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Gramellini attacca ADL sul caso Mondiale per Club: "Si fa le leggi da solo"
Luca Gramellini sui propri account social ha commentato le ultime dichiarazioni di De Laurentiis sul Mondiale per Club e sulla volontà di fare causa per evitare che la Juventus vi partecipi dopo la squalifica che l’ha tolta di mezzo in Europa per questa stagione: “ADL si fa le leggi da solo. Retroattive ed anche in funzione di come va la sua squadra sul campo. Più o meno in linea con i processi…
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cinquecolonnemagazine · 7 months
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Venticinquesima giornata di Serie A: Inter sempre più in alto
La classifica, al termine della venticinquesima giornata di Serie A, conferma che la squadra campione d'Italia al 90% sarà l'Inter. Nove sono punti di distacco dalla Juve che ora deve guardarsi dal Milan. Per l'ultimo piazzamento Champions il quarto posto sembrerebbe, ad oggi, una questione tra Atalanta, Bologna e Roma. Napoli, Lazio e Fiorentina al momento sono ai margini e galleggiano nella terra di nessuno. Quella zona neutra che non è né carne e né pesce. In coda, situazione quasi drammatica della Salernitana che continuando così non si sà come potrà salvarsi. Si spera che Liverani dia un grosso scossone. A seguire Cagliari, Sassuolo e Verona sono anch'esse in lotta per uscire dagli inferi. Il Napoli che la diritta via ha smarrito dopo la venticinquesima giornata di Serie A 2023/2024 Il nuovo, si fa per dire, corso Mazzariano stenta a decollare e forse avrebbe bisogno di un po' più di coraggio e far riposare non solo Zielinski ma anche Di Lorenzo, Anguissa e forse anche Simeone. Ben inteso: questi giovanotti non mancano d'impegno ma sembrano solo un vago ricordo di coloro che giusto un anno fa ipotecavano lo scudetto vinto poi con 15 punti di distacco . Forse tra impegni delle nazionali e Coppe hanno speso tutto mentalmente? Certo, un calciatore come Gaetano che arriva a Cagliari e fa due grandi partite fa pensare. Come lui pure Folorunsho del Verona che qui avrebbe fatto il sesto di centrocampo sta giocando da Dio. Anche Zanoli e Zerbin potevano essere un valido strumento per far riposare gli stanchi. L'eredità di Spalletti Si sa Spallettone spreme i suoi fino alla fine. Forse l'ha capito bene ed è per questo che ha preferito abdicare e rimanere Re, anche se in esilio, piuttosto che essere destituito dal Presidente. Infine, l'allenatore sbaglio del presidente, parole sue, ma che ha danneggiato una squadra, una città, un popolo di tifosi. Infine la società ha fatto un buon mercato di riparazione con i nuovi arrivi ma sta toppando clamorosamente con Osimhen. L'uomo di punta che sta facendo capricci da star e soprattutto come sempre viene meno nel bel mezzo della stagione in corso. Caro Osi, potremmo elencare la lunga lista di attaccanti che il Napoli ha avuto: Attila Sallustro, O Lione Vinicio, Il Gringo Clerici, Mister due Milardi Beppe Savoldi, Careca tira la bomba, Giordano il trasteverino, il Matador Cavani, il Traditore Higuain per arrivare a te Grande Calciatore. Purtroppo stai dimostrando una disaffezione nei confronti della SSC Napoli e dei Tifosi. La Maglia si difende fino all'ultimo ma tu sei già da un altra parte ed allora buon viaggio giovanotto e cerca di crescere. Tutto ti ha concesso la proprietà e tu ne hai approfittato. Caro Walter… Mazzarri che poveretto non ci ha capito nulla. Forse sarebbe veramente il tempo che si godesse la pensione. Se ci vuoi bene, fai un gesto che in tanti anni nessuno ha mai fatto ma solo quel galantuomo del sor Magara Carletto Mazzone lo fece: dimettiti. Non è più il tuo calcio ma resterai nei nostri cuori per sempre visto quello che hai fatto. Infine, il Presidente: che dire? Oggi forse capisce cosa è il calcio. In giorno sugli altari un altro nella polvere. Un piccolo consiglio, parla meno ed agisci di più. A te non manca né l'intelligenza né la cazzimma. Forza ADL, tu distruggi e tu solo poi risorgere. Un ultimo pensiero a mercoledì prossimo con il Barcellona, che non sta meglio di noi. Abbiate un sussulto d'orgoglio perché in fin dei conti ci sono bei soldi per voi da portare a casa. Ad Maiora Foto di copertina: DepositPhotos Read the full article
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soldan56 · 5 years
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ADL Cobas Emilia Romagna
Una grandissima partecipazione più di cinquecento persone ieri sera alla Dalle radici alle stelle.Marcia per i diritti contro lo sfruttamento Rimini. Abbiamo contribuito anche noi con diversi interventi e contributi a partire dalle vertenze in atto nel settore del lavoro sociale con la Campagna #unaltrocontrattoèpossibile. Le forme di sfruttamento sono molte soprattutto in quei settori che mettono a valore il lavoro di cura e della riproduzione sociale. Dalla marcia di ieri, dalla testimonianza di Alagie uno dei due sopravvissuti all’incidente de 6 agosto de 2018, dai tanti contributi di realtà come Non Una Di Meno Rimini, dalla testimonianza di Stefano della Rete educatori/educatrici Rimini ci portiamo a casa la consapevolezza che solo attraverso un’attenta lettura dell’intersezione fra i tanti dispositivi attraverso i quali si esprime il Lavoro Gravemente Sfruttato, nel lavoro di cura tanto in quello sociale, nel lavoro nel turismo quanto nella logistica, sulla base del genere, della provenienza delle persone e del colore della loro pelle, possiamo passo dopo passo immaginare e costruire un futuro degno è possibile per tutti e tutte. Puntiamo il dito non alla Luna ma all’orizzonte che vogliamo affrontare e questa Marcia in ricordo di tre ragazzi ventenni, morti stritolati in un furgone  diretto nei campi di pomodoro è stata un’occasione importante per esserci e farci sentire e strappare giorno dopo giorno nuovi diritti per tutti e tutte! #DirittixTutti #MaiSchiavi #MaiSchiave
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paoloxl · 6 years
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Condividiamo e sosteniamo l’appello in sostegno ad Aldo Milani, coordinatore nazionale del SI Cobas, ingiustamente accusato di estorsione a seguito di un ciclo di scioperi nel settore della macellazione carni nella provincia di Modena, e contro il quale il PM ha chiesto una condanna di 2 anni e 4 mesi nel processo che si concluderà a fine marzo, e a tutti i sindacalisti e attivisti colpiti dalla #repressione, sotto processo o sottoposti a misure restrittive a seguito di scioperi e agitazioni sindacali
In difesa del coordinatore nazionale del Si Cobas Aldo Milani, per il quale a breve si arriverà a sentenza con una richiesta di condanna a 2 anni e 4 mesi. In difesa dei sindacalisti e dei solidali colpiti dalla repressione.
Da circa dieci anni il mondo della logistica, uno dei settori-cardine dell’economia italiana e mondiale, è attraversato con cadenza quasi quotidiana da scioperi e agitazioni sindacali.
Contrariamente a quanto accadeva nel secolo scorso, quando il movimento dei lavoratori si mobilitava quasi sempre per conquistare leggi e contratti migliorativi rispetto a quelli già esistenti, nella logistica le agitazioni sindacali sono state innescate da uno status quo caratterizzato dalla palese e sistematica violazione dei Contratti Collettivi Nazionali di lavoro e delle più elementari tutele legislative in materia di salario, orari e sicurezza.
Questo movimento, indipendentemente dalla condivisione o meno delle pratiche adottate e dei metodi di lotta e di contrattazione con la controparte, ha avuto due indubbi meriti: da un lato ha restituito diritti e dignità a migliaia di lavoratori (in gran parte immigrati) fino ad allora senza voce, di fatto ridotti a una condizione di semischiavitù, sottopagati, ricattati, soggetti a orari, ritmi e carichi di lavoro inumani, privati del diritto a ferie e malattia, spesso defraudati del Tfr e privi di ogni tutela e/o rappresentanza sindacale; dall’altro ha fatto venire alla luce un fitto e intricato sottobosco di illegalità, evasione fiscale, fallimenti pilotati, speculazioni e infiltrazioni della malavita organizzata, rese possibili da una concorrenza spietata tra grandi, medie e piccole aziende in nome della rincorsa estenuante e senza freni all’abbattimento dei costi. Questo sistema ha trovato nelle cooperative e nelle ampie agevolazioni fiscali e normative previste nella nostra legislazione per questa “ragione sociale”, lo strumento cardine per dar vita a una vera e propria giungla di appalti e subappalti, spesso affidati a cooperative “spurie” le cui modalità operative e di gestione della manodopera ricalcano fedelmente quel sistema del caporalato che il movimento operaio e bracciantile del secolo scorso misero fuorilegge a seguito di lunghe e aspre battaglie sindacali e politiche. In quest’ottica non è un caso se il nostro ordinamento penale considera tuttora l’intermediazione illecita di manodopera e lo sfruttamento del lavoro nel novero dei “delitti contro la persona e contro la libertà individuale” (art. 603 bis c.p.), prevedendo per questi reati congrue pene, anche se poi è rarissimo vederle effettivamente applicate.
Il movimento dei lavoratori della logistica, estesosi negli ultimi anni a importanti filiere dell’agroalimentare, delle ceramiche, del commercio e dei metalmeccanici, rappresenta oggi uno degli esempi più nitidi di quanto sia sempre più marcata la distanza tra legge formale e legge sostanziale: in questi anni Questure e Prefetture hanno troppe volte affrontato gli scioperi e le agitazioni sindacali (promossi quasi sempre dalle sigle di base SI Cobas e Adl Cobas) trasformandoli in un mero “problema di ordine pubblico”, sottovalutando o ignorando quel contesto di illegalità, di supersfruttamento e di soprusi che porta a tali agitazioni. Il paradosso di ciò che sta avvenendo è che in tantissime delle principali filiere della logistica, solo grazie a determinate forme di lotta, che in alcuni casi vengono considerate illegali, (blocchi ai cancelli, manifestazioni spontanee che finiscono col bloccare le strade di accesso ai magazzini, scioperi improvvisi) si è riusciti a portare legalità, a far rispettare le leggi dello Stato in materia di diritti sul lavoro, di sicurezza, di rispetto delle normative in materia fiscale e contributiva. Non solo ma in alcune circostanze il lavoro di denuncia fatto da SI Cobas e Adl Cobas di casi palesi di caporalato e di forme di rapporti di tipo schiavistico, ha portato all’apertura di procedimenti giudiziari e anche ad arresti di caporali o di imprenditori privati o legati alle cooperative. In assenza di tutto ciò il mondo della logistica sarebbe ancora un mondo attraversato interamente da illegalità e da organizzazioni criminali. Questo paradosso si è tradotto in centinaia di cariche fuori ai cancelli, procedimenti penali e amministrativi, fogli di via e DASPO urbani nei confronti di lavoratori e delegati sindacali che nella gran parte dei casi rivendicano nient’altro che il rispetto delle leggi e dei contratti nazionali. Da tale quadro a tinte fosche emerge in maniera sempre più evidente un uso arbitrario, strumentale e unilaterale delle norme del codice penale, teso a schiacciare il dissenso e colpire i settori più oppressi della nostra società: un quadro che rischia di peggiorare ulteriormente con la recente approvazione da parte del governo Conte del DL Sicurezza, il quale, tra l’altro, prevede condanne fino a 12 anni per il reato di “blocco stradale” (e, contestualmente, il rimpatrio immediato per quei lavoratori immigrati che prendono parte a tali iniziative) e i cui effetti immediati sono apparsi già evidenti con la “militarizzazione” di alcune delicate vertenze, come dimostrano i casi emblematici di Italpizza a Modena, della Toncar a Muggiò, e della DHL di Carpiano, dove in questi giorni un impressionante dispositivo di polizia e carabinieri (una decina di blindati più un idrante) è intervenuto per spezzare la protesta operaia contro 4 licenziamenti politici. Altrettanto indicativa è una recente sentenza del tribunale di Milano con condanne fino a 2 anni e 6 mesi contro membri del SI Cobas e del Centro sociale Vittoria per un picchetto di alcuni anni fa, avvenuto senza alcuna tensione, tant’è che lo stesso p.m. aveva chiesto l’assoluzione per tutti gli imputati, per non parlare delle centinaia di denunce inoltrate nei confronti di altrettanti lavoratori e attivisti per violenza privata o blocco stradale.
Contro le lotte nella logistica c’è un accanimento repressivo tutto speciale, ma non si tratta, però, solo di questo settore. La lunga vicenda che ha visto FCA licenziare e perseguitare 5 operai di Pomigliano “colpevoli” di avere con tenacia irriducibile denunciato le gravi, e perfino mortali, conseguenze delle politiche aziendali, la sequenza di provvedimenti repressivi contro i movimenti sociali (dal No Tav alle lotte per la casa) e il clima di intimidazione che si sta creando nelle scuole contro chiunque dissenta dalle direttive di revisionismo storico, ci dicono che si vuole mettere in discussione, oltre il diritto di sciopero e le libertà sindacali, ogni forma di conflitto sociale, comunque agìta, nonché le più elementari forme di auto-difesa dei lavoratori e la stessa libertà di critica e di opinione.
La vicenda giudiziaria che ha colpito il coordinatore nazionale del SI Cobas Aldo Milani è da questo punto di vista paradigmatica: un militante sindacale di lunga lena, prima arrestato e tenuto per tre giorni in carcere al termine di una trattativa sindacale con l’accusa di estorsione ai danni della famiglia Levoni (imprenditori attivi nel settore delle carni nel modenese e indagati per corruzione), sbattuto in fretta e furia in prima pagina su stampa e media alla stregua di un criminale, e ora alle prese da due anni con un estenuante processo in cui sul banco degli accusatori figurano imprese e cooperative dedite allo sfruttamento intensivo di manodopera immigrata e ultraricattata. Un processo che, nel corso del dibattimento, ha fatto emergere da un lato il livello di complicità e connivenze tra imprenditoria privata e organi centrali e periferici dello stato, dall’altro la totale estraneità di Aldo Milani alle accuse mosse. A fronte di una situazione che assume connotati grotteschi, nell’ultima udienza il PM è arrivato a richiedere per il coordinatore nazionale del SI Cobas una condanna “ridotta” a 2 anni e 4 mesi, in quanto quest’ultimo meriterebbe l’attenuante di avere agito per un “alto valore morale”, cioè non chiedendo soldi per sé, bensì per i lavoratori licenziati in sciopero” (!!!)…. Al di là del fatto che la vertenza Levoni aveva caratteristiche del tutto simili ad una infinità di altre vertenze nelle quali il compito del sindacato è quello di preoccuparsi di far avere ai lavoratori tutto il dovuto per le retribuzioni arretrate, per TFR e spettanze di fine rapporto ed eventualmente forme di riconoscimenti economici per i lavoratori a fronte di conciliazioni, da parte del PM, si cerca di criminalizzare una normale vertenza sindacale prospettando una condanna molto pesante attenuata dall’alto valore morale.
Questo inedito tentativo di “salvare capra e cavoli” equiparando un sindacalista ad un Robin Hood che “estorce” ai ricchi per dare ai poveri, a nostro avviso costituisce un pericolosissimo precedente giurisprudenziale.
Essendo oramai chiaro anche agli organi inquirenti che Milani non solo non ha estorto soldi ai Levoni al fine di trarne un arricchimento personale, ma non ha messo in atto alcuna pratica estorsiva, agendo invece nel pieno delle sue prerogative di rappresentante sindacale, mettendo in atto forme di lotta e di iniziativa sindacale lecite al fine di impedire il licenziamento di 55 lavoratori, e soprattutto di garantire che a questi ultimi venissero pagate quelle spettanze e quei versamenti contributivi che i datori di lavoro illecitamente si rifiutavano di liquidare, è evidente che una condanna penale nei suoi confronti può aprire una profonda breccia nel nostro sistema di relazioni industriali: se ogni richiesta economica e monetaria a favore dei lavoratori diventa passibile di essere qualificata come reato di estorsione, allora l’esercizio dell’attività sindacale è messo in discussione fin nelle sue fondamenta.
Per questo motivo, facciamo appello al Tribunale di Modena affinché tenga conto delle gravi implicazioni derivanti da una eventuale sentenza di condanna nei confronti di Aldo Milani, del carattere antidemocratico e anticostituzionale della tesi accusatoria, e chiediamo dunque con forza la sua piena assoluzione.
Al contempo, chiediamo a tutte le forze politiche, sociali e sindacali sinceramente democratiche, agli esponenti del mondo giuridico, accademico, dell’arte, della cultura e dello spettacolo di sottoscrivere questo appello per la piena assoluzione di Aldo Milani dalle accuse intentate e di avviare una campagna per la depenalizzazione totale del reato di “blocco stradale” per ragioni sociali o sindacali e per sancire il divieto dell’utilizzo dei reparti-celere in occasione di agitazioni sindacali all’esterno dei luoghi di lavoro.
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giancarlonicoli · 4 years
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25 gen 2021 15:50
"ANCELOTTI AVEVA UN PIANO PER IL NAPOLI. MA DE LAURENTIIS NON LO HA SEGUITO E ORA NE PAGA LE CONSEGUENZE" - LA CRISI DEGLI AZZURRI INIZIA CON L'ESONERO DI ANCELOTTI E PASSA PER IL NO ALLE CESSIONI DI ALLAN E INSIGNE, IL MANCATO ACQUISTO DI IBRAHIMOVIC E L’AMMUTINAMENTO FATTO PASSARE COME UNA PROTESTA DEI CALCIATORI CONTRO IL TECNICO DI REGGIOLO - E SI E' ARRIVATI A GATTUSO CHE, IN UN ANNO, HA PORTATO SCARSI RISULTATI IN CAMPIONATO E ZERO "VELENO"
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Massimiliano Gallo per ilnapolista.it
È doveroso che noi del Napolista spieghiamo, una volta di più, perché riteniamo Aurelio De Laurentiis di gran lunga il principale responsabile della attuale condizione del Napoli. E perché consideriamo il punto di svolta, il punto di non ritorno, l’esonero di Ancelotti e non, come i sarriti indefessi ripetono, l’addio a Sarri.
Checché ne dicano gli ostinati, il divorzio tra Sarri e il Napoli è stato fondamentalmente consensuale. Sarri sapeva fin troppo bene che quel ciclo si era esaurito e che, al di là del giudizio sul campionato dei 91 punti, quell’impresa con quella squadra non sarebbe stata più ripetibile. Sarri voleva andar via anche per le sue legittime ambizioni economiche e di carriera. De Laurentiis, pur non amandolo, provò a trattenerlo dopodiché si arrese all’evidenza. I sarriti se ne facciano una ragione.
A quel punto, De Laurentiis ebbe una felicissima intuizione. Purtroppo non suffragata da una adeguata convinzione. Fu una scelta superficiale. De Laurentiis portò a Napoli forse l’unico allenatore che avrebbe potuto reggere la pressione del post Sarri: Carlo Ancelotti. In un ambiente impregnato di adorazione per il Comandante. Un ambiente completamente traviato dalla presunta bellezza, dal calcio estetico, al punto da confondere i principi elementari del gioco del calcio. Sembrava quasi che i gol e le vittorie fossero appendici, orpelli. Quel che contava erano la quantità di passaggi, le statistiche e cose che sappiamo benissimo.
Il primo anno Ancelotti fece bene, anzi molto bene. Ma persino quel secondo posto, in un ambiente malsano, ancora oggi è considerato pochissima roba. Basti pensare che chiuse il girone d’andata con 44 punti, oggi sarebbe primo. Il Napoli disputò uno straordinario girone di Champions. Altro che magnifici primi tempi col Real Madrid, il Napoli di Ancelotti sconfisse il Liverpool al San Paolo e giocò alla pari col Psg di Neymar e Mbappé: sfiorò la vittoria al Parco dei Principi e mise alle corde i francesi nel secondo tempo a Napoli. L’eliminazione a Liverpool pose fine alla prima fase dell’esperienza di Ancelotti in azzurro. Quell’anno, della vecchia guardia partì il solo Jorginho. Furono acquistati Meret, Ospina, Fabian. Ancelotti rivalutò Maksimovic completamente dimenticato da Sarri. E provò l’intera rosa a disposizione. Chiuse definitivamente l’epoca dei titolarissimi.
È nella seconda fase che si consuma il divorzio tra De Laurentiis e Ancelotti. Un rapporto che fin lì sembrava un idillio. Ma questo è un antico vizio del patron della Filmauro. Proprio come spesso accade in amore, nei primi tempi De Laurentiis seduce e coccola gli allenatori, li ricopre di attenzioni. Per poi, alle prime divergenze, progressivamente sparire e gettarli in una condizione di isolamento. Anche perché a Napoli, nel Napoli, la società è De Laurentiis. Altre figure degne di nota non ce ne sono. Fatta eccezione per l’uomo ombra di De Laurentiis, quel Chiavelli della cui rilevanza si è scritto e si scrive troppo poco. Un uomo molto influente in casa Napoli.
La seconda fase cominciò dopo Liverpool. Con l’addio di Marek Hamsik. Lo slovacco, che Ancelotti piazzò nel ruolo che fu di Jorginho, andò in Cina. Fu un colpo al cuore alla piazza malata di passatismo. A Napoli i tifosi avrebbero giocato con la squadra che fu di Sarri per altri trent’anni, fino alla soglia della pensione. Un’idea perversa che è stata alla base dell’assurdo rinnovo concesso a Mertens (33 anni) e non a Milik (26). Il club ha di fatto ripetuto l’errore commesso da Moratti dopo il triplete dell’Inter. Con la differenza che quell’Inter vinse tutto, mentre noi ci siamo appuntati la medaglia dei 91 punti e del presunto calcio più bello del mondo.
Ancelotti era l’uomo ideale per la gestione del post-Sarri anche perché – a differenza di qualsiasi altro tecnico dell’era De Laurentiis – non poneva alcun veto sulle cessioni dei calciatori. Era perfettamente consapevole che un club come il Napoli, proprio per rimanere ai vertici del calcio italiano ed europeo, aveva bisogno di vendere i calciatori con quotazioni irripetibili. Un tipo di allenatore che De Laurentiis non troverà mai più. Tant’è vero che, proprio in concomitanza con l’addio di Hamsik, gli emiri del Psg bussarono alle porte del club per Allan. Sontuosa l’offerta: 60 milioni più 20 milioni in sponsorizzazioni. E ovviamente un ingaggio da capogiro per il brasiliano. Lo stato maggiore del Napoli si riunì. Ancelotti diede il via libera alla cessione. Non perché Allan non gli piacesse ma perché a quelle cifre il calciatore va venduto e poi perché non si trattiene un calciatore controvoglia.
Erano tutti d’accordo, tranne De Laurentiis. Che poi, 18 mesi dopo, si è ritrovato a vendere Allan all’Everton (proprio di Ancelotti) per circa 25 milioni. Meno di un terzo rispetto all’offerta del Psg. Ancelotti avrebbe voluto sostituire Allan con Barella. Il centrocampista era riottoso ma i modi per provare a convincerlo ci sarebbero stati. Ma De Laurentiis tagliò la testa al toro bloccando la cessione di Allan.
Non è che Ancelotti avesse rotto con calciatori come Mertens, Callejon, lo stesso Insigne. Era però fermamente convinto che un ciclo si era concluso e che serviva un ricambio. In campo e nello spogliatoio. Il tecnico avrebbe voluto aprire le finestre e far cambiare l’aria. Più che per gli acquisti, la rottura tra Ancelotti e De Laurentiis è avvenuta sulle cessioni. Sull’idea del Napoli del futuro. Tra gli uomini che Ancelotti avrebbe fatto partire c’erano anche Hysaj, Ghoulam, lo stesso Mario Rui. E l’addio di Raiola a Insigne, certamente non il contrario, avvenne quando Mino capì che le pretese di De Laurentiis e del giocatore per una eventuale cessione erano decisamente fuori mercato.
Finì che rimasero tutti. Alcuni controvoglia. E alcuni, tanti, con situazioni contrattuali pendenti. Troppi. Errore madornale di De Laurentiis che non ebbe il coraggio di cambiare. Checché se ne dica, Adl ha tanti meriti (e noi glieli riconosciamo tutti, con gratitudine) ma non è un imprenditore coraggioso. È un imprenditore accorto, che a Napoli ha fatto benissimo. Sempre col suo passo. Anche comprensibilmente, visto che i soldi sono suoi. Ma in questo caso il conservatorismo gli si è ritorto contro. Non ha venduto i calciatori quando era il momento di venderli e oggi si ritrova una rosa decisamente deprezzata.
Il secondo anno, degli uomini chiesti da Ancelotti arrivarono soltanto Manolas e Lozano. E lo spogliatoio rimase con gli stessi capi-bastone. In più, come detto, tante situazioni contrattuali irrisolte: Mertens, Callejon, Maksimovic, Zielinski, Allan, Hysaj, Milik e forse qualcun altro che dimentichiamo. È in questa situazione che la decisione del ritiro – che De Laurentiis fece calare dall’alto – provocò l’ammutinamento. Il malessere dello spogliatoio contro De Laurentiis, deflagrò in modo clamoroso. Successivamente il Napoli provò a presentare quell’ammutinamento come una protesta dei calciatori contro Ancelotti. Si trattò, e ancora si tratta, di un clamoroso falso storico. Fu un atto di insubordinazione nei confronti della società. Che poi, sbagliando tutto quello che poteva sbagliare, ha finito col perdonare i calciatori e cacciare l’allenatore.
Tra l’altro, pochissimi giorni dopo l’ammutinamento, proprio Ancelotti parlò con i giocatori che erano pronti a chiedere scusa a De Laurentiis. Era il giorno dell’allenamento al San Paolo. Ma il presidente, dopo aver inizialmente acconsentito, misteriosamente si tirò indietro e cominciò la storia delle multe che poi è rimasta lettera morta.
Infine Ancelotti, prima di essere esonerato, aveva convinto De Laurentiis a prendere Ibrahimovic. Il tecnico emiliano aveva capito perfettamente che serviva una guida in campo e nello spogliatoio, un fuoriclasse in grado di trascinare il gruppo fuori dalle secche. È finita come sapete. Il Napolista ve l’ha raccontato con dovizia di particolari (qui e qui).
De Laurentiis mandò via Ancelotti e ingaggiò Gattuso che venne presentato come l’uomo che avrebbe riportato il sarrismo a Napoli. Si è provato a montarlo mediaticamente. C’è stata una poderosa azione di propaganda sulla magnificenza degli allenamenti di Gattuso, su Ancelotti che invece non li faceva lavorare. Si è giocato molto sull’arretratezza mentale dell’ambiente Napoli che infatti ha abboccato. Oltre la vittoria della Coppa Italia, però, il campo ha certificato più dolori che gioie. L’unico veleno è stato quello somministrato ai tifosi. In più, ci si è messo il Covid a rovinare i piani di De Laurentiis. Molte cessioni sono state bloccate. Mentre in entrata il Napoli ha speso circa 150 milioni tra Osimhen, Politano, Petagna, Lobotka, Demme, Rahmani, più Bakayoko.
Adesso, quattordici mesi scarsi dopo l’esonero di Ancelotti, De Laurentiis si ritrova ancora il Napoli settimo in classifica (come al momento dell’addio al leader calmo), con una rosa il cui valore si è praticamente dimezzato, senza un’idea di gioco, con uno spogliatoio privo di leader e senza una reale programmazione per il futuro. Senza un’idea del Napoli. È questo che noi del Napolista intendiamo per responsabilità di De Laurentiis. Poi certo potremmo parlare a lungo di Gattuso e di Giuntoli.
Ma è stato De Laurentiis ad essersi affidati a loro. Ed è questo che intendiamo quando scriviamo che Ancelotti era l’unico ad avere avuto un’idea di futuro. Aveva un piano per il Napoli. Ma De Laurentiis non lo ha seguito. E ora ne sta dolorosamente pagando le conseguenze. È stato il classico caso di divergenze di vedute tra l’amministratore delegato (Ancelotti) e il proprietario dell’azienda.
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italianaradio · 5 years
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Champions surreale: il Napoli supera il turno ma caccia Ancelotti, l’Inter di Conte cade col Barcellona B ed è fuori
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Champions surreale: il Napoli supera il turno ma caccia Ancelotti, l’Inter di Conte cade col Barcellona B ed è fuori
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Champions surreale: il Napoli supera il turno ma caccia Ancelotti, l’Inter di Conte cade col Barcellona B ed è fuori
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Dopo la Juventus, già sicura della qualificazione da prima del girone, l’Italia porta agli ottavi di finale di Champions League anche il Napoli che al contempo, come anticipato da ART News, esonera Carlo Ancelotti e affida la squadra a Gennaro Gattuso. Adesso è anche ufficiale. Tutto questo nonostante il 4-0 con cui gli azzurri battono il Genk al San Paolo. Ennesima follia made in Aurelio De Laurentiis: il suo vero cinepanettone 2019, l’allievo al posto del maestro. L’altra notizia del giorno è l’eliminazione dell’Inter che perde 2-1 in casa contro il Barcellona B. Spagnoli già sicuri degli ottavi come primi del raggruppamento ma comunque corsari al Meazza. E’ proprio il caso di dirlo: il Barça dei ragazzini terribili gela San Siro, l’Inter retrocede in Europa League. Lukaku riprende Perez, ma nel finale arriva la beffa firmata Ansu Fati, il più giovane goleador della storia della Champions. Il Borussia Dortmund vince 2-1 contro il Salisburgo ed è agli ottavi, la squadra di Antonio Conte chiude solo al terzo posto.
La partita del Meazza. L’Inter si presenta ben vestita, in ordine, al grande appuntamento. Forse però è un po’ troppo impaurita: anche di fronte ai giovani canterani blaugrana Carles Perez e Ansu Fati. Due ragazzini terribili che alzano il sopracciglio e sbattono la porta in faccia ai nerazzurri: tornate l’anno prossimo. Per l’Inter, rinviato ancora una volta l’appuntamento con gli ottavi di Coppa Campioni. Inter incapace di battere un Barcellona presentatosi a Milano con 9 riserve. Anzi, il Barça B vince senza troppi patemi. I padroni di casa recriminano perchè prima del vantaggio ospite falliscono una serie di buone occasioni con Lukaku meno killer del solito. Oppure segnano ma sono in fuorigioco: 3 gol annullati per questo. Il Barcellona rimaneggiato, schierato quasi a specchio, resta di qualità superiore, soprattutto dal centrocampo in su. Perez e Fati sono capitali ancora inesplorati, mentre Conte, nella rosa interista, ha provato quasi tutto. Ha raschiato il fondo del barile.
Clima surreale a Fuorigrotta: il Napoli batte 4-0 i belgi del Genk poi ADL caccia Ancelotti. Super-Milik trascina gli azzurri agli ottavi da secondi nel girone. Sul taccuino, una tripletta del polacco e un rigore di Mertens. E’ l’unica buona notizia in una notte di paradossi. Il primo riguarda Arek Milik. La sua tripletta abbatte il Genk e mette a tacere tutte le voci che l’hanno indicato come uno di quelli che giocano contro Ancelotti: niente di tutto questo, l’attaccante, invece, ha dimostrato di essere un punto di forza di questa squadra, costretto a tante assenze solo ed esclusivamente per motivi fisici. Il secondo, è addirittura irreale. Il San Paolo applaude Carlo Ancelotti in quella che di fatto è stata la sua ultima partita sulla panchina del Napoli. La gente è dalla sua parte e contro De Laurentiis. Intanto, dopo 9 partite, il Napoli ritrova la vittoria, realizzando 4 reti. Scenario kafkiano in casa partenopea nel dopo partita. Carlo Ancelotti dichiara: “Dimissioni? Mai fatto in vita mia e mai lo farò. Mercoledi vedrò De Laurentiis. Il mio futuro? La società farà le sue valutazioni”. ADL le sue valutazioni le ha fatte subito, ha portato a cena il tecnico per comunicargli già martedi sera l’esonero. Esonero poi ufficializzato con un freddo tweet. Una scelta già fatta alla vigilia, come scritto da ART News.
Dopo la Juventus, già sicura della qualificazione da prima del girone, l’Italia porta agli ottavi di finale di Champions League anche il Napoli che al contempo, come anticipato da ART News, esonera Carlo Ancelotti e affida la squadra a Gennaro Gattuso. Adesso è anche ufficiale. Tutto questo nonostan…
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Fabio Camillacci
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soldan56 · 5 years
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Marcia del 6 Agosto ore 20 Piazzale Fellini Rimini--> DalleRadiciAlleStelle. Marcia x i diritti contro lo sfruttamento: Dalle radici alle stelle. Marcia per i diritti contro lo sfruttamento Diritti sociali, aumenti salariali e solidarietà internazionale Puglia, 4 e 6 Agosto 2018. Nell'arco temporale di due giorni perdono la vita 16 persone, nel percorso per raggiungere il loro luogo di lavoro, i campi agricoli della raccolta del pomodoro in una pianura infinita nelle campagne di Foggia, veri e propri non luoghi. Tra quei lavoratori ci sono anche Bafodè, Ebere e Romanus, nostri compaesani, amici e fratelli che dopo essere sopravvissuti ai viaggi della morte, nella frontiera più mortale al mondo, il Mare Mediterraneo, hanno visto riconosciuto il loro diritto di restare e la loro richiesta di asilo nel nostro territorio, dove hanno vissuto gli ultimi anni della loro giovane vita. Oggi, da Salvini a Bolsonaro passando per Trump, è in atto una sempre più forte legittimazione della morte di chi è considerato altro, estraneo, straniero, nemico. Un processo che ha come obiettivo intenzionale l'annientamento dell'altro nella sua dimensione di essere Umano. Contro questo processo, dobbiamo e vogliamo oggi, più che mai, non solo ricordare i nomi delle persone che sono morte, ma essere capaci di raccontare le loro storie e di ridare loro Umanità. Questo significa avere il coraggio di dire che oggi di lavoro si muore, così come si muore di confini. Bafodè, Ebere e Romanus non sono vittime di una fatalità, ma di una guerra silenziosa che si combatte contro chi vive il ricatto della povertà, contro i e le braccianti, le lavoratrici e i lavoratori e le lavoratrici del turismo, gli operai e le operaie del settore logistico. Dobbiamo, oggi, avere il coraggio di parlare di questo. Di batterci contro il Lavoro Gravemente Sfruttato, che significa battersi per le persone contro il loro sfruttamento e la loro disumanizzazione; di partire dalle condizioni attuali del lavoro per restituire alle persone non privilegi, ma diritti e dignità; di tornare a parlare di lavoratori e lavoratrici, precari e precarie, sfruttate e sfruttati non in base al colore o alla provenienza geografica, ma in forza del loro bisogno comune, il riconoscimento della propria dignità di esseri umani e in forza alla loro condizione comune di povertà e precarietà che significa rivendicare salari degni, case, ammortizzatori sociali. Dobbiamo, oggi, avere il coraggio di tornare nelle strade, di far vivere queste parole per non essere più meri testimoni ma corpi desideranti e cooperanti in movimento per costruire un mondo diverso e possibile, libero dallo sfruttamento, dal razzismo, dal sessismo. Aderiscono: ADL Cobas Emilia Romagna ANPI Forlì – Cesena ANPI Rimini Comitato Provinciale ANOLF Rimini ARCI Rimini Arcobaleno Associazione Casa Don Andrea Gallo Casa Madiba Network CGIL Cesena CGIL Rimini Ciclofficina Rimini Comunità di Sorrivoli Cooperativa Cento Fiori Cooperativa Eucrante Cooperativa Madonna della Carità Cooperativa Millepiedi Cooperativa Sociale Terra dei Miti di Sorrivoli Coordinamento Democrazia Costituzionale Rimini Emergency gruppo di Forlì Federconsumatori Forlì Federconsumatori Rimini Forlì Città Aperta Fridays For Future - Rimini Grotta Rossa SPA Humus Festival Libertà e Giustizia Manifesto contro l’odio e l’ignoranza Mani Tese Messaggi dal Mondo Non Una di Meno Rimini Pacha Mama associazione e cooperativa Pride Off Rimini Umana Romagna Migrante Cesena Terre Solidali Sociale Vite in Transito ***Adesioni in aggiornamento***
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paoloxl · 4 years
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Padova - Al via la campagna contro la 4° linea dell'inceneritore
Nello stesso giorno in cui Herambiente presenta online il progetto della 4° linea del termovalorizzatore di San Lazzaro, si è tenuta una conferenza stampa davanti all’impianto padovano. A organizzarla sono stati centro sociale Pedro e Adl Cobas, con l’obiettivo di lanciare una campagna contro la 4° linea dell'inceneritore. Hanno partecipato alla conferenza anche tre consiglieri comunali di Coalizione Civica.
Intervento Mattias Fascina Cso Pedro
Intervento Stefano Pieretti (Adl Cobas)
Intervento Roberto Marinello (Coalizione Civica)
Intervento Mattia Donadel (Opzione Zero)
Il testo di lancio:
Al via la campagna contro la 4° linea dell'inceneritore di Padova
Il 4 gennaio Herambiente presenterà online il progetto di sostituzione delle linee 1 e 2 dell'impianto di termovalorizzazione a San Lazzaro con la 4° linea che dovrebbe arrivare a bruciare una quantità di rifiuti pari a 300 tonnellate al giorno.
Le sostanze emesse dagli inceneritori, anche quelli di ultima generazione, (diossina, metalli pesanti,polveri sottili) inquinano non solo l’aria, ma anche il suolo, le falde acquifere, gli alimenti e per effetto dei venti le zone interessate dalle emissioni possono arrivare fino ad un raggio di molti chilometri attorno all’inceneritore. Inoltre gli effetti di danno alla salute vanno a sommarsi a quelli di altri inquinanti presenti nel territorio (industriale, da traffico, elettromagnetico).
Leggendo la dichiarazione ambientale del 2018 di Herambiente rispetto le emissioni dell'inceneritore possiamo vedere come nei grafici sia di fatto nascosta la reale quantità di inquinanti emessa dato che risulta in un unico valore rispetto la frazione carbonica (COT). Per non parlare delle altre sostanze cancerogene che pur essendo nei limiti stabiliti dalla legge (di fatto sono ben lontani dall’essere 0) vengono immesse nell'aria.
Anche il consumo idrico necessario alla funzionalità dell'impianto è molto elevato. Negli scarichi idrici, le concentrazioni di metalli pesanti e altri inquinanti nonostante sia entro i "limiti di legge" sono comunque alte, dato che prima dell'ingresso nell'impianto l'acqua di fatto era meno inquinata..
Consideriamo che la città di Padova risulta essere una delle città d'Italia con maggiori sforamenti dei livelli di Pm10 e sopratutto che nell'ultimo anno con la raccolta differenziata porta a porta si è ridotta enormemente la quantità di rifiuto secco da destinare all'incenerimento.
Viene da chiedersi a cosa può servire una quarta linea? A bruciare rifiuti che arrivano da fuori città probabilmente, magari i fanghi contaminati da PFAS come succede nell'inceneritore di Veritas a Fusina.
Inoltre, al momento, siamo ancora fermi al vecchio piano di gestione regionale dei rifiuti che scadrà il 31 dicembre 2020 e dovrà essere redatto dalla giunta regionale, si spera che nel nuovo piano venga data priorità al riciclo e all'economia circolare ma guardando i progetti di Fusina, San Lazzaro, la discarica di Arzignano sembra che gli interessi economici spingano verso la via dell'incenerimento.
Per questo lanciamo la campagna NO INCENERITORE per chiedere:
1. Che il nuovo piano regolatore regionale tenga conto dell'emergenza climatica in corso limitando il più possibile progetti che prevedano l'incenerimento dei rifiuti.
2. Che non venga costruita nessuna 4° linea ma invece si lavori sulla dimissione delle altre linee lavorando ancor di più sulla raccolta porta a porta e sulla sensibilizzazione ambientale.
3. Che venga fermato immediatamente l'inceneritore di Fusina dove vengono bruciati CSS e fanghi tossici contaminati da PFAS mettendo a rischio la salute della popolazione veneta già esposta a vari disastri ambientali.
BRUCIARE RIFIUTI NON è SOSTENIBILE E AUMENTA IL RISCALDAMENTO GLOBALE!
I RIFIUTI NON SI BRUCIANO SI RICICLANO.
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italianaradio · 5 years
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Il punto sul campionato e il colpo di scena. Napoli: Gattuso al posto di Ancelotti
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Il punto sul campionato e il colpo di scena. Napoli: Gattuso al posto di Ancelotti
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Il punto sul campionato e il colpo di scena. Napoli: Gattuso al posto di Ancelotti
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Visto che al giro di boa della Serie A mancano solo quattro giornate e che abbiamo abbondantemente superato il primo terzo di campionato, si può tracciare un primo parziale bilancio su quanto visto finora. Al momento la classifica è spezzata in quattro tronconi. Nel primo troncone ci sono Inter, Juventus e Lazio in corsa per lo scudetto, nel secondo ci sono le compagini per il quarto posto che vale la Champions, ovvero: Roma, Atalanta e Cagliari. Nel terzo troncone troviamo le squadre in lotta per l’Europa League e in cui spiccano il Milan e il Napoli: la grande delusa, dal sogno scudetto all’Europa minore. Infine, dai 16 punti del Bologna ai 9 della Spal fanalino di coda, ci sono le squadre che lotteranno per salvarsi. Ed è bagarre, perchè tra i ferraresi ultimi e la Sampdoria di mister Ranieri, quartultima, ci sono soltanto 3 punti.
La Juventus non è più padrona. Rispetto ai campionati precedenti, questa a oggi è la novità più clamorosa. La nuova Juve di Sarri fatica a ingranare e i tifosi bianconeri già rimpiangono Allegri; perchè se è vero che quella con la Lazio è stata la prima sconfitta stagionale, è anche vero che quest’anno Madama in campionato non ha mai convinto; spesso è stata aiutata dagli episodi e dalla fortuna. La Vecchia Signora non solo non gioca bene, ma segna poco e subisce tanto. Ecco che si conferma una storica teoria calcistica: l’allenatore “risultatista” è da preferire a quello “giochista” se si tratta di gestire una rosa ricca di campioni e con Cristiano Ronaldo fiore all’occhiello. Pertanto, meglio il “risultatista” Allegri che il “giochista” Sarri, tanto voluto da Agnelli per far finalmente giocare bene la squadra.
Le potenziali rivali dei campioni d’Italia in carica. L’Inter capolista è l’avversaria più accreditata per scucire il tricolore dalle maglie bianconere. I nerazzurri hanno la difesa meno battuta e sappiamo che quasi sempre in Italia hanno vinto il titolo le squadre con la miglior difesa. La stessa Juve, capace di conquistare 8 scudetti consecutivi, ne sa qualcosa visto che una volta la difesa era il suo punto di forza. Ecco perchè pesa tantissimo l’assenza di Chiellini che sta recuperando dal grave infortunio al ginocchio. E de Ligt, mister 75 milioni, per ora è un flop. Tornando all’Inter, l’unico limite rimane la rosa corta e attualmente alle prese con tanti infortunati. Stesso discorso per la Lazio, fortissima negli 11 titolari e con Immobile in stato di grazia (a parte il rigore fallito sabato è capocannoniere con 17 centri), ma finora miracolata a livello di infortuni rispetto a Inter, Juve e soprattutto Roma (i giallorossi hanno il record degli infortuni da fine agosto, è risaputo). Alla lunga, non avere ricambi pesa.
Lotta Champions e il possibile ribaltone Napoli. Il Cagliari del vice-capocannoniere Joao Pedro (1o reti come l’interista Lukaku) continua a stupire e non molla mai. Domenica a Reggio Emilia contro il Sassuolo è arrivata l’ennesima rimonta. Il punto conquistato consente ai sardi di stare davanti alla Roma per differenza reti. Incalza l’Atalanta che si è portata a una lunghezza dalla coppia formata da isolani e capitolini. Staccato di 8 punti dal quarto posto e di 7 dal 6°, c’è il Napoli di Ancelotti. Nelle ultime ore prende sempre più corpo l’ipotesi esonero di Don Carlo dopo il delicato impegno di domani in Champions contro il Genk al San Paolo. Ai partenopei basta un punto contro i modesti belgi, qualora il Salisburgo riuscisse nell’impresa di battere i campioni d’Europa del Liverpool. Insomma, una qualificazione già in tasca, ma col Napoli di oggi non si sa mai. Comunque vada, secondo i soliti ben informati: dopo il Genk, De Laurentiis caccerà Ancelotti affidando la squadra a Gattuso. Ci sarebbe già l’accordo con l’ex tecnico del Milan: contratto di 18 mesi per “Ringhio”. E’ questo il vero cinepanettone di ADL: sostituire Ancelotti con Gattuso.
Milan, la cura Pioli comincia a dare i suoi frutti. Il 3-2 con cui i rossoneri domenica sera hanno espugnato il campo del Bologna davanti a uno sconsolato Mihajlovic, è un altro segnale che il Diavolo dopo il passaggio di consegne in panchina tra Giampaolo e Pioli sta iniziando a carburare: terzo risultato utile consecutivo e seconda vittoria di fila. Ora la squadra rossonera pare avere un’anima; è stato importante aver recuperato un ottimo giocatore come Bonaventura.
Sempre più giù invece la Viola di Vincenzo Montella. Il patron gigliato per ora conferma la fiducia all’Aeroplanino; ma è una fiducia a tempo. Si vocifera che l’italo-americano abbia in mente di esonerare Montella durante la pausa natalizia se la situazione non dovesse migliorare nelle ultime due gare prima della sosta. Due match non proprio semplici per la Fiorentina che riceverà al Franchi prima l’Inter poi la Roma. Merita un plauso il Parma dell’ottimo D’Aversa: 8° posto. Domenica i ducali hanno fatto tornare in crisi la Sampdoria. Il Torino invece procede tra alti e bassi come il fragile Sassuolo. Possono sorridere il Brescia e Balotelli: porta la firma di Mario infatti il gol con cui le “Rondinelle” hanno sbancato Ferrara. Tutto questo con il ritorno in panchina di Corini al posto di Grosso. Stranezze e follie del calcio di oggi.
Visto che al giro di boa della Serie A mancano solo quattro giornate e che abbiamo abbondantemente superato il primo terzo di campionato, si può tracciare un primo parziale bilancio su quanto visto finora. Al momento la classifica è spezzata in quattro tronconi. Nel primo troncone ci sono Inter, Juv…
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Fabio Camillacci
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paoloxl · 6 years
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ADL COBAS e SI COBAS proclamano lo sciopero generale per l’otto marzo accogliendo l’invito del movimento globale delle donne e dell’assemblea nazionale di “Non una di Meno” di fare della storica data per i diritti delle donne non una commemorazione ma una giornata di lotta vera. Dall’Argentina al Chapas, dal Bangladesh all’India, dagli Stati Uniti al Brasile, dalla Palestina al Marocco, l’iniziativa di lotta delle donne sta conoscendo e caratterizzando una nuova fase di conflitto internazionale, anche in virtù del fatto che le lavoratrici ormai rappresentano quasi il 50 % della forza lavoro mondiale direttamente impiegata in lavori extra-domestici. Uno su tutti il forte movimento di rivolta delle donne del Bangladesh che producono per le filiere di H&M, Walmart, Carrefour, Tesco e Aldi per un salario di 83,00 € al mese. L’otto marzo, data storica della lotta del movimento operaio internazionale, incroceremo le braccia, perché respingiamo l’intero impianto della società patriarcale che si fonda sulla prevaricazione, sia nei rapporti sociali, che nei rapporti familiari, che nei luoghi di lavoro dove si perfeziona la sovrapposizione di più livelli di sfruttamento. Parliamo di sovrapposizione perché un elemento è evidente: man mano che ci si cala dagli strati più benestanti a quelli meno abbienti del nostro tessuto sociale, si fa più acuta la discriminazione. Gli strumenti per mantenere le lavoratrici in una condizione di oggettiva inferiorità sono talmente ben rodati che appaiono come la normalità. Si pensi alla disparità salariale che limita la libertà economica delle lavoratrici. Si pensi all’enorme divario tra il congedo di maternità e il congedo di paternità che sancisce di fatto l’accudimento della prole come un obbligo di pertinenza delle madri. Si pensi alle migliaia di bambine e donne immigrate che vengono assoldate nella tratta della prostituzione e che per ripagare i debiti delle proprie famiglie diventano da un lato merce di scambio, dall’altro lato appagano le storture maschiliste più malate della società, e gli esempi sarebbero ancora molti. In questa cornice, nel clima attuale di repressione delle lotte e delle libertà collettive e individuali, il “governo del cambiamento” riesce a portare a segno un colpo bassissimo con il decreto Pillon, che andrà a caricare di ulteriori difficoltà la quotidianità di centinaia di migliaia di donne, perchè si inserisce in un contesto dove non solo è completamente inesistente il welfare, ma anche dove il lavoro domestico svolto dalle donne è considerato un non-lavoro e non una occupazione vera e propria che lo stato dovrebbe salariare. Nessuno di questi problemi potrà essere risolto se non attraverso la lotta. Sono proprio le nostre compagne che, come accade davanti ai cancelli di Italpizza, nelle piazze letteralmente assediate dai disoccupati e dalle disoccupate, nelle occupazioni a scopo abitativo dei movimenti per la casa, tutti i giorni, si oppongono in prima linea nella lotta per la autoaffermazione della loro dignità, rendendo la ribellione ai diktat polizieschi un fenomeno che estende la sorellanza e la fratellanza la solidarietà tra lavoratori e lavoratrici, obbliga e consente ai propri compagni e compagne di lavoro e di vita a riconsiderare le loro relazioni, grazie alle pratiche quotidiane di lotta dura e reale per il rispetto dei propri diritti e differenze. La pratica delle lotte costringe a riconsiderare il proprio essere nel mondo ed il rispetto diventa atto dovuto per chi, ponendosi in prima linea, mostra con fierezza la propria volontà di essere soggetti e non oggetti passivi e inermi. Questa è la dimostrazione più eclatante che solo una prospettiva costruita sul terreno della lotta di classe, che tenga anche conto delle differenze di genere, potrà far emergere una solida e duratura lotta per l’emancipazione e l’autodeterminazione femminile. È per questo che riteniamo fondamentale rendere la giornata dell’otto marzo, nel mondo del lavoro e nella società, una giornata nella quale porre in primo piano, non più soltanto quel tema, pur cruciale, che è il femminicidio e la violenza contro le donne (nel 2018 sono stati 94 i casi donne uccise da uomini, 2977 i casi di violenza sessuale e circa 9000 le denunce di percosse). Ma il nostro compito sarà dapprima riportare al centro il tema fondamentale del diritto ad avere servizi sociali accessibili senza discriminazione di carattere economico, né di provenienza e che garantiscano di crescere i minori a carico in maniera dignitosa in qualunque parte del mondo. Perché è inaccettabile che possa accadere quel che invece è accaduto nella città di Lodi dove i bambini stranieri erano stati  tenuti fuori dalla mensa scolastica a causa di una delibera, voluta dalla sindaca leghista Sara Casanova, che imponeva alle famiglie certificati non richiesti a quelle degli italiani. Si spendono miliardi in opere inutili o peggio dannose (vedi il MOSE o il tunnel dell’alta velocità della Torino Lione in Valtellina) e nulla i governi che si sono succeduti hanno fatto per incrementare i servizi rivolti a figli di donne lavoratrici come asili nido, materne, dopo scuola, mense, costringendo a limitare il ruolo sociale della donna a madre e disoccupata. Ma l’assurdo che ci troviamo a vivere in molti dei settori dove più forte è la presenza delle donne, specie in quelli pubblici, è che grazie alle varie “spending review”, vengono continuamente tagliate ore di lavoro, dove i contratti sono già a part time, riducendo ulteriormente i salari e la qualità dei servizi. Lo vediamo negli ospedali dove, da una parte si spendono miliardi per costruirne di nuovi con i “project financing” (leggi grande speculazione finanziaria), lasciando vuote ed inutilizzate le vecchie strutture, dall’altra si cerca di stringere sempre di più i tempi per le pulizie. La conseguenza di tutto ciò è che l’igiene diventa solo un problema di costi e il paradosso per le lavoratrici con contratto a part time è che se riduci il part time e vai sotto gli 8000 € perdi anche il “bonus Renzi”. Per tutti questi motivi l’otto marzo deve essere una occasione per riflettere e lottare tutte/i assieme sui posti di lavoro , nelle scuole e nella società per rivendicare diritti e per contrastare ovunque le politiche neoliberiste che pervadono tutto il sistema del welfare sociale. Le nostre organizzazioni sindacali si impegnano da qui all’otto marzo ad indire assemblee e dibattiti per costruire una giornata di sciopero vero e mobilitazioni territoriali che auspichiamo si possano intrecciare con le iniziative proposte da “Non Una di Meno”. Fuori da ogni retorica o tentativo di strumentalizzazione e consapevoli delle difficoltà che una composizione del lavoro a maggioranza maschile che non è immune dalla cultura maschilista ancora troppo radicata nelle nostre società, l’otto marzo per noi sarà un passaggio fondamentale, un punto di non ritorno rispetto ad un percorso che deve vedere sempre più l’intersezione delle lotte per i diritti sul lavoro, con le lotte contro le discriminazioni e la violenza di genere e contro il razzismo.
ADL COBAS e SI COBAS
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