Tumgik
#... troppe città
angelap3 · 2 months
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Ecco i motivi per cui è bello essere Liguri: ❤
1. Avere mare e monti a distanza di 30 minuti, forse anche meno.
2. Non conoscere il concetto di nebbia.
3. La “focaccia” calda a tutte le ore.
4. La cucina ligure , che riesce ad essere ricca con quasi niente.
5. “Belìn”, questo nostro intercalare onesto, melodioso e mai volgare.
6. Le fessure blu cobalto del cielo tra le case dei “caruggi”. (I vicoli).
7. La colazione “alla ligure” con la “fugassa” (Focaccia) pucciata nel caffelatte.
8. Gli autobus che si inerpicano anche sulle strade più assurde.
9. Un gatto che scruta il mondo dalla fessura di una persiana verde.
10. Poter fare il bagno in mare ad ottobre come se fosse la cosa più normale del mondo.
11. Il “pesto”, che ci offendiamo se gli altri lo copiano, anche se sappiamo benissimo che oramai lo fanno cani e porci.
12. Salire in 10 minuti per "bricchi” (Montagne attorno alle nostre città ) e trovarsi fuori dal mondo.
13. Salire in 10 minuti per “bricchi” e trovarsi dentro una calda osteria.
14. I veri liguri....Quelli che “una parola è poco, ma due sono già troppe!"
15. I veri liguri , così “chiusi” e così grandi di cuore.
16. Sentire i nostri vecchi parlare in dialetto e riuscire a capire quello che dicono (più o meno).
17. Tirare fuori il cappotto dall’armadio solo poche settimane all’anno.
18. Prendere in giro i “padani” per le code che si devono sorbire in autostrada per raggiungerci.
19. La spruzzata di neve a gennaio che paralizza la città e fa subito chiudere le scuole di ogni ordine e grado nemmeno vivessimo al Polo Nord.
20. Il “mugugno”, (Lamentarsi) che almeno questo non costa nulla.
21. Il “mugugno” che è diventato il nostro sport preferito.
22. Il misto “torte di verdura” servito in trattoria.
23. La “farinata”..... semplicemente geniale!
24. Ammirare la città dall’alto quando si torna a casa con l’aereo.
25. Leggere 10 gradi sul termometro nelle mattine d’inverno e mugugnare che “fa freddo”.
26. Leggere 10 gradi sul termometro nelle mattine d’inverno, arrivare a 20 gradi a mezzogiorno, e mugugnare che “fa caldo”.
27. Trovarsi in qualunque punto della nostra città e pensare che viviamo nella città più bella del Mondo, anche quando per mille motivi ci fa “arraggià” (Arrabbiare)
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lamargi · 2 months
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Estate. Caldo. Tutti in vacanza. Tranne io, che sto ancora aspettando che mio marito si decida a interrompere il lavoro e a mettersi in ferie. Mi lascia a casa, in questo periodo in cui non c’è nessuna delle mie amiche in città, nessuno dei vicini, le case vuote, tutti in villeggiatura, anche i negozi chiusi per ferie.
Nessuno nessuno, no. Il figlio dei vicini è rimasto a casa. I suoi sono andati in vacanza, ma lo hanno lasciato solo a casa, per punizione, perché è stato rimandato in alcune materie. Così, niente vacanze, a casa, a studiare, da solo.
Lo vedo sul balcone. Sulla sdraio, un libro svogliatamente in mano, senza maglietta per prendere il sole. È giovane, ma bei pettorali, niente da dire. Non un superfusto ma un bel corpo…..niente male, scopabile direi, certo è così giovane…..
Gli dò chiacchera attraverso il balcone, quando mi affaccio anche io. Risponde timido, a monosillabi, ma come mi guarda il seno attraverso la canotta o le gambe scoperte!
L’eccitazione cresce, la voglia, la noia, mio marito sempre fuori, l’occasione fa la donna….troia!
L’idea che possa essere addirittura vergine mi fa bagnare. Un verginello non me lo sono mai fatta!
Capisco che si cucina da solo e non fa nemmeno la spesa. Lo attiro in casa con l’offerta di una limonata fresca.
Seduta accanto a lui sul divano gli premo il seno sulla spalla. Sfioro la pelle nuda delle sue gambe con le mie. Scopro e gli mostro le autoreggenti.
Quando gli dico che mi sento sola, vedo il pomo d’Adamo che gli fa su e giù ma non reagisce. Con la mano gli accarezzo la gamba. Non sa cosa deve fare e resta fermo. Gli prendo la mano e la porto sulla mia coscia. Le mie dita si infilano nella gamba dei pantaloncini, risalgono, gli toccano il pene.
Non ho voglia di troppe smancerie, ho solo voglia di scoparlo. Gli metto la lingua in bocca mentre gli stringo forte il cazzo con la mano. Non sa baciare! Che cucciolo!
Gli ho tirato giù pantaloncini e slip, un bel cazzo duro svetta davanti ai miei occhi. Mi chino, glielo prendo in bocca e glielo succhio golosa. Geme, urla e poi si lascia andare.
“Chissà quanto ti masturbi, tutto solo a casa” gli sussurro all’orecchio mentre gli salgo a cavalcioni. “Tanto, per lei” risponde a voce bassa.
“Allora, è ora di finirla con le seghe, tesoro” gli dico con tono severo, mentre mi tolgo la canotta. Gli do un capezzolo da succhiare spingendoglielo fra le labbra. Poi arrotolo la minigonna alla vita, scosto le mutandine e gli afferro il cazzo con la mano. Lo guido dentro di me, cominciandolo a cavalcare.
Proprio un bel cazzo questo ragazzo, proprio quel che mi ci voleva per interrompere la noia.
“Quanto stanno via i tuoi genitori?”
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Troppe cose hanno accolto le tue palpebre, l'attenzione t'ha consumato le ciglia. Troppe vie t'hanno ripetuta, stretta, inseguita.
La città da secoli ti divora, ma per te travede, sogno e sfacelo di luci piogge, lacrime senili sulla ragazza che passa febbrile, indomabile, oltre il tempo, oltre un angolo.
...gli spettri che non si sanno e tu sai, radicati con te nel glutine blu dell'asfalto e credono al tuo fiore che avvampa, bianco - poiché tutti viviamo di stelle spente.
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autolesionistra · 1 year
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Stanotte ho sognato una rivoluzione. Detta così suona pretenzioso, diciamo che era una versione particolarmente edulcorata e lisergica di una rivoluzione. Partiva tutto da una manifestazione di piazza di quelle canoniche, con gente colorata (tendente al rosso) e consueti cordoni di polizia. Ci si parlava per un po' arrivando alla conclusione che non c'era modo di cambiare le cose quindi toccava ripartire da zero. Così ognuno andava a prendere un po' di attrezzi, chi le chiavi a brugola, chi i cacciaviti, e si smontava tutto. Smontavamo semafori, insegne, sedie, si entrava nei negozi smontando tutto e i commessi si univano agli smontaggi, invitavamo pure i celerini ad unirsi, e alcuni pure si univano, e pian piano lasciavamo in città una scia di cumuli di roba perfettamente smontata, tutta da rimontare da zero.
Preferisco non farmi troppe domande su questo sogno perché poi non so se voglio sentire le risposte; diciamo che avere una sorta di Rodari ubriaco come regista onirico è stato divertente.
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L'ultima volta che ho visto l'Inter andare in finale di Champions ero in terza superiore.
La sera della semifinale ero ospite a casa di due miei carissimi amici, fratello e sorella, insieme ai genitori e alla morosa del fratello, tutti e sei interisti sfegatati: con una formazione 2-2-1-1 (ovvero i genitori su un divano, le ragazze sull'altro e io e il fratello sulle sedie), qualche birra e il ventilatore, comincia Inter-Barcellona.
La partita inizia male e prosegue peggio, l'Inter va sotto di un gol e in casa c'è disperazione, finché arriva una distrazione da fuori: una macchina sta facendo avanti indietro nella strada chiusa, sgasa, clacsona e tiene la musica a palla. Nessuno si fa troppe domande finché la morosa del fratello, con un filo di voce, dice di sapere chi è a farlo: il suo ex, che la stalker già da tempo.
I genitori si guardano, il fratello è parecchio nervoso e la ragazza fissa il pavimento; ma la macchina se ne va e la partita riprende.
L'Inter pareggia ma soffre da matti, e sul finire del primo tempo riappare la macchina, con clacson sgasate e tutto quanto. La ragazza è sull'orlo delle lacrime. Fischia l'intervallo e la macchina si ferma esattamente davanti all'ingresso del condominio. In questa orgia di clacson e bestemmie contro Thiago Motta il padre si alza, prende le chiavi e dice "ora scendo e gliene dico quattro".
Esplode la casa.
La madre scoppia a piangere, la ragazza lo prega di non andare, il figlio è bianco come un cencio, ma lui non ascolta nessuno; attraversa la cucina, arriva alla porta e davanti ci sono io. Gli sussurro "non si rovini la serata per questo cretino..." ma lui mi fa l'occhiolino ed esce.
Ci sono due cose importanti da sapere sul padre: è siciliano (come la madre) trapiantato in Emilia, ed è uno degli uomini più gentili, colti e delicati che conoscessi.
Con cinque spettatori sul balcone come testimoni esce di casa, si piazza in mezzo alla strada, e la BMW (bc of course) del tamarro gli si ferma davanti.
E lui, 100kg di gentiluomo meridionale, tira un cazzotto epico sul cofano.
"SCENDI DA QUELLA MMMINGHIA DI AUTO" grida con un accento palermitano che non è più il suo da due decenni. Lo stalker saggiamente rimane dentro.
Allora si avvicina al finestrino, e con un volume sempre più alto e una mise sempre più da Padrino gli spiega che se lo rivede sotto casa, lo andrà a cercare. Se sentirà il suo nome, lo andrà a cercare. Se suo figlio o la ragazza verranno colpiti da un fulmine, lo andrà a cercare.
"CAPISTI, AH?" gli dice in un siciliano sempre più macchiettistico. Lo stalker sta per rispondere. Il padre tira un altro cazzotto sul cofano. Non vuole sentire parole. Lo stalker fa cenno con la testa di sì, accende il motore e sparisce.
Risale le scale a secondo tempo iniziato da qualche minuto. All'ingresso ci sono sempre io, stavolta con una birra aperta in mano, che gli passo. "Lei è il mio eroe personale" gli dico. "Lo so!" risponde con un sorriso. Va a consolare sua moglie, si scusa con il figlio e la ragazza per essere intervenuto in cose non sue, e sprofonda sul divano.
Come finisce la serata è scritto nella storia: l'Inter rimonta e vince 3-1. Un mese esatto dopo vincerà la Champions League. È il 2010, e da allora nessuno ha mai più rivisto lo stalker nella mia città.
Pazza Inter, interisti più pazzi.
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Qualcuno fermi la mia immaginazione
(stavolta in ambito lavoro dei miei sogni)
perché sognare di trasformare un bar sull'orlo del fallimento nel locale più ricco di attività e divertimento della città è veramente un'utopia ...
Ho troppe idee creative per una città così "morta" come la mia (al di là del periodo estivo) e per un'epoca in cui rischierei di investire inutilmente in un progetto che non interesserebbe a nessuno visto che non implicherebbe nulla di virtuale.
Ma soprattutto nessuna persona sana di mente affiderebbe la sua attività alle idee folli di una ragazzina comparsa dal nulla 😂
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canesenzafissadimora · 4 months
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Le macchine
le macchine
sono troppo veloci
per i gatti
i gatti
che vogliono attraversar
per cercare
un amore
un amore
che dall’altra parte della strada sta
(si sa, bisogna rischiar)
E i gatti
i gatti
sono troppo indipendenti
per le donne
le donne
che li voglion carezzar
per mimare
un amore
un amore
quando proprio in giro non ce n’è
(neanche a pagar)
E se di notte mi vien voglia ti telefono
dalle cabine in autostrada da qualche squallido bar
sento i gettoni che cadono come battiti
del mio cuore ingenuo a metà
e tu rispondi annoiata
scocciata
addormentata
alle tre di notte cos’altro potresti far
e io ti chiedo sei sola e tu naturalmente ti incazzi
vorresti dormire vorresti riattaccar
e non capisci che…
I telefoni
i telefoni
sono troppo scomodi
per le zampe dei gatti
dei gatti
che voglion telefonar
per chiamare
un amore
un amore
che abita in un’altra città
(chissà se un giorno tornerà)
E la notte
la notte
ci sono troppe stelle
troppe macchine
e ai gatti
viene voglia di sdraiarsi
proprio in mezzo
alla strada
e guardare
e aspettar
che qualcuno gentile ti tocchi la spalla e dica
il mondo è finito, signore
se ne può andar
E se di notte ti vien voglia mi telefoni
dalla tua casa tranquilla o da un albergo sul mar
sento gli squilli che mi svegliano come battiti
del tuo cuore ingenuo a metà
e ti rispondo scocciato annoiato addormentato
alle tre di notte cos’altro potrei far
e se mi chiedi se sono solo dico son solo
sono solo solo solo come posso spiegar
i gettoni son finiti signore
è ora di andar
ma perché non capite che…
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Stefano Benni
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situazionespinoza · 4 months
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A inizio maggio sono andata in Caserma, un centro sociale realizzato senza troppe sorprese in una caserma militare abbandonata della mia città.
Ci sono andata per un festival di fumetti e arte indipendente che fanno ogni anno, il classico evento che alcuni definirebbero punk underground e altri come poracciata.
In mezzo a fiumane di giubbotti di pelle, calze a rete e cani randagi, io indossavo una maglietta con le margheritine e il rossetto rosso perché adoro affermare la mia unicità indossano le cose meno adeguate ai luoghi che frequento.
Con C., A. e G. stavamo attraversando l'ingresso scalcinato e gremito che portava alla "sala concerti", un quadrato in tufo senza finestre in cui circa 50 persone erano ammassate ad ascoltare gli urli di un gruppo hardcore che sembrava tutto fuorché progressista.
Stavamo appunto attraversando questo ingresso, non tanto per andare ad ascoltare i quattro nerboruti musicisti sbraitanti ma piuttosto per accaparrarci un triangolino smunto e umidiccio di focaccia al modico prezzo di 1 euro.
Nella calca della gente affamata, ubriaca e probabilmente fumata, ad un certo punto ho perso l'equilibrio rischiando di precipitare dritta addosso a un ragazzo basso con un discutibile taglio mullet e un'altrettanto discutibile camicia gialla a quadri neri addosso.
Per una frazione di secondo, una frazione molto lunga, non l'ho riconosciuto. Poi il mio cervello l'ha collocato nella formina corrispondente.
Era lo Skiavodellacucina.
Lui non mi ha visto, per mia grande fortuna. O, se mi ha visto, probabilmente non mi ha riconosciuto perché l'ultima immagine che ha di me è quella di uno zerbino senza apparente straccio di sanità mentale.
Non che adesso io sia il baluardo dell'equilibrio psicofisico, ma posso riconoscere senza falsa umiltà che dal 2021 a oggi un po' di passi avanti li ho fatti. Se non altro, ho mollato quell'inferno che era il posto dove ho lavorato per 4 anni e dove ho conosciuto lo Skiavodellacucina.
Anzi, a detta dello Skiavo quel posto era piuttosto un Purgatorio. Un triste limbo esistenziale dove tutte le aspirazioni umane andavano ad arenarsi tra grasso di bacon, battute sessiste e ritmi di lavoro massacranti.
Tornando allo scampato inciampo nello Skiavo, ho naturalmente approfittato del non essere stata vista per girare i tacchi e nascondermi in mezzo agli oliver twist in cerca di un fazzoletto di focaccia unta.
Nel lasso di tempo in cui io ho preso il mio triste triangolino spugnoso e pagato la ragazza incaricata dei vettovagliamenti, lo Skiavo è stato fagocitato dalla massa sudaticcia e psichedelica del concerto e non l'ho più rivisto.
Mi è andata bene, tutto sommato. Ho evitato l'imbarazzo di non doverlo salutare pubblicamente.
Al tempo stesso, però, penso che un po' mi piacerebbe salutarlo e farci una chiacchiera. Giusto per ringraziarlo, perché grazie a strani magheggi del destino e delle coincidenze è un po' merito suo se adesso lavoro come copywriter e ho la Partita Iva.
Ma poi rifletto che probabilmente non sarei in grado di superare nemmeno i convenevoli senza far trasparire l'insofferenza che mi provoca quel suo giocare a fare il povero e il suo ritenere che il lavoro sia un vizio borghese.
Quindi alla fine va bene che non mi abbia visto o non mi abbia riconosciuto.
E se mi ha visto e riconosciuto ma ha scelto di ignorarmi, tanto meglio. D'altronde, è esattamente quello che ho fatto io.
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fashionbooksmilano · 2 years
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I Travestiti
fotografie a colori
Lisetta Carmi
a cura di Giovanni Battista Martini con testi di Juliet Jacques, Vittorio Lingiardi, Paola Rosina
Contrasto, Roma 2022, 160 pagine, 94 fotografie a colori, cartonato con copertina in plancia,  24,3 x 31,8 cm, ISBN  9788869659065
euro 39,00
email if you want to buy [email protected]
I travestiti. Fotografie a colori di Lisetta Carmi. pubblicato a cinquanta anni dalla pubblicazione de I travestiti (Roma, Essedi, 1972) e a pochi mesi dalla scomparsa dell’autrice appaiono, è un volume fortemente voluto dalla fotografa, con foto inedite a colori di uno dei reportage pi�� intensi e importanti della storia della fotografia, ritrovate nel suo archivio nel 2017. Queste immagini compongono un corpus ampio e completo che permette una nuova lettura del lungo lavoro di Carmi con la comunità dei travestiti di Genova. Si ricostruisce la storia del libro edito nel 1972.Alla fine del 1965, per la festa di Capodanno, Lisetta Carmi, grazie a un amico viene invitata in una casa di travestiti che vivevano e lavoravano nell’ex ghetto ebraico del centro storico di Genova. La sera stessa comincia a fotografarli, dando inizio a un’amicizia e a una frequentazione che prosegue fino al 1971. L’anno successivo Sergio Donnabella, per la casa editrice Essedì, creata appositamente per questa pubblicazione che aveva ricevuto il no di altri editori, pubblica il libro I travestiti , un albo rosa a metà tra libro d’arte e libro inchiesta, esplicito tra durezza e sobrietà, con testi della stessa Lisetta Carmi e dello psicanalista Elvio Fachinelli e impaginazione grafica di Giancarlo Iliprandi. Ma il lavoro sull’identità sessuale racchiuso in quelle pagine sembra ai più fin troppo spudorato e anche solo la scelta del titolo, che rivela una presa di posizione inaccettabile, provoca scandalo.
Nell’edizione di Contrasto Carmi sfrutta la potenza comunicativa del colore per fare emergere la verità, attraverso la concreta fisicità dei suoi soggetti. La ricerca della verità è suprema linea guida di tutta la sua pratica fotografica. Le fotografie documentano la lunga preparazione di trucco, pettinatura e le fasi della vestizione, dalle immagini in reggiseno e reggicalze fino allo scatto in cui finalmente queste persone si mostrano al mondo come vorrebbero essere accolte. Essere rappresentate significa esistere, avere corpi, volti, nomi. Carmi si spinge oltre, e fotografa i travestiti che in tempi pionieristici si erano avviate al percorso di transizione a spasso per la città, al di fuori dei confini dell’antico ghetto ebraico che per troppe di loro era protezione ma anche prigione. Sono il primo passo di un cammino ancora lungo e doloroso. L’obiettivo di Lisetta restituisce loro normalità e bellezza.
02/02/23
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~ Tutta colpa del coso ~
Arrugginita è un eufemismo. Sono anni che non guido in questa città.
Due occhi non sono sufficienti a evitare di fare disastri. Me ne servirebbero due per guidare, uno per il navigatore e due per tenere d'occhio le altre macchine, i motorini e i pedoni che ti tagliano la strada da ogni lato. Muovermi con i mezzi del trasporto pubblico, considerando le ben note performance del servizio, non è nemmeno un'opzione. Mio marito non ha voluto accompagnarmi, troppe ore ad aspettare inutilmente dice. Non mi resta che farmi questa trasfertina by car, in fondo sono appena 60 km, che puó succedere mai? Suvvia.
La musica a palla mi fa compagnia, mentre sono tristemente incolonnata al casello della tangenziale. Sbircio nelle macchine ai miei lati e osservo le persone all'interno. Mi piace osservare gli altri, immaginarne chi sono e i loro pensieri dalle espressioni, dai movimenti, dagli oggetti che riesco a intravedere, da qualche dettaglio nella persona o nell'abbigliamento. Mi chiedo se sono pendolari occasionali come me o questo fa parte del loro delirio quotidiano. Come si fa ad abituarsi, ad inserire nella propria routine, un supplizio simile? Evidentemente in qualche modo si fa.
Mentre penso compiaciuta che le mie scelte di vita, per quanto opinabili, mi hanno almeno risparmiato situazioni del genere, all'improvviso la macchina vibra e si spegne. Riaccendo, faccio un metro, si rispegne. Idem il metro successivo. Spengo l'autoradio. Niente, non va. Le auto dietro iniziano a suonare. Panico. Disabilito l'alimentazione a gas e passo a benzina. Rispengo, riaccendo, va. Stronza di macchina, quando ti rottamo sarà sempre troppo tardi!
Lentamente guadagno il mio turno al casello, prendo le monetine dal portaoggetti già contate prima per non perdere tempo. Cerco di accostarmi il più possibile senza sfasciare niente, il braccio è corto purtroppo, e inserisco le monetine. Ne inserisco € 1,20 ne segna 0,90. Cazzo si è mangiato le monete! Prendo la borsa, poi il portafogli e cerco di afferrare monetine a cavolo il più veloce possibile, perché da dietro già suona un concerto di clacson in do minore. La macchina si spegne. Ma porcapú! Riaccendo, stenta ma grazieadio parte, infilo le monete che avevo in mano, sperando le conti bene stavolta. L'asta si alza, alleluja, e sfreccio manco fossi Verstappen in pole position, lasciando una scia di automobilisti incazzati alle mie spalle.
Non ho il tempo di tirare un sospiro di sollievo che il navigatore mi dice qualcosa che non capisco, svolto a sentimento ritrovandomi fortunatamente nella direzione giusta. Ma non faccio cento metri che arrivo ad un semaforo e mi accorgo di essermi incolonnata male: in quella posizione sono costretta per forza ad proseguire dritto, e io devo svoltare a sinistra! Scatta il verde e faccio diosolosacosa, ringraziando in cuor mio quelli in arrivo da dietro per non avermi ucciso.
Finalmente arrivo alla stazione, dove so che nei pressi c'è un parcheggio a pagamento molto grande, vicino alla mia destinazione. Faccio per entrare, mi accosto alla colonnina, e non vedo il solito fungo da premere per ritirare il ticket. Impossibile una retromarcia. Echecazzo! O sono su scherzi a parte o io e le sbarre oggi abbiamo un problema serio. È prestissimo, non arriva nessuno. Il presidio del custode del parcheggio è vuoto. Cerco in giro forme di vita amiche e, molto più in là, vedo due uomini che parlano, sembrano dipendenti delle ferrovie a giudicare dalle camicie celestine che conosco troppo bene. Mi frigge, ma mi tocca andare a fare la figura dell'impedita.
Mi avvicino disinvolta e sorridente e saluto sonoramente. I tipi si girano e quello che era di spalle toglie gli occhiali da sole, risponde al mio saluto con un cenno del capo, spalancando un sorriso da 1000 watt. Azz! Percezione collaterale di immediata umiditá mentre il resto del mio sistema esegue, in un quarto di secondo, una scansione fotografica del soggetto: altezza media, capelli castano chiaro, tendente al biondo, sistemati all'indietro, sfumatura sul collo a regola d'arte, ciuffo leggermente spettinato sulla fronte, ciglia folte e lunghe da fare invidia alle donne, occhi castani, barba da mezzo centimetro, mascella taglio laser, bocca con arco di cupido pronunciato, spalle larghe, braccia molto definite ben visibili nonostante la camicia arrotolata a tre quarti, di cui una tatuata fino al polso, bracciali vari, mani grandi, un solo anello al pollice, jeans chiaro riempito da due gambe promettenti, converse vissute. Valori biometrici nella norma. Colesterolo borderline. Secondo uomo: non pervenuto, non riuscivo a guardare altrove.
Chiedo se per caso sanno di problemi per l'ingresso al parcheggio, giacché non riesco a fare alzare la sbarra e, l'uomo non pervenuto, mi spiega, con l'intonazione da tombeur de femmes, che c'è da premere un pulsante che ti fa uscire il "coso", da infilare poi nella macchinetta automatica prima dell'uscita. Ah ecco, guarda tu che rivelazione. Gli rispondo che "io lo prenderei volentieri il coso, ma il pulsante non lo trovo!". Loro ridacchiano sotto i baffi e mi rendo conto solo dopo di quello che ho detto. "Vabbè il ticket... Ok provo a ricontrollare allora, grazie gentilissimi!". Perfetto, che graziosa figura di, se torno lì e c'è un pulsante giuro mi faccio ricoverare. Se non c'è, sradico la colonnina ed entro, dopo averla prima suonata in testa al tipo non pervenuto però. Faccio per andare quando quello carino fa "dai ti accompagno, io qua ho finito, devo andare proprio da quella parte", congedandosi dal collega con un cenno della testa. L'altro risponde stesso modo. Credo che la comunicazione tra uomini si sia evoluta verso una sintesi estrema, tuttavia efficace, giacché si comprendono perfettamente anche così. Sono prossimi alla telepatia secondo me. Fosse stata una mia collega, ci sarebbero voluti tre minuti di blablabla solo per dirci qualcosa che significasse "ci vediamo domani allora, stammi bene".
Ci incamminiamo, lui mi precede avendo una falcata più lunga della mia. Non mi dispiace, mi dà modo di apprezzare un OMG di backstage e la scia di un profumo vagamente familiare. Lo seguo a passo sostenuto cercando, allo stesso tempo, di mantenere un'andatura decentemente femminile e fluida, considerate le mie espadrilles da tacco 10 oltre zeppa. Una volta alla colonnina, mi indica una specie di fessura, che non avrei mai detto fosse qualcosa da premere e lo confesso onestamente ad alta voce. Mi fa "Tranquilla, la prima volta restano tutti un po' perplessi". Ok ha evitato con molta attenzione la parola scema, onore al merito, tre punti a favore per il tipo. Lo premo e la colonnina diligentemente sputa il "coso" e la sbarra ai alza. Mi ficco velocemente in macchina prima che si riabbassi e parcheggio poco più in là, alla prima piazzola che trovo.
Dallo specchietto retrovisore mi accorgo che il tipo si sta avvicinando alla macchina, apro la portiera e, senza scendere gli dico "grazie mille, tutto a posto!". Lui ha un attimo di esitazione, poi mi augura buona giornata, mi riabbaglia con quel sorriso da 1000 watt, indossa gli occhiali e se ne va. Io resto lì a fissare il "coso" sul mio cruscotto, ed un deciso sentimento di inadeguatezza mi pervade. Lo ricaccio indietro, non adesso, ho bisogno di concentrazione per quello che sono venuta a fare. Sono esausta e siamo solo alla metà della prima parte della giornata.
Essendomi anticipata enormemente sui tempi, mio solito, resto in macchina nel parcheggio e dormirei volentieri. La nottata di merda alle spalle, passata a studiare qualche pagina in più delle 15 materie richieste nel bando di concorso, si fa sentire. Ma cerco di restare vigile e continuo a leggere il mattone di diritto pubblico e costituzionale che mi sono portata dietro, prestatomi da una mia amica smart, ed alla quale non vedo l'ora di restituirlo perché, visto quanto ci tenesse, mi viene l'ansia a tenerlo un'ora sola in più.
Sono fuori da un bel po' e la necessità di fare pipì si fa sentire. Manca un'ora ancora all'apertura dei cancelli e poi chissà quanto durerà la fila per le operazioni di riconoscimento e assegnazione dei dispositivi. Trattenerla fino a quando sarò dentro è impensabile, rischio di esplodere. Nonostante il pensiero di un bagno pubblico mi ripugna, mi incammino alla ricerca di un bar. Evito i primi che trovo dall'aspetto infimo ed entro in uno più grande, non tanto moderno, dove però ci sono molti giovani studenti ai tavoli che stanno facendo colazione. Chiedo dov'è il bagno e seguo le istruzioni, notando con disappunto che la toilette per le donne e per gli uomini praticamente è la stessa, unico antibagno con due porte, una per sesso.
Mi sento rinata mentre mi lavo le mani ma ti pareva che potesse funzionare l'asciugamani ad aria calda. Giammai! Riprendo alla meglio borsa e libro, cercando di non bagnarlo, ed esco di corsa da quel posto nauseabondo con le mani ancora grondandi prima che entri un uomo. Sbatto in qualcosa di durissimo e sto quasi per cadere all'indietro quando due mani mi afferrano e io afferro una camicia. Deo gratias! Solo cadere nel cesso mi manca stamattina! Sto per scusarmi del tamponamento maldestro quando mi accorgo che chi mi tiene, e a cui mi sto aggrappando, è mister 1000 watt. "È la seconda volta che ti salvo oggi!" mi dice mentre mi guarda divertito, per fortuna non infastidito, e io mi ricompongo alla meglio scusandomi e riscusandomi, veramente imbarazzata, anche per avergli praticamente stampato le mie mani bagnate sulla camicia. Lo lascio alla sua seduta di gabinetto e vado al bancone, mi siedo sullo sgabello, appoggio le mie cose e ordino un caffè "forte per favore". Che giornata.
"Cappuccio e cornetto Pasquá" sento mentre qualcuno si siede allo sgabello accanto al mio. "Adesso puoi cadere dallo sgabello, ci sono io" e mi fa l'occhiolino. Mentre penso cosa rispondergli il barman ci mette già davanti le nostre ordinazioni e gli fa "Danié che fai, ti asciughi addosso come i bambini?". Non posso fare a meno di ridere di gusto, quella faccia da figlio-di e la forma delle mie mani bagnate sulla sua camicia celeste erano davvero una situazione troppo surreale per non buttarla a ridere. Stemperata cosí la tensione, facciamo le presentazioni. "Piacere Daniele". "Piacere Serena". Mi chiede cosa ci facessi da quelle parti e gli dico di essere venuta per un concorso che si tiene in uno dei padiglioni della mostra. Lui è un dipendente delle ferrovie e aveva appena smontato da un turno molto lungo. Parliamo del più e del meno, è simpatico, ironico, si esprime bene, la conversazione è piacevole... insomma trovare su due piedi un difetto a quest'uomo sembra impossibile. Se leggo bene il linguaggio del corpo questo pezzo di Marcantonio, sembra attratto da me. Si protende e si avvicina parlando, sorride sempre, mi guarda negli occhi ma troppo spesso punta le mie labbra e la mia scollatura. Effettivamente oggi ho un po' esagerato con la merce esposta, ma fa un caldo boia.
Troppo lusingata dalle sue attenzioni, non mi rendo conto che il tempo è passa velocemente e quasi mi viene un colpo quando mi accorgo che è passata l'ora X e ormai avranno aperto i cancelli alla mostra. Lo saluto frettolosamente, afferro la borsa, vado alla cassa e pago per entrambi. Mi sembra il minimo offrirgli la colazione, e scappo via sperando di non essere troppo in ritardo. Fortunatamente la fila dei partecipanti è a perdita d'occhio, quando arrivo la gente ancora si riversa dai cancelli, mi accodo ansimante ma felice di non avere fatto tardi. È mattina presto ma già ci si scioglie dal caldo, ed il pensiero che dentro dovrò indossare la mascherina ffp2 per ore imprecisate mi fa girare la testa.
Scorriamo lentamente e, come al solito succede, faccio amicizia con altri speranzosi candidati. Discorriamo delle materie a concorso e mi rendo conto che tutti sono molto preparati su un argomento che io non ho considerato importante. Al check fila tutto liscio, mi assegnano un posto e mi posso finalmente rilassare mentre aspettiamo il via della commissione. Giacché occhio e croce ci vorrà ancora un bel po', decido di dare una lettura veloce a quell'argomento di cui si parlava. Solo in quel momento realizzo di non avere il libro con me. Il testo sacro della mia amica! Devo averlo lasciato sul bancone del bar, ma che testa-di-m! E non posso nemmeno rintracciarlo su Google e chiamare per chiedere il favore di metterlo da parte, caso mai fosse ancora lì, perché i cellulari sono stati spenti e riposti in borsette sigillate per tutta la durata della prova concorsuale.
Che giornata! Cos'altro poteva succedere? Meglio non pensarci, tanto finché non esco di qua nemmeno nulla posso fare. Cerco di rimanere concentrata sul momento, ripassare articoli di codice e argomenti a memoria, ma nella testa passa sempre la pubblicità di quell'uomo. La sua bellezza da scugnizzo cresciuto, il tono di voce con cui mi parlava, il modo lascivo in cui mi guardava, le sue mani grandi e virili. Sì Seré ma adesso basta, cerchiamo di non scadere nel ridicolo, era più bello, più giovane, più tutto. Sono fuori come un balcone a pensare che potesse essere attratto da me. Ma come mi viene in mente, e poi mi avrà definitivamente archiviata per matta per come l'ho piantato al bar.
Sospiro e ascolto la spiegazione del presidente su come si svolge la procedura, le regole e tutte le cause di annullamento della prova. Pronti, si parte, 60 domande in 60 minuti. Ce ne vogliono 5 solo per leggere la prima domanda. Merda.
Consegno all'addetto il tablet, scansioniamo i QR per l'abbinamento, mi sbloccano la custodia e libero il mio cellulare. Arrivederci e grazie. Non direi che è andata male ma su millemila partecipanti fare un punteggio idoneo a scavalcarne la maggioranza è pura utopia. Un aspetto positivo è che abbiamo finito molto prima di quanto immaginassi. L'ansia si dissolve al sole, che mi scioglie i pensieri ghiacciati dall'aria condizionata polare e mi ricordo che ho un libro da recuperare. Al banco del bar il tipo, Pasquá, è ancora di turno ma dice di non aver trovato nessun libro. Chiede anche ai colleghi e alla cassiera ma niente, nessuno l'ha visto. Sconsolata esco di lì e già penso a dove potrei ricomprarlo. Si era tanto raccomandata, che figura di. Poi, siccome sono una donna semplice, vengo rapita da una scritta gigante su una vetrina: saldi 70%. Azz. Sui manichini cosine molto interessanti. Dopo tutti stí patemi una piccola gratificazione ce vó. Entro e mi do alla pazza gioia, il paradiso delle tardone a prezzi stracciati proprio!
Mi guardo allo specchio del camerino mentre provo l'ultimo dei vestitini freschi, leggeri e svolazzanti che avevo scelto. L'hanno fatto per me. Mi sta benissimo. Scollatura in risalto. Doppia spallina sottile. Punto vita regolabile con lancetti incrociati sulla schiena. Gonna irregolare che scopre le gambe a tratti moltissimo a tratti no. Fondo nero con sfumature in vari colori safari che faceva risaltare la mia pelle chiara e che si abbinava una favola con le mie espadrilles corda. Mi vedevo uno schianto... Sono io o lo specchio è photoshoppato? Peccato che non mi ha visto così stamattina. Ma chi? Ma seria? Che pensiero stupido. Il caldo mi sta dando il colpo di grazia. Ed il pensiero di indossare i jeans che avevo prima, nei quali stavo prendendo fuoco, e la maglietta sudaticcia, proprio non mi va. Stacco il cartellino e lo tengo addosso. Fanculo al caldo.
Quando esco è ormai ora di pranzo. Decido di prendere qualcosa da mangiare ma prima voglio liberarmi delle borse ingombranti. Entro nel parcheggio e mentre mi avvicino alla macchina noto un foglio bianco svolazzante sotto il tergicristallo. E che cazzo, una multa?!!! Nooo pure questo! Ma perché mai mi hanno multato? Questo è un parcheggio... Forse l'area era videosorvegliata e mi hanno rintracciato dopo quella manovra criminale che ho fatto stamattina al semaforo? Nel frattempo che elaboro tutte le sciagure possibili sono alla macchina e tiro il foglio. È un semplice ritaglio bianco. Non è il bollettino di una multa. C'è un messaggio scritto a penna "Il tuo libro ce l'ho io. Daniele" ed un numero di cellulare. Tutt a poooost!
Mi si attorcigliano le viscere mentre compongo il numero e non so perché. Squilla fino a staccare. Uff. Riprovo, idem. Ottimo. Mi guardo intorno in cerca di non so cosa. Intanto ficco nel cofano le buste. Riprovo e quando penso ormai che non risponderà nemmeno stavolta sento "Pronto". Bum. Cazzo di voce pure al telefono.
"Ciao Daniele sono Serena" - "Hey ciao... com'è andata?"- "Non ho idea ma credo benino dai... senti guarda oggi le sto combinando di tutti i colori proprio! Mi spiace darti noia come possiamo fare per il libro? Non è mio, altrimenti..." - "Guarda me ne sono accorto dopo un po' del libro, sono venuto anche ai cancelli ma il tipo non mi ha fatto entrare perché non avevo la domanda di partecipazione o una cosa del genere... Ah grazie per la colazione!". Mannaggia che pazienza sta avendo sto tipo con me oggi. "Ma figurati. Mi spiace invece che oggi hai passato un guaio con me..."- "Si è vero... Scherzo!Ascolta non posso raggiungerti in questo momento, però abito proprio di fronte la stazione. Se guardi sulla sinistra vedi un palazzo alto, grigio e bordeaux, sotto c'è un supermercato. Non ti puoi sbagliare... da lì è un attimo. Ti mando il codice del citofono via whatsapp. Ok?"- "Ok.. ehm grazie".
Guardo alla mia sinistra: è il tripudio dei palazzi altissimi qui. Una densità abitativa che, in un solo isolato, fa gli abitanti di tutta la città da cui vengo. Però ne individuo solo uno grigio e bordeaux. Qualche secondo dopo mi arriva un messaggio con un codice, piano, interno... Uff, non può metterlo nell'ascensore o buttarlo giù? No, dal settimo piano non direi sia il caso. Salire a casa sua mi agita però, non lo vedo un tipo pericoloso e non mi sembra nemmeno il caso di fare storie, per oggi gli ho già rotto le scatole abbastanza a sto' cristiano. Che può mai succedere ancora? Prendo il libro e mi dileguo, facile facile. Arrivo a destinazione veramente in pochi minuti, digito il codice e si apre il portone. Azz, moderni.
Settimo piano a piedi nemmeno per sogno, corro il rischio con l'ascensore, tanto c'è il portiere che saluto con un sorrisone e mi risponde con un cenno del capo. Ma che hanno tutti qui che fanno solo cenni? Bah. L'ascensore è rapidissimo, manco il tempo di darsi una sistemata nell'enorme specchio che suona al piano. Sul ballatoio ci sono quattro porte, il suo interno è la seconda a sinistra. Mi viene da ridere quando vedo la scritta sullo zerbino "check yo energy before you come in my shit"... che tipo questo. Chissà se vive solo. Magari è sposato e mi apre la moglie... hai visto mai. Chissenefrega io un libro devo prendere, si tenesse il marito, ho già il mio e mi avanza. Suono e rido tra me e me.
Qualcosa si avvicina alla porta, rumore di zampe, ansimi, graffi. Tra moglie e cane da guardia non ero andata lontana. Sento la sua voce che parla, al cane evidentemente, e poi guaiti sommessi. Mi apre sorridente mentre trattiene a stento per il collare uno stupendo ed enorme esemplare di pastore tedesco. Non so chi dei due è più bello. Il padrone è scalzo e a petto nudo, indossa solo un pantalone di tuta chiaro che, per come lascia evincere altre forme, mi dice che è nudo pure sotto. Il tatuaggio non è limitato al braccio ma si estende sulla spalla e in parte sul petto. Il mio imbarazzo deve aver prevaricato sul finto sorriso, giacché si affretta ad aggiungere "tranquilla... quello pericoloso non è lui". Rispondo troppo velocemente "Si capisce subito". Ridacchia e spalanca di più la porta, facendo segno di entrate. "No, dai tranquillo, non ti preoccupare dammi il libro al volo e ti libero" - "Te lo do volentieri... ma entra un attimo che non riesco più a mantenerlo, se scappa per le scale è finita!" e sono dentro prima di ascoltare qualsivoglia obiezione della mia testa.
Appena lo lascia il cane si avventa su di me. È chiaro che vuole solo giocare, il problema è che alzandosi su me, con la sua mole, mi sbilancia e lo scodinzolare impetuoso della sua coda fa volare la mia gonna. Il tipo ridacchia e interviene solo quando ormai mi cade la borsa perché ho bisogno di entrambe la mani per pararmi dalle leccate. "Ok ok... Leó vieni qua! Buono... su! Scusa ma era divertente vederlo farti tante feste... Non fa mai così con gli sconosciuti, anzi è geloso" - "Ah beh, lo prendo come un complimento... Grazie Leó???" "Sarebbe Leonardo".
"Piacere di piacerti Leonardo! Tieni per le brunette tu? Bravo cucciolo, sei un buongustaio!" guaisce mentre gli faccio i grattini sotto il muso. "Tale cane tale padrone!" risponde "e poi come dargli torto in questo caso... non c'era bisogno che ti mettessi in tiro per l'occasione, ad ogni modo ottima scelta!". Mi dedica un occhiolino e poi fa un'ampia squadratura della mia persona. "Non ti esaltare caro... Non è per te. Non ho saputo resistere al richiamo del negozio di abbigliamento all'angolo e quando ho provato il vestito avevo così caldo che non mi andava proprio di rimettere i jeans!" - "Eh... hai ragione si muore oggi... guarda me: ho ficcato i pantaloni per decenza perché stavi venendo tu, altrimenti nudo restavo...".
Gli occhi che ero riuscita a tenere fino a quel momento fissi nei suoi cadono sulla curva delle spalle, e poi sul petto e sulla pancia, ricoperte di una peluria castana dall'aspetto così soffice che viene voglia di passarci le mani dentro. In un verso e poi nell'altro. Il figlio di ballerina se ne accorge e con un sorriso compiaciuto aggiunge "Spero di non turbarti così". Non nutrirò il suo ego già in sovrappeso con la conferma di avermi squilibrato l'assetto ormonale. Non lo conosco, sono una donna sposata e probabilmente più vecchia di lui. Devo sbrigarmi a uscire di qui. Con la migliore faccia da poker rispondo "No tranquillo, è casa tua, anzi se mi dai il libro ti libero immediatamente. Devo tornare presto. Approposito grazie mille per averlo preso, non è nemmeno mio, che figura sarebbe stato non poterlo restituire a causa della mia sbadataggine!".
"Che fretta c'è. Ti ho salvato tre volte oggi, non merito una piccola ricompensa?" Si avvicina un pochino ed i miei occhi sbarrati suscitano la sua ilarità perché ridacchia di gusto e aggiunge "Mi merito almeno un caffè in compagnia, non ti spaventare bambolina". Non vedo nemmeno il cazzo di libro in giro per poterlo afferrare, girare i tacchi e salutarlo dicendo "bambolina glielo dici a tua sorella!". Deve notare che mi sono irrigidita e aggiunge "5 minuti per il caffè migliore di sempre Seré, e non per il caffè ma perché le mie mani sono magiche" e poi fa la cosa peggiore che potesse fare. Mi mette una mano dietro la schiena, in basso, nella curva prima del sedere, per spingermi a seguirlo verso la cucina. Una mano enorme e calda. Quel contatto in quel punto per me è la criptonite. La password del firewall. Il passpartout.
Lo seguo senza opporre obiezioni, è solo un caffè che può mai succedere? La casa è semplice ed essenziale. Maschile nei colori, ordinata e ben tenuta per essere abitata da un uomo e un cane. Dieci punti per il tipo. Sento che il caldo aumenta e non sono sicura che sia solo per la temperatura esterna. "Accomodati dove vuoi ma eviterei la Leó zone" e mi indica un angolo con scodelle e un cuscino davvero enorme dove prontamente il cane si fionda a rivendicare il suo territorio. "Non oserei mai Leó", dico al cane e appoggio la borsa sul tavolo mentre lo osservo ormeggiate con tazzine e cialde. Vengo attirata dalla porta finestra che da su un balcone e su una veduta mare veramente wow. "Posso affacciarmi fuori?" - "Sei la padrona bambolina".
Fuori il sole del primo pomeriggio è a picco ma al settimo piano c'è un venticello deciso e piacevole che si insinua sotto la gonna leggera e la fa svolazzare. È proprio bello lí ma non sono abituata, la vertigine mi prende subito. "È stupenda la vista qui" gli grido "Anche un'altra vista è stupenda" risponde di rimando. Lo sento avvicinare. "Servizio in terrazza madame" dice porgendomi la tazzina di caffè da dietro e praticamente abbracciandomi per darmela. "Merci monsieur". La prendo e lo assaggio. Il cazzone aveva ragione, fa un caffè degno del re. "Mmmmm buono davvero" - "Vedi devi fidarti di più... faccio bene un sacco di cose, oltre a salvare bamboline in difficoltà".
Stavolta rido io, è talmente sfacciato e sicuro di sé che quasi lo invidio. Me la toglie dalle mani appena ho finito e la appoggia su una sedia. Poi mi mette le mani sui fianchi da dietro. O lo butto giù adesso o lo lascio fare. Magari un altro poco e poi basta. Mi sfiora il collo con le labbra e poi mi bacia la spalla. Gli chiedo "Questo fa parte del pacchetto ringraziamento o cosa?" - "O cosa" risponde lui continuando fino a risalire alla guancia. Saranno le vertigini oppure è lui che mi fa girare la testa? D'istinto volto il viso verso le sue labbra. Solo un altro poco e poi basta mi ridico. Il bacio che ricevo è qualcosa di eccezionale, non mi ricordo più da quanto tempo non mi baciano così. Il caffè sulle sue labbra ha un sapore ancora migliore. Le sue mani salgono la schiena, accarezzano le braccia, il mio seno le riempie alla perfezione mentre stringe. Un brivido. Mi giro del tutto e lo bacio io. Le mani libere di accarezzare quel petto. Solo questo e poi basta. Ma perdo la cognizione del tempo e non so per quanto tempo continuo così, torno un poco in me solo quando sento le sue mani sul mio sedere e poi farsi strada sotto le mutandine. "Aspetta, non é il caso... devo andare, scusa".
Mi trattiene e mi stringe di più a sé mentre continua a farsi strada dove vuole. "Shhhhhhhh. Ferma. Abbiamo un problema qui" dice accarezzando tutta la lunghezza della mia intimità bagnata, un tocco così dosato e sapiente che mi strappa un bastardo di mugolio. "Abbiamo lo stesso problema" mi sussurra e si spinge contro di me facendomi sentire la sua eccitazione. Senza vergogna le mie mani si precipitano ad afferrarlo, toccarlo, testarlo. Eh sì, aveva un problema. Un grosso problema. Questa volta il rantolino di piacere è il suo. Mi solleva come se non avessi peso continuando a baciarmi e mi riporta dentro, appoggiandomi sul tavolo. Mi spoglia o mi spoglio, non lo so. So solo che sono mezza nuda, la sua bocca vorace sul mio seno zittisce ogni voce di buonsenso interiore e quando la sua testa sparisce sotto la mia gonna proclamo la mia resa definitiva. Non peccava di presunzione quando diceva che sapeva fare molte... cose bene. Non c'era bisogno di guidarlo, faceva piano, faceva forte, mordeva al momento giusto proprio come se leggesse i miei pensieri, provasse le mie stesse sensazioni. Si accorge infatti quando sto quasi per venire e si ferma. Mi trascina giù dal tavolo, togliendomi quel poco di stoffa che resta su di me ed io lo aiuto a liberarsi della tuta. Non posso non fermarmi un secondo ad ammirarlo. Questa volta sono io a bloccarlo contro il tavolo, mentre cado in ginocchio per assaggiarlo. E forse non si aspettava di non essere l'unico a saper fare le cose per bene, a giudicare dai forti sospiri di apprezzamento e da come mi mantiene la testa, sembra che abbia paura che smetta. Oh sì che so cosa fare, e lo faccio con trasporto, gusto, piacere mio anche se lo contengo a fatica in bocca: madre natura era in vena di strafare quando l'ha creato. I muscoli delle sue gambe si irrigidiscono sempre di più, è vicino. Mi fermo, lo voglio subito. Come leggendomi nel pensiero mi ribalta sul tavolo, mi bacia ancora, mi stende e mi dice "afferra il bordo del tavolo bambolina... sarà forte e cattivo". Alza le mie gambe sulle sue spalle ed entra in me lento, mentre mantiene il contatto visivo, cosa che mi manda in estasi già di per sé. La mia carne cede e si adatta a lui, è così grosso, mi riempie e lo sento tutto. Quando arriva fino in fondo si tira via, poi rientra in un colpo solo. Stupendo. Di nuovo. E mantiene la promessa. Si scatena dentro me, forte, voglioso, cattivo. Le oscenità che mi dice non fanno che aumentare il mio piacere. Devo mantenermi forte al tavolo davvero mentre fa. Sento il piacere travolgermi prepotente, gli spasmi del mio orgasmo mi scuotono tanto che le mie urla spaventano Leó che, coda tra le gambe, sparisce in un altra stanza. Le sue arrivano un secondo dopo, forti come le mie, più dolorose. Si accascia su di me rimanendomi dentro, ansimiamo sudati e sconvolti. Mi scosta i capelli dal viso e mi chiede come va. "Ci ha sentito tutto il palazzo e abbiamo traumatizzato il cane. Secondo te come va?". Ridiamo insieme. Appena il respiro si calma, cerca di nuovo le mie labbra. Non è ancora finita.
Come al solito prima di andare via sistemo le scartoffie sulla mia scrivania, ben allineate, e ripongo il "coso" che ormai uso come segnalibro nel codice di procedura. Lo rigiro un attimo tra le mani. Sorrido al pensiero di tutto quello che mi ricorda quel piccolo pezzo di carta ogni volta che lo vedo. A lui devo le ore più rocambolesche, indicibili, peccaminose e soddisfacenti della mia vita, trascorse tra le braccia di uno sconosciuto, che non ho più rivisto. E un nuovo lavoro. Ah sì, perché poi quel concorso l'ho vinto.
@conilsolenegliocchi 🐞
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Da tempo ormai sto provando a smettere, stavo riuscendo quando stavo con lei, so che non è un buon motivo smettere per una persona, ma associavo il bene che volevo a lei come valvola per uscire da quella roba lì, nonostante la relazione finita ho provato in tutti i modi a farle capire che solo lei avrebbe potuto aiutarmi, ma come spesso accade mi ha voltato le spalle, forse sono io a spiegarmi male.
Sto provando a lottare, sto raccontando bugie, inganno tutti per riuscire a portare avanti le due facce di questa stessa vita, da una parte all’apparenza normale, e dall’altra costretto a mantenere contatti con ambienti degradati dove gli unici valori conosciuti sono quelli strettamente legati alla droga.
L’apice toccato l’altra sera io che collasso tra le braccia di mio padre e le lacrime di mia madre, “hai preso qualcosa”
“Assolutamente no” risposi dopo aver ripreso coscienza.
E loro che mi avevano raccomandato da sempre di non toccare quella roba lì, ecco quella roba lì, che ormai è diventata il centro del mio mondo e mi fa superare queste interminabili giornate che spero possano finire un giorno, sto provando a farlo.
Ho iniziato per sfida ormai anni fa con un mio amico e pian piano ero diventato anch’io uno di “loro”
Ogni giorno il primo pensiero è avere quella roba lì, di conseguenza parte dello stipendio è dedicato a quello, nella mia banca ci sono tutte le transazioni che effettuo, svago, cibo, divertimento, dovrebbero metterne una anche per le droghe, così uno si regola, che cazzo.
Non ho la più pallida idea di come affrontare il problema, i miei amici sono come me, ma come cazzo faccio a chiedere aiuto a persone che hanno il mio stesso problema? Perché appunto con loro non è un problema.
Rivolgermi a strutture per aiutarmi? Ma aiutare per cosa?
Non capisco il problema io come potrebbero aiutarmi persone sconosciute, sarebbe come andare al macello, ecco, quei posti lì reputo così, un mattatoio di persone che attendono la morte.
Ho 26 anni è il problema giornaliero è trovare il tempo di farmi, e riesco sempre a trovarlo, anche a lavoro.
Non me ne importa più niente della vita, già da un po’ di anni, sono convinto di aver già vissuto abbastanza e sono pronto a far si che tutte ste sofferenze possano finire.
Di quello che può succedere tra un’ora, il giorno dopo, la settimana dopo, in quei momenti sarebbe potuto succedere di tutto, per questo per me è importante fare le poche cose che mi fanno stare bene il prima possibile, tu che stai leggendo speravo potessi capirlo.
Vorrei provare a non girovagare per la città fatto perso, come uno zombie, e sentire il vento che mi accarezza la faccia ed essere sereno senza uso di quella roba lì, non riesco.
Sono tante le cose da capire e da chiarire, troppe, forse se la mia amica d’infanzia non si fosse tolta la vita adesso non sarei in questa situazione, mi manchi Chiara e non c’è giorno che non ti penso, come stai?
Lo sguardo di mio padre e quello che i suoi occhi riescono a comunicarmi pur non dicendo niente, forse lui ha capito, senza forse, magari sta aspettando che gli parli del problema apertamente, ma quando sono con lui, i rari abbracci che ci diamo, mi sento piccolo, torno indietro di anni e anni e riesco solo a dirgli ti voglio bene papà, lo stesso discorso potrei farlo anche per mia madre, la amo con tutto il mio fottuto cuore, come ho potuto ridurmi così?
Mi sento come se fossi “narcotizzato” tutti i giorni ormai..
Ho passato ore, giorni, mesi e poi anni a chiedermi come fosse stato possibile per me arrivare a tanto, è difficile da accettare, è difficile vivere con questo dolore perenne.
Ma in fondo si sa, “la vita non è per tutti” mi rimbombano in testa queste parole ogni mattina, chissà, arriverà anche per me?
Chiedo pace, pace eterna.
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yomersapiens · 2 years
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L'inesistente carriera di Viktor Gnoìnar
Ero al supermercato per animali, quello dove compri tutto ciò che concerne la sopravvivenza in casa del tuo felino da esterni. La scelta è immensa. Troppe scatolette e bustine diverse. Troppi colori, carni, illustrazioni. Cosa gli piacerà? E se questo lo fa vomitare? E se con questo ingrassa? Ah, che bello questo prodotto, si chiama Happy Cat, io voglio che il mio gatto sia felice, però aspetta, il gatto in fotografia mica mi sembra tanto felice, meglio non fidarsi. Ho passato un’ora così. Quando si tratta di scegliere qualcosa da mangiare per me lo faccio in un secondo ma no, per il gatto valuto ogni possibile variante e conseguenza.
Qualche tempo fa ero in Italia, nella mia vecchia cittadella. Una cosa che faccio sempre quando torno è aprire la nota app per appuntamenti e vedere chi è single adesso in città. Ah guarda, lei è alla ricerca, di nuovo, si era sposata con quello e boh, deve essere finita. Però sta bene. Oh lei me la ricordo, non ero figo abbastanza per te 20 anni fa e adesso? Chi ride adesso? Non io sicuramente, dato che sono a sparare acido su una app per appuntamenti. Faccio un censimento del passato. Guardo cosa mi sono perso, che futuri ho evitato. Poi è successa una cosa strana, capita un match con una ragazza. Quando una rarità del genere accade io penso solo a una cosa: ci deve essere stato un errore, sicuramente è un bot. Così non scrivo. Invece mi scrive lei. “Ma tu sei quello dei Diari dell’orso! Ti ascolto sempre!” e io non sapevo come rispondere. Mi sono sentito un po’ in imbarazzo. Nel senso, se ascolti il mio podcast sai praticamente tutto di me (o almeno di quello che decido di spettacolarizzare e condividere). Quindi parto con un immenso svantaggio. Ma sono fatto così: datemi un lampo di celebrità e io mi prostituirò. Mi lascio andare e si esce a bere una cosa. Ho pensato perché no, al massimo ci guadagno una storia nuova per il podcast. Dopo un po’ che ci raccontiamo dice “Ma sai che quando parli mi sembra proprio di sentire il tuo podcast!” eh grazie al cazzo zia, è la mia voce, non è che ho la vocetta da paperino che poi modifico con un software. Mi scappa uno sbadiglio (non per colpa sua, perché sono un anziano che la sera non dovrebbe uscire a bere dei drink) “No vabbè ma sbadigli proprio come nella sigla!” e li ho capito che deve essere durissima per una celebrità vera, non uno sfigato con un podcast che avrà manco un centinaio di ascoltatori, uscire con qualcuno. Ovviamente non è successo nulla, non c’era tempo e non mi piace seminare nel terreno che ho abbandonato di proposito, però alla fine era pure simpatica, sicuramente meritevole di finire in un racconto.
Sto cercando di andare avanti da quest’estate, di dimenticare cosa è accaduto. Non voglio buttarlo giù per iscritto perché poi diventa vero e io odio quando le mie paure diventano reali perché poi devo affrontarle. Quando i sospetti si materializzano e i “lo sapevo” vanno spuntati perché avevo ragione. La mia ex e il mio migliore amico. Penso stiano assieme. Non lo so di preciso, non appena è venuto lui a parlarmi di quello che stava per accadere io ho scelto di non voler ricevere nessun tipo di informazione ulteriore. Lo sentivo nell’aria però.
C’è questa idea che tutti hanno di me e vi farà ridere, ma fuori di qui sono percepito come una persona aperta, riflessiva ma divertente, leggera ma profonda, intelligente e cinica. Tutti pensano “Ma sì, Matteo capirà, a lui non da fastidio niente, è così rilassato” e quindi vengo spesso inondato di responsabilità o informazioni che non mi merito. Come appunto, il mio migliore amico che viene a dirmi “Ma sì, tanto tu sei uno in gamba, sicuro capisci, sicuro non ti da fastidio, poi sono passati anni, che vuoi che sia per te che sei così aperto e cool e rilassato”. Invece manco per il cazzo. Questa parvenza di stabilità che dimostro è il frutto di notti insonni passate a studiare cosa dire per non far trasparire quello che provo sul serio. La matassa informe di insicurezze che mi compone nonostante l’età. Non sono geloso, non me ne frega un cazzo sinceramente. Qualche anno fa dopo aver scopato nuovamente (per quella stupida cosa che si fa tra ex, una specie di aggiornamento per vedere cosa si è imparato in anni di distanza) avevo capito che non c’era nulla a legarci, se non appunto un po’ di curiosità. Avevo ascoltato tutte le volte in cui mi parlava dei suoi nuovi ragazzi, di come stava bene in tutte le nuove relazioni e lo avevo fatto con rispetto e neutralità, direi quasi con amicizia. Anche con lui, avevo ascoltato sempre, sostenuto in tutto e per tutto anche quando non condividevo per niente, ma questo si fa con gli amici no? Si ascolta, si supporta, si sfotte quando possibile.
Ci ho ragionato molto. Perché mi da fastidio? Perché prima ero amico di tutti e due e adesso non voglio sapere più niente? Purtroppo non ho una risposta. Il cambio di equilibrio mi ha spiazzato. Non voglio sapere le loro storie, sentire i racconti di lei (questa volta con lui come protagonista), o guardare le foto dal mare, magari uscire e sentire lui che si lamenta di atteggiamenti che io ho provato sulla mia pelle in anni di relazione passata.
Vorrei essere la persona che gli altri si aspettano io sia. Quella cool e intelligente e rilassata ma non lo sono. Sono un cazzo di adulto che sta in piedi per puro caso e vuole essere lasciato in pace dato che tutto mina la mia stabilità. Voglio le mie certezze. Quelle stupide che dicono che le ex dei tuoi amici non le devi guardare perché sono brandelli di un passato che non ti riguarda. Perché ci deve essere qualcosa di minimamente sacro ancora. Cioè dai, uno che pensa queste cose è completamente non cool. Io non ci credo quando mi vengono a dire “Eh che ci vuoi fare, ci siamo innamorati, mica le controlli certe cose, è successo!” ma andate a fanculo. Innamorarsi non succede. Certo, si può prendere una sbandata, ma innamorarsi è l’attuazione di un processo dopo attenta valutazione del tutto. Se si decide di andare avanti nonostante le conseguenze, allora è una scelta e io posso voler non essere coinvolto nelle scelte altrui.
Ho razionalizzato e deciso di andare avanti, tanto non vivo più nella mia vecchia città e qualunque cosa accada laggiù non mi riguarda. Perché devo restarci male? Beh perché ho perso due amici in una botta sola ma vabbè, ho un gatto adesso su cui riversare quasi tutte le mie frustrazioni. Infatti, non appena varcato il confine e tornato a Vienna, tutto il dolore era sparito. La distanza davvero aiuta. Si può guarire da quasi ogni male usando i chilometri e diluendo tutto con litri di tempo. La delusione resta e forse è per questo che voglio comprare cibo sempre miglior per il mio gatto, perché lui non mi tradirà mai (finché mangerà bene).
Mi sa che ho raccontato questa storia alla tipa del presunto appuntamento. Poi uno si domanda come mai non scopo.
Passeggiavo con mio nipote e lui è entrato in quella fase dove ripete tutto. Era bel tempo ed eravamo nel parco vicino casa. Lui mi chiede sempre di dare un nome alle cose. Vuole sapere come si chiama tutto e poi lo ripete, per allenarsi e per accumulare termini nel vocabolario. - Qvuetto? (che vuol dire “E come si chiama questo” nella sua lingua) - Questi sono i binari. I binari del tram. Qua passa il tram. Questi sono i binari. Sai dire binari? - Bi-na-i - Dai, quasi - E qvuetto? - Ecco questa è una panchina. Ci si siede quando si è stanchi. Sai dire panchina? - Pa-ì-na - Ma sei bravissimo!!! (Mento sempre a mio nipote dato che ancora non se ne accorge) Io sono contrario al cat-calling. Mi da fastidio tirare fuori del becero machismo per strada. Però faceva davvero caldo quel giorno e io vivo in un’altra nazione, 90% delle persone non capisce quello che dico quando parlo in italiano e io parlo spesso da solo nella mia lingua madre. Passa una ragazza davvero bella e scollata e io non urlo niente, perché cerco di fare meno schifo possibile, però nel mio piccolo mi scappa un commento. - Che bocce signorina - Qe bo-sce gno-i-na! - No!!! Vito!!! Non ripetere questo!!! - Qe bo-sce!!!! - Ti prego no!!! Smettila!!! - Boooo-sce!!!
Ho imparato che se un bimbo di poco più di due anni capisce che è sbagliato ripetere una parola, deciderà di ripeterla il più possibile solo per darti fastidio e ridere come un dannato. Per fortuna non ci ha sentiti nessuno e dopo qualche minuto si era dimenticato ed eravamo passati a nuove parole molto più eccitanti tipo altalena, cagnolino, camper, anticapitalismo.
Riporto mio nipote a casa sua e lo consegno a mio fratello. Dopo qualche giorno mi chiama: - Senti Matteo, ma tu sai perché Vito continua a ripetere “che bocce”? - Ah! Che strano! Forse ehm, si ricorda di quando siamo passati a vedere gli anziani giocare a bocce, ecco, sì! - Ma dove? Qua a Vienna nel nostro distretto nessuno gioca a bocce. - Eh no in tv! Anzi no, sul telefono, sai, gli facevo guardare qualche video per intrattenerlo… - Video di bocce? Tu guardi video di bocce? - Sì certo! Da lontano sento la vocina di Vito urlare: - Qe bo-sce gno-i-na!!! - Eh sì, sta proprio citando il grande giocatore di bocce Viktor Gnoìnar, Campione Nazionale 2022, dovresti vedere che giocate che fa!
Mio fratello mi saluta. Ovviamente non mi crede. Io vivo con la consapevolezza di aver rovinato mio nipote.
Ora mi resta solo il gatto. Con lui non posso sbagliare. Gli insegnerò ad essere rispettoso e a non provarci con le ex fidanzate. Anche se è una partita persa. Già adesso se qualcuna si invita da me è solo per passare del tempo con Ernesto. Vabbè, ho avuto le mie annate buone. Mi resta sempre il podcast e il piangermi addosso. Minchia se sono bravo in quello. Direi quasi che potrei essere chiamato il "Viktor Gnoìnar del piangersi addosso".
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lisia81 · 1 year
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You are desire
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Posso dire che mi è piaciuto molto?
FINALMENTE una storia scolastica con personaggi con sale in zucca, assennati, coscienziosi, intelligenti, normali.
Ok normali normali non sono perchè sono belli e intelligentissimi, ma si conoscono senza pregiudizi, si piacciono, diventano in primis amici e hanno rispetto uno dell'altra. Non vivono l'uno per l'altra, ma vivono le loro vite sostenendosi a vicenda.
La trama narra di LinYu Jing che viene catapultata dalla madre a vivere, con l'inganno, col padre e la nuova famiglia che lui si è formato. A lei questa cosa non va giù, principalmente perchè il padre non le ha mai mostrato attenzioni. Chiariamoci, la nuova famiglia del padre non è cattiva, ne nulla di simile. La matrigna è gentile e gran lavoratrice, il fratellastro preso dalla sua carriera, ma col passare del tempo si addolcisce fino a diventare contento di avere una sorella. Non ci sono isterie in tutto ciò.
Prima di iniziare la scuola,per vie traverse, conosce Shen Juan e i suoi amici di infanzia. Shen Juan che poi diventerà il suo compagno di banco. Grazie a questo ragazzo, considerato da tutti pericoloso, riesce a crearsi una rete di contatti che la rendono felice e l'aiutano ad integrarsi nella nuova realtà. Shen Juan in realtà non è per nulla cattivo. Anzi tutt'altro. Ha solo avuto delle vicessitudini di vita che lo hanno colpito e messo alla prova. Vicessitudini che però non fa pesare su nessuno. Studia sodo, lavora, mantendendo vivo il negozio dello zio oramai in stato vegetale, e si prende cura di quest'ultimo. Il legame tra Shen Juna e Lin Yun Jing cresce durante l'anno scolastico. Escono insieme, si sostengono nelle difficoltà e negli studi e insieme agli amici di Shen Juan formano un bel gruppo. Tra grandi e piccoli problemi tutto sembra filare liscio.
Poi la madre arpia di lei arriva e di punto in bianco la porta via. Togliendole anche il telefono. Nel frattempo lo zio di Shen Juan muore.
Forti di una promessa che avrebbero studiato assieme all'università in un futuro, LinYu E Shen Juan studiano senza sentirsi per 2 anni e vengono ammessi ai rispettivi corsi.
Si ritrovano all'università. Si cercano subito, ricuciscono con qualche difficoltà il loro rapporto, si perdonano, capiscono che quello che provavano una volta era amore, e iniziano la loro vita di coppia. Felice, senza incomprensioni di alcun genere. Ognuno capisce gli obbiettivi e i sogni che l'altro ha, si supportano e cercano di realizzarli superando insieme i traumi a cui la vita fino ad ora li ha messi davanti.
Tutto ok fino a qui. Avrei interrotto più o meno qua la storia. Con il nostro lead che si da al professionismo dello Shooting (il suo sport) e lei sulla strada di iniziare a studiare per una carriera nel marketing.
E invece la produzione decide di avanzare fino alla fine dell'università. Alla 30 esima puntata, l'ultima, lei riceve una proposta di lavoro in un altra città. Non ne parla con lui e lui, per caso, lo scopre. E non le dice nulla, in attesa che lei glie lo comunichi. Le fa anche una bellissima sorpresa in cui le dice che crede in lei, è la sua forza ecc.. lei ringrazia lo abbraccia e nulla.
I due si laureano e con sto peso di lei,che dovrebbe trasferirsi, ma a lui non ha detto nulla, finisce la storia.
E noi spettatori rimaniamo come dei fessi.
La prima reazione che ho avuto è stata guardare se manca 1 puntata. Dramalist ne metteva 30 e 30 erano.
La seconda è stata pensare che ci fosse una seconda serie. Ma una seconda serie sarebbe un tirare il can per aia. Fino a dove poteva arrivare? le Olimpiadi? sarebbero state troppe altre 30 puntate. Bastava togliere 2-3 minuti di flash back qui e li.
Oltretutto non erano concluse neppure le storie secondarie.
Non dico i punteggi di questa serie. 8.8 su Viki dove di solito sono generosi. Sotto 8 su my dramalist. Per non parlare dei commenti e recensioni. Sto finale rovinava tutto.
Ho maledetto lo sceneggiatore. Ok che le serie cinesi spesso non brillano per i finali, ma qui la fine non c'è!
Infine, quando stavo per preparare un pupazzetto vudu e gli spilloni in stile Gargamella, ho scoperto l'esistenza di una puntata speciale sepellita nei meandri del web. Fatta dagli autori, non un montaggio. Finita l'università tutti i protagonisti vanno in vacanza, si chiudono le fila delle storie secondarie, Lin Yu racconta a Shen Juan dell'offerta di lavoro, lui le dice che la sosterrà sempre e loro si ritroveranno sempre più forti di prima . Si danno la mano e tutti vissero felici e contenti.
Ora le opzioni sono due:
a- Viki mancavano i soldi per acquistare questa puntata speciale.
b- Gli autori si sono resi conto di aver moncato una serie e sono corsi ai ripari dopo gli insulti ricevuti.
Questo solo per dire che nonostante i voti la storia è veramente bella, ben costruita e i personaggi sono credibili. Non credete ai voti. Non ci sono stupidotte ingenue o occhi a cuore, c'è spensieratezza ma anche serietà e approfondimento psicologico. Forse un po troppa perfezione nei protagonisti , ma è tipico dei drami.
Ma arrivati alla fine cercate sta puntata 31 SPECIAL!
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un-intruso-nel-mondo · 9 months
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Lunedì son sceso in Calabria per fare una sorpresa ai nonni e ora sto preparando la partenza. Mi pesa molto partire perché son troppe ore di viaggio per soli 5 giorni. Son volate le ore. Mercoledì ho fatto la festa di laurea che non ho potuto fare nella mia città perché i nonni non erano nelle condizioni di farsi un lungo viaggio. Oltre a loro c'era zii e cugini ed è stato bello. Mi sentivo un po' a disagio semplicemente perché ero sotto i riflettori, però è andata bene nel complesso. Ho fatto un discorso inventato sul momento perché non ci avevo pensato al fatto di doverlo fare, ho dovuto sorseggiare lo spumante da astemio che sono e ho mangiato tanto (non solo quella sera). Mi ha fatto piacere vedere contenti soprattutto i nonni perché ci tenevano, soprattutto quelli materni visto che ero il primo nipote laureato.
Stamattina invece sono andato al cimitero perché ci tenevo a salutare nonno prima di partire e siccome non è potuto essere presente alla laurea, ho azionato il video facendogli vedere la proclamazione, così da pensare che in quel momento lo stesse guardando e potesse essere contento anche lui.
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mynameis-gloria · 1 year
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Cose di questa settimana che voglio fissare qui:
-domenica 21 visto concerto di Sam. Paz ze sco
- lunedi 22 andata a trovare mia sorella, è stato bello. Camminato, fatto cose da "pigiama party" ma nel pomeriggio, come unghie, maschera ecc ed è stato carino perché queste cose non le abbiamo mai fatte prima. Girato nella sua città, provato piatti squisiti, staccato la spina.
- martedì 23 sempre da lei, trekking e giornata in mezzo alla natura, post pranzo ripartenza verso casa.
-sempre martedì 23 nel pomeriggio, tra una corsa e l'altra per fare in tempo ed esser anche presentabile visto S, parlato e stati un po insieme. È stato bello ma anche strano, la mia testa è tornata a pensare. Dopo discussioni, rabbia, piantini, una pizza e dolcezza, la mia mente credo abbia fatto davvero chiarezza per la prima volta. Troppe emozioni quel giorno
- mercoledì 24 decisamente non la giornata migliore. Poche parole e voglia di star sola, possibilmente in un letto con tutti i miei pensieri. Bisogno di elaborare
-giovedì 25 riunione lavorativa, vecchi e nuovo volti, tornare è stato piacevole, buon umore e quasi curiosità. In fissa con Citadel
-venerdì 26 finito la fantastica signora maisel, ancora sono ferma lì. Tanta energia, un sole pazzesco, il mio corpo su lettino, mille commissioni, mille notifiche e un gran mix di vibezzz
-sabato 27, nonché oggi, iniziato ufficialmente a lavoro, felice e stanchina; Trovato scarpe da battaglia per affrontare questa stagione! Mangiato dei super coockies però alla fine niente spritz :(
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Non lo posso sopportare che due persone non si parlino.
Che non si parlino più. Un uomo e una donna che si amavano per giunta. Gente che si scambiava telefonate roventi o anche solo appassionate durante la notte sbancando i centralini poco tempo prima. Non lo sopporto.
Che mancanza di curiosità, di sensibilità, che buio, che cecità, che vera decadenza.
Qualcuno si trincera dietro un silenzio ottuso, altri (altre) non danno notizie di sé forse confidando nell'antico, nefasto effetto dell'assenza che è una vera aggressione. Bisogna aver molto amato una persona per diventarne nemico a tal punto.
Siamo un antico popolo di scaltri diplomatici, nessuno quanto noi è maestro nell'arte della mediazione, del conferire pesi differenti alle parole a seconda delle circostanze; siamo farmacisti, siamo alchimisti. Però, che meraviglia!
E invece no; tentiamo tristi braccio di ferro, ostentiamo indifferenza e fingiamo durezza, siamo inclini alla fuga, alla vigliaccheria, all'allontanamento.
No, è necessario parlare, anche quando le idee si fanno confuse (è di rapporti d'amore che stiamo trattando), quando si diventa differenti da noi stessi, peggiori, e non ci si riconosce più.
Anche quando si ritiene che “qualcuno” ci abbia rapinato, scippato il nostro sentimento, le idee migliori, i segreti e la vita, tutto. Eh no, cazzo! Bisogna riprendere in mano quei telefoni, volare ancora in macchina di notte da una città all'altra, se necessario, a combattere la mediocrità del silenzio, l'astio, l'orgoglio, la convinzione di avere in tutto ragione.
Ragione di che!? L'amore è sangue che scorre e che gonfia muscoli e vene, chi se ne frega dell'orgoglio, eppoi tutto finisce da sé senza bisogno che noi uomini e donne poveri diavoli ci diamo tanto da fare per squilibrare i pesi di quello che davvero vogliamo e sentiamo. Non si mettano contro, non diventino nemici almeno quelli che si amano (e lo sanno), non perdano tempo, non peggiorino e non diseduchino se stessi; abbiamo già fin troppe battaglie se non vere e proprie guerre da combattere fuori di noi stessi, nel mondo di tutti i giorni.
Basta una telefonata notturna, una sorpresa, anche solo una parola, basterebbe una breve lettera se fossimo ancora capaci di scrivere e non lo siamo.
Un atto di ragionevolezza, un atto di umiltà, sarebbero così necessari. Sarebbe forse vero coraggio. Viviamo invece di atti di orgoglio, cioè di rinuncia; ci chiudiamo da soli alle spalle la porta della nostra cella e per maggior sicurezza ingoiamo la chiave.
Che stupidi, basterebbe parlare. Uomini e donne intendo, ragazzi e ragazze, in ogni tempo e luogo, in qualsiasi circostanza e senza reticenze né giustificazioni.
Non lo posso sopportare che due persone non si parlino.
Almeno quelli che si amano (e lo sanno) facciano qualcosa.
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Ivano Fossati
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