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#borboni
hauntedbystorytelling · 9 months
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Bruno Miniati ~ Paula Borboni, 1925 From : Bruno Miniati : fotografo, 1889-1974 (Alinari, Firenze, 1992) view more on wordPress
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di-biancoenero · 1 year
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L'attrice di teatro Paola Borboni sulla copertina della rivista teatrale Comoedia, 1933.
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milliondollarbaby87 · 7 months
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Roman Holiday (1953) Review
When Princess Ann gets bored and restless she escapes her guardians and manages to live a little bit! Falling in love with American newsman Joe Bradley while in Rome. ⭐️⭐️⭐️⭐️ Continue reading Untitled
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lesser-known-composers · 10 months
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Nicolo Borboni (1591-1641) - Solo e pensoso ·
Jean Tubéry · Stephan Van Dyck · Imke David · Christina Pluhar · Jean-Marc Aymes · Gebhard David
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visionairemagazine · 2 years
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Ritratti di Donna:
Paola Borboni, il coraggio di riprendersi la vita.
Incontro con Paola Borboni, una giovane, bellissima, vecchia attrice tornata in palcoscenico nel gennaio di quest’anno.
Ida Farè – Marzo 1979
Paola Borboni mi riceve nel suo camerino al teatro Nuovo. E’ sdraiata su un divano a cornice, vestita di una vestaglia verde pisello. Sottolinea e ripiega una serie di riviste che riportano qualcosa sul suo ultimo spettacolo, sulla sua vita, sul suo strano destino. (Ha perduto il giovane marito Bruno Vilar in un incidente d’auto, l’estate scorsa). I suoi occhi sono azzurri e vivi, dal capo le pendono due treccine color sale e pepe, le sue guance sono lisce e chiare, è una giovane bellissima vecchia attrice. Parla con voce modulata, allenata da 62 anni di recitazione. Mi siedo davanti a lei un po’ indecisa, fumando automaticamente una sigaretta. Mi dice che sono maleducata, non le ho nemmeno chiesto il permesso. Sono un po’ imbarazzata, ma poi mi accorgo che il suo fare brusco e diretto è mescolato a una grande dolcezza.
«Recito dal 1916, c’era già la prima guerra mondiale a farmi compagnia. Ho lavorato tutta una vita, cara. Mi devo arrangiare, se no cosa succede di tutta questa gente?».
Si riferisce ai lavoratori della compagnia, che insieme a lei hanno allestito “Harold e Maude”, uno spettacolo che pare fatto su misura per lei.
Mi sento un po’ più sollevata, le spiego che la voglio intervistare per “Effe”, una rivista femminista che lei non conosce, e aggiungo come lei, la sua persona, la sua storia, incuriosiscono e piacciono molto alle donne giovani.
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«Le donne, se hanno voglia di vivere, devono sacrificarsi — mi dice — devono avere una pazienza infinita. Chi è impaziente non può nemmeno avere coraggio, se vuole andare avanti, oltre la giovinezza…
Solo l’ultimo fatto mi ha sconvolto, la morte di mio marito. Ecco, non avrei dovuto avere la felicità che lui mi ha dato. Eravamo dei parenti che vivevano sotto lo stesso tetto. Ora la sconto con altrettanta infelicità. Speravo di superare anche quest’ultima cosa, invece no».
Mi butto in una domanda difficile, non vorrei offenderla o disturbarla ma, mi sembra che proprio questo suo sopravvivere a un uomo tanto più giovane, è, anche se doloroso, una conferma di quello sconvolgimento dei canoni tradizionali della donna (della vecchiaia e della giovinezza) che lei rappresenta.
«No. Capisci; c’è un errore di natura. Io avevo 42 anni più di lui, è morto lui, non è logico. Io sono ordinata, e questo mi dà disordine. Sono io la più forte. E’ demoniaco, non mi piace.. Non mi piace il fatto che io abbia vinto restando al mondo al posto suo. E’ come quando ti avvicini alla fiamma. Bruci. Io amo la vita, ma non fino al punto di essere contenta nel vedermi distrutta quel poco di pace e di gioventù che mi era venuta vicino».
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Mi parla ora della sua carriera e della sua vita, senza modestia, da grande attrice, ma anche senza falsi pudori. «Ero bella, molto. Ero intelligente, molto. Avevo talento, molto. Ho dato molto fastidio.
Quando mi mancava il contributo di una persona, in teatro sapevo sempre sostituirla, sapevo fare da sola. E quando vedevo gente importante mi mettevo in disparte.
Ho amato tanto il mio lavoro. Più di tutto. Avrei potuto scegliere la via della comodità e della ricchezza. Invece ho sacrificato la mia fortuna perché ho voluto sempre fare di testa mia.
Ho tenuto in piedi una compagnia per sei anni con il mio denaro.
Anche ora lavoro senza essere pagata, ci sono diciotto persone tra attori e tecnici che non possono essere traditi.
Ecco, io sono rimasta attaccata a questa pena e a questa gioia, per 63 anni e non sono sempre stati rose e fiori… Per fare l’attrice ci vuole fascino, morbidezza, attrazione fisica morale e psichica. Ma ci vuole anche molta generosità per essere una e cento persone. E poi molta fantasia».
Si lamenta poi della TV e mi dice che sono appena venuti due ragazzi di una televisione privata che l’hanno fatta arrabbiare. Detesta la TV così come le sigarette.
«La TV assorbe il teatro, vedi. Il pubblico si è abituato a stare seduto comodo con l’apparecchio davanti, senza i pericoli della strada. E’ una forma di difesa del cittadino che vuole distrarsi senza problemi. Tutto rientra nell’ordine delle cose, «Quando una ragazza mi dice che vuole fare l’attrice io le rispondo: tenta, cara. Se avessi avuto una figlia le avrei detto di fare la ballerina. E’ una vita molto sacrificata, ma ti dà tanta soddisfazione, una vita piena di ordine e di pulizia».
Le domando qualcosa sulle donne, sui loro problemi, sul loro movimento. Ne esce un’immagine singolare che non so quante donne condividano, ma che racchiude un certo interesse. ‘soltanto tu puoi darti il corano e la pazienza, soltanto tu puoi decidere che non ti abbattano.’
«Gli uomini dipendono da noi. Dobbiamo fare di loro quello che vogliamo. E’ l’istinto materno che li domina sempre.
La donna è sempre la madre dell’uomo, colei che lo usa.
Tutto questo poi diventa amore e sessualità. Ma lui non può mai competere con noi: noi lo guardiamo e lo conosciamo, lui ci guarda e non ci conosce mai. Io penso che le donne non conoscano la loro forza.
Questo nuovo movimento che le ha portate alla ribalta ha un po’ diminuito la loro forza, perché le ha messe alla ribalta, le ha scoperte. Facendosi conoscere troppo le donne hanno perso il loro potere misterioso, una forma di elezione che andrebbe custodita e tenuta segreta.
Però guarda che io non sono arretrata: penso solo che questo potere della donna esiste e che non va distrutto. Per il resto penso che il movimento femminista abbia ragione, Gli uomini sono delle SS. Io ho conosciuto tanti mariti SS.
Madonna, bastava che la moglie facesse un gesto inconsulto e guai! Adesso ci stanno un po’ più attenti. E poi c’è un’altra cosa; secondo me la donna che lavora, lavora due volte.
Io non mi sono mai sposata prima, non ho mai avuto una famiglia (se non quando ero vecchia e mio marito era un po’ anche mio figlio) proprio per questo.
E’ stato questo che mi ha fatto scegliere l’indipendenza.
Questo è vero: la donna lavora due volte. I famigliari scaricano su di lei il loro sadismo e sono contenti di vederla impicciata in un numero incredibile di cose. Così lei si sacrifica per non mollare e non fare vedere che è stanca. Io voglio così bene a queste donne, quando le vedo, la sera, con quei faccini così stanchi.
Io amo le donne.
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Mi interessa parlare con lei della vecchiaia, per una donna. Provo a dirglielo, un po’ timidamente, e forse aspettando la ricetta, la segreta soluzione di un problema che lei sembra avere risolto così bene. Ma lei gioca sempre in “corner”, mescola tutto e esce di traverso.
«A me non è importato mai di non essere più giovane. Quando ho compiuto 50 anni, mi sono messa a ridere. Oh, guarda, mezzo secolo, mi sono detta. Del resto se non volevo morire dovevo invecchiare. Vedi, mio marito è morto e non è invecchiato.
Però quando non hai più la giovinezza ti devi mettere in disparte. Non puoi più gareggiare, e se lo fai la vita ti dà calci. A meno che tu non abbia una tale intelligenza da riuscire a trovare la maniera di buttare la tua lancia. Io ho sempre avuto da lavorare: ricorda che questo è il momento in cui il lavoro difende la donna.
Io mi sono sposata per morire.
Io l’ho sposato perché mi chiudesse gli occhi, perché cosa vuoi a 72 anni, quando mi sono sposata , io, una donna non è solo vecchia, ma moritura. La cosa orrenda è che poi è morto lui e io non finirò mai di piangerlo. Io conoscevo tutte le sue virtù (lui non beveva, non fumava).
Gli altri conoscevano solo i suoi difetti.
Ci hanno preso in giro per un’anno e mezzo quando ci siamo sposati.
Ma io ero felice e mi divertivo: mi bastava vederlo girare per casa. Pensa che non ho mai avuto una casa fino a 72 anni. Ma adesso basta parlare, io ho bisogno di pace».
Faccio per andarmene, ma suona il telefono, poi arriva una sarta, poi una che deve stirare il vestito.
Le chiedo qualcosa del suo spettacolo, prima di andarmene.
«Ma cosa vuoi, io lo recito e basta. L’ho fatto per levarmi dal mio dolore. Ma non ci sono riuscita, mi è rimasto, ancora più grande. Perché io ho fatto uno sforzo e tutto quello che si fa contro un senso preciso di ordine, certe volte è un danno.
Io ho cercato un po’ di pace nel lavoro, ma non ci sono riuscita.
Sto bene sola, così posso pensare. Soltanto tu puoi darti il coraggio e la pazienza; soltanto tu puoi decidere che non ti abbattano».
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Ci salutiamo, le prometto di mandarle il numero di “Effe” con la sua intervista.
Dice che lo aspetta senz’altro e mi dà il suo indirizzo. Poi si volta e mi chiede qualcosa di me, dove lavoro, se ho dei figli.
«Povera figlia — mi dice — quanto ti costa la tua indipendenza!».
Appena fuori mi accendo una sigaretta.
Una vita per il lavoro
Paola Borboni nasce nelle prime ore del 1° gennaio 1900, e con una punta di civetteria rimpiange di non,essere nata qualche ora prima, per essere indicata come l’Ultima attrice dell’Ottocento. Praticamente figlia d’arte (il padre era impresario teatrale) debutta a Milano con la compagnia di Alfredo De Sanctis, nella commedia di Shalom Asch, Dio della vendetta. 
Ha diciassette anni e questa sua prima recita coincide con il suo primo successo. Nella prima parte della sua carriera è attrice brillante.
Il lavoro «più famoso» di questo periodo è Alga marina di Carlo Veneziani, in cui lei appare nelle vesti di una sirena. Attraverso varie compagnie, arriva, nel 1935, a mettere in scena Come prima meglio di prima di Pirandello. In questo periodo è già direttrice di compagnia e attrice di successo. Di Pirandello rappresenterà anche Vestire gli ignudi e La vita che ti diedi.
Pur rimanendo sempre fondamentalmente attrice di teatro, Paola Borboni recita anche per il cinema. Vivere del 1936, Nina non far la stupida del 1937 fino a Giorno di nozze del 1942.
Nel 1967 le viene assegnato il Premio dell’Istituto del Dramma Italiano, in occasione dei cinquant’anni di attività teatrale al Sant’Erasmo di Milano, con la commedia Farfalla, farfalla di Aldo Nicolai.
Subito dopo si impegna a Torino con La casa di Bernarda Alba di Garcia Lorca.
Nel luglio 1968 il primo momento critico della sua carriera: durante un recital al teatro Mentana di Verona (in questa occasione le viene offerto il Premio Renato Simoni) l’attrice ha un vuoto di memoria.
Lo spettacolo viene sospeso.
Nel settembre dello stesso anno dichiara che presto tornerà alle scene. L’incidente era dovuto soltanto ad affaticamento.
Nella primavera del 1970 interpreta, al teatro Valle di Roma, La professione della Signora Warren di G. B. Shaw.
Riscuote un notevole successo nel 1972 a Milano, in un recital con brani di diversi autori contemporanei Luna lunatica. 
E’ dello stesso anno il suo matrimonio con l’attore e poeta Bruno Vilar.
Nel 1974 prende parte per la prima volta ad una rappresentazione «aera.
E’ l’Addolorata in uno spettacolo che si tiene nell’ambito delle manifestazioni del «Settembre Artistico» a Caserta Vecchia.
Nel 1976 prende parte alla lavorazione del film Nerone di Pingitore e Castellacci.
Novembre 1976: Paola Borboni esordisce nel cabaret, a Milano; con lei recita anche il marito.
Un anno dopo mette in scena, come regista teatrale, la Lina Cavalieri Story, con Michael Aspinall. Con lo stesso lavoro inaugura a Roma il teatro Parnaso, agli inizi del 1978.
Dopo un periodo difficile, seguito all’incidente automobilistico in cui ha trovato la morte il marito, è tornata in teatro nel gennaio di quest’anno con «Harold e Maude», in cui interpreta la parte della deliziosa Maude che a ottant’anni insegna la vita a Harold.
Fonte: Archivio Effe Mensile Femminista Autogestito
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ma-pi-ma · 7 months
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Tu non conosci il Sud, le case di calce
da cui uscivamo al sole come numeri
dalla faccia d'un dado.
Vittorio Bodini, La luna dei Borboni e altre poesie
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stunmewithyourlasers · 9 months
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L'ufficio della didattica che mi lascia intendere che da laureando probabilmente in graduatoria non ci rientrerò per la magistrale dati i pochi posti,niente onestamente non sarebbe un dramma,troverei qualcosa da fare un annetto,lavorerei in qualche modo.
Facciamo conto sia un anno sabbatico nel vero senso della parola e non un anno perso per una serie di episodi depressivi del 2021 con ricadute sparse che mi sono costate 3 anni di alti e bassi in terapia.
Un'occhio attento se ne renderebbe conto che in questa triennale ho avuto più cazzi che pace,non mi sono mai cercato alibi e so quali sono le mie colpe. So benissimo che mi sono crogiolato forse troppo nel dolore coi tempi(è davvero una colpa?),che piuttosto che piangere e non vedere un senso nella vita potevo forzarmi e provare lo stesso quegli appelli che ho saltato, piuttosto che dover sempre prendere voti alti e mostrarmi al top prime della forma. So che mi sarei dovuto disciplinare in modo militaresco e mindsettato del cazzo,so che sono stato debole. Ma so anche che ho una lista di almeno 10 righe di motivi per cui questo percorso ha avuto più ostacoli che passaggi spianati. Mi si sono ritorte contro un sacco di cose, ogni volta che ho ripreso o trovato equilibrio, sono entrato in un pessimo loop e il mondo esterno e le contingenze mi han dato schiaffi che mi hanno rimesso sul percorso del loop.
Fossi un genitore direi che non fa niente,hai fatto del tuo meglio,ti sei comunque preso la triennale,starai facendo qualcosa, l'importante è che sei felice e tranquillo e poi ti fai la magistrale con sicurezza.
La verità dei fatti è che non voglio manco pensare all'eventualità che io resti un anno accademicamente a spasso, perché succederebbe il pandemonio in questa casa,il figlio dotato che non ha mai dato un problema,mai bocciato,mai bisogno di andare a parlare coi docenti,mai bisogno di mandarlo dallo psicologo per affrontare il divorzio di due persone,sempre forte e andava bene pure se piangeva e urlava al telefono con le uniche persone con cui aveva un canale di sfogo emotivo per il distacco emotivo e affettivo che ha vissuto e che è stato una costante. Conta che ho fallito come uomo o come adulto,no?alla fine gli uomini e gli adulti sono sempre forti,non piangono,vanno avanti e riescono sempre nei modi e nei tempi che definiscono gli altri e la società, perché essere uomini e adulti non è inclusivo,ma è un aut aut su due categorie a priori che o hai o non sei.
Non mi stupisce la statistica per cui la maggior parte degli studenti menta su esami o cose legate all'università,hai aspettative addosso pure dell'anima del tuo trisavolo che stava sotto i Borboni.
Il tutto comunque è ironico,il paese non ha spazio per i giovani,non li incentiva e li vessa,la laurea non fa da scala sociale e manco avere diritti fondamentali è scontato nel miglior mondo possibile,non da aumenti significativi di retribuzione media(eh si poi dicono eeeeeeh ma i laureati escono e si aspettano 4mila euro solo per un foglio di carta),cosa che in altri paesi non fermi all'epoca di baaria invece c'è eccome,eppure ti bombarda di rotture di coglioni stress aspettative e penalizzazioni come se la vita fosse una corsa continua alla preda con altri leoni nella savana.
La preda manco c'è più, però devi correre e scannarti.
Non so davvero dove sbaglio cristo santo,sono solo stanco e non ho delle braccia fra cui piangere al momento,non mi azzarderò nemmeno a dire a qualcuno di questo rischio,passi per un incidente,se sarà sarà.
Guarda tu,dovevo beccarmi 5 materie che da scritte passano ad orali diventando 4x di difficoltà proprio quando sono mentalmente crollato,posti ridotti da un anno all'altro,gente che entra con medie random appena un anno fa,e io che ai miei sforzi mi devo sentire dare prospettive negative SEMPRE,come se valessero solo per me il mio impegno e i risultati,nonostante mi sia fatto un culo quadrato e ne abbia risentito nel fisico.
Che parlo a fare,non ho manco idea dell'idea che voi abbiate di me,penso di trasudare un misto di pietismo e debolezza quando scrivo queste cose come sfogo,ma è l'unico appiglio e occasione di scaricare che mi fa rimettere su la maschera della persona in modo da coprire il volto del soggetto.
Non so se leverò o meno, però lo metto per adesso perché: 1) vorrei che chiunque sia in una situazione di merda sappia che non siete soli,anche se sputano sui vostri risultati,vi fanno pesare il fatto di respirare senza fatturare,siete persone ricche di umanità e complessità da esprimere che non si esauriranno mai in tempi e numeri. 2) ho scritto un papello per 20 minuti distruggendo le regole sintattiche. 3) i vostri sforzi hanno sempre un senso e qualunque cosa voi facciate con impegno e passione lo ha,anche se questo mondo malato dice di no,anche se i vostri cari sono stati plasmati e manco se ne rendono conto da meccanismi disumani e abbiano messo da parte la socialità e l'empatia. 4) per dirvi che se siete ancora qua a sclerare ma resistete,sono fiero di voi.
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sehnsucht-99 · 7 months
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Soltanto adesso ho saputo che dal balcone di un palazzo noto in piazza parlò Garibaldi per incitare i miei concittadini a sostenere la resistenza contro i Borboni nella battaglia del Volturno. C'è un'effige lì e non me ne sono mai accorto. È bello però rendersi conto di quanta storia c'è dalle mie parti.
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marcoleopa · 1 year
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《sostituzione etnica》
Lollo&Brigida alias il cognato, non si smentisce. Il suo miserrimo linguaggio affonda le radici nel tragico passato, con il quale e, dal quale, l'italietta non ha mai fatto i conti.
La difesa della razza (agosto 1938) e la legge sul meticciato (13/5/40), ritorna alla ribalta con il vomitevole intervento presso l'assemblea sindacale.
Citare la sostituzione etnica, non è casuale, segue un preciso canovaccio, identico a quello dell'eponimo fuggito dopo Salò, travestito da milite germanico.
Non è nemneno un caso che la cognata, in contemporanea, parla di maternità italica, mentre il Lollo parli di sostituzione e agricoltura. Niente di più, niente di meno, del programma autarchico dei figli della patria e dell'agricoltura del ventennio.
Donna=riproduttrice di riproduttori
Uomo=grano per la patria
Dal 1938 ad oggi, la propaganda fascista utilizza simboli e tecniche pubblicitarie per sostenere la campagna di discriminazione razziale: la creazione del concetto di “razza italica”, la storiella dell'identità culturale/etica italico-romana/identità biologica fondata sulla ereditarietà dei caratteri genetici/stereotipi fisionomici, la creazione del nemico interno/capro espiatorio che danneggia l'identità e la cultura italica nazionalpopolare, la discriminazione dei "neri/ebrei/non ariani" e dei figli nati in Italia da non italici romani biologicamente puri.
Francamente, vivo in una terra che da millenni è un crogiolo di etnie, indigeni provenienti dal nord Europa e medio oriente, indoeuropei, sicani, elimi, siculi, fenici, morgeti, ausoni, cartaginesi, greci, romani, vandali, ostrogoti, bizantini, arabi, normanni, angioini, aragonesi, spagnoli, sabaudi, austriaci, Borboni, etc...cioè popoli, etnie, dominazioni che si sono sostituite l'uno all'altro, portando, importando, lasciando, un mix di tradizioni e culture, che si sono stratificate e mescolate ad ogni passaggio.
Pertanto sono orgogliosamente METICCIO e non mi riconosco nell'artifizio dell'identità culturale etica romanoitalica/identità biologica/caratteri genetici/stereotipi.
La mia terra, è dove poggio i piedi.
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soldan56 · 1 year
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In manette e circondato da 6 agenti, è un cantante. si chiama Pablo Hasel. la sua colpa? aver cantato che il re Juan Carlos dei borboni è un corrotto. solo una banale verità. https://twitter.com/AlbanoDante76/status/1595477013585969161
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hauntedbystorytelling · 9 months
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Paola Borboni by Nunes Vais
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Mario Nunes Vais :: Paola Borboni, attrice, 1924; gelatina ai sali d’argento. (INV. V. 29923) | src ICCD view on wordPress
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Mario Nunes Vais :: Paola Borboni, attrice, 1924; gelatina ai sali d’argento. (INV. V. 29921) | src ICCD view on wordPress
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Mario Nunes Vais :: Paola Borboni, attrice, 1924; gelatina ai sali d’argento. (INV. V. 29920) | src ICCD | view on wordPress
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gregor-samsung · 2 years
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“ Ecco Peppe Cammarano. È venuto con lui il vecchio don Vincenzo, il grande Pulcinella. Lo accoglie con rispetto: è ancora saldo, sebbene gli tremino le mani ossute, gli occhi siano orlati di rosso. «Accomodatevi, don Vincenzo. È un onore. Mo’ vi faccio il caffè.» «Donna Liono’, lasciate sta’.» «’No momento momento. Purtroppo sono sola.» Il caffè viene bene, tirato, don Vincenzo le fa i complimenti. «Grazie. Peppi’, vorrei discorrere con voi. Visto che è venuto pure don Vincenzo, è ancora meglio. State seguendo il “Monitore”? La campagna che faccio per educare il popolo? Mi dovreste dare una mano.» Peppe annuisce, servizievole. «Noi qua stiamo.» «Io penso che dovreste dare qualche spettacolo democratico, inventare dei copioni con Pulcinella che si fa repubblicano. Non so, qualche storia tragicomica, dove si vedano le schifezze dei Borboni, l’eroismo dei patrioti.» Peppe si fa perplesso, guarda suo padre, il quale resta immobile sulla sedia, senza espressione. «Mah...» dice finalmente il giovane Cammarano. «Io lo farei pure, ma mi sento incerto. Il nostro pubblico è abituato a certe trame, non saprei proprio come la piglierebbe. E se poi facimmo peggio? Se non ci viene più nessuno?» Lei fissa il vecchio, che non si muove. «Don Vincenzo. Vogliamo sentire voi. Cosa ne dite?» Cammarano la osserva. Finalmente si decide a parlare. «Donna Liono’, compatite il mio pensiero. Pulcinella è ’no povero ddio. Un uomo di niente, un pezzente, un vigliacco. Uno che pensa solo a salvarsi la pelle nelle disgrazie che lo zeffonnano. Perciò è arraggioso, fetente, mariuolo, arrepassatore. Non è un eroe. Voi lo vedete ca se mette ’ncoppa a ’na cascia alluccanno?» Il vecchio si leva in piedi. Senza volerlo assume l’aria del palcoscenico, fa la voce nasale di Pulcinella. «Citatine! È nata la Ripubbreca... La Repubroca... La prubbeca... Mannaggia lo cascione, comme canchero se dice ’sta fetente de parola?» Le vien da ridere. Anche Peppe sorride, guardando il vecchio con ammirato amore. «E poi,» sospira Cammarano, tornando a sedere «Pulcinella non è un tipo allegro. Sa le cose nascoste. Ca la Repubblica adda ferni’, come finisce tutto, ca ll’uommene se credono de fa’ chesto, de fa’ chello, de cagna’ lo munno, ma non è vero niente. Le cose cambiano faccia, non sostanza: vanno sempre comme hanno da ì. Comme vo’ lo Padrone. Lo munno non po’ gira’ a la mano smerza. Lo sole sponta tutte li mmatine e po’ scenne la notte, la vita è ’na jurnata che passa: viene la morte e nisciuna la po’ ferma’. Perché è de mano de lo Padrone: di Dio. Pulcinella queste cose le ha sapute sempre, come volete che si metta a fare il giacobino? Lo po’ pure fa’, ma solo per far ridere, per soldi. Isso non ce crede.» “
Enzo Striano, Il resto di niente, Mondadori (collana Oscar Classici Moderni n° 199), 2011¹¹; pp. 348-350.
[1ª Edizione originale: Loffredo edizioni, Napoli, 1986]
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abr · 1 year
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«Gli ideologi del 1789 volevano rigenerare l’umanità e ricostruire il mondo. Per sfuggire ai Borboni, gli stessi ideologi nel 1799 si ridussero ad affidare il potere a un militare, Napoleone. » Pierre Gaxotte - La rivoluzione Francese
Sic semper GLI ILLUMINATI.
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aki1975 · 2 months
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Napoli - Francesco Laurana - Maschio Angioino - Arco trionfale - 1479
Fondata dai Greci di Cuma, i sovrani che nei secoli si sono susseguiti sul trono di Napoli sono stati:
i Normanni:
- Ruggero I d’Altavilla conquistò la Sicilia nel 1091;
- Ruggero II (1130 - 1154): fu il primo re di una Sicilia multietnica e multireligiosa avendo accorpato in un unico regno tutti i possedimenti normanni nell’Italia Meridionale conquistando Napoli nel 1137;
- Guglielmo I (1154 - 1166)
- Guglielmo II (1166 - 1189): eresse il Duomo di Monreale;
- Tancredi (1189 - 1194)
- Guglielmo III (1194)
- Costanza d’Altavilla (1194 - 1197)
gli Svevi:
- Federico II (1198 - 1250) Stupor Mundi: a Napoli istituì l’università nel 1224;
- Corrado (1250 - 1254): dovette confrontarsi con il potere del fratellastro Manfredi;
- Corradino (1254 - 1258): fu sconfitto nella battaglia di Tagliacozzo e fatto imprigionare a Castel dell’Ovo e decapitare da Carlo d’Angiò nella piazza del mercato a Napoli, poi sepolto nella vicina Chiesa del Carmine. La dinastia degli Svevi scomparve con la morte di Manfredi nel 1266.
gli Angioini:
- Carlo I (1266 - 1285): fratello di Luigi IX il Re Santo, Conte d’Anjou, ricevette in vassallaggio la Sicilia e Napoli dal Papa che difese dagli Hohenstaufen. Edificò il Maschio Angioino, con uno stile che richiama il castello di Avignone, nel 1282;
- Carlo II (1285 - 1309): dovette rinunciare al trono di Sicilia dopo la rivolta dei Vespri Siciliani nel 1302;
- Roberto I (1309 - 1343): figlio di Maria d’Ungheria sepolta nella Chiesa di Donnaregina, fu apprezzato da Petrarca e amante della cultura e delle lettere;
- Giovanna I (1343 - 1382): fu fatta assassinare dal ramo di Durazzo degli angioini e le succedette
- Carlo (1382 - 1386)
- Ladislao (1386 - 1414)
- Giovanna II (1414 - 1435)
- Renato I (1435 - 1442)
gli Aragonesi:
- Alfonso I d’Aragona (1442 - 1458): sconfisse Renato d’Angiò e unì il tono di Napoli a quello di Sicilia e ai possedimenti della Sardegna e della Spagna occidentale. Combattè contro Milano e Genova e dotò il Maschio Angioino dell’attuale arco di trionfo;
- Ferdinando I detto Ferrante (1458 - 1494): all’inizio del suo regno dovette fronteggiare la rivolta angioina e successivamente sedò la rivolta dei baroni e si alleò con gli Sforza contro il re di Francia Carlo VIII d’Angiò. Del suo tempo la Chiesa del Gesù Nuovo;
- Alfonso II: sposò Ippolita Maria Sforza, ma dovette abdicare a causa della calata di Carlo VIII;
- Ferrandino (1494 - 1496)
- Federico I (1496 - 1503) durante il cui regno vi fu la conquista e poi la cacciata di Luigi XII re di Francia;
- Ferdinando III (1504 - 1516) dopo il quale il Regno di Napoli fu incluso in quello di Spagna prima sotto la casata degli Asburgo (con la breve parentesi della Repubblica di Masaniello fra il 1647 e il 1648) poi sotto quella dei Borbone (1700 - 1713) ed ancora sotto quella degli Asburgo d’Austria (1713 - 1734).
i Borboni:
- Carlo I (1734 - 1759): già Duca di Parma, conquistò e riunificò il Regno delle Due Sicilie anche grazie alla madre Elisabetta Farnese, seconda moglie del re di Spagna, che da Madrid influenzò la prima parte del suo regno. Riformò con Bernardo Tanucci l’amministrazione, promosse la musica (fondò il Teatro di San Carlo nella patria di Paisiello e Pergolesi), l’arte (promosse la ceramica di Capodimonte, fece costruire al Vanvitelli la reggia di Caserta del 1751 e quella che oggi è Piazza Dante oltre alla Reggia di Capodimonte dove installò la collezione Farnese) e sostenne gli scavi a Pompei ed Ercolano che iniziarono nel 1738);
- Ferdinando (1759 - 1799 e 1816 - 1825): sposò una figlia di Maria Teresa d’Austria, Maria Carolina che lo allontanò dall’influenza spagnola di Bernardo Tanucci, promosse la Marina Militare (nel 1787 fu fondata la Nunziatella), ma dovette subire una rivoluzione filo-francese (Eleonora Fonseca Pimentel, Mario Pagano, …) nel 1799 contrastata dal Cardinale Ruffo e da Fra Diavolo e la conquista napoleonica che insediò Giuseppe Bonaparte dal 1806 al 1808 e Gioacchino Murat dal 1808 al 1815 prima di diventare, con il Congresso di Vienna, Re delle Due Sicilie ed essere sepolto al Monastero di Santa Chiara;
- Francesco (1825 - 1830)
- Ferdinando II (1830 - 1859): fondò la prima ferrovia d’Italia (1839), ma fu reazionario e soprannominato il Re Bomba per come represse i moti rivoluzionari del 1848 a Messina;
- Francesco II (1859 - 1861): era figlio di Ferdinando II e di Maria Cristina di Savoia e sposò la sorella di Sissi, Maria Sofia di Baviera.
Con l’Unità, Napoli confluì nel Regno d’Italia: ecco perché la statua di Vittorio Emanuele II è presente a Palazzo Reale.
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visionairemagazine · 2 years
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'Per Ida Farè' di Diego dalla Palma
A brillare è l’originalità e la differenza dell’essere donna. E’ il seminare conoscenza e intelligenza.
E Ida Farè l’ha fatto durante tutta la sua vita.
Ida, insieme a Corrado Levi, Giacomo Scarpini e Giovanni Cesareo, è stata la mia bussola alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano. Architetta, giornalista, antropologa, scrittrice, ma soprattutto esponente del femminismo della differenza e della Libreria delle Donne di Milano, è stata una inesauribile fonte di ispirazione per ricerche, iniziative e pubblicazioni. E’ mancata l’8 agosto 2018, un giorno dopo la morte di mia madre. Donatella
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Luciana Castellina sul Manifesto del 10/08/2018 scriveva: ‘Negli ultimi anni, provata dal dolore per la perdita di un figlio, piegata da molti malanni, Ida aveva inventato un altro suo specialissimo modo per far vivere il suo punto di vista: veniva a cucinare alla Libreria delle Donne, quando, nel weekend e generalmente a seguito di un qualche dibattito, si cenava tutte e tutti assieme. Era la cucina relazionale come pratica politica, anche titolo di uno dei suoi ultimi libri. Con Luisa Muraro avevano avviato un ciclo filosofico su ‘cibo dell’anima e cibo del corpo’, e di qui anche una conferenza dedicata ad Estia, dea del focolare. È in quella cucina della Libreria delle Donne che ho visto Ida l’ultima volta, non molto tempo fa. Mi ha anche regalato un prezioso libro di ricette femministe. Come è triste sapere che non ci sarà più.’
Queste parole testimoniano quanto Ida fosse stimata ed amata per il suo impegno sociale, politico e per la sua capacità di ‘abbracciare’ gli altri con generosità. Madre di quattro figli, ha sempre dato grande attenzione alle donne, al loro modo di abitare e di vivere la città. È proprio questo l’aspetto di cui Ida si è occupata durante il suo insegnamento alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano.
Ho frequentato il suo corso intitolato ‘I modi dell’abitare‘ ed è stata, insieme a Giovanni Cesareo, relatore della mia tesi di laurea, una lettura degli scenari di vita domestica in rapporto ai mass media, un viaggio tra realtà ed immaginario nell’universo femminile. Universo scandagliato in maniera minuziosa da Ida, narrato nelle storie scritte, come in ‘Mara e le altre‘ o ne ‘La mia signora‘ e nelle interviste fatte. Nel marzo 1979, per EFFE Rivista Femminile intervista Paola Borboni, ‘una giovane, bellissima, vecchia attrice tornata in palcoscenico’ a gennaio dello stesso anno, che si racconta, ‘sdraiata su un divano a cornice, vestita di una vestaglia verde pisello, mentre sottolinea e ripiega una serie di riviste che riportano qualcosa sul suo ultimo spettacolo, sulla sua vita, sul suo strano destino. (aveva perduto il giovane marito Bruno Vilar in un incidente d’auto, l’estate prima)’.
Ho chiesto ad un suo amico, un uomo davvero speciale, di scrivere qualche pensiero in ricordo di questa donna straordinaria che ha lasciato un vuoto incolmabile ma, allo stesso tempo, ha lasciato dei segni indelebili e degli strumenti fondamentali per continuare ad agire, a lottare, ad indagare, ricercare e costruire nuove identità, a partire dalle donne stesse. 
Quest’uomo si chiama Diego Dalla Palma e lo ringrazio profondamente per questo dono prezioso.
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Diego Dalla Palma è un’icona inconfondibile del mondo dello stile, della bellezza e dell’immagine made in Italy nel mondo. Personaggio inconsueto e autorevole, unisce professionalità, competenza, carisma e intensità in un mix che l’ha fatto diventare il più stimato Look Maker italiano e uno degli esperti del settore più prestigiosi a livello internazionale.
In passato è stato costumista e scenografo di talento lavorando nei più celebri teatri italiani e, per dieci anni in RAI. In seguito, è diventato un imprenditore di successo fondando una linea cosmetica, distribuita in tutto il mondo, che porta il suo nome.
Da anni scrive libri di successo (narrativa e temi legati all’immagine e alla bellezza). È un seguitissimo e apprezzatissimo personaggio televisivo. Conduce su RAI Premium la trasmissione “UNICHE”.
Dalla Palma riesce a mantenere un potere mediatico significativo in ogni circostanza. Ha curato e cura rubriche sull’immagine e sui temi legati all’interiorità.
Attualmente a Diego Dalla Palma viene riconosciuto, unanimemente, un talento innato come scrutatore ed esploratore di anime. Infatti, l’introspezione, l’interiorità, i valori che risaltano lo spirito e danno un senso alla vita sono diventati una materia “viva” alla quale Diego Dalla Palma intende dedicare, con passione, tempo e il suo prossimo futuro.
Attento indagatore dello spirito umano, vive in mezzo alla natura nella sua dimora nel Veneto, ai piedi dei Colli Euganei, e molto spesso nella sua amata Lisbona.
PER IDA FARE’
'Chissà perché, quando penso a Ida Farè, associo la sua imponente personalità a quella di Nilde Jotti. In realtà lo so, il perché: Ida era una donna con un’integrità morale e con una onestà intellettuale che la rendevano unica e insuperabile. Oggi, la Farè sarebbe una figura chiave per guidarci in un momento così difficile e privo di personaggi femminili carismatici e di spicco. La ricorderò anche per le sue intuizioni, per i suoi pensieri elevati, a volte puntuti e taglienti, e per la sua straordinaria intelligenza. Averla conosciuta, pur non frequentandola, ha lasciato un segno indelebile nella mia vita e alcuni insegnamenti preziosi che non dimentico.'
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personal-reporter · 6 months
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A zonzo per la Francia: Cattedrale di Lione
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Una delle chiese più belle della Francia…. Nel centro di Lione si trova  la grandiosa Cattedrale di Saint-Jean, nota per essere una fusione tra stili architettonici diversi, dal gotico della facciata e delle navate si passa al romanico dell'abside e del coro, dalle vetrate duecentesche alle opere di arte muraria tipiche dello stile gotico, senza dimenticare l’orologio astronomico.  Il primo nucleo della chiesa era sorto nello stesso luogo in epoca merovingia, come raccontò Sidonio Apollinare, oltre alla conferma basata sugli scavi condotti sul sito. Nel XII secolo fu aggiunto un chiostro, impostato su una cripta più antica, ma la ricostruzione della chiesa iniziò dalle parti basse dell'abside, con le due cappelle laterali, e del transetto, edificati in forme romaniche tra il 1165 e il 1180. Le volte gotiche della parte antica vennero completate insieme alle due torri orientali e alle prime quattro campate delle navate tra la fine del XII secolo e alla metà del nuovo secolo erano terminate le vetrate del coro e i rosoni del transetto. Tra la fine del XIII e il primo terzo del XIV secolo vennero terminate le ultime quattro campate delle navate e la parte inferiore della facciata e, nel 1392,  il rosone della facciata. Nel XV secolo fu il turno della parte superiore della facciata con le due torri laterali e la statua di Dio Padre venne collocata sulla sommità nel 1481. Tra la fine del XV secolo e gli inizi del XVI fu  aggiunta la cappella dei Borboni, che riprende il nome dagli arcivescovi che ne ordinarono la costruzione, in stile gotico. Nel 1562 la cattedrale venne  devastata dalle truppe calviniste, poi le vetrate medioevali della navata centrale e del timpano del portale furono  eliminate dai canonici nel XVIII secolo. Durante la Rivoluzione francese la chiesa fu danneggiata e tra il 1791 e il 1793 il vescovo Lamourette ordinò la distruzione del coro medioevale e della sua recinzione, poi ricostruito nella sua precedente disposizione tra il 1935 e il 1936. Nella seconda guerra mondiale nel 1944 andarono distrutte alcune delle vetrate antiche superstiti e un restauro della facciata fu eseguito nel 1982. All'esterno della chiesa la facciata ha una serie di elementi tipici del gotico, come il bellissimo arco rampante e i portali, decorati con medaglioni di pietra che ritraggono simboli zodiacali assieme a scene della Creazione e della vita di San Giovanni. Una volta si notano subito le maestose vetrate del coro e le finestra gotica che si trova all'interno della cappella laterale e, alzando lo sguardo in direzione del transetto nord, c’è l’orologio astronomico. Dal XIV secolo a oggi, gli ingranaggi dell'orologio non hanno mai smesso di funzionare, mentre la torre dell'orologio e decorata con una serie di statuette meccaniche raffiguranti una Madonna, un angelo, una colomba e una guardia svizzera, inoltre si può ascoltare anche la melodia delle campane risuonare in tutto l'edificio. Il carillon dell'orologio meccanico si attiva tutti i giorni a mezzogiorno in punto e poi ogni ora dalle 14 alle 16. Read the full article
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