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#Aborto farmacologico
paoloferrario · 3 months
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La mappa dell'aborto negato, articolo di Marika Ikonomu, in Domani 2 luglio 2024
letto in formato cartaceo cerca in: https://www.editorialedomani.it/politica/italia/aborto-spostamenti-regioni-ivg-chilometri-diritto-negato-obiezione-coscienza-farmacologico-q7b1auyg
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amigayaps · 1 year
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La questione Aborto e donne è grave in Italia ma quando guardiamo alle nate donne LGBTI può diventare tragica.
Gli studi epidemiologici sono ovviamente solo USA e dimostrano che le minoranze LGBTI hanno in proporzione più gravidanze e di conseguenza più aborti in adolescenza della popolazione generale.
Ovviamente le donne lesbiche hanno un numero inferiore di gravidanze e aborti, ma dovrebbe essere zero, nel loro caso.
Come accade? Accade anche in Italia? Quali conseguenze ci sono per l'accesso alle terapie abortive e quali per il Coming Out?
Questo studio USA analizza su grandi numeri le persone LGBTI che abbiano avuto accesso alle pratiche abortive legali negli ultimi decenni:
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC9321415/
Il Minority Stress causa perfino il maggiore accesso a pratiche illegali, come spiegato in questo lavoro qualitativo sui maschi transgender (o nati donne gender non conformi):
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC8685648/
Le persone LGBTI si mettono in gioco per normalizzarsi in adolescenza e non usano il preservativo per via sempre del Minority Stress. Quelle nate donne finiscono per essere messe incinta e, in proporzione, per abortire.
Tuttavia l'aborto mette in atto dinamiche di discriminazioni gravi, anche in famiglia, ma soprattutto in ambiente sanitario per cui alcune persone LGBTI finiscono per preferire metodi pericolosi ed illegali per non essere umiliatə in ospedale.
In Italia sappiamo che la contraccezione gratuita, nonostante la recente nota AIFA, ancora non è garantita ovunque, così come solo poche Regioni garantiscono l'aborto farmacologico, costringendo tutte le donne ad eventi traumatici aggravati dalla accoglienza nefasta del personale obiettore di coscienza, che preferisco chiamare di incoscienza.
In Italia probabilmente fare ComingOut come donna lesbica o bisessuale o come persona gender variant in adolescenza deve essere un trauma anche peggiore che negli USA.
Siccome non usiamo nessuna Anagrafica Inclusiva LGBTI non abbiamo nessun dato epidemiologico nel merito.
I Maschi transgender e nati donne non binari o intersex, in adolescenza, possono al massimo accedere alla Triptorelina, ma la loro sessualità è variegata e quindi possono anche loro essere incinta e nel bisogno di abortire, così come le donne bisex, anche all'interno di una relazione affettiva serena.
Questa relazione a sua volta rischia una crisi se uno o entrambi i partner non hanno fatto Coming Out.
Non sono escluse infine violenze sessuali, anche in famiglia, talvolta dette... curative...da chi le perpetri... come causa di richiesta di aborto. Le violenze sessuali sono più frequenti nelle persone LGBTI.
Oggi è la giornata per l'aborto legale gratuito e libero.
#Aborto #contraccezione #lesbiche #bisex #transgender #LGBTI #amigay
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umbriajournal · 2 years
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Associazioni, gravi criticità per aborto farmacologico from Marcello Migliosi on Vimeo.
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vavuska · 4 years
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Pillola Ru-486 e disinformazione
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Per favore segnalatelo!
Questo pericoloso individuo ed i suoi simili hanno avviato una campagna di disinformazione per contrastare l'utilizzo della pollola abortiva Mifegyne a base di mifepristone (nota ai più come RU-486).
La novità di questa campagna sta nel fatto che il controllo del corpo delle donne viene mascherato sotto una patina pseudo-femminista, sfruttando la violenza sulle donne per portare avanti la loro ideologia malata. Ricordiamoci che questi soggetti sono quelli del Family day: omofobi, cattolici conservatori, contrari al divorzio e all'educazione sentimentale e sessuale nelle scuole. Sono ipocriti che cercano di nascondere le loro stesse violenze puntando il dito contro uno dei diritti per cui le femministe si sono battute. Non lasciamoci prendere il giro, signori e signore.
Tra i presunti effetti collaterali elencati dal cialtrone di cui sopra, leggiamo:
- emorragie: ovvio è un farmaco abortivo, è così che viene espulso il feto;
- gravidanze extra uterine: la gravidanza extrauterina, inutile dirlo, avviene durante la fecondazione dell'ovulo al compiersi dell'atto sessuale, non può essere causata da un farmaco;
- infezioni: l'infezione è un processo caratterizzato dalla penetrazione e moltiplicazione nei tessuti viventi di microrganismi patogeni come batteri, miceti, protozoi o di virus. Di nuovo si accusa un farmaco che viene somministrato anche per facilitare gravidanze difficili di introdurre non meglio specificati batteri nell'organismo;
- setticemie: la sepsi o setticemia è una sindrome clinica caratterizzata da un'abnorme Risposta Infiammatoria Sistemica (SIRS), messa in atto dall'organismo in seguito al passaggio nel sangue di microrganismi patogeni provenienti da un focolaio sepsigeno. La sintomatologia clinica della sepsi è sostenuta dall'interazione tra i prodotti tossici dell'agente eziologico, cioè batteri, virus, miceti, e la risposta dell'ospite. In pratica sui accusa la pillola Ru-486 di diffondere batteri nel sangue;
- distruzione del sistema immunitario: che io sappia è l'HIV attacca e distrugge i linfociti CD4, un particolare tipo di globuli bianchi responsabili della risposta immunitaria dell'organismo;
- depressione: abortire è una scelta dolorosa e delicata, ma una pillola non può provacare la depressione;
- morte: depressione e morte sono rischi che comporta, guarda caso, anche il decidere di portare a termine la gravidanza.
In pratica ha azzeccato uno solo degli effetti collaterali del Mifegyne (RU-486): l'emorragia e il dolore che l'indurre chimicamente un aborto può causare (Cazzarola crede? Che sia come prendere un'aspirina?).
Inutile specificare che non c'è nessun travaglio e neppure alcun bambino completamente formato, infatti secondo le linee guida sull'uso della Ru-486, questa si può assumere:
- fino al 49° giorno di amenorrea: il mifepristone è assunto in un'unica dose orale da 600 mg (cioè 3 compresse da 200 mg ciascuna) seguita, a 36-48 ore di distanza, dalla somministrazione dell’analogo delle prostaglandine: misoprostolo 400 μg per via orale, oppure gemeprost, 1 mg per via vaginale.
All'inizio della settima settimana il feto misura tra i 4 e i 5 millimetri e pesa meno di un grammo.
- Tra il 50° e il 63° giorno di amenorrea: il mifepristone è assunto in un’unica dose orale da 600 mg (cioè 3 compresse da 200 mg ciascuna) seguita, a 36-48 ore di distanza, dalla somministrazione dell’analogo delle prostaglandine gemeprost 1 mg per via vaginale. Tale farmaco non presenta la controindicazione all’utilizzo oltre il 49° giorno di amenorrea.
All'inizio della nona settimana, il feto misura 2,3 cm e pesa 2 grammi.
Ecco dove scaricare il foglietto illustrativo del farmaco Mifegyne, noto come RU-486 e commercializzato da Exelgyn, dal sito ufficiale del governo italiano:
Ecco gli effetti indesiderati:
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4. POSSIBILI EFFETTI INDESIDERATI
Come tutti i medicinali, questo medicinale può causare effetti indesiderati sebbene non tutte le persone li manifestino.
Effetti indesiderati gravi:
-Reazione allergica. Eruzione cutanea, gonfiore localizzato del viso e/o della laringe anche accompagnato da orticaria.
Altri effetti indesiderati gravi:
-Casi di shock tossico o settico gravi o fatali. Febbre con dolore muscolare, tachicardia, capogiri, diarrea, vomito o sensazione di debolezza. Questo effetto indesiderato può verificarsi se non prende il secondo medicinale, la compressa di misoprostolo, per via orale.
In presenza di uno qualsiasi di questi effetti indesiderati si rivolga IMMEDIATAMENTE al suo medico o si rechi presso il più vicino pronto soccorso.
Altri effetti indesiderati
Molto comuni (possono interessare più di 1 persona su 10):
- contrazioni o crampi dell’utero
- diarrea
- nausea o vomito
Comuni (possono interessare fino a 1 persona su 10):
- sanguinamento abbondante
- crampi gastrointestinali lievi o moderati
- infezione dell'utero (endometrite e malattia infiammatoria pelvica)
Non comuni (possono interessare fino a 1 persona su 100):
- abbassamento della pressione sanguigna
Rari (possono interessare fino a 1 persona su 1000):
- febbre
- mal di testa
- malessere generale o sensazione di stanchezza
- sintomi vagali (vampate di calore, capogiri, brividi)
- orticaria e reazioni cutanee che possono essere gravi
[- rottura dell'utero in seguito alla somministrazione di prostaglandina entro il secondo e terzo trimestre di gravidanza, in particolare in donne pluripare o in donne che avevano subito un taglio cesareo
Quest'ultima riguarda gli altri utilizzi della Ru-486, cioè: ammorbidire e dilatare la cervice prima dell’interruzione chirurgica della gravidanza durante il primo trimestre e per indurre il travaglio nei casi in cui il feto sia morto all’interno dell’utero e nei casi in cui non sia possibile utilizzare altri trattamenti medici (prostaglandina o ossitocina).]
Sulla questione dei presunti decessi attribuiti alla Ru-486 non c’è una letteratura attendibile. Si parla di 14 o 16 morti dal 1988, anche se un documento inviato dalla ditta produttrice al ministero parla di 29 vittime. Nel luglio 2005 la Food and Drug Administration statunitense ha comunicato la morte di 4 donne negli Usa (su 460 mila, lo 0,00087 per cento) successiva al trattamento con Ru-486 nei cinque anni precedenti, e successivamente, nel marzo 2006, di altre 2; per tutte la causa è stata una sepsi con sintomatologia atipica, causata senz’altro per le prime 4 da un’infezione batterica da «Clostridium sordellii», un batterio normalmente non pericoloso presente nella flora batterica intestinale.
Se questo disgustoso individuo ed i suoi compari fossero davvero essere dalla parte delle donne, delle famiglie e delle madri, nel loro programmo politico avrebbero dei veri sostegni alla maternità ed alle famiglie numerose, delle vere opportunità di conciliare maternità e lavoro. In questo paese per le giovani donne essere madri è un lusso.
Per favore, fate girare il più possibile!
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kon-igi · 4 years
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Ho aspettato qualche giorno per avere conferma dell notizia ma alla fine ci siamo allineati alla minima decenza di tutti gli altri paesi minimamente decenti che considerano l’aborto farmacologico una necessità e non un qualcosa da ostacolare con sensi di colpa intrinseci e sottili punizioni fisiche e psicologiche.
Colloquio con ginecologo ospedaliero
Ecografia per accertare il limite delle 9 settimane
Mifepristone con misoprostolo per accelerare il distacco
A casa
Evito la polemica verso obiettori di coscienza e istituzioni politico-religiose perché referisco concentrarmi sulla fatica e sul dolore della donna che è costretta a ricorrere a quasta scelta ma mi concedo la piccola soddisfazione di dedicare loro questa gif
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corallorosso · 4 years
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Il cimitero dei feti, storia di una vergogna che dura da più di vent'anni Può capitare nell’Italia del 2020 che una donna abortisca e, a sua insaputa, il feto sia prelevato dall’ospedale, trasportato in cimitero e seppellito con rito religioso, con “nome e cognome della madre” scritto su una croce, insieme alla data dell’aborto. Così Marta ha scoperto per caso una tomba a suo nome, o meglio, a nome di suo figlio. (...) Ma questa non è una storia dei giorni nostri, è lunga almeno vent’anni. Nasce nel 1999 insieme a Difendere la vita con Maria (Advm), un’associazione di volontariato di Novara, che tra le prime inizia a stringere accordi con aziende ospedaliere e Comuni su quelli che la legge definisce “prodotti abortivi”, ciò che resta in seguito a un aborto, che sia terapeutico, spontaneo o, come la maggior parte dei casi, un’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg). Prima in Italia, l’Advm istituisce proprio nella provincia piemontese il cimitero dei “bambini mai nati”. L’attività dell’associazione approfitta, pur nella legalità, di un paio di norme non troppo stringenti nel campo della sepoltura e dello smaltimento dei rifiuti ospedalieri. D’altro canto è sostenuta - o per lo meno, trova partner ideali - da aziende ospedaliere italiane, Asl e decine di comuni in giro per l’Italia, con la quale stipula protocolli per accedere negli ospedali e successivamente seppellire i feti in appositi appositi spazi all’interno dei cimiteri, detti “Giardini degli angeli”. Della volontà della donna poco importa. Ad oggi solo l’Advm ha compiuto oltre 200mila sepolture: quante di queste sono state richieste dalle donne? (...) Superate le 24 ore (dall'aborto), se non avviene nessuna richiesta, decade ogni diritto. In quel momento entrano in gioco le associazioni religiose che grazie ad accordi con gli ospedali dispongono del “prodotto abortivo” o “del concepimento”, con la libertà di seppellirlo secondo cerimonia religiosa. Persone legate all’associazione si recano nei presidi, avvengono poi i funerali : processioni con il carro funebre, in cui vengono letti passaggi delle Sacre Scritture, accompagnati da benedizioni e preghiere di cui nessuno è a conoscenza e a cui partecipano liberamente, oltre al prete, volontari e credenti. Questo è possibile in quanto l’associazione di volontariato, fa prima richiesta per essere riconosciuta all’interno del Servizio Sanitario Nazionale , e poi si impersona con il “chi per essi” previsto dalla legge. L’Advm è in più di un centinaio di comuni, conta oltre tremila associati e ha 60 sedi locali. Promuove “la cultura della vita, i diritti del concepito e l’atto di pietà del seppellimento dei bambini non nati, in collaborazione con le istituzioni sanitarie e la Pastorale della vita”. Si finanzia attraverso le donazioni: “Con soli 20 euro puoi sostenere il costo del seppellimento di un bambino non nato”, si legge nel sito. (...) Tutto è legale e previsto dalle normative. Lo schema prevede patti sia con gli ospedali, che poi con i Comuni. Protocolli d’intesa predefiniti in cui le associazioni si impegnano, con una scadenza presa in accordo, a passare negli ospedali e raccogliere i feti in contenitori speciali biodegradabili. Così l’azienda ospedaliera si libera di alcuni costi: autorizzazioni al trasporto e al seppellimento, contenitori e cassette per le inumazioni, inumazione, manutenzione e decoro dell’area (come ad esempio cura di fiori, giardino e pulizia). Il Comune dalla sua mette a disposizione gratuitamente l’area dedicata, eventuali scavi e lavori, e gli operatori cimiteriali che si occupano del seppellimento. Quanti sono i cimiteri dei feti in Italia non si sa di preciso. Jennifer Guerra, giornalista di The Vision, ha provato a mapparli , arrivando a contarne una trentina. “Lascia perdere sono cose che non ti interessano”. Si è sentita rispondere così Francesca quando ha chiesto: “Ma adesso che fine fa?”, in sala parto, dopo un aborto farmacologico al sesto mese per gravi malformazioni al feto, tra atroci dolori, senza epidurale e totale abbandono da parte dei sanitari. Anche volendo nessuno le avrebbe spiegato che era suo diritto chiedere una sepoltura, oppure rifiutarla. Sicuro non le è stato detto che tutto può finire con una croce nel cimitero della tua città, con nome e cognome scritti sopra. In assenza di ogni norma sulla privacy e diritto costituzionale. A Francesca è successo al cimitero Flaminio di Roma, a Marta a quello Laurentino , istituito nel 2012. Nome e cognome sono all’interno del sistema dei Cimiteri Capitolini, basta digitarlo per scoprire un riquadro, una fila e una fossa, con tanto di cartina sul come arrivarci. (...) “Città per la vita”, “comune a sostegno della vita e della famiglia”, “l’aborto non come mezzo per il controllo delle nascite”. Con queste formule sono approvate nei Consigli comunali decine di mozioni pro-vita. Promosse nella totalità da partiti di destra, in particolare Lega e Fratelli d’Italia, negli ultimi anni hanno trovato terreno fertile: documenti intrinsechi di ideologie antiabortiste, che allo stesso tempo approvano finanziamenti alle associazioni pro-life o permettono ai consultori pro-famiglia di accedere in quelli pubblici. Imperia, Torino, Genova, Cremona, Caserta, Trento, Treviso, Venezia, Busto Arsizio, Biella, ultima Marsala, in Sicilia, questo agosto. Sono solo alcune: partite dal nord vent’anni fa, negli ultimi anni le associazioni puntano al sud. (...) Negli ospedali si consuma ogni giorno una sorta di patto fra parti, le associazioni religiose da un lato e la sanità pubblica, che sulla carta dovrebbe essere laica, dell’altro. A pagare sono sempre le donne. Queste associazioni pro-vita e antiabortiste, con la falsa finalità di voler supplire a un’esigenza pubblica e rendere un servizio, trovano ancora una volta il modo per aver voce sulle scelte delle donne e sui loro corpi. Ora basta. RITA RAPISARDI
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vintagebiker43 · 4 years
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«Quella mattina, il 5 settembre, accompagno mia figlia a scuola con mio marito. Ha cinque anni, è sveglissima, forse anche troppo. Fuori le madri mi vedono con la pancia. Ero quasi al sesto mese». «Dopo averla lasciata andiamo a fare la “morfologica”. Sono eccezionali queste nuove tecnologie, vedi tutto, riesci persino a capire a chi assomiglierà». L’ecografia morfologica serve per accertare l’esistenza di eventuali malformazioni, ma quasi sempre di fronte allo schermo che proietta l’immagine del feto ti concentri nei tratti somatici. È una caccia ai lineamenti. A un certo punto il ginecologo smette di parlare, poi ci dice che qualcosa non va. Il feto è malformato, ha un ventricolo solo e l’aorta schiacciata. Il giorno dopo ci manda da un’altra specialista. Conferma la diagnosi, ci dice che potremmo farla nascere comunque con un’operazione fatta da un luminare. Avrei dovuto metterla al mondo e farla intubare; al sesto mese sottoporla a una nuova operazione per un’aspettativa di vita massimo di tre anni. Mi sono rifiutata. La specialista era una neocatecumenale». Un buco di dubbi di fronte a un feto che cresce ma è “inadeguato alla vita”, questa la formula lessicale usata dai medici. «Quando ho deciso che non avrei messo al mondo una bambina così malata, pensavo che sarei riuscita a fare tutto presto, subito. Pensavo che trovare un ospedale in grado di farmi abortire non fosse un’odissea, pensavo di aver bisogno di un chirurgo, pensavo di non dover sentire dolore. Pensavo che una legge sarebbe bastata. Invece sono entrata in un inferno infinito, in cui le informazioni e l’aiuto ricevuto sono stati pari a zero, in cui ogni giorno venivo rimandata al successivo. Dal giovedì al venerdì, dal venerdì al sabato, poi c’è il week end, forse lunedì, forse no. E per tutti quei giorni sono rimasta in piedi, in piedi come un cavallo, per non sentirla muovere, sperando solo che finisse presto, imbottita di vino e di Xanax». Questa donna, che non vuole un nome e vuole essere il nome di tutte, ha la stessa storia di molte altre: l’aborto, che sia terapeutico o no, ha dei tempi di attesa che assomigliano a una pena da scontare. Un silenzio di giorni durante i quali devi trovare un ginecologo che non sia obiettore di coscienza, che abbia un turno libero e che sia disponibile a prendere in carico il tuo caso. A Roma i medici disposti a praticare un aborto terapeutico sono cinque in tutta la città. Cinque medici per quasi tre milioni di abitanti. Poi c’è la visita psichiatrica. Secondo la legge 194 chi si sottopone ad aborto terapeutico può procedere solo nel caso in cui la propria salute fisica o psichica sia in pericolo. L’incompatibilità del feto con la vita non viene presa in considerazione. E quindi uno psichiatra deve accertare che la salute mentale della donna sia a rischio, nonostante la motivazione sia un’altra. In ospedale entri in mezzo alla vita che scorre, mentre quella che porti in grembo sai che non nascerà. Felicità che si mischia al dramma. «Ho atteso un’ora e quaranta prima che qualcuno si accorgesse di me, ho dovuto urlare per farmi notare. Poi c’è stato l’incontro con lo psichiatra. Un incontro freddo, una pratica da sbrigare senza empatia». È l’inizio della tortura di un diritto riconosciuto per legge. Partoriscono, in alcuni casi, senza che nessuno spieghi loro come avverrà. Non esiste uno sportello informativo. Sentono frasi crudeli e inutili, come «Io ne conosco di persone nate con un ventricolo solo, e stanno benissimo». Vedono il figlio desiderato uscire dal loro corpo. Sole, spesso dentro un bagno, abbandonate. Ritrovate sopra una tazza del cesso mentre spingono il feto, perché un’ostetrica ha deciso che in sala parto non ci devono stare. C’è chi si rifiuta di praticare loro la terapia del dolore perché gli anestesisti obiettori di coscienza, per esempio nel Lazio, sono quasi la totalità. C’è chi invece inietta morfina quando ormai è troppo tardi. Sono costrette a risentire il battito prima del parto. A rimanere ricoverate per giorni perché l’unico medico non obiettore ha ormai terminato il turno e bisogna attendere che torni. E allora le culle intorno a loro si riempiono e sentono la gioia della nascita della compagna di stanza. Il travaglio dell’altra. Con le ostetriche, anch’esse obiettrici, che ti guardano con disprezzo. «Ricordo che c’era solo gente che partoriva, palloncini, fiocchetti e gridolini», lo dice con rabbia, ma con un sorriso, tra le labbra strette: «Mi hanno fatta stare in quell’ospedale a forza, per quattro lunghissimi giorni, nel silenzio. Non sapevo quando sarebbe successo, non sapevo che sarei rimasta ricoverata tutto quel tempo. Non sapevo che nessuno mi avrebbe praticato l’epidurale. Non sapevo i medicinali che mi avrebbero somministrato». Chiede se è giusto, chiede se è normale. Chiede. E noi ascoltiamo con un registratore acceso, consapevoli che quelle domande sono state già fatte tante volte, troppe volte, da altre donne. Da altre coppie. «Quando è arrivato il giorno, mi hanno dato alcune pasticche, senza spiegarmi niente. Neppure dopo ho potuto capire cosa fossero, visto che la cartella clinica che mi è stata consegnata subito dopo le dimissioni, conteneva solo la data di accettazione e quella di uscita». Il Covid-19 continua in un fruscìo lontano, lo commentiamo mentre l’inviato di una tv all-news tenta una diretta. Nessuna di noi sa che il Sistema sanitario nazionale verrà completamente messo in discussione da lì a pochi mesi, mentre noi lo stiamo già facendo «È stato un attimo: appena prese quelle pillole è iniziato un dolore che non si può descrivere. Il parto è cominciato, un vero parto, non un’operazione. E nessuno mi aveva preparata a questo. Urlavo come una pazza e alla fine mio marito ha creduto che sarei morta. È uscito per chiedere aiuto e chi è entrato nella mia stanza mi ha sbeffeggiata: “Ma che è tutta questa scena, sei al secondo figlio, che non sai come si fa?”». Passano le ore, senza aiuti, senza epidurale. Il feto è scivolato via, non si ricorda se lo abbia visto. Semplicemente non ricorda o non vuole farlo. Di questa registrazione, datata 22 febbraio, abbiamo tolto tanto, il sangue, la vista, la crudeltà eccessiva. Lo abbiamo fatto per rispetto di chi ha voluto denunciare e rileggerà la sua esperienza. Per rispetto di tutte quelle donne che hanno vissuto lo stesso atroce diritto violato e garantito dalla legge italiana. Lo abbiamo fatto perché quello che è stato trascritto è sufficiente per comprendere. La donna è stata costretta a sottoporsi alla Emdr, tecnica di psicoterapia praticata ai reduci di guerra per superare i traumi subiti e lo ha potuto fare perché «benestante, colta e con un marito e una famiglia capace di aiutarla», come lei stessa ha detto. Ma non sempre è così. Ci sono donne che non possono permettersi un percorso terapeutico dopo un trauma. Famiglie distrutte e aborti negati. Donne costrette come ladre a emigrare in Paesi stranieri perché non riescono a trovare un medico che prenda in carico la loro cartella clinica, mentre in Italia si discute se la Ru-486, conosciuta come aborto farmacologico, possa essere applicato in day hospital, senza necessità di un ricovero di tre giorni. Quando quei tre giorni significano dover subire violenze psicologiche e fisiche. La pietas negata e conquistata con la legge 194 del 1978, più di 40 anni fa e ancora male accettata con un numero di medici obiettori di coscienza che sfiora il 70 percento nella maggiore parte delle regioni italiane. Reparti fermi, medici che si rifiutano, un ministero della Salute che non rende noti i dati e le donne costrette ad attaccarsi al telefono con la speranza che non finisca il termine previsto di 22 settimane. Laiga per aiutarle ha deciso di creare una mappa che almeno indichi loro in quale ospedale andare. Per il resto solo silenzio. copiato a Marisa D'Alfonso grazie per Carlo e per tutti quelli che non capiscono cosa ci sia di sbagliato nel cimitero dei feti con i nomi delle madri.
TRATTO DALL'ARTICOLO DI BEATRICE DONDI E ELENA TESTI, PER L’ESPRESSO DEL 28 SETTEMBRE 2020
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satiratea · 4 years
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pandabevetea · 4 years
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Aborto e Covdi-19
Il coronavirus è democratico: colpisce tutti direttamente ed indirettamente. Giovani, adulti ed anziani, uomini e donne finiscono in ospedale o muoiono. I bambini non vanno più a scuola ed al parco giochi, molti adulti non vanno più in ufficio, nessuno va al bar o a fare shopping. Gli umani uomini non sono democratici: le donne non possono decidere per loro stesse.  Non possono quasi più abortire.
 L’aborto prima della pandemia era un’impresa: cercare una struttura con personale non obiettore, trovare posto in tempo, avere tutti i fogli necessari, pregare e sperare che non ci fosse nessun intoppo che facesse slittare la pratica oltre i limiti consentiti. Magari anche trovare personale umano e non giudicante, critico. È un diritto solo su carta, col il 68,4% di medici obiettori nel 2017, in Italia.
Adesso l’impresa è ancor più difficile. Troppi ospedali con reparti congelati e consultori chiusi, doversi spostare chissà dove, visite e appuntamenti incerti, non sapere a chi chiedere. La paura di ammalarsi, magari in ospedale. È un diritto su carta non garantito. È limitato l’accesso ad ambulatori e strutture mediche tranne che per le emergenze; ed a quanto pare l’IVG non lo è, nonostante le pressanti scadenze per sottoporvisi.  L’aborto farmacologico è possibile solo entro le sette settimane (per l’OMS è una pratica sicura fino alla nona) ed è eseguibile solo in regime ospedaliero o di day ospital. Ergo, è necessario accedere alle strutture, peraltro assai scarse (solo il 18% delle ivg nel 2017 è stata di tipo farmacologico, sia per il basso numero di ospedali disponibili sia per gli ostacoli burocratici.)
Eppure non richiede interventi, quindi in questo periodo sarebbe la scelta più ottimale e sensata, riducendo l’accesso agli ospedali; magari rendendo l’assunzione domestica, seguiti dal medico in via telematica, e portando il limite a 9 settimane come in altri Stati. 
A questo si aggiunge la carenza globale di preservativi: le aziende hanno dovuto interrompere la produzione ed il blocco di 14 giorni della Karex – ditta con sede in Malesia che soddisfa il 20% del mercato mondiale -  ha comportato la mancata fabbricazione di quasi 200 milioni di condom.I rifornimenti sono calati del 50-60% anche per colpa della chiusura delle frontiere, sebbene si registri un aumento della domanda che però non potrà essere totalmente accolta. Il profilattico è l’unico contraccettivo che protegge sia dalle malattie che dalle gravidanze indesiderate. Il rischio globale, è l’aumento di malattie a trasmissione sessuale, gravidanze indesiderate ed aborti clandesitini.
 Di questo clima incerto e difficile riguardo le pratiche abortive, ne beneficiano le cosiddette associazioni “pro – vita” che, in Italia, hanno istituito petizioni per rendere l’aborto una “pratica medica non necessaria.”
Il Ministero della Salute si è limitato ad inserire l’IVG nella lista delle pratiche sanitarie non differibili e basta. Una volta in più l’aborto è un diritto solo cartaceo e non reale. L’aborto è differibile. Negato.
Le istituzioni hanno il dovere di pensare e provvedere, anche nell’emergenza, alla salute ed al benessere di cittadini e cittadine.
Ora più che mai, con un futuro incerto davanti, una donna deve essere libera di scegliere del suo corpo, della sua vita e del suo futuro.  Un futuro incerto e spaventoso per tutti: potremmo essere ricoverati o morire, potremmo perdere il lavoro e lo stipendio (se non è già accaduto) potremmo perdere la casa, gli affetti. Eppure, una donna non può scegliere del suo futuro. Un futuro che rende un momento delicato e spaventoso come una gravidanza, ancor più delicato e terrificante.Certo, la donna può sempre partorire in modo anonimo e poi affidare il bambino alla struttura ospedaliera, ma nove mesi di gestazione non sono uno scherzo, ha un impatto non da poco sulla vita e sul futuro della coppia, della famiglia, sul futuro della donna. Un futuro in cui è complicato recarsi in ospedale per gli esami di routine, un futuro in cui non si sa se il feto possa essere contagiato dal virus, come e se sarà possibile curare madre e feto/neonato; un futuro che naviga a vista ed a corto raggio. Oggi ho i soldi per mantenere uno o più figli, domani non si sa. Magari no.  Ed un bambino è costoso, ha bisogno di soldi per crescere, non solo di amore. L’amore non paga i pannolini e le pappe, gli abiti e la scuola, le bollette e l’affitto/mutuo.
 “Non doveva fare sesso, se non voleva un figlio” ho letto in una discussione online in cui una donna chiedeva aiuto per abortire, ed il nickname del profilo era un nome proprio femminile.Un’altra limitazione nella lista. Annullare i propri bisogni fisici ed emotivi perché non ci è garantito un nostro diritto, la nostra decisione non viene accolta e rispettata.
“Perché non usa una protezione?” un altro commento. Le protezioni possono fallire: il preservativo può rompersi o sfilarsi, la spirale od il diaframma spostarsi, la pillola non assorbirsi, il cerotto staccarsi. Mi rifiuto di considerare il coito interrotto una precauzione, nonostante molti lo considerino tale, sufficiente e sicuro. Una donna può non poter usare contraccettivi. Il partner può manometterli (stealthing) Può essere stata costretta violentata dal partner, da un coinquilino, da un parente, da uno sconosciuto.I contraccettivi possono non essere disponibili per carenza nelle farmacie o troppo costosi da acquistare.
Ci sono molti motivi per cui una donna rimane incinta e ci sono molti motivi per cui decide di non portare avanti la gravidanza.Motivi e corpi su cui tutti possono decidere, tranne l’interessata.
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paoloxl · 4 years
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Appello alle istituzioni. 4 aprile 2020
In questo momento storico, in cui il Governo e tutta la società si trovano a gestire l’emergenza da COVID-19, riteniamo doveroso tutelare la salute e i diritti delle donne e nel rispetto di tutte le misure necessarie per contenere e contrastare il diffondersi della pandemia. Durante questa fase di emergenza sanitaria, se le donne incontrano difficoltà ad accedere ai servizi di interruzione volontaria di gravidanza rischiano di superare i limiti temporali entro i quali la Legge 194/78 prevede il diritto di interruzione. Questo rischio è maggiore per le donne che vivono in condizioni di alta marginalità e vulnerabilità (per esempio: violenza domestica, condizioni precarie di salute o positività a COVID-19).
Per garantire l’assistenza e contenere le occasioni di contagio, Pro-choice Rete italiana contraccezione e aborto (Pro-choice RICA), Libera Associazione Italiana Ginecologi per l’Applicazione legge 194 (LAIGA), l’Associazione Medici Italiani Contraccezione e Aborto (AMICA), l’Associazione Vita Di Donna ONLUS  hanno scritto una lettera alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e al Ministero della Salute affinché siano adottate misure urgenti per garantire ad ogni donna, sull’intero territorio nazionale, l’accesso al servizio di interruzione volontaria di gravidanza (IVG).
La società civile, chiede che le autorità competenti ascoltino la richiesta delle associazioni firmatarie della lettera e adottino al più presto le misure proposte, in linea con quanto già fatto da altri governi in Europa, primi tra tutti Francia e Inghilterra.
Al Presidente del Consiglio dei Ministri, Prof. Avv. Giuseppe Conte, Al Ministro della Salute, Dott. Roberto Speranza
Roma, 2 aprile 2020
Oggetto: Misure urgenti in materia di interruzione volontaria di gravidanza per il contenimento e il contrasto del diffondersi della pandemia da SARS-CoV2 sull’intero territorio nazionale  
In considerazione delle decisioni adottate dal Governo per gestire l’emergenza epidemiologica da COVID-19, Pro-choice Rete italiana contraccezione e aborto (Pro-choice RICA), la Libera Associazione Italiana  Ginecologi per l’Applicazione legge 194 (LAIGA), l’Associazione Medici Italiani Contraccezione e Aborto (AMICA), l’Associazione Vita Di Donna ONLUS  chiedono alla Presidenza del Consiglio del Ministri e al Ministero della Salute di adottare misure urgenti volte a garantire l’accesso alla interruzione volontaria di gravidanza, privilegiando la procedura farmacologica che permetterebbe, se condotta in conformità con le evidenze attualmente disponibili e con le linee guida delle società scientifiche internazionali, di limitare gli accessi in ospedale e dunque il rischio di contagio.
A tal fine le Associazioni suddette chiedono di modificare URGENTEMENTE le “Linee di indirizzo sulla interruzione volontaria di gravidanza con mifepristone e prostaglandine” emesse dal Ministero della Salute in data 24 giugno 2010. In particolare si chiede di:
Ammettere al trattamento le donne in gravidanza con amenorrea fino a 63 giorni (nona settimana), invece che fino a 49 giorni (settima settimana);
Eliminare l’antiscientifica ed antieconomica raccomandazione del ricovero in regime ordinario dal momento della somministrazione del mifepristone al momento dell’espulsione;
Ammettere i soli regimi di ricovero in day hospital, con due accessi ospedalieri, e ambulatoriale. In particolare il regime ambulatoriale (“at home” nella letteratura scientifica), come ormai in uso nella stragrande parte degli altri paesi europei, prevede un unico passaggio nell’ambulatorio ospedaliero o in consultorio, con l’assunzione del mifepristone, e la somministrazione a domicilio delle prostaglandine;
Ammettere in via transitoria, in situazioni di particolari difficoltà in relazione all’attuale stato di emergenza, una procedura totalmente da remoto, monitorizzata da servizi di telemedicina, come è già avvenuto in Francia e nel Regno Unito.
Firmato
Pro-choice RICA, LAIGA, AMICA, Vita Di Donna ONLUS
Per sottoscrizione, invia una mail a [email protected]
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e-ste-tica · 4 years
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i diritti formalmente garantiti dalle leggi non valgono un fico secco senza reali applicazioni e allineamenti sociali e culturali su certe conquiste - friendly reminder per chi ancora ha il coraggio di dire che non abbiamo bisogno di femminismo
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toroseduto947 · 4 years
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ultimaedizione · 4 years
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Dalle diocesi, i vescovi contro l'aborto farmacologico senza ricovero
Dalle diocesi, i vescovi contro l’aborto farmacologico senza ricovero
In piena estate il ministero della Salute pubblica le nuove linee guida sull’aborto farmacologico, che annullano l’obbligo di ricovero dall’assunzione della pillola Ru486 fino alla fine del percorso assistenziale e allungano il periodo in cui si può ricorrere al farmaco fino alla nona settimana di gravidanza.
Una circolare che ha fatto discutere e il tema è stato al centro di alcune prese di…
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kon-igi · 4 years
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Ogni tanto scrivi di contraccezione. Ora, non so se lo sono, domani chiamo la ginecologa, pensavo di andare al consultorio della mia città, me ne parlano bene. Comunque, ecco ho un ritardo di 4giorni e ho avuto solo delle perdite marroni, google dice che potrebbero essere due cose ho gravidanza o premeno (ho 43 anni) Nell'attesa della visita volevo sapere se i test del supermercato sono attendibili. Che ansia. Non so cosa mi aspetta se dovessi abortire.
Ce ne sono di vari tipi e di vari prezzi ma considera che hanno più o meno tutti la stessa buona efficacia (quelli più costosi hanno una maggiore precisione nel rilevare le gonadotropine umane corioniche PRIMA del primo giorno di ritardo delle mestruazioni... nel tuo caso inutili).
Se il test risulterà negativo è molto molto difficile che tu sia gravida.
Ma comunque senti la ginecologa del consultorio e nel malaugurato caso, chiedile dell’aborto farmacologico, una pratica a bassa invasività che adesso non richiede nemmeno più il ricovero.
In attesa della visita, scrivimi pure in privato se hai bisogno di delucidazioni. :)
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eleonoracirant · 3 years
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Aborto farmacologico. Una conquista da difendere
Aborto farmacologico. Una conquista da difendere
Dibattito organizzato dalla Libreria Antigone di Milano, con Alice Merlo, testimonial della campagna aborto farmacologico dell’ UAAR Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti, Eleonora Cirant (Pro-choice rete italiana contraccezione aborto), e Non Una Di Meno – Milano. Grazie Mauro Muscio per l’invito!
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satiratea · 4 years
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l'assessore leghista Saltamartini giustifica l'iniziativa parlando di "somiglianza del genere umano alla Divinità”
Mosconi gli direbbe senza problemi a quale divinità assomiglia lui.
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