Internet?’. Una domanda interessante e che sicuramente verrà usata molto spesso nei prossimi anni, ora che il web, la rete, sta diventando sempre più parte della nostra società e della nostra crescita. Sarà una sorta di ‘Qual è il tuo primo ricordo?’ 2.0.
Onestamente mi è difficile ricordare qual è stata la mia prima vera esperienza con Internet, ma posso esser sicuro che riguardi la piattaforma di YouTube, e probabilmente ero entrato in contatto con un video che racchiudeva quelle che erano le mie passioni più grandi quando avevo 8 anni: i LEGO e Star Wars (anche se la saga cinematografica sci-fi per antonomasia non mi ha di certo ha lasciato col passare degli anni).
Ricordo distintamente un periodo della mia infanzia in cui passavo ore e ore nel guardare video girati in stop motion (una tecnica di animazione semplice, ma di grandissimo impatto) con i personaggi LEGO della saga creata da George Lucas. Ore e ore che avrei dovuto dedicare ai compiti, e per questo ricordo anche bene i richiami da parte di nonni e genitori. Rimproveri che ora ricordo con grande affetto.
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Un esempio dei video in questione 
Fonte: Canale YouTube di Bradford Roberts
Battaglie a suon di laser e storie puerili erano il focus di questi video, ma ne ero ammaliato perché mi permetteva di vivere delle brevi storie, seppur infantili, basate su dei personaggi e delle ambientazioni che mi avevano affascinato sin dal primo momento, grazie all’incredibile e amatoriale tecnica con cui venivano mostrate.
Un fascino così forte che mi hanno condotto in seguito a quella che è la mia passione più grande: il cinema. Sembra quasi un gioco del destino il fatto che la mia prima esperienza con il web riguardi proprio YouTube, una piattaforma che vive di montaggio, riprese, effetti visivi e speciali, di utenti che si esprimono attraverso quello che si può definire come un mezzo di espressione figlio della Settima Arte.
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Il logo di YouTube versione LEGO                                        
Fonte: Flickr
Da quel momento in poi, ho scoperto pian piano, nel corso degli anni, quali fossero le altre facce del web: Wikipedia, Facebook, Twitter, vari siti di giochi online gratis e chi più ne ha più ne metta. In tutti questi anni, però, YouTube è sempre rimasta una costante fissa che non mi ha più lasciato e che ancora oggi mi permette di scoprire artisti e contenuti nuovi che non vedrebbero mai la luce del sole se non fosse per questa incredibile piattaforma e la comunità che la popola.
Una comunità, un mezzo d’espressione, che, spero un giorno, mi permetteranno di creare un qualcosa di mio che possa emozionare tanto quanto quei video, così infantili, così amatoriali, che mi hanno segnato profondamente.
Andrea D’eredità
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