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#Renato Curcio
discursci · 1 year
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lamilanomagazine · 2 months
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Sicilia, crisi idrica, Schifani sente Musumeci: «Massima collaborazione tra Regione e Stato»
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Sicilia, crisi idrica, Schifani sente Musumeci: «Massima collaborazione tra Regione e Stato» Proseguono le interlocuzioni tra la Protezione civile regionale e quella nazionale per la dichiarazione dello stato di emergenza in Sicilia per la grave crisi idrica. Il capo del dipartimento Fabrizio Curcio ha già riscontrato la richiesta avanzata qualche giorno fa dal governo Schifani. Sulla scorta di precedenti che hanno visto coinvolte altre Regioni, la Protezione civile nazionale ha già indicato gli interventi immediatamente finanziabili per far fronte al contesto emergenziale estivo: si va dai piani di distribuzione con le autobotti ai serbatoi e accumuli temporanei, dagli impianti di pompaggio supplementari alla rigenerazione di pozzi o alla realizzazione di nuovi pozzi e sorgenti, dai by-pass e dalle interconnessioni tra le reti idriche esistenti alla risagomatura degli alvei per convogliare l'acqua verso le prese, oltre agli impianti temporanei per il trattamento e il recupero. A tal fine è stata chiesta una documentazione integrativa e convocata un'apposita riunione tecnica tra gli uffici romani e palermitani che si terrà giovedì mattina in videoconferenza. Oltre che sul piano tecnico, le interlocuzioni sono state avviate anche su quello politico. Il presidente della Regione, Renato Schifani, ha telefonato stamattina al ministro della Protezione civile Nello Musumeci, «nell'ottica della massima collaborazione istituzionale tra Regione e Palazzo Chigi».... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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unita2org · 7 months
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SIETE SICURI CHE ISRAELE NON SIA UNO STATO ETNO-TEOCRATICO E TERRORISTA? (terza e ultima parte)
di Redazione Giugno 1973, il dirigente dell’Alfa di Arese, Michele Mincuzzi, venne “processato” dalle BR e rilasciato con un cartello, fatto da Mario Morettti, recante una stella di Davide. Un chiaro messaggio per il Mossad israeliano su chi stava prendendo il potere nelle Brigate Rosse. Infatti 15 mesi dopo vengono arrestati Alberto Franceschini e Renato Curcio – i capi storici e non sanguinari…
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isoleminori · 7 months
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Asinara, Marco Delogu, 2017
Foto tratta dal suo libro "Asinara": "Ho scelto di lavorare sull’Asinara per via della sua storia e della sua geografia. Da bambino l’isola mi veniva narrata come una specie di inferno, e da ragazzo mi colpivano i racconti di un amico di famiglia, avvocato, che difendeva Renato Curcio e Raffaele Cutolo e andava a incontrarli sull’isola. Più tardi, a partire dal 1997, lavorando al carcere di Rebibbia per i ritratti di Cattività, avevo incontrato una serie di detenuti che erano stati all’Asinara, e dalle loro voci avevo ascoltato la storia delle rivolte di Fornelli. Non sono andato in Sardegna per moltissimi anni e per il mio “ritorno” fotografico ho scelto un’isola che non conoscevo, così piena di ricordi dolorosi a contrasto con il grandissimo senso di bellezza e libertà che ora si prova." https://lnx.marcodelogu.com/portfolio/asinara-book/ https://www.ilpost.it/2018/01/29/foto-asinara-sfocata-delogu/
#asinara #marcodelogu #asinaraisland #asinaranationalpark #isoleminori #isoleitaliane #mare #isole #island #sea #isola #mediterraneo #photography #blackandwhite #bn #vintagephoto #vintagephotography #oldphoto #foundphoto #lostmemories #antiquephoto #oldphotos #oldphotograph #isoleminorifoto @marcodeloguselis
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[in progress] Renato Nicolini, Estate romana
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Per capire la portata dell’Estate Romana bisogna contestualizzare e capire che città fosse la Roma di Nicolini. Era, in primis, una città in cui il centro era vissuto in maniera tangenziale dai cittadini, relegato più a luogo di lavoro che a una parte della città da vivere a pieno, soprattutto per gli abitanti delle borgate. In secondo luogo era una città poco sicura, nel pieno degli anni di piombo, proprio in quell’anno veniva arrestato per la seconda volta il brigatista Renato Curcio e, solo due anni dopo, sarebbe stato sequestrato Aldo Moro. Anche a causa di questo la vita culturale della città era molto scarsa e soprattutto divisa per fasce, ad una situazione culturale molto elitaria il ceto meno abbiente rispondeva con la stagione delle cantine e dei cineclub, un circuito sotterraneo di diffusione della cultura.
Non è il luogo che fa l’evento ma sono le persone che lo frequentano a dargli uno scopo, l’utopia della modificazione della città si realizza attraverso il non costruito, il non pianificato, e apre la stagione dell’effimero, che durerà per tutta la permanenza di Nicolini all’assessorato. Nonostante lo stesso Nicolini non apprezzasse questa terminologia, ma preferisse parlare di Meraviglioso urbano, il dibattito intorno all’Estate Romana si mosse intorno a due poli che discutevano dell’utilità o meno di una politica effimera.
Perchè costruire con i mattoni indirizza un’esperienza, e l’innovazione portata da Nicolini è stata la comprensione di questo processo e la volontà di lasciare che questa esperienza fosse governata da una struttura immateriale, sostanzialmente dal convergere insieme di una comunità in un determinato luogo, aprendo a delle possibiltà anche differenti da quelle che offre la pianificazione urbana tradizionale. Nella Roma di Nicolini l’effimero era un ventaglio di opportunità, la parte di un’utopia che temporaneamente può essere messa in atto.
Oggi che Nicolini è stato mitizzato e in tanti, un po’ ovunque, si proclamano indebitamente custodi della sua eredità, è necessario ricordare che l’Estate Romana non fu solo uno schermo cinematografico tra i monumenti bensì un vero e proprio manifesto urbanistico, culturale e, perché no, architettonico. Nulla a che vedere insomma con un banale concerto ai Fori Imperiali o le orribili bancarelle sulle rive del Tevere né tantomeno le recenti porcherie rock sul Palatino. Cercando di non cadere nelle insidie agiografiche indotte dalla desolante contemporaneità dobbiamo dunque sottolineare che la grandezza di quella stagione fu ben altra dalla movida di oggi e le differenze sono chiare se analizziamo le edizioni successive.
Archivio Luce
1976: A Roma fu eletto sindaco lo storico dell'Arte Giulio Carlo Argan, che tre anni più tardi lascerà il posto a Luigi Petroselli. Ma chi cambiò veramente il volto della città fu un giovane architetto che venne nominato assessore alla cultura, Renato Nicolini, del quale ricorrono in questi giorni i dieci anni della scomparsa.
Fino a quel momento per chi, per diverse ragioni, era costretto a restare in città, luglio e agosto erano mesi in cui non c'era nulla da fare: cinema e teatri chiudevano, concerti non ce n'erano tanti e comunque non alla portata di tutti. Nasce da questi presupposti l'Estate romana che dal 1977 caratterizzerà i mesi estivi dei romani: musica, cinema, avanguardie. E poi periferie dove finalmente si inizia a fruire la cultura.
Rai post-pandemic video on 1977 Estate Romana
Estate romana Wikipedia
l'intento di indurre i cittadini romani a usufruire degli spazi pubblici della metropoli in risposta all'emarginazione delle periferie prendendo spunto dall'enorme domanda di convivialità e richiesta di cultura, dai “nuovi bisogni” provenienti dal basso
In molti quartieri della città venivano organizzati autonomamente eventi del genere che raccoglievano una grande adesione popolare. L'estate romana ruppe il diaframma dei ghetti urbani aprendo il centro storico della città alle periferie. La politica culturale promossa da Nicolini andava in controtendenza con una storica abitudine italiana di forte accentramento della cultura e di divisione classista dell'accesso al sapere
musica pop e avanguardia, balletto, teatro di strada, maratone cinematografiche di film popolari e d'autore, giocando sulla contaminazione delle pratiche di "cultura alta" e "cultura bassa"
alle rassegne dell'Estate Romana partecipa una varietà di platee di diverse estrazioni sociali, dagli intellettuali agli studenti, dagli abitanti del centro storico alle masse popolari della periferia cittadina
La manifestazione fa il suo esordio con alcuni spettacoli cinematografici presso la Basilica di Massenzio organizzati dal comune in collaborazione con alcuni cineclub della capitale. Lo schermo di Massenzio si accende il 25 agosto 1977 con la proiezione del film Senso di Luchino Visconti, di fronte ad alcune centinaia di spettatori. Nei giorni successivi l'affluenza cresce vertiginosamente: la proiezione su quattro schermi in simultanea e le prime maratone di film portano a Massenzio migliaia di spettatori entusiasti.
La risposta formulata da Nicolini e dai suoi collaboratori all'avvenuta impossibilità di riduzione a schemi organici del sistema sociale intende proporre a un'aggregazione massificata e trasversale grandi eventi culturali privati della tradizionale "aura" che in passato contraddistingueva le espressioni della cultura alta. Il profilo all'apparenza "leggero" delle manifestazioni romane contiene in sé la ricerca di una dimensione politica alternativa in grado di conseguire "non tanto la prefigurazione di un avvenire ipotetico possibile, la formulazione di modelli di società virtuosa, ma la capacità di scegliere quegli elementi che sono in grado di produrre movimento, di formulare nuove ipotesi, di rinnovare la cultura e la politica stessa" (Renato Nicolini, intervento alla tavola rotonda L'effimero e la cultura di massa, 1982).
A questo bisogno di cultura si sovrappone un corrispondente desiderio di socializzazione; da parte di larghe fasce di pubblico, in particolar modo giovanile, emerge la forte esigenza di recuperare il piacere dell'aggregazione di massa. Una voglia di socialità messa in discussione dall'assenza di offerte culturali di massa, di luoghi di ritrovo nei quali la cultura sia anche partecipata, da una visione “lavorista” della vita che non concede spazio a momenti ludici o ritiene dispersiva la fruizione di cultura. Inoltre, dall'Estate Romana viene a galla la richiesta da parte di larghi strati metropolitani di poter fruire di spettacoli culturali non rigidamente sottoposti ai dettami del consumo commerciale.
Massenzio Wikipedia
Massenzio Architectuul
film screenings in the area around Domus Aurea
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Renato Nicolini Wikipedia
Renato Nicolini Architectuul
Renato Nicolini Archinform
Book: Federica Fava: Estate romana. Tempi e pratiche della città effimera
Il meraviglioso urbano. L’Estate romana di Renato Nicolini
Dalla rassegna Cinema epico alla Basilica di Massenzio che, trasformando la sede estiva dei concerti dell’Accademia di Santa Cecilia – con le parole di Nicolini: “Luogo d’élite, riservato ai colti e dunque ai pochi” – in luogo per il cinema popolare, innesca l’incontro tra i pochi e i molti, all’ultima estate (1985) mirata alla riscoperta del paesaggio metafisico dell’Eur, passando per le visioni di Massenzioland, con uno straordinario Circo Massimo trasformato in città del cinema con proiezioni dal tramonto all’alba, e Parco Centrale, edizione “distribuita” su quattro location, ai limiti della scena urbana conosciuta. Il Mattatoio abbandonato a Testaccio, via Sabotino a Prati, il Parco della Caffarella e Villa Torlonia (ancora tutta da riconquistare) diventano i luoghi del teatro, della musica, della danza e del video, con allestimenti affidati a Franco Purini e Laura Thermes. Tra questi il Teatrino scientifico dedicato agli spettacoli teatrali e costruito su uno spazio liberato dalla demolizione di alcune case popolari e protetto dalla mobilitazione dei comitati di quartiere, esemplifica bene come questa città dell’effimero sia pensata come uno strumento di gestione pacifica del conflitto urbano, capace di costruire, attraverso l’arte e la cultura, luoghi di incontro piuttosto che di scontro. Il teatrino è infatti un dispositivo relazionale: uno spazio in cui il pubblico circondando la scena, vi entra dentro, diventa protagonista, si guarda.
random article
L’idea che un ‘borgataro’ – uno dei tanti cittadini romani residenti nelle borgate, aree urbane periferiche, satellite alla città stessa – potesse scoprire la maestosità del soffitto a lacunari di Massenzio, deve fornirci, con un po’ di immaginazione, l’iter interpretativo della portata epocale di quell’evento.
Book: Marco Testoni: Renato Nicolini -- La gioiosa anomalia
Nicolini e l’Estate romana delle contaminazioni
Invece che far prevalere la logica della paura, e cedere al rischio concreto di una militarizzazione della società, come egli stesso disse, si volle proporre un’estensione del diritto di cittadinanza, dicendo a ogni romano – per usare le sue semplici parole – «la città è tua, la puoi vivere in modo divertente, piacevole, non devi testimoniare nulla, non devi essere impegnato»: ne sei comunque di diritto cittadino.
right to the city
Le polemiche sulla politica culturale di Nicolini non si placarono, e nel 1981 si aprì un dibattitto, soprattutto da parte socialista, che contrapponeva il suo “effimero” – quelle iniziative immateriali che non lasciavano nulla se non un ricordo nella memoria dei partecipanti, secondo i detrattori – e il “permanente”: gli interventi strutturali di cui la città aveva bisogno (e che in verità, proprio quelle giunte avevano avviato con importanti risultati). Dopo la fine del suo assessorato, l’Estate romana venne dunque alquanto ridimensionata e, rispetto alle idealità che avevano animato quelle giunte, assai snaturata.
Quando Roma smette di meravigliare. Sulle (dis)ragioni della giunta cinquestelle di mettere fine all’Estate romana di Ottavia Nicolini
Tre sono stati, a mio giudizio, gli elementi decisivi che, cristallizzandosi tra di loro, hanno dato vita a quell’esperienza generazionale unica e irripetibile dell’Estate romana dal 1976 al 1985:
a) il suo carattere di novità
Con la rassegna cinematografica Cinema epico, svoltasi dal 25 Agosto al 18 Settembre 1977 “un luogo considerato di élite, riservato ai colti e dunque ai pochi” viene aperto, per la prima volta, a un pubblico più ampio che, attratto da un’offerta culturale variegata, entra, spesso per la prima volta, proprio nel suo centro storico, instaurando così un forte legame di appartenenza con la città e la comunità dei suoi abitanti. Il primo segreto dell’Estate romana ha poggiato dunque in prima istanza sulla possibilità di questo incontro inedito tra classi sociali diverse, in cui i gusti culturali invece di creare barriere hanno fatto da apripista, invitando le persone a interagire gli uni con gli altri invece che circoscrivere ognuno nel suo recinto abitativo e culturale. Quel mix sapientemente dosato di “cultura alta” e “cultura bassa” è riuscito a gettare un ponte tra immaginari sconosciuti, portando la periferia in centro e il centro in periferia. Anzi, direi di più, dissolvendo in qualche modo, anche se solo per una sera, la distinzione tra centro e periferia.
b) l’energia immaginativa che ha saputo sprigionare
Attraverso la proiezione notturna sul grande schermo resa possibile da allestimenti effimeri in luoghi inusuali della città si è andati a lavorare proprio sull’immaginario, evocando sogni e desideri nascosti in ognuna e ognuno di noi. Rivivere la grande città di notte, d’estate, in un tempo diverso da quello della routine quotidiana apre di per sé lo spazio urbano alla meraviglia, allo stupore di fronte all’inconsueto, all’altro da noi, a ciò che non si è ancora mai visto. Vedere al Colosseo su tre schermi costruiti appositamente il Napoleon di Abel Gance, un film muto della durata di 4 ore, accompagnato dall’Orchestra dell’Opera di Roma sotto una pioggerellina leggera è sicuramente un’esperienza rarefatta, al limite tra la realtà e l’immaginazione. E proprio questo senso di meraviglia che la comunità urbana può evocare è alla base di quell’esperienza del “meraviglioso urbano” con cui mio padre amava descrivere quell’incontro inaspettato tra la città, i suoi luoghi e i suoi abitanti che è anche un incontro/scontro di sogni, aspettative, progetti, opinioni e punti di vista che rendono viva la comunità urbana.
 visioni urbanistiche capaci di modificare poi di fatto non solo l’immaginario personale di ognuna e ognuno di noi ma anche la composizione urbana della città stessa. Ricordiamo infatti che dopo il successo di Massenzio al Colosseo è stata pedonalizzata l’area accanto al Colosseo, togliendolo alla sua funzione di rotatoria spartitraffico così come in seguito alla creazione di parco Centrale a via Sabotino è stata impedita l’ennesima speculazione edilizia per destinare l’area a parco pubblico.
c) quella che si potrebbe definire come la creazione di una cittadinanza pubblica felice
l’attivazione di una esperienza culturale di felicità pubblica che è stata in grado di creare una comunità di cittadine e cittadini innamorati della propria città, andando oltre il concetto di mera cittadinanza. L’esperienza dell’Estate romana è diventata un’esperienza generazionale proprio perché ha permesso di sperimentare insieme una forma di “felicità pubblica”, di “appartenenza gioiosa” alla città di Roma nel suo complesso
Una sera d’estate, una sera di gioia, una sera in fondo dove tutto è possibile e in cui si guarda avanti, fiduciosi in un futuro prossimo che ancora non è arrivato ma che arriverà.
editions, locations
1977-78 quasi esclusivamente cinema, Basilica del Massenzio
1979 Parco Centrale -- Città della Musica all’ex Mattatoio, Città della Danza alla Caffarella, Cittá della Tv a Villa Torlonia, Teatro Scientifico di via Sabotino Festival Internazionale dei Poeti, Castel Porziano
1980 schermo nell'area archeologica -- Fori Imperiali, Colosseo, via della Consolazione fuori le macchine Ugo Colombari e Giuseppe De Boni da allora in avanti diventeranno gli “architetti dell’Estate Romana”
1981 schermo nel Colosseo Anfiteatro Flavio fuori le macchine
1982-84 Circo Massimo le splendide mostre al Palazzo delle Esposizioni con i suggestivi allestimenti di Maurizio di Puolo prima e Costantino Dardi poi
31 dicembre 1982 capodanno galleria di via del Tritone
1985 Attraverso il più maturo, e per certi versi più suggestivo, allestimento di Colombari e De Boni la prospettiva dechirichiana di via della Civiltà e del Lavoro venne negata dallo schermo che occludeva completamente la strada creando una nuova, straniante, chiave di lettura per quei luoghi.
la mostra Avanguardia-Transavanguardia curata da Achille Bonito Oliva
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[1] Luca Bergamo, Perchè siamo oltre l’Estate romana, La Repubblica 23/06/2020 leggibile online al seguente indirizzo: https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2020/06/23/il-nostro-obiettivo-oltre-leredita-dellestate-romanaRoma11.html
[2] Rimando per questo gioco di parole a Christian Raimo e all’articolo di Cecilia Gentile, Le polemiche sull’estate romana. Raimo:“scelte elitarie, periferie sole, roma grama! Pubblicato su La Repubblica il 22/06/2020 leggibile online al seguente indirizzo: https://roma.repubblica.it/cronaca/2020/06/22/news/la_polemica_sull_estate_romana_raimo_scelte_elitarie_periferie_sole_roma_grama_-259861196/
[3] Qui rimando al libro di Renato Nicolini, Estate romana. 1976-1985: un effimero lungo nove anni, Città del Sole, Cosenza, 2011.
[4] E qui basta riferirsi al fatto che Jack Lang, Ministro sotto Mitterand colpito dall’Estati romane nicoliniani, assegnò a mio padre il titolo di Chevalier de l’Ordre des Arts et des Lettres oltre che a dichiarare in più occasioni di essersi ispirato a Nicolini durante la sua mministrazione in particolare per la creazione della Fete de la Musique a Parigi.
[5] Espressione utlizzata da Filippo Celata in un articolo che sarà pubblicato sul numero 5/2020 di Micromega in edicola a partire dal 23 luglio.
[6] http://www.archiviocapitolino.it/eventi.php?page=4&eid=43
[7] Per avere una breve panoramica degli studi più recenti faccio riferimento ai seguenti testi: A.A.V.V. Massenzio ’77-’79. Tendenze urbane. Il programma completo della manifestazione, Castelvecchi, Roma 1997; A.A.V.V. Sentieri Selvaggi Magazine, Il desiderio di essere inutile. Renato Nicolini, l’intellettuale 2.0, Magazine n.3 settembre/ottobre 2012; Federica Fava in Federica Fava, L’Estate romana. Tempi e pratiche della città effimera, Quodlibet, Macerata, 2017; Guido Panvini et Ottavia Nicolini, ˂LL’Estate romana contro il terrorismo˃, Laboratoire Italien, 22, 2019 leggibile online al seguente indirizzo:  https://journals.openedition.org/laboratoireitalien/2721;  Camilla De Boni, Massenzio 1977-1985. Mito e poetica del meraviglioso Urbano, tesi di Dottorato in Paesaggi della città contemporanea, Università degli Studi di Roma Tre, Dipartimento di Architettura, A.A: 2018-19 di prossima pubblicazione presso la casa editrice Libria di Melfi.
[8] Maurizio Caprara, Coronavirus a Roma, da Nicolini un esempio per salvare la cultura publicato su Il Corriere della Sera, 24/04/2020 e leggibile al seguente indirizzo: https://roma.corriere.it/notizie/cronaca/20_aprile_24/modelloper-salvare-cultura-9852c4fe-857b-11ea-b71d-7609e1287c32.shtml?refresh_ce-cp
[9] Come ricorda Federica Fava in Federica Fava, L’Estate romana. Tempi e pratiche della città effimera, Quodlibet, Macerata, 2017, p.53
[10] “[…] Massenzio, come luogo dei concerti estivi dell’Accademia di Santa Cecilia, era invece un luogo considerato di élite, riservato ai colti e dunque ai pochi. Molti allora vi entrarono per la prima volta”, Renato Nicolini, L’architettura dell’immateriale, in Massenzio ’77-’79. Tendenze urbane. Il programma completo della manifestazione, Castelvecchi, Roma 1977, pp. 26-27
[11] L’espressione meraviglioso urbano è stata coniata proprio da mio padre per descrivere la sua Estate romana. Per saperne di più rimando al suo articolo Il meraviglioso urbano, pubblciato in L’effimero teatrale, alla puntata televisiva condotta da Gianni Minoli di La Storia siamo noi. Massenzio: meraviglioso urbano visibile a questo link: http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/video/massenzio/1158/default.aspx
[12] Jack Lang, Prefazione,  in Renato Nicolini, Estate romana. 1976-1985: un effimero lungo nove anni, Città del Sole, Reggio Calabria, 2011, p.16
[13] Roma.fanpage.it/il-significato-della-canzone-che-lucio-dalla-ha-dedicato-a-roma-la-sera-dei-miracoli/
[14] Per chi volesse approfondire il periodo dell’Estate romana rimando alla prossima iniziativa che si terrà a Casetta Rossa il 10/07/2020 dove nel coros della serata verrà proiettato il documentario „Ciao Renato!“ di Cristina Torelli, Paolo Luciani e Roberto Torelli a cui seguirà una tavola rotonda dedicata a Renato Nicolini e alla sua visione rivoluzionaria di città. Per maggiori informazioni rimando al seguente indirizzo: https://roma.repubblica.it/cronaca/2020/06/27/news/roma_un_mese_tra_incontri_musica_e_cucina_a_casetta_rossa_inizia_l_altra_estate-260381259/ https://www.quodlibet.it/recensione/2817
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organisationskoval · 2 years
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28) Jeune Europe, Young Europe („Młoda Europa”) - ruch                   euro-nacjonalistyczny utworzonym przez Jeana Thiriarta w Belgii. Emile Lecerf, późniejszy redaktor magazynu Nouvel Europe, był jednym ze współpracowników Thiriarta. Po wojnie o niepodległość w Algierii, Thiriart postanowił spojrzeć na bardziej ogólnoeuropejską wizję i w rezultacie założył Jeune Europe, wzywając do zjednoczenia Europy, która nie byłaby „ani Moskwą, ani Waszyngtonem”, ale raczej trzecim supermocarstwem, aby jednostka stany mogą przestać być uciskane w czasie zimnej wojny. Jeune Europe szybko zyskała na znaczeniu, otwierając główne oddziały we Francji, Włoszech i Hiszpanii, a także mniejsze grupy w dziewięciu innych krajach. Największą popularnością cieszyła się wśród studentów, chociaż przyciągnęła szerszą uwagę po części ze względu na siłę osobowości Thiriarta i jego niezwykle synkretyczne przesłanie. Uczestniczyli także w konferencji w Wenecji w 1962 r., gdzie zgodzili się uczestniczyć w National Party of Europe wraz z Union Movement Oswalda Mosleya, Otto Strasserem i innymi. Jeune Europe jako ruch, a Thiriart w szczególności przewidział przyszłe zbliżenie ze Związkiem Radzieckim i szukał zbliżenia z maoistowskimi Chinami w celu wypędzenia Amerykanów z Europy. Chociaż Thiriart publicznie wyparł się faszyzmu i napiętnował nazizm jako przestarzały, ruchowi wciąż oskarżano o faszystowskie podstawy, choćby poprzez przyjęcie krzyża celtyckiego, symbolu powszechnie używanego w neofaszyzmie, jako symbolu lub reklamy działalności przywódcy neonazistowskiego Hansa-Ulricha Rudela w swoim tytułowym tygodniku. Grupa utrzymywała także powiązania z siecią byłych oficerów SS, organizowaną za pośrednictwem pisma Nation Europa. Jednak flirt Thiriarta z Chinami i Związkiem Radzieckim zraził do siebie niektórych szeregowych członków, którym nie można było wyzbyć się powiązań z faszyzmem, a kiedy zaczął podążać bardziej narodową ścieżką komunistyczną i szukać kontaktu z Nicolae Ceauşescu, członkostwo upadło. Inni członkowie poszli w innym kierunku: w szczególności Renato Curcio, wczesny członek Giovane Europa (jak nazywano tę grupę we Włoszech), który ostatecznie przeszedł na komunistyczne Czerwone Brygady. Jeune Europe próbuje znaleźć sojuszników wśród „ludów uciskanych przez imperializm Stanów Zjednoczonych”. Ruch wyraźnie popiera sprawę palestyńską, a nawet Wietnam Północny. Jeden z jej członków, Roger Coudroy, który zaciągnął się do palestyńskiego ruchu oporu, był pierwszym Europejczykiem, który zginął w walce między tym ostatnim a armią izraelską. W 1964 r. ruch wziął udział w wyborach samorządowych Brukseli. Został rozwiązany w 1969 r.
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noteverticali · 2 years
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Esterno Notte: Marco Bellocchio e il caso Moro, tra onirico e reale
Esterno Notte: Marco Bellocchio e il caso Moro, tra onirico e reale
“Il più alto atto di umanità possibile in una società divisa in classi“. Era stato questo, secondo la farneticante rivendicazione dei brigatisti Renato Curcio e Alberto Franceschini rinchiusi in gabbia a Torino, l’epilogo tragico del sequestro di Aldo Moro. I 55 giorni della vicenda più inquietante degli anni di piombo, destinata a segnare per sempre la storia politica italiana, rivivono ancora…
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gregor-samsung · 3 years
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“ L'agguato [del 16/XI/1977] contro il vicedirettore della Stampa, Carlo Casalegno, apre uno squarcio. L'opinione pubblica percepisce allora, per la prima volta, che gli operai non scioperano volentieri per questi attentati. «Se gli hanno sparato una ragione ci sarà, a noi operai non spara nessuno», sono gli sfoghi raccolti ai cancelli di Mirafiori. Non sono tanto parole di filobrigatisti: denunciano, piuttosto, l'indifferenza di chi deve fare i conti coi problemi dello stipendio magro e dell'inflazione in salita e non si cura dei giochi di potere che grondano sangue. A distanza di anni i sindacalisti di mestiere confideranno addirittura che lo sciopero in fabbrica per Casalegno fu tra i meglio riusciti: era la prima volta che si notava una discreta reazione, che non si avvertiva una simpatia nascosta dietro il sorrisetto ironico. Ha raccontato un lavoratore Fiat a Stefano Bonilli del Manifesto: «Parliamo delle reazioni che noi delegati coglievamo nei reparti quando sparavano a un capo. Agli operai non dispiaceva. Le Br venivano viste come giustizieri e, poi, dopo lo sparo vedevi che i capi erano più gentili, più morbidi e allora l'operaio non poteva non pensare che quelle pallottole qualche risultato lo avevano pure ottenuto. Questo clima si è spezzato con la morte di Casalegno. Se proviamo a storicizzare, se torniamo a sfogliare i taccuini di quegli anni, scopriamo l'errore tremendo, d'ipocrisia o di paura, che il sindacato commette. E lo sconta nelle grandi fabbriche, dalla Sit-Siemens alla Fiat, dall'Alfa alla Magneti Marelli, dall'Ansaldo all'Italsider. Quella violenza solletica il consenso delle "avanguardie di lotta", come si chiamavano allora, che mal si adattano alle scelte ragionevoli e responsabili del sindacato. Le indagini sui gruppi armati dimostrano che fin dal 1972-73 Renato Curcio e gli altri protobrigatisti scelgono di puntare su Torino, sulla Fiat, per dare un nucleo operaio e operaista alle nascenti formazioni clandestine. È l'epoca in cui, all'interno delle Br, convivono due anime: quelli che mirano a colpire le persone, gli uomini-simbolo del potere padronale e politico; quelli che preferiscono appiccare incendi. E quando, aprile '76, fanno esplodere l'officina 81 di Mirafiori con cinque bombe al fosforo, l'anonimo brigatista telefonerà all'Ansa: «Qui Brigate rosse, abbiamo colpito un po' di profitto della multinazionale di Agnelli. Seguirà volantino». Il sindacato ufficiale reagisce con comunicati colmi di sdegno e con qualche sciopero di scarso successo. Viene esaltato il coraggio di quegli operai che sono corsi a spegnere le fiamme. Con la retorica del passato si ricorda che già nei mesi della repubblica di Salò i lavoratori avevano dovuto difendere gli impianti. Per il resto non si va oltre qualche analisi di buone intenzioni. «L'azione di quei gruppi che predicano e attuano la violenza rientra in una logica nemica del sindacato», dichiara il segretario della camera del lavoro milanese, Lucio De Carlini. E Antonio Zilli, un sindacalista di Torino che conosce bene i sotterranei di Mirafiori, lancia un'ipotesi che non farà molta strada: «Il sindacato deve pensare a creare una sua capacità autonoma di controllo in fabbrica per impedire il ripetersi di simili provocazioni». Basta andare ai cancelli dell'Alfa Romeo per intuire quel che ribolle sotto la crosta. Violenza? Risponde un giovanottone, baffi alla Stalin e distintivo di Lenin sul maglione giallo, che parla tranquillamente in mezzo a un crocchio di operai: «Qui non possiamo far finta di dimenticarci la violenza che fa la direzione dell'azienda, quando spedisce agli operai lettere di trasferimento e gliele manda a casa perché le vedano anche le mogli e scoppino liti in famiglia». E poi: «Non è vero che la violenza sia nera e basta, bisogna capire quando serve l'uso politico della violenza. Nel '69 picchiare un dirigente era un fatto folcloristico. Chi lo fa adesso si muove secondo una scelta politica precisa». E un altro operaio: «I dirigenti sindacali hanno sbagliato a non affrontare in modo dialettico il problema della violenza. Non si può dire 'sono provocatori' e accontentarsi della scomunica. Per esempio: quando rapirono Mincuzzi molti operai dicevano che le Brigate rosse avevano fatto bene: era lui che aveva tagliato i tempi per farli lavorare di più». Ci fu chi appese in fabbrica la foto dell'ingegner Mincuzzi pubblicata dai giornali: faccia spaventata, pistola alla tempia, il drappo delle Brigate rosse con la scritta: «Mincuzzi Michele, dirigente fascista dell'Alfa Romeo, processato dalle Brigate rosse. Niente resterà impunito; colpiscine uno per educarne cento; tutto il potere al popolo armato; per il comunismo». “
Walter Tobagi, Che cosa contano i sindacati. Costituiscono il nuovo potere: quali sono i loro problemi e le loro debolezze?, Rizzoli, giugno 1980¹ (postumo); pp. 143-45.
NOTA: Questo testo fu pubblicato poche settimane dopo l’uccisione di Walter Tobagi, avvenuta a Milano la sera del 28 maggio 1980.
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Aldo Bonasia, Arresto di Renato Curcio, 1975
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aforismidiunpazzo · 3 years
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Accadde Oggi: 8 Settembre 1974
Renato Curcio e Alberto Franceschini delle Brigate Rosse vengono arrestati a Pinerolo.
Continua su Aforismi di un pazzo.
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mayolfederico · 4 years
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ventitré settembre
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Giuseppe Bazzani, Sant’Antonio da Padova con il Bambino Gesù, 1740-1750
  Autobiografia
Quando, raramente, parlava di se stessa, mia madre raccontava: Lamia vita è stata triste e calma, sempre in punta di piedi camminavo. Ma quando mi arrabbiavo e pestavo un po’ i piedi, le tazze della mamma sulla credenza si mettevano a tintinnare e io dovevo sorridere.
Raccontava che al momento…
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lamilanomagazine · 3 months
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Alessandria: notificato l’avviso della conclusione delle indagini preliminari per l’omicidio dell’Appuntato dei Carabinieri D’Alfonso Giovanni.
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Alessandria: notificato l’avviso della conclusione delle indagini preliminari per l’omicidio dell’Appuntato dei Carabinieri D’Alfonso Giovanni. Nella mattinata di ieri è stato notificato l’avviso della conclusione delle indagini preliminari ex art. 415 bis c.p.p. ad Azzolini Lauro, Curcio Renato, Moretti Mario Marcello Massimo Maurizio e Zuffada Pierluigi Severino indagati nel procedimento penale riguardante l’omicidio dell’Appuntato dei Carabinieri D’Alfonso Giovanni, avvenuto il 5.06.1975 nei pressi della Cascina Spiotta in località Arzello di Melazzo (AL). Le indagini condotte dai Carabinieri del ROS si sono concentrate sui responsabili del sequestro dell’imprenditore Vittorio Vallarino Gancia avvenuto il 4.06.1975 ad opera di appartenenti alle Brigate Rosse e del successivo scontro a fuoco nel quale, oltre al militare, perse la vita Margherita “Mara” Cagol e vennero gravemente feriti il Tenente Umberto Rocca ed il Maresciallo dei Carabinieri Rosario Cattafi. Dopo il conflitto a fuoco uno dei sequestratori, riuscì ad allontanarsi ed ogni tentativo di identificarlo è stato finora vano. Il procedimento si trova al termine della fase delle indagini preliminari e gli indagati sono ritenuti non colpevoli fino alla sentenza o decreto penale di condanna irrevocabili.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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inarteziogio · 4 years
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isoleminori · 1 year
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Asinara, Piero De Marchis, 1977 Ergastolano si copre il viso, davanti alla porta della sua cella. Piero De Marchis, fotoreporter di Stampa Sera ottenne insieme al giornalista Mario Barona un permesso speciale per visitare il supercarcere nel Settembre del '77. Il carcere di massima sicurezza dell'Asinara era al centro dell'attenzione a causa della detenzione di vari brigatisti tra cui Renato Curcio. #asinara #pierodemarchis #asinaraisland #asinaranationalpark #isoleminori #isoleitaliane #mare #isole #island #sea #isola #mediterraneo #photography #blackandwhite #bn #vintagephoto #vintagephotography #oldphoto #foundphoto #lostmemories #antiquephoto #oldphotos #oldphotograph #isoleminorifoto https://www.instagram.com/p/CpkNI5eMKTh/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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corallorosso · 3 years
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L’Asinara, l’isola dei «dannati della terra», la «Caienna» italiana, da tempo immemore isola-carcere per antonomasia. Adibita a colonia penale nel lontano 1885, da sempre spauracchio per i detenuti riottosi, gli irriducibili, i refrattari alla disciplina, i ribelli, i rivoluzionari, i nemici del Sistema. Non si può capire la vicenda-Asinara senza parlare di Luigi Cardullo, classe ’35, siciliano di Patti (Messina), direttore del carcere tra il 1974 e il 1980. Eloquentemente ribattezzato il «viceré», Cardullo viene ricordato come un sovrano, un uomo al di là di ogni illuministica ragionevolezza: lui stesso con mirabile sprezzo della sobrietà, commentava: «Il mestiere di Dio è sottopagato». Lo ricorda così il fondatore delle Br Renato Curcio: «Una volta mi sfidò ad ucciderlo, in una di quelle sfide psicologiche che, secondo me, lo facevano sentire “uomo”. La jeep in quel momento percorreva un sentiero che sovrastava un dirupo. “Vedi Curcio”, mi disse, “se dai uno strattone allo sterzo precipitiamo e mi uccidi, ma so che non ne hai il coraggio; per questo posso permettermi di portarti con me da solo; voi parlate, parlate, ma poi…”. No guarda, gli risposi, (…) sarei anche disposto a buttarti di sotto, ma senza precipitare anche io”. Un’altra volta confidò a Curcio: “Io nella vita non ho più niente da perdere, mi rimanete voi e la mia unica soddisfazione è che da qui non riuscirete a scappare”». Una volta venne davanti alle nostre celle e tenne una specie di sermone: “La notte non dormo perché so che voi non dormite, pensate solo a fuggire. Voi non avete le donne ma io, anche se ho mia moglie con me, non scopo, perché non mi interessa più, penso solo a voi” ricorda un altro ex Br . All’occorrenza, Cardullo non difettava certo di cinismo, come emerge dal resoconto di un cronista del Corriere della Sera che lo aveva incontrato insieme ad una delegazione di giornalisti: «Hanno detto che alcuni detenuti per sfuggirle si sono conficcati aghi nel petto, cuciti le labbra, inghiottito manici di cucchiai. Cardullo soddisfatto commenta: “È un buon resoconto”». Diversi detenuti raccontarono che era solito legarli alla sua jeep con una corda, per poi trascinarli fino allo stremo in giro per l’isola, a mo’ di punizione. Proprio la denuncia effettuata da uno di loro, nel 1976, accese il dibattito pubblico sui suoi metodi poco «ortodossi». Il «viceré», per nulla intimorito, trasformò quel dibattito in uno show a mezzo stampa. Particolarmente controverse divennero le sezioni di massima sicurezza dell’isola: il «Pollaio» («la moglie di Cardullo ci aveva tenuto le galline, tanto erano degradati e angusti gli spazi »), “Fornelli” e il famigerato «Bunker»: una costruzione di cemento armato protetta da un muro di cinta e circondata da filo spinato. Le celle, «bugigattoli di tre metri per tre in cui stavano quattro detenuti, rinchiusi ventitré ore su ventiquattro; l’”ora d’aria” avveniva in una stanza poco più grande delle celle, praticamente al chiuso». Queste sezioni vennero scelte a metà degli anni Settanta dal generale Carlo Alberto Dalla Chiesa per custodire, in condizioni di assoluto isolamento, gli appartenenti alle organizzazioni armate, Br in testa. Un cronista de L’Unità chiese al dottor Vindice Silvetti, da 25 anni medico del penitenziario, che cosa pensasse di quelle sezioni: «Posti infernali nei quali non vorrei mai essere rinchiuso». Non usò mezzi termini neanche il sottosegretario alla Giustizia Raffaele Costa (ma senza far niente in proposito): «Ho visto un cimitero, uomini ridotti a cadaveri viventi, con un fiore in testa». Nel 1978 un quotidiano come La Stampa, non certo sospettabile di simpatie anarco-insurrezionaliste, definì «inammissibili» i metodi della gestione-Cardullo: «Pestaggi e violenze diffuse; vitto rancido, acqua salata, fangosa, praticamente imbevibile». L’impressione degli altri cronisti? «Francamente inquietante (…). È come un’allucinante scatola in formato gigante, dentro c’è appena lo spazio per muoversi. Anche l’aria è tutt’altro che buona”. Negli anni Ottanta un’inchiesta giudiziaria scoperchiò un sistema fatto di corruzione, tangenti, gioielli e microspie. Ne 1982 infatti a Viterbo, il Viceré Cardullo, viene tratto in arresto insieme a sua moglie; i magistrati sardi, che gli contestano «gravissime irregolarità nell’assegnazione degli appalti per la ricostruzione», lo rinviano a giudizio per una lunga serie di reati: corruzione, truffa aggravata ai danni dello Stato, peculato. Cardullo tentò di scagionarsi dalle accuse di corruzione asserendo che le ingenti somme trovate sul suo conto non erano il provento di tangenti, ma il compenso elargitogli dai servizi segreti in cambio dell’attivazione di un centro di spionaggio dei brigatisti reclusi. Tirò allora in ballo nomi illustri: lo stesso Dalla Chiesa e il suo vice Enrico Galvaligi. Le cimici all’Asinara c’erano, questo venne appurato, ma ciò non bastò a salvarlo. Dopo la condanna inflittagli in primo grado nel 1987, infatti, il 6 giugno 1989 il Tribunale di Sassari mise la parola fine sulla sua vicenda giudiziaria, condannandolo a 5 anni e dieci mesi di carcere per corruzione, truffa ai danni dello Stato e peculato: aveva instaurato una sorta di caporalato carcerario, sfruttando la forza lavoro – gratuita – dei detenuti per poi rivendere, a privati, i generi alimentari prodotti all’Asinara. Fonte: Sebastiano Palamara da “Spazio 70” (Cheyenne Rebelde)
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Renato Curcio, pm: “L’ex capo delle Br è indagato per omicidio”
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