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#Denis Pantini
emanuelebottiroli · 4 years
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Gdo ed e-commerce volano, ecco i dati post lockdown L’Italia del vino scopre il digital, l’ecommerce e la diversificazione dei mercati per non perdere vantaggio competitivo.
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effemerideitalia · 7 years
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Vino, Nomisma: “In Italia comprano online soprattutto i cinquantenni”
Vino, Nomisma: “In Italia comprano online soprattutto i cinquantenni”
ROMA – Sebbene l’e-commerce pesi ancora per meno del 2% sulle vendite off-trade di vino in Italia, i tassi di crescita a doppia cifra percentuale che stanno interessando, anno dopo anno, gli acquisti in questo canale non possono passare certo inosservati, soprattutto da parte dei produttori. E proprio in considerazione di questo sviluppo, Wine Monitor attraverso la partnership con vino75.com,…
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italianaradio · 5 years
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OLIO IGP DI CALABRIA Se ne è discusso alla Cittadella regionale
Nuovo post su italianaradio https://www.italianaradio.it/index.php/olio-igp-di-calabria-se-ne-e-discusso-alla-cittadella-regionale/
OLIO IGP DI CALABRIA Se ne è discusso alla Cittadella regionale
OLIO IGP DI CALABRIA Se ne è discusso alla Cittadella regionale
R. & P. REGIONE CALABRIA UFFICIO STAMPA DELLA GIUNTA 10.07.2019 Agricoltura
Convegno in Cittadella su opportunità e prospettive per l’Olio di Calabria Igp.
Questa mattina nella sala verde della Cittadella regionale di Germaneto si è tenuto l’incontro sull’IGP Olio di Calabria “Scenari di mercato per l’olio extravergine d’oliva: opportunità e prospettive”, promosso dalla Regione Calabria e dal Consorzio di valorizzazione “Olio IGP Calabria” Ha concluso i lavori Mauro D’Acri, Consigliere regionale delegato all’Agricoltura, che ha portato i saluti del Presidente Oliverio ed ha richiamato gli interventi tecnici che lo hanno preceduto. “Dalle relazioni degli illustri docenti universitari – ha affermato – si è evinto che in Calabria, data la conformazione dei nostri terreni, non si può fare agricoltura super intensiva, se non in particolari casi. Ma la qualità del nostro olio, se non fosse ancora chiaro, è veramente rilevante. Negli anni in questo settore – ha sottolineato – i premi alla produzione hanno creato non pochi danni. L’ultimo sforzo di questa amministrazione regionale è nato con lo scopo di porre rimedio a questa tendenza sbagliata del passato. Parlo del bando del biologico, che abbiamo pubblicato di recente, con il quale abbiamo deciso di cambiare registro e di sostenere chi davvero trasforma e commercializza. Oggi – ha concluso D’Acri – dobbiamo avere la consapevolezza che divisi non si va da nessuna parte e che per far conoscere il nostro olio, la nostra arma vincente è proprio il marchio IGP”. Giacomo Giovinazzo, Dirigente Generale del Dipartimento Agricoltura e Risorse agroalimentari nonché Autorità di Gestione del PSR Calabria, ha esordito definendo l’incontro odierno una sorta di “Stati generali dell’Igp”. “Nel settore olivicolo i vincoli stanno diventando opportunità – ha dichiarato – Spesso le nostre produzioni travalicano le frontiere italiane, ma ancor più spesso non riusciamo ad affermare la calabresità delle nostre produzioni. Produzioni che sono di grande qualità, ma spesso di frontiera, di un manipolo di produttori importantissimi che hanno fatto da apripista e che però devono diventare rappresentativi di tutti gli olivicoltori calabresi. In Calabria abbiamo 184mila ettari di uliveti che producono il 33% della produzione italiana, il 70% insieme alla Puglia, ma le normative nazionali hanno limitato l’operato regionale. Dobbiamo evidenziare insieme alle regioni del sud che è necessario una modifica al piano olivicolo nazionale, e non dobbiamo più pensare ad interventi generalisti, ma concentrarci sulle singole filiere, aggregando più seriamente la produzione. Stiamo lavorando ad un bando per la valorizzazione – ha aggiunto – per comunicare in primis all’Italia che la Calabria produce olio e quindi per la riconoscibilità, data dal legame territorio- prodotto e rispetto dell’ambiente. In secondo luogo, rispetto alla riconversione, dobbiamo ripensare un modello di un’agricoltura olivicola che sia sostenibile, che sostituisca la riforma storica”. I lavori sono stati introdotti da Massimino Magliocchi, presidente del Consorzio di tutela e valorizzazione Olio IGP Calabria, che ha presentato ufficialmente il Consorzio e ha spiegato il percorso lungo e difficile che ha condotto all’ottenimento del riconoscimento Igp, necessario per la valorizzazione e la tutela dell’olio evo calabrese e dei nostri territori. A seguire gli interventi di Denis Pantini, direttore area agroalimentare Nomisma, che ha illustrato le ultime tendenze dei mercati nazionali ed internazionali rispetto all’olio evo, il profilo dei consumatori odierni ed il valore aggiunto rappresentato dal marchio Igp; Maurizio Servili del Dipartimento di Scienze agrarie alimentari e ambientali dell’Università di Perugia che ha parlato della qualità e degli aspetti organolettici degli oli evo, dell’immagine percepita dai consumatori e dei costi dei prodotti; Bruno Bernardi, delegato del Rettore dell’Università “Mediterranea” di Reggio Calabria e Maria Teresa Russo del Dipartimento di Agraria della “Mediterranea”, che hanno parlato della produzione olivicola italiana, ed in particolare calabrese, tradizionale e moderna, facendo un confronto con i competitor stranieri. f.d.
R. & P. REGIONE CALABRIA UFFICIO STAMPA DELLA GIUNTA 10.07.2019 Agricoltura Convegno in Cittadella su opportunità e prospettive per l’Olio di Calabria Igp. Questa mattina nella sala verde della Cittadella regionale di Germaneto si è tenuto l’incontro sull’IGP Olio di Calabria “Scenari di mercato per l’olio extravergine d’oliva: opportunità e prospettive”, promosso dalla Regione Calabria
Gianluca Albanese
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tmnotizie · 5 years
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FANO – L’export dei vini bianchi fermi italiani sta crescendo più velocemente dei rossi (+47% vs +35%, dal 2010 al 2018) e i vigneti con finestre sul mare sono quelli che registrano le migliori performance. È il quadro di sintesi, al convegno ‘Vino da mare’ organizzato a Fano dall’Istituto marchigiano di tutela vini (Imt), tracciato dal responsabile di Nomisma Wine Monitor, Denis Pantini.
Secondo l’analisi, presentata in occasione dei 50 anni della Doc Bianchello del Metauro, il 31% delle 408 Dop della Penisola vanta areali con sbocco sul mare, con Marche, Liguria, Sardegna, Sicilia, Calabria, Puglia, Molise e Abruzzo che presentano una percentuale ‘marittima’ delle loro denominazioni oltre il 75%. Un’incidenza singolare tra i principali Paesi produttori, destinata a crescere se si tiene in considerazione che – fatta eccezione per il Prosecco, che comunque in piccola parte si affaccia sulla costa – in Italia la produzione di vini ‘marittimi’ è cresciuta negli ultimi anni del 45%, a fronte di un +13% degli altri vini.
In questo scenario, anche il mercato sembra assecondare la tendenza: tra le 7 regioni italiane cresciute nell’export di oltre il 90% nell’ultimo decennio, ben 4 presentano una forte incidenza di vigneti ‘marittimi’ (Marche, Sicilia, Puglia e Abruzzo).
“Una componente importante per le esportazioni è data dal turismo – ha detto il direttore Imt, Alberto Mazzoni -è evidente che un bacino di turisti stranieri possa rappresentare una leva fondamentale per la promozione delle produzioni autoctone; è il caso del Bianchello del Metauro e di altre aree marchigiane, a forte concentrazione di turismo balneare”.
Freschezza, finezza ed eleganza sono per gli esperti le carte vincenti dei vini ‘marittimi’ e in particolare della Doc Bianchello. Secondo il presidente Assoenologi Marche, Giuliano D’Ignazi: “L’escursione termica è il fattore fondamentale per un prodotto che si distingue per la freschezza e la facile beva. Caratteristiche queste che unite alla sua bassa gradazione sono sempre più apprezzate dalla domanda”.
“Un vino a forte espressione territoriale – ha aggiunto l’enologo Umberto Trombelli – che deve mantenere la propria identità anche attraverso l’azione di tutela e promozione del consorzio di riferimento”.
Complice anche il Bianchello del Metauro, la provincia di Pesaro ha registrato nel decennio una crescita nelle esportazioni di vino di oltre il 370%. Germania, Cina e Usa le principali destinazioni.
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purpleavenuecupcake · 7 years
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L'Italia del vino è superata dalla Francia. La colpa sembra essere della politica e dall'icapacità di fare sistema
  “Abbiamo preso una sbornia, il successo degli anni passati ci ha fatto pensare di poter andare in giro per il mondo a raccontare delle storielle in maniera un po’ naif. Questo paese del vino non è capace di raccontarsi in modo univoco. Oggi dobbiamo trovare la maniera per metterci insieme, serve centralizzare il modo di raccontare il vino – oggi delegato alle regioni – come ha fatto la Francia. I mezzi ci sarebbero, ma ci facciamo del male da soli perché la burocrazia non li sa gestire e dobbiamo essere messi nelle condizioni almeno di spendere bene i soldi. Il nostro è il paese del vino mentre la Francia è il paese con delle aree del vino. Dobbiamo tornare a portare la boccia al centro, dire che l'Italia è il paese del vino e ha trovato un driver che è rappresentato dai ristoranti italiani nel mondo, ma oggi non lo è più: i ristoranti spesso hanno solo il nome italiano, e c'è bisogno di un messaggio paese dove il vino diventa perno di un mondo di bellezza, gastronomia e vino". Così Sandro Boscaini, patron di Masi Agricola nonché presidente di Federvini, nel corso di una tavola rotonda dal titolo "Vino italiano: bianco o nero?" che si tiene al Wine2Wine in svolgimento, con termine previsto nella giornata di oggi, presso Veronafiere. Alla tavola rotonda hanno partecipato anche Ernesto Abbona presidente dell'Unione Italiana Vini, Ruenza Santandrea presidente della sezione vinicola dell'Alleanza Cooperative settore Agroalimentare e Matilde Poggi presidente della Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti. Sul tema si sono espressi ovviamente anche gli altri nomi di peso del vino italiano. Secondo Ernesto Abbona: “La rappresentazione dell’Italia è molto diversa da quella francese. Purtroppo ancora oggi il nostro Paese è una somma di regioni che creano ripartizione e frammentazione di risorse. In questo settore occorre tornare a premiare la meritocrazia: chi non raggiunge gli obiettivi non deve ricevere i finanziamenti”. Matilde Poggi vedrebbe “molto bene un’azienda unica partecipata da pubblico e privato che si occupi della promozione di vino del mondo, sul modello francese. C’è sicuramente bisogno di un brand ombrello in grado di vendere il sistema Paese”. Ruenza Santandrea si dice: “d’accordo con l’ipotesi di un’azienda unica per la promozione, ma sono fondamentali anche gli accordi bilaterali che vanno sviluppati con l’Unione Europea. Non si più andare in ordine sparso nella promozione, serve una grande manifestazione in Asia dedicata al made in Italy. Un evento così costerebbe meno rispetto a tante altre piccole iniziative”. Il problema è che quest'anno il nostro paese viene surclassato proprio dalla Francia in vetta alle classifiche. Poi c'è il fatto che il vino italiano non ha molto appeal in Cina, con solo il 6% contro il 40% della Francia che vende anche a maggior prezzo. In Cina poi, tutte le catene hanno portato il vino nella grande distribuzione. "Dobbiamo puntare sulla nostra diversità, noi in Europa dobbiamo contare di più" afferma Poggi. E proprio in questa direzione Abbona ricorda che "il Ministro Calenda ha fatto delle cose importanti, e anche il Sottosegretario Scalfarotto. Il nostro problema - sottolinea Abbona - è che c'è bisogno di tempo e nel nostro paese le persone si avvicendano con troppa rapidità". Insomma, il problema è la politica. Ed a tal proposito Boscaini aggiunge che "i mezzi ci sarebbero anche , ma ci facciamo del male da soli e a fronte del Prosecco" e del suo successo "c'è lo zoccolo duro dei vini fermi che non stanno andando benissimo. Poi ci sono i mercati che hanno bisogno di conoscerci", rileva ancora Boscaini. Che l'Italia ha centinaia se non migliaia di viticoltori lo sottolinea ancora Abbona, che dice pure: "il vino francese rappresenta il lusso, noi rappresentiamo il vino della classe media che valuta il vino non solo per l'immagine". Ma "noi italiani facciamo molta fatica a fare sistema", ribatte Poggi. Tanto è vero che il prezzo medio adesso è di 2,64 euro in Italia e 5,68 in Francia. E secondo gli ultimi dati Nomisma, evidenziati da Denis Pantini in 10 anni l'export è cresciuto del 74%, gli spumanti, in particolare il Prosecco oltre il 400%, in 5 anni l'afflusso dei turisti trainati dal vino a Montalcino sono cresciuti del 120%, il Barolo +64% e Valpolicella +54% o di raddoppiare in 5 anni (+96%) la superficie biologica del vigneto Italia. Per contro gli aspetti critici si fanno sempre più oscuri: come la recente perdita, a favore della Francia, del primato in valore nel primo mercato import al mondo, gli Stati Uniti, o la debolezza del Belpaese in Cina (5,6% la quota di mercato nel 2016, contro il 42,3% della Francia) e in quasi tutti i mercati emergenti, il nanismo del tessuto imprenditoriale, la ‘crisi di crescita’ dei vini fermi e soprattutto la questione del prezzo medio, dimezzato rispetto a quello del competitor leader, la Francia. Senza considerare che in Germania da alcuni anni diminuisce la nostra presenza, e nel Regno Unito c'è il punto interrogativo della Brexit, insomma l'export del vino italiano sta calando. Per fortuna ci sono 19 aziende nei Grandi Marchi che lavorano assieme, e "riescono a fare bene", conclude Boscaini, l'Italia del Vino Consorzio è un altro, e poi c'è Vinitaly e ancora altri. Chiedo, afferma in ultimo, che non ci siano remore da parte della burocrazia". Per Denis Pantini, responsabile Nomisma-Wine Monitor: “Il 2017 sarà ricordato come l’anno dei sorpassi. Forte di una ripresa economica ormai consolidata, il commercio internazionale di vino chiuderà l’anno con una crescita in valore superiore al 5% rispetto al 2016, trainato anche dall’imponente recupero della Russia  che è cresciuta del 40% nei primi 9 mesi, dall’ennesimo sprint della Cina con +14% ad ottobre e che scalza definitivamente la Germania dal terzo scalino del podio dei top mercati di import, nonché dalla conferma dello stato di salute degli USA che si attestano a +8% a settembre, dove però si assiste anche al sorpasso del vino francese su quello italiano ad opera soprattutto di una rimonta dello Champagne e di un’esplosione delle vendite dei rosè de Provence”. Foto: google   Read the full article
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jucks72 · 7 years
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Vino italiano, un profilo chiaroscuro
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Vino italiano, un profilo chiaroscuro
In 10 anni il trend export del vino italiano nel mondo è cresciuto in valore ben 3 volte più della media dell’intero manifatturiero, più del doppio della gioielleria e quasi il quadruplo rispetto all’abbigliamento.
Ma proprio in un anno che registra un tale incremento statistico, non mancano le contraddizioni all’interno del comparto leader dell’agroalimentare italiano, ancora troppo ancorato ai suoi storici importer (Usa, Germania e Regno Unito) che valgono il 60% delle esportazioni in tutto il mondo, contro il 39% della Francia.
Questa l’ultima analisi di Nomisma – Wine Monitor realizzata per Verona Fiere in occasione di Wine2Wine ed esporta al talk show “Vino italiano: bianco o nero?”, a cui hanno partecipato, tra gli altri, Ruenza Santandrea (Alleanza delle Cooperative), Matilde Poggi (Federazione italiana vignaioli indipendenti), Sandro Boscaini (Federvini) ed Ernesto Abbona (Unione italiana vini), moderati dal giornalista Paolo Del Debbio.
L’analisi in sostanza traccia un profilo chiaroscuro del fenomeno vino, in grado in un decennio (2006-2016) di incrementare il proprio export del 74%, di generare boom di mercato (+421% il Prosecco negli ultimi 6 anni), di contribuire a un’ascesa dell’arrivo dei turisti in aree rurali come Montalcino (125%), Barolo (+64%) e Valpolicella (+54%) o di raddoppiare la superficie bio del vigneto Italia del 96% in 5 anni.
D’altra parte però aumentano gli aspetti critici: ad esempio la recente perdita, a favore della Francia, del primato in valore nel primo mercato import al mondo, gli Usa, o la debolezza in Cina (5,6% la quota di mercato nel 2016, contro il 42,3% della Francia) e in quasi tutti i mercati emergenti. E ancora il nanismo del tessuto imprenditoriale, la “crisi di crescita” dei vini fermi e soprattutto la questione del prezzo medio, dimezzato rispetto a quello del competitor leader, la Francia.
Denis Pantini, responsabile Nomisma-Wine Monitor «Il 2017 sarà ricordato come l’anno dei sorpassi. Forte di una ripresa economica ormai consolidata, il commercio internazionale di vino chiuderà l’anno con una crescita in valore superiore al 5% rispetto al 2016, trainato anche dall’imponente recupero della Russia che è cresciuta del 40% nei primi 9 mesi, dall’ennesimo sprint della Cina con +14% ad ottobre e che scalza definitivamente la Germania dal terzo scalino del podio dei top mercati di import, nonché dalla conferma dello stato di salute degli USA che si attestano a +8% a settembre, dove però si assiste anche al sorpasso del vino francese su quello italiano ad opera soprattutto di una rimonta dello Champagne e di un’esplosione delle vendite dei rosè de Provence».
Matilde Poggi, presidente Federazione italiana vignaioli indipendenti «Vedrei molto bene un’azienda unica partecipata da pubblico e privato che si occupi della promozione di vino del mondo, sul modello francese. C’è sicuramente bisogno di un brand ombrello in grado di vendere il sistema Paese».
Ruenza Santandrea, coordinatrice vino Alleanza delle cooperative settore agroalimentare «Sono d’accordo con l’ipotesi di un’azienda unica per la promozione, ma sono fondamentali anche gli accordi bilaterali che vanno sviluppati con l’Unione Europea. Non si più andare in ordine sparso nella promozione, serve una grande manifestazione in Asia dedicata al made in Italy. Un evento così costerebbe meno rispetto a tante altre piccole iniziative».
Sandro Boscaini, presidente Federvini «Abbiamo preso una sbornia, il successo degli anni passati ci ha fatto pensare di poter andare in giro per il mondo a raccontare delle storielle in maniera un po’ naif. Oggi dobbiamo trovare la maniera per metterci insieme, serve centralizzare il modo di raccontare il vino – oggi delegato alle regioni – come ha fatto la Francia. I mezzi ci sarebbero, ma ci facciamo del male da soli perché la burocrazia non li sa gestire e dobbiamo essere messi nelle condizioni almeno di spendere bene i soldi».
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articolinews · 7 years
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L’esportazione dell’agroalimentare in Italia: un trend in continua crescita secondo le recensioni di General Cessioni
Le opinioni e recensioni di General Cessioni, società d'intermediazione immobiliare, circa il mercato di esportazione italiano e il primato del settore lattiero-caseario: la Cina nuova meta per la diffusione dei formaggi italiani, secondo l'analisi fornita da Agrifood Monitor in occasione di CIBUS Connect
I formaggi italiani, al primo posto nell'esportazione agroalimentare secondo le opinioni di General Cessioni
L'export italiano di prodotti lattiero-caseari rappresenta, secondo quanto restituiscono le opinioni e recensioni di General Cessioni, un trend in rapida crescita. Se già da tempo l'Italia si era affermata come primo fornitore di Francia e Stati Uniti, il terzo di il terzo di Germania e Regno Unito ed il quarto di Giappone e Spagna, ora, accanto ai mercati tradizionali, se ne aprono di nuovi che promettono una crescita positiva: Romania, Polonia, Norvegia, Svezia, Cina e Corea. Denis Pantini, Direttore dell'Area Agroalimentare di Nomisma, ha dichiarato in merito: "I formaggi italiani registrano performance brillanti in un mercato mondiale che, dopo anni di crescita sta mostrando alcuni segnali di difficoltà, come dimostra la sostanziale stagnazione nei valori degli scambi internazionali di prodotti caseari registratasi nell'ultimo biennio" Difatti i mercati del Made in Italy ha riferito un valore di crescita delle esportazioni degli ultimi 10 anni: 92% nel periodo 2006-2016, rispetto al 72% delle esportazioni agroalimentari totali. Il mercato lattiero-caseario ha una valuta complessiva di oltre 24 miliardi di euro e l'Italia detiene ad oggi la leadership del prezzo 6,23 €/kg. I formaggi di punta dell'esportazioni italiane sono le grandi DOP e la concorrenza è rappresentata da altri grandi esportatori mondiali: Stati Uniti, Germania, Francia, Regno Unito, Giappone e Spagna. Le recensioni di General Cessioni sottolineano come l'export italiano di prodotti lattiero caseari, in rapida crescita negli ultimi anni, abbia contribuito a compensare il calo dei consumi interni.
Recensioni di General Cessioni sull'analisi di Agrifood Monitor
General Cessioni ha riportato nelle sue recensioni l'analisi eseguita da Agrifood Monitor in occasione di CIBUS Connect, secondo cui il prodotto italiano è costantemente in crescita, +96% nel 2016/2013, e si distingue in particolare per le proprie capacità organizzative e la propria politica di promozione, ma ancora non è riconosciuto per le sue qualità superiori. Le ragioni di questo trend sono varie: innanzitutto, per quanto riguarda il mercato geografico, quello nazionale diminuisce mentre le vendite estere aumentano, ma inoltre emergono nuovi bisogni cosidetti "salutistici" da parte del consumatore come le bevande vegetali, il biologico, prodotti a ridotto contenuto di grassi. Paolo Bono, Associate presso CRIF Ratings afferma: "Queste tendenze del mercato hanno consentito di migliorare marginalità e sostenibilità finanziaria anche in un contesto di complessiva riduzione delle vendite. La marginalità lorda (Ebitda) del complessivo settore è passata dal 5,2% del 2012 al 6,2% del 2015, mentre la leva finanziaria (misurata come rapporto tra debito finanziario lordo ed Ebitda) è passata da 4,6x a 4,2x. Seguire gli attuali trend di mercato non è banale ed impone alle imprese forti investimenti. Non tutte le imprese lattiero casearie hanno intrapreso un percorso di riconfigurazione del business coerente con le evoluzioni del mercato. La differenza tra quelle che stanno provando a farlo e quelle che restano ferme, è netta" Tra i mercati emergenti, rivela General Cessioni nelle sue recensioni e opinioni, si è fatto avanti il mercato asiatico, in particolare la Cina che mostra tassi di crescita significativi: il +118% nel periodo 2016/2013 offre grandi prospettive.
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emanuelebottiroli · 4 years
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Lockdown amaro per gli scambi di vino nelle 2 principali piazze europee, Germania e UK. Ecco i dati di Vinitaly-Nomisma Wine Monitor. Lockdown amaro per gli scambi di vino nelle 2 principali piazze europee, Germania e Regno Unito. Complessivamente, rileva l’analisi dell’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor su base dogane, le importazioni (a valore) dei due top buyer sono calate nel primo quadrimestre rispetto al pari periodo 2019 dell’8,9% in Germania e del 13,3% nel Regno Unito, con un aprile ancora più nero: -19,7 per i primi, -17,5% per i secondi.
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tmnotizie · 5 years
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SAN BENEDETTO – “Ogni milione di euro investito dalle Marche in promozione ha generato un ritorno nell’export di vino verso i Paesi terzi per 7,5 milioni di euro”. È la sintesi del responsabile di Nomisma Wine Monitor, Denis Pantini, oggi a Vinitaly al convegno della Regione Marche Mercato e promozione a confronto.
L’analisi, realizzata dall’istituto di ricerca bolognese per i due consorzi marchigiani (Istituto marchigiano di tutela vini e Consorzio vini piceni), fa il punto sul trend export del prodotto enologico regionale a fronte degli investimenti realizzati negli ultimi anni. E la verifica dei risultati dà ragione alla gestione virtuosa dei fondi comunitari Ocm Promozione (Organizzazione comune di mercato) e Psr (Programma di sviluppo rurale).
L’export del vigneto Marche è infatti cresciuto del 56% nell’ultimo decennio, in particolare nell’extraUe, che vola a +75%, con la Cina che segna un incremento di quasi il 450% e con Norvegia, Svizzera e Russia anch’esse in tripla cifra. L’indagine, svolta direttamente sulle principali aziende della regione, evidenzia nel complesso un settore che negli anni è riuscito a diversificare sempre più il proprio mercato della domanda.
I dati espressi dalle interviste ai produttori confermano in larga parte quelli di Istat (che evidenziano una crescita del 9,5% nell’ultimo anno, il triplo rispetto alla media nazionale) che annoverano tra i top buyer in testa gli Usa (16,2% di market share), seguiti da Svezia (11,3%), Benelux (9,8%), Germania (8,8%), Giappone (7,1%), Regno Unito (6,5%) e Cina (5,7%).
A farla da padroni, i 2 prodotti di punta, il Verdicchio (dei Castelli di Jesi e di Matelica), che a valore rappresenta la fetta maggiore dell’export regionale, e il Rosso Piceno, che mette a segno un’importante progressione nelle vendite estere. Complessivamente, nel triennio 2015 2018, l’indagine fissa la crescita dell’imbottigliato regionale a +39%, con un export a +31% per un campione di aziende che rappresentano 1/3 della produzione totale marchigiana.
Per il direttore dell’Istituto marchigiano di tutela vini, Alberto Mazzoni: “I fondi europei per la promozione sono un privilegio indispensabile per il settore del vino, un unicum, rispetto ad altri comparti, che dobbiamo essere in grado di sfruttare al meglio. Le Marche grazie anche alla collaborazione con la Regione si sono dimostrate una best practice, riuscendo negli anni a incrementare il coinvolgimento delle aziende del 115%. Rispetto a 3 anni fa, registriamo finalmente un aumento del 6% del prezzo medio del Verdicchio, sia in Italia che all’estero, ma non è ancora abbastanza rispetto alla qualità espressa”.
Per il direttore del Consorzio vini piceni, Armando Falcioni: “Per tipologia e caratteristiche il nostro rosso si presta anche a mercati più esotici: è il caso di Cina e Giappone, che secondo il campione rappresentano quote sempre più decisive per il nostro export, con il Paese del Dragone che nell’ultimo anno è cresciuto in maniera vertiginosa. Si tratta di mercati emergenti da sviluppare anche con azioni promozionali dedicate, che devono necessariamente essere diverse rispetto ad altri Paesi culturalmente più vicini a noi. Possiamo lavorare sul posizionamento dei vini marchigiani attraverso un’azione strutturata e sinergica di tutta la filiera, ma non solo: attraverso i fondi e il lavoro delle nostre istituzioni, a partire dalla Regione, anche le aziende più piccole possono pianificare e razionalizzare le risorse per la promozione”.
Secondo i produttori, infine, sono di gran lunga gli Stati Uniti il Paese da presidiare con maggior attenzione nel futuro; a seguire, Canada, Cina, Germania, Giappone e Regno Unito. Ma non basta: sul fronte delle strategie da implementare la risposta quasi unanime è individuare nuovi mercati di sbocco. Tra i valori da comunicare, prevalgono l’abbinata vino e turismo, la zona di produzione e le produzioni biologiche/sostenibili.
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tmnotizie · 5 years
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SAN BENEDETTO – Questi i principali appuntamenti delle Marche al Vinitaly 2019 di Verona.
Domenica 7 aprile
ore 14.00 – Terrazza stand Marche (pad. 7 stand C6-C9)
Convegno Marche: mercato e promozione a confronto
Gli effetti della promozione sul vigneto Marche negli ultimi anni con la presentazione dell’indagine Nomisma Wine Monitor sui numeri del settore.
A cura dell’Istituto marchigiano di tutela vini (Imt) e del Consorzio vini piceni.
Modera: Luciano Ferraro, caporedattore del Corriere della Sera
Partecipano:
Anna Casini, vicepresidente e assessore all’Agricoltura Regione Marche;
Denis Pantini, direttore Nomisma Agroalimentare e Wine Monitor;
Antonio Centocanti, presidente Imt;
Giorgio Savini, presidente Consorzio vini piceni;
Alberto Mazzoni, direttore Imt;
Armando Falcioni, direttore Consorzio vini piceni.
ore 16:00 – 17:00, Terrazza Stand Marche (pad. 7 stand C6-C9)
Degustazione guidata di Offida Pecorino DOCG
A cura del Consorzio Vini Piceni.
Partecipano:
Giorgio Savini, Presidente Consorzio Vini Piceni
Armando Falcioni, Direttore Consorzio Vini Piceni
Guida il tasting il sommelier Otello Renzi.
Le etichette di Offida Pecorino Docg in degustazione:
Simone Capecci, Ciprea 2018
Ciù ciù, Merlettaie 2018
Costadoro, Danù Bio Vegan 2018
De Angelis, Quiete 2018
Domodimonti, LiCoste 2018
Le Caniette, Veronica 2018
Poderi San Lazzaro, Pistillo 2017
Velenosi, Villa Angela 2018
Lunedì 8 aprile
ore 10.30 – 12.00, Terrazza Stand Marche, Pad. 7 stand C6-C9
Convegno e degustazione Bianchello del Metauro 50 anni di Doc e 2.226 anni di storia
Un viaggio nel tempo alla scoperta del Bianchello del Metauro Doc, l’unico vino al mondo ad aver sconfitto un esercito. Convegno/degustazione con 12 etichette per le nozze d’oro della chicca enoica marchigiana
A cura dell’Istituto marchigiano di tutela vini (Imt).
Moderano: Federico Quaranta e Nicola Prudente, conduttori Rai Radio 2 – Decanter
Partecipano:
Anna Casini, vicepresidente e assessore all’Agricoltura Regione Marche;
Alfredo Antonaros, scrittore;
Antonio Centocanti, presidente Imt;
Alberto Mazzoni, direttore Imt;
Francesco Saverio Russo, blogger Wine Blog Roll.
Le aziende:
Crespaia, Fiorini, Di Sante, Morelli Claudio, Lucarelli Roberto, Cignano, Il Conventino Monteciccardo, Guerrieri, Villa Ligi, Cantine Pisaurum, Terracruda, Bruscia.
Guida la degustazione Francesco Saverio Russo
ore 15.30-16.45 – Terrazza Stand Marche (pad. 7 stand C6-C9)
Convegno “100% Marche”, la monografia firmata Valoritalia sull’unica regione italiana al plurale
Dai numeri della produzione a quelli sul controllo e sulla certificazione, ma anche un focus sul biologico e sugli investimenti promozionali. Questo e molto altro alla presentazione del nuovo numero di ValoriMag, dedicato alle Marche.
A cura dell’Istituto marchigiano di tutela vini (Imt), del Consorzio vini piceni e di Valoritalia
Modera: Filippo Nanni, vicedirettore RaiNews 24
Intervengono:
Anna Casini, vicepresidente e assessore all’Agricoltura Regione Marche
Francesco Liantonio, presidente Valoritalia
Antonio Iaderosa, dirigente ad interim dell’ICQRF Emilia Romagna e Marche
Antonio Centocanti, presidente Istituto marchigiano di tutela vini (Imt)
Giorgio Savini, presidente Consorzio vini piceni
Giuseppe Liberatore, direttore generale Valoritalia
Martedì 9 aprile
ore 11:00 -13:00, sala Iris (Palaexpo, ingresso A1, piano -1)
Degustazione “Bello e d’annata”
dedicata al Verdicchio dei Castelli di Jesi e di Matelica e organizzata dall’Istituto Marchigiano di Tutela Vini (IMT).
Nel tasting guidato da Ian D’Agata e Alberto Mazzoni, 10 etichette per scoprire l’evoluzione del grande autoctono marchigiano.
Lista vini:
La Staffa, Castelli di Jesi Verdicchio Riserva Docg Classico 2015 “Selva di Sotto”
Lucangeli Aymerich, Castelli di Jesi Verdicchio Riserva Docg Classico 2013 “Misco”
Andrea Felici, Castelli di Jesi Verdicchio Riserva Docg Classico 2013 “Vigna Cantico Della Figura”
Casalfarneto, Castelli di Jesi Verdicchio Riserva Docg Classico 2012 “Crisio”
Montecappone, Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Classico Superiore Riserva 2009
Terre Cortesi Moncaro, Castelli di Jesi Verdicchio Riserva Docg Classico 2003 “Vigna Novali”
Fazi Battaglia, Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Classico Superiore Riserva 2001 “San Sisto”
Fattoria La Monacesca, Verdicchio di Matelica Riserva Docg 2015 “Mirum”
Bisci, Verdicchio di Matelica Doc 2013 “Vigneto Fogliano”
Belisario, Verdicchio di Matelica Doc 2010 “Meridia”
ore 15.30 – 16.30, Terrazza Stand Marche (pad. 7 stand C6-C9)
Degustazione I sentori del Piceno, percorso sensoriale dei principali vitigni del territorio
Un itinerario olfattivo e una degustazione guidata alla scoperta di aromi e sentori dei vitigni autoctoni del Piceno.
A cura del Consorzio Vini Piceni e dell’Associazione Culturale Marchigianamente.
Guida la degustazione Dunia Romoli, presidente dell’associazione Marchigianamente.
Le etichette:
Tenuta Cocci Grifoni, Offida Docg Pecorino Collevecchio 2016
Tenute del Borgo, Offida Docg Passerina linea fashion 2018
Pantaleone, Falerio Pecorino Doc Onirocep 2018
Vigneti Santa Liberata, Rosso Piceno Doc Vigna Cacià 2012
Terra Fageto, Rosso Piceno Doc Rusus 2015
San Giovanni, Offida Docg Rosso Zeii 2014
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purpleavenuecupcake · 7 years
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L'Italia del vino è superata dalla Francia. La colpa sembra essere della politica e dall'icapacità di fare sistema
  “Abbiamo preso una sbornia, il successo degli anni passati ci ha fatto pensare di poter andare in giro per il mondo a raccontare delle storielle in maniera un po’ naif. Questo paese del vino non è capace di raccontarsi in modo univoco. Oggi dobbiamo trovare la maniera per metterci insieme, serve centralizzare il modo di raccontare il vino – oggi delegato alle regioni – come ha fatto la Francia. I mezzi ci sarebbero, ma ci facciamo del male da soli perché la burocrazia non li sa gestire e dobbiamo essere messi nelle condizioni almeno di spendere bene i soldi. Il nostro è il paese del vino mentre la Francia è il paese con delle aree del vino. Dobbiamo tornare a portare la boccia al centro, dire che l'Italia è il paese del vino e ha trovato un driver che è rappresentato dai ristoranti italiani nel mondo, ma oggi non lo è più: i ristoranti spesso hanno solo il nome italiano, e c'è bisogno di un messaggio paese dove il vino diventa perno di un mondo di bellezza, gastronomia e vino". Così Sandro Boscaini, patron di Masi Agricola nonché presidente di Federvini, nel corso di una tavola rotonda dal titolo "Vino italiano: bianco o nero?" che si tiene al Wine2Wine in svolgimento, con termine previsto nella giornata di oggi, presso Veronafiere. Alla tavola rotonda hanno partecipato anche Ernesto Abbona presidente dell'Unione Italiana Vini, Ruenza Santandrea presidente della sezione vinicola dell'Alleanza Cooperative settore Agroalimentare e Matilde Poggi presidente della Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti. Sul tema si sono espressi ovviamente anche gli altri nomi di peso del vino italiano. Secondo Ernesto Abbona: “La rappresentazione dell’Italia è molto diversa da quella francese. Purtroppo ancora oggi il nostro Paese è una somma di regioni che creano ripartizione e frammentazione di risorse. In questo settore occorre tornare a premiare la meritocrazia: chi non raggiunge gli obiettivi non deve ricevere i finanziamenti”. Matilde Poggi vedrebbe “molto bene un’azienda unica partecipata da pubblico e privato che si occupi della promozione di vino del mondo, sul modello francese. C’è sicuramente bisogno di un brand ombrello in grado di vendere il sistema Paese”. Ruenza Santandrea si dice: “d’accordo con l’ipotesi di un’azienda unica per la promozione, ma sono fondamentali anche gli accordi bilaterali che vanno sviluppati con l’Unione Europea. Non si più andare in ordine sparso nella promozione, serve una grande manifestazione in Asia dedicata al made in Italy. Un evento così costerebbe meno rispetto a tante altre piccole iniziative”. Il problema è che quest'anno il nostro paese viene surclassato proprio dalla Francia in vetta alle classifiche. Poi c'è il fatto che il vino italiano non ha molto appeal in Cina, con solo il 6% contro il 40% della Francia che vende anche a maggior prezzo. In Cina poi, tutte le catene hanno portato il vino nella grande distribuzione. "Dobbiamo puntare sulla nostra diversità, noi in Europa dobbiamo contare di più" afferma Poggi. E proprio in questa direzione Abbona ricorda che "il Ministro Calenda ha fatto delle cose importanti, e anche il Sottosegretario Scalfarotto. Il nostro problema - sottolinea Abbona - è che c'è bisogno di tempo e nel nostro paese le persone si avvicendano con troppa rapidità". Insomma, il problema è la politica. Ed a tal proposito Boscaini aggiunge che "i mezzi ci sarebbero anche , ma ci facciamo del male da soli e a fronte del Prosecco" e del suo successo "c'è lo zoccolo duro dei vini fermi che non stanno andando benissimo. Poi ci sono i mercati che hanno bisogno di conoscerci", rileva ancora Boscaini. Che l'Italia ha centinaia se non migliaia di viticoltori lo sottolinea ancora Abbona, che dice pure: "il vino francese rappresenta il lusso, noi rappresentiamo il vino della classe media che valuta il vino non solo per l'immagine". Ma "noi italiani facciamo molta fatica a fare sistema", ribatte Poggi. Tanto è vero che il prezzo medio adesso è di 2,64 euro in Italia e 5,68 in Francia. E secondo gli ultimi dati Nomisma, evidenziati da Denis Pantini in 10 anni l'export è cresciuto del 74%, gli spumanti, in particolare il Prosecco oltre il 400%, in 5 anni l'afflusso dei turisti trainati dal vino a Montalcino sono cresciuti del 120%, il Barolo +64% e Valpolicella +54% o di raddoppiare in 5 anni (+96%) la superficie biologica del vigneto Italia. Per contro gli aspetti critici si fanno sempre più oscuri: come la recente perdita, a favore della Francia, del primato in valore nel primo mercato import al mondo, gli Stati Uniti, o la debolezza del Belpaese in Cina (5,6% la quota di mercato nel 2016, contro il 42,3% della Francia) e in quasi tutti i mercati emergenti, il nanismo del tessuto imprenditoriale, la ‘crisi di crescita’ dei vini fermi e soprattutto la questione del prezzo medio, dimezzato rispetto a quello del competitor leader, la Francia. Senza considerare che in Germania da alcuni anni diminuisce la nostra presenza, e nel Regno Unito c'è il punto interrogativo della Brexit, insomma l'export del vino italiano sta calando. Per fortuna ci sono 19 aziende nei Grandi Marchi che lavorano assieme, e "riescono a fare bene", conclude Boscaini, l'Italia del Vino Consorzio è un altro, e poi c'è Vinitaly e ancora altri. Chiedo, afferma in ultimo, che non ci siano remore da parte della burocrazia". Per Denis Pantini, responsabile Nomisma-Wine Monitor: “Il 2017 sarà ricordato come l’anno dei sorpassi. Forte di una ripresa economica ormai consolidata, il commercio internazionale di vino chiuderà l’anno con una crescita in valore superiore al 5% rispetto al 2016, trainato anche dall’imponente recupero della Russia  che è cresciuta del 40% nei primi 9 mesi, dall’ennesimo sprint della Cina con +14% ad ottobre e che scalza definitivamente la Germania dal terzo scalino del podio dei top mercati di import, nonché dalla conferma dello stato di salute degli USA che si attestano a +8% a settembre, dove però si assiste anche al sorpasso del vino francese su quello italiano ad opera soprattutto di una rimonta dello Champagne e di un’esplosione delle vendite dei rosè de Provence”. Foto: google   Read the full article
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