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#Falangismo
jcplana · 7 months
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Imaginen … el principio de Planímedes. CXXX.
Principio de Planímedes, año XI. Todo franquista sumergido en democracia experimenta una frustración plana y a la derecha directamente proporcional a la satisfacción de todo demócrata conocedor de su escozor. Eureka.
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Ci fu un solo Nazismo, e non possiamo chiamare Nazismo il Falangismo iper-cattolico di Franco, dal momento che il Nazismo è fondamentalmente pagano, politeistico e anti-cristiano, o non è Nazismo. Al contrario, si può giocare al Fascismo in molti modi, e il nome del gioco non cambia. Succede alla nozione di Fascismo quel che, secondo Wittgenstein, accade alla nozione di gioco. Un gioco può essere o non essere competitivo, può interessare una o più persone, può richiedere qualche particolare abilità o nessuna, può mettere in palio del danaro, o no. I giochi sono una serie di attività diverse che mostrano solo una qualche somiglianza di famiglia. (...)
Il Fascismo è diventato un termine che si adatta a tutto perché è possibile eliminare da un regime fascista uno o più aspetti, e lo si potrà sempre riconoscere per fascista.
Togliete al Fascismo l'imperialismo e avrete Franco o Salazar; togliete il colonialismo e avrete il Fascismo balcanico. Aggiungete al Fascismo italiano un anti-capitalismo radicale (che non affascinò mai Mussolini) e avrete Ezra Pound. Aggiungete il culto della mitologia celtica e il misticismo del Graal (completamente estraneo al Fascismo ufficiale) e avrete uno dei più rispettati guru fascisti, Julius Evola. A dispetto di questa confusione, ritengo sia possibile indicare una lista di caratteristiche tipiche di quello che vorrei chiamare l' Ur-Fascismo, o il Fascismo Eterno. Tali caratteristiche non possono venire irreggimentate in un sistema; molte si contraddicono reciprocamente, e sono tipiche di altre forme di dispotismo o di fanatismo. Ma è sufficiente che una di loro sia presente per far coagulare una nebulosa fascista.
Uno. La prima caratteristica di un Ur-Fascismo è il culto della tradizione. Il tradizionalismo è più vecchio del Fascismo. Non fu solo tipico del pensiero controrivoluzionario cattolico dopo la Rivoluzione francese, ma nacque nella tarda età ellenistica, come una reazione al razionalismo greco classico. Nel bacino del Mediterraneo, i popoli di religioni diverse (tutte accettate con indulgenza dal Pantheon romano) cominciarono a sognare una rivelazione ricevuta all'alba della storia umana. Questa rivelazione era rimasta a lungo nascosta sotto il velo di lingue ormai dimenticate. Era affidata ai geroglifici egiziani, alle rune dei celti, ai testi sacri, ancora sconosciuti, delle religioni asiatiche. Questa nuova cultura doveva essere sincretistica. Sincretismo non è solo, come indicano i dizionari, la combinazione di forme diverse di credenze o pratiche. Una simile combinazione deve tollerare le contraddizioni. Tutti i messaggi originali contengono un germe di saggezza e quando sembrano dire cose diverse o incompatibili è solo perché tutti alludono, allegoricamente, a qualche verità primitiva. Come conseguenza, non ci può essere avanzamento del sapere. La verità è stata già annunciata una volta per tutte e noi possiamo solo continuare a interpretare il suo oscuro messaggio. E' sufficiente guardare il sillabo di ogni movimento fascista per trovare i principali pensatori tradizionalisti. La gnosi nazista si nutriva di elementi tradizionalisti, sincretistici, occulti. La più importante fonte teoretica della nuova destra italiana, Julius Evola, mescolava il Graal con i Protocolli dei Savi di Sion, l'alchimia con il Sacro Romano Impero. Il fatto stesso che per mostrare la sua apertura mentale una parte della destra italiana abbia recentemente ampliato il suo sillabo mettendo insieme De Maistre, Guenon e Gramsci, è una prova lampante di sincretismo. Se curiosate tra gli scaffali che nelle librerie americane portano l'indicazione "New Age", troverete persino Sant'Agostino, il quale, per quanto ne sappia, non era fascista. Ma il fatto stesso di mettere insieme Sant'Agostino e Stonehenge, questo è un sintomo di Ur-Fascismo.
Due. Il tradizionalismo implica il rifiuto del Modernismo. Sia i Fascisti sia i Nazisti adoravano la tecnologia, mentre i pensatori tradizionalisti di solito rifiutano la tecnologia come negazione dei valori spirituali tradizionali. Tuttavia, sebbene il Nazismo fosse fiero dei suoi successi industriali, la sua lode della modernità era solo l'aspetto superficiale di una ideologia basata sul Sangue e la Terra (Blut und Boden). Il rifiuto del mondo moderno era camuffato come condanna del modo di vita capitalistico, ma riguardava principalmente il rigetto dello Spirito del 1789 (o del 1776, ovviamente). L'Illuminismo, l'Età della Ragione, vengono visti come l'inizio della depravazione moderna. In questo senso, l'Ur-Fascismo può venire definito come irrazionalismo.
Tre. L' irrazionalismo dipende anche dal culto dell'azione per l'azione. L'azione è bella di per sé, e dunque deve essere attuata prima di, e senza una qualunque riflessione. Pensare è una forma di evirazione. Perciò, la cultura è sospetta, nella misura in cui viene identificata con atteggiamenti critici. Dalla dichiarazione attribuita a Goebbels ("quando sento parlare di cultura, estraggo la mia pistola") all'uso frequente di espressioni quali porci intellettuali, teste d'uovo, snob radicali, le università sono un covo di comunisti, il sospetto verso il mondo intellettuale è sempre stato un sintomo di Ur-Fascismo. Gli intellettuali fascisti ufficiali erano principalmente impegnati nell'accusare l'intellighenzia liberale di aver abbandonato i valori tradizionali.
Quattro. Nessuna forma di sincretismo può accettare la critica. Lo spirito critico opera distinzioni e distinguere è un segno di modernità. Nella cultura moderna, la comunità scientifica intende il disaccordo come strumento di avanzamento delle conoscenze. Per l'Ur-Fascismo il disaccordo è tradimento.
Cinque. Il disaccordo è inoltre un segno di diversità. L'Ur-Fascismo cresce e cerca il consenso sfruttando ed esacerbando la naturale paura della differenza. Il primo appello di un movimento fascista o prematuramente fascista è contro gli intrusi. L'Ur-Fascismo è dunque razzista per definizione.
Sei. L'Ur-Fascismo scaturisce dalla frustrazione individuale o sociale. Il che spiega perché una delle caratteristiche tipiche dei fascismi storici è stato l'appello alle classi medie frustrate, a disagio per qualche crisi economica o umiliazione politica, spaventate dalla pressione dei gruppi sociali subalterni. Nel nostro tempo in cui i vecchi "proletari" stanno diventando piccola borghesia (e i Lumpen si autoescludono dalla scena politica), il Fascismo troverà in questa nuova maggioranza il suo uditorio.
Sette. A coloro che sono privi di una qualunque identità sociale, l'Ur-Fascismo dice che il loro unico privilegio è il più comune di tutti, quello di essere nati nello stesso paese. E' questa l'origine del nazionalismo. Inoltre, gli unici che possono fornire una identità alla nazione sono i nemici. Così, alla radice della psicologia Ur-Fascista vi è l'ossessione del complotto, possibilmente internazionale. I seguaci debbono sentirsi assediati. Il modo più facile per far emergere un complotto è quello di fare appello alla xenofobia. Ma il complotto deve venire anche dall'interno: gli ebrei sono di solito l'obiettivo migliore in quanto presentano il vantaggio di essere al tempo stesso dentro e fuori. (...)
Otto. I seguaci debbono sentirsi umiliati dalla ricchezza ostentata e dalla forza dei nemici. Quando ero bambino mi insegnavano che gli inglesi erano 'il popolo dei cinque pasti' : mangiavano più spesso del povero ma sobrio italiano. Gli ebrei sono ricchi e si aiutano l'un l'altro grazie a una rete segreta di mutua assistenza. I seguaci debbono tuttavia essere convinti di poter sconfiggere i nemici. Così, grazie a un continuo spostamento di registro retorico, i nemici sono al tempo stesso troppo forti e troppo deboli. I fascismi sono condannati a perdere le loro guerre, perché sono costituzionalmente incapaci di valutare obiettivamente la forza del nemico.
Nove. Per l'Ur-Fascismo non c'è lotta per la vita, ma piuttosto vita per la lotta. Il pacifismo è allora collusione col nemico; il pacifismo è cattivo perché la vita è una guerra permanente. Questo tuttavia porta con sé un complesso di Armageddon: dal momento che i nemici possono essere sconfitti, ci dovrà essere una battaglia finale, a seguito della quale il movimento avrà il controllo del mondo. Una simile soluzione finale implica una successiva era di pace, un'Età dell'oro che contraddice il principio della guerra permanente.
Nessun leader fascista è mai riuscito a risolvere questa contraddizione.
Dieci. L'elitismo è un aspetto tipico di ogni ideologia reazionaria, in quanto fondamentalmente aristocratico. Nel corso della storia, tutti gli elitismi aristocratici e militaristici hanno implicato il disprezzo per i deboli. L'Ur-Fascismo non può fare a meno di predicare un elitismo popolare. Ogni cittadino appartiene al popolo migliore del mondo, i membri del partito sono i cittadini migliori, ogni cittadino può (o dovrebbe) diventare un membro del partito. Ma non possono esserci patrizi senza plebei. Il leader, che sa bene come il suo potere non sia stato ottenuto per delega, ma conquistato con la forza, sa anche che la sua forza si basa sulla debolezza delle masse, così deboli da aver bisogno e da meritare un Dominatore. Dal momento che il gruppo è organizzato gerarchicamente (secondo un modello militare), ogni leader subordinato disprezza i suoi subalterni, e ognuno di loro disprezza i suoi sottoposti. Tutto ciò rinforza il senso di un elitismo di massa.
Undici. In questa prospettiva, ciascuno è educato per diventare un Eroe. In ogni mitologia l'Eroe è un essere eccezionale, ma nell'ideologia Ur-Fascista l'eroismo è la norma. Questo culto dell'eroismo è strettamente legato al culto della morte: non a caso il motto dei falangisti era viva la muerte (...). L'eroe Ur-Fascista è impaziente di morire. Nella sua impazienza, va detto in nota, gli riesce più di frequente far morire gli altri.
Dodici. Dal momento che sia la guerra permanente sia l'eroismo sono giochi difficili da giocare, l'Ur-Fascista trasferisce la sua volontà di potenza su questioni sessuali. E' questa l'origine del machismo (che implica disdegno per le donne e una condanna intollerante per abitudini sessuali non conformiste, dalla castità all'omosessualità). Dal momento che anche il sesso è un gioco difficile da giocare, l'eroe Ur-Fascista gioca con le armi, che sono il suo Ersaltz fallico: i suoi giochi di guerra sono dovuti a una Invidia Penis permanente.
Tredici. L'Ur-Fascismo si basa su di un populismo qualitativo. In una democrazia i cittadini godono di diritti individuali, ma l'insieme dei cittadini è dotato di un impatto politico solo dal punto di vista quantitativo (si seguono le decisioni della maggioranza). Per l'Ur-Fascismo gli individui in quanto individui non hanno diritti, e il Popolo è concepito come una qualità, un'entità monolitica che esprime la Volontà Comune. Dal momento che nessuna quantità di esseri umani può possedere una volontà comune, il leader pretende di essere il loro interprete. Avendo perduto il loro potere di delega, i cittadini non agiscono, sono solo chiamati, pars pro toto, a giocare il ruolo del Popolo. Il Popolo è così solo una finzione teatrale. Per aver un buon esempio di populismo qualitativo, non abbiamo più bisogno di Piazza Venezia o dello Stadio di Norimberga. Nel nostro futuro si profila un populismo qualitativo Tv o Internet, in cui la risposta emotiva di un gruppo selezionato di cittadini può venire presentato e accettato come la Voce del Popolo. A ragione del suo populismo qualitativo, l' Ur-Fascismo deve opporsi ai 'putridi' governi parlamentari. Una delle prime frasi pronunciate da Mussolini nel Parlamento italiano fu: "Avrei potuto trasformare quest'aula sorda e grigia in un bivacco per i miei manipoli". Di fatto, trovò immediatamente un alloggio migliore per i suoi manipoli, ma poco dopo liquidò il Parlamento. Ogni qualvolta un politico getta dubbi sulla legittimità del Parlamento perché non rappresenta più la Voce del Popolo, possiamo sentir l'odore di Ur-Fascismo.
Quattordici. L' Ur-Fascismo parla la Neolingua. La Neolingua venne inventata da Orwell in 1984, come la lingua ufficiale dell' Ingsoc, il Socialismo inglese, ma elementi di Ur-Fascismo sono comuni a forme diverse di dittatura. Tutti i testi scolastici nazisti o fascisti si basavano su di un lessico povero e su una sintassi elementare, al fine di limitare gli strumenti per il ragionamento complesso e critico. Ma dobbiamo essere pronti a identificare altre forme di Nuovalingua, anche quando prendono la forma innocente di un popolare talk-show.
Dopo aver indicato i possibili archetipi dell'Ur-Fascismo, mi sia concesso di concludere. Il mattino del 27 luglio del 1943 mi fu detto che, secondo delle informazioni lette alla radio, il Fascismo era crollato e che Mussolini era stato arrestato. Mia madre mi mandò a comprare il giornale. Andai al chiosco più vicino e vidi che i giornali c'erano, ma i nomi erano diversi. Inoltre dopo una breve occhiata ai titoli, mi resi conto che ogni giornale diceva cose diverse. Ne comperai uno, a caso, e lessi un messaggio stampato in prima pagina, firmato da cinque o sei partiti politici, come Democrazia Cristiana, Partito comunista, Partito socialista, Partito d'Azione, Partito liberale.
Fino a quel momento avevo creduto che vi fosse un solo partito in ogni paese, e che in Italia ci fosse solo il Partito nazionale fascista. Stavo scoprendo che nel mio paese ci potevano essere diversi partiti allo stesso tempo. Non solo: dal momento che ero un ragazzo vispo, mi resi subito conto che era impossibile che tanti partiti fossero sorti da un giorno all'altro.
Capii così che esistevano già come organizzazioni clandestine. Il messaggio celebrava la fine della dittatura e il ritorno della libertà: libertà di parola, di stampa, di associazione politica.
Queste parole, libertà, dittatura - Dio mio - era la prima volta in vita mia che le leggevo. In virtù di queste nuove parole, ero rinato uomo libero occidentale. Dobbiamo stare attenti che il senso di queste parole non si dimentichi ancora. L'Ur-Fascismo è ancora intorno a noi, talvolta in abiti civili. Sarebbe così confortevole, per noi, se qualcuno si affacciasse sulla scena del mondo e dicesse: "Voglio riaprire Auschwitz, voglio che le camicie nere sfilino ancora in parata sulle piazze italiane". Ahimè, la vita non è così facile.
L'Ur-Fascismo può ancora tornare sotto le spoglie più innocenti. Il nostro dovere è di smascherarlo e di puntare l'indice su ognuna delle sue nuove forme - ogni giorno, in ogni parte del mondo. Do la parola a Roosevelt: "Oso dire che se la democrazia americana cessasse di progredire come una forza viva, cercando giorno e notte, con mezzi pacifici, di migliorare le condizioni dei nostri cittadini, la forza del Fascismo crescerà nel nostro paese" (4 novembre 1938).
Libertà e Liberazione sono un compito che non finisce mai.
Che sia questo il nostro motto: non dimenticate."
di UMBERTO ECO, “Il fascismo eterno”
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ferrolano-blog · 9 days
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Ocho recortes de prensa, incluido el bulo publicado por The Objective en el que se atribuía una subvención a la esposa del presidente del Gobierno cuando en realidad se trataba de otra persona con el mismo nombre, componen la denuncia de Manos Limpias contra Begoña Gómez... Feijóo da orden de arremeter contra la mujer, el hermano y el suegro de Pedro Sánchez El PP y la derecha mediática van con todo... el problema ya no es la enésima chapucera querella del sindicato ultra, sino quién está detrás de esta operación, y todo apunta, una vez más, a Génova 13. Es evidente que hoy el PP ha legitimado al falangismo judicial español. Desde el partido se ha dado orden de atravesar una peligrosa línea roja al decidir ir a por todas contra la primera dama. Dando jaque a la reina, cae el rey. La querella de Manos Limpias es la declaración de hostilidades de Feijóo, total y de facto, contra Sánchez por las últimas semanas de escándalos de Ayuso y pareja... La amenaza se ha cumplido y se ha puesto en marcha la máquina del fango
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gentiltrueshunter3345 · 8 months
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Una imagen vale más que mil palabras. La cara femenina del falangismo, portadora de virtudes, alegría y dignidad.
Mucho de su ética y estética tiene que aprender alguna camarada que arrastra nuestra identidad por el suelo.
Los que conocéis mi ubicación geográfica me imagino que sabéis a que me refiero. Una pena.
Maximo Decimo
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acapulcopress · 1 year
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Málaga rinde homenaje póstumo al "Schindler mexicano"
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MÁLAGA, España * 6 de marzo de 2023. ) DW Actualidad El diplomático mexicano Porfirio Smerdou Fleissner, "el Schindler de la Guerra Civil" y fallecido en 2002, recibe la Medalla de la Ciudad de Málaga por salvar a cientos de personas de ambos bandos del conflicto español. El Ayuntamiento de esta localidad española, donde residió el diplomático mexicano, valora así su "labor humanitaria" en esa ciudad, según el expediente de concesión, aprobado en noviembre pasado por unanimidad de la corporación municipal y apoyado por otras instituciones y entidades. El cónsul fue protagonista de libros como "El 'Schindler' de la Guerra Civil", del escritor y periodista español Diego Carcedo, que inspiró también un documental. Smerdou Fleissner, que murió en España, era cónsul honorario de México en la región de Andalucía Oriental y el Protectorado español de Marruecos cuando estalló la guerra, a mediados de 1936. Al comenzar el conflicto y las matanzas en Málaga, Smerdou aprovechó sus relaciones y amistades para dar refugio en su vivienda particular a cientos de militantes del carlismo, el falangismo y el conservadurismo, simpatizantes de los militares sublevados contra el Gobierno de la II República y cuyas vidas corrían peligro.​ Con la ayuda del cónsul argentino El Gobierno mexicano lo cesó el 19 de diciembre de 1936, pero esto no le impidió continuar con su cometido. Cuando las tropas sublevadas entraron en Málaga (1937), comenzó la persecución de los republicanos y Smerdou acogió igualmente a seis políticos que acudieron a él en busca de ayuda. Logró evacuar a numerosas personas a la colonia británica de Gibraltar, Marruecos o Marsella (Francia) con ayuda de unas ambulancias y convenció a otros mexicanos residentes en la ciudad para que acogieran a más de 65 españoles, mientras que el cónsul argentino le cedió un consulado abandonado para cobijar a más personas. Después de la guerra, por su labor humanitaria, el Juzgado Militar número 1 de Málaga le concedió la nacionalidad española y fue condecorado con la Cruz del Mérito Militar de primera clase con distintivo blanco. En 1946, el régimen del general Francisco Franco lo condenó a prisión por haber pertenecido a la masonería. Tras demostrar que había abjurado anteriormente ante el cardenal Giuseppe Pizzardo (prefecto de la Sagrada Congregación del Santo Oficio de la Romana y Universal Inquisición), en el Vaticano, el Gobierno español lo absolvió. El resto de su vida se dedicó al mundo empresarial en España, Alemania y México. ) Síguenos en Facebook.com/acapulcopress.news Read the full article
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espritnonconforme · 2 years
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José Antonio Primo de Rivera ¡Presente!
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servus-immaculatae · 6 years
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jgmail · 5 years
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“Decrepitud de las formas políticas y económicas de la burguesía individualista” por Ramiro Ledesma
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Nada hay más opuesto a la mentalidad, a las necesidades y al sentido de nuestra época que las formas políticas y económicas elaboradas por el espíritu liberalburgués. Estas formas han sobrevivido a su propia eficacia, y los pueblos se desprenden hoy de ellas como de utensilios cuyo uso resultase ya ruinoso y molesto. La subversión cuyo desarrollo se viene perfilando en estas páginas actúa verdaderamente de liberadora de esas viejas formas, y constituye un esfuerzo por desprenderse de ellas, por evadirse de su caducidad.
La permanencia y duración de las instituciones demoliberales supondría hoy, para el mundo, la imposibilidad de extraer de esta época valor alguno, condenándola a vivir prisionera de formas que le son extrañas, en estado de amputación y de parálisis.
Es bien notorio, sin embargo, que la época actual logra, de un modo relativamente sencillo, desprenderse con éxito del peligro de falsearse y anularse. Lo comprueba la realidad subversiva que venimos estudiando, poblada como ha podido verse, no de fracasos ni de intentos fallidos, sino de victorias resonantes y completas.
El resultado de la trasmutación contemporánea será fatalmente el vencimiento de todas las formas políticas, económicas y culturales propias de la mentalidad y del espíritu de la burguesía capitalista, y a la vez, su sustitución por otras que sean una creación directa de las fuerzas hoy representativas y operantes.
Si analizamos un poco las características vitales y sociales del espíritu burgués, bien pronto percibiremos su absoluta oposición y su contradicción radical con los valores más vivos y fértiles que hoy aparecen.
1. SU ACTITUD INDIVIDUALISTA
Las instituciones demoburguesas han sido elaboradas bajo la creencia de que el individuo, como tal, es el sujeto creador de la historia, y por tanto, que el cumplimiento de sus fines, como tal individuo, es la misión más respetable y fecunda del hombre. Todo ha de sacrificarse, pues, a esa misión individual, comenzando por el Estado, que no sólo no debe estorbarla ni mediatizarla, sino garantizarla eficazmente. He aquí la médula del Estado liberal, la función y la finalidad que le ha sido adscrita por la burguesía.
El Estado liberal es simplemente un utensilio para el individuo. No debe menoscabar en nada la libertad de éste, ni sacrificar esa libertad por ningún otro valor. Su mismo aparato coactivo se justifica en función de la libertad, garantiza la libertad y «los derechos» de los individuos.
Es notorio que unas instituciones así hicieron posible el robustecimiento histórico del régimen capitalista, la culminación de una clase social, la burguesía, que desarrolló hasta el máximo la energía creadora de sus miembros, e impulsó de un modo enorme su progreso económico, cultural y político. En tal coyuntura, el individuo hizo conquistas sorprendentes, adquirió un poder social enorme, y logró asimismo un elevadísimo nivel de vida. Todo estaba a su servicio, al alcance de su mano, para ser utilizado por él como instrumento de poder, de sabiduría o de riqueza.
No cabe desconocer la importancia considerable de esa etapa histórica y el número de adquisiciones valiosas que hizo durante ella la humanidad. Lo que sí puede afirmarse, desde luego, es que su período de vigencia ha sido corto, y que ya hoy vemos con claridad absoluta el manojo de contradicciones y monstruosidades que encerraba en su seno. Por muy minúsculas que sean las dotes de observación y comprensión que se tengan, cualquiera las advierte y las comprende hoy. O las presiente, que es igual.
Pronto ocurrió y se hizo patente que aquella supuesta grandeza individual, y aquella supuesta generosidad que informaba a las instituciones, era de hecho accesible a muy pocos, y consistía y se mantenía a costa de atroces injusticias.
Y era accesible a muy pocos, no porque fueran pocos los individuos sobresalientes, sino por propia naturaleza del sistema y de los fines que se señalaban como apetecibles. Eran muchos los hombres que podían aspirar al poder político, a la riqueza y a la cultura, y con dotes y capacidad para conseguirlo, pero fatalmente esa trinidad de bienes tenía que ser acaparada y monopolizada por muy pocos. Pero como el sistema admitía y hacía posible la concurrencia, la lucha y la pugna, a ellas se lanzaron las gentes con frenesí.
Y ahí tenemos las turbinas que operaron en el seno del individualismo burgués: los partidos políticos, en número cada vez mayor y más abundante, con aspiraciones e ideales programáticos distintos. Las empresas económicas, la producción sin orden ni concierto y la especulación financiera. Las escuelas y las morales diversas, la disgregación espiritual de la cultura.
2. EMPEQUEÑECIMIENTO DEL HOMBRE
Y he aquí cómo el espíritu burgués, en honor y honra de la dimensión individual del hombre, condujo a éste a contradicciones y resultados como los que hoy presenciamos. Claro que no sin atravesar etapas de cierto esplendor y de liberar a la humanidad de poderes regresivos abominables. El liberalismo político y el capitalismo económico nos parecen hoy entidades y formas repletas de vacuidad, de ineficacia y de injusticia. Pero han realizado y cumplido una misión en la historia, tanto más reconocida como tal por sus actuales debeladores, mientras con más prisa y vigor la declaran mendaz y caducada. La prueba de ello la tenemos en que la subversión no corre a cargo de los poderes políticos desalojados por la burguesía liberal, es decir, del «antiguo régimen», a pesar de que aún es defendido y sostenido en pie por algunos. Y tampoco el derrocamiento del capitalismo se hace e intenta por las formas económicas y sociales que le precedieron.
La subversión contemporánea, al enterrar las formas demoliberales de la burguesía capitalista, lo hace revolucionariamente, esto es, no volviendo a las formas antiguas, sino descubriendo e inventando otras nuevas.
A la postre, en medio de las instituciones y de la civilización liberal-burguesa, el hombre resultó maltratado, explotado y empequeñecido.
La libertad política cristalizó necesariamente en la democracia parlamentaria, y tal sistema trasladó el Poder con rapidez suma a las oligarquías partidistas, a los magnates, dueños de los resortes electorales, de la gran prensa y de la propaganda cara.
La libertad económica lo dejó reducido en la gran mayoría de los casos a un objeto de comercio, cuando no a la atroz categoría de parado, de residuo social.
Por último, el hombre se vió privado de valores permanentes y firmes. Todos aquellos que tienen su origen y alcanzan su sentido en esferas humanas extraindividuales. Los valores de comunidad, de milicia, de disciplina justa. Y el valor de la Patria, la dimensión nacional del hombre, la que arranca y comienza antes que él y termina y concluye después de él. (No señalo el valor religioso, porque éste no ha peligrado propiamente bajo el signo de la burguesía individualista, ya que, entre los fines individuales, cabe perfectamente la preocupación religiosa de salvar el alma.)
En resumen, la vigencia de las formas de vida típicamente burguesas originó de un modo exclusivo el encumbramiento de una minoría política (las oligarquías) y de una minoría social (los grandes capitalistas), y como tal situación de privilegio carecía y carece en absoluto de raíces profundas, es decir, no se basa en valores jerárquicos reconocidos como justos, sino que procede de una libre concurrencia y pueden ser apetecidos por todos, surge la sospecha de que se deban al engaño, la mendacidad y la injusticia, haciéndose, por ello, más irritantes e insufribles.
3. LA VANGUARDIA DISCONFORME
Fueron, naturalmente, los trabajadores los primeros en percibir que el mundo político y económico, creado por la burguesía demoliberal, resultaba una cosa, un artilugio, bastante poco habitable. Su respuesta histórica fue el marxismo, primera contestación sistemática, primera dificultad que se atravesaba en el camino de la democracia parlamentaria. Porque es evidente que el sistema demoliberal encuentra sólo su justificación práctica y teórica cuando es considerado, por todos, como método aceptable de convivencia. Pero el marxismo decretó y consiguió la insolidaridad proletaria, es decir, proveyó a los trabajadores de una doctrina y una bandera, dentro de las cuales no había sitio alguno para la colaboración pacífica y legal con las demás clases. A pesar de que existan otras interpretaciones del marxismo, entiendo que hay en él una formidable y fecundísima tendencia a apartar a los trabajadores, no sólo del mito demoliberal de la burguesía, sino del mito mismo de la libertad política. (La frase de Lenin «¿Libertad, para qué?» es aún más profunda de lo que se cree, está pronunciada por un marxista, y su contestación resulta de veras difícil en esta hora crítica de la política mundial.)
4. AGOTAMIENTO Y CONTEMPLACIÓN DE LAS PROPIAS RUINAS
Es notorio que una de las realizaciones políticas que vienen persiguiéndose hoy en Europa, consiste en desalojar al espíritu burgués de las zonas gobernantes. La democracia parlamentaria otorgó el Poder, y lo otorgará siempre mientras subsista, a la burguesía misma, o a sus representantes más directos, que son los partidos.
Pero ocurre que el burgués carece en absoluto de capacidad para las tareas políticas rectoras. Es el tipo social menos propio y adecuado para el ejercicio del poder político. Le falta por completo el sentido de lo colectivo, el espíritu de la comunidad popular, la ambición histórica y el temple heroico.
Todo lo que actúa hoy como germen de resquebrajamiento, de impotencia, de cansancio y egoísmo, se debe de un modo directo al predominio social de la burguesía, y al predominio político de sus mandatarios, sus abogados y testaferros.
Ha entrado hace ya tiempo la civilización demoburguesa en una etapa final, caracterizada por la hipocresía, pues habiendo perdido ella misma la fe en sus principios, trata de sostenerse a costa de desvirtuarlos y falsearlos cínicamente. Favorece tal empresa el hecho de que la actitud característica del espíritu demoburgués —tendencia a la crítica, ceguera para lo colectivo, tibieza patriótica, falso humanitarismo sentimental, etc.— es compartida por anchas y extensas zonas, ya que sus contornos no se ciñen sólo a capas y sectores de privilegio económico, sino que alcanzan y comprenden también núcleos populares, proletarios, captados por él y por sus características más viles y degradadas.
Pero esa actitud histórica, en su sector más representativo y operante, tiene ya hoy plena conciencia de su infecundidad y agotamiento. Advierte que sus ideales políticos, lejos de construir y edificar nada, se transforman apenas salen de sus labios en fuentes de destrucción y de discordia. Sabe que su sistema y su ordenación económica conducen al advenimiento de crisis gigantescas, a su propia ruina y al hambre de las grandes masas en paro forzoso. Ve, asimismo, que las instituciones políticas y sociales, creadas por ella, convierten a las naciones en teatro permanente de sangrientas pugnas, y debilitan cada día más la solidaridad nacional, hasta poner en peligro la propia vigencia histórica de los pueblos. Percibe que no sabe qué hacer con las grandes oleadas juveniles que van llegando, y contempla, por último, la inminencia de su agotamiento y de su desaparición irremediable.
[*] Discurso a las Juventudes de España; Ramiro Ledesma Ramos.
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elestadonet · 5 years
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VOX, fascismo y capitalismo del siglo XXI
VOX, fascismo y capitalismo del siglo XXI
Según Walter Benjamin, tras cada fascismo hay una revolución fallida, lo cual parecía evidente en el siglo XX. Si observamos, detrás del nacionalsocialismo alemán estuvo la infausta revuelta espartaquista. En España, los intentos revolucionarios del 34 y otros posteriores precedieron a las experiencias del falangismo y jonsismo. En Italia, el clima de los años 20 indicaba que habría una…
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jcplana · 8 months
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Imaginen … Seppuku. CXXVII.
El padre y la hoja en las entrañas. En pie junto a él, el hijo y la katana.  Rúbrica de sangre.
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poemassemanales · 2 years
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LA TRISTE HISTORIA DE DOS IMAGINEROS (I) ANTONIO PEREA
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ANTONIO PEREA
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EL DESPOJADO DE PEREA
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LAS “BARRICADAS” DE LA PLAZA DE SAN MARCOS
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EL MISTERIO DEL DESPOJADO
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TRABAJOS FORZADOS EN LOS MERINALES
 La imaginería como especialidad dentro de la escultura ha tenido un enorme recorrido en Castilla (Pedro Fernández), en Murcia (Salzillo), y especialmente en Andalucía desde el siglo XVII hasta la fecha actual. Nombres en nuestra tierra como Martínez Montañés, Juan de Mesa, Pedro de Mena, Alonso Cano, Luisa La Roldana o Ruiz de Gijón, son muy conocidos y sus obras son piezas de devoción popular en las ciudades andaluzas y son admiradas por sus calles en los días de la Semana Santa. El perfil de los imagineros puede señalarse como el de un artista firmemente creyente y que vuelca su creatividad en imágenes religiosas de su devoción (sin olvidar el sesgo crematístico especialmente en los años de la Contrarreforma). Este perfil puede extenderse a lo largo de los siglos, pero llama la atención la existencia de algunos casos que se salen de esta etiqueta y que por las consecuencias de la guerra civil de 1936 sufrieron en sus carnes una represión que posiblemente los llevó a mostrar una creatividad artística en una dirección que no tuviese origen en su libertad religiosa sino en sus particulares y desgraciadas circunstancias. Vamos a ver dos casos tan llamativos como tristes, los de Antonio Perea y Luís Ortega Bru.
 ANTONIO PEREA (Sevilla, 1911-1998)
Antonio Perea nació en el barrio de la Macarena, en la collación de San Marcos, en 1911. A los 16 años comenzó a trabajar en la Fábrica de Artillería donde terminó como delineante. Sus desgracias comenzaron unos días después del inicio del golpe de estado de 1936, cuando fue detenido por colaboración con las fuerzas que se opusieron a la asonada de Queipo de Llano en Sevilla. El motivo: llevar agua a los defensores del barrio de la Macarena que se habían apostado en la Plaza de San Marcos. A los 15 días fue puesto en libertad, pero en 1937, el 31 de Mayo, fue detenido de nuevo por las denuncias de algunas personas que lo situaban entre los defensores de esas barricadas de Julio del año anterior. No pudieron demostrar esas acusaciones ante el juez, aunque si dijeron que era una persona a la que apenas conocían. Perea pide que declare un conocido suyo, José Laborde, que era fundador de la Hermandad del Despojado. Laborde, para no verse comprometido, hace una declaración en la que solo se reafirma en su falangismo militante dejando a Perea como persona de buena conducta y con notables habilidades artísticas.
A pesar de las acusaciones no demostradas ahí comienza el calvario de Perea, ingresando en prisión, sufriendo torturas y siendo sometido a un Consejo de Guerra sumarísimo. El Fiscal solicita pena de muerte y finalmente es condenado a 14 años y 8 meses de prisión por “auxilio a la rebelión militar” el 24 de Septiembre de ese 1937 en los siguientes términos que no me resisto a señalar:
RESULTANDO que nunca acaba de decir­se, por mucho que se repita, que el movimien­to revolucionario que venía incubándose en España, desde tiempo atrás y que al fin estalló el 18 de julio del año pasado 1936 es de los que no tiene ejemplo ni paridad en la Historia del mundo y que los responsables más direc­tamente del mismo son aquellos que gozando de alguna ilustración, aunque a muchos inte­lectuales habría que discutirles ese calificativo, y comprendiendo por ende que mientras el ni­vel medio cultural de la Nación no alcanzaré la altura suficiente para discernir aquellas teo­rías avanzadísimas del repartimiento social, justicia popular, milicias populares armadas, sufragio popular inorgánico y demás camelos de la democracia gobierno del pueblo, no reparaban en el daño tan atroz que venían cometiendo y aun a sabiendas de que no era posible que semejantes teorías pudieran ser llevadas a la práctica, en vez de refrenar sus instintos o inclinaciones liberales para cuando pudieran ser implantadas, se aprovechaban del medio ambiente de incultura existente para, halagando las pasiones del pueblo, me­drar ellos a su costa escalando mayor o menor altura según fueran mayor o menor también sus ambiciones, sus audacias y hasta sus des­vergüenzas, siendo lo más notable de todo que hoy muchísimos de ellos, cual Jeremías, lloran arrepentidos y hasta se horrorizan de lo que está pasando, como si ellos no hubieran engendrado esos salvajismos que realizan la masa y como sí se pudiera olvidar que cuan­do la otra banda, la sensata, le advertía de los peligros que se corrían con esas doctrinas y propagandas, la apostrofaban llamándola retrógrados, fósiles y enemigos del proceso social que campeaba ya por el mundo entero siendo un vivo retrato de lo que se deja ex­puesto el procesado de hoy ANTONIO PEREA SÁNCHEZ, que no parece que antes del Mo­vimiento fuera de los extremistas peligrosos, pero una vez establecido el mismo, auxilió a los revoltosos de las barricadas que se le­vantaron en el barrio en que vivía, llevándoles agua y permaneciendo rato con ellos, aunque no consta que usara armas de fuego ni que compartiera con los revolucionarios su espíritu combativo.
 En ese juicio fueron condenados a muerte otros dos acusados, uno de ellos llamado Juan de Dios Creagh, amigo de Perea y que se convirtió en un personaje esencial en esta historia. Creagh era empleado de Correos y telegrafió en 1932 a Madrid la puesta en marcha del golpe de estado del General Sanjurjo en Agosto de ese año. Ese fue su delito y esto se exponía en su sentencia:
 "[...] dotado de conocimientos técnicos y de relativa buena cultura, era uno de tantos más o menos de buena fe que se creían li­bertadores del pueblo y que en su empleo de jefe de negociado de tercera clase en el cuerpo de telégrafos no se circunscribía al cumplimiento de su deber, sino que, erigido en conductor de muchedumbres, ya se distin­guió en el año 32 cuando el movimiento de Sanjurjo, al lograr comunicarse con Madrid, estableciendo una comunicación telegráfica improvisada, enterar al gobierno de lo que tan glorioso general había tramado contra la voluntad popular que ellos decían repre­sentar y gobernar, cuando no eran más que unas cuadrillas de titiriteros y farsantes, acto por el que fue largamente premiado y que le hizo continuar con mayor celo sí cabe en el camino emprendido, para lo cual ingresó en la Masonería, adoptando el simbólico nom­bre "Pérez Galdós" y se afilió al partido de Acción Republicana o de Azaña, figurando en la directiva local del mismo, al par que hacía la propaganda correspondiente entre sus compañeros, a los que repartía folletos, como el que se le ha ocupado de la represen­tación de Asturias, a fin de ir preparando su repetición y repercusión en todos los ámbitos de España [...]"
Como revancha por esa comunicación de 1932 Creagh fue fusilado en Marzo de 1938. Perea convivió con él hasta ese día y su imagen de desesperación le quedó grabada en la memoria.
Ingresado en prisión, por petición de Laborde, Perea es encargado de realizar las nuevas imágenes de la Hermandad del Despojado ya que las titulares habían sido quemadas en Julio de 1936. En la cárcel se le prepara a Perea un taller en la enfermería y allí realiza la Dolorosa y el Cristo de la Hermandad. En este punto es cuando esta historia adquiere un sesgo emocionante que la mayoría de los que observan el paso de esta Cofradía el Domingo de Ramos por las calles de Sevilla desconoce: Perea talló el rostro de Cristo en base a la imagen que había permanecido en su memoria de los últimos momentos de su amigo Creagh antes de ser fusilado.
Las condiciones de reclusión comenzaron a cambiar para Perea y le fueron llegando diversos encargos; en 1940 es trasladado al campo de concentración de Los Merinales -el llamado “Canal de los presos”- y finalmente es puesto en libertad atenuada unos meses después con la obligación de personarse periódicamente en comisaría. En la prensa sevillana del momento la obra de Perea fue bien recibida y en un diario se habló de él y de su Cristo con una referencia al Quijote ya que se había concebido y realizado “donde toda incomodidad tiene su asiento”.
 Perea recibió críticas desde posiciones extremistas de uno y otro lado: los sectores más intransigentes del régimen especialmente un sector de la Iglesia no admitió que un preso realizara una imagen de Cristo (el Cristo de la Prisión como así fue también conocido); también un cierto sector de la clandestina izquierda sevillana lo acusó de colaboracionista. Todo esto convirtió a Antonio Perea en una persona muy introvertida y miedosa en sus manifestaciones políticas durante todo el resto de su vida, aunque quién no tenía miedo en aquellos ominosos años. En 1979 solicitó le concediesen la amnistía de los falsos delitos por los que fue sentenciado. Falleció en Sevilla en 1998.
La obra de Perea no es muy abundante, aunque se puede encontrar en algunas ciudades andaluzas, pero recordad si veis pasar el misterio del Despojado este próximo Domingo de Ramos que el rostro de Cristo es el de un hombre que pocas horas después iba a ser fusilado.
26/3/2022
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lenguamariposas · 2 years
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Temas
relaciones privadas, jerárquicas, políticas
situación política espanola en la vispera de la guerra civil
la importáncia de evaluar el desarollo posible de situaciones 
democracía - fascismo /falangismo
la educación
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samoempalador · 3 years
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gladsontarga · 3 years
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Santander fascista!
Fazendo jus à escalada fascista espanhola que exalta o sanguinário ditador Francisco Franco e seu Falangismo, a versão espanhola do fascismo, uma consultoria contratada pelo Banco Santander no Brasil enviou a um grupo restrito de investidores mensagem em forma de relatório que dizia com todas as palavras “…ninguém apoiará um golpe em favor de Bolsonaro, mas é possível especular sobre um golpe…
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