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#Francesco Cera
musicwithoutborders · 2 months
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Jean-Henry d'Anglebert/Francesco Cera, Gavotte "Où estes vous allé" - Air ancient I French Harpsichord Music, Vol. 1, 2016
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lamilanomagazine · 3 months
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Scicli: incendio all'interno di un'abitazione, anziano tratto in salvo dai Carabinieri
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Scicli: incendio all'interno di un'abitazione, anziano tratto in salvo dai Carabinieri. Nel corso della nottata appena trascorsa un equipaggio dell'Aliquota Radiomobile della Compagnia Carabinieri di Modica, durante l'espletamento del loro turno di servizio finalizzato al controllo del territorio e al rispetto delle norme del Codice della Strada, a seguito di richiesta di intervento pervenuta alla Centrale Operativa per un incendio divampato all'interno di un'abitazione sita nel comune di Scicli, è tempestivamente intervenuto per trarre in salvo gli occupanti e mettere in sicurezza l'area circostante. Giungi sul posto, i militari hanno acquisito immediata consapevolezza della gravità della situazione, notando le fiamme e una coltre nube di fumo fuoriuscire dall'immobile e, coraggiosamente, si sono adoperati per mettere in salvo l'unica persona all'interno dell'abitazione, un 70enne che è stato trovato riverso a terra e privo di sensi. Prima dell'arrivo dei Vigili del Fuoco, i militari hanno prestato le prime cure all'anziano, riuscendo a trascinarlo con non poca fatica all'esterno dell'abitazione, in modo da attendere l'intervento del personale medico. Al contempo, provvedevano a spegnere le fiamme che intanto avevano avvolto parte dell'abitazione, riuscendo a domarle anche con l'utilizzo di un estintore ed evitando che potessero espandersi a tutto l'edificio, con il rischio di coinvolgere anche quelli del vicinato. Sulla base degli accertamenti effettuati dai Vigili del Fuoco, l'incendio è scaturito accidentalmente a causa di una candela in cera lasciata accesa nel vano dell'abitazione. L'anziano è stato trasportato dall'ambulanza presso il pronto soccorso di Modica e, dopo le prime cure, è stato trasferito in prognosi riservata al Centro Grandi Ustionati di Catania a mezzo elisoccorso. Anche i militari intervenuti sono stati visitati dal personale sanitario a seguito di una lieve intossicazione dovuta all'inalazione dei fumi. L'episodio di questa notte, emblematico dell'importanza e dell'efficienza del dispositivo di pronto intervento dell'Arma dei Carabinieri, ha consentito di realizzare, ancora una volta, una delle finalità istituzionali che ogni Carabiniere quotidianamente cerca di concretizzare, ossia quella di essere di ausilio e supporto alla cittadinanza. Il coraggio e l'abnegazione al servizio mostrati dagli operanti sono stati di certo gli elementi fondamentali che hanno consentito di scongiurare più gravi conseguenze. I superiori gerarchici, oltre ad augurare la pronta guarigione al Vice Brigadiere Francesco Clemenza e all'Appuntato Scelto Qualifica Speciale Daniele Mallia, hanno espresso parole lusinghiere per lo spirito di servizio e il generoso altruismo evidenziati.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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I Responsoria di Carlo Gesualdo proposti al Bologna Festival
Terzo appuntamento con la rassegna Il Nuovo, l’Antico di Bologna Festival, il 6 ottobre alle 20.30 nella Basilica dei Santi Bartolomeo e Gaetano, con un concerto dell’Ensemble Arte Musica diretto da Francesco Cera, interprete specializzato nel repertorio antico e, in particolare, nella musica vocale italiana barocca. Il programma proposto in questo concerto è incentrato sui Responsoria di Carlo…
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chez-mimich · 1 year
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CERE ANATOMICHE LA SPECOLA DI FIRENZE DAVID CRONENBERG
Partiamo da un assunto necessario e cioè l’assoluto fascino, oltre che l’indiscusso valore artistico e scientifico, di una eccezionale collezione come quella delle cere anatomiche del Museo della Specola di Firenze. La mostra della Fondazione Prada di Milano, visitabile fino al 17 luglio prossimo, presenta 4 figure femminili in cera (a corpo intero) e 9 sezioni del corpo femminile che provengono dalla Sala dell’Ostetricia del museo fiorentino. A queste figure, si aggiungono 72 stampe dei vari apparati del corpo umano, opere del XIX secolo a tecnica mista (acquerello, matita, tempera), anch’esse di grande interesse scientifico e divulgativo. La Specola di Firenze è certamente un museo sui generis, aperto al pubblico nel 1775, accoglie più di 1.400 opere. Il merito della costituzione di questa straordinaria collezione è del Granduca di Toscana, Pietro Leopoldo d’Asburgo Lorena (1747-1792) che ebbe la grande intuizione di dividere il patrimonio dei beni dei Medici tra oggetti d’arte e oggetti scientifici. I modelli anatomici in cera sono il risultato di studi effettuati, grazie alle dissezioni su cadaveri che provenivano dall’Arcispedale di Santa Maria Nuova di Firenze e dai quali venivano eseguiti calchi in gesso, in cui veniva versata della cera che poi veniva rifinita dall’intervento di pittori e scultori sotto la la supervisione di esperti di anatomia. I modelli sono adagiati su un materasso ricoperto da un drappo di seta e venivano comunemente definiti come “Veneri”. Il ventre o il petto delle figure sono squarciati per mostrare il composito aspetto dell’interno del corpo, degli organi e degli apparati in esso contenuti. Tra gli artisti autori delle “Veneri” possiamo ricordare i nomi di Clemente Susini (1754-1814), Francesco Calenzuoli (1796-1829), Luigi Calamai (1800-1851) ed Egisto Tortori (1829-1893) e tra i supervisori anatomici Paolo Mascagni (1755-185), Filippo Uccelli (1770-1843), Tommaso Bonicoli (1746-1802): illustri sconosciuti per il grande pubblico, ma di indiscutibile talento. Purtroppo le opere esposte al primo piano del “Podium” non sono proprio godibilissime da parte del pubblico, a causa del divieto di avvicinarsi troppo alle opere in cera e dell’illuminazione intermittente, molto flebile, per non compromettere l’integrità della figure. Ma qual è la scelta fatta dai curatori della mostra? Potremmo dire che si tratta di un’operazione di divulgazione culturale e artistica, come già fu per “Il sarcofago di Spitzmaus e altri tesori”, mostra del 2019 in collaborazione con il Kunsthistorisches Museum di Vienna e curata da Wes Anderson e Juman Malouf. Al piano terra del Podium, ecco però “Four Unloved Women, adrift on a purposeless sea, experience the ecstasy of dissection”, video di David Cronenberg, appositamente realizzata per la mostra. Qual è il trait-d’union tra le Veneri della Specola e il video che mostra le stesse Veneri riprese alla deriva su materassini che galleggiano in una piscina? Difficile dirlo, poiché al di là di un labile legame tra gli squarci anatomici e i corpi sfracellati del celebrato film “Crash” del 1996, non si vede altro. Mentre però in Cronenberg c’è un certo compiacimento voyeuristico nell’indagare i corpi feriti o martoriati, le Veneri della Specola hanno anche un carattere divulgativo e scientifico. A meno che, il discorso sia molto più sottile e Cronenberg voglia guardare ad esse (anche) come opere di un estetismo vagamente perverso. Potrebbe essere e potrei essere io a non averlo percepito. Resta però il fatto che il video di Cronenberg è davvero miserello (e la piscina molto meno bella di quelle dipinte da Hockney). Più che altro, il video sembra del tutto pretestuoso e dà proprio l’impressione di essere stato girato “alla bisogna” per poterlo coniugare con le meravigliose opere fiorentine. Certo una mostra che lascia più di un dubbio nel visitatore.
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blogexperiences · 2 years
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Bologna, Museo Davia Bargellini e Museo di Palazzo Poggi: Prorogata la mostra "Verità e illusione. Figure in cera del Settecento bolognese"
Luigi Dardani (Bologna 1723-1787)Ritratto di monsignor Francesco Zambeccari (1682-1767), 1750 circacera policroma, vetro, tessuto, capelli, osso, h 78 cm x largh. 62 cmteca in legno con cornice intagliata e dorata, 142 × 90 × 50 cmBologna, Museo Davia Bargellini, n. inv. 180Credito fotografico: Roberto SerraCourtesy Settore Musei Civici Bologna Verità e illusione. Figure in cera del Settecento…
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Andrea Antico - Gentil donna · Francesco Cera, organ
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lospeakerscorner · 2 years
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Frescobaldi e Bach secondo Francesco Cera
Frescobaldi e Bach secondo Francesco Cera
L’omaggio di Francesco Cera a Frescobaldi e Bach, due capisaldi della musica per clavicembalo e organo in stagione alla Pietà de’ Turchini CITTÀ METROPLITANA DI NAPOLI – Nella  Chiesa di Santa Caterina da Siena, protagonista del  nuovo appuntamento  della stagione Note Svelate , sabato 30 aprile alle ore 19 è in programma la performance del clavicembalista  Francesco Cera. Il virtuoso torna alla…
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airecolorselecto · 8 years
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Triple Concierto en la menor, para flauta traversa, violín, clavecín y orquesta de cuerdas, BWV 1044, por Johann Sebastian Bach (hacia 1730). Versión de I Barocchisti, con Duilio Galfetti en violín, Stefano Bet en flauta, y Francesco Cera en clavecín, bajo la conducción del maestro Diego Fasolis.
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blobrockagency · 5 years
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Edoardo Francesco Taurino presenta il romanzo “Sinfonia, di Rose, di Cera”
Edoardo Francesco Taurino presenta il romanzo “Sinfonia, di Rose, di Cera”
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Il Taccuino Ufficio Stampa
Presenta
Sinfonia, di Rose, di Cera di Edoardo Francesco Taurino
Edoardo Francesco Taurino presenta “Sinfonia, di Rose, di Cera”, il suo libro d’esordio in cui racconta la storia d’amore tra un uomo e una donna, i genitori del protagonista, e lo fa quando ormai colui che parla è adulto e ha deciso di affrontare il passato. Con questo romanzo, il narratore…
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sciatu · 4 years
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PIATTI DI CERAMICA DI CALTAGIRONE E SANTO STEFANO DI CAMASTRA
“Se le piace lo prenda - disse il venditore – è un piatto fatto a mano da un maestro ceramista: non ne troverà un altro uguale, sono tutti pezzi unici” La mamma guardò il piatto ammirata e affascinata dai colori e dai disegni che riempivano il grande piatto. I piatti di ceramica le erano sempre piaciuti e aveva sempre desiderato averne uno appeso alla parete del suo salotto che a parte pochi mobili comprati all’Ikea di Catania, non aveva null’altro. “Ma ci penso – rispose la mamma e continuò fingendo -  mi sembra un po' grande, voglio prendere le misure” “Va bene” disse il venditore gentilmente e le scrisse su un biglietto da visita le misure di alcuni piatti. Uscendo il papà le disse “Potevi prenderlo, costava un po', ma se lo desideravi…” “Ma no, ora che non ho più il lavoro non possiamo spendere. Lo sai quanti soldi dobbiamo dare al dottor Perego” Francesco a sentire il nome del suo dottore si agito e li guardò nervoso mugolando “No Frà, non dobbiamo andare dal dottore, ora andiamo a casa e mangiamo la pappa. Sei contento?” Gli chiese suo padre e lui fu felice. Gli piaceva la pappa che faceva la mamma, poi suo padre giocava con lui e quando la mamma finiva di sistemare la cucina, vedeva la televisione sul divano con lei finché lui non si addormentava e la mamma lo coricava nel letto del divano. Non aveva una camera perché la casa era solo il salotto che faceva da cucina e la stanza da letto dei suoi con un minuscolo bagno. Avevano cambiato casa dopo che era nato per pagare il dottor Perego che doveva curarlo e farlo diventare intelligente come gli altri bambini. Sentì il bacio di sua madre mentre gli tirava su le coperte “Dorme” chiese suo padre “Si è stanco, passa tutto il tempo a disegnare e si stanca” “Il dottor Perego dice che è bravo.” “si è molto bravo, ma non parla” fece la mamma sconsolata “Vedrai che presto imparerà. – sapeva che non era la verità, per questo continuò – comunque dai poi lo compriamo un piatto, magari a Natale” “No , non è necessario – rispose lei tristemente – costano troppo” Andarono a dormire spegnendo la luce in quello che chiamavano il salotto. Frà li aveva sentiti. Era dispiaciuto perché la mamma era triste. Avrebbe voluto comprarglielo lui il piatto, uno grande grande, come quelli che aveva visto. Magari quello che assomigliava al sole. Gli venne un idea e si alzo dal letto e nel buio cercò quello che gli serviva perché gli occhi, ormai abituati all’oscurità vedevano benissimo. Ma lui non serviva, vedere, lui sapeva benissimo quello che doveva fare. Quando la sveglia suonò il papà si alzò e in silenzio, nella penombra della stanza si diresse verso la cucina dove di corsa preparò il caffè e lo mise sul fuoco andando in bagno per fare la doccia. Sentì la mamma alzarsi e dirigersi nella cucina-salotto per preparare la colazione e bere il caffè. Si sbrigò velocemente, facendo la doccia e la barba. Tornò nella stanza da letto per vestirsi e di corsa andò verso la cucina per il caffè. Al solito aveva fatto tardi. Entrando in cucina chiese alla mamma “Com’è il tempo fuori” Ma lei non gli diede retta. Era in mezzo alla stanza e guardava le pareti “Che c’è ? una macchia di umido?” chiese seccato ed accese la luce. Fu allora che li vide. Le pareti bianche e senza quadre erano pieni di piatti colorati di ceramica. Osservò meglio e vide che erano  disegnati con i pastelli a cera di Frà. “Mahhh..” fece lui mettendosi accanto alla moglie e vedendo tutti quei colori riempire le pareti i gialli zafferano, i verdi bottiglia, i blu e gli azzurri, i rossi dei piatti di Santo Stefano, il blu e giallo di quelli di Caltagirone, tutti i colori che riempivano, accendevano meglio dire, le forme classiche dei piatti, le forme del sole, delle stelle, dei fiori, delle lunghe foglie verdi, degli arabeschi color oro e delle forme geometriche disseminate nei piatti. Mamma e papà restarono a bocca aperta girandosi lentamente ad osservare tutti quei piatti che dal pavimento arrivavano in varie forme e dimensioni fino a quasi il soffitto. Frà si svegliò e vide mamma e papà che osservavano i suoi piatti con gli occhi verso l’alto. Si alzò e stropicciandosi gli occhi si avvicinò alla mamma e le prese la mano mettendosi a guardare anche lui. Fu allora che la mamma si accorse di lui ed abbassando gli occhi lo guardò Lui guardava contento e quando i suoi occhi incontrarono quelli della mamma le chiese “ii ..ace?” Chissà perché la mamma si mise a piangere.
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heyitsararts · 4 years
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SANTO STEFANO
Nome⭐: Santo Stefano
Autore⭐: Lorenzo Ghiberti
Data⭐: 1427-1228
Materiale e tecnica⭐: bronzo
Contesto originale⭐: Fa parte del ciclo delle quattordici statue dei protettori delle Arti di Firenze nelle nicchie esterne della chiesa di Orsanmichele. Fu commissionata dall'arte della Lana.
Stile e descrizione⭐: Questa statua rappresenta un uomo che era stato lapidato e che Ghiberti decise di porre in trono, attirando su di sé molte critiche. Possiamo notare l'eleganza del panneggio, che come sempre contraddingue le opere di Ghiberti.
Collocazione attuale⭐: Museo di Orsanmichele, Firenze
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ALTARE DEL SANTO
Nome⚘: Altare di Sant'Antonio da Padova
Autore⚘: Donatello
Data⚘: 1446-1453
Materiale e tecnica⚘: tecnica della cera persa
Contesto originale⚘: Dopo aver visto il risultato del Crocifisso bronzeo, fu commissionata questa statua a Donatello. Fu realizzata grazie alla generosa donazione del cittadino padovano Francesco del Tegola e quindi fu progettato un complesso mai visto prima d'ora.
Stile e descrizione⚘: tutte le sculture sono sopravvissute, ma la struttura architettura è andata persa, e quindi ciò provoca molto difficoltà nel capire quali effettivamente fossero i rapporti tra le figure, lo spazio e il punto di vista dell'osservatore. Oggi la ricostruzione schiera le opere una accanto all'altra, su due livelli, e anche i rilievi sono quasi tutti sulla facciata anteriore. L'aspetto originale doveva però ricordare una sacra conversazione tridimensionale, con le figure dei sei santi a tutto tondo disposte intorno alla Madonna col Bambino sotto una sorta di baldacchino poco profondo scandito da otto colonne o pilastri, posto a ridosso degli archi del deambulatorio. Abbiamo poi le statue a tutto tondo di personaggi come Francesco, Antonio, Giustina, Daniele, Ludovico e Prosdocimo. Il rilievo più importante è quello della Deposizione di Cristo. Ci sono poi quattro panelli maggiori che raffigurano i Miracoli di Sant'Antonio. Uno dei rilievi più importanti è quello della Presentazione dell'ostia alla mula, nel quale lo spazio viene spartito da tre archi in sconcio non proporzionati. Sullo sfondo abbiamo poi maestosi fondali di architetture profonde, con un bassissimo rilievo stiacciato (tecnica scultorea che permette di risultare con variazioni minime rispetto al fondo)
Collocazione attuale⚘: Basilica di Sant'Antonio di Padova
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1714-konzertmeister · 5 years
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Cembalo Concerto No.1 in D Minor BWV 1052: III. Allegro
By Composer Johann Sebastian Bach - Director Diego Fasolis, Francesco Cera (harpsichord) and I Barocchisti
Bach: Cembalo Concertos BWV 1052, 1053, 1054 & 1056
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michelangelob · 5 years
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Io e l’Aldovrandi a Bologna: un incontro casuale?
Io e l’Aldovrandi a Bologna: un incontro casuale?
Giovan Francesco Aldovrandi era uno sei sedici membri del governo di Bologna quando arrivai in città. Il Vasari narra che mi incontrò per caso nell’Ufficio delle Bollette mentre ero alle prese con una faccenda a dir poco noiosa.
In pratica non avevo il permesso per entrare a Bologna: mancava il suggello di cera rossa sull’unghia del pollice; il marchio degli stranieri nella città governata dai…
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paoloxl · 6 years
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Caso Cucchi, risolto il giallo della doppia annotazione. Un carabiniere depone: «Me la dettò il maresciallo Mandolini»
«Ho cambiato l’annotazione di servizio sulle condizioni di salute di Stefano Cucchi la sera del suo arresto riscrivendola sotto dettatura del maresciallo Roberto Mandolini il quale mi disse che la prima versione non andava bene». Il racconto dell’ennesima udienza, la prossima sarà già il 14 febbraio, inizia con un’altra ammissione. A parlare il carabiniere Davide Antonio Speranza, che il pm Giovanni Musarò aveva già interrogato lo scorso dicembre nell’ambito dell’inchiesta bis sui falsi e sui depistaggi, sentito oggi al processo in Corte d’assise che vede imputati cinque militari dell’Arma per l’omicidio di Stefano Cucchi e le manovre di occultamento messe in atto nell’immediatezza.
Mandolini, il maresciallo dei tre carabinieri imputati per omicidio preterintenzionale (ossia Francesco Tedesco, Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, ndr), è imputato per falso e calunnia (insieme a Vincenzo Nicolardi, ndr): fu lui, come riferito da Speranza a far cambiare la versione su quanto avvenne il 15 ottobre dopo l’arresto di Cucchi che dopo essere stato fermato per droga, fu picchiato nella caserma del Casilino e poi trasferito in quella di Tor Sapienza. La seconda annotazione risultata datata il 16 ottobre ma, come ha riconosciuto oggi il militare dell’Arma, fu redatta dopo la morte di Cucchi, avvenuta il 22 ottobre al Sandro Pertini, e venne dettata da Mandolini alla presenza del carabiniere Vincenzo Nicolardi, anche lui sotto processo per calunnia.
Tutte queste cose però Speranza le dice solo ora, mentre non disse nulla sulla modifica delle due annotazioni quando fu sentito dal primo pm Vincenzo Barba, quello che puntò tutto sul mix tra malasanità e botte della penitenziaria, all’indomani della morte del geometra trentunenne e neppure quando sotto processo in assise tra gli imputati, oltre a medici e infermieri dell’ospedale, figuravano tre agenti di polizia penitenziaria, poi assolti.
Nelle prime intercettazioni effettuate dagli stessi carabinieri “stranamente” è stata omessa la famigerata telefonata nella quale il militare Nicolardi diceva «magari morisse, li mortacci sua…». Non si sa chi è il portatore di “spirito di corpo” che abbia effettuato e trasmesso le intercettazioni al pm Barba. Altra anomalia: un’interpretazione trascritta ma senza registrazione su supporti magnetici. Già dall’inizio delle investigazioni c’era il sospetto che alcune registrazioni fossero state omesse o meglio che alcune non fossero state inserite. Le intercettazioni di fine 2018 evidenziano i contatti tra alcuni testi e colleghi dell’Arma che cercano di indurli a edulcorare le dichiarazioni.
Speranza, dunque, oggi non ricorda granché delle condizioni di Cucchi ma conferma che il maresciallo Mandolini gli chiese espressamente di cestinare la relazione di servizio che aveva redatto insieme a Nicolardi, e lo stesso Mandolini gli avrebbe dettato la nuova relazione dove si dichiara che Cucchi dava in escandescenze. A margine della nuova stesura una nota a mano: «Bravi!». La prima relazione Speranza non la cestina e la tiene per sicurezza. «A me è stato chiesto di farla, un maresciallo me lo ha chiesto e io ho obbedito». In quei giorni fu convocato anche dal comandante di compagnia Unali per relazionarlo sul caso ma oggi è vago non ricorda nemmeno quell’incontro e chi altro fosse con lui. Quando Fabio Anselmo, e gli altri legali di parte civile, gli chiederanno perché nella prima inchiesta non ha deposto sulla prima nota da “cestinare”, con fatica dirà di averci pensato solo dopo l’inizio della seconda inchiesta. «Ero in servizio da due mesi, ero giovane e inesperto e mi fidai di Mandolini e Nicolardi che erano più anziani e più esperti di me» afferma ora il militare dell’Arma che all’epoca, dice, non sapeva nemmeno cosa volesse dire “dare in escandescenze”.
E si torna a parlare del corpo di Stefano davanti ai genitori e alla sorella Ilaria, visibilmente commossi. Sul corpo di Stefano «sicuramente c’erano due fratture vertebrali» a livello lombo-sacrale, entrambe «recenti» e «contemporanee», ha spiegato alla corte Carlo Masciocchi, professore ordinario di Radiologia dell’Università di L’Aquila ed ex presidente della Società italiana di Radiologia medica, sentito oggi nel processo. Masciocchi nel 2015 fu autore di una consulenza tecnica per conto dell’avvocato Fabio Anselmo, legale di parte civile, poi confluita agli atti dell’odierno processo, dove appunto rilevava la presenza delle fratture. Tant’è che oggi è stato sentito in aula, dopo essere stato chiamato a chiarimenti dal pm Giovanni Musarò. «Nel giugno 2015 – ha detto Masciocchi – l’avvocato Anselmo mi chiese la disponibilità a visionare del materiale radiografico su Cd». Quale il contenuto? «Una lastra di colonna vertebrale dell’Ospedale Fatebenefratelli in formato jpeg; immagini Tac total body multistrato eseguita circa 40 giorni dopo la riesumazione; immagini con tecnica Cone Beam, una sorta di panoramica sofisticata. Sicuramente c’erano due fratture vertebrali, una del corpo S4 (quarta vertebra sacrale) e l’altra nel corpo L3 (terza vertebra lombare). La frattura S4 certamente si trattava di una frattura recente, e, quando dico recente, intendo una frattura prodotta in un arco temporale stimabile in massimo 7-15 giorni; la frattura L3 si tratta anch’essa di una frattura recente. Morfologicamente può affermarsi che sono contemporanee, prodotte da un unico evento traumatico». Un calcio, la caduta e un altro calcio, come ipotizza Anselmo? «Possibilissimo». Subito dopo, il professore Masciocchi ha puntualizzato di avere «la forte sensazione che sia stato esaminato al tempo solo un tratto di colonna vertebrale e sezionato solo un tratto di L3».
Intanto, la pista di Musarò, punta in alto. Anche un generale è indagato per i depistaggi sulla morte di Stefano Cucchi. Il generale dell’Arma, Alessandro Casarsa potrebbe non essere l’unico alto papavero ed essere nel mirino degli inquirenti. Il nome di Casarsa compare nella lista testi depositata da un legale di parte offesa e sarebbe iscritto nel registro degli indagati per il reato di falso in atto pubblico. Casarsa, all’epoca dei fatti era comandante del Gruppo Roma, ed è stato tirato in ballo, anche nelle udienze degli ultimi mesi, nella vicenda delle manipolazioni di due relazioni di servizio sullo stato di salute del geometra arrestato il 15 ottobre del 2009 e deceduto sette giorni dopo mentre si trovava detenuto presso il reparto protetto dell’ospedale Sandro Pertini. Nei giorni scorsi Casarsa, che fino ad un mese fa era a capo dei corazzieri in servizio presso il Quirinale, è stato ascoltato dai magistrati di piazzale Clodio e durante l’atto istruttorio ha respinto le accuse.
Nel filone sul depistaggio sono attualmente indagate una decina di persone tra ufficiali e sottoufficiali dei carabinieri. E nell’aula del tribunale di Roma, nei prossimi mesi, comparirà anche il generale Vittorio Tomasone, che figura nella lista testi dell’avvocato Fabio Anselmo, legale della famiglia Cucchi. All’epoca dei fatti, Tomasone era il comandante provinciale e secondo alcuni testimoni ordinò le verifiche interne su quanto accaduto in caserma nella notte tra il 15 e il 16 ottobre 2009, quando venne arrestato il geometra romano.
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totti-nesta · 6 years
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Alessandro Nesta: un cuore diviso a metà a mattina del 31 agosto 2002, Alessandro Nesta era ancora in campo a Formello, con la maglia biancoceleste addosso. I tifosi erano convinti che il pericolo di perderlo fosse scongiurato. La Lazio, sebbene fossero passati soltanto due anni dallo scudetto, non se la passava bene dal punto di vista economico: aveva bisogno di risanare, e per risanare c’era bisogno di cedere. Nesta, a quei tempi, era il massimo che una grande squadra potesse desiderare nel ruolo di difensore centrale. Ma i laziali non volevano rassegnarsi: anche nell’ultimo giorno di mercato, implorarono il loro idolo di non lasciare la Capitale. Niente da fare: «La cessione del nostro capitano Alessandro Nesta (per 31 milioni di euro, ndr) è un grande sacrificio effettuato per agevolare il riequilibrio finanziario in corso della società e per garantire alla squadra la necessaria tranquillità per nuove stagioni di successi sempre nell’élite del calcio mondiale - disse l’allora presidente della Lazio, Sergio Cragnotti -. Un grazie di cuore per tutto quello che ha fatto e dato alla Lazio in questi 18 anni in maglia biancoceleste. Lui sa che il sacrificio della sua cessione ha soltanto queste giustificazioni di risanamento della società e io lo ringrazio, a nome di tutti i laziali, per la disponibilità dimostrata. Alessandro Nesta resterà per sempre nel patrimonio della tifoseria biancoceleste». Una storia d’amore, quella di Nesta con la Lazio, iniziata nel 1985, quando aveva soltanto nove anni: i derby contro Francesco Totti, lo scudetto Primavera vinto nel 1995, quando Dino Zoff lo aveva già promosso tra i grandi. Ci mise pochissimo, Nesta, a diventare il simbolo della Lazio: orgoglio romano di una squadra che con un allenatore svedese - Sven Goran Eriksson - e tanti giocatori arrivati dall’estero si stava affacciando anche al grande calcio internazionale. Nel 1998, vinse la Coppa Italia e perse la finale di Coppa Uefa, ma quello fu anche l’anno del grave infortunio al ginocchio durante il Mondiale di Francia. La Lazio si avvicinò allo scudetto nel 1999: lo perse, ma seppe consolarsi con la vittoria della Coppa delle Coppe e, pochi mesi dopo, della Supercoppa Europea contro il Manchester United, prologo di una stagione storica conclusa con il tricolore conquistato a distanza di 26 anni da quello della Lazio di Maestrelli. ALESSANDRO NESTA AL MILAN - Complessivamente, nella sua carriera, Nesta ha vinto altri due scudetti con la maglia del Milan: il primo nel 2004, il secondo nel 2011. Ma quelli rossoneri sono stati anche gli anni di altri trofei internazionali, sia con il club che con la Nazionale: Nesta, alla prima stagione a Milano, ha subito centrato l’obiettivo della Champions League, in finale a Manchester contro la Juventus, segnando anche uno dei rigori della serie. La seconda Champions sarebbe arrivata nel 2007, un anno dopo il titolo mondiale, a parziale rivincita di quello che era accaduto nel 2005 a Istanbul, con il Milan avanti di tre gol sul Liverpool ma rimontato e battuto ai calci di rigore. A 35 anni, Nesta rinnovò il suo contratto con il Milan fino al 2012: il tempo di vincere un’altra Supercoppa Italiana, a Pechino contro l’Inter. Nei dieci anni in rossonero, 326 partite e 10 gol, con due scudetti, una Coppa Italia, due Supercoppe italiane, due Champions League, due Supercoppe Europee e un Mondiale per Club. Abbastanza per lasciare l’Italia da eroe e concedersi un’esperienza in Canada, prima di dire basta con il calcio giocato.
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marcel-lo-zingaro · 2 years
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L'orcolat ( il brutto orco, ovvero il terremoto) fece la sua comparsa in Friuli il 6 maggio 1976 e, in mezzo alle macerie di un cjast di Buja ( solaio/granaio) spuntò fuori un libretto di preghiere, nel quale, in ultima pagina vi era annotato come forma di diario, la cronaca di un ordinaria giornata in Siberia.
Siamo a missaavaja ( Mysovsk) poi diventata Babuskin in onore del rivoluzionario russo Vasi'evic Babuskin fucilato nel 1906.
l'autore era un certo Luigi Giordani e scriveva; "1 gennaio 1900 io e altri 13 friulani sfidando un freddo intenso" 
comincia così la ricerca di Romano Rodaro il francese più friulano che esista e dalla cui ricerca il regista francese Cristian Romato anni dopo trasse il film "i dimenticati della transiberiana".
la transiberiana coi suoi 9288,200 km nella linea principale è la ferrovia più lunga al mondo ( mosca - vladivostok) inoltre consta della linea transmongolica che da mosca va a pechino passando da ulanbaatar capitale della Mongolia e, la transmanciuriana che invece a Pechino ci arriva da Chita.
la costruzione della transiberiana inizio' durante il governo zarista di Nicola II (1868-1918) ufficialmente il 17-3-1891, una prima parte del tracciato venne presentato alla esposizione universale di Parigi del 1900 mentre il tratto della curva di Baikal, ovvero i contorni meridionali del lago Baikal, nel 1905, per terminare infine nel 1916 con l'inaugurazione del ponte sul fiume amur.
alla costruzione della transiberiana parteciparono circa 90.000 operai per la maggior carcerati e prigionieri, dei quali ne morirono circa 30.000, la maggior parte delle morti avvenivano nei fiumi in quanto i prigionieri non avevano competenza per eseguire i lavori (alcuni fiumi siberiani sono larghi 2 km), e fu così che la direzione ministeriale delle ferrovie di Pietroburgo inviò degli operai specializzati provenienti dall'Italia.
oltre 300 di essi provenivano dal Friuli,  inoltre c'erano 82 abruzzesi della zona dell'Aquila portati dall'imprenditore di Rocca di Mezzo Domenico di Paola appena 26enne che ebbe l'appalto per un tratto, i rimanenti erano bergamaschi e trentini, la maggior parte di loro erano scalpellini specializzati nella lavorazione della pietra, come ricordato anche dalla ricercatrice e scrittrice di Irkutsk Elvira Kamenshchokova, la quale in tarda età scopri' che furono gli italiani a costruire la ferrovia dalle sue parti e fece una grande ricerca culminata con un viaggio in Friuli a raccogliere testimonianze.
scalpellini dicevo, talmente bravi al punto che Domenico Indri un giorno scolpì due pere in pietra verde, con la patina in cera ingannò il capomastro che si ruppe un dente, tali pere sono oggi esposte nel museo ferroviario di Cheijabinsk.
I primi friulani arrivarono a Omsk nel 1893 mentre la costruzione procedeva verso Tomsk, erano Pietro Brovedani e un certo Clauzetto ai quali si aggiunge il triestino Taburno.
nel 1894 tramite Indri e Clauzetto ne vennero reclutati altri 34 nel 1895 quando la linea andava verso Irkutsk altri 100.
Bonaventura Zannier di Pradis scolpì le sue iniziali sul viadotto.
in inverno in quelle zone la temperatura media oscilla tra i -30 e i -40 toccando punte massime di -60, la calce gelava e per poter lavorare a temperature decenti c'era sempre accesa una enorme catasta di tronchi. in estate si costruivano i ponti e i pilastri usando come base di lavoro dei cassoni ad aria compressa, in inverno si sfruttava il metro di ghiaccio che si formava nei fiumi per montare le centine in legno e le volte in pietra, i lavori procedevano per circa 600 km di binari l'anno.
la polvere di pietra creava problemi di silicosi per cui nelle baracche i samovar erano accesi 24 ore su 24, Giuan del fai beveva un bicchiere di vodka ad ogni tappa, mentre Francesco Concina scriveva alla moglie nel luglio 1894; abbiamo passato dei posti che abbiamo avuto il gelo alla barba lungo 10 cm... e ancora; abbiamo passato un lago lungo 15 km, mangiamo solo pan negro inghiacciato..  mai posseduto tanta sporchizia, cimici, pulzi, pidocchi, non ci si lava mai ...
la lontananza dalle famiglie era un dramma poiché gli operai dovevano trattenersi dai 10 ai 15 anni, quindi in tanti organizzarono la riunificazione familiare, attraverso un viaggio di circa 40 giorni, le donne e i bambini partivano dalla stazione di Gemona del Friuli per Vienna, Kiev, Mosca e infine siberia.
 nel 1905 scoppiò la guerra russo giapponese e su ordine del governo gli stranieri vennero dispersi, per poi essere richiamati a guerra finita.
a ferrovia ultimata gli operai si erano ormai stabiliti in Russia ma nel 1918 la rivoluzione di ottobre scombino' i piani di molti; Giovanni Toneatti si suicidò non sopportando che la nazione che aveva contribuito a costruire cambiasse totalmente il suo volto. in tanti cambiarono nome, Giuseppe Minisini riuscì a fuggire col nome di Ivan Osipovic, altri vennero ingaggiati dall'ambasciata francese per gare di tiro alla fune - vista la loro forza fisica - in palio c'era il ritorno a casa.
la contessa Pierina Savorgnan di Brazza' organizzò una fuga il 22/23 febbraio 1920 attraverso le due navi England Maru e Texas maru, le quali battevano bandiera giapponese, e che giunsero a Trieste il 12 aprile, tutti gli altri rimasero in Russia sotto falso nome.
alla morte di Lenin la polizia di Berja li rintracciò tutti e Stalin nel 1937 espulse mogli e figli rimandandoli in Italia mentre gli adulti vennero arrestati e fucilati come traditori, tranne Domenico Francesco Antonelli che morì in carcere.
la dignità di quegli uomini venne loro restituita da Nikita Kruscev alla morte di stalin.
la costruzione della transiberiana costò l'equivalente degli attuali 50 miliardi di euro.
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