Harux e Harix hanno deciso di non alzarsi più dal letto: si amano follemente, e non possono allontanarsi l'uno dall'altro più di sessanta, settanta centimetri. Tanto vale allora rimanere a letto, lontano dai richiami del mondo. C'è tuttavia il telefono, sul tavolino da notte, che a volte strilla interrompendo i loro amplessi: sono i parenti che chiamano per sapere se tutto va bene. Ma anche queste telefonate familiari si fanno sempre più rare e laconiche. Gli amanti si alzano soltanto per andare al gabinetto, e non sempre; il letto è ormai tutto disfatto, i lenzuoli stropicciati, ma loro non se ne accorgono, ciascuno immerso nell'onda azzurra degli occhi dell'altro, le loro membra misticamente allacciate.
La prima settimana si sono alimentati di biscotti, ne avevano infatti provviste abbondanti. Finiti i biscotti, ora si mangiano a vicenda. Anestetizzati dal desiderio, si strappano grossi pezzi di carne con i denti, tra due baci si divorano il naso o il dito mignolo, si bevono l'un l'altro il sangue; poi, sazi, fanno di nuovo l'amore, come possono, e si addormentano per ricominciare quando si svegliano.
Hanno perso il conto dei giorni e delle ore. Non sono belli a vedersi, certo, insanguinati, dilaniati, appiccicosi; ma il loro amore è al di sopra delle convenzioni.
Juan Rodolfo Wilcock - Lo stereoscopio dei solitari
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[...] così lieto di averti vista entrare in me
con quel vapore illuminato intorno, con quel fumo
vibrante che ho sempre immaginato,
di trovarti, ombra del vento,
ad abitarmi un cuore che cercava i tronchi vuoti
e i lampioni rotti a sassate
per nascondersi.
- Juan Rodolfo Wilcock
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Comunque sia questo mondo è per te di Juan Rodolfo Wilcock
Juan Rodolfo Wilcock nacque a Buenos Aires il 17 aprile del 1919 – da padre inglese, Charles Leonard Wilcock, e da Aida Romegialli, argentina, di origine italiana e svizzera – e morì a Lubriano, in provincia di Viterbo, nel 1978.
Comunque sia, questo mondo è per te.Mi sono domandato molte voltea che serviva, e non serviva a niente,ma adesso grazie a te ritorna utile.Fa il conto della merce…
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Every now and then a book thrusts itself into my literary spokes, and I take a dive into one of those rare finds: a book I’ve always been waiting for.
The Temple of the Iconoclasts by Juan Rodolfo Wilcock is such a book. He is a mongrel literary mutt of the highest order, sniffing and rooting through physics, the occult, pyramidology, archaeology, and lexicography, and emerging triumphantly with the tastiest crumbs. These are woven together in fantastic, grotesque hilarotragedies like ‘A Couple of Gay Indians,’ his meta-fictional western novel about two Native Americans serialized in a horse-racing sheet, filled with anthropology, genteel wit, and homosexual pornography.
The Temple of the Iconoclasts is a quirky, erudite collection of short sort-of-true-but-completely-fake biographies of sort-of-fake-but-true eccentrics and fringe scholars. This slim semiotic seductress lures the reader through a labyrinth of fascinating alternate histories and pseudo-science including:
> the inventor of an all-encompassing dictionary of every word in existence but constructed like an adventure novel so it would be more interesting to read;
> a doctor who formed dissolved salt crystals into the shape of animals and healed hemorrhages just by reciting Old Testament verses;
> a man who has lived several lives--not in the past but right now, simultaneously in several bodies;
This collection is hilarious, odd, and profound.
It’s the kind of book lying on a table at the coffee house that will make you look smart but that you might actually enjoy reading.
BUY, BORROW, or BURN?
Buy.
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Approfittiamo che c'è una fontana,
e il silenzio e la notte e i massi neri
e la ripa ch'è nera sul cielo nero
con poche stelle perché è una notte buia
e gli alberi si scuotono nel vento,
pensa che fanno così tutta la notte,
sarebbe strano che tu fossi qui
a ascoltare il rumore di una fontana
nei buio maestoso della montagna,
neanche per sogno verresti quassù,
se non avessi spaventato un falco
penserei che nemmeno io ci sono,
eppure, eppure, anche se non ci sei,
e io non so nemmeno se ci sono,
certo vorrei che fossimo qui
e che il tuo mondo si congiungesse al mio
per quell'unico punto in cui si toccano,
approfittando che c'è una fontana
e il silenzio e la notte e i massi neri
e la ripa ch'è nera sul cielo nero.
Juan Rodolfo Wilcock, Approfittiamo che c’è una fontana (Adelphi)
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Harux y Harix han decidido no levantarse más de la cama: se aman locamente, y no pueden alejarse el uno del otro más de sesenta, setenta centímetros. Así que lo mejor es quedarse en la cama, lejos de los llamados del mundo. Está todavía el teléfono, en la mesa de luz, que a veces suena interrumpiendo sus abrazos: son los parientes que llaman para saber si todo anda bien. Pero también estas llamadas telefónicas familiares se hacen cada vez más raras y lacónicas. Los amantes se levantan solamente para ir al baño, y no siempre; la cama está toda desarreglada, las sábanas gastadas, pero ellos no se dan cuenta, cada uno inmerso en la ola azul de los ojos del otro, sus miembros místicamente entrelazados.
La primera semana se alimentaron de galletitas, de las que se habían provisto abundantemente. Como se terminaron las galletitas, ahora se comen entre ellos. Anestesiados por el deseo, se arrancan grandes pedazos de carne con los dientes, entre dos besos se devoran la nariz o el dedo meñique, se beben el uno al otro la sangre; después, saciados, hacen de nuevo el amor, como pueden, y se duermen para volver a comenzar cuando despiertan. Han perdido la cuenta de los días y de las horas. No son lindos de ver, eso es cierto, ensangrentados, descuartizados, pegajosos; pero su amor está más allá de las convenciones.
Juan Rodolfo Wilcock.
Los amantes.
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L'amore e l'amicizia vanno e vengono; il solo sentimento durevole è l'odio. Se qualcuno ti odia non sei mai solo.
J. R. Wilcock
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17 aprile nasce Juan Rodolfo Wilcock
17 aprile nasce Juan Rodolfo Wilcock
Juan Rodolfo Wilcock nasce a Buenos Aires il 17 aprile del 1919, da padre inglese, Charles Leonard Wilcock, e da Aida Romegialli, argentina, di origine italiana e svizzera.
Compie gli studi regolari e frequenta la facoltà di Ingegneria Civile nell’Università di Buenos Aires.
Nel marzo del 1940, la sua prima raccolta di poesie, Libro de poemas y canciones, ottiene il Premio Martín Fierro dalla…
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Ho ascoltato silenziosamente
i rumori dei rami, le foglie
al sole. Dove sarai,
amore del mio pensiero, senza ricordare
la mia solitudine che si apre tra gli sterpi?
Qui, in mezzo ai cardi viola
e le libellule meravigliose, che altro
può fare un giovane se non amarti
con la faccia immersa tra le madreselve?
Tra questi uccelli indifferenti,
questi alberi così alti, queste nuvole,
amore, che ritorni come le stelle
a un luogo della notte; e così lieto
di averti vista entrare in me
con quel vapore illuminato intorno, con quel fumo
vibrante che ho sempre immaginato,
di trovarti, ombra del vento,
ad abitarmi un cuore che cercava i tronchi vuoti
e i lampioni rotti a sassate
per nascondersi.
Juan Rodolfo Wilcock, Marzo, I, da Poesie, Adelphi, 1980
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Poema de J. R. Wilcock del libro 'Los hermosos días'.
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Harux e Harix hanno deciso di non alzarsi più dal letto: si amano follemente, e non possono allontanarsi l'uno dall'altro più di sessanta, settanta centimetri. Tanto vale allora rimanere a letto, lontano dai richiami del mondo. C'è tuttavia il telefono, sul tavolino da notte, che a volte strilla interrompendo i loro amplessi: sono i parenti che chiamano per sapere se tutto va bene. Ma anche queste telefonate familiari si fanno sempre più rare e laconiche. Gli amanti si alzano soltanto per andare al gabinetto, e non sempre; il letto è ormai tutto disfatto, i lenzuoli stropicciati, ma loro non se ne accorgono, ciascuno immerso nell'onda azzurra degli occhi dell'altro, le loro membra misticamente allacciate.
La prima settimana si sono alimentati di biscotti, ne avevano infatti provviste abbondanti. Finiti i biscotti, ora si mangiano a vicenda. Anestetizzati dal desiderio, si strappano grossi pezzi di carne con i denti, tra due baci si divorano il naso o il dito mignolo, si bevono l'un l'altro il sangue; poi, sazi, fanno di nuovo l'amore, come possono, e si addormentano per ricominciare quando si svegliano.
Hanno perso il conto dei giorni e delle ore. Non sono belli a vedersi, certo, insanguinati, dilaniati, appiccicosi; ma il loro amore è al di sopra delle convenzioni.
J. Rodolfo Wilcock - Lo stereoscopio dei solitari
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Per due motivi noti di carattere biologico (il sesso e la nutrizione) e per diversi motivi meno noti, di carattere tra l’istintivo e il patologico, siamo costretti a sopportare l’esistenza, la vicinanza e perfino il contatto di esseri contrari alla nostra ragione;
questi esseri vengono genericamente chiamati gli altri.
Juan Rodolfo Wilcock
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A mio figlio di Juan Rodolfo Wilcock
Juan Rodolfo Wilcock nacque a Buenos Aires il 17 aprile del 1919 – da padre inglese, Charles Leonard Wilcock, e da Aida Romegialli, argentina, di origine italiana e svizzera – e morì a Lubriano, in provincia di Viterbo, nel 1978.
Abbi fiducia nella vita
e non nelle ideologie;
non ascoltare i missionari
di quest’illusione o quell’altra.
.
Ricorda che c’è una sola cosa
affermativa,…
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da Poesie di Juan Rodolfo Wilcock
Consiglio
Ripudiamo la facilità
come si allontana un serpente;
la facilità dissolvente quasi-verità.
Del pensiero troppo ordinato
scoraggiamo la seduzione;
negli eccessi dell’argomentazione
non sperperiamo il nostro legato.
Cerchiamo soltanto di stessere
dal tessuto di ogni ora
ciò che ci nutre, ciò che c’incuora,
l’universalità dell’essere.
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Comunque questo mondo è per te
Comunque questo mondo è per te
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Comunque sia, questo mondo è per te.
Mi sono domandato molte volte
a che serviva, e non serviva a niente,
ma adesso grazie a te ritorna utile.
Fa il conto della merce abbandonata
da Dio e prendila, l’hanno fatta per te
millenni di uomini che non ti conoscevano
ma che cercavano di prefigurare
in templi e tombe di roccia e biblioteche
uno stupore come quello che effondi
quando sorridi e fai fermare il tempo
e tutti ammutoliscono rapiti
e ti alzi e dici, «io me ne vado a letto».
Dormi, al risveglio sarà lì il tuo retaggio:
una città che fu famosa assai,
un fiume sporco cantato dai poeti,
il cinema dove hanno ucciso Giulio Cesare;
e intorno valli, montagne, mari, oceani,
e capitali, e continenti e selve,
e piramidi, e versi, e adoratori
della tua forma esterna o quella interna
e in alto il cielo e il sole e le stelle e la luna
e sulla terra le bestie ubbidienti
a te che infine vieni a giustificare
la loro straordinaria varietà.
È tutto tuo e non finisce mai.
Juan Rodolfo Wilcock
dipinto di Amos Cassioli
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Un giorno la popolazione scemerà, le bombe scoppieranno o non scoppieranno, qualche sorta di Dio rinascerà, e avrà inizio un altro ciclo; col quale Dante forse non avrà nulla a che fare. Può darsi che sia stato il punto più alto di qualcosa che si chiamò poesia, in un ciclo ormai chiuso. Ma chiuso già ai tempi di Mallarmé e di Lewis Carroll: che non si illudano nemmeno i più pieni di buona volontà come Montale o T.S. Eliot di averne sfiorato i confini. Né gli altri che per bontà contribuirono a far credere ai giovani che il ciclo era ancora aperto.
Vorrei però che tutto questo fosse un’ipotesi sbagliata (non si può essere pessimisti e desiderare inoltre di aver ragione).
Juan Rodolfo Wilcock, Il reato di scrivere, Adelphi, Milano, 2009, p. 46-47
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