Tumgik
s-pring-nymph · 3 years
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Protagonista
Il protagonista è seduto nella propria stanza, gambe incrociate sul letto sfatto e pieno di cuscini sparsi; su uno di essi risiede il computer, acceso ma ormai abbandonato, e tutt’intorno si affollano foglietti di carta e idee perse tra i pulviscoli di polvere.
L’attenzione è tutta su un misero biglietto, stretto tra le mani come se fosse fatto d’oro, nominato salvatore di una vita fondata esclusivamente su falsità, dette per accomodare il prossimo.
Manca ancora molto alla partenza, e il tempo sembra allungarsi ogni giorno di più, mentre l’eccitazione iniziale inizia a scemare e la triste normalità riprende le redini del protagonista e della sua sventurata esistenza.
Potrebbe svegliarsi ogni mattino al sorgere del sole, uscire per una passeggiata rigenerante assieme al fedele compagno a quattro zampe, per poi tornare a casa e cucinare una vera e propria colazione da re; oppure ancora, potrebbe leggere interi libri ogni singolo giorno, scrivere come un forsennato opere d’arte sempre più piene di significato, sfruttando al massimo il suo potenziale artistico e culturale.
Tuttavia ogni mattina la sveglia suona sempre troppo tardi, i crampi e i dolori muscolari precludono la famosa passeggiata e il frigo è sempre troppo vuoto e silenzioso.
Per non parlare poi delle mille attività da svolgere per evitare che la casa cada a pezzi, ma che sono poco soddisfacenti per una mente brillante che molti definirebbero solo sfaticata.
Si parla di un poeta, di un essere umano che ha bisogno di un piccolo tavolino situato nel giardino dell’ipotetico e maestoso cottage dove vorrebbe vivere e lavorare, un cervello che ripudia le azioni quotidiane perchè prive di valenza emotiva e sentimentale.
Un romantico, un pensatore che però conosce ben poco delle relazioni reali, un sognatore che rimane sempre ingannato dalla cruda realtà delle cose.
Una bella piaga per il protagonista, che ancora per un attimo stringe il biglietto al petto, sognando un futuro di arte classica e piante illuminate dal pigro sole straniero, e poi come ogni giorno si alza, sistema i cuscini, apre il frigo e si rende conto di non avere nulla.
I piccoli momenti che lo rendono felice esistono eccome, ma sono brevi, brevissimi, e puntualmente è sempre più affamato, nulla lo sazia più come una volta.
Quel breve viaggio in treno gli colma il cuore, ma una volta messo piede in stazione ecco che, ancora una volta, si sente solo e abbattuto. Deve tornare a casa da solo, deve fronteggiare quei problemi che sempre nei momenti felici lascia da parte.
La campagna allontana le preoccupazioni giornaliere, e vedere il dolce e fedele cane correre nell’erba verde quasi lo rassicura; ci pensa spesso, alla sciocchezza di poter vivere come un cane, e più ci pensa più quell’irrealizzabile pensiero lo rende ottusamente felice.
Sente di essere solo, estremamente solo, una di quelle solitudini da fine del mondo; e forse non si stupirebbe nemmeno se pian piano la gente iniziasse effettivamente a scomparire attorno a lui. Finirebbe solo, come ogni sera, sul tetto del complesso di appartamenti in cui vive, a guardare le stelle.
Stelle che non si vedono, perchè le luci della città sanno bene come offuscarle e privare il protagonista della tanto bramata consolazione.
Gli amici provano a convincerlo del contrario, vogliono che si senta apprezzato, che riconosca il suo valore come persona e come essere umano senziente e capace; lui sorride con gentilezza, una piccola curva stanca sul volto, ringraziandoli per i complimenti e le belle parole, chiudendo con delicatezza la pagina che contiene i suoi numerosi scritti.
Torna poi a casa, poggia le spalle al muro e scivola a terra, borsa stretta al petto, e piange, piange per ore quelle lacrime che odia lasciarsi scappare davanti al resto del mondo.
Piange stendendo i panni, piange cucinando, e piange ancora sul letto prima che gli occhi si chiudano per la stanchezza.
Nemmeno lui saprebbe dirvi per cosa piange, perché ormai quelle lacrime non sono diventate altro che normalità per il protagonista, noiosa e sciatta normalità, quella che lui odia così tanto.
La noia però lo spaventa ancora di più della normalità, mandandolo in costante paranoia.
Deve essere il migliore, deve soddisfare tutte le aspettative che la gente si è posta per lui perché non può deluderli, non può annoiarli.
Così si impegna ancora di più, scrive con più fervore, crea nuovi interessi e sviluppa quelli che già lo riguardano, per essere sempre un gradino sopra gli altri.
Sopra agli altri per coloro che sono come lui, perché in fondo è questo che cerca, l’approvazione da coloro che gli assomigliano.
Non può certo annoiarli se condividono degli interessi; il protagonista sa che non riuscirebbe a reggere il colpo di vederli andare via per noia.
Triste e ingannevole noia, lo perseguita nel sonno e nella veglia, impedendogli di rilassarsi.
Non può assolutamente rimandare la lettura di quel libro, la visione di quel film o la scrittura di una storia breve; finirebbe per diventare noioso, costretto a compensare con qualsiasi altra cosa fino a dover vedere la tanto bramata persona così simile a lui scomparire.
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s-pring-nymph · 3 years
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how I’d like to live:
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A moodboard for spending quiet summer days in a small cottage by a river.
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s-pring-nymph · 3 years
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𝕯𝖊𝖆𝖉 𝕷𝖆𝖉𝖞
Mi perseguiti perfino nella veglia, vedo il tuo volto stanco ovunque, e nemmeno chiudere le palpebre mi salva dalla visione terrificante.
Tu che hai scelto la tua fine, che ti sei opposta con tanta veemenza alle mie proposte; non è forse ora che anche io abbia la mia meritata pausa?
Ero lì, completamente al tuo servizio, ma tu ancora una volta hai deliberatamente scelto la testardaggine e mi hai lasciata da sola.
Dove sei adesso che ho bisogno di te? Non sai che piango ogni notte, lacrime che tu mi hai causato col tuo abbandono.
Avresti dovuto rimanere qui, al mio fianco almeno fino al fatidico momento che tanto mi avevi promesso di aspettare.
Cosa pensi farò quel giorno? Piangerò perché hai deciso di andartene, perché mi hai abbandonato e mi hai lasciata da sola con lei.
Tu la conoscevi bene, e in fondo sapevi bene di aver sbagliato ogni cosa; questo non ti ha fermato dal condannarmi ad una vita giostrata da lei.
Vorrei solo poter toccare il viso, ma sparisci ogni volta che poggio le mani sulle tue guance e la stanza torna vuota e colma di un silenzio che rende l’eco dei miei pensieri solo più insostenibile.
Ti ho amato, con tutto ciò che avevo, e avrei dato me stessa per essere come te; ero la tua pupilla, il piccolo prodigio che avevi aiutato a crescere a tua immagine e somiglianza e che per prima eri riuscita a capire.
Mi sono nutrita delle tue bugie, delle parole dolci che riservavi solo per me e che mi mancano ogni singolo giorno. Ti ho amato, ti ho amato con tutta me stessa e mi maledico ogni giorno di farlo ancora, perché non riesco a dimenticarti, nonostante tutte le cattiverie e le mancanze.
Ti ho amato come forse tu non sei mai riuscita a fare.
E continuerò a sentire la tua mancanza, perché te ne sei andata senza darmi la possibilità di metabolizzare questo rapporto malato che mi ha portato amore, gioia e un dolore incredibile.
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s-pring-nymph · 3 years
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𝒮𝓅𝓇𝒾𝓃𝑔 𝒟𝒶𝓎𝓈
Capita però, a volte, di vedere un sorriso accennato sul volto serio e pallido, nonostante i solchi delle lacrime siano ancora visibili.
La forza di volontà rimane lì seduta, lo sguardo rivolto in alto, verso le fronde verdi del ciliegio che le fa ombra, e si rende conto che forse non tutto causa problemi.
Come potrebbe un albero tanto bello e tanto possente farle un torto?
La nostalgia siede nascosta fra le fronde, un libro che profuma di giorni caldi e carezze soffici tra le mani, e canticchia a bassa voce mentre il sole le illumina il viso solcato da cicatrici, i capelli castani raccolti da un mollettone sul retro della nuca e gli occhiali ancora poggiati sul naso.
Ha già incontrato la forza di volontà, l'ha ferita in volto come tutti gli altri, l'ha spinta con forza a terra poggiandole un ginocchio sul petto per farle perdere il respiro.
Ma non oggi, non in questo giorno di primavera che solletica i pensieri di entrambe, la nostalgia non vuole infierire ancora sul corpo già consumato della forza di volontà.
E lei, il demone bianco dagli occhi vitrei, sente la melodia e sa benissimo cosa nasconde il ciliegio tra i suoi rami, ma forse per la prima volta in una lunghissima esistenza si sente quasi coccolata dalla nostalgia, che per la prima volta le fa da madre e non da nemica.
E’ un silenzio complice, che raccoglie anni di corse nell’erba, di ginocchia sbucciate, di ostinati tentativi e di una felicità che l’avanzare del tempo ha portato via
Nonostante quel ciliegio sia parte delle fondamenta della mia infanzia, il mio posto non è lì; non sono la benvenuta accanto alla forza di volontà, e nemmeno sui rami assieme alla nostalgia.
Sono seduta sul sentiero di pietre che spezza la terra, costretta ad osservare da lontano le uniche due figure confortanti della mia vita condividere un momento che vorrei vivere anch’io.
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s-pring-nymph · 3 years
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s-pring-nymph · 3 years
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𝓝𝓸𝓼𝓽𝓪𝓵𝓰𝓲𝓪
Era nata in un fresco e ventoso giorno di primavera, alla base di un muretto bianco sporco, circondata da eleganti orchidee, dolci camelie rosa e piccole erbacce fastidiose. Il glicine ancora invadeva il tetto della casa, creando un ombroso tendone di fiori e tralicci, divino da vedere quando in fiore e desolante durante il freddo inverno distruttore.
Piccola e insignificante, una singola cicatrice sul naso e i capelli castani sciolti e scarmigliati; figlia di un’età di giochi, di primi approcci con la tanto amata campagna, di sogni fallaci e di ancor più fallaci aspettative su quel luogo. Ma il tempo è passato anche per lei, le cicatrici rosacee sono aumentate sfregiandole il viso armonioso e la giovane nostalgia è ormai carica di lacrime e ricordi. Io però la amo, amo le sue carezze calde e l’odore pungente simile a quello dei limoni, misto all’erba bagnata, amo il suo volto serafico con quel sorriso enigmatico che riesce sempre a scacciare le preoccupazioni, ma più di tutto amo la sua presenza nella mia vita, l’unica che riesce sempre a colmare le mancanze. Quando siamo sole mi invita sui rami del vecchio ciliegio, lascia che io poggi la testa sulla sua spalla e leva in alto quel tomo di pelle che inebria l’aria con il profumo dei ricordi, iniziando a leggere con voce profonda mentre Orfeo, privo di capo e con le dita insanguinate che stringono la lira, reclama il mio sonno. La nostalgia è sempre stata incredibilmente gentile e materna nei miei confronti, forse per sostituire l’assenza emotiva e fisica di quel demone, condizionato da un’infanzia priva di amore e riconoscimenti, che ha sempre faticato a trattarmi come una figlia; lei invece mi accarezza i capelli mentre lentamente poggia il tomo e inizia a canticchiare, una di quelle melodie impresse nell’animo ma sempre prive di nome. Il tempo non passa, il sole non si azzarda a calare più di un confortevole tramonto, illuminando il triste e grigio capannone ormai vuoto e lo spiazzo d’erba un tempo casa di alberi da frutto. Anche il glicine è ormai sparito, strappato dall’indifferenza e dalla mancata attenzione al piccolo angolo di paradiso che nessuno ha mai saputo apprezzare abbastanza, e le orchidee crescono indisturbate, rompendo gli ordinati schemi che per molti anni le avevano tenute in riga. Quando poi sente la spalla inumidita dalle lacrime, lei sa bene cosa fare, e mi stringe ancora più forte, ancora più vicina, costringendomi a sentire quel profumo maledetto che l’avvolge da sempre, la disperazione dell’abbandono e la consapevolezza di aver perso tutto quanto per sempre. Il demone dagli occhi vitrei, la tanto discussa forza di volontà, mi osserva dai piedi dell’albero, scuotendo il capo in totale disapprovazione; non ama la nostalgia, la reputa distruttiva e ingannevole, e non vuole che io le stia così vicina perché a sua detta, non vuole perdermi per qualcosa che ormai non esiste più. Si conoscono perfettamente, e ogni volta che l’esile figura bianca guarda quel ciliegio sente di nuovo il solido ginocchio della nostalgia sul petto, che la spinge a terra e preme con forza per toglierle il respiro, senza provare il minimo rimorso per le azioni distruttive. Tutto ciò che vede è il viso arrossato solcato da cicatrici, i capelli sciolti dal tanto ordinato mollettone che ricadono in avanti mentre ancora una volta sente i forti calci contro lo sterno e le costole, umiliata e massacrata ancora una volta dai primordiali sentimenti. Non si cura nemmeno più di rattoppare gli strappi sull’abito lurido, tira semplicemente avanti, ad oltranza, finché qualcuno di più forte non le si palesi davanti per spingerla ancora a terra, per costringerla di nuovo in ginocchio, a pregare per la salvezza proprio come una triste madonna penitente. La continua richiesta di lasciarmi tutto alle spalle, di fingere che il passato non sia mai esistito e di investire tutto sul futuro mi sembra estremamente egoista, eppure tutti continuano a dirmi che le mie stupide mancanze colme di rimpianto causano sono problemi e che una vita improntata al nuovo possa solo giovarmi. Mi pento di non aver mai rotto quel vaso a terra, forse avrei potuto cambiare qualcosa.
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s-pring-nymph · 3 years
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𝓼𝓾𝓷𝓷𝔂 𝓭𝓪𝔂 𝓲𝓷 𝓡𝓸𝓶𝓮 ☀️
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s-pring-nymph · 3 years
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𝓕𝓪𝓻𝓮𝔀𝓮𝓵𝓵 𝓦𝓲𝓵𝓵
Quei bordi laceri erano un tempo cuciti con fili dorati, passati tra le mani morbide della Creatrice, che crea e veste tutto quanto.
Dunque cosa ha squarciato la sua pelle? Perché adesso sputa icore con le mani e il viso schiacciati a terra?
Il piede che calza scarpe di ferro le preme sulla nuca, pronto a toglierle il respiro e spedirla fra le ombre.
Lei ci ha provato veramente però, a vivere col peso del mondo sulle spalle, e nonostante la morte sia imminente lei non si lamenta, non tenta di spostarsi.
Le sue lacrime d'oro macchiano e scaldano il terreno, ribollendo attorno al viso pallido della forza di volontà, il velo un tempo candido è stato calciato via dal ferro durante la lotta.
La domanda che vi potrete fare è 'come mai non tenta di rialzarsi?'.
Lei ha finito di combattere, lei è stufa delle lotte e del dolore.
Lei ha vissuto nel disprezzo e nella tristezza.
Lei si considera un dio.
Per questo forse non ha paura di morire, perché è sicura di non finire mai.
Ti sbagli dear Will, la tua vita è vicina alla fine.
Non si torna indietro, non troverai nulla quando quella punta ferrosa finirà di premere sul tuo collo.
Il suo piccolo e gracile corpo, la veste bianca sporca di terra, la pozza di oro fuso, velo e aureola lontani dal loro giusto posto, occhi aperti e ancora più vitrei, unghie che affondano nel terreno morbido.
Anche lei è sparita.
Quando poi quel piede calzato di ferro si allontana, affondando nella terra fangosa con andatura soddisfatta, lei muove impercettibilmente la testa per osservarlo, e completamente disamorata scuote il capo iniziando a rialzarsi. Forse non ha tutti i torti nel ritenersi una dea, perché puntualmente riesce a tirarsi su di nuovo, non importa quanti calci, quanti pugni, quanti insulti e quante angherie potranno toccarla. Dopo aver ripreso velo e aureola, ancora luridi di fango, si gira verso di me, trafiggendo col suo sguardo il mio petto che si alza e abbassa velocemente, vittima dell’ansia e dell’adrenalina. Lei mi conosce, e come lei vede il mio rimorso, io vedo altre lacrime scendere quando si accorge del rimorso alle mie spalle, alto, privo di caratteri riconoscibili e nero come la pece; sta allungando i suoi affilati artigli, stringendomi con forza collo e spalle, mentre inizia a trascinarmi nel fango. La forza di volontà mi osserva, muovendo qualche misero passo, mentre io urlo il suo nome e tendo le braccia, puntando i talloni nel terreno ormai fradicio che affondano e non mantengono la presa.
Credo che la forza di volontà non voglia più averne a che fare, credo che si sia stufata di me. E come biasimarla, dal momento che l'ho lasciata morire a terra, sotto il peso della paura ferrosa.
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s-pring-nymph · 3 years
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𝒿𝓊𝓈𝓉 𝒷𝓇𝒾𝓃𝑔 𝓂𝑒 𝒽𝑒𝓇𝑒 𝒶𝓃𝒹 𝐼'𝓁𝓁 𝒷𝑒 𝒽𝒶𝓅𝓅𝓎
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s-pring-nymph · 3 years
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Dear Will
Vivo la vita fingendo di essere forte. Lo faccio da quando sono piccola, mi hanno insegnato così ed è sempre stato meglio che ammettere le proprie emozioni. ‘Non lasciarti vedere debole’ ‘Asciuga quelle lacrime, non devi piangere’ E poi, due mesi fa ho perso mia nonna, e adesso il rimorso di non averle dato tutto mi sale lungo il corpo e mi afferra la gola con le sue lunghe dita nere. Altra sofferenza nascosta sotto le pieghe dei vestiti, tra le pagine dei libri che nascondono viso e lacrime; e ancora una volta si va avanti con la propria vita, lasciando che la sofferenza divori le mie interiora e mi lasci sempre più vuota. Mia madre, una cristiana tanto predicatrice quanto peccatrice, che ha rivisto la chiesa dopo anni solo per il funerale, mi dice di pregare. ‘Prega, porterà nonna vicino a te, se solo pregassi non ti sentiresti così smarrita’ La sofferenza capita a tutti quanti, e ognuno dovrebbe aggrapparsi a ciò che lo rende in grado di superare la sofferenza, di schiacciare il dolore, e coloro che ci riescono vivono più o meno senza disagi. L’invidia verde e acida pizzica il retro della gola, perché vorrei essere in grado di avere la stessa fermezza di queste persone, vorrei avere la loro sicurezza, vorrei sentirmi così forte e sicura da non dover contare sugli altri. Ma poi mi ritrovo a dover fronteggiare altro dolore, delusioni, sofferenze e muri alti quanto il cielo, e la forza di volontà trema nel suo abito bianco e lacero, gira il volto per guardarmi con quegli occhi vitrei e lattiginosi e ancora una volta mi domanda se riusciremo a farcela, mi chiede piangendo lacrime dorate quante volte ancora ci toccherà affrontare queste sferzate sulle ginocchia. Lei non mi ha mai vista mentire, se ne renderebbe conto subito, a differenza degli altri, e i suoi occhi vitrei mi incutono troppo timore per farlo in ogni caso. Dietro di lei l’invidia ride e il rimorso stende i lunghi artigli neri, pronto ad afferrarci di nuovo per il collo. E tutto va avanti così, perché nessuno deve vedere, nessuno deve sentire questo vento che soffia tanto da far tremare le imposte della mia coscienza, nessuno deve rendersi conto che in fondo anche io sono debole. Non riesco nemmeno più ad arrabbiarmi quando le persone non comprendono il mio dolore; in fondo per loro sono un golem di pietra, perché mai dovrei star male? Se qualcuno rimanesse in silenzio per qualche secondo di più però, riuscirebbe a sentire i cocci che si infrangono a terra, gli strilli e i pianti, sia di rabbia che di disperazione pura, e la povera forza di volontà accucciata in un angolo, le ginocchia strette contro al petto e le dita sottili e pallide che stringono i lembi della veste, che cerca, piangendo ancora oro puro, di tenersi al caldo, di non lasciarsi intaccare da tutto questo dolore.
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