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#alla vecchia maniera
paoloroversi · 11 months
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Alla vecchia maniera tour: le prossime presentazioni
Nei prossimi giorni vi aspetto in giro per l'Italia con una serie di incontri e presentazioni in cui vi racconterò del romanzo #AllaVecchiaManiera e del commissario Botero. Tutte le tappe e le informazioni per partecipare! #paoloroversi #presentazioni
Si comincia oggi con la “prima” milanese del romanzo Alla vecchia maniera edito da Mondadori alle ore 18.30 presso la libreria Rizzoli in Galleria Vittorio Emanuele II. Si prosegue con Cattolica al Mystfest, Vimercate, Menaggio, ancora Milano per un firmacopie e un brindisi, quindi Rozzano e Vicenza. E non è finita: le prossime tappe le svelerò più avanti! Tutte le info qui sotto, clicca…
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ricorditempestosi · 4 months
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non uso tinder
mi piace parlare con le ragazze alla vecchia maniera
cioè mai
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diceriadelluntore · 6 months
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Storia Di Musica #304 - Bob Dylan, Bringing It Al Back Home, 1965
Ogni anno ho raccontato un disco di Bob Dylan. Prescindere da Dylan è impossibile per il rock, e arriva in luoghi, stili e musicisti che a prima vista sembrano lontani anni luci da lui. Eppure, il suo è uno degli ingranaggi cruciali che mette in moto la macchina della musica popolare occidentale (e non solo) che è arrivata fino ad oggi. Il disco di oggi è l'occasione per un viaggio alquanto insolito, che svelerò alla fine, per chiudere il 2023 musicale. Il disco di oggi nasce da alcune idee che erano state scartate per quello precedente, Another Side Of Bob Dylan del 1964. Sebbene ancora legato al folk, quel disco scopre un lato introspettivo che il Dylan di quei tempi ancora doveva scandagliare: inizia quindi a mettere di lato (sebbene non lo abbandonerà mai del tutto) il lato politico e sociale (dello stesso anno è The Times They Are A-Changin') per quello privato. Inoltre c'è la necessità musicale di legare insieme il folk dei primordi con le nuove pulsioni del rock'n'roll, che secondo Dylan gli permetterebbero maggiore libertà creativa. Decide quindi di andare a vivere in una piccola villetta di campagna a Woodstock, proprio a pochi km dalla spianata che pochi anni più tardi fu teatro di una immensa folla rock, casa di proprietà del suo manager Albert Grossman. Dylan adora quel posto, e ci passa tutta l'estate. Dopo pochi giorni, è raggiunto da Joan Baez, che racconta la routine del menestrello di Duluth: passava la giornata alla macchina da scrivere, accompagnato incessantemente da sigarette e bottiglie di vino, e spesso nel cuore della notte avendo avuto una intuizione si metteva a scrivere senza soluzioni di continuità. Dylan è cauto, e affina tutti i particolari: alla prima sessione di registrazione canta da solo acustico. Il giorno dopo, 14 Gennaio 1965 che nella storia del rock è un giorno importante, si presenta con una band elettrica: i chitarristi Al Gorgoni, Kenneth Rankin, e il grande Bruce Langhorne, il pianista Paul Griffin, i bassisti Joseph Macho Jr. e William E. Lee, e il batterista Bobby Gregg. Registrano per ore, e le canzoni volano veloci e in poche ore, quando è notte fonda, è pronto metà disco. La sera successiva, il 15 Gennaio, Dylan dopo cena si presenta con una nuova band, tra cui John P. Hammond, che diventerà suo fido braccio destro negli anni a seguire, e John Sebastian, che diventerà famoso con i Lovin' Spoonful. Di questa sessione però non fu salvato nulla, così il 16 torna in studio con tutti i musicisti e finisce di registrare il disco. Che secondo il racconto dei presenti fu tutto di first takes, cioè canzoni registrate e considerate buone dopo solo una registrazione. Dylan, timoroso che il passaggio totale alla musica elettrica fosse un passo troppo lungo, decide di dividere il disco a metà con canzoni vecchia maniera musicalmente, ma che nei testi e nelle idee lo propongono del tutto nuovo: un surrealismo fantastico che lega Rimbaud alla beat generation, e che inizia a popolare lo scenario della musica giovanile di luoghi e personaggi che diventeranno archetipi.
Il 22 Marzo 1965 viene pubblicato Bringing It All Back Home dalla Columbia. Verrà distribuito in alcuni paesi con il titolo di Subterrean Homesick Blues, nome del primo singolo, ma ciò che importa è che è uno dei più grandi dischi di Dylan, ergo, è uno dei più grandi dischi della storia del rock. Perchè riesce nell'intento che si era prefissato, cioè trovare un legame credibile tra la tradizione folk, il blues e il nascente rock, creando paesaggi lirici che sconvolgono, consegnando alla storia canzoni mito su cui tutti hanno preso spunto. La sequenza di canzoni è ormai a quasi 60 anni dall'uscita un greatest hits: Subterrean Homesick Blues è il biglietto d'ingresso nel mondo elettrico, e passa anche alla storia per l'innovativo videoclip, famosissimo e stracitato, di Dylan con i cartelli di parole chiavi del testo, con Allen Ginsberg che passeggia sullo sfondo di una vecchia fabbrica in rovina. Il testo, che utilizza anche espressioni da strada, è una infinita carrellata di riferimenti, più o meno chiari, alla società, alla politica, al giornalismo, e inizia a creare delle espressioni che diventeranno futuri slogan tra studenti, manifestanti per i diritti civile e così via (il più famoso You don't need a weather man\To know which way the wind blows). She Belongs To Me è l'ennesima novità stilistica: la prima figura di "donna ammaliatrice" (definizione di uno dei massimi studiosi di Dylan, Robert Shelton) con cui esiste un rapporto difficoltoso, sebbene non si sappia chi sia realmente l'spirazione, le più accreditate sono Suze Rotolo, la sua ex fidanzata che sta con lui sulla copertina di Freewheelin' Bob Dylan, Joan Baez, sua sodale, Nico, la cantante svedese che conobbe alla Factory di Warhol e che canterà con i Velvet Underground o forse Sara Lownds, quella che diventerà sua moglie poche settimane dopo l'uscita del disco. Ogni canzone diventerà un'icona: Maggie's Farm, probabilmente un blues contro ogni forma di sfruttamento; On The Road Again è una dichiarazione profetica sul rapporto Dylan-successo, dove il primo spesso sceglie la lontananza e l'autoesilio, impaurito da quello che succede; It's Alright, Ma (I'm Only Bleeding), tutta acustica, è uno dei massimi capolavori lirici dylaniani, con una carrellata drammatica per tensione e suggestione di immagini e sensazioni che esprimono un impellente desiderio di critica nei confronti dell'ipocrisia, del consumismo, dei sostenitori della guerra, e della cultura americana contemporanea, che rispetto al Dylan folk stavolta non si risolve in un ottimismo rivoluzionario, ma in un arrabbiato status quo da osservare. Ricordo altre due perle: It's All Over Now, Baby Blue, Dylan alla chitarra acustica e all'armonica a bocca e William E. Lee al basso come unica strumentazione, è un'altra ballata storica, dai mille significati (chi sia o cosa sia Baby Blue, per esempio) ma la canzone più famosa è senza dubbio Mr. Tambourine Man, altra canzone dai mille significati e simbolismi, che diventerà un soprannome dello stesso Dylan, e oggetto di centinaia di saggi, anche accademici, alla ricerca dei messaggi più reconditi di questo vagabondo con tamburo intento a suonare una canzone per lui mentre la notte sta per terminare avviandosi verso il mattino tintinnante.
Il disco è un successo: numero 6 nella classifica americana, addirittura numero 1 in Gran Bretagna, dove in quei mesi inizia una vera e proprio Dylanmania. E sarà uno dei più coverizzati di sempre: i Byrds lo riprenderanno quasi del tutto, e molte delle loro versioni di questi brani diventeranno famose, anche per l'uso nelle colonne sonore, da ricordare quelle in Easy Rider. Ma non tutti furono folgorati, e non posso non ricordare l'episodio che avvenne al Festival Di Newport: il 25 luglio 1965 Dylan si presentò sul palcoscenico non come cantante solista con chitarra e armonica come suo solito, ma con una chitarra elettrica accompagnato dalla Paul Butterfield Blues Band, formidabile band di blues elettrico. Qui succede questo: non si sa nemmeno bene se fosse colpa dell'acustica che non funzionava, ma il pubblico iniziò a fischiare Dylan, che dopo un paio di brani lasciò il palco; gli organizzatori lo convinsero a ritornare, solo con armonica e chitarra, per una sessione solo acustica che leggenda vuole finisca con It's All Over Now (Baby Blue), da allora canzone anche per sancire un passaggio epocale nella vita delle persone deluse dai cambiamenti.
Rimane da raccontare la copertina: Daniel Kramer con una lente distorsiva fotografa Dylan in un salotto con una donna, Sally Grossman, moglie dell'allora manager di Dylan, Albert Grossman. Sul tavolino tra i due dischi famosi Keep On Pushing de The Impressions, King Of The Delta Blues Singers di Robert Johnson, India's Master Musician di Ravi Shakar, Sings Berlin Theatre Songs by Kurt Weill di Lotte Leyna e l'amico Eric Von Schmidt con The Folk Blues Of Eric Von Schmidt; dietro Sally Grossman, seminascosto da un cuscino, c'è il lato superiore della copertina dell'album Another Side Of Bob Dylan, e sotto il suo braccio destro, una copia della rivista Time con Lyndon B. Johnson in copertina. Sulla mensola del camino, alla sinistra del dipinto, si vede l'album di Lord Buckley The Best Of Lord Buckley. Compare un gatto, che si chiamava Rolling Stone, Dylan indossa dei gemelli regalati da Joan Baez e in primo piano, in basso a sinistra della fotografia, campeggia un cartello con su scritto Fallout Shelter (rifugio antiatomico). Questo tavolino sarò il punto di partenza di nuove storie, nel nome di Dylan e di uno dei dischi fondamentali della storia.
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colonna-durruti · 11 months
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CHI È VERAMENTE FLAVIO BRIATORE?
L’Espresso se lo chiese in questo articolo del 2010 a firma Mauro Munafò. Briatore ha sempre negato tale ricostruzione, mentre gli autori del libro “Il signor Billionaire" hanno sempre confermato. Ognuno legga bene l’articolo, non poco inquietante, e faccia (civilmente) le sue valutazioni.
“Le vittorie in Formula 1, il matrimonio con la Gregoraci e i flirt con le top model, lo yatch da sogno e il Billionaire, la discoteca dei ricchi in Sardegna. Quando si parla di Flavio Briatore, sono queste le parole d'ordine della cronaca nazionale, gossippara e non. Eppure nel passato del manager di Cuneo ci sono zone d'ombra che stonano con la vita super-pubblica che conduce adesso.
Sono gli anni '70 e '80, passati tra Cuneo e Milano, in cui un giovane assicuratore inizia a costruire quello che poi sarà Mr Billionaire. E nella sua cerchia non mancano i personaggi discutibili, il gioco d'azzardo, le truffe, la latitanza all'estero e le morti sospette. Una scalata al successo partita dal basso e dalla provincia che non si legge però nella biografia ufficiale di Briatore, che a quegli anni dedica qualche riga generica e poco convincente.
A scavare nella vita del manager ci hanno pensato Andrea Sceresini, Maria Elena Scandaliato e Nicola Palma, tre giovani giornalisti autori di "Il signor Billionaire; ascesa, segreti, misteri e coincidenze", appena pubblicato da Aliberti Editore. I tre sono partiti da una serie di articoli di Gianni Barbacetto del '99 per approfondire i misteri del passato di Briatore. Un lavoro fatto alla vecchia maniera, cercando tutti i vecchi soci, i vecchi amici, le fidanzate e i conoscenti del rampante Flavio. E trovandosi spesso davanti un muro di omertà e di consigli a lasciar perdere questa storia, di non chiedere oltre perché ci sono verità "che fanno morti e feriti".
La storia di Briatore sembra il sogno americano, coniugato però alla realtà italiana. Figlio di maestri elementari, si diploma geometra, fa l'assicuratore e apre un ristorante (il Tribula) che chiuderà dopo poco per debiti. Ma la svolta arriva nei primi anni '70, quando lavora con Attilio Dutto, un costruttore locale che rileva la Paramatti Vernici. Nel frattempo Briatore si occupa per alcuni casinò (gestiti dalla malavita) di portare clienti ai tavoli, intascandosi una parte delle loro perdite. Al giro lo introduce Ilario Legnaro che con il boss catanese Gaetano Corallo (vicino al clan Santapaola) si occupa proprio di questo. Tra i clienti portati ai casinò da Briatore c'è proprio Dutto che perderà parecchie decine di milioni nelle sale di Nizza e della Costa Azzurra.
Nel 1979 Attilio Dutto salta in aria con la sua auto: un delitto che non ha mai trovato un responsabile. Dalle testimonianze raccolte nel libro si configura però la mano della mafia. Pare inoltre che lo stesso Dutto volesse "rovinare" Briatore per le truffe che gli aveva giocato. Di sicuro con Dutto scompare anche un capitale stimato in almeno 30 miliardi di lire, che non si sa dove vanno a finire.
Con la fine degli anni '70 e la morte di Dutto, Briatore si trasferisce nella nascente 'Milano da bere', dove conosce la sua prima moglie (fino a oggi tenuta quasi nascosta) e frequenta la gente che conta del capoluogo meneghino, non ultimo Bettino Craxi. Organizza feste e si mette in affari con il conte Achille Caproni, della cui moglie è nel frattempo amante. Con l'amico Emilio Fede, secondo gli autori del libro, organizzerebbe truffe ai tavoli verdi, finché la polizia non lo scopre e lui deve fuggire a St.Thomas, nelle isole Vergini, con moglie al seguito.
Latitante e costretto a rimanere fuori dall'Italia fino all'amnistia del 1990, Briatore si consola nella sua vita da sogno alle isole Vergini e apre e gestisce una rete di negozi per Benetton, un locale notturno e una gelateria. Da lì ci saranno la Formula 1, i mondiali con Schumacher e...mister Billionaire. Il "self made man" di Verzuolo in provincia di Cuneo ormai ce l'ha fatta: è diventato qualcuno, è famoso nel mondo, ricco e invidiato.
"E' il personaggio simbolo di un'intera classe dirigente", spiega Andrea Sceresini, uno degli autori. "La sua immagine pubblica non risente affatto del suo passato. Molte di queste storie sono state scritte anche dai giornali negli anni '70 e '80 e basta una ricerca in archivio per tirarle fuori. I media però si limitano a riportare quello che dice lui e la sua versione della storia".
Una versione che da copione prevede poche righe di biografia ufficiale e qualche risposta evasiva a chi gli chiede conto del passato. Una storia tutta italiana”.
(da "L'Espresso" dell''8 novembre 2010: https://bit.ly/2EE1y0t)
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la-fabbrica · 4 months
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Crossover NicolaCava/LaFabbrica
NC: Arrivo al Seventyfive Cafè già pieno di gente verso le otto aemme e dietro il bancone c'è la Giuliana molto impegnata. Aspetto che mi prepari il caffè, mentre cerco di ignorare i discorsi di quelli che stanno lì intorno, specie del tipo che sta raccontando di aver pagato una serie di bollette di Equitalia. Il caffè arriva e va giù, quindi mi sposto verso la cassa e aspetto che la Giuliana abbia il tempo di farmi pagare. Pago anche il caffè di Calice e la Giuliana mi comunica che farà un solo scontrino per un solo caffè perché fuori c'è la finanza. Di solito quando fanno lo scontrino (e lo fanno sempre) lo butto subito nel rusco ma non stamattina. Esco, salgo sul Fiorino a nafta e nello specchietto vedo che il finanziere, un ragazzo alto un metro e un tappo, si avvicina e mi fa segno di abbassare il vetro, mostrandomi il tesserino. Mi chiede cosa ho preso e io rispondo - un caffè - e naturalmente vuole vedere lo scontrino che tiro fuori dalla tasca. Gli fa una foto, mi saluta e io riparto per il Piccolo H.
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E da questo ripartono i ricordi.
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LF: anche forzando la memoria fino all'ultimo neurone, riesco a ricordare solamente che si chiamava Lorenzo. Il cognome non ce la faccio proprio a farmelo tornare in mente. Dato che alla fabbrica si producevano alcolici, c'era in pianta stabile la presenza di un buon numero di finanzieri inteso come Guardia di Finanza. La GDF. Lorenzo era appunto uno di loro.
Fu lui a spiegarmi cosa significasse realmente l'acronimo. Il vero significato di quelle tre iniziali era niente meno che Guastatori di Fica. Niente di strano considerato che quelli della GDF sono dei militari e per contratto credo che debbano essere obbligati a utilizzare un linguaggio di questo tipo anche dopo i venticinque anni. Di età anagrafica e non di lavoro, si intende.
Lorenzo era di Palo Del Colle e per poter trovare un lavoro si era sradicato dalla sua terra d'origine ed era salito a Bologna e dopo aver abitato per un po' nella caserma di viale Masini, si era sposato e mi pare che avesse una figlia o due ed era andato ad abitare non so dove con la famiglia.
Era ovviamente molto simpatico e per il linguaggio e il modo di fare, avrei detto non solo che non era della Guardia di Finanza ma che fosse del tipo di quelli che di solito la Guardia di Finanza va a cercare per metterli in galera. Naturalmente era solo un atteggiamento, proprio come quello del maschio guastatore di fica.
In effetti Lorenzo era molto amico di Luigi B che si era trasformato, nel giro di qualche anno da quando l'avevo conosciuto, dal più bel ragazzo della Sala Confezioni, concupito dalla maggior parte delle operaie e anche da qualche impiegata, in una specie di macchietta gayosissima.
Collego questa sua trasformazione all'arrivo alla fabbrica di Gino G che fin da subito aveva fatto capire a tutti di essere gay ma in maniera piuttosto timida. E se dopo il loro incontro Luigi B si era trasformato da etero a gay, il buon Gino G si era trasformato da gay timido a gay orgoglioso senza paura di esserlo.
Sto parlando degli anni ottanta e novanta e non è che essere o dirsi gay allora fosse facile, dato che non lo è nemmeno oggi. Infatti in fabbrica lo pigliavamo tutti per il culo, metaforicamente parlando, tranne appunto Luigi B.
Penso che sia stato il loro rapporto di amicizia a farmi capire che testa di cazzo che fossi, e a maturare un diverso atteggiamento verso l'omosessualità.
All'improvviso in fabbrica c'erano due persone che non avevano nessun problema ad atteggiarsi e a dirsi gay.
E poi c'era questo rapporto di amicizia strettissima tra Luigi B e Lorenzo che ne ribaltava gli atteggiamenti maschilisti da GDF.
C'era poi un altro collega di Lorenzo, un ragazzo napoletano di corporatura molto robusta al punto che lo si poteva definire obeso senza offesa per nessuno, che aveva un hobby molto particolare al di fuori delle ore di lavoro nella GDF.
Lui aveva una vecchia Uno bianca come quelli della banda della Uno Bianca, ma non la usava per rapinare o per ammazzare.
Si limitava a percorre la grande velocità i viali di Bologna, e arrivato nei pressi di un semaforo verde, dopo essersi assicurato di avere un cogliene dietro attaccato al paraurti, inchiodava improvvisamente e senza nessun motivo che non fosse quello di truffare l'assicurazione.
Naturalmente il coglione attaccato dietro lo tamponava più o meno pesantemente e lui in ogni caso si comportava come se lo avessero asfaltato con un autotreno.
Immagino che così, oltre a far su un po' di soldi all'assicurazione del coglione attaccato dietro, ne approfittasse per mettersi in malattia ed evitarsi qualche giorno di lavoro.
D'altra parte, ognuno si sceglie i modi per passare il tempo che preferisce.
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Scelti per voi
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Fonte: pixabay.com
Una piccola scelta di libri “certificati” dai bibliotecari per distrarvi nel migliore dei modi durante le vacanze. Si tratta di novità, di titoli non recentissimi ma che magari vi sono sfuggiti e meritano attenzione, e di opere da cui sono stati tratti ottimi film.
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Se non l’avete ancora letto vi consigliamo L’animale più pericoloso di Luca D’Andrea, del 2020. Ma qual è l’animale più pericoloso? Se non ci si lascia sviare dall’immagine di copertina, si può intuirlo fin dalle prime righe di questo avvincente giallo che ha come tema (argomento di scottante attualità) la salvaguardia dell’ambiente. A parte l’idea di fondo dell’adolescente rapita che ricorda il pregevole La ragazza nella nebbia di Donato Carrisi, la storia si dipana in maniera diversa, dalla location (le montagne della Val Pusteria), ai moventi dei crimini, allo stile, agile, moderno, mai banale. Anche il finale diverge, ma su questo, naturalmente, non sveliamo nient’altro. Rispettata in pieno l’unica regola cui i gialli dovrebbero essere sottoposti: quella di inchiodare il lettore alle pagine, fino alla conclusione.
Pare che le case di ringhiera della vecchia Milano siano una continua fonte di ispirazione per scrittori e assassini: dopo i gialli di Francesco Recami orientati sulla figura dell’ex tappezziere in pensione Amedeo Consonni, è il vice-commissario Enea Zottìa che deve occuparsi di una serie di crimini in un vecchio stabile malandato nel cuore di Milano nell’ultimo libro di Marco Polillo I delitti di corso Garibaldi. Ma le indagini ci porteranno anche a Viboldone, frazione di San Giuliano Milanese e sede di un’antica Abbazia, e all’isola di San Giulio sul lago d’Orta (ebbene sì, proprio nel luogo in cui C’era due volte il barone Lamberto!), dove le vicende, soprattutto sentimentali, dei protagonisti troveranno il loro più naturale scioglimento.
Ambientato sul lago di Como è I milanesi si innamorano il sabato di Gino Vignali, il cui titolo si ispira al famosissimo I milanesi ammazzano al sabato di Scerbanenco (da cui è stato tratto anche un film per la regia di Duccio Tessari). “Dopo la fortunata tetralogia riminese con protagonista Costanza Confalonieri Bonnet, Gino Vignali cambia atmosfere e personaggi ma mantiene intatti il tono scanzonato e il ritmo incalzante che contraddistinguono i suoi fortunati gialli. Suspense, erotismo, umorismo sono gli ingredienti vincenti di un romanzo che, giocando abilmente con dubbi e ossessioni, incertezze e desideri, incanta il lettore in un riverbero di luci e ombre. Come l’acqua del lago, quando sembra calma ma non lo è”.
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Non intendiamo certo tralasciare l’ultimo Simenon, L’orsacchiotto, anche questa opera di introspezione, di scavo profondo nella psiche umana aperto a più interpretazioni, una delle quali può essere che non è possibile mantenere sempre il controllo su tutto, anche ad altissimi livelli professionali: dopo una intera esistenza trascorsa all’insegna del più assoluto dominio di sé, una sola deroga al perfetto meccanismo esistenziale che il protagonista si è imposto può costare un prezzo inestimabile.
Torna nell’ultimo romanzo di Fabio Stassi, Notturno francese, il simpatico counselor della rigenerazione esistenziale Vince Corso, ma in questo caso, come per Simenon, l’indagine è introspettiva: un viaggio parallelo nei ricordi dell’infanzia e in treno, lungo la Costa Azzurra, terra d’origine del nostro detective-bibliofilo, trapiantato in Via Merulana. Finalmente sarà svelato il mistero del padre mai conosciuto a cui Vince indirizza cartoline nell’unico luogo che di sicuro aveva frequentato, almeno per una memorabile notte, ovvero il mitico Hotel Negresco.
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Folgorante fin dall’incipit, la lettura di Perle ai porci (il titolo originale suona: God Bless You, Mr. Rosewater, or Pearls Before Swine) rende pienamente ragione a Umberto Eco che annoverava Kurt Vonnegut tra i suoi scrittori preferiti:
Uno dei protagonisti di questa storia, storia di uomini e donne, è una grossa somma di denaro, proprio come una grossa quantità di miele potrebbe essere, correttamente, uno dei protagonisti di una storia di api.
Ironico, dissacrante, politicamente scorretto, bizzarro, surreale, a metà strada fra America di Kafka e i racconti di Carver; uno stile veloce, tagliente; un lessico moderno e spiazzante. Se poi vi affezionate a questo autore, allora vi consigliamo Ghiaccio-nove, anche questo composto in una forma originalissima che sconcerta il lettore con la sua imprevedibile fantasia che scardina completamente gli schemi narrativi tradizionali. Strutturato a brevi capitoli sullo stile del Tristram Shandy di Sterne è un libro trasgressivo, esilarante fino al demenziale, davvero “uno dei tre migliori romanzi dell’anno scritto dal più grande scrittore vivente” come lo accolse Graham Greene nel 1963, anno della pubblicazione. Una potente satira della società contemporanea, che punta in particolare alla condanna della guerra, argomento quanto mai tristemente attuale.
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Lo spaccone  di Walter Tevis è un romanzo di formazione in cui il protagonista svolge il suo “apprendistato” (come lo definisce Fabio Stassi nella prefazione all’edizione minimum fax) nelle sale da biliardo dove sbarca il lunario spennando ‘polli’ grazie al suo non comune talento. Ma la conquista della consapevolezza comporta un prezzo molto alto: la coscienza del proprio valore si paga con la perdita della libertà. Un libro con i fiocchi che non poteva non ispirare un capolavoro come il film di Robert Rossen del 1961 con un Paul Newman perfettamente incarnato nella parte di Eddie Felson, The Fast, ‘lo svelto’. A voi il piacere di scoprire le differenze (che ci sono, e anche notevoli) tra il libro e il film. Newman rivestirà lo stesso ruolo nel 1986 come mentore del giovane Tom Cruise in Il colore dei soldi, per la regia di Scorsese, sempre dal sequel di Tevis.
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Da La morte corre sul fiume di Davis Grubb è stato tratto nel 1955 per la regia di Charles Laughton un film talmente bello e originale proprio dal punto di vista tecnico da far rimpiangere che si tratti dell’unico exploit come regista da parte del celeberrimo attore britannico. Tratto da una drammatica storia vera, il romanzo si dispiega su più piani narrativi: il tema fiabesco, reso da Laughton con splendide immagini dello sfondo naturale notturno, il noir e la denuncia del fanatismo religioso. “La storia è qualcosa di più, se possibile, dei fatti che la compongono, è un’omelia nera, una lunga e cupa ballata atroce almeno quanto le filastrocche infantili che di tanto in tanto la interrompono, risuonando nel vuoto”.
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Non è una storia dell’orrore, come il precedente Dracula, che tanta popolarità diede al suo creatore, Bram Stoker: Il gioiello dalle sette stelle è soprattutto un racconto d’avventura, i cui protagonisti, sorta di Indiana Jones tra le mummie, sono morbosamente infatuati dalla passione per la storia egizia. A metà tra il romanzo gotico di stampo ottocentesco e l’egittomania molto diffusa all’epoca, tanto da influenzare anche Conan Doyle e Poe, è un romanzo piacevole e adatto come lettura per le vacanze. Tra culto della reincarnazione, sarcofagi, ricerche archeologiche, luoghi affascinanti come il misterioso Egitto e la nebbiosa Londra, abbiamo anche la possibilità di scegliere tra due finali, perché il pubblico non gradì il primo e costrinse l’autore, pare, a riscriverne uno nuovo nella seconda edizione uscita nel 1912, anno della sua morte. In questa ristampa di ABEditore del 2022 sono presenti entrambe le varianti.
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gcorvetti · 2 months
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Varie.
Stavo dando un'occhiata ai voli, non è tanto il prezzo ma gli orari, potrei ritornare da dove sono venuto, Catania-Roma-Riga-Tallinn, ma onestamente è una faticaccia, mia figlia ha preso Catania-Milano-Tallinn che è già meno faticosa ma senza bagaglio (solo quello piccolo da cappelliera), ci sarebbe l'opzione da Aprile un volo diretto Catania-Riga, ma parte di pomeriggio e arriverei a Tallinn all'una e non c'è un bus o un treno per Tartu e dovrei aspettare il giorno dopo, con eventuale spesa in più per l'Hotel, che però se non ricordo male non è minore di 100€, sti cazzi. Va bè per oggi lascio perdere.
Ieri sono andato a prendere un caffè con una vecchia amica, abbiamo parlato del più e del meno e ho notato che anche se molto intelligente e acculturata ha comunque quel limite dato dalla visione delle cose ristretta che c'è qua, anche se lei vive in Calabria, che sentendo lei è ancora peggio di qua. Mi ha detto che avremmo dovuto trovare il nostro posto già alla fine degli anni 90, come ha fatto suo marito che ha un posto statale, per via dei contributi e menate varie; le ho risposto che non ha capito una minchia di me, che a me il posto fisso a leccare i piedi del superiore per tutta la vita e fare una vita di merda con le radici su un posto e la testa piena di merda non mi interessa, non ho usato proprio queste parole ma il risultato è questo. La sua risposta con occhi sgranati è quella di chi vorrebbe essere fuori dal sistema ma che per paura non ci sta, di quel modo di porsi alla vita rinchiudendosi in un recinto per paura di vivere, scegliendo così di acquistare un pacchetto chiuso con un cucchiaio sopra e la scritta buon appetito. No cara mia, io non ci sto. Preferisco essere libero di andare dove voglio se qua non mi piace, libero di scegliere se un dato lavoro (sempre se ne trovo uno) sia fatto per me, libero di dire oggi mi va di fare così e non obbligato da nessun orario, nessuna divisa, nessun padrone. Vivo una merda agli occhi di chi, come mio cugino e le sue amiche, ma siete sicuri che non siete voi nella merda e la vostra è solo invidia?
Ieri ho guardato un video di Massini che parlava in pochi minuti del lavoro, questo https://www.youtube.com/watch?v=EO1g3iI7q3I&t=4s&ab_channel=884C25 e mi è piaciuto molto, come spesso accade ai suoi interventi. Ho scritto 4 parole precise nei commenti "Grande Massini, come sempre", poi mi sono messo ad ascoltare un pò di musica e poi a suonare. Oggi trovo 3 commenti al mio, insulti più che altro ma in maniera un pò colorita tipo "Quando i tuoi finiranno di mantenerti e inizierai a lavorare....", "Posa il fiasco e prendi la vanga" e l'altro non ricordo, perché c'ho messo 3 secondi netti a cancellare il mio commento in modo da eliminare anche i loro. Per esperienza so che non si deve rispondere, mai, a questi decerebrati perché è quello che vogliono lo 'scontro', poi va bè su twitter ne ho viste di tutti i colori e sono ben che vaccinato a riguardo. Sono convinto che sui social, quelli dove trovi questi neanderthal, le persone con un pò di sale in zucca andranno via, magari passeranno a scrivere su un blog :D, e resteranno solo quelli arrabbiati e rissosi che si scanneranno a suon di commenti cattivi e si offenderanno a tal punto che la loro bile la possono vendere, che poi non sanno neanche loro perché sono arrabbiati, oppure lo sono con se stessi perché hanno scelto una vita mediocre e un posto in prima fila nella caverna di Platone, poracci, ora capisco perché i magnaschei padroni del mondo vogliono dimezzare la popolazione, ma dovrebbero partire da questi invece di sparare a caso, certo è che sono quelle tipologie che alla fine gli leccano il culo per un tozzo di pane, io spero sempre in un cataclisma, il meteorite, la guerra nucleare non mi piace, vorrei più che altro un evento che ci estinguesse ma che non sia provocato da noi, giusto per dire che non è stata colpa nostra, anche se lo è.
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piovra · 3 months
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Piovrandom 3.0!
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1. Piovrandom ha 16 anni e ho deciso di creare una terza veste. L’ultima realizzata era ormai datata nel 2015, ai suoi 7 anni.
2. Doppia colonna per la versione desktop, monocolonna per i dispositivi mobili (>1024px), con menu a comparsa da sinistra.
3. La 3.0 l’ho battezzata come “Nuntemollo” perché era doveroso e necessario un intervento serio sia di abbellimento che di ordine, oltre che di pulizia. Tra le altre cose, recentemente sono apparsi problemi con i post sincronizzati con Instagram, da cui venivano condivise le foto e diciamo chiaramente che era "l'alimentatore" principale in questo lido. Purtroppo però, non per colpa mia, non è più possibile il sincronismo automatico e gli embed manuali risultano orripilanti per la grafica: in sostanza non è più possibile condividere la sola immagine, bensì l'intera porzione del post su ig che comprende anche il nickname con sfondo bianco: soluzione orripilante per la veste di questo sito. In termini tecnici, il post viene inserito come se fosse un iframe che include tutto il contenuto. Per quanto mi riguarda, tutto ciò comporterà che le prossime foto verranno pubblicate manualmente. Una bella seccatura, ma non posso fare diversamente. Ultimamente le politiche di Zuckerberg mi stanno allontanando spontaneamente da Instagram poiché ormai è tutto incentrato sui reels e sulle produzioni video. In sostanza, è diventato un secondo Tik Tok e ciò è il motivo per cui ho condiviso mooolto meno anche qui. Tumblr, dopotutto, è rappresentato il mio terzo lido per quanto concerne la blogosfera: la mia storia sulla blogsfera, difatti, è sintetizzabile con l’esordio su Splinder nel 2002/03, poi MSN Spaces (12/2024) infine WordPress. Tumblr è nato a cavallo tra gli MSN Spaces e Wordpress nel 2006 ed oggi è l'unico blog rimasto in vita dopo aver mandato Piovrablog in pensione due anni fa.
4. I Tumblr sono l’unico luogo dove sento così vicino il ricordo degli MSN Spaces, per quello che hanno rappresentato nella vita del sottoscritto. La soddisfazione di tirare su un proprio spazio graficamente, con solo codice HTML/CSS/JS è un qualcosa di indescrivibile. Cerco sempre di realizzare le cose come meglio dovrebbero rappresentarmi e ciò vale anche per questo luogo.
5. Elenco dunque le cose su cui ho lavorato principalmente:
Fix alla struttura mobile che aveva diversi bug, alcuni dei quali da impazzirci solo per individuarli. Ho anche fixato lo sfondo che ora rimane fisso;
Riordinato le info post spostando tutto sotto ogni post. In sede ho aggiunto anche i pulsanti di condivisione: Facebook, Whatsapp, X, Pinterest, Telegram e mail;
Aggiunti effetti ai bordi (ben visibili su desktop) e gli effetti slide alle due colonne.
Sistemate le immagini e i video adattandoli ad ogni schermata. Ho cercato quanto più possibile di ordinare la visualizzazione di un set di foto;
Aggiunte pagina "privacy policy" e "disclaimer", ricordando a tutti questo tumblr è monitorato da tempo da Google Analytics e che i dati prelevati sono in formato anonimo;
Sistemate le pagine di ricerca e tag;
Tornata visibile la lista dei like e reblog sotto ogni post. I pulsanti stessi di interazione per la Community sono stati spostati sulla sinistra.
Sembrano poche cose, ma in realtà mi hanno portato via diverse ore che ho sfruttato nel mio tempo libero. E' da Gennaio che ho iniziato a rimettere mani sul codice. Così, tanto per farvi capire. Conclusioni. Anche se ormai i social hanno letteralmente divorato il pubblico delle nostre blogsfere, non smetterò mai di ringraziare gli ormai pochissimi sopravvissuti che mi leggono e soprattutto tutti coloro che come il sottoscritto continuano ostinatamente a produrre contenuti alla vecchia maniera, che poi alla fine sono il modo migliore per descrivere i nostri mondi, più di qualunque altra cosa, immagini filtrate e ben selezionate comprese.
Grazie a tutti. ❤️
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Le persone che vedo una volta all'anno le vedo sempre nel periodo di Natale, uno scatolone di persone da vari frammenti della mia vita: la classe del liceo, la vecchia compagnia, amici e amiche che non sento più, e via dicendo. Ogni volta sono costretto a fare un bilancio della mia vita e paragonarla agli altri: questo vive a Dubai, questa guadagna 2k al mese, e io cosa sto combinando? Ma quest'anno non ci sto. E non ci sono stato. Questo giro niente filtri e niente maschere, nessuno sforzo per mostrare la migliore versione di me a persone cresciute (come me) in questa città così appariscente, fighetta e viziata. Quando mi hanno chiesto di me ho detto la verità: sono disoccupato, e un po' preoccupato per il futuro. Non so cosa sto facendo, faccio del mio meglio ma non credo che basti.
E in questa mandria di piccoli adulti che si approccia in massa al varco del terzo decennio di vita, qualcuno mi ha fissato per un attimo in silenzio. E nei loro occhi ho visto, per un secondo, l'accenno dell'abisso che cerca di farsi spazio per divorarci da dentro, lo stesso che vedo nei miei occhi allo specchio nei giorni peggiori. Una piccola crepa nella maschera di perfezione che si è obbligati a indossare. È tosta, tieni duro che hai le palle Croc, mi dicono. Qualcuno si toglie qualche sassolino dall'anima, sottovoce. Ho ricevuto più abbracci del solito.
Ammettere di avere un problema è il primo passo, si dice, e io qui ci sono arrivato. È il saper chiedere scusa che è tosta. Come faccio a dire a mia sorella che se ho alzato la voce quando ha proposto di aprire i regali la vigilia anziché a Natale, è perché ancorarmi religiosamente ai ricordi di quando era tutto facile e puro è la mia unica maniera di sopravvivere? E cambiare le cose è ancora più difficile. Come faccio a dire a quella che per dieci anni è stata la mia migliore amica che aspetto ancora i suoi messaggi alle tre di notte per sapere i gossip più recenti, che mi mancano le sue cazzate, quando da anni ci scriviamo sì e no una volta al mese e ci impuntiamo ostinatamente a ritenere l'altro responsabile di questa deriva senza prendere contromisure?
La verità è che non so cosa ho dentro, ma so che vuole uscire. La notte della vigilia l'ho passata a fissare il soffitto mentre scendevano le lacrime. Nessun pianto, nessun singhiozzo, solo un ruscello apparentemente infinito che esce dagli occhi. Alla cena di classe ho fatto una battuta così dark che nessuno ha riso, e mi sono scusato dicendo che è il mostro nero che vuole uscire. Nessun commento, ma un mio vecchio amico mi ha versato un abbondante bicchiere di rosso. "E noi allora lo anneghiamo!" mi ha detto.
L'ho ringraziato, ma temo che sappia nuotare.
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fallimentiquotidiani · 4 months
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Ma trovare una tipa interessante che ti invii gratis i nudini e magari scoparci alla vecchia maniera no?
Questa è la via migliore
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zalezeig55 · 2 years
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Il caffè alla vecchia maniera.
moka e tanto amore.
Buongiorno!♥️
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blackrosesnymph · 5 months
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Sicuro che il mio blog sta scadendo perché vi siete accorti che molte delle donne emancipate che vorreste "castigare" alla vecchia maniera e su cui magari sono mesi che fate fantasie, sono le femministe che tanto odiate.
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beevean · 1 year
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C'est le moment de propager le Hecula~ 👀 T'as quelque chose à dire sur le sujet ? 👀
Oh ma tu guarda :D ma che domanda interessante :D
Ma sì, oggi è il giorno giusto di parlare di Hecula, perché sento il bisogno di esprimermi nella mia lingua madre per spiegare come sia finita qui a parlare di Dracula che sposa Hector come reazione a un trauma profondo :'D
(poi se uno vuole usare Google Translate per capire di che diamine sto parlando ehi, non li fermo :P)
Mi fa ridere come sia caduta negli inferi di questa rareship semplicemente perché
ho memato troppo sull'idea che tutti in CoD vogliono scoparsi Hector (che è vero e posso provarlo);
no non smetterò mai di usare questa immagine ha risvegliato qualcosa in me peggio della Scena Dell'Accoltellamento
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E poi niente, è precipitato tutto :'D
Prima di tutto voglio solo dire una cosa: se CoD fosse più famoso nel fandom, molti più fan accetterebbero l'idea che Dracula si faceva i suoi Generali tra un genocidio e l'altro. Eddai, il set up è perfetto. Siete dei codardi, ecco cosa vi dico :P
Ma a parte questo, è interessante confrontare le differenze tra Isaacula e Hecula.
Isaacula è la tua tipica ship cattivo/simp. Isaac stravede per Dracula, lo ama alla letterale follia, si distruggerebbe per lui, e Dracula è tipo "ok". Personalmente mi piace l'idea che Dracula sia perfettamente consapevole di quanto Isaac lo veneri (non che Isaac provi nemmeno a nasconderlo lol), e ne approfitti per manipolarlo il giusto... e poi dai, se un bel ragazzo si offre così a te che fai, te ne privi? 👀 Ma vede Isaac come vedrebbe... non so, il suo trono? È lì, è suo, nessuno glielo tocca, non deve fare nient'altro. Non è interessante.
Hector è interessante. Hector è un prodigio nell'arte della Forgiatura Diabolica. Hector è un abile combattente. Hector è intelligente (lo è anche Isaac, ma lui è parecchio più emotivo quindi può sembrare più stupido rispetto all'altro). Hector, dopo un'infanzia passata a credere di non meritare di esistere, sta capendo il proprio valore. Freddo, orgoglioso, obbediente Hector, senza il fanatismo di Isaac ma molto più efficiente, e altrettanto grato al suo benefattore.
Io credo che ci sia la possibilità per Dracula di essere attratto da Hector. E sì, l'immagine mentale di lui che un giorno si rende improvvisamente conto che il timido ragazzino che bussò al suo portone è diventato un bell'uomo sotto i suoi occhi mi fa venire voglia di strapparmi la carne delle braccia a morsi e mi fa impazzire <3
Non solo, ma se proprio vogliamo essere cinici, potrei anche puntare il dito a questo:
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:)
Parlando di Leon, posso passare al cardine di quella che chiamo la Bride Hector AU: Dracula, impazzito di dolore per la perdita di Lisa, si attacca a Hector con unghie e denti (letteralmente lmao) e insiste nel voler usare lui come sostituto per sua moglie.
Mi è stato fatto notare che, nella scena dove Mathias propone a Leon di unirsi a lui nell'immortalità, il suo intento potrebbe anche essere stato rimpiazzare Elisabetha con il suo migliore amico. Mathias era chiaramente fuori di sè dopo il lutto, e si fidava di Leon, e non riusciva nemmeno a comprendere che Leon forse non voleva avere più niente a che fare con lui. Voleva solo compagnia. Non voleva vivere la sua immortalità da solo.
Ma Leon era libero di mandarlo a fanculo, giustamente.
Hector, tanto bello come Leon, e tanto forte come Leon, e tanto caro a Dracula quanto Leon (anche se in maniera diversa, i due non sono amici) non ce l'ha questa libertà. Hector giurò fedeltà a Dracula, Hector è diventato una delle creature più forti al mondo grazie a Dracula, e ancora si fida dell'unica persona che gli ha concesso il diritto di esistere.
Hector dovrebbe essere grato a Dracula.
E su, non pensi che un bacio non sia il minimo che possa dare per compensare il suo Signore di tutto quello che gli ha dato? O offrire il suo collo? O accompagnare Dracula nella vecchia stanza di Lisa? :)
È molto, molto facile per Dracula convincere Hector a dargli quello che vuole, anche se Hector non reciproca i sentimenti di Dracula, per niente. Non ha bisogno di imbrogli o di magia, solo di sfruttare la lealtà di un povero ragazzo che non ha nessun altro, e che ormai è così abituato a essere il preferito del suo Signore che non riesce a considerare l'idea di deluderlo.
D'altro canto, al cuore di tutto questo, c'è un vecchio uomo incapace di andare avanti. Da vampiro, è congelato nel tempo, e gli è molto difficile accettare i cambiamenti. Diventò un vampiro nel bel mezzo del lutto per la perdita della sua prima moglie, e ora ha perso anche la seconda? Non ce la fa. Non regge il dolore. Si rompe. Ha bisogno di qualcuno.
Ed Hector è lì, questo bel ragazzo che può essere sedotto, che lo può aiutare a sentirsi meno solo.
Dopo la morte di Lisa, Dracula diventa... protettivo. Molto protettivo. Non permetterà più a nessuno, nemmeno a Dio in persona, di togliergli la sua unica luce di vita. Dracula ha il completo controllo sul suo castello e tutti i suoi residenti... quindi Hector, amore, ti conviene fare il bravo e non fare cose che non aggradano al tuo Signore :) come, per esempio, correre di nuovo da Isaac, che nel frattempo sta morendo dentro di gelosia :) oh, ma non ti preoccupare, tu sei il preferito, quindi non ti accadrà niente! Ma Isaac sarà il capro espiatorio :) così ti odierà ancora di più, e il vostro legame si spezzerà, e Hector davvero non avrà più nessuno che il suo Signore :)
O suo marito :)
Dracula precipita sempre di più, ha bisogno di Lisa, ha bisogno della sicurezza che non verrà più lasciato solo. Gli viene la malsana idea di sposare Hector e chiamarlo sua moglie, persino di donargli l'anello nuziale della povera donna che Hector avrebbe potuto vedere come una figura materna. Non può scappare. Ora il suo Signore è suo marito e deve comportarsi di conseguenza, e se Dracula vuole essere chiamato per nome e vezzeggiativi mentre si scopa Hector sul letto di Lisa, beh, gli tocca. Che cosa può fare, dire no? Ahahahah come sei simpatico <3
(un piccolo apprezzato vantaggio di Hector è che, da Forgiatore Diabolico, è molto più resistente di un umano normale, e può crearsi Fate per guarire dalla maggior parte delle sue ferite. La persona adatta per un vampiro alto tre metri e freddo come la morte :) non c'è di che, Hector caro <3)
Hector, neanche a dirlo, fa molta fatica ad aggrapparsi alla sua sanità mentale. Non vuole niente di tutto questo. Non vuole essere l'oggetto sessuale di quello che una volta vedeva come un padre, non vuole che gli succhi il sangue così spesso che ormai è praticamente anemico (perchè, tra le altre cose, deve ancora lavorare eh non ce lo dimentichiamo), non vuole tutte quelle cicatrici attorno al collo che quasi formano un collare che non può togliere, non vuole che Isaac lo odi e lo invidi per una situazione che si rifiuta di accettare, vuole essere visto come Hector, come una persona.
Ma non riesce a odiare Dracula. Dracula non è cattivo contro di lui, ha solo bisogno di aiuto. Dracula gli ha fatto del bene, dopotutto, ed è vero che non può vivere da nessun'altra parte, perché solo Dracula lo apprezza e lo accetta. Esiste ancora una piccola parte di Hector, il bambino che veniva preso a sassate dai suoi coetanei e a schiaffi da sua madre, che ancora vuole bene a Dracula, fino a un certo punto.
Ma più Dracula degenera, più il mondo esterno non sembra così terrificante, rispetto alla pazzia del suo Signore...
Lui non è Isaac. È leale e obbidiente, ma non è disposto a oggettificarsi fino a questo punto.
Credo di aver detto tutto. Mi piace assai assai questo tipo di dinamica di un uomo più vecchio che seduce una persona più giovane approfittando di un rapporto di fiducia e dipendenza, fino a che la persona più giovane non riesce a scappare e riprendersi in mano la propria vita :) e niente, avevo bisogno di sfogarmi un poco <3
tl;dr hecula hot
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fridagentileschi · 9 months
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IL VERO '68: JAN PALACH, QUELLA TORCIA UMANA CHE 50 ANNI FA BRUCIO' NEL CUORE DI PRAGA
Jan Palach, lo studente di Praga che 50 anni fa si immolò in piazza per protestare contro la brutale invasione sovietica della Cecoslovacchia (21 agosto 1968), è senza dubbio uno dei personaggi che più è entrato nella coscienza dell’Europa post bellica, colpendo l’immaginario soprattutto dei giovani, in quegli anni impegnati nelle contestazioni globali contro una società che consideravano vecchia e sorpassata. Mentre Jan Palach manifestava per la liberta' dall'Unione Sovietica. Oggi a piazza San Venceslao, luogo del suo martirio, una lapide sempre adorna di fiori lo ricorda, e in tutta Europa ci sono migliaia di strade e piazze dedicate alla sua memoria. A Roma, ad esempio, la “sua” piazza è al Villaggio Olimpico, al Flaminio, e ogni anno molti giovani vanno a deporre una corona di fiori per ricordarne il gesto estremo di protesta per la libertà, gesto a cui seguì nei mesi successivi, quello analogo di altri sei giovani, purtroppo non passati alla storia come lui. Quello che colpì fu la sua maniera di uccidersi, dandosi fuoco pubblicamente come facevano – e fanno – certi monaci orientali. Oggi in Tibet sono centinaia i monaci che si sono bruciati per attirare l’attenzione del mondo sulla repressione comunista cinese, così come ieri i giovani cecoslovacchi intendevano denunciare il comunismo sovietico. Dopo la morte di Jan Palach, si tentò di nasconderne il significato in due modi: da una parte, quella della cosiddetta Europa libera, i giornali indagarono sulla personalità un po’ triste e malinconica di uno studente di filosofia che si intendeva far passare per uno squilibrato. Ma il tentativo fallì. Sul fronte interno, quello dei Paesi prigionieri nell’area Comecon, ossia quelli del Patto di Varsavia, soggetti all’Urss, addirittura la notizia non venne data e in Cecoslovacchia il corpo di Palach fu sepolto sotto falso nome in un angolo del cimitero praghese. Dovranno passare vent’anni, ossia fino al 1989, prima che Jan Palach possa avere una tomba “vera” e ufficiale. Adesso, passata la dittatura, le autorità ceche stanno anche pensando di fare della sua casa un museo: il Parlamento ceco ha di recente approvato lo stanziamento di 240.000 euro per restaurare la casa del padre a Vsetaty, nord di Praga. Si ipotizza anche di ristrutturare la pasticceria del padre, ubicata nello stesso immobile, che gli fu espropriata dal regime comunista negli anni ’50. «L’obbiettivo è conservare la memoria di Palach, cresciuto in questa casa, onorare il suo sacrificio, mostrare l’alto senso morale e il patriottismo di questo giovane e incoraggiare la gente a non essere indifferente dinanzi a ciò che accade nella società», spiega Jan Poukar, fondatore dell’associazione “Nazione Estinta” che si adopera da due anni per il museo nella casa vuota e malridotta dei Palach. Dentro dovrebbe essere sistemata la camera di Palach e allestita in altre stanze una mostra audiovisiva per documentare il clima opprimente dell’epoca. Jan Palach era nato l’11 agosto 1948 – anno dell’arrivo al potere del regime comunista con un colpo di stato – a Vsetaty, dove trascorse l’infanzia e la gioventù, fino a quando, a 19 anni, iniziò gli studi di lettere all’ Università Carlo a Praga. Oggi molti lo ricordano, ma nel 1970 il primo artista a cantarlo fu Francesco Guccini, nella sua “Primavera di Praga”. Il gruppo musicale alternativo La Compagnia dell’Anello gli ha dedicato negli anni Settanta la canzone “Jan Palach” e più recentemente il cantautore milanese Skoll ha scritto sulla Primavera cecoslovacca la bellissima “Le fate di Praga”.
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sandnerd · 1 year
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L'attacco dei giganti - Ep 88 - Il boato della terra
Avevo concluso la scorsa parte aprendo la gara di apnea; pensavo davvero che non avrei ugualmente trattenuto il fiato durante questa mirabolante ora? Ma che mi prendo in giro a fare, dico io. Bentornati alla terza parte della stagione finale di Aot, "sono passati 84 anni" come direbbe la cara vecchia Rose, intenta a lanciare in acqua quel bigiottone del cuore dell'oceano.
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Mikasa si avvicina, e tende le sue mani verso il volto addormentato di Eren. Aot, che facciamo, foreshadowiamo?? I lettori del manga mi hanno capito. E rivedamo quel pezzettino del primissimo episodio, quando Eren si sveglia sotto un albero, da un sogno che non ricorda ma che gli ha lasciato le lacrime agli occhi. Torniamo al presente, due bambini piuttosto familiari sono intenti a nascondere un piccolo mucchio di monete e pietre preziose in un boschetto, in previsione di poterlo utilizzare per i loro familiari, per un futuro migliore. Sì, come no. Alzando gli occhi vedono gente che sta correndo, con armi e bagagli, in maniera piuttosto disperata. Ma non è dai programmi trash della mediaset che fuggono, quello sì che sarebbe stato grave. Stanno fuggendo dal boato della terra, i giganti colossali si sono fatti strada e pian pianino trotterellando hanno camminato per gran parte del continente di Marley. Poveretti quelli camminano, mica fanno nulla, il problema è che camminando schiacciano. Il tempo l'hanno avuto poi, è passato quasi un anno dalla scorsa stagione.
Questo il presente, ma ad Aot piace confonderci, e ci rimanda nel passato, all'epoca della ricognizione a Marley, quando Hange tentava di dar da mangiare delle carote alle automobili, bei tempi. Chi ci parla in questo caso è Eren, che si aggira per le strade della città pensando a ciò che aspetta queste brave persone intente a prendere un tè o leggere il giornale. Lui lo sa, lo ha visto, sappiamo ormai che grazie al potere del suo gigante è capace di spostarsi avanti e indietro nel tempo. Capisce perfettamente che tra gli abitanti di un'isoletta e gli abitanti di un continente, andrebbero sacrificati quelli che sono di meno (io mi dissocio eh, per me la via è sempre quella della pace), ma semplicemente non ci vuole stare, lui vuole proteggere gli amichetti suoi e quindi spiaze Marley. Ma tale decisione non gli impedisce di pensare alla morte e alla disperazione che porterà a queste persone, e non riesce a fare a meno di chiedere perdono. Il mondo che aveva sognato, le distese di acqua salata, le terre di ghiaccio, i fiumi di fuoco, tutto era una bugia, perchè nel mondo al di fuori delle mura ha solo trovato odio, quell'odio che lui stesso ha provato sulla propria pelle fin da bambino. E' deluso, amareggiato, angosciato, dispiaciuto, pieno di rimorsi e sensi di colpa ma allo stesso privo di scrupoli e determinato finanche alla morte a realizzare il suo obiettivo. Il panorama di morte lasciato dai giganti che schiacciano tutto, nella mente di Eren è sacrificio necessario che si trasforma in un'infinita distesa di nuvole che navigano su un cielo limpido. Disperazione e poesia, serenità e morte. E sono solo passati dieci minuti. E mi dicono che gli anime son per bambini. Certo come no.
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Torniamo al presente, sulla nave dove i nostri eroi sono riusciti a fuggire. Armin ed Annie stanno parlando, innanzitutto del passato, ed Annie chiede come mai lui si sia intestardito a parlare con un pezzo di roccia per tutto questo tempo. Una mezza frase porta ad un'altra mezza frase, ed entrambi diventano rossi come pomodori maturi. Che bello Aot, un secondo prima schiacciano bambini come se non ci fosse un domani ed il secondo dopo ti ritrovi in Piccoli problemi di cuore. Annie ci prova ad arginare la situazione, sicuramente Armin veniva a parlare da lei perchè è un bravo ragazzo e crede nell'ideale del dialogo, ma Armin la rimette a sedere accanto a sè (♥️) dicendo che non è mai stato un bravo ragazzo, anche lui si è sentito derubato della speranza di un mondo bellissimo…ma quel mondo merita ancora di essere salvato, e lui farà di tutto per convincere Eren. Come biasimare Annie, davanti ad un Armin così maturo è difficile restare indifferenti.
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Siamo arrivati intanto a Odiha, la città dove faranno la manutenzione all'idrovolante. Dopo una brevissima parentesi che ci fa vedere un Falco disperato a bordo della nave per la sorte toccata agli abitanti di Liberio, torniamo da Annie, che stavolta parla con Mikasa; non se la sente più di combattere, oltretutto per una popolazione che l'ha cresciuta e ripagata con l'odio, non comprende l'ideale di salvare la razza umana. E da un punto di vista puramente umano la capiamo perfettamente, non c'è niente di male e non voler più immolarsi, chi vuole fare l'eroe lo faccia, ma se qualcuno non se la sente non deve essere biasimato, Annie ne ha passate tante, ed anche Mikasa riconosce che nessuno le chiederà di soffrire ancora. La maturità che gronda da questi dialoghi mi sta facendo piangere di commozione, come sono cresciuti bene i miei ragazzi. Un'occhiata ad Armin intento a discutere i preparativi per il combattimento fa capire anche a Mikasa il flirt in atto, ne è talmente spiazzata che rimane imbambolata con la bocca aperta, è veramente la fine del mondo se perfino Annie dimostra una cotta ed arrossisce, Eren fatti da parte tu e la tua lagna, qui abbiamo una Annie arrossita, non so se ci rendiamo conto. Scherzi a parte, anche Mikasa ha un uomo da gestire, ed infatti Annie le chiede che intenzioni ha con Eren, ma la nostra Ackermann preferita sa perfettamente cosa vuole, e cioè prendere quel testone (wink wink) e portarlo a casa. Intanto il nostro altro Ackermann preferito non ci vuole stare nemmeno lui, ha saputo che Yelena s'è svegliata e non gliene frega una mazza del fatto che sia mezzo cieco ed ormai venga soprannominato "Levi tre dita", lui la vuole interrogare per sapere quali sono gli obiettivi di Eren nel continente. Grande Levi, potrai anche essere monco ma l'apporto di testosterone che dai tu nessuno mai (ignorate il mio urletto da fangirl in sottofondo appena il capitano è stato inquadrato).
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Si va quindi ad interrogare Yelena, che senza problemi riferisce che l'obiettivo più probabile di Eren sarà la fortezza di Salta, nella Marley meridionale, dove vengono studiati i dirigibili, un'arma molto efficace contro i giganti. E nessuno riesce a dare contro alla donna, quando dice che davanti alla minaccia scatenata dai giganti tanto torto, lei e Zeke, non ne avevano. I preparativi sono quasi finiti, è il momento di salutare Annie, con un'altra chiacchierata tra lei e Reiner, che le chiede scusa per la sua testardaggine nel portare avanti la missione affidata loro da Marley; Reiner è un altro personaggio che è cresciuto in maniera esponenziale, entrandomi nel cuoricino, ha capito perfettamente di avere sbagliato ed ora vuole solo redimersi, anche a costo della vita. Annie sorride, ebbene si, e lo abbraccia. Non ce la faccio, mi serve un fazzoletto, so proud. Anche i nostri eroi salutano Annie, e l'ultimo sguardo di lei è rivolto al biondone dagli occhi di cerbiatto, che davanti a Mikasa che gli chiede se davvero gli vada bene così, ammettendo di sapere della love story, arrossisce e dice di sì, Annie deve rimanere quella di sempre. Ma basta finitela di farmi piangere. Ci si mette pure Hange, che chiede a Levi se pensa che i loro compagni li stanno guardando combattere. Hange per favore!
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Ci pensa Floch a interrompere il piagnisteo, il pazzo si era attaccato alla nave in barba alle leggi della fisica ed all'attrito dell'acqua ed è rispuntato fuori più morto che vivo, ma abbastanza in forze da sparare qualche colpo al serbatoio dell'idrovolante. Eccheppalle Floch, ma fino alla fine devi farti odiare male?? Il danno però è fatto, e mentre gli ingegneri si mettono all'opera per saldare delle lastre di metallo sui buchi nel serbatoio, la terra comincia a tremare. Il tempismo, porca miseria. Dai monti vicini si staglia l'ormai familiare vapore, insieme all'armata dei giganti. Serve un'ora per riparare l'idrovolante, ed in un crescendo di emozione e lacrime, come se già non stessi piangendo da mezz'ora, Hange si fa avanti e nomina Armin quindicesimo Comandante della Legione esplorativa, perchè andrà lei a rallentare l'armata colossale. Sulla sua strada incontra Levi, che comprende anche lui l'intenzione di Hange. "Offrite i vostri cuori" le dice, incapace di fermare l'amica di sempre per il bene della missione finale. Ed Hange vola, fra i giganti colossali che vede ancora come creature bellissime, ne spezza uno, dieci, ancora, pur di dare tempo all'idrovolante di scappare via. Il suo corpo si infiamma, grazie al vapore incandescente che la circonda e all'attrito dell'aria, ma lei non si ferma, non finchè la speranza è al sicuro lontano da quel posto. Un ultimo barlume di fuoco viene visto dai ragazzi a bordo del velivolo, in lacrime per aver perso un altro dei loro pilastri, e fra loro Levi, che con gli occhi bassi mormora "Ci si vede, Hange. Stacci a guardare". A terra Erwin, Nile e tutti i compagni che ormai sono caduti danno il benvenuto ad Hange, che si alza da terra lamentandosi del casino in cui l'hanno lasciata.
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Cosa aggiungere? Me lo chiedo davvero, sto fissando la tastiera da alcuni minuti, tutte le mie parole sono state risucchiate da questa superba e gloriosa sequenza, dal sacrificio di Hange, dal dolore silenzioso di Levi, dall'emozione potente che stravolge e colpisce, ancora una volta, sempre più forte. Facile dire che sono solo personaggi inventati, storie inventate, non c'è nulla di vero. Ma un capolavoro non ha bisogno di essere vero, ed Aot dimostra, puntata dopo puntata, minuto dopo minuto, la sua altezza, la sua qualità, la sua magia, la sua tragicità, la sua potenza. L'animo umano, dalla cattiveria più ingloriosa al sacrificio più sublime, viene tratteggiato in ogni sequenza e lascia senza fiato, le musiche, i colori, le animazioni, le espressioni, i dialoghi, perfino anche i flashback ed il punto di vista di quello che banalmente parlando è "il cattivo", anche se sappiamo bene che qui non c'è più questa distinzione così netta, tutto è talmente ben coeso e trasposto che lascia senza fiato, è difficile rimanere impassibili davanti a tutto questo. Io sono devastata ed emozionata, ancora con gli occhi umidi ed ho finito i fazzoletti, mi fermo qui per adesso per riprendere il commentone della prossima puntata nei prossimi giorni, sia per dare tregua a me sia per evitare un papiro che nessuno avrà mai voglia di leggere, visto che già con solo questa puntata è lungo assai. Ma a chiunque legga e sia arrivato fin qui dico grazie di cuore, e do appuntamento nei prossimi giorni, per il commentone alla seconda puntata della terza parte della stagione finale. Saluti e, offrite i vostri cuori! -sand
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gcorvetti · 3 months
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Un nuovo orizzonte.
In realtà vecchio visto che ci siamo trasferiti in questa casa nel 1979 e anche se l'appartamento ha subito modifiche dal quel periodo resta sempre uguale, ho notato che la vegetazione sul retro è più rigogliosa, il manto del piazzale è sgretolato, ma poco importa perché il sole è caldo e l'aria tiepida in questa prima mattina sicula.
Il viaggio è andato bene, partenza alle 2:30 di notte con l'ultimo autobus per essere in anticipo, larghissimo, per prendere il primo aereo da Tallinn a Riga, mezz'ora di volo, poi un paio di ore d'attesa e volo per Roma direi fantastico perché sembrava più un autobus che un aereo, turbolenza zero e ho potuto dormire un pò nelle 3 ore di volo, le hostess stupende, bellissime e gentilissime. Ma arrivato a Fiumicino è iniziata la stanchezza, la fame e andando in giro per i vari posti di ristoro mi sono accorto dei prezzi assurdi e gonfiati in maniera spropositata, alla fine ho preso una focaccia crudo di Parma, rucola e mozzarella e una bottiglia d'acqua da mezzo litro alla modica cifra di 10,40€, un furto. Poi sono andato a prendere un caffè espresso 1,50€ e ho detto al cassiere che pensavo almeno 3€, mi ha risposto "No, un caffè non può costare così tanto" e io "mentre una piadina cotto e mozzarella 8€ si?", va bè abbiamo chiuso quasi subito questa polemica gli ho dato un pò di mancia perché è giusto premiare il buon lavoro, il caffè era spettacolare, e la simpatia. Poi mi sono avviato al gate per aspettare l'imbarco, non c'era un posto a sedere, allora mi sono fatto un giro nonostante i dolori alle gambe, non è strano perché in realtà non mi muovevo quasi niente, alle spalle perché lo zaino pesava un pò e tenerlo tutto il giorno mi ha anche grattato la pelle, fatto sta che quando è iniziato l'imbarco mi sono messo a parlare e scherzare con alcune persone e le hostess di terra simpaticissime, cosa che ho fatto anche in aereo con questi concittadini, penso della mia età, con cui dividevo i posti in aereo che era pieno a tappo a differenza degli altri due.
Siamo comunque arrivati con mezz'ora di ritardo, ma col sorriso, e all'uscita c'era Spock che mi aspettava, lo sapevo che mi sarebbe venuto a prendere nonostante il fine settimana di festeggiamento per l'anniversario matrimoniale, voleva farmi una sorpresa ma alla fine lo sa che sono uno che calcola le cose e ci sarei arrivato quindi mi ha semplicemente scritto, prima dell'imbarco, ci vediamo fra un'ora, mi dispiace che ha dovuto aspettare. Ieri sera poi ho aspettato mia sorella e le nipoti per un saluto e quattro chiacchiere, fatto la doccia e sono andato a letto presto ero cotto. Oggi in questo primo giorno catanese ho disfatto la valigia e preso possesso della mia vecchia scrivania, un pò situazione lacrimuccia, quante ore ho passato su sto legno a studiare, c'ho anche trombato una volta con una mia compagna di classe che era venuta a studiare da me :D hahahahha, adesso ho posizionato la mia musicworkstation, magari vi mando una foto più avanti. Va bè, adesso la mamma mi ha fatto il pranzo, vecchie riminiscenze, devo andare a fare una spesa perché non c'è niente di commestibile per me, solo roba piena di conservanti e niente frutta, poi varie cose tipo lo zucchero ultra raffinato non esiste che lo uso e altre piccole cose che in effetti loro non mangiano perché non hanno tempo o perché non sono in linea con la mia idea di vita anti-consumistica.
Dalla Trinacria è tutto alla prossima.
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