Amare non sempre è conoscere («non sempre
giovinezza è verità»), lo si impara sul tardi.
Un sasso, ci spiegano,
non è così semplice come pare.
Tanto meno un fiore.
Vittorio Sereni, Un posto di vacanza
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In me il tuo ricordo
In me il tuo ricordo è un frusciosolo di velocipedi che vannoquietamente là dove l’altezzadel meriggio discendeal più fiammante vesperotra cancelli e casee sospirosi declividi finestre riaperte sull’estate.Solo, di me, distantedura un lamento di treni,d’anime che se ne vanno.
E là leggera te ne vai sul vento,ti perdi nella sera.
Vittorio SereniPh MLM
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«Ma è giusto,
fai bene a non badarmi se dico queste cose,
se le dico per odio di qualcuno
o rabbia per qualcosa. Ma credi all’altra
cosa che si fa strada in me di tanto in tanto
che in sé le altre include e le fa splendide,
rara come questa mattina di settembre…
giusto di te tra me e me parlavo:
della gioia».
Mi prende sottobraccio.
«Non è vero che è rara, – mi correggo – c’è,
la si porta come una ferita
per le strade abbaglianti. È
quest’ora di settembre in me repressa
per tutto un anno, è la volpe rubata che il ragazzo
celava sotto i panni e il fianco gli straziava,
un’arma che si reca con abuso, fuori
dal breve sogno di una vacanza.
Potrei
con questa uccidere, con la sola gioia…»
Vittorio Sereni, Appuntamento a ora insolita, da Gli strumenti umani
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[…] « Ma è giusto, fai bene a non badarmi se dico queste cose, se le dico per odio di qualcuno o rabbia per qualcosa. Ma credi all’altra cosa che si fa strada in me di tanto in tanto che in sé le altre include e le fa splendide, rara come questa mattina di settembre … giusto di te tra me e me parlavo: della gioia ».
Mi prende sottobraccio.
«Non è vero che è rara, – mi correggo – c’è, la si porta come una ferita per le strade abbaglianti. È quest’ora di settembre in me repressa per tutto un anno, è la volpe rubata che il ragazzo celava sotto i panni e il fianco gli straziava, un’arma che si reca con abuso, fuori dal breve sogno di una vacanza.
Potrei con questa uccidere, con la sola gioia…»
Ma dove sei, dove ti sei mai persa? […]
Vittorio Sereni, Appuntamento a ora insolita da “Gli strumenti umani” (1965)
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Qui il tarlo nei legni,
una sete che oscena si rinnova
e dove fu amore la lebbra
delle mura smozzicate delle case dissestate:
un dirotto orizzonte di città.
Perché non vengono i saldatori
perché ritardano gli aggiustatori?
Ma non è disservizio cittadino,
È morto tempo da spalare al più presto.
E tu, quanti anni per capirlo:
troppi per esserne certo.
— Vittorio Sereni, Il tempo provvisorio
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Intervista a un suicida
L’anima, quello che diciamo l’anima e non è
che una fitta di rimorso,
lenta deplorazione sull’ombra dell’addio
mi rimbrottò dall’argine.
Ero, come sempre, in ritardo
e il funerale a mezza strada, la sua furia
nera ben dentro il cuore del paese.
Il posto: quello, non cambiato – con memoria
di grilli e rane, di acquitrino e selva
di campane sfatte -
ora in polvere, in secco fango, ricettacolo
di spettri di treni in manovra
il pubblico macello discosto dal paese
di quel tanto…
In che rapporto con l’eterno?
Mi volsi per chiederlo alla detta anima, cosiddetta.
Immobile, uniforme
rispose per lei (per me) una siepe di fuoco
crepitante lieve, come di vetro liquido
indolore con dolore.
Gettai nel riverbero il mio perché l’hai fatto?
Ma non svettarono voci lingueggianti in fiamma,
non la storia di un uomo:
simulacri,
e nemmeno, figure della vita.
La porta
carraia, e là di colpo nasce la cosa atroce,
la carretta degli arsi da lancia fiamme…
rinvenni, pare, anni dopo nel grigiore di qui
tra cassette di gerani, polvere o fango
dove tutto sbiadiva, anche
- potrei giurarlo, sorrideva nel fuoco –
anche…e parlando onorato:
“mia donna venne a me di Val di Pado”
sicché (non quaglia con me – ripetendomi –
non quagliamo acque lacustri e commoventi pioppi
non papaveri e fiori di brughiera)
ebbi un cane, anche troppo mi ci ero affezionato,
tanto da distinguere tra i colpi del qui vicino mattatoio
il colpo che me lo aveva finito.
In quanto all’ammanco di cui facevano discorsi
sul sasso o altrove puoi scriverlo come vuoi:
NON NELLE CASSE DEL COMUNE
L’AMMANCO
ERA NEL SUO CUORE
Decresceva alla vista, spariva per l’eterno.
Era l’eterno stesso
puerile, dei territori
rosso su rosso, famelico sbadiglio
della noia
col suono della pioggia sui sagrati…
Ma venti trent’anni
fa lo stesso, il tempo di turbarsi
tornare in pace gli steli
se corre un motore la campagna,
si passano la voce dell’evento
ma non se ne curano, la sanno lunga
le acque falsamente ora limpide tra questi
oggi diritti regolari argini,
lo spazio
si copre di case popolari, di un altro
segregato squallore dentro le forme del vuoto.
…Pensare
cosa può essere – voi che fate
lamenti del cuore delle città
sulle città senza cuore –
cosa può essere un uomo in un paese,
sotto il pennino dello scriba una pagina frusciante
e dopo
dentro una polvere di archivi
nulla nessuno in nessun luogo mai.
Vittorio Sereni
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Tormentone estivo - Entity N° 16052
Vorrei una vita crostacea
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«memoria che ancora hai desideri»
dici che non l’intendi – o, se l’intendi, non l’ami
I due che vanno lungo il fiume azzurri e bianchi
cosa mai si diranno? Allacciati o disgiunti
da anni li vedo passare
danzanti nel riverbero e nel vento.
Ritta sulla vertigine, estatica indugiando con lo sguardo
sulle colline prossime e più lontane rupi,
a dito segnando in controluce città
che forse furono e non saranno mai –
«Tutto questo,» dice la donna, «ti darò
se prosternandoti mi adorerai».
Ma l’uomo, ìmpari al sogno e alla sopraffazione
si disanima presto, non li solleva una musica più.
E quasi niuna
di queste cose stata fosse, torna
lei quello che stata era:
un’ombra del sangue e della mente
e verso la marina
in picciola ora si dileguarono.
È il teatro di sempre, è la guerra di sempre.
Fabbrica desideri la memoria,
poi è lasciata sola a dissanguarsi
su questi specchi multipli.
Ma guarda
– tornano voci dalla foce – guarda da un’ora all’altra
come cambiano i colori: di grigio in verde, di verde
in freschissimo azzurro.
Amalo dunque – da cosa a cosa
è la risposta, da specchiato a specchiante –
amalo dunque il mio rammemorare
per quanto qui attorno s’impenna sfavilla si sfa:
è tutto il possibile, è il mare.
Vittorio Sereni, da Un posto di vacanza, All'Insegna del Pesce d'Oro, 1973
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Tempo dieci anni
Tempo dieci anni, nemmenoprima che rimuoia in me mio padre(con malagrazia fu calato giùe un banco di nebbia ci divise per sempre).
Oggi a un chilometro dal passouna capelluta scarmigliata erinniagita un cencio dal ciglio di un dirupo,spegne un giorno già spento, e addio.
Sappi – disse ieri lasciandomi qualcuno –sappilo che non finisce qui,di momento in momento credici a quell’altra vita,di…
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René Char
Senza appoggio di sponda, affidarsi
non al mare, ma al vento
(trad. Vittorio Sereni)
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"Queste tue mani a difesa di te:
mi fanno sera sul viso.“
Vittorio Sereni
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Come un cordoglio
ho lasciato l'estate sulle curve
e mare e deserto è il domani
senza più stagioni
Europa Europa che mi guardi
scendere inerme e assorto in un mio
esile mito tra le schiere dei bruti
sono un tuo figlio in fuga che non sa
nemico se non la propria tristezza
o qualche rediviva tenerezza
di laghi di fronde dietro i passi
perduti,
sono vestito di polvere e sole
vado a dannarmi e insabbiarmi per anni.
— Vittorio Sereni, da Italiano in Grecia, 1947
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D'amore non esistono peccati, s'infuria un poeta ai tardi anni, esistono soltanto peccati contro l'amore.
Vittorio Sereni
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Non lo sospetti ancora
che di tutti i colori
il più forte,
il più indelebile,
è il colore del vuoto?
Vittorio Sereni, 27 luglio 1913
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E là leggera
te ne vai sul vento
ti perdi nella sera.
Vittorio Sereni
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